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Dal locale al globale, Kilani, Sintesi del corso di Antropologia

Sintesi utile per esame di antropologia culturale

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 22/07/2019

petra-caccia
petra-caccia 🇮🇹

4.5

(18)

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Scarica Dal locale al globale, Kilani e più Sintesi del corso in PDF di Antropologia solo su Docsity! ANTROPOLOGIA: DAL LOCALE AL GLOBALE COS’E’ L’ANTROPOLOGIA? 1. ANTROPOLOGIA: SCIENZA DEL TRADIZIONALE O DELL’ATTUALE?? DEFINIRE L’ANTROPOLOGIA Per lungo tempo l’antropologia è stata la scienza delle società arcaiche, selvagge ed esotiche. Oggi la tendenza è quella di non rivendicare più un termine preciso per designare il tipo di società a cui si rivolge la disciplina: essa è la scienza delle diversità sociali e culturali, è la scienza umana in società. Per riflettere sull’oggetto attuale dell’antropologia occorre assumere una duplice prospettiva APPROCCIO ESTERNO ALLA QUESTIONE APPROCCIO INTERNO ALLA QUESTIONE: Qual è il posto dell’antropologia nel quale ambito ricopre la disciplina? Cosa pensiero scientifico contemporaneo? quale studia? Con quali metodi? Dov’è la il suo contributo alla modernità? qual è il specificità dell’antropologia rispetto alle suo rapporto con l’esotico? altre scienze? Per definire l’antropologia il primo elemento da considerare è il suo PROGETTO: malgrado l’eterogeneità teorica il progetto è permanente F 0 2 1 pensare il rapporto tra l’unità e la diversità del genere umano, pone al centro le differenze per le quali le società e le culture si distinguono. L’antropologia è una disciplina “contrastiva”: il suo progetto è quello di pensare l’altro e il medesimo sotto diversi aspetti DEFINIRE L’ALTERITÀ Il problema dello statuto dell’Altro non è stato risolto dall’analisi antropologica, il discorso antropologico viene messo sotto accusa come “discorso dell’Occidente”. Parallelamente a questa rimessa in discussione per si nota un certo successo della letteratura antropologica che ha aggravato la crisi di identità , rendendo confuse le immagini dell’Altro (svariati luoghi comuni). L’infatuazione del pubblico per la letteratura esotica pu essere dato: a. Rassicurarsi della propria superiorità culturale in quanto i racconti danno un’immagine caricaturale dell’Altro b. Utilizzare l’Altro come rifugio contro un presente minaccioso, una reazione al malessere di civiltà. Come rileva Marc Augè “di fronte alle delusioni politiche del secolo e alle incertezze della teoria molti antropologi hanno costruito la silhouette di un selvaggio che, più vicino alla natura, ha come rifiutato in anticipo tutto ci che ci opprime: fabbricando un’immagine idilliaca dell’altro si contribuisce a imprigionarlo perché l’Altro deve sottomettersi alla rappresentazione, acquisisce un’esistenza in rapporto all’uomo moderno Deleuze, Guattari, Clastres parteciparono negli anni ’60 alla corrente di pensiero che Augè definisce NEO EVOLUZIONISTA che consiste nell’ introdurre nell’analisi antropologica, ma rovesciandone il senso, lo schema evoluzionista dei 3 stadi per i quali passerebbero le società: selvatichezza, barbarie e civiltà (dalla pienezza al degrado) F 0 2 1 Uno dei principali interrogativi dell’Antropologia è: come fare a non privilegiare una dimensione rispetto ad un’altra? Come riuscire a non ridurre più gli Altri nelle figure dell’autentico o del selvaggio ma coglierli all’interno dello stesso rapporto con il Noi? !1 IO e l’Altro sono termini che devono illuminarsi reciprocamente e ci comporta che la riflessione oltre che altrove sia anche qui: l’alterità non è un’essenza, una qualità intrinseca, si è ALTRO solo agli occhi di qualcuno, la categoria dell’Altro è sempre inserita in una RELAZIONE La relazione dialettica tra il sé e l’Altro non è semplice: si conoscono mai veramente gli Altri? Nell’incontro con gli Altri non si cerca sempre qualcosa di se stessi? Per l’antropologo è necessario rimanere esterno all’Altro: avvicinarsi abbastanza senza identificarmi completamente, di comprendere la cultura senza immergermi in essa totalmente. DEFINIRE I LUOGHI DI RIFLESSIONE DELL’ANTROPOLOGIA L’oggetto dell’antropologia è dinamico, è dialettico nel senso che mette in rapporto sistematicamente il locale e il globale, i gruppi ristretti e la società generale in cui sono inseriti: l’Antropologia tenta di illuminare contemporaneamente i due livelli nonché l’insieme degli scambi tra loro Allo stesso modo l’opera dell’Antropologia non consiste nell’interessarsi delle tradizioni per tentare di resuscitarle o reinventarle per compiacere l’immaginario sociale del momento. L’approccio dinamico dell’Antropologia ai suoi oggetti ci rende attenti verso le diverse iniziative pseudo culturaliste (M. Augè) che hanno corso attualmente nei paesi del terzo mondo da poco liberate dalla tutela coloniale che per assenza di un progetto culturale e sociale idealizzano la cultura concepita al di fuori della storia e delle contraddizioni: un tale imprigionamento dell’identità oltre ad autorizzare la manipolazione politica delle masse, si oppone allo scambio interculturale … … ma allora: se l’antropologia non si identifica con un oggetto residuale né con una passiva ricostruzione culturale, qual è l’unità significativa che prende in considerazione e la finalità che persegue? Il procedimento antropologico assume come oggetto d’indagine unità sociali di piccola ampiezza a partire dalle quali tenta di elaborare un’analisi di portata generale, cogliendo la totalità della società in cui queste unità si inseriscono1 Questa definizione fa intervenire contemporaneamente: ✓ UN LUOGO (unità sociale concreta): queste unità sono ristrette nel senso che corrispondono a piccole comunità in cui le relazioni sociali sono concrete e direttamente osservabili dal ricercatore. Queste devono presentare una certa coerenza interna e una certa coesione rispetto all’esterno ✓ UN APPROCCIO (un punto di vista, una messa a fuoco): la scelta di queste unità deve consentire di illuminare la totalità. La specificità di questi gruppi non deriva dalla loro natura arcaica ma dalla loro opposizione alle pratiche dominanti (per questo illuminano per contrasto il modo di vita maggioritario) ✓ UN METODO (il decentramento): osservare la società maggioritaria a partire da gruppi ristretti vuol dire osservarla fuori dal suo quadro unificatore, fuori dai suoi punti di riferimento F 0 2 1 il punto di vista sarà così più critico e oggettivo. Inoltre l’osservazione partecipante che l’antropologo pratica nei gruppi ristretti gli permetterà di coglierli al tempo stesso dal di dentro e dal di fuori così essi gli appariranno tanto nella loro specificità locale quanto nella somiglianza o appartenenza alla società globale ✓ UNA FINALITA’ ANALITICA (cogliere delle logiche sociali): la posizione di decentramento e di osservazione partecipante permette all’antropologo di estrapolare il globale a partire dal locale. Si pu dunque definire l’antropologia come la disciplina che pensa il rapporto tra il locale e il generale, tenta di analizzare la logica e la trasformazione dei rapporti sociali proprie delle unità locali cercando nel contempo di spiegare la logica complessa del mondo che le circonda !2 1 Definizione di Marc Augè !2 Questo esempio dell’agricoltura di montagna rappresenta un esempio di FATTO SOCIALE (vedi sotto) Per Mauss il fatto sociale totale appartiene alla realtà empirica perché la vita sociale è un tutto i cui vari aspetti sono interconnessi: lo scopo dell’antropologia è ricostruire questa complessità La ricerca di rivelatori, di luoghi privilegiati per