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La congiura del silenzio: l'importanza dell'etnografia nella ricerca antropologica, Appunti di Antropologia Culturale

Metodologia antropologicaFailedEtnografiaAntropologia culturale

L'importanza dell'etnografia nella ricerca antropologica, sottolineando come sia una versione rappresentativa della realtà sociale, indipendente dal lavoro sul campo, e come funzioni come operazione di verifica per le teorie antropologiche. Viene anche discusso il ruolo della poltrona nella raccolta di dati etnografici e la differenza tra etnografia e antropologia.

Cosa imparerai

  • Qual è il ruolo della poltrona nella raccolta di dati etnografici?
  • Come viene descritta l'etnografia nella ricerca antropologica?
  • Come l'etnografia funziona come operazione di verifica per le teorie antropologiche?

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 16/02/2020

elestellato18
elestellato18 🇮🇹

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Scarica La congiura del silenzio: l'importanza dell'etnografia nella ricerca antropologica e più Appunti in PDF di Antropologia Culturale solo su Docsity! La congiura del silenzio 1.1 aneddoti e rimozioni il termine si riferisce sia all’attività di ricerca condotta mediante prolungati periodi di permanenza a diretto contatto con l’oggetto di studio, sia alla produzione testuale tipica dell’antropologia. Lo sviluppo dell’etnografia è un processo che ha segnato l’evoluzione dell’antropologia, accompagnandone i cambiamenti teorici e la professionalizzazione accademica, l’etnografia costituisce la linfa vitale della disciplina, avendone le finalità e le pratiche teoriche, metodologiche ed empiriche. Il lavoro etnografico per eccellenza è il lavoro sul campo e la situazione etnografica è una situazione di campo, pur nella complessità che tale concetto ha assunto nella contemporaneità. Le etnografie sono documenti che propongono domande e si collocano ai margini fra diversi mondi o sistemi di significato: i mondi degli etnografi e dei loro interlocutori, quelli degli eventuali lettori e delle comunità scientifiche. Ponendo l’accento sul termine grafia si vuole sottolineare che l’etnografia è una versione della realtà sociale che è essenzialmente una rappresentazione testuale , essa ha un certo grado di indipendenza dal lavoro sul campo su cui si basa e il lavoro etnografico è infatti un lungo processo di comprensione che inizia prima di andare sul campo e continua dopo. Il lavoro sul campo è stato rappresentato sia come laboratorio scientifico sia come rito di passaggio personale, queste due metafore esprimono compiutamente l’ambigua relazione fra oggettività e soggettività latente all’interno dei discorsi antropologici. Come ha suggerito Rabinow la tradizione antropologica, sebbene abbia riconosciuto che l’antropologia si fonda sulla ricerca sul campo, tuttavia ha escluso nel processo di scrittura l’esperienza che ha iniziato l’antropologo considerando solamente i dati oggettivi che sono stati portati a casa. Come rileva Descola gli storici menzionano gli archivi che hanno utilizzato e che altri avranno la possibilità di consultare per trarne differenti interpretazioni, i sociologi descrivono i questionari e le procedure statistiche che permettono di arrivare alle conclusioni inoltre gli psicologi non esitano a descrivere i protocolli d’esperienza mentre gli antropologi invece sembrano rifiutarsi di esibire la processualità del proprio lavoro, di mostrarne le tecniche di raccolta dei dati e di scrittura, in una sorta di congiura del silenzio tralasciano di considerare come l’etnografia sia stata prodotta. I testi etnografici non spiegano come siano riusciti a derivare, da un’esperienza unica, quell’insieme di conoscenze che propongono, al contrario presentano come intuitivamente evidente ciò che ha richiesto molto tempo e fatica per essere elaborato in maniera sintetica, in questo modo hanno evitato di prendere in considerazione le modalità con cui hanno costruito il proprio campo, cosi come la successione degli errori e dei tentativi fatti per arrivare alla comprensione di un fenomeno, le interpretazioni false o incomplete e tutto quell’insieme complesso di sentimenti, qualità e occasioni che fondano la specificità del metodo di lavoro antropologico: eppure la maggior parte del tempo dell’antropologo sul campo è spesa alla vana ricerca di dialoghi interessanti, eventi eccezionali o puri e molti di questi lavori non sono altro che riflessioni autobiografiche su progetti