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Da spazio nasce spazio. Luciano crespi, Appunti di Design Primario

Riassunti Da spazio nasce spazio, capitolo 1-10

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 24/05/2023

michele110703
michele110703 🇮🇹

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Scarica Da spazio nasce spazio. Luciano crespi e più Appunti in PDF di Design Primario solo su Docsity! 1. Abitare en passant La questione del rapporto tra ambienti abitati e le città diventa di vitale importanza, per la profonda trasformazione dei modi di abitare nella contemporaneità. Jean-Luc Nancy sostiene che tutt’oggi si abita “en passant” ovvero come un passante frettoloso, così vicino e così lontano dell’ambiente circostante, le cui soste sono solo provvisorie (acquisti, nel mezzo del traffico). Si abita in città che fanno parto oramai di circuiti finanziari, culturali e commerciali che mettono in discussione le precedenti nozioni di identità, ma al contempo si è affermata un nuovo fenomeno che ci mostra come le relazioni sociali in grado di produrre significati (i processi globali) “ si fissano nei luoghi” fisici o simbolici specifici. Al contempo però il fatto che le città sono dei circuiti finanziari, si è creato uno spazio globale ricco di differenze dove chi abita lo fa in maniere di viaggiatore, percorrendo è creando dei percorsi provvisori, cosi facendo il territorio stesso diventa fattore cruciale de processo di differenziazione creativa. Per questo le città appaino teatro di avvenimenti culturali, spettacolari, ma anche nuove forme di messa in moto di meccanismi di autoconsumo dello spazio per permettere a qualcuno di costruire la propria prossimità fondate ormai su modalità multiple di approccio e consumo del territorio. Accanto a questa nuova considerazione del territorio abbiamo l’affermarsi di una ideologia del presente che impedisce al passato di portare lezioni e al futuro di rappresentare un punto di speranza, ed è andata a modificare il pensiero artistico, più in generale quello creativo, infatti non esisterebbe più il concetto di opera o contemplazione, ma solamente di moda caratterizzata da eventi, incontri o performance (che vanno e vengono), facendo affermare nella società contemporanea il pensiero calcolante che domina soprattutto l’occidente, istituendo in esso un “impero del razionale”, che va ad estromettere il modo di agire ragionevole capace di tenere conto delle complessità della situazione resistendo quindi allo spirito di geometria. 2. Cambio di prospettiva Oggi possiamo parlare di cultura del design degli interni come una cultura che mette la sua radici nella storia dell’architettura degli interni, ma che al contempo rivendica la sua indipendenza, difatti entrambe hanno le loro sfere di pertinenza, l’architettura del design infatti ha in compito di riadattare edifici preesistenti oppure ipotesi di riuso, invece l’interior design ha il compito di attribuire agli ambienti identità e atmosfera attraverso la manipolazione di elementi specifici come arredi e finitura dei soffitti, tramite interventi limitati. Ma tutt’oggi gli aspetti principali che contraddistinguono: il primo caratterizzato dalla globalizzazione del mercato che pone in modo completamente diverso il collegamento tra ambiente e attrezzatura, accade infatti spesso che alcuni segmenti significativi si trovino ai poli apposti del processo di produzione, come nella ricerca e sviluppo, nel marketing strategico oppure nella logistica; il secondo rappresenta il cambiamento delle modalità con cui si usano gli ambienti interni ed esterni nelle città, proprio la pianificazione urbana si trova tutt’oggi in difficoltà, sperimentando una dimensione estetica, culturale, progettare nuove forme e norme capaci di contribuire a realizzare una città ed un territorio belli non solo dal punto estetico ma anche di creare una bellezza culturale e sociale. Al design degli interni si aprono quindi nuove porte della sperimentazione per la ricerca di nuove modalità di lavoro, proprio perché sembrano sempre più indefiniti i limiti tra ciò che appartiene all’interno vero e proprio e ciò che si definisce esterno, si va a creare infatti quella che definiamo una citta poroso dove l’ambiente domestico si ricrea nella strada e la strada penetra all’interno delle case (es Napoli), ma al contempo i musei che escono nelle strade e le biblioteche ritrovano una nuova vitalità, diventando luogo di ricomposizione della diversità e punto di incontro tra le diverse generazioni, rendendo così la citta non sono una macchina efficiente per gli scambi, ma un organismo amichevole da abitare. 3. La città temporanea Tutt’oggi siamo di fronte a modi di abitare nei quali prevalgono la mobilità e la provvisorietà, per questo le città europee sono diventate una sorta di grande accampamento, sedi di soste temporanee e progetti di vita mobili, e il territorio stesso delle città diventa luogo fondamentale per questo temporaneità come nel TIM festival del 2007, della durata di 2 giorni, dove per l’occasione furono montati in 2 settimane 250 container a Rio de Janeiro che andavano in parte a delimitare il luogo in cui avveniva il festival e in parte vennero utilizzati come servizi. Il tutto smantellato in pochi giorni lasciando solamente il ricorso di esso. Differente dagli eventi del 700 che hanno caratterizzato la scena urbana, in occasioni di feste e grandi avvenimenti e che vedevano la città prendere la parti ad essi, a differenza di oggi dove gli allestimenti vanno ad aggiungere pezzi alla città oppure andandosi anche a sostituire ad essa provvisoriamente, creando una nuova forma di metabolismo urbano caratterizzato dalla formazione di nuove forme viventi con vita breve che scompaiono lasciando soltanto i ricordi vaghi di essi e le cui forme di allontanano sempre di più dal mondo dell’architettura, avvicinandosi di più a quello de design. Questa provvisorietà e mobilità sono le ragioni dalle quali partire per disegnare nuove modalità di approccio alla questione della progettazione degli interni che richiedono di misurarsi con i temi della temporaneità, senza però considerarla come punto principale rinunciando alla ricerca di profondità di senso e di identità. 4. Congetture In principio c’è sempre un tema. Progettare gli interni di un bar, di un alloggio o di un negozio, non cambia molto dal progettare un museo o una biblioteca, ma in ogni caso la cosa importante da tenere conto è il tema che non rappresenta mai una funziona o più funzioni, ma ha un valore molto più ampio che deve essere interpretato. Infatti la ricerca di un tema significa dare risposta ad un bisogno che è legato a rituali fondamentali per la vita dell’uomo: il primo passo deve essere quello di cercare di capire il senso di questo problema, tradurlo in una idea che abbia un valore programmatico. Difatti tanto più si ha esperienza tanto più si ha un archivio mentale di operazioni (diventate naturali) per risolvere il problema. Il tema possiamo vederlo inoltre come una congettura (o abduzione che deve essere convalidata, o anche ipotesi da Pierce) sulla realtà che deve essere convalidata da una prova sperimentale, come possiamo definire in ambito scientifico “metodo per prova ed errore”. Il problema stava nel fatto che le metodologie scientifiche erano basate su qualcosa di razione, cosa differente dal progettare che deve comunque tener conto di molti fattori influenzanti, ma comunque si erano man mano insediate nel mondo progettuale dove stava vendendo meno l’illusione dell’approccio sistematico e l’emersione di un carattere più o meno razionale. Per questo l’unico modo possibile a fin che il progettare diventasse un atto fondante di processi razionali era quello di assumere dei modelli “a razionalità limitata”, che consentiva lo scontro tra diversi tipi di razionalità, a fin che non si fosse trovato il “più razionale”. 5. Dentro i dispositivi Come ha sottolineato Bruno Munari la ricerca attraverso casi studio è un momento fondamentale dell’attività di progetto, ed è infatti più facile trovare nella storia esempi che conservano una loro attualità, soprattutto sulle forme che presentano. Per questo l’analisi di casi studio siano storici o contemporanei, deve far emergere le ragioni su cui si fondano e non basta infatti che se ne studino le funzioni, le forme, i colori, i materiali o le dimensioni, ma occorre qualcosa di più profondo. Ovvero la regola o le regole con cui il dispositivo sia stato creato, che si può ricavare attraverso la descrizione di chi lo ha progettato, attraverso le letture di critici autorevoli, oppure azzardando una cosa più complicata, cercando di decifrarlo in prima persona. Questo primo processo può essere già considerato come parte del lavoro progettuale, anche se deve essere svolta seguendo delle scale: una più circoscritta e una più esterna dove si vanno ad indagare sistema complessi, spazi interni ed esterni. Come nel caso del Convento di La Tourette, progettato da le Corbusier nel 1953 con un linguaggio brutalista. Steve Holl da progettista, da una lettura dove spiega che questo luogo semplifica più di ogni altri il concetti di “spazio ineffabile” ovvero qualcosa che al di fuori non
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