illuminare la globalità sociale è all’origine del procedimento antropologico in generale L’esempio più classico di fatto sociale è quello del sistema di scambio cerimoniale chiamato Kula studiato da Malinowski: è un vasto sistema di scambi di oggetti (bracciali e collane di conchiglie) che interessa una ventina di isole del nord ovest della Melanesia. I sistemi di scambio kula sono regolati da un rituale ben preciso che impegna durevolmente chi vi partecipa: creando legami permanenti si permette ai gruppi di superare le rivalità reciproche e di fondare una morale contrattuale F 0 2 1 nel kula si trovano intimamente associati transazioni economiche, comportamenti cerimoniali, alleanze politiche, manifestazioni estetiche, …un insieme di elementi che costituisce un sistema Partendo dall’esempio del Kula, Mauss allarga la comparazione ad altre istituzioni come il Potlach della costa nord occidentale americana. Egli sviluppa così la nozione di fenomeno sociale totale a due livelli: • un principio base: lo scambio sociale che si stabilisce all’interno di istituzioni così diverse (Kula, Potlach, la festa,…) corrisponde a un sistema di reciprocità (esiste l’obbligo di restituire il dono) e questo atto è all’origine stessa del legame sociale • un secondo livello: per queste ragioni le feste, le istituzioni, i riti devono essere considerati come un momento privilegiato nella vita della società: essi fondano il legame sociale e mantengono la coesione sociale. Questi sistemi di scambi sono delle prestazioni totali perché inglobano sia l’aspetto economico che sociale, che religioso,… sono fenomeni sociali totali che illuminano la realtà sociale REALTÀ EMPIRICA E MODELLO DELLA REALTÀ IN ANTROPOLOGIA Una volta ammessa l’importanza della nozione di fatto sociale totale nell’analisi antropologica ora ci chiediamo: come si costruisce un fatto sociale totale?? a quale ordine di realtà esso corrisponde?? Ad un modello della realtà non evidente ma costruito dal ricercatore: costruzione di un modello capace di tradurre dei rapporti, delle relazioni tra fenomeni separati Un classico esempio in termini di rapporti e relazioni ci è offerto dalla proibizione dell’incesto: finché ci si accontenta di definire tale proibizione in maniera isolata (criterio dell’avversione biologica o psicologica) si rimane ad un livello di analisi superficiale che non spiega perché il livello di proibizione sia diverso da una società all’altra. Per uscire dall’impasse l’antropologo Claude Levi – Strauss non si è accontentato di considerare solo l’aspetto negativo (l’interdizione del parente prossimo) della proibizione, ma anche i suoi aspetti positivi: le relazioni sociali di cui essa è all’origine (proibire incesto equivale a permettere la circolazione delle donne tra gruppi estranei e quindi di allargare le relazioni di scambio indispensabili per la vita sociale del gruppo) F 0 2 1 la struttura che sta sotto al contenuto manifesto è il principio di reciprocità: per comprendere le istituzioni dunque non è mai sufficiente fermarsi alla loro espressione cosciente e vissuta ma occorre cercare le relazioni soggiacenti, nascoste , quelle che offrono l’intera dimensione di un fenomeno sociale !5 FUNZIONE ESPLICITA, FUNZIONE IMPLICITA Un’altra caratteristica metodologica che scaturisce da quelle citate precedentemente consiste nella sistematicità della riflessione: l’antropologo deve essere attento a distinguere in una cultura gli aspetti espliciti da quelli impliciti, la funzione esplicita (o manifesta) di un fenomeno da quella implicita (o latente). Esempio: interdizione nella religione musulmana di consumare carne di maiale • ragione esplicita: preoccupazione di ordine igienico • ragione implicita: millenni addietro il consumo della carne era dei sedentari, le popolazioni nomadi lo rigettavano: l’interdizione era un’affermazione dell’identità del gruppo, era una regola culturale non igienica questa distinzione tra l’esplicito e l’implicito di una cultura ci riporta a una distinzione fatta in precedenza: quella fra le regole che si ritiene reggano un gruppo e le pratiche sociali concrete2 SGUARDO CRITICO E PREOCCUPAZIONE ETICA IN ANTROPOLOGIA Lo sguardo dell’antropologo è uno sguardo critico perché si interroga continuamente sulle evidenze e procede a mettere in rapporto tutti gli elementi presi in considerazione. Questo sguardo prosegue un duplice obbiettivo: ✓ produrre un effetto di conoscenza sotto forma di concetti e di modelli interpretativi articolati con dati empirici ✓ permettere una lettura demistificata della realtà, una lettura del sociale costruita attraverso la discussione di contenuti, interrogazione di forme, rilevazioni di senso le preoccupazioni morali ed etiche sono molto diffuse tra antropologi: il ricercatore è pur sempre un intruso nel gruppo in cui soggiorna e deve dunque stare attento agli effetti della sua presenza. Inoltre le informazioni e i risultati che trae dalla sua ricerca possono se non è attento essere utilizzati contro coloro che gli hanno permesso il lavoro. Per la posizione intermedia tra il gruppo e la società globale è talvolta dovere dell’antropologo difendere gli interessi delle popolazioni dominate o sfruttate 3. I CAMPI DI STUDIO DELL’ANTROPOLOGIA: SITUAZIONI E PROBLEMI Per concludere questa presentazione degli oggetti e dei metodi dell’antropologia occorre definire le suddivisioni interne della disciplina e delinearne i principali campi di studio, specificando che queste non sono discipline separate (prospettiva olistica): !6 2 Esempio dell’agricoltura di montagna in svizzera dimostra questo assunto: questa mantiene una attività socio economica riconosciuta. Ma non si riduce a solo questa dimensione utilitaristica, osservando le pratiche sociali è possibile scoprire una realtà più ricca e nascosta, che afferma la sottesa dimensione della socialità e dello scambio sociale • L’ANTROPOLOGIA DELLA PARENTELA L’analisi della parentela è il filo conduttore e il campo fondamentale dell’antropologia , essa è all’origine di numerose formulazioni concettuali (struttura, sistema, reciprocità,…) della costruzione di sviluppi teorici (rapporto natura-cultura, scambio sociale, …). Questa importanza primaria si spiega con quello che è l’oggetto empirico più importante dell’antropologia : nelle società tradizionali i rapporti di parentela sono centrali, tutti i linguaggi sociali passano attraverso la parentela (il linguaggio religioso passa attraverso gli antenati, il linguaggio economico si traduce in termini di lignaggio e di gruppo locale,…) • L’ANTROPOLOGIA DELLA RELIGIONE E DEL SIMBOLICO Un altro campo di studio privilegiato è quello dei sistemi di credenze. Sin dalle sue origini l’antropologia si è interessata alla descrizione e all’analisi dei fenomeni religiosi delle società esotiche e tradizionali, questi studi sono stati il punto di partenza di una riflessione sulle mentalità e sulle forme di pensiero attraverso le epoche. L’antropologia religiosa è stata influenzata anche dai lavori del sociologo Durkheim3 che analizza la religione come un fatto sociale e come fenomeno sociale totale (il religioso è una cristallizzazione di comportamenti e istituzioni che partecipano insieme dell’etico, del simbolico, dell’economico, del politico,…). Durkheim rimette in discussione la visione passiva che fino a quel momento si era fatta della religione4, considerandola come all’origine della coesione sociale e del suo mantenimento. Oggi gli interessi dell’antropologia religiosa si sono allargati allo studio dei sistemi di rappresentazione o simbolici: Marc Augè analizza i rapporti tra l’ideologia e le pratiche sociali tentando di pensare l’efficacia dei simboli • L’ANTROPOLOGIA POLITICA Fino a poco tempo fa l’antropologia politica è stato campo di indagine britannico (all’origine della riflessione il governo indiretto nelle colonie). Questi studi sono all’origine della distinzione tra società con lo Stato e società senza Stato, inoltre essi hanno rilevato l’importanza del fattore religioso nella definizione della politica • L’ANTROPOLOGIA ECONOMICA Grazie agli studi di Malinowski e Mauss assistiamo alle prime riflessioni dell’antropologia sul campo dell’economia, la loro riflessione ha permesso di considerare l’economia come inserita nella totalità dei fenomeni sociali e culturali. Tuttavia l’antropologia economica prende avvio negli anni ’50, quando si sviluppano le prime ricerche sul campo. Nel campo dell’antropologia economica troviamo: • la scuola formalista: prende direttamente in prestito i modelli dell’economia neoclassica e i valori del mercato (credito, capitale, investimento,…) per analizzare società storicamente e culturalmente differenti dalla società industriale • la scuola sostantivista: (Karl Polanyi) rifiuta tali nozioni e analizza le società pre- capitalistiche caratterizzate dai principi della redistribuzione e della reciprocità • corrente del materialismo culturale: cerca di spiegare le forme sociali e economiche a partire dai condizionamenti ecologici e demografici che pesano sulle culture • antropologia della significazione: definisce i fenomeni economici come fenomeni sociali totali, concepiti come fenomeni che recano in sé un senso sociale, culturale e simbolico. Essa mette sistematicamente in rapporto la società moderna con quelle tradizionali allo scopo di comprendere i sistemi di produzione economica a partire da categorie universali. • L’ANTROPOLOGIA DEL CAMBIAMENTO SOCIALE Soltanto a partire dagli anni 30 gli antropologi hanno cominciato a interessarsi ai problemi del cambiamento sociale e culturale derivanti dal contatto tra diverse culture. Si trattava per di un approccio meccanicistico valutato sempre in rapporto alla società dominante: si pensava al cambiamento come a un adattamento, aggiustamento delle società tradizionali alla società moderna. Oggi questa concezione unilineare è fortemente messa in discussione tentando di studiare il cambiamento sociale non più a partire dagli effetti esercitati dall’ esterno ma anche a partire dalla logica sociale tradizionale che lo fonda e che a sua volta esso !7 3 Le forme elementari della vita religiosa (1912) 4 Marx la definiva “l’oppio dei popoli” l’antropologo deve essere creativo, deve adottare le modalità di interpretazione dei propri informatori per leggere come dei segni l’insieme degli oggetti che si producono nel loro discorso. SEGNI la cui logica non rinvia alle norme di un sapere positivo ma a un gioco di linguaggio la cui funzione è l’identificazione e la classificazione degli individui e degli eventi all’interno di uno spazio sociale in perenne mutamento. Il ricercatore deve aprirsi non alla storia ma alla sua pratica, deve cogliere la corrispondenza tra il gioco dei segni della storia e quello delle variazioni verbali che ordinano i rapporti sociali sul piano locale 2. ANTROPOLOGIA E PSICOANALISI ANALOGIE ✓ Sono nate entrambe alla fine del XIX secolo ✓ Hanno lo stesso oggetto empirico: l’uomo F 0 2 1 è attraverso l’individuo, attraverso le sue p r a t i c h e e l e s u e rappresentazioni, che essi tentano di comprendere l’insieme sociale DIFFERENZE ≠ costituiscono entrambe una psicologia ma, mentre la psicoanalisi si ferma all’espressione individuale di essa, l’antropologia si concentra su quella collettiva ≠ il disaccordo più grande riguarda il modo di S. Freud in Totem e Tabù ha collocato la psicoanalisi nel cuore dell’antropologia: la psicanalisi pu ripercorrere la storia dell’umanità fin dalle origini alla stesso modo in cui lo fa per la storia individuale. La storia dell’umanità comincia con l’uccisione del padre da parte dei figli e l’individuo, secondo Freud, rivive nella psiche questa scena primordiale con il complesso di Edipo F 0 2 1 vi è un rapporto diretto tra storia universale e storia individuale: le società passano attraverso uno stadio primitivo, per proseguire in uno stadio selvaggio per arrivare alla civiltà e così, parallelamente, l’individuo da bambino entra nell’adolescenze per poi divenire adulto. L’antropologia è scettica nei confronti di questa teoria: • Rifiuta ogni rigida analogia tra collettivo e individuale perché ignora le mediazioni economiche, storiche e sociologiche • Dubita dell’universalità del complesso di Edipo (vale per ogni cultura o solo per quella occidentale?) • L’antropologia strutturalista ha mostrato che non si pu stabilire un rapporto causa-effetto tra lo psicologico e il sociale (Levi Strauss aveva già evidenziato come la proibizione dell’incesto non sia legata a fattori biologici ma a motivazioni sociali) A partire dalla rivoluzione strutturalista la teoria psicoanalitica ha integrato questa spiegazione: il padre è identificato alla legge, alla regola: l’antropologia ha meglio fondato l’universalità di una struttura e la diversità dei suoi contenuti culturali INCONTRO DELL’ANTROPOLOGIA CON LA PSICOANALISI: L’EFFICACIA SIMBOLICA !10 a. Esiste un campo in cui si pu parlare di netta convergenza tra l’antropologia (Levi-Strauss) e la psicoanalisi (Lacan): IL SIMBOLICO diventa un sistema di rapporti, efficace nel suo funzionamento, che modifica il reale, un’altra realtà. Il simbolico come struttura efficace mobilita gli individui e i gruppi attorno a un’idea o a un’azione. La visione della magia, del mito, del pensiero simbolico rappresentati come forme primarie e incomplete del pensiero scientifico e razionale moderno, è stata sorpassata : la magia è un’istanza Altra dalla Scienza, non cerca di sapere il come delle cose, come fa la scienza, ma ci che ci sta dietro. La magia è un linguaggio simbolico, una modalità di comunicazione sociale8. b. Un’altra convergenza tra le due discipline è d’ordine euristico e consiste nella DISTINZIONE TRA LATENTE E MANIFESTO, implicito ed esplicito, e nella necessità in entrambi i casi di andare al di là dei sintomi per decifrarli. In psicoanalisi il sogno non è idoneo a svelare un senso se non dopo un lavoro di interpretazione compiuto con la terapia; nell’antropologia possiamo portare il già citato es. dell’incesto la cui latente funzione di regola sociale è stata messa in evidenza solo dopo che Levi-Strauss ha cercato di comprenderla al di fuori dei contenuti manifesti c. Le due discipline si incontrano anche su un altro piano: LA RAZIONALITÀ NON È L’UNICA FORMA DI PENSIERO. La psicoanalisi mostra che l’uomo non è un essere puramente razionale e allo stesso modo l’antropologia mostra che la cultura e gli uomini non agiscono soltanto secondo criteri di razionalità d. Tanto l’antropologia quanto la psicoanalisi sono sensibili all’ALTERITÀ: la prima tenta di riconoscere e analizzare il pensiero dell’Altro (lo straniero) per metterlo a confronto con il proprio, la seconda tenta di decifrare il discorso dell’Altro in noi L’ETNOPSICOANALISI George Devereux ha illustrato attraverso la sua opera la finalità di questo campo di studi: scoprire come i rapporti sociali e i comportamenti culturali siano assimilati, negoziati e vissuti dagli individui. L’Etnopsicoanalisi deve il proprio metodo alla tecnica psicoanalitica freudiana 3. ANTROPOLOGIA E PSICOLOGIA COGNITIVA: RAGIONE MITICA E !11 8 L’efficacia simbolica della magia è messa bene in evidenza dal lavoro di Favret – Saada sulla stregoneria normanna: la situazione più comune è quella del contadino che si trova al cospetto di una serie di disgrazie e, poiché la scienza ufficiale non riesce a spiegare il fenomeno del susseguirsi di sventure, il contadino si rivolge ala tradizione della stregoneria. La stregoneria o la magia agiscono per risolvere dei conflitti o come mezzo di controllo sociale RAGIONE SCIENTIFICA La psicologia cognitiva o genetica, quale è stata elaborata da J. Piaget, richiama fortemente l’antropologia: le riflessioni che propone sui modi di acquisizione del pensiero da parte del bambino riprendono gli interrogativi fondamentali dell’Antropologia intorno al rapporto tra cultura e pensiero, tra processi sociali e processi cognitivi. I lavori di Piajet riguardano lo sviluppo mentale del bambino e consistono nel descrivere i processi mediante i quali il bambino acquisisce le diverse strutture cognitive. Gli antropologi estrapolano questo modello, concepito su scala individuale, al livello collettivo: le società umane passano ugualmente attraverso una successione di stadi mentali: c. lo stadio dell’intelligenza pratica (equivale al primo stadio elaborato da Piaget, quello dell’acquisizione nel bambino di funzioni sensoriali e motorie): operazioni elementari e tecniche come fabbricare utensili, cacciare,… F 0 2 1 stadio caratteristico a tutte le società d. il secondo stadio è quello del pensiero simbolico: come il suo equivalente al livello del bambino (pensiero egocentrico), il pensiero simbolico è centrato sull’uomo e sulla sua società, sui suoi conflitti e paure (mito, magia,…) F 0 2 1 stadio caratteristico delle società primitive e. il pensiero operativo e scientifico, pensiero fondato sulla ragione oggettiva F 0 2 1 caratteristico delle società moderne … questa gerarchizzazione dei modi di pensiero e delle società muove diverse critiche: non solo il parallelismo tra società primitiva e bambino che fa apparire la società moderna come la conclusione evolutiva dell’umanità, ma anche il fatto che ammettere una differenza tra modi di pensiero non significa che una forma escluda l’altra, il pensiero simbolico così come quello razionale coesistono sia nell’individuo che in una società. Facciamo un esempio concreto che illustra il fallimento di ogni tentativo di spiegazione dei fenomeni sociali in termini di opposizione tra pensiero simbolico e pensiero razionale, tra società primitiva e società moderna: i culti del cargo melanesiani. Questi movimenti socio religiosi sono divenuti nella letteratura antropologica espressione esemplare della mentalità primitiva e questa lettura riduzionista è stata data da pregiudizi ideologici e culturali che hanno mascherato la complessità di queste pratiche. Alcuni di questi culti erano centrati sull’idea che i beni di cui disponevano gli europei non appartenessero a questi ma fossero stati fabbricati dai discendenti dei melanesiani (gli Europei gli avrebbero confiscati). Per ripristinare l’ordine delle cose viene messo in atto un insieme di rituali (invocazioni, offerte agli antenati, …). I culti del cargo sono stati analizzati come il desiderio dei melanesiani di possedere i beni europei. Inoltre gli studiosi hanno a lungo considerato queste popolazioni come in possesso esclusivamente di un pensiero prelogico per interpretare il mondo, come mancanti di qualsiasi altra competenza intellettuale F 0 2 1 questa riduzione a Sé operata dagli antropologi evidenzia la difficoltà per l’osservatore di separarsi dal proprio immaginario simbolico. Le analisi classiche concepivano il pensiero simbolico, la magia il mito, come varietà primordiali del pensiero scientifico. L’analisi dei culti del cargo non è soltanto etnocentrica ma anche non riesce a spiegare come questi movimenti siano sopravvissuti per più di un secolo nella convivenza con i bianchi. Per riuscirci occorreva un altro sguardo, occorreva considerare la natura del Mito e il suo rapporto con la scienza e allora i culti del cargo sarebbero apparsi come luoghi di organizzazione di situazioni sociali conflittuali STORIA DEL PENSIERO ANTROPOLOGICO 1. PRELUDIO A UNA STORIA DELL’ ANTROPOLOGIA : ETNOGRAFIA, ETNOLOGIA, ANTROPOLOGIA Una volta definita l’antropologia in ci che concerne l’oggetto, il procedimento, i metodi, i rapporti con le altre scienze umane, ci interessiamo alla storia del pensiero antropologico: alle origini della disciplina, alla sua evoluzione, ai suoi rapporti con i diversi contesti. Per designare la disciplina disponiamo di tre termini che designano i tre momenti successivi del lavoro antropologico: !12 b. l’unità della disciplina si manifesta anche al livello del tipo di sguardo che caratterizza l’antropologo: questo sguardo è decentrato, esterno. Il decentramento in rapporto al proprio universo culturale, associato all’osservazione partecipante si ritiene fondi obbiettività al procedimento antropologico. Tuttavia sono possibili diverse posizione del ricercatore QUAL È L’IMPORTANZA DI UNA STORIA DEL PENSIERO ANTROPOLOGICO? attraverso i quali l’uomo è arrivato ad assumersi come oggetto della propria osservazione, cioè a cercare di conoscere i processi che lo fondano • ricostruisce l’emergere della presa di coscienza delle diversità nel tempo e nello spazio ci permette di cogliere il contesto culturale in cui si sono sviluppati il pensiero sull’alterità e il pensiero antropologico Perché e quando è nata l’antropologia?? L’ Occidente ha prodotto gli etnologi per confrontare la propria immagine con quella di società differenti, sia per scoprire i propri difetti, sia per sottolineare quelli degli altri e quindi avvalorare la propria immagine. La comparsa degli antropologi corrisponde ad un’esigenza di conservazione: più la società industriale si faceva conquistatrice di altre culture, più sviluppava il bisogno di conservare i segni di queste culture. Quando si tratta di fare la storia del pensiero antropologico, ci si chiede in primis se è possibile individuare un’origine precisa del movimento antropologico. Poiché ci non è possibile, si assume come punto di partenza il momento che la tradizione accademica fissa come inizio della storia della disciplina. Una tradizione consolidata rivendica un’ascendenza presso i pensatori greci dell’antichità classica, anche se l’antropologia come la conosciamo oggi è nata nella seconda metà del 1800 in Occidente. È nel quadro di questa plurisecolare difficoltà epistemologica di pensare l’Altro che si deve collocare la storia del pensiero antropologico. Inoltre il pensiero sull’alterità non si è progressivamente affinato fino a giungere alla modernità ma è stato molteplice e ha conosciuto rottura all’interno di una stessa epoca. 3. L’ANTICHITA’ GRECA E IL MEDIOEVO CRISTIANO Quando si parla di Antichità greca per fondare la disciplina, si pensa a Erodoto. Considerato come precursore della sensibilità antropologica, geografica e storica, Erodoto viaggi molto e registrava, descriveva, si interrogava sulla diversità. Inoltre privilegiava la testimonianza visiva più di tutte. Nelle sue descrizioni i “barbari” erano presentati come l’inverso di ci che erano i greci, gli stranieri per Erodoto erano un mezzo per parlare dei greci (lo stesso termine “barbaro” è una parola di origine greca che designava lo straniero e si riferisce all’emissioni sonore di chi non parlava greco) Il medioevo cristiano fu aperto alle influenze commerciali ma di ordine intellettuale, in generale fu un insieme di rappresentazioni organizzate tra le tre figure del meraviglioso, del magico, del miracoloso. La figura del mostro era uno specchio che designava la differenza, il mostro ricordava che l’uomo era fatto a immagine di Dio 4. LA TRADIZIONE GEOGRAFICA E STORICA DEL MEDIOEVO ARABO Al contrario degli europei del Medioevo, i musulmani di questo periodo non erano chiusi nei confronti delle differenze umane: segnato dall’universalismo della cultura islamica da un lato e dall’eterogeneità nazionale, linguistica, etnica, dall’altro, il mondo arabo musulmano riuniva le condizioni propizie per sviluppare un sapere sull’uomo che si traduce nel campo della storia e della geografia. LA GEOGRAFIA ARABA nata nell’VIII secolo, si è definita da subita come scienza globale, essa collocava l’uomo al centro della creazione: il sentimento dell’alterità e la misura delle differenze furono in larga misura il proposito di questa geografia, il cui referente universale era costituito dall’islam !15 • La geografia di viaggio: nata nel IX secolo, era guidata dal tema dello spostamento, percorrere terre esterne all’Islam costituiva un arricchimento importante. Una delle testimonianze più antiche di questa geografia è l’opera anonima “Relazione sulla Cina e sull’India” a partire dalla quale il concetto di Iyan (=testimonianza visiva e diretta) fa il suo ingresso tra gli studiosi • La geografia del meraviglioso: si afferma durante il X secolo e si caratterizza per il gusto pronunciato per il curioso e il meraviglioso, la descrizione dello straniero in modo così bizzarro e bestiale serviva a rafforzare l’idea dell’universalità dell’Islam (similarmente al medioevo cristiano e le sue figure del mostro) • La geografia dei Masalik: successivamente viene praticata più sistematicamente l’osservazione diretta e personale (iyan) ma questa volta praticata verso di sé. I Masalik sono la descrizione dell’Islam per l’Islam, osservano i fatti umani su base scientifica. Il genere dei Masalik è una sorta di “precursore alla modernità” perché : assume l’osservazione dei fatti diretta e senza intermediari e l’unità spazio tempo (stessa regola dell’osservazione partecipante moderna) Concepisce l’uomo come non esistente se non in relazione al mondo, come in rapporto con il tutto e che quindi deve essere studiato attraverso i diversi aspetti che lo costituiscono (vicina alla concezione malinowskiana della cultura Come finalità la descrizione totale della vita degli uomini, con il compito di fornire una descrizione sintetica della vita sociale ( stessa finalità della monografia moderna) • La geografia regionale e descrittiva della Rihla: consiste in un giornale di viaggio che si accontenta di registrare e riportare gli avvenimenti osservati senza più preoccuparsi di una costruzione globale IBN HALDUN, FONDATORE DELLA SCIENZA STORICA Studioso di origine maghrebina nato a Tunisi nel 1332, scrisse un “Discorso sulla storia universale” in cui si definisce come uno storico critico, inventore di una nuova scienza storica consapevole di se stessa , del suo oggetto, dei suoi metodi F 0 2 1 scienza indipendente il cui oggetto è la civiltà umana. Con Haldun si assiste per la prima volta a una formulazione scientifica del procedimento storico: ricercare le cause degli eventi nell’insieme delle condizioni economiche, sociali e ambientali. Grazie all’osservazione e all’analisi dei fatti lo storico passa dal piano di ci che è manifesto al piano di ci che è nascosto L’opera di Haldun è un contributo al pensiero universale intorno al problema dell’uomo, egli contribuì a fondare l’autonomia dell’uomo, collocandolo non più in un sistema teologico ma nel suo ambiente fisico e ambientale La visione avanzata di Haldun di una scienza storica centrata sull’uomo e fondata sulla causalità logica, sarà definitivamente acquisita nel XX secolo con Durkheim (=un fatto sociale deve essere considerato come una “cosa” e la sua spiegazione deve essere ricercata in un altro fatto sociale) 5. IL RINASCIMENTO IN EUROPA !16 Il rinascimento in Europa, soprattutto verso la fine del XV secolo, costituisce per l’occidente un periodo di sconvolgimenti e di rotture, che inaugura un nuovo umanesimo. Le cause di questi cambiamenti sono molteplici: la scoperta di popoli nuovi, la riscoperta dell’antichità classica, la Riforma protestante, la rivoluzione copernicana… durante il periodo compreso tra la scoperta dell’America e la fine del 1500, la riflessione sull’Altro si sviluppo in Europa nel quadro del pensiero teologico: l’Altro acquista una vera esistenza solo quando viene messo all’interno della sfera della cristianità. Questo fino alla fine del 1500/1600 quando l’Europa attraversa una crisi di centralità del pensiero teologico. Ora l’attenzione rivolta agli Altri costituisce solo un pretesto per discutere della propria società, ci si accontenta spesso di qualche immagine imprecisa e riduttiva dell’Altro per difendere il proprio punto di vista. Di qui il tema celebre del “buon selvaggio” e del “cattivo selvaggio”. LA LETTERATURA DI VIAGGIO Un campo importante che si sviluppa a partire dal Rinascimento è rappresentato dai Racconti di viaggio (fino al 1800) redatti da osservatori che visitarono le regioni di cui parlano (il più noto è “il milione” di Marco Polo). Le relazioni di viaggio costituiscono un’esperienza importante all’interno del discorso che a partire dal XV secolo l’Occidente ha elaborato sui popoli esotici. Il soldato, il mercante, il missionario, il marinaio sono i principali autori di questo genere e consolideranno attraverso lo scritto la loro superiorità che è tipica della letteratura di viaggio. Tale visione atemporale dell’uomo esotico finirà solo nel XVIII secolo quando le relazioni di viaggio saranno del genere di James Cook e di Bougainville in cui lo scrittore espone ai lettori la somma delle informazioni geografiche, antropologiche, scientifiche dei suoi viaggi. Questo approccio positivista è ingannevole perché: • le relazioni di viaggio sono scritte in circostanza storiche date da un autore spesso legato ad un committente: lo scrittore non è padrone assoluto della propria osservazione • l’antropologo deve considerare i racconti e le descrizioni per se stessi, in quanto testimonianze all’interno di un certo periodo storico 6. IL SECOLO DEI LUMI Nel 1700 assistiamo a una nuova era intellettuale che, sebbene non vedrà nascere l’Antropologia (che apparirà nel XIX secolo), creerà comunque le condizioni del suo sviluppo. Si presero le distanze dalla cultura europea precedente e si prefigur la comparsa di un pensiero filosofico DECENTRATO: ✓ Il pensiero antiteologico prepar le condizioni per una riflessione decentrata sull’uomo e sulla cultura. L’affermazione dell’idea del libero arbitrio aprì la strada a nuove prospettive per lo studio dell’uomo ✓ Liberandosi dal dogma cristiano della predeterminazione, il 700 introduce l’idea di una storia evolutiva dell’umanità : si riconosce l’idea del cambiamento ✓ Il XVIII secolo scopre la relatività e la dimensione storica delle culture Nonostante i presupposti suddetti non si affermano ancora misure sufficienti a dar vita ad un pensiero antropologico oggettivo: ancora l’Altro non interviene se non come pretesto per discorrere della propria società e delle proprie istituzioni F 0 2 1 uso del “buon selvaggio” per discorrere di sé stessi9 affiancato alla figura del “cattivo selvaggio” (lo schiavo nero). Questa percezione dominante dell’Altro non corrisponde evidentemente a un approfondimento dell’esperienza dell’alterità. Per meglio misurare l’importanza della duplice figura del selvaggio è utile soffermarci su un esempio preso nella stessa società europea: quello delle regioni alpine e la figura del “buono e del cattivo montanaro”. Inizialmente la figura del montanaro è !17 9 Rousseau parla di stato di natura, Voltaire nella sua critica alla società materialista × intorno a Franz Boas farà seguito una corrente che influenzerà l’emergere della scuola culturalista americana. Essa rifiuta a priori la stessa possibilità di scoprire un ordine o un principio organizzatore delle istituzioni, rifiuta l’idea stessa che ad una cultura possa corrispondere un significato globale IL PENSIERO EVOLUZIONISTA E IL PROGETTO ANTROPOLOGICO Il pensiero evoluzionista, malgrado i suoi limiti teorici, ha dato un contributo decisivo all’antropologia F 0 2 1 per la prima volta si è cercato di fare un’analisi comparativa nel trovare una spiegazione logica alle somiglianze regolari che si osservano tra società diverse basandosi su 2 principi essenziali: sull’idea dell’unità del genere umano, sull’idea che gli elementi identificabili in una società potessero essere trattati con una logica di portata universale. Tuttavia, AL LIVELLO DEL PROGETTO FONDAMENTALE DELL’ANTROPOLOGIA CHE CONSISTE NEL PENSARE IL RAPPORTO TRA L’UNITA’ E LA DIVERSITÀ DELL’UMANITA’, il paradigma evoluzionista è molto criticabile perché: • accorda troppa importanza alle similitudini a scapito delle differenze • registra la diversità solo per meglio fissare le tappe dell’evoluzione storica supposta come lineare e il cui compimento sarebbe incarnato dalla società europea • il rapporto non è dialettico ma asimmetrico 9. MALINOWSKI E L’ANTROPOLOGIA DI CAMPO La prospettiva inaugurata da Malinowski e la corrente funzionalista risulta dalla scomparsa di ogni interesse per la ricostruzione storica delle società del passato secondo un’evoluzione lineare e dall’urgenza dell’indagine sul presente a partire dalla singolarità di ogni civiltà studiata. Nuovo sguardo rivolto all’uomo in quanto oggetto di studio: M. pone come esigenza fondamentale dell’indagine antropologica l’autonomia e la specificità di ogni configurazione culturale. L’uomo è ovunque un essere razionale e ovunque si determina in modo libero quanto logico10 L’opera di Durkheim consente a Malinowski di considerare l’importanza del contesto sociologico nella spiegazione dei fatti sociali: invece di spiegare la società a partire dalla sola storia (come si faceva prima) si tratta di trovare una spiegazione nella stessa società, nella sua coerenza strutturale e funzionale Tentare una spiegazione globale dell’uomo attenzione alla singolarità E della sua cultura attraverso l’insieme delle Loro dimensioni Sul piano del metodo M. rivoluziona la ricerca : ✓ attribuendo un ruolo fondamentale alla ricerca sul campo combinando l’inchiesta diretta con la riflessione teorica: il metodo dell’osservazione partecipazione non contempla solo la presenza dell’etnologo per lunga durata sul campo di studio, ma deve prevedere anche specifiche procedure di inchiesta. La ricerca si vuole dunque dare come oggettiva basandosi sull’autoreferenzialità (io c’ero). !20 10 Per questo non è possibile che esistano società pre – razionali, selvatiche accanto ad altre razionali. Questo apporto umanistico è influenzato dalle scoperte dell’epoca, pensiamo al contributo d Freud contro l’idea che l’uomo di determini solo tramite ragione ✓ Individuando come oggetto l’analisi funzionale che postula quanto i fatti antropologici siano disposti in rapporto gli uni agli altri all’interno di un sistema MALINOWSKI COME PRECURSORE DELL’ANTROPOLOGIA ECONOMICA Principio di reciprocità in quanto regola d’oro di ogni vita sociale a tutti i livelli della realtà (sociale, religiosa, economica,…). Questo principio lo rileva studiando l’economia primitiva di cui rileva la complessità e questo principio di reciprocità per cui, che si tratti di beni o donne, si dona per ricevere Nelle società primitive la motivazione economica non si distingue da motivazioni di ordine sociale come il prestigio, l’alleanza o il potere, essa non costituisce una sfera indipendente rispetto a tutti gli altri settori della vita sociale e culturale L’IPERFUNZIONALISMO DI MALINOWSKI: CIRCOLARITÀ, TELEOLOGISMO, STRUMENTALISMO La critica che è stata mossa a M. è di essere troppo utilitaristico: secondo lui infatti la produzione di un oggetto è sempre determinata da un suo impiego, dalla soddisfazione di un bisogno primario o culturale derivato. Per M. la cultura risponde ad un adattamento necessario dell’uomo alle condizioni che gli vengono imposte sia dalla natura che dal suo ambiente. Di conseguenza ogni oggetto materiale, ogni attività sociale, ogni tratto culturale deve essere indagato in relazione al contributo che apporta all’insieme culturale. MA…. × Questo approccio funzionale non spiega come possono riscontrarsi differenze nelle istituzioni. × il suo discorso è interamente teleologico perché attribuisce ad ogni istituzione un’intenzionalità sociologica : le istituzioni si penserebbero tra loro in termini di finalità, equilibrio, armonia × la visione della società come una struttura armoniosa è all’origine dell’incapacità da parte del funzionalismo di prendere in considerazione il cambiamento sociale a livello delle società primitive (il funzionalismo crede che queste società primitive possano cambiare non da sole, ma solo se il cambiamento avviene dall’esterno) Malgrado gli aspetti criticabili il contributo sia metodologico che teorico fu determinante per il pensiero antropologico, lavorare in presenza dell’oggetto di studio diventa preliminare ad ogni attività scientifica. Tutto ci darà luogo all’elaborazione di un nuovo genere letterario , la monografia, il cui scopo è l’analisi intensiva della vita comune. Nella monografia si passa dalla periferia al centro di una cultura, dal visivo al meno visivo 10. LEVI-STRAUSS E L’ANTROPOLOGIA STRUTTURALE Levi Strauss fu il più severo dei critici di Malinowski, secondo lui l’unità funzionale della società postulata dall’antropologia britannica non è assolutamente verificabile. Egli procedendo ad una critica a Radcliffe- Brown anticipa le future costruzione teoriche sull’antropologia strutturale: Levi Strauss mostra come la nozione di struttura sociale in Radcliffe – Brown resti di ispirazione biologista, cioè la struttura sociale non si riferisce alla realtà empirica ma ai modelli costruiti in base ad essa NATURA E CULTURA, FORMA E CONTENUTO: LA LETTURA DI ROUSSEAU Nell’opera “Le strutture elementari della parentela” (1949), L.S. apre la questione sull’opposizione tra la cultura e la natura, tra la legge (naturale) e la regola (istituita). L’uno e l’altro termine sono presenti nell’uomo articolandosi simultaneamente, non vi è un passaggio progressivo dalla natura alla cultura. L’abbandono dell’opposizione tra natura/cultura prende ispirazione da Rousseau che definiva l’uomo come già inserito nella cultura. Non solo, a lui si ispira per riflettere su una domanda cara all’antropologia: come riconciliare me stesso e l’Altro? L.S insorge contro il relativismo culturale che si accontenta di produrre società chiuse in se stesse, per lui al contrario le culture umane traggono significato dalla messa in !21 prospettiva di questa diversità: “le culture umane si costruiscono l’una in rapporto all’altra in un rapporto di alterità su un fondo di identità”. Il metodo è dunque quello dello sguardo da lontano, lo stesso che formula lo stesso Rousseau F 0 2 1 per L.S. è il rispetto di questa regola che permette di passare dall’etnografia, intesa come descrizione di una società concreta prodotto di una storia particolare, all’antropologia come tentativo di spiegazione di questa diversità a livello più generale Tale PROCEDIMENTO COMPARATIVO E’ IL PRINCIPIO DEL METODO STRUTTURALE : dissolvere la specificità di ogni cultura nell’universale, il riferimento all’universale consentirà di chiarire in profondità la proprietà del sistema particolare LOGICA UNIVERSALE E SPIRITO UMANO: L’ISPIRAZIONE KANTIANA La società in questa ottica è una costruzione simbolica che deriva da un determinismo logico particolare , le cui regole l’antropologo deve scoprire. Questa logica universale L.S. la colloca sul versante dell’intelletto, dello spirito umano Le istituzioni umane non sono il riflesso di una meccanica sociale (Durkheim, Radcliffe-Borwn) ma l’espressione delle costrizioni dello spirito umano e l’antropologo deve scoprire la rete di costrizioni particolari che rinviano a un fondo comune E’ A PARTIRE DALLA COMPARAZIONE DELLE ISTITUZIONI CHE SI TENDE AD ABBRACCIARE IL CAMPO TOTALE DEL PENSIERO UMANO IL RAPPORTO CON MARCEL MAUSS: IL FATTO SOCIALE TOTALE E LA SPIEGAZIONE STRUTTURALE DELLO SCAMBIO Nella sua opera maggiore, “il saggio sul dono” (1923), Mauss mostra come per raggiungere la comprensione delle istituzioni sociali sia necessario conoscere intimamente le società studiate. Ne è illustrazione l’analisi che Mauss fa del potlach degli indiani d’America descritto da Boas e del Kula melanesiani descritto da Malinowski e altri sistemi cerimoniali: Questi fenomeni hanno assunto senso nel momento in cui Mauss li ha collocati nel quadro di una problematica precisa, quella dello SCAMBIO. L.S. si sofferma sulla nozione di fatto sociale per individuarne le seguenti caratteristiche: il sociale non è reale se non integrato in un sistema: la sua costruzione presuppone un’esperienza individuale. Esso implica un sistema di interpretazione che renda conto simultaneamente degli aspetti fisici, fisiologici, psichici, sociologici di tutti i comportamenti: il fatto sociale totale è l’espressione di un’esperienza Con il suo progetto di analisi delle strutture, L.S. intende inserire l’antropologia in una teoria generale della comunicazione, in una semiologia. !22 Collocandosi nell’articolazione del locale con il globale il procedimento dell’antropologia consisterà nel trovare unità sociali pertinenti che possano funzionare come indicatori della società globale. Gli oggetti dell’antropologia non sono più dati a priori ma devono essere ogni volta costruiti in funzione del campo e delle problematiche 2. STORICITA’ DEGLI OGGETTI TRADIZIONALI DELL’ANTROPOLOGIA L’allargamento dell’oggetto dell’antropologia presuppone anche la sua storicizzazione: per comprendere il presente sociologico la storia appare indispensabile perché rafforza lo sguardo da lontano consentendo così di meglio decifrare le logiche sociali attuali. I processi di uniformazione hanno un’origine storica: la società industriale del XIX secolo il cui perno è costituito da due figure centrali: LO STATO – NAZIONE Storicamente si è costituito in Europa introno all’idea di uno spazio geografico e simbolico unificato che garantisce valori e pratiche comuni: uniformità delle leggi, un unico codice linguistico, corpo politico centralizzato, omogeneità culturale, religiosa, etnica F 0 2 1 Riduzione dei particolarismi politici , culturali, linguistici IL MERCATO Spazio economico che si è aperto nel capitalismo industriale del XIX secolo e che continua a prosperare, pu essere definito come l’incontro di una domanda e di un’offerta di beni o servizi. Il mercato è per sua natura unificatore, la logica mercantile impone le sue leggi marginalizzando o eliminando le altre strutture economiche, Così tramite costruzioni e penetrazioni invasive nel territorio, tramite la fiscalità e il lavoro forzato, progressivamente i particolarismi locali si cancellano e i modelli di socialità vengono profondamente sconvolti. Interessante notare come a tale processo di imposizione e repressione si accompagni sempre un movimento di resistenza che conduce o a un rifiuto più o meno totale della nuova situazione, o ad una rielaborazione selettiva degli elementi imposti, oppure ad un’adesione più o meno totale al sistema 3. LA DINAMICA DEL CAMBIAMENTO SOCIALE Il problema della dinamica dei fenomeni di resistenza nelle situazioni di contatto o di dominazione è stato il più delle volte ignorato dall’antropologia classica, poco incline all’analisi del cambiamento sociale. Oggi sappiamo che è solo prendendo in considerazione simultaneamente !30 le strutture globali in cui si inscrivono le unità locali che si pu sperare di illuminare in maniera coerente situazioni di cambiamento sociale L’antropologia coglie il problema del cambiamento : 2 7 1 3 Studiare i processi contemporanei di uniformazione per valutare in quale misura le società posso somigliare o identificarsi con uno stesso modello di organizzazione socio economica 2 7 1 3 L’analisi dialettica di queste due dimensioni conduce a riflettere sul modo in cui le società si pensano e si producono È interessante notare come la modernità imposta nelle società tradizionali si intreccia con la tradizione in misura di un totale rifiuto o di un’elaborazione dei fattori imposti a proprio favore. La stessa dialettica tra tradizione/modernità e continuità/cambiamento pu essere compiuta nel quadro della società moderna. Ad esempio portiamo l’agricoltura di montagna nel Vallese, essa partecipa alla modernità perché costituisce un luogo forte di intervento da parte dello Stato sotto forma di miglioramenti. Nella pratica essa sembra aver realizzato una sintesi tra il passato e il presente che fa nascere una nuova forma di modernità capace di conciliare le esigenze economiche con le aspirazioni dell’autonomia locale Il cambiamento sociale è aderente alla complessa realtà dello sviluppo che caratterizza il mondo contemporaneo. La prospettiva della dialettica tra locale e globale consente di cogliere i meccanismi di base che regolano le trasformazioni : tale approccio ci insegna che il processo di cambiamento non obbedisce a qualche forma di determinismo e non evolve necessariamente in un senso o nell’altro. Inoltre alle manifestazioni del cambiamento sociale soggiace una logica di permanenza che l’antropologo deve scoprire e analizzare di volta in volta, esse sono le reti sociali, la morale della reciprocità, la comunicazione con il sacro, ecc.. 4. RIFLESSIVITÀ E SCRITTURA DEL TESTO ANTROPOLOGICO Soffermiamoci ora su un tema che per molto tempo è stato poco considerato dagli antropologi: il rapporto che l’antropologo instaura con i modi discorsivi, con la scrittura del testo antropologico. Questo problema è fondamentale in quanto la scrittura riguarda il modo di rappresentare il reale … se l’antropologia pu essere definita come rapporto con l’Altro, la scrittura antropologica è la formalizzazione di questo rapporto. L’impresa antropologica consiste nell’azione compiuta dal ricercatore di distanziamento tra le cose di cui egli ha pratica nel campo e gli oggetti di sapere che egli costruisce, di conseguenza il risultato finale è che il testo antropologico si caratterizza per l’assenza di intersoggettività, il soggetto dell’enunciazione, l’antropologo, è cancellato a vantaggio di ci che egli enuncia. Al “noi” collettivo e impersonale fa eco il “loro” altrettanto collettivo e impersonale. Oggi invece si assiste ad un ritorno della soggettività L’ antropologo Clifford Geertz tenta di integrare la testualità in un approccio alle culture di tipo interpretativo, egli definisce il concetto di cultura come un concetto semiotico: il rapporto con l’oggetto è un rapporto di scrittura di significati ai quali l’antropologo accede attraverso la partecipazione e la comunicazione con la gente F 0 2 1 la soggettività assume così la forma di nuove esperienze di scrittura del testo etnografico che tentano di collegare il soggetto dell’enunciazione all’oggetto del suo enunciato riscoprendo tutto ci che prima era relegato ai margini (la biografia, il racconto, il taccuino di viaggio, le storie di vita, …). L’opera “Le parole perdute” di Victor Segalen, che ricostruisce l’antica memoria dei Maori in forma di romanzo, rappresenta per gli antropologi un pretesto valido per ripensare il loro rapporto con la scrittura. Essi si sono interessati al modo in cui Segalen comunica al lettore la sue esperienza dell’alterità, il rendere tutta la complessità del vissuto offrendo un’espressione affettiva oltre che intellettuale, un modello attento all’eco della presenza !26 IL MODO DI SCRIVERE E LA PRAGMATICA RELAZIONE CON L’ALTRO Malgrado i suoi meriti, sostiene Paul Rabinow, nella postulazione della testualità dei fatti culturali c’è il pericolo che l’oggetto divenga evanescente, nella misura in cui si rischia di distrarsi sull’operazione di scrittura che sul contenuto: privilegiando troppo la testualità nel lavoro antropologico si continua a non interrogarsi sulla logica del diverso, diverso che da almeno quattro secoli l’immaginario occidentale continua a localizzare agli antipodi della propria geografia e della propria storia La caratteristica fondamentale del discorso etnologico moderno è consistita finora nel collocare il proprio oggetto fuori dalla storia per poter meglio parlare al suo posto, gli antropologi fanno compiere uno spostamento temporale ai loro dati dal loro contesto storico al presente della scienza e la scrittura è il mezzo attraverso il quale si realizza questa collocazione fuori dal tempo Il genere etnografico standard è la MONOGRAFIA la quale suddivide le culture in gruppi etnici separati isolati nel tempo e nello spazio e si caratterizza: • dalla marcata assenza del narratore e dalla predominanza di un “NOI” scientifico invisibile e onnipresente • dall’uso del tempo presente che identifica il discorso dell’antropologo come un discorso neutro e che evidenzia la presenza dell’antropologo sul campo • dalla “retorica dello sguardo” (descrizione dei fatti culturali osservandoli) • dallo stile indiretto : costruire descrizioni senza specificare il locutore (antropologo come portavoce esclusivo) Nonostante ci l’antropologia deve essere riflessiva proprio in ragione della natura dei suoi oggetti che sono simbolici, non realtà fisiche. Essa necessita di una dimensione temporale e che il ricercatore guardi dietro di sé e ritorni sulla propria esperienza. Al fine di riconciliare l’antropologia con la sua natura di Scienza gli antropologi ricorrono spesso al registro dialogico o al romanzo polifonico la cui costruzione è sottesa dalla pluralità dei personaggi e dalla diversità dei punti di vista. Se è il caso di rilevare la crisi della rappresentazione in antropologia e la contestazione dell’autorità monologica che ne deriva è perché parallelamente vi è una CRISI DELLO SGUARDO RIVOLTO ALL’ALTRO, la decolonizzazione e la trasformazione delle società hanno indotto a interrogarsi sulla portata filosofica e pratica del discorso antropologico. La possibilità che hanno oggi tutti i soggetti di parlare di sé ha introdotto una ampia incertezza sulla possibilità di descrivere le diversità. L’ANTROPOLOGIA DEL TERZO MILLENNIO ANTROPOLOGIA E POSTCOLONIALISMO Quale Antropologia si pu sperare di praticare nel quadro dell’ Era della globalizzazione?? Per rispondere a questa domanda commenteremo il percorso storico della disciplina procedendo dalla caduta del Muro di Berlino (1989) con il conseguente crollo dell’impero comunista, alla crisi finanziaria mondiale del !27 La memoria, tanto nella sua visione piena quanto nella sua dimensione di oblio, è quella virtualità di cui si impadronisce un gruppo per guidare la sua azione, diventa oggetto del contendere Il culto della memoria determina il venir meno Di ogni memoria consensuale nazionale e il Prevalere di memorie in competizione, in conflitto Spesso si criticano gli antropologi di rimanere in silenzio rispetto ad avvenimenti contemporanei scottanti (pensiamo alle Banlieue o al Velo). Gli antropologi non intervengono: • Per la convinzione che la conoscenza antropologica si debba fondare su una certa distanza del ricercatore dall’universo che analizza • Per un motivo ideologico: la minore o adesione al modello repubblicano di integrazione li metterebbe in una posizione scomoda di fronte alla dimensione globale dei processi di discriminazione • A causa della debole presenza del dibattito postcoloniale CAMPI MINATI DELL’ANTROPOLOGIA RIFUGIATI E MIGRANTI Oggi ci sono nel mondo più di 50 milioni di profughi, vittime di conflitti interminabili, alcuni ereditati dalla guerra fredda, altri come conseguenza delle guerre civili, altre ancora conseguenti all’intervento in USA in Medio Oriente. Trovandosi in una situazione di esodo e poi di attesa i rifugiati oltre alle precarie condizioni materiali devono confrontarsi con la crisi della loro identità sociale e culturale. La categoria giuridica del rifugiato è divenuta oggetto di studio antropologico, i rifugiati sono diventati una nuova figura dell’alterità Oltre al rifugiato la guerra ha dato vita alle organizzazioni umanitarie, altra categoria molto studiata dagli antropologi. L’umanitario è inteso come una rete nella quale si connettono immagini, campagne di sensibilizzazione, interventi sul campo, organizzazioni non governative (Ong): l’umanitario non è più solo un intervento medico ma investe anche altri settori. Le situazioni nelle quali emergono e si manifestano queste organizzazioni sono campi che permettono agli antropologi di osservare le strategie degli attori e le loro interazioni, l’emergere di nuove forme di alterità, l’articolazione tra locale e sovra locale,…un problema in particolare attraversa tutta la questione dell’umanitario: il rapporto tra il Loro e il Noi si è indebolito o si reinventa sotto nuove sembianze? L’umanitario non è forse la gestione della crisi da parte dei più ricchi? UNA NUOVA ETICA DEL CAMPO Molti studi antropologici vengono richiesti da parte dell’esercito per rendere migliore l’intervento militare in una data zona. L’antropologia è sempre coinvolta nella gestione delle popolazioni e non pu costituirsi al di !30 fuori delle contingenze politiche, economiche e sociali. Tuttavia la deontologia dell’antropologo prevede che si preservino gli interessi della società che si osserva, molti antropologi parlano di responsabilità del ricercatore a impegnarsi nella difesa dei diritti delle popolazioni, a documentare eventuali repressioni politiche o di diritti. Questo non solo per etica ma proprio come oggetto dei loro studi. Contrariamente alla prospettiva tradizionale dell’antropologia, che chiedeva al ricercatore di disfarsi di se stesso, di tacere qualsiasi emozione per stabilire una relazione oggettiva, la nuova antropologia vuole integrare i diversi contesti della produzione del suo sapere e riconoscere l’antropologo come un attore a pieno titolo nella situazione di indagine: i pregiudizi, le emozioni, il sesso di appartenenza, i vincoli politici, orientano l’indagine e influenzano la comprensione delle realtà indagate. LA DISTANZA TRA SÉ E IL PROPRIO OGGETTO HA BISOGNO OGGI DI ESSERE RIDISCUSSA, LE CONDIZIONI ETICHE E POLITICHE DEL CAMPO SI SONO TRASFORMATE: OGGI LE COMUNITÀ STUDIATE PRODUCONO IMMAGINI DI SE STESSE, SAPERI SULLA LORO IDENTITÀ, RIVENDICAZIONI DEI PROPRI INTERESSI,…IN QUESTO NUOVO CONTESTO L’ETNOLOGO STIPULA CON LE PERSONE UN CONTRATTO RIGUARDANTE LE TEMATICHE DA ANALIZZARE E LA RESTITUZIONE DELL’INFORMAZIONE: QUESTA RELAZIONE DI SCAMBIO, DOVE CIASCUNA PARTE SI AFFERMA COME SOGGETTO, DÀ ALL’ANTROPOLOGO LA POSSIBILITÀ DI FAR MEGLIO VALERE L’AUTONOMIA DEI SUOI OBBIETTIVI SCIENTIFICI E DI MEGLIO NEGOZIARE LA COOPERAZIONE CON I SUOI INTERLOCUTORI !31
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