passati, finalizzate a mostrare come le condizioni del lavoro sul campo giustifichino e legittimino il lavoro teorico realista, pubblicato separatamente. Nel complesso, gli antropologi hanno dedicato scarsa attenzione ai loro metodi di lavoro, nonostante quasi un secolo di pratica, il metodo rimane non ben definito e per molti versi, personale, a parte poche elaborazioni formali e tecniche su alcuni aspetti del lavoro sul campo, non vi è un apprendistato formalmente codificato e le pubblicazioni e gli insegnamenti accademici sui fondamenti epistemologici, metodologici ed etici della ricerca etnografica sono ridottissimi e il lavoro sul campo è semplicemente ritenuto essere qualcosa che si impara con la pratica, un’abilità acquisibile attraverso il tirocinio e l’immersione totale. 1.2 L’etnografia, la semplice descrizione di una cultura, è stata tradizionalmente messa in contrasto con l’antropologia, il trattamento comparativo e classificatorio dei dati culturali. La prima abbraccerebbe i dettagli raccolti durante la ricerca sul campo, la seconda l’elaborazione teorica e l’esposizione razionale dei dati cosi ottenuti. Ciò che , a partire dalla seconda metà dell’ottocento, venne programmaticamente delineato fu l’ideale di una scienza naturale della società , secondo il modello della sociologia comtiana, l’assunzione di fondo era che le scienze sociali definissero in grado e non in qualità delle scienze naturali e che idealmente i metodi e gli standard appropriati alle scienze naturali potessero essere estesi, per analogia, alle scienze sociali. La scienza si organizza attorno ai due poli dell’esperienza e della spiegazione. Implica una rigida separazione fra soggetto e oggetto e fra teoria e realtà e si fonda sull’idea di dati grezzi, indipendenti delle prospettive teoriche e su un linguaggio formale di analisi ripulito da ogni riferimento soggettivo, gli oggetti trovati nel mondo, sarebbero indiscutibili e reali, accessibili all’osservazione diretta e trascrivibili nel linguaggio denotativo e referenziale delle scienze. L’osservazione, da parte sua è considerata un atto neutro che in nessun modo influenza il significato dell’oggetto e interferisce con le procedure di analisi teorica, è un dispositivo tecnico ovvio e naturale, epistemologicamente non problematico, che si limita a rappresentare l’esperienza acquisita dall’etnografo. L’etnografia è dunque inscritta, nell’antropologia e le sue procedure descrittive sono ritenute antecedenti alle elaborazioni comparative, generalizzanti ed esplicative, in un secondo momento il lavoro sul campo funziona come operazione di verifica per le teorie che fondano la loro scientificità empirica su di esso. Come sostiene per esempio Jarvie il loavoro sul campo ha le stesse funzioni degli esperimenti di laboratorio della chimica o della fisica, costituendo la base fattuale e osservativa dell’antropologia scientifica. Etnografia antropologia sono cosi venute a costituire due diversi livelli indipendenti e gerarchicamente ordinati del sapere antropologico, da un lato il livello inferiore dell’etnografia, relativamente non problematico, il primo gradino della conoscenza antropologica, dall’altro quello superiore della teoria antropologica espistemologicamente denso e complesso. Nel modello nomologico – deduttivo della conoscenza scientifica il ricercatore segue una serie di procedure, partendo dalla raccolta dei dati giunge all’induzione ipotetica di leggi teoriche e da queste perviene poi alla deduzione delle conseguenze che derivano da tali leggi. Infine nella sperimentazione attraverso casi empirici cerca la conferma delle leggi grazie alle prove fornite dai casi, questa prospettiva è stata illustrata da Lèvi – Strauss, l’etnografia corrisponde ai primi stadi della ricerca: osservazione, descrizione e lavoro sul terreno è condotta in un gruppo sufficientemente ristretto affinchè sia possibile raccogliere le informazioni grazie all’esperienza personale dell’etnografo, inoltre implica la classificazione, la descrizione e l’analisi dei fenomeni culturali particolari e quindi l’antropologia costituisce l’ultima tappa di una sintesi che ha per base le conclusioni dell’etnografia e dell’etnologia e per finalità l’elaborazione teorica e la spiegazione. Questo approccio ha prodotto una concezione della ricerca antropologica come movimento dal particolare al generale fondato su due momenti. Inanzitutto, il momento idiografico individualizzante e semplicemente descrittivo, con l’etnografia come fase di raccolta e di analisi dei materiali e in un secondo luogo il momento scientifico comparativo, nomotetico e generalizzante. Tali concezioni hanno portato a sostenere che il ruolo del lavoro sul campo è essenziale per l’antropologia ma non universale, cosi Jarvie ha ritenuto che per quanto possa essere utile, il lavoro sul campo costituisce una parte fondamentale dell’antropologia in quanto scienza che però non dovrebbe essere imposta alla gente. Jarvie sostiene che ogni serio studio della società deve fare riferimento a qualche lavoro empirico, non importa se di antropologi, o viaggiatori o missionari o funzionari governativi. Per questo quindi il lavoro sul campo è solo un metodo per fare antropologia , altri metodi includono la poltrona, la libreria , per procura, il questionario, l’informatore e cosi via. specificità disciplinari e la spedizione fu infatti importante per le persone che furono iniziate all’antropologia per gli sviluppi nelle tecniche etnografiche e riusci a riunire un equipe composta. Queste pubblicazioni, più la raccolta dei preziosi reperti portarono al riconoscimento definitivo dell’antropologia sul piano accademico . haddon incoraggiò fortemente il fieldwork un termine che introdusse nell’antropologia britannica e sostenne l’esigenza di nuove investigazioni sul campo e asseri la necessità di usare osservatori formati e field anthropologist, enfatizzò il bisogno non solo di raccogliere specimen ma anche di ottenere dei nativi attraverso paziente simpatia il significato profondo del materiale raccolto. In campo metodologico il metodo Haddon segnò un primo movimento verso un’etnografia intensiva e verso la distinzione fra survey e quello che defini the intensive study of limited areas e il significato dell’espressione coincide con le finalità di Haddon di chiarire la natura,l’origine e la distribuzione delle razze e delle popolazioni di una particolare regione e la loro posizione nello sviluppo evoluzionistico. Nel 1922 anno della sua morte era il principale antropologo britannico, il suo testo the todas prodotto di un lavoro sul campo di circa cinque mesi, fu a lungo considerato un modello di ciò che poteva essere una monografia antropologica basata sulla nuova metodologia della ricerca intensiva sul campo. Il suo contributo maggiore fù in campo metodologico con la formulazione del metodo genealogico. Arrivando all’antropologia della psicologia sperimentale Rivers elaborò precisi procedimenti di raccolta sistematica dei dati nell’intento di fondare l’antropologia come scienza. Il dato genealogico rappresenta uno schema in cui collocare i membri di un gruppo e a cui riferire una vasta gemma di informazioni etnografiche. Per ogni individuo nella genealogia le informazioni riguardano la località di origine e di residenza, il totem, il clan e ogni altro fatto su ogni persona che può eventualmente avere una significanza sociale. Da qui si potevano formulare le regole di matrimonio e inoltre i dati genealogici potevano essere usati per analizzare i modelli di eredità, le migrazioni, i ruoli rituali, la demografia e altro. Il contributo di Rivers alle notes and queries del 1912 intitolato Genealogical Account of Field Method fissò un nuovo standard per lavorare sul campo, si può ritenere che le notes and queries abbiano marcato un importante sviluppo verso la professionalizzazione metodologica superando le istituzioni per i viaggiatori a favore di un vero e proprio manuale per i nuovi antropologi che si stavano formando. In esse Rivers elaborando la metodologia dell’intensive study e auspicando la specializzazione del ruolo dell’etnografo formato nei metodi esatti delle altre scienze, in contrasto con il lavoro d’equipe e con i resoconti dei funzionari governativi e dei missionari le cui occupazioni li potevano portare in conflitto con le idee e i costumi nativi. Rivers dichiarò esplicitamente l’importanza dello studio delle lingue e delle categorie native, inoltre valutò attentamente le parole degli interlocutori, consigliando di lasciarli parlare liberamente piuttosto che pressarli con interviste dirette e influenzarli con le proprie categorie concettuali. A tal fine Rivers senti il bisogno di un nuovo stile etnografico fondato su studi intensivi a lungo termine, maggiormente sensibile alle difficoltà della tradizione culturale e teorizzò la necessità per l’antropologo dell’osservazione diretta e concepi qualcosa di simile al concetto di osservazione partecipante successivamente elaborato da Malinowsky. 1
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