Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Dal XVI al XVIII secolo, Appunti di Letteratura Francese

Appunti secondo manuale Brunel per esame di Letteratura Francese 1.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 18/03/2020

martaperrone
martaperrone 🇮🇹

3

(1)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Dal XVI al XVIII secolo e più Appunti in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! BRUNEL 2 IL XVII SECOLO Secolo particolarmente fecondo. Si parla molto di amore, muore il romanzo cavalleresco e cede il posto a temi di realismo borghese. Tra il 1598 ed il 1715 possono vedersi succedere “due secoli”: il secolo di Pericle e quello di Augusto. Il primo, chiamato anche “secolo di Luigi XIII” (1598-1660), è caratterizzato dall’abbondanza e dalle mobilità. Il secondo, chiamato anche “secolo di Luigi XIV” (1661-1715), sembra realizzare l’ordine ambito nei secoli scorsi, ma presto s’incrinerà. IL SECOLO DI LUIGI XIII Dopo i disordini politici del XVI secolo, inizia un risanamento facilitato da una tendenza favorevole dell’economia. Il potere regio continua a consolidarsi e lo Stato deve fronteggiare le ribellioni dei nobili. Si moltiplicano le Chiese e gli ordini; i protestanti sono appena tollerati, molti cattolici vedono di cattivo occhio le alleanze della Francia con gli Stati riformati e favoriscono i rapporti con gli Spagnoli. La politica si laicizza e si modernizza con l’uso di spionaggio e propaganda. La letteratura si sviluppa sotto il genere romanzesco. CRISTIANESIMO E BAROCCO Il cristianesimo di questo secolo è maggiormente agostiniano, insiste sulla debolezza dell’uomo decaduto, ignorante. Solo la grazia divina può salvare i veri cristiani che vivono per servire Dio. Gli studi su Sant’Agostino, l’influenza di Montaigne e il progresso delle scienze, esprimono in letteratura una turbinosa visione del mondo: è la nascita di Don Juan, l’uomo dalle mille donne. Altri hanno una visione diversa della realtà e percepiscono un’instabilità; sono delusi dall’incostanza delle apparenze (Pascal) e diventano sacerdoti del tragico dell’esistenza e della contemplazione della morte (Bousset). EPICUREISMO E NEOSTOICISMO L’influenza di Montaigne, du Vair e Charron, contribuisce alla nascita del libero pensiero (filosofia scettica), ma le due dottrine più importanti sono lo stoicismo e l’epicureismo. I lettori del XVII secolo sognano un eroismo legato ad un ideale storico: autocontrollo, sovranità nei confronti del mondo esterno, primato dei valori morali riuniti della nozione di “générosité”, la superiorità dell’uomo nobile. L’elevatezza di questi ideali seduce molti cristiani che tentano di essere umanisti devoti. L’epicureismo si sviluppa con Pierre Gassendi che tenta di unire il Vangelo ad Epicuro. L’epicureismo entra nei salotti. Non si guarda più all’aldilà e all’anima ma al mondo reale in preda al caso e alla necessità. LA CORRENTE PREZIOSA Il preziosismo designa una moda che va dal 1650 al 1660. Si esercita la sovranità della donna. La cavalleria diventa galanteria. Il preziosismo viene portato in Francia da Desportes e dai suoi discepoli. Con Enrico IV le guerre erano appena cessate e si reclamava la raffinatezza degli ultimi Valois (Enrico II,III). L’importanza del preziosismo si spiega con la voga dei salotti, i quali designavano un fatto sociale oltre che una corrente letteraria. I SALOTTI Il più celebre tra i salotti era quello della marchesa di Rambouillet, inizialmente aristocratico, aperto poi a scrittori borghesi. Qui vi era un clima molto allegro: venivano fatti giochi e balli e si coltivavano generi minori. Il duca di Montausier, innamorato della figlia della marchesa (Julie D’Angennes) le offre una raccolta di 62 poesie floreali scritte da diversi autori ( la guirlande de Julie). Nascono le gare poetiche in cui si pretende eleganza nel linguaggio e nelle maniere. A partire dagli anni della Fronda (1648-1653), il salotto inizia il suo declino. Tra il 1650-60 vengono alzate molte critiche. Molière si scaglia contro gli eccessi e contro le borghesi provinciali che scimmiottano l’aristocrazia parigina. IL GUSTO DELLA DISTINZIONE Il preziosismo presuppone una superiorità naturale, non necessariamente derivante da una nascita nobile. Ciò nonostante un dono così grande deve essere coltivato tramite le letture e l’amore. La critica estetica dei salotti è spontanea: non si interessa alle teorie letterarie ma al gusto; scelgono il tutto ciò che è moderno e preferiscono l’italiano e lo spagnolo al greco e latino. LA TEORIA DELL’AMORE La gelosia degli spagnoli e degli