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da spazio nasce spazio, Sintesi del corso di Design

breve riassunto dell'omonimo libro di Luciano crespi

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 10/03/2021

luca-piras
luca-piras 🇮🇹

4.5

(8)

3 documenti

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Scarica da spazio nasce spazio e più Sintesi del corso in PDF di Design solo su Docsity! Da spazio nasce spazio In questo tempo stiamo vivendo un periodo di profonda trasformazione dei modi di abitare, spostandoci sempre di più nell'abitare en passant, ossia come un passante. Sostiamo in maniera frettolosa in una città che è sempre più globale e meno identitaria. Si crea, quindi, uno spazio ricco di differenze all'interno del quale chi vive è un viaggiatore che transita. È come se la città fosse un teatro di avvenimenti culturali con la messa in scena di meccanismi di autoconsumo dello spazio che ridefiniscono le identità, ora fondate su modalità multiple di approccio e consumo del territorio. Gli spazi sono riservati ai singoli fruitori e non permettono coabitazioni permanenti, seguendo le mode e cambiando continuamente. I modi di abitare, quindi, sono sopraffatti dalla provvisorietà così come gli interventi sono legati al tema dell'evento occasionale (si costruisce e si smantella senza lasciare nessuna traccia) pur senza ignorare la ricerca di profondità e di senso. All'inizio di un progetto c'è sempre un tema che non rappresenta una sola funzione ma ha un valore più ampio, ossia vuole rispondere ad un bisogno legato a pratiche rituali e fondamentali. Il primo passo è capire il senso profondo del tema e tradurlo in un'idea, come fosse una congettura che dev'essere validata scientificamente. Si deve tentare la strada dell'assunzione di modelli a razionalità limitata per non aspirare a decisioni razionali in sé ma “più razionali” perchè bisogna sempre tenere in considerazione l'irruenza dell'imprevisto e della casualità. Affianco al tema dev'essere presente anche la ricerca perchè “da cosa nasce cosa” e spesso le soluzioni cercate sono già contenute in qualcosa di già fatto. Non basta studiare i casi ma bisogna far emergere le ragioni su cui si fondano, non solo le funzioni ma la regola con cui il dispositivo è stato progettato. Bisogna, quindi, prima di tutto documentarsi su diverse scale e poi interessarsi anche a quei mondi attigui a quello del design e che utilizzano le immagini per esprimersi. Progetto e ricerca devono viaggiare insieme perchè la prima idea contiene già un valore progettuale e le due parti si alimentano contemporaneamente. Per questo si utilizza il lay out come primo punto di partenza progettuale, provvisorio ed aperto: si tratta di tradurre il lavoro di ricerca sul tema in un insieme complesso che contiene tutte le attività ritenute soddisfacenti e quegli elementi innovativi (costruire gerarchie, assegnare ruoli e valori, immaginare relazioni ecc). È un primo sommario carattere dello spazio che richiede modalità specifiche di restituzione grafica ossia schizzi e modelli tridimensionali, ideogrammi. In questo modo si prefigura la natura del dispositivo da progettare e si avanzano le prime ipotesi di configurazione spaziale. Il processo è l'elemento fondante del progetto, utilizzando i diagrammi come strumenti analitici-operativi, ed è fatto prima ancora di conoscere a fondo il luogo per non ricevere influenze e condizionamenti. Dopo aver ideato una prima parte, si può conoscere il progetto attenendosi ai documenti che lo rappresentano. Il vero atto per conoscerlo, però, è lo stare nel luogo, capendolo e riconoscendone l'anima. Bisogna avere un atteggiamento aperto anche a cogliere qualità nascoste, operando sapendo quali elementi hanno valore e quali no in quanto a volte alcune caratteristiche sono spunto di progetto (soprattutto in quei luoghi dismessi ed interrotti). Infatti un luogo è un insieme fatto di cose concrete che definiscono un carattere ambientale (essenza del luogo): l'atmosfera definisce un luogo che è quindi un fenomeno qualitativo. Per spazio, invece, si intende l'organizzazione degli elementi che compongono il luogo mentre per carattere l'atmosfera generale. Questa è una qualità non permanente che viene definita come genius loci. Alcuni luoghi perdono la propria anima con il passare del tempo e sostituiscono uno spazio privo di identità per cui bisogna riscoprire i valori nascosti con la rivalutazione dell'importanza dell'estetica. Tutto questo lavoro è preliminare al master plan, ossia l'applicazione del lay out all'organismo fisico ed esistente. Si parla, quindi, di neotopie intese come sistemi di spazi capaci di riscattare porzioni di territorio dal loro destino e in grado di dare virtuosismo anche alle aree circostanti. Questi dispositivi sono possibili e non utopici e lavorano ad una scala più piccola per avere ricadute anche esterne, richiamando il discorso del confine tra interno ed esterno. Ovviamente nel master plan alcuni elementi verranno tolti o aggiunti e potrebbero necessitare di altra ricerca: si avrà come risultato finale un luogo funzionale che colloca tutto in maniera appropriata e non azzera la realtà su cui opera. La restituzione grafica in questo caso, invece, deve dimostrare che l'inserimento delle nuove attività è possibile e crea potenziale con schizzi, appunti, disegni ecc. Dopo ulteriori verifiche dettagliate bisogna rivelare l'appartenenza della propria idea progettuale ad una strategia, ossia scuola di pensiero. Bisogna dare senso all'insensato adottando delle strategie derivate dai grandi maestri e dal loro modo di progettare e vedere il mondo. In questo modo si è consapevoli della pluralità dei punti di vista nel design e si ricavano stili di analisi su cui strutturare le varie risposte progettuali. È come avere un inventario enorme da cui attingere per predisporre le basi per un lavoro progettuale. Franco Albini: concettuale, matrice surrealista con capacità di sorprendere chi osserva incerto tra ammirazione rigore razionale e sorpresa dell'impensato infatti accostamenti inconsueti di realtà inconciliabili+trasfigurazione realtà come metamorfosi → sensazione sospesa tra realtà e il suo profondo onirico e misterioso. Stanza per un uomo, mostra dell'abitazione VI triennale: ambiente unico di 20mq modulare su 2x1 di letto+doccia+spazio lavoro, spazi per sonno+studio+lettura+ginnastica, tubolare quadrato tralicci e arredi racchiudendo anche spazi; funzioni proprie dell'abitare restituite in maniera allegorica e surrealista, dettaglio che sfugge e che rende l'immagine verosimile e improbabile insieme. Stanza di soggiorno in una villa, VII triennale: stessi ingredienti di prima ma cambio contesto perchè natura, pavimento erboso sotto vetro, passerella in legno, altalene; tema domestico, atmosfera naturalismo scherzoso e surrealismo con spiritualità interiore, valore compositivo e soprattutto emozione estetica vale tutto. Ettore Sottsass: tantissimi disegni come ideogrammi con i quali comporre una lingua universale = “variazioni” nate da ricerca dati e poi variate con elaborazione metodica dei primi segni che alla fine stato di tensione = repertorio di segni primari e grafie infantili come concetti archetipici, no complessità ma simmetria e metafora, matrice neoplastica europea con assemblaggio figure semplici (futurismo con primitivismo geometrico)+influenze culture orientali; atteggiamento intellettuale che gestisce contraddizioni mondo, aperto e multiculturale, attraversare il mondo senza differenze di nessun tipo tra cose e tempo; uso del gioco e nonsense, colore fondamentale e tanti aggettivi. Metafore: studi di linguaggi architettonici e riflessioni sull'ambiente, appunti di antropologia, bisogno relazione fisica con cosmo, piccoli fragili architetture in luoghi non straordinari dove quotidianità, foto accompagnate da disegni commentati. ES: Architettura virtuale: 4 pali sottili verticali con 4 pali orizzontali che delimitano luogo, tenuti a terra da spago, appesa finestra compensato, sfondo paesaggio aspro che contrasta con fragilità; Disegno di una porta per entrare nell'ombra: segna passaggio da uno spazio all'altro, pensiero filosofico del regno delle ombre. Mies Van der Rohe: rifiuto dell'arte come aggressione ai sensi a favore di contemplazione e introspezione, non immediate ma sempre più senso → relazione con l'osservatore, no spettacolarità, trasparenza come condizione che avvicina al silenzio sacrale+altre dimensioni della realtà+sospensione tempo, silenzio va riempito, vuoto architettonico conduce e lo spazio fluisce; affinità avanguardia russa. Padiglione tedesco, barcellona: no volumi ma piani isolati, lastre diverse, pilastri di metallo curciformi senza basamento che astrazione idea appoggio e effetto galleggiamento, soffitto intonaco bianco che luce da pavimento riflettente; polarità (tettonico-atettonico, aperto-chiuso, innovativo- classico, costruttivo-astratto), superficie dissolta nella funzione di generatrice del volume. Mostra industria vetraria, stoccarda: materiali con estetica di Malevic “quadrato bianco su fondo bianco” perchè tutto bianco e nero. Exposition de la mode: gamma di colori matrice russa. Casa Tughendat, brno: contesto più complicato dove valori antropologici dell'abitare, alcova semicircolare ebano avvolge sala da pranzo e rituale simbolico del pranzo, arredi dissonanti ma ricchi e articolati (tende tutta altezza nere o beige, rivestimento sedie omonime cuoio verde o rosso), colori russi; ogni spazio carattere diverso in base a ruolo istituzionale. GNAM, roma: ingresso ridisegnato, elementi passati+semplici e attuali; museo come spazio accogliente, reversibile. HiBYE: tavola istruzioni con pillole che introducono in ambienti nuove forme di consumo per lavoratori contemporanei; concetto puro, provocazione necessità adattamento mentale e fisico dei lavoratori nomadi contemporanei. Mptree: istruzioni per installazione nelle varie varianti; filosofia. Desigual negozi: feste ed eventi negli spazi arredati senza merce → invitati disegnano sulle pareti così autenticità che manca nei negozi. Temporary camper shop, milano: coinvolgimento clienti perché segno sulle pareti. Camper foodball, barcellona: multifunzionale perché ristorante+bar+incontro, no confini interno/esterno. Camper postcard: dopo acquisto invito a spedire cartolina. Car mirror: installazione con specchi dove automobilisti si guardano, protesi corpo, mito narciso con uomo reificato. Urban post-it: tenda per riparo temporaneo, fragile ma dolce. Food bank: seduta crea luogo, parte per il tutto, informazioni stampate per ordinare da cellulare. Stop discrimination of cheap furniture: sedie plastica semplici con scritta, valore nelle cose senza valore, manifesto politico. Park life, città varie: elementi per parco che vita legame con attività fisica, no attività antiche ma nuove capacità come gioco e sport, 14 prodotti diversi, istruzioni varie. Michele De Lucchi: nel cinema piano sequenza per realismo perché complessità+continuità+spettatore deve scegliere cosa guardare = messinscena dove ogni elemento armonia inquadratura → nel design uguale con messinscena perché raccontare storia attraverso rappresentazione spazio, profondità di campo per non frammentare scena in tante ma una unica, foto scelte sempre prospettiva centrale, comunicare dell’altro = spazio illusorio che racconta di più; a volte elementi radical creano paradossi. Mercato del duomo: ristorante in galleria vittorio emanuele II, problema accesso risolto con scale mobili acciaio, freddo e tecnologico, inquadrato tra fornici, ulivo appeso surreale; scenografia. Negozio moschino: spazio come galleria milanese, armadi infiniti, vetrine in rovere rivestiti di specchi dilatano spazi, pavimento rovere doghe, soffitto pannelli gesso scacchi; tutto palcoscenico e spettacolo, scambio di ruolo e spiazzamento. Negozio camper: ingresso racchiuso da pareti con balconcini con scarpe, mobile di memphis. Tronco: scala elicoidale con fontana al centro in acciaio, sembra montagna e acqua bagna tutta superficie. Gallerie d’italia: interni ricchi, sistema espositivo indipendente architettura, cambio colore pareti, pavimento costante; connotazione storica e artistica, spazi abitazioni borghesi diventano museo, rispetto del luogo. Manica lunga, venezia: lungo salone, silenzioso e ascetico, disorientante per dimensione, inganno visivo perché porte celle negli scaffali libri, al centro tavoli consultazione; lineare apparente invece complesso. Attilio Stocchi: racconti dove trama è nel titolo, scenari magici, incanto nasce da realismo preciso in atmosfera incantata, ascolto luogo e ricerca caratteri dominanti nascosti, sempre intangibile da scoprire, no improvvisazione. Vortice: collegamento tra piazza paese e alzaia naviglio a quota inferiore, percorso come vortice spirale ruota su se stessa, ispirazione leonardo che balcone su naviglio e disegna vortici; tributo a paesaggio+allegoria leonardo+omaggio avanguardia russa. Favilla. Ogni luce una voce: componente razionale luce, scatola nera in piazza milano con schermi con conferenza su natura della luce, narrazione che incanta simile tragedia greca (quattro atti e epilogo), fibre ottiche e sciami luminosi in un geode. Cuorebosco: alberi stilizzati nella nebbia, canto uccelli, evocazione bosco dei celti, statua di manzoni appare, ambiente che visitatore vive attraverso episodi della giornata, ogni albero ha un uccello con nome scientifico; atmosfera surreale, tra passato e futuro, gioco di trasformazione con luce e suono. Galaverna, bergamo: sceneggiatura di battaglia dove rozzone sconfitti, 42 lance di 8 metri a terra, 55 impluvi punti di raccolta umanità. Trafitta, bergamo: abitazione in spazio ex industria, carattere atmosferico futuristico → idea che residenti abitano sospesi, pali acciaio sospendono tutto (stanze, arredi) a volte trafiggendo. El Lisitskij: obiettivo non rappresentare ma costruire qualcosa di autonomo come natura, nome autonomo di proun, no asse dipinto ma costruzione da guardare da tutti i lati, tensione allo spazio, costruzione dello spazio con colore che stato di energia. Ai nostri tempi si sta generando una nuova categoria di spazi pubblici di confine che favoriscono il moltiplicarsi dell'economia e che contribuisce a cambiare l’idea di spazio pubblico e città, tema trattato da autori diversi. Per Amendola, la città è una scena che macina eventi e consumi culturali, in cui lo spettacolo è il principio organizzatore della vita che rende la città un luogo di consumo tramite eventi quotidiani. Si mettono in moto, quindi, nuovi sistemi di autoconsumo dello spazio che permettono un “palinsesto” personale che ridefinisce le identità, fondate su modalità multiple di approccio al territorio. Per questo motivo, interno ed esterno si fondono e non rientrano più nei codici conosciuti. Patrizia Mello ha evidenziato il fenomeno di allargamento dell’appropriazione degli spazi a proprio uso e consumo. Costruiamo il nostro percorso di vita nel tessuto urbano anche attraverso un processo di diffusione delle informazioni e artificializzazione dell’ambiente per potenziare la facoltà umana. L’esito è un’architettura come estensione del corpo, dove spazio fisico e mentale sono sempre più fusi insieme influenzandosi. Paolo Perulli parte dalla ricognizione dell’evoluzione dei modelli di assetto del territorio per arrivare alla condizione attuale dove si ha un dualismo tra identità e relazione. Bisogna immaginare nuovi luoghi come confine e ponte tra le diverse realtà, attraverso una cura socio-spaziale delle forme urbane che prende vita sotto forma del design urbano con il compito di relazionare identità, individui e comunità. Lo spazio pubblico, in sintesi, diventa elemento chiave di connessione delle esperienze. Per Massimo Cacciari esiste la necessità che lo spazio assuma l’aspetto di una forma pura a priori, omogenea ovunque e non identificata in luoghi diversi. Si abita solo la città e il luogo dell’abitare non è più l’alloggio. Il luogo è dove sostiamo e le città di adesso ignorano questo silenzio e questa pausa: bisogna, quindi, mettere a soqquadro quei corpi chiusi che delimitano gli spazi. Jean-Luc Nancy parla di “città lontana” dove bisogna abbandonare la retorica dell’abitare perché è diritto della città a non figurare e degli abitanti a non essere semplici figuranti. Dev’esserci libertà nel non destinare a residenza la città, richiamando il tema del flaneur che si ribella contro le pratiche consumistiche di massa e cerca di dipanarsi tra integrazione e marginalità. Il flaneur vuole sentirsi a casa in mezzo alla folla, per cui gli spazi aperti e di transito acquistano nuovo valore e si richiede l’adozione di nuovi stili di pensiero. Fabio Carmagnola e Vanni Pasca hanno esaminato l’esigenza di valorizzare la componente simbolica: la globalizzazione chiede più società e ha creato un’economia del simbolico che necessita di ridisegnare il territorio attraverso una produzione di senso. A tutto ciò non può più rispondere solo l’arredo urbano perché oltre al comfort ci sono esigenze più complesse. Si utilizza, allora, l’allestimento degli ambienti come procedura adeguata ai processi di riqualificazione, attraverso anche una sperimentazione. Questo deriva dalla cultura del design di interni, che affonda le radici nell'architettura di interni anche se con delle differenze: la prima è una pratica interdisciplinare che attribuisce agli ambienti identità e atmosfera tramite la manipolazione di elementi specifici limitati mentre la seconda riadatta edifici preesistenti con l'intento di ri-usarli. Il design di interni è facilitato perchè riesce a penetrare nel mercato globale e contemporaneamente interessarsi di quel carattere riflessivo e critico, oltre che riesce ad adattarsi ad ambienti sempre diversi. Gli spazi della città vanno riqualificati e rifunzionalizzati con grande flessibilità per rispondere alla molteplicità di funzioni e alla nuova dimensione di pubblico-privato. Infatti, la pianificazione urbana si sta modificando, iniziando ad inglobare la dimensione estetica e culturale fino a realizzare città belle nel senso di socialità e cultura. Iniziano ad essere riqualificati, quindi, impianti dismessi e ci si interessa dell'ambiente urbano (interni urbani) distruggendo il confine interno/esterno per cui l'ambiente domestico si ricrea sulla strada e la strada penetra nelle case. Tra questi spazi riqualificati si trovano soprattutto gli “spazi improbabili”, ossia spazi interstiziali nei quali si concentrano attività innovative e spontanee che si evolvono rapidamente. Si tratta di strutture che hanno smesso di svolgere la funzione per cui erano nati e che si trovano in uno stato di sospensione perché troppo poco attraenti, troppo recenti per essere definiti ruderi, non così speciali da essere restaurati ma nemmeno così avariati da essere distrutti. Sono una risorsa strategica che può ospitare attività culturali, di residenza, sociali e rispondere a domande non programmabili. Il design li riconsegna a nuovo destino con l’utilizzo di dispositivi allestitivi provvisori, reversibili e realizzati in breve tempo ma coerenti con l’anima del luogo. Si dispone spesso di scarse risorse che, però, recuperano il significato simbolico e la memoria che portano con sè. Il progetto “di avanzi”, quindi, recupera un valore di stile di pensiero fondato su una nuova tradizione, accogliendo anche gli elementi di degrado. Si può parlare di design del non-finito (come Michelangelo) come prospettiva per attribuire ai luoghi un carattere rappresentativo, in quanto solo la natura è finita e completa. In questo modo si raggiungono nuovi equilibri e si favorisce la ricerca libera. La sfida, ovviamente, sta nel riqualificare questi ambienti urbani non in funzione di un evento ma in vista della loro riconfigurazione come spazi “da abitare”. Nel fare ciò bisogna conoscere intimamente lo spazio che si sta analizzando, in modo da avere una procedura fissa a-priori del risultato. Avere una procedura, infatti, significa eseguire una sequenza ordinata di operazione per raggiungere uno scopo, per cui è fondamentale cogliere tempestivamente i cambiamenti della natura dello scenario nel quale si lavora. Oltre alla problematica della definizione di spazio pubblico e città, secondo Canfora, bisogna risolvere anche il problema del disequilibrio della distribuzione delle ricchezze. Questo problema, dovuto al fenomeno inarrestabile dei movimenti migratori, rende invivibile la metropoli, diffondendo la figura dell’errante urbano e diventando una caratteristica da tenere presente durante il progetto. Esiste quindi la necessità di assumere la transculturalità come prospettiva critica che vede le culture come processi dinamici in grado di creare spazi che favoriscono le relazioni. In sintesi, si avvertono i primi segnali della nascita di un movimento che ha iniziato ad operare in questa direzione, senza aver aderito coscientemente ad un pensiero comune che li legittimi ma semplicemente derivato da un’esigenza di misurarsi con il mondo contemporaneo.
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