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Da Bonifacio VIII e cattività Avignonese alla Riforma protestante, Appunti di Storia

Appunti completi di storia che vanno da Bonifacio VIII e la cattività Avignonese alla Riforma protestante. Veramente completi e sostitutivi del libro.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 13/09/2023

utente0987
utente0987 🇮🇹

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Scarica Da Bonifacio VIII e cattività Avignonese alla Riforma protestante e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! BONIFACIO VIII e CATTIVITÀ’ AVIGNONESE I nobili romani si contendono il trono papale Alla fine del XIII secolo, la situazione della Chiesa rimaneva difficile. Dopo gli scontri avvenuti con Federico Barbarossa e Federico II, la città di Roma tornò nelle mani delle principali famiglie nobili locali, in continua lotta fra loro e in perenne contesa per far salire al trono papale un loro membro. Solo l'elezione del 1294 fu una grande sorpresa: divenne papa, con il nome di Celestino V, ma dopo soli tre mesi però, Celestino abdicò. Al suo posto fu eletto Benedetto Caetani, da molti sospettato di aver indotto lui stesso il predecessore a lasciare la carica. In questo modo non molto chiaro iniziava il pontificato di Bonifacio VIII. Bonifacio VIII indice il primo giubileo Forte sostenitore del progetto di Gregorio VII, che aveva affermato la superiorità del potere spirituale su quello temporale , Bonifacio VIII desiderava riportare la Chiesa al centro della politica europea. Come lo fece? Una grande iniziativa fu quella di proclamare a Roma, per l'anno 1300, un giubileo: si trattava di un anno santo, in cui veniva concessa l'indulgenza plenaria a chi si recava in pellegrinaggio a Roma. Ma che cos'è l'indulgenza? Secondo la teologia cattolica, i peccati che un uomo compie vengono perdonati con un atto detto confessione. Anche dopo il perdono, però, rimane una sorta di pena da scontare dopo la morte. L'indulgenza è l'eliminazione parziale o totale (in questo caso si chiama indulgenza plenaria) di questa pena. Quindi, il Giubileo, divenne un’ottima maniera per acquistare l'indulgenza. In questo modo, la figura del papa, ma più in generale la Chiesa, riuscì a recuperare, per un momento, la sua forza e la sua potenza. BONIFACIO VIII SI SCONTRA CON FILIPPO IV DI FRANCIA Nel frattempo però i nemici di Bonifacio si stavano moltiplicando. Perfino l'alleanza con la Francia, (che da secoli era la più solida sostenitrice della Chiesa, in quanto aiutò il papa e i comuni a sconfiggere Manfredi, figlio di Federico II di Svevia) cedette quando re Filippo IV, detto il Bello, iniziò a tassare il clero francese per finanziare una guerra contro l'Inghilterra. Gli ecclesiastici fino a quel momento non erano mai stati tenuti a pagare le tasse ai propri sovrani: il pontefice considerò quell'atto un oltraggio e minacciò di scomunicare Filippo e tutti i regnanti che avessero agito in modo simile. Infatti, il successo del giubileo e la fermezza delle sue posizioni fecero credere a papa Bonifacio VIII di avere il potere e il prestigio necessari per sostenere uno scontro con il re di Francia, e nel 1302 emanò la bolla Unam Sanctam , in cui affermava, senza mezzi termini, che tutti i poteri terreni dovessero essere sottoposti al papa, e non al re, ribadendo chiaramente la superiorità del potere religioso su quello politico. Come risposta, Filippo nel 1303 inviò in Italia una spedizione militare: l'obiettivo era proprio il papa, che venne imprigionato nel suo palazzo di Anagni per tre giorni, dove fu umiliato e, forse, addirittura schiaffeggiato. Successivamente ci fu una sommossa popolare che costrinse infine i francesi a liberare Bonifacio, che però, viste le precedenti umiliazioni rimase profondamente provato e morì poco dopo. Ma, il trionfo di Filippo non era ancora completo. Il potere che aveva ottenuto, infatti, gli permise di influenzare l'elezione del successore di Bonifacio, Clemente V, nel 1305. Francese come Filippo, Clemente temeva il clima di tensione a Roma, e decise di mettersi sotto la protezione reale in Francia. Iniziava così nel 1309 il lungo periodo, di circa settant'anni, della cosiddetta cattività avignonese, durante la quale i papi vissero ad Avignone, città della Francia meridionale, di fatto sottomessi al potere dei re francesi. CRISI DEL 300 L'Europa nel Trecento fu sconvolta da numerose calamità: dalla generale diminuzione delle temperature alle inondazioni, che contribuirono a determinare ripetute carestie. Si arrivò alla rottura dell'equilibrio tra popolazione e risorse, dovuta alle scarse capacità produttive e all'insufficienza dei terreni messi a coltivazione. La crescente richiesta di lana e di generi alimentari "di lusso" aveva spinto gli agricoltori a dare la precedenza ai pascoli, alle coltivazioni di olivi, di viti e di alberi da frutto, a tutto svantaggio dei cereali, che cominciarono a scarseggiare. Il declino demografico ebbe anche conseguenze economiche: fece crollare la domanda di prodotti alimentari e provocò quindi un forte abbassamento dei prezzi e una minore vitalità dei commerci. Nelle campagne e nelle città cominciò a scarseggiare la forza-lavoro e furono abbandonate le terre già coltivate, a partire da quelle meno redditizie e più marginali. La maggior parte delle grandi banche europee, gestite da banchieri italiani, fallirono, avendo fatto credito ai sovrani dei maggiori Stati occidentali, che si dimostrarono insolventi. La crisi provocò anche il deciso decremento delle attività commerciali, la perdita d'importanza delle fiere e la brusca flessione dell'industria tessile. Su una popolazione già decimata e indebolita dalla fame si abbatté poi il flagello della "peste nera", tra il 1348 e il 1351. Questo morbo giunse dall'Asia attraverso le rotte commerciali carovaniere e i movimenti degli eserciti: furono i Mongoli, che assediavano la colonia commerciale genovese di Caffa, in Crimea, a diffondere l'epidemia che giunse in Europa con le navi genovesi. Solo in quella prima ondata la peste provocò la morte di un terzo della popolazione europea e il crollo delle attività produttive. La ripresa fu assai lenta, dal momento che la malattia si ripresenta ripetutamente in cicli successivi fino al 1400. Il morbo senza rimedio era provocato da un batterio (Pasteurella pestis), che viene trasmesso dalle pulci annidate nella pelliccia dei ratti neri e che nell'uomo attacca le ghiandole linfatiche, provocando "bubboni", febbri altissime e allucinazioni. L'inevitabilità del contagio e la rapidità della morte portarono alla disgregazione del tessuto sociale e familiare. Il terrore provocato dalla peste sconvolse le normali regole della convivenza civile e portò alla ricerca di capri espiatori, individuati nei soggetti socialmente più deboli ed emarginati. La diffusione della peste inasprì in questo modo i conflitti che già covavano all'interno della società medievale, caratterizzata da disuguaglianze e discriminazioni. La malattia in partico- lare, e specialmente quella che danneggia il corpo in modo permanente, era vista come una punizione divina dei peccati commessi. Del morbo, di cui non si sapevano spiegare scientificamente le cause, si ricercavano i responsabili, identificati con gli untori, fantomatici diffusori di sostanze venefiche che avrebbero avvelenato le acque e contaminato gli oggetti di uso comune causando così la diffusione della malattia. Proprio per proteggere questi domini, la figlia di Carlo, Maria di Borgogna, sposò Massimiliano I d'Asburgo, che sarebbe diventato imperatore pochi anni dopo. Inoltre, Luigi XI dotò il Paese di un corpo di funzionari numeroso e ben organizzato, in grado di garantire un'efficace riscossione delle tasse, che servivano a mantenere la macchina dello Stato e un potente esercito. Anche in Inghilterra, dopo la guerra delle due Rose, si rafforzò il potere regio. Per trent'anni tutte le famiglie feudali del Paese erano state coinvolte nella guerra civile, ed erano perciò ormai allo stremo delle forze. Inoltre, il popolo non ne poteva più delle distruzioni causate dal conflitto, delle quali incolpava i baroni. Così il nuovo sovrano Enrico VII, primo della dinastia Tudor che regnerà in Inghilterra fino ai primi del Seicento, ebbe buon gioco ad affermare con forza il proprio potere, riducendo quello dei feudatari e appoggiandosi invece ai ceti borghesi. Enrico VII, quindi, con l’appropriazione della terra, diventò il più grande latifondista del paese, in modo tale da non dover convocare il parlamento, instaurando così un governo di tipo assolutistico. Nasce il Regno di Spagna Nella penisola iberica i cristiani spagnoli erano da secoli impegnati nel tentativo di scacciare gli invasori arabi. A metà del Duecento, la Reconquista era giunta ormai a buon punto: restava in mano ai mori solamente il piccolo emirato di Granada. Il territorio riconquistato era tuttavia diviso (a parte il Portogallo) fra quattro regni di lingua spagnola: Navarra, Castiglia, Aragona e León. Nel tempo, i due maggiori – Aragona e Castiglia – assorbirono gli altri, ma restarono a lungo rivali tra loro; solo nel 1469 il matrimonio tra Ferdinando e Isabella, sovrani rispettivamente d'Aragona e di Castiglia, condusse all'unificazione dei due regni. Intanto i nobili spagnoli erano rimasti fedeli ai sovrani, affiancandoli nella lotta contro gli arabi, e in cambio ottennero la conferma dei propri privilegi. Quindi, lo Stato moderno spagnolo nacque dall'alleanza fra re e aristocratici e non, come in Francia, fra sovrano e borghesi. Termina la Reconquista Pochi anni dopo, nel 1492, la Spagna conquistò l'ultimo possedimento arabo in terra iberica, l'emirato di Granada. Era il completamento della Reconquista, iniziata nell'XI secolo. La monarchia spagnola, proprio perché si era formata nella lunga lotta contro l'islam, aveva come elemento unificante la fede cristiana. Così nel corso del Quattrocento i moriscos, cioè i discendenti dei musulmani che erano rimasti nella Spagna riconquistata, e gli ebrei vennero sempre più emarginati, fino a che, nello stesso 1492, una legge costrinse gli ebrei a scegliere tra la conversione e l'espulsione. Agli ebrei furono lasciati quattro mesi per decidere se convertirsi al cristianesimo oppure emigrare. I circa 150 000 ebrei che decisero di mantenere la propria religione, e quindi di lasciare la Spagna, si trasferirono nei Paesi Bassi, a Venezia, in Marocco, nei territori turchi. Erano soprattutto mercanti, cambiavalute, artigiani, intellettuali: con loro, la Spagna perdeva un gruppo sociale ricco di ingegno e di risorse. Però, nemmeno per i circa 100.000 ebrei rimasti in Spagna la vita fu facile: essi infatti furono a lungo sospettati di essersi convertiti solo formalmente ma di conservare in realtà l'antica fede. L’espansione dei turchi I turchi, dopo essere stati costretti dagli attacchi dei crociati a concentrarsi per due secoli sulla riconquista della Palestina, a partire dal 1300 ripresero l'espansione sotto la guida di Othman I (da cui il termine ottomani con cui sarebbero stati indicati in seguito). Rivolsero gli attacchi ai territori dell'Impero bizantino e in pochi decenni lo conquistarono quasi tutto, espandendosi dalla Turchia ai Balcani. Nel 1354, infatti, essi occuparono Gallipoli, sullo stretto dei Dardanelli, il primo loro avamposto in territorio europeo. Subito dopo assoggettarono Macedonia, Serbia, Albania e Bulgaria, arrivando fino al Danubio: solo qui vennero fermati dal re d'Ungheria. I turchi abbattono l'Impero romano d'Oriente Dopo una pausa verso la fine del Trecento, dovuta alla necessità di fronteggiare un nuovo attacco di tribù mongole guidate da Tamerlano, nel secolo successivo gli ottomani ripresero la loro espansione; finché nel 1453, guidati da un sultano dal significativo nome di Maometto II, dopo un lungo assedio conquistarono Costantinopoli: era la fine del millenario Impero romano d'Oriente. La città fu ribattezzata Istanbul, divenne la capitale del fiorente Impero ottomano e rimase protagonista, per oltre quattro secoli, della storia del Mediterraneo orientale. Le fondamenta della potenza ottomana Con la caduta di Costantinopoli, lo scenario orientale cambiava profondamente: non solo i mercanti europei veneziani e genovesi in particolare – persero i privilegi commerciali e politici di cui avevano goduto, ma soprattutto una nuova e temibile potenza era entrata sulla scena europea. Alla base della poderosa espansione dei turchi stavano un'efficientissima organizzazione militare e una grande abilità politica nei confronti dei popoli conquistati. Per quanto riguarda l'esercito, il sultano – così si chiamava il sovrano dei turchi – disponeva del corpo scelto dei giannizzeri, soldati di professione. I giannizzeri erano reggimenti di fanteria, coraggiosi e ben addestrati, reclutati principalmente tra i cristiani convertiti all'islam. Anche dal punto di vista tecnologico l'esercito turco era all'avanguardia, perché impiegava largamente l'artiglieria; nell'assedio di Costantinopoli mise in campo cannoni di grosso calibro, i cui colpi causarono gravi danni alle pur possenti mura della città. Anche sul mare i turchi divennero avversari temibili per le flotte veneziane, genovesi e spagnole; essi potevano inoltre contare sui pirati algerini (detti “barbareschi"), che effettuavano incursioni e saccheggi nel Mediterraneo, in particolare lungo le coste italiane e spagnole. Per quanto riguarda invece la politica nei confronti dei popoli conquistati, anche se alla base dello Stato vi era la legge coranica, i sultani lasciarono ai sudditi cristiani ed ebrei la possibilità di professare la loro fede, dietro pagamento del tradizionale tributo dovuto dai non musulmani. Nel corso dei secoli le conversioni all'islam furono moltissime, anche perché i cristiani che non si convertivano erano comunque emarginati e non di rado vittime delle violenze degli islamici. DAL COMUNE ALLE SIGNORIE AI PRINCIPATI & GLI STATI REGIONALI Abbiamo visto che tra la fine del Medioevo e l'età moderna in Europa nacquero diversi stati nazionali: Francia, Inghilterra, Spagna e Portogallo. Nel frattempo, in Italia, la vita dei comuni fu caratterizzata da continui contrasti interni e lotte per il potere tra fazioni e ceti sociali diversi. Per porre rimedio a questa situazione di permanente conflittualità, i comuni affidarono il potere ad un podestà, al quale subentrò presto la figura del signore. Tale figura poteva emergere in diversi modi: il signore: ● poteva essere un esponente di una famiglia della nobiltà cittadina, e quindi prendeva il potere venendo nominato per libera decisione del Comune. ● poteva essere un “capitano di ventura”, ovvero un condottiero militare che comandava eserciti di mercenari e veniva ingaggiato dai comuni o dalle Signorie che avevano bisogno delle sue capacità, come nel caso di Francesco Sforza, che riuscì a diventare duca di Milano. Con la crescente autorità del Podestà e con la supremazia delle casate più influenti nelle istituzioni cittadine, siamo di fronte ad una crisi degli ordinamenti comunali e anche davanti alla limitazione del potere dell'assemblea comunale, ciò portò alla formazione di assemblee più ristrette, si parla perciò di oligarchia (governo di pochi), che ha posto le basi per un governo di tipo assolutistico, in quanto il potere è accentrato nelle mani di un singolo esponente di una casata, il signore. Quindi, questo processo di accentramento del potere, fece cadere le strutture istituzionali dei comuni e creò l’ambiente adatto per la nascita delle signorie. Alcune signorie, quelle riconosciute dal papa e dall'imperatore come entità autonome, nel corso del tempo si trasformarono in principati: un'organizzazione del potere basata sull’ereditarietà dei titoli (x es. duca, marchese ecc) per i propri discendenti. I signori, quindi, una volta instaurato un governo molto simile a quello delle monarchie assolute, avevano come mira quella di estendere il proprio potere oltre i confini cittadini, creando dei veri e propri Stati Regionali, che avevano tutti pressoché la stessa forza, perchè nessuno di questi era abbastanza forte da imporre la propria egemonia sugli altri. Per questo motivo possiamo parlare sia di accentramento del potere, in quanto all’interno di ogni Stato Regionale il potere si riuniva in una città principale, ma allo stesso tempo anche di policentrismo e particolarismo, in quanto il processo di espansione territoriale partito dai signori non raggiungeva i confini della nazione, ma si fermava alle dimensioni regionali. Questa situazione, se da un lato comportava una ricchezza e dava origine ad una pluralità di centri di produzione economica artistica e culturale, dal punto di vista politico rappresentava invece un grande limite: l’Italia, infatti, divisa in stati regionali, era molto debole e politicamente instabile. La frammentazione territoriale, quindi, la rendeva una preda di fronte agli occhi delle più grandi potenze europee, che erano invece degli Stati monarchici, di conseguenza, molto più forti e uniti. Un’altra situazione importante è quella dell’impiego di truppe mercenarie. Infatti i comuni, a causa delle situazioni difficili sempre presenti, ingaggiavano un capitano di Ventura che era a capo d'una compagnia di uomini armati, a differenza di come accadeva tempo prima, in cui venivano armati i cittadini. Ciò portò ad un aumento della spesa pubblica, in cui i comuni furono costretti a indebitarsi per finanziare la guerra. Ad esempio, il comune fiorentino pagava altissimi interessi sui capitali che riceveva in prestito dalle famiglie più ricche. Infatti erano proprio queste ultime, con l’aumento anche delle tasse e col debito pubblico, ad essere avvantaggiate. l’esempio dei suoi predecessori non sopprimendo le istituzioni repubblicane. Per la sua passione verso la cultura, letteratura e arte, gli venne dato il soprannome “magnifico”. Dopo la sua morte, nel 1492, le guerre tra i vari stati italiani ripresero con conseguenze ovviamente negative. Lo Stato della Chiesa, Scisma d’Occidente A differenza dell’italia del nord, lo stato della chiesa e i regni di Napoli e di Sicilia dovettero affrontare gravi problemi. I papi, poiché numerose città diventarono delle Signorie, non avevano più alcun potere nemmeno a Roma. Nel 1347 Cola di Rienzo riuscì ad instaurare per breve tempo una repubblica, ma questo fu ucciso durante una sommossa, mettendo fine anche alla repubblica. Papa Innocenzo VI iniziò a riportare ordine nei territori italiani, inviando a Roma il cardinale spagnolo Gil Alvarez Carrillo de Albornoz, che recuperò i territori sfuggiti al papa. Con l’utilizzo della diplomazia ottenne il riconoscimento dell’autorità pontificia da parte dei signori locali in cambio del titolo di vicàri (rappresentanti del potere papale). Albornoz, inoltre, emanò le costituzioni egidiane, ossia una raccolta di leggi che rimasero in vigore per oltre 450 anni. Il pontefice, però, DOVEVA tornare a Roma. Gregorio XI rientrò a Roma nel 1377 mettendo fine alla cattività avignonese. Tuttavia, in seguito alla sua morte, lo scontro per la successione pontificia porterà alla nomina di due papi: Urbano VI (Germania, Inghilterra, Fiandre, Polonia, Ungheria e l’italia tranne napoli); Clemente VII (Francia, Napoli; Scozia e i regni iberici). L’esistenza di due papi portò al grande scisma d’occidente e, solo dopo molti decenni, si arrivò all’elezione di Martino V ma, nonostante ciò, questo distacco non poteva essere colmato. In seguito alla prolungata instabilità del papato, la chiesa perse ovviamente di credibilità, a differenza delle chiese nazionali che si rafforzarono, come quelle di John Wycliffe. La corruzione ecclesiastica era aggravata dal diffondersi del nepotismo (fenomeno per cui i familiari dei papi, vescovi e cardinali, venivano favoriti a ogni livello della gerarchia ecclesiastica nell’assegnazione di benefici e ruoli di potere). Questo portò alla destabilizzazione dello stato della chiesa e dell’intero quadro politico italiano. Il regno di Napoli e di Sicilia Nel corso del 400 l’Italia meridionale era ancora suddivisa tra Angioini e Aragonesi, in cui il sistema economico era basato sul latifondismo baronale e così l’economia di impoverì gravemente. L’italia meridionale venne temporaneamente unificata da Alfonso V d’Aragona (1442). Ma prima di morire il re suddivise di nuovo i domini: la Sicilia restò al ramo principale degli aragonesi e napoli passò a un ramo autonomo della dinastia. GUERRE D’ITALIA: ITALIA CONTESA DA FRANCIA E SPAGNA Con la morte di Lorenzo il Magnifico nel 1492 ci fu la fine della politica dell'equilibrio instaurata dai medici, e emersero conflitti tra gli Stati e tensioni dinastiche, sia nel nord che nel sud italia. L'Italia divenne preda delle brame di conquista delle potenze europee: nel 1494 la morte senza eredi del re Ferdinando I d'Aragona scatenò la lotta per la successione al trono di Napoli, che vide come contendenti i sovrani spagnoli d’Aragona e il re di francia Carlo VIII, erede degli Angioini, che avevano controllato il regno di Napoli fino alla metà del 400. Carlo VIII voleva fare di Napoli la base di partenza per una crociata contro i turchi, che avrebbe potuto aprire ai francesi i mercati d’oriente. L'occasione per fare ciò si presentò quando Ludovico Sforza, detto il moro, lo sollecitò a scendere in Italia con il proprio esercito. Dalla parte dei francesi si schierarono anche il papa alessandro VI Borgia e la Repubblica di Venezia. Nel 1494 Carlo VIII scese in Italia con 30.000 uomini in marcia contro gli Aragonesi di Napoli. Fu accolto trionfalmente in molte città, tra cui Firenze. Ma la vittoria di Carlo creò scompiglio in tutta la penisola, in quanto gli stati italiani temevano di rimanere sotto il controllo del re di francia. I principali italiani si riunirono in una lega antifrancese, cosicché Carlo VIII fu costretto a ritirarsi e per farlo incontrò diversi ostacoli. Nonostante la ritirata del re, ormai era svelata la fragilità degli assetti politici dell’Italia. L'impresa di Carlo VIII ruppe i fragili equilibri italiani, causati dalla morte di Lorenzo il Magnifico con il quale finì la politica dell’ equilibrio. Vediamo infatti che: Piero de Medici, successore di Lorenzo, fu cacciato da Firenze e le famiglie rivali a quella dei medici instaurarono una repubblica, influenzata dal frate Girolamo Savonarola . Quest’ultimo era molto noto per le sue predicazioni contro la corruzione sia religiosa che generale e, infatti, furono approvate leggi e iniziative favorevoli al popolo. Ciò, però, venne considerata una politica estremamente repubblicana, tanto da circondarsi di nemici, tra cui il pontefice Alessandro VI, a cui lui rivolgeva tante delle sue predicazioni. Alessandro VI gli lanciò una scomunica e minacciò l’interdetto contro firenze, ovvero il divieto ai fedeli di prendere parte alla messa. Successivamente, il frate fu processato e condannato al rogo dal governo fiorentino e la repubblica passò ad un regime oligarchico. L’impresa francese di Carlo VIII fu replicata dal suo successore Luigi XII che si impossessò del ducato di Milano, essendosi vantato di un'antica parentela con i Visconti. Prima di dirigersi verso il sud, chiese l’aiuto del re di spagna Ferdinando D’aragona, ma questa alleanza portò ad un nuovo conflitto franco-spagnolo che terminò con l’occupazione dell’Italia meridionale da parte degli spagnoli, mentre i francesi occuparono solo il ducato di milano. Così, due dei maggiori stati italiani persero la propria indipendenza. Comunque, l’obiettivo di papa Alessandro VI Borgia era quello di creare un forte stato nell’Italia centrale tramite il figlio Cesare. Inizialmente, riuscì a creare uno stato unitario, eliminando i vari signori locali. Tutti i suoi traguardi, però, furono stroncati quando il padre morì e quando Giulio II della Rovere, storico avversario dei Borgia, diventò papa. Cesare fu costretto a fuggire e riuscì a rifugiarsi in Spagna, dove poco dopo morì. Giulio II, noto anche come ‘papa guerriero’, tentò di unificare i territori dello stato pontificio. Con l’uso della diplomazia e con un altro ciclo di guerre, il papa ottenne tre risultati: ● l'allontanamento di firenze dai porti romagnoli; ● la restaurazione dei medici a firenze; ● il rientro degli sforza a milano. Così si concluse la prima fase delle guerre d’Italia, che sarebbero riprese con lo scontro tra Francesco I di Francia e Carlo V re di spagna. L’italia entrò, quindi, in una fase di lungo declino. UMANESIMO E RINASCIMENTO Nel corso del 400 si verificò una vera e propria svolta della civiltà europea, segnata da fondamentali mutamenti nella visione del mondo, il cui riflesso rinnovò profondamente le varie espressioni letterarie e artistiche e gli studi scientifici. Iniziarono a diffondersi una nuova visione della vita e un rinnovato senso di fiducia nelle capacità creative dell’uomo. Tale sensibilità verso ciò che riguardava l’umanità e la sua storia prese il nome di umanesimo e, successivamente, di rinascimento. L’umanesimo aveva le sue radici nei valori e nella nuova morale laica diffusa in ambito cittadino e il suo sviluppo si ebbe anche grazie alla scoperta della civiltà classica, con la ricerca di nuovi testi. Quando i bizantini si rifugiarono in Italia a causa delle conquista ottomana, molti di loro portarono una serie di manoscritti di opere di autori greci antichi, così da diffondere anche la lingua antica greca. I due mondi erano strettamente connessi grazie all’importanza che si dava alla vita terrena. Infatti, il mondo classico era basato sul concetto che l’uomo è l’artefice del proprio destino. Nel 400 gli umanisti elaborarono una nuova concezione secondo la quale il mondo sensibile era il luogo dove l’uomo costruisce la propria salvezza, ponendosi come “centro e misura di tutte le cose”, concezione molto simile a quella di Protagora. I luoghi di trasmissione della nuova cultura furono le corti signorili, centri di potere dove si diffuse il fenomeno del mecenatismo, in cui i signori sostenevano economicamente gli artisti nel senso più ampio del termine. Quindi, si creò uno stretto legame fra potere e sapere. Nonostante ciò, le opere antiche erano nella maggior parte dei casi modificate e/o andate perse. Perciò, gli umanisti decisero di restaurare le opere tramandate, facendo nascere la Filologia, ovvero lo studio critico di documenti che ha l’obiettivo di restituire i testi nella loro autenticità. Il fondatore di questa disciplina è Lorenzo Valla. che analizzò la “donazione di costantino”. Questo spirito critico favorì lo sviluppo del pensiero naturalistico e il concetto di progresso. Gli uomini incominciarono ad analizzare direttamente la realtà in base alle proprie conoscenze e la verità apparve come il frutto di un percorso di osservazione e sperimentazione. Anche il concetto di arte si trasformò in quanto divenne una pratica intellettuale raffinata e complessa. Grazie a Leon Battista Alberti si arrivò alla scoperta della prospettiva, che divenne strumento di indagine e di osservazione oggettiva della natura. In quest’epoca, l’interesse per la scienza non si limitò alla speculazione teorica, ma si rivolse agli aspetti concreti, traducendosi in importantissime invenzioni ed innovazioni tecniche. Con lo sviluppo dello spirito naturalistico, si fece strada Leonardo da Vinci, che rivendicò l’importanza del sapere come metodo per raggiungere la verità attraverso esperimenti ed osservazioni. Fondamentale fu poi la In seguito gli spagnoli conquistarono la parte occidentale del Sudamerica, il centro America con tutto il Golfo del Messico e gli attuali Stati meridionali degli Stati Uniti come Texas, Arizona e California. Nacquero così i primi due imperi coloniali della storia. Per la via aperta da Colombo, si avventurarono tanti altri navigatori, tra i quali Giovanni e Sebastiano Caboto, con l’esplorazione di Terranova, del Labrador e della Nuova Scozia. Amerigo Vespucci invece fu il primo a comprendere che le terre scoperte facevano parte di un nuovo mondo che chiamò Terra di Amerigo, ovvero America. Ciò venne confermato successivamente da Vasco Nunez de Balboa che, dopo aver superato Panama, scoprì un nuovo oceano. Nel 1519 Ferdinando Magellano si avventurò in questo nuovo oceano che prese il nome di Pacifico. Durante il suo viaggio trovò tante difficoltà, anche a causa delle malattie, ma riuscì comunque a raggiungere le Filippine. Quì morì e i compagni rimasti, dopo esser arrivati nelle isole molucche, si divisero in due navi. Di una non si seppe più nulla, mentre la seconda riuscì a ritornare in Spagna, con Antonio Pigafetta, noto per il suo diario sull’impresa. Con questo, si concluse il primo viaggio di circumnavigazione del mondo, ma poco dopo Giovanni da Verrazzano e Jacques Cartier scoprirono rispettivamente l’estuario del fiume San Lorenzo e il Canada. I popoli indigeni L’america, però, non era disabitata, anzi vivevano diverse popolazioni tra loro, alcune più primitive e altre, come quelle dei maya, aztechi e inca, che invece erano molto sviluppate. Sulla base di queste tre culture c’era la coltivazione della patata e del mais, destinati a rivoluzionare l’alimentazione del vecchio continente. I maya si erano insediati, dal IV al X secolo, in Guatemala e Messico. Politicamente parlando erano organizzati in una serie di città stato indipendenti, governate da re sacerdoti. Le città principali erano veri e propri santuari, dove risiedevano unicamente i sacerdoti. Loro avevano una profonda conoscenza delle scienze astronomiche, fisiche e matematiche e utilizzavano la scrittura geroglifica. Gli aztechi (XIV-XV) si insediarono negli altopiani del messico, sottomettendo la maggior parte delle tribù. La capitale era Tenochtitlan, ma gli spagnoli la distrussero per edificare successivamente la Città del Messico. Inoltre si distinguevano per il particolare fervore religioso e guerresco e la religione, di tipo politeistico, influenzava la vita sociale e politica. La società era divisa in clan, ognuno con un proprio quartiere, e venivano gestite da un consiglio di anziani, incaricati anche di eleggere il sovrano. La popolazione degli Inca (XIII-XVI) si insediarono nei territori andini, dalla colombia fino al Cile ed era un vero impero, dove il re assolve ogni tipo di potere. La religione era basata su diverse divinità ed era caratterizzata dai sacrifici, in particolar modo dei lama. Possedevano una fitta rete stradale e floridi commerci, favorendo anche l’assoluto controllo del territorio da parte del sovrano. Non possedevano una propria scrittura, infatti le registrazioni venivano effettuate per mezzo di cordicelle annodate. L’incontro tra gli europei e gli abitanti dell’america si trasformò spesso in uno scontro e addirittura in uno sterminio. Furono organizzate diverse spedizioni a cui presero parte, oltre agli esploratori, anche i marinai, gli agricoltori, missionari e gli uomini d’armi e presero il nome di Conquistadores, spinti dal desiderio di guadagno. Il più famoso fu Hernan Cortès ed esplorò l’impero azteco, governato da Montezuma II. Pensava di trovare un popolo incivile, ma le sue convinzioni svanirono nel momento in cui capì di trovarsi davanti ad una civiltà molto raffinata, ma, comunque il suo obiettivo era quello di sottomettere l’intera regione. Lui con i suoi uomini raggiunse la capitale e riuscì ad avere la meglio sugli aztechi, poichè quest’ultimi erano ignari della presenza di armi da fuoco, di cani addestrati e cavalli. L’imperatore, per guadagnare tempo, decise di mostrarsi pacifico, fin quando ci fu una violenta ribellione che costrinse agli invasori di ritirarsi. Comunque poi ritornarono, conquistando la capitale e segnando la fine dell’impero azteco. Tra il 1524 e il 1546 gli spagnoli sottomisero i territori dei maya e Francisco Pizarro e Diego de Almagro, sottomisero l’impero inca. Pizarro sbarcò con circa 180 uomini sulla costa del Perù, riuscendo a conquistare la capitale Cuzco. Dopo aver conquistato l’intero popolo inca, gli spagnoli dovettero lottare contro una resistenza. Diego tentò di fare la stessa cosa che fece Francisco in Cile ma l’impresa fu portata a termine solo da Pedro de Valdivia. La sete di oro fecero sì che i due capi si scontrassero, fino alla morte di Diego. Successivamente, c’era la necessità di dare ordine alla conquista e, infatti, fu creata nel 1503 la Casa de Contratación de Las Indias al fine di regolare i traffici commerciali con il nuovo continente; nel 1524 fu istituito il consiglio supremo delle indie, che rappresentava la massima autorità. Il colonialismo spagnolo si trasformò nel più barbaro sfruttamento dell’occidente. I conquistadores erano autorizzati a esercitare alcuni diritti e, tramite il sistema delle encomiendas, i territori venivano affidati in concessione a un encomendero, che li amministrava a suo piacimento. I funzionari potevano reclutare gli indigeni necessari al lavoro forzato nei campi. Fu avviato infatti un processo di sfruttamento degli indigeni nelle miniere di oro e argento e nelle piantagioni di canna da zucchero. Ben presto si aggiunse anche lo sfruttamento degli schiavi africani. Tutta la situazione, dall’arrivo degli spagnoli in america allo sfruttamento degli africani, portò ad una serie di malattie, tra cui il vaiolo, che fecero diminuire precocemente la popolazione, passando dagli 80 milioni di abitanti ai 15 milioni. Le civiltà originarie d’America andarono in depressione, anche perchè furono privati della loro cultura, lasciandosi morire e non facendo più figli. Tutte queste violenze vennero denunciate al sovrano spagnolo, in particolar modo da Bartolomé de la Casas, creando due vicereami, quello del Messico e quello del Perù. Lo scopo era quello di sottrarre i territori conquistati dalle mani dei conquistadores e degli encomenderos. Nel 1542 furono emanate le nuove leggi contro lo sfruttamento degli indigeni ma, purtroppo, non furono mai rispettate. In Europa si aprì un dibattito su chi può essere considerato uomo e chi no e si arrivò alla conclusione che chi era favorevole al maltrattamento degli indigeni, era considerato più bestia che uomo. Questo fu il primo di tanti altri dibattiti. Nel frattempo i portoghesi iniziarono l'occupazione del Brasile. Fu introdotto il sistema delle piantagioni e dello sfruttamento della manodopera civile e, secondo un’ottica feudale, il sovrano concedeva lo sfruttamento di nuove terre a uomini fidati. L’opera di colonizzazione fu continuata in maniera più pacifica secondo ordini religiosi. Nonostante Spagna e Portogallo avessero il primato sui mari del mondo, L’inghilterra, l’Olanda e la Francia diventarono anche loro protagoniste. Conseguenze scoperte Con la scoperta dell’America e l’intensificarsi dei rapporti con l’Africa e con l’Asia, il mondo conosciuto dagli europei si ampliò enormemente con conseguenze rivoluzionarie per la storia economica, politica e sociale dell’Europa. Tra gli effetti economici si ebbero: ● lo spostamento dei traffici dal meditteraneo all’atlantico; ● l’arricchimento dei paesi atlantici; ● lo sviluppo delle marine mercantili; ● l’afflusso di oro e argento in europa; ● la trasformazione della produzione agricola, sia nel nuovo che nel vecchio continente. Per quanto riguarda invece l’ambito politico: ● la formazione di vasti imperi coloniali; ● la conflittualità tra le potenze coloniali. ● Dal punto di vista sociale i fenomeni più rilevanti furono: ● lo stimolo all’emigrazione; ● la crescita ulteriore della borghesia a danno della nobiltà; ● il mutamento di usi sociali; ● l'estinzione di popolazioni americane; ● lo spostamento di masse di schiavi dall’africa alle americhe. La tratta degli schiavi divenne uno degli elementi fondamentali del mercato mondiale e in particolare fu uno dei vertici del cosiddetto commercio triangolare che coinvolgeva Europa, Africa e America. RIPRESA DEL 500 A partire dalla seconda metà del XV secolo l'Europa si trovò di fronte ad un periodo di crescita economica che raggiunge il suo picco massimo nel 500. questa crescita economica fu causata da un incremento della domanda di beni, determinato a sua volta dalla crescita demografica. In concomitanza con la crescita economica, ci fu il fenomeno dell’inflazione: un fenomeno economico che consiste in un generale e continuo aumento dei prezzi di beni e servizi in un determinato periodo di tempo. In seguito all'inflazione il potere d'acquisto della moneta diminuisce, perchè, quando aumentano i prezzi, con la stessa quantità di denaro si è in grado di acquistare una quantità inferiore di beni. L'inflazione può essere provocata da diverse cause: la più comune è l’aumento della quantità Le sue idee Lutero aveva una visione molto pessimistica dell'uomo, infatti lo considerava fragile e piccolo in confronto a Dio. La natura dell'uomo era di essere incapace di ricevere la grazia Divina e quindi era impossibilitato ad ottenere la salvezza della propria anima attraverso le opere. Le opere non potevano quindi procurare all'uomo la salvezza né la liberazione del peccato. L’uomo secondo Lutero non era neanche in grado scegliere di conseguenza L'uomo era dominato totalmente o da Dio o da Satana. Inoltre considerava che soltanto Dio potesse salvare l'uomo, che deve vivere di pura fede. Inoltre ciò che veniva considerato una totale rivoluzione era che Lutero considerava inutili anche pratiche religiose, per esempio Digiuni, pellegrinaggi, di conseguenza considerava inutili anche l'opera dei sacerdoti. Da qui nasce la concezione che la chiesa sia un'istituzione prettamente umana e che non c'entri niente con il divino, tra i sacramenti che l'utero riconosceva troviamo soltanto il battesimo è l'Eucaristia poiché erano menzionati nel Vangelo. Lutero Inoltre considerava che non fosse necessaria alcuna guida da parte delle autorità ecclesiastiche, e che tutti potevamo essere sacerdoti, se credenti. Infine tutti secondo Lutero potevano interpretare le Sacre Scritture senza bisogno del clero per farlo. La scomunica di Lutero Ovviamente, di fronte a queste convinzioni molto differenti dalla Concezione della chiesa di Roma, Papa Leone X provò a far ragionare Lutero per cercare di riportarlo "sulla retta via", Ma Lutero era molto determinato, di conseguenza il Papa a giugno del 1520 con la bolla exsurge Domine, chiese formalmente la ritrattazione dei suoi errori. Questa mossa però non fece altro che incrementare la popolarità e il successo del pensiero di Lutero che davanti alla folla bruciò pubblicamente il documento papale. Di fronte a questa umiliazione pubblica il papà il 3 gennaio del 1521 scomunicò Martin Lutero. La dieta di Worms condanna Lutero come eretico Nonostante ciò il papà non aveva il potere di fermare la divulgazione delle idee di Lutero, potere che non aveva nemmeno l'imperatore di quel tempo, Carlo V, il quale era schierato dalla parte del papà sia perché era profondamente credente, sia perché aveva come obiettivo quello di tenere il papato come alleato nella lotta che stava per intraprendere contro la Francia. Carlo V convocò nel 1521 una dieta a Worms per tentare di ottenere, come aveva già fatto prima Leone X, una ritrattazione dei pensieri di Lutero. Ma di fronte all'ennesimo suo rifiuto Carlo V condannò Lutero definendolo eretico, vietando nei territori Imperiali ogni discussione contraria alla Chiesa di Roma. Nonostante avesse contro sia l'imperatore che il papà, Lutero aveva dalla sua parte tutti i principi Di Sassonia, uno dei più convinti sostenitori di Lutero fu Federico III, elettore Di Sassonia. La Germania si distacca Dalla Chiesa di Roma L'appoggio dei Principi tedeschi, dovuto alla voglia di svincolarsi dalla dipendenza dell'imperatore e alla brama di appropriarsi dei beni ecclesiastici, determinò il completo distacco dalla Chiesa di Roma di quasi tutta la Germania settentrionale. I protestanti e lo scontro con l’impero Il luteranesimo si rispondeva sempre di più e i seguaci di Lutero furono chiamati i protestanti. Nel 1531 i protestanti si unirono tra loro politicamente e militarmente nella lega di smalcalda, preparandosi allo scontro armato con l'imperatore. La Pace di Augusta Nel 1555 a riportare la pace tra l'imperatore e i protestanti della lega di smalcalda fu il trattato di Augusta. Grazie alla quale in Germania fu riconosciuta l'esistenza di due forme di religione cristiana, quella Cattolica e quella luterana. La Pace di Augusta stabilì anche il principio della libertà religiosa, ma...libertà religiosa tra virgolette in quanto: il sovrano aveva il potere di decidere per la religione del proprio suddito, quindi ognuno doveva praticare la Fede professata dal sovrano del luogo, la frase latina che spiega meglio questo concetto è cuius Regio, eius religio. Una conseguenza della Pace di Augusta fu anche la nascita del Ducato di Prussia. La Riforma si diffonde Le idee di Lutero si diffusero molto presto in Stati come la Danimarca la Norvegia i Paesi Bassi e la Svezia. Ci furono invece stati come la Spagna e l'Italia in cui le idee di Lutero non ebbero alcun successo. Un caso particolare è quello della Svizzera infatti troviamo Zwingli e Giovanni Calvino, che partirono dalla concezione di Lutero per poi sviluppare un loro pensiero “autonomo”. Ed è infatti proprio così che morirà, in seguito all’ultimo scontro armato avvenuto nel giugno del 1531 con la battaglia di Kappel. Se Lutero aveva approvato ogni azione dei principi tedeschi, Calvino invece la possibilità di ribellarsi alle autorità, soprattutto se queste tendevano ad allontanarsi da Dio. Per evitare che le autorità si allontanassero dalla legge di Dio, Calvino nel 1541 creò una vera e propria comunità in cui il potere politico si fondeva con quello religioso punto questo organismo, chiamato, gli anziani, che aveva lo scopo di controllare la condotta morale e l'ortodossia religiosa dei cittadini ma anche dei magistrati. Le linee guida di questo progetto furono esposte nelle ordinanze ecclesiastiche e fu Imposto un rigido sistema di censura, per evitare la diffusione di idee diverse da quelle approvate dalla religione calvinista. LA CHIESA ANGLICANA La Riforma ebbe un esito particolare in Inghilterra. Il re Enrico VIII Tudor, che voleva consolidare il proprio potere a spese del clero e incamerare i beni della Chiesa, si scontrò con papa Clemente VII, che si era rifiutato di dichiarare nullo il suo matrimonio con Caterina d'Aragona, in quanto, poichè questa non gli aveva dato figli maschi, Enrico volle sposare una dama di corte, Anna Bolena. Enrico spinse il Parlamento ad approvare l'Atto di supremazia (1534), con il quale egli si proclamava capo supremo della Chiesa d'Inghilterra, e quindi sciolto da vincoli di obbedienza verso il papa. In tal modo la Chiesa inglese, pur non diventando luterana, si separò da Roma e assunse il nome di Chiesa anglicana, conservando gli stessi dogmi, riti e gerarchie della Chiesa romana. Siamo quindi di fronte allo scisma anglicano. Sotto Elisabetta I, succeduta al padre Enrico, l'arcivescovo di Canterbury divenne il capo della gerarchia ecclesiastica, mentre il sovrano assunse il ruolo di protettore della Chiesa. Ci furono inoltre molte persecuzioni, per chi andava contro il pensiero del re, è il caso del cancelliere Thomas More.
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