italiani che tengono rinchiuse le loro donne è già un tema letterario. Queste condizioni hanno favorito lo sviluppo della galanteria ed il fascino del sentimento amoroso. Le preziose hanno voluto liberare l’amore dall’assillo del piacere fisico, condannano l’ambizione e la ricerca del denaro. Iniziano a teorizzarsi nuove esperienze come il matrimonio di prova (1 anno) e lo scioglimento della coppia dopo la nascita del primo bambino. Reclamavano parità dei diritti e indipendenza. BRUNEL 2 LA RAFFINATEZZA DELLA CONVERSAZIONE La pretesa d’eleganza poteva condurre a degli abusi. Somaize aveva fornito liste destinate ad eludere termini volgari o troppo usuali. Si cerca la purezza del vocabolario, si eliminano gerghi, arcaismi, linguaggio popolare, parole di suono/senso sgradevole o che offendono il pudore. Ciò nonostante questo movimento non ha suscitato grandi poeti in quanto la poesia veniva praticata solo per divertimento, anche se molti creatori (Racine, Corneille, La Fontaine) devono al preziosismo l’uso puro della lingua e l’analisi dell’amore. LA CORRENTE LIBERTINA Il XVII secolo è anche il secolo della corrente del libero pensiero, il “libertinage”. Si tratta di una corrente di continuazione tra l’umanesimo rinascimentale e la filosofia dei Lumi. Le nuove scoperte scientifiche portano ad un distaccamento dalla religione tradizionale. Con Maria De’ Medici si creano dei gruppi di libero pensiero. A partire dal 1628 nasce un circolo erudito, “l’accademia putéane” frequentata da uomini di diverse religioni, uniti dalla voglia d’indipendenza del pensiero. Verso il 1650-55 questa corrente scompare dai circoli e si diffonde presso certi notabili o nei salotti, ma la prudenza resta un obbligo. LA FILOSOFIA CARTESIANA René Descartes pubblica nel 1637 i “Discours de la méthode”, prima grande opera filosofica in francese. Credeva di aver scoperto un metodo universale per scoprire la verità. Crede che in ogni uomo esista la stessa ragione e che gli errori dipendano dalla cattiva applicazione di questa ragione. Così propone delle “regole”: fare tabula rasa di tutto ciò che si è appreso, praticare il dubbio metodico, accettare solo le idee che ci appaiono chiaramente evidenti (cogito, ergo sum). Solo così possono venire fuori i fondamenti dell’io pensante, esistenza di Dio e del mondo esterno. Pascal denuncerà i limiti della filosofia cartesiana considerano il metodo estremamente fecondo in ambito scientifico, ma incapace di spiegare le virtù dell’animo umano. L’IDEALE DELL’”HONNETE HOMME” “Honnete homme, honnetes gens”. Questa formula si riferisce ad un’immagine ideale della vita in società. L’onest’uomo ha un tenore di vita decoroso. Ama danzare, conversare, essere elegante e cortese. Deve intendersi di tutto e interessarsi di nulla se non dell’onore. Ha come misura il giusto mezzo. Questo ideale sarà presente sia nel romanzo eroico e prezioso, sia in teatro. PRO O CONTRO MALHERBE l’opera di Malherbe non è molto abbondante. All’età di 50 anni aveva composto poche poesie, tra cui “Les larmes de saint Pierre”, rinnegate poco dopo e la “Consolation à M. Du Périer”. Scrive una poesia per il re che verrà molto apprezzata dallo stesso e diventa il poeta più in voga a corte. Malherbe non crede all’ispirazione ma al potere del linguaggio. Le sue poesie sono di una rara perfezione formale. Il lirismo malherbiano può apparire freddo e si limita all’orchestrazione dei luoghi comuni. L’universo del poeta di allieta di manifestazioni vegetali. LA SUA DOTTRINA Il maestro è moderno, ostile alla maggior parte degli italiani ma anche ai greci e latini. Fa tabula rasa del passato e pone le basi per una poesia rigorosa e chiara. In quanto a tecnica poetica designa dei liti numerici nelle combinazioni strofiche: la strofa di sei alessandrini deve essere divisa in due parti uguali e la strofa di 10 ottosillabi deve segnare una pausa dopo la 4° e la 7°. Regolamenta il ritardo e l’enjambement. Proibisce lo iato, le rime interne e rime di senso vicino, l’accordo di una lunga e una breve in rima. La sua poesia ha avuto un effetto purificante sulla poesia francese ma ha causato anche un impoverimento delle possibilità poetiche. Il verso malherbiano regnerà fino alle soglie del romanticismo. MATHURIN RÉGNIER (oppositore) Compone diverse poesie ufficiali ma la sua opera più grande sono le “Satires” ispirate ai maestri latini e a Berni (preferisce le caricature e il genere buffonesco). Il genere satirico è alla moda; l’unico verso usato è l’alessandrino a rima baciata. Régier ha una concezione elevata della poesia che mette al servizio di stupidità e corruzione. Il suo tradizionalismo fa di lui un difensore della libertà del poeta e a tal riguardo critica Malherbe di avere poca fantasia. FRANCOIS MAYNARD A partire dal 1606 segue le conferenze di Malherbe. Caduto in disgrazia crea le sue poesie più belle tra cui “L’Ode à Alcippe” e “la belle vieille”. Qualsiasi opera componga, non si discosta mai da un rigore ancora maggiore rispetto a Malherbe. La sua arte è impeccabile indipendentemente dal genere: semplicità e pienezza del verso, armonia. BRUNEL 2 VAUGELAS E LA CONDIZIONE DELLA LINGUA Nel 1620 inizia a raccogliere particolarità linguistiche che riunirà nei “Remarques sur la langue francaise”, opera che contribuirà a fissare una lingua ancora instabile all’inizio del XVII secolo. Si ritiene un testimone che scrive ciò che ha visto e udito. Definisce la pronuncia, stabilisce l’ortografia e fissa delle regole per la francesizzazione dei nomi. Crede che i termini tecnici debbano essere utilizzati solo all’interno del campo richiesto. Evita parole popolari, dialetti e arcaismi e condanna i neologismi. I LIMITI DEI “REMARQUES” Vaugelas non si attiene sempre all’uso che pretende delle parole. Con le restrizioni linguistiche da lui apportate ha impoverito la lingua così come Malherbe prima di lui. Ciò che vuole la “buona società” sono delle idee semplici e frasi ben ordinate. Lo scrittore in questo caso inizia ad essere una persona che ordina le parole secondo regole troppo rigide. L’ACADÉMIE FRANCAISE (1634) Il movimento accademico nasce a Firenze nel 1462 e arriva in Francia solo nel 1600. Nel 1629 un gruppo di giovani colti si riunisce ogni settimana presso un segretario del re, Conrart. Richelieu gli impone il suo patronato e un’organizzazione. Nasce così l’Académie Francaise nel 1634. La sua funzione era quella di operare sulla lingua secondo regole sicure, in modo da renderla pura, eloquente e in grado di trattare scienze e arti. Tutti gli studiosi sono malherbiani che pretendono di giudicare le opere che si pubblicano e addirittura pensano di redigere un dizionario. Non prese mai posizioni importanti e l’unica attività portata a termina sarà la pubblicazione del “Dictionnaire”. CHAPELAIN E LE REGOLE Tutti gli scrittori che come Malherbe volevano rendere perfette le arti, concordavano nell’avere regole precise per la pratica dei generi letterari. Dal 1630 al 1660 aumentano le apologie delle regole aristoteliche firmate soprattutto da Chapelain, scrittore riconosciuto per le sue “Lettres” e per i suoi “Opuscules”. Questi scrittori si interessano alle leggi del bello eterno e ai dogmi dell’eterna verità; per loro le produzioni degli Antichi sono mirabili solo perchè rispettano le regole del bello. ACCENNI DI TEATRO (vedi Fiorentino) Tra il 1628 e il 1630 si formano a Parigi due compagnie teatrali permanenti. Tra le figure più importanti domina Corneille con le sue 35 opere. Per molto tempo l’unica sala adatta alle rappresentazioni è l’Hotel de Bourgogne dove si stanzierà per del tempo la compagnia “Valleran- Lecomte ovvero i “Comédiens du Roi”. Altre compagnie sono: - il “Marais” (1634-73) dell’attore Montdory; - “la troupe de Molière” (1658-73); - La “Comédie Francaise” (1680); - I “comèdiens italiens”; - “L’Opera” (1669). Per quanto riguarda lo spettacolo si parla di una scena piccola con delle sedie sistemate per i nobili. I generi sono per la maggiore commedie e tragedie, vi sono anche tragicommedie e pastorali. Deve esserci il rispetto delle tre unità sul palco, ovvero una sola vicenda sobria, che si svolga in un solo giorno e in un solo ambiente. PIERRE CORNEILLE (1606-1684) Opere importanti: - “La place Royale”, commedia; - “Médée”, tragedia; - “L’illusion comique”, commedia; - “le Cid”, tragicommedia; - “Horace”, tragedia; - “Cinna”, tragedia; - “Polyeucte”, tragedia: - “Rodogune”, tragedia; - “Nicomède”, tragedia; - “Sertorius”, tragedia; - “Attila”, tragedia; - “Suréna”, tragedia. LE PRIME COMMEDIE (1629-36) La prima commedia, “Mélite”, sembra essere stata composta per una giovane, Catherine Hue, di cui è stata negata la mano all’autore. Questa commedia ebbe un successo straordinario, faceva ridere senza essere volgare. Corneille frequenta Parigi e scopre la discussione sulle regole. Scrive BRUNEL 2 “Clitandre” attenendosi alle regole, ma le tre commedie successive verranno scritte con più libertà, semplicità e naturalezza nello stile. Diventato famoso fa parte dei cinque scrittori incaricati da Richelieu di mettere in versi “La comédie des Tuileries” (1635) di cui ha concepito il tema, ma si staccherà dal gruppo di li a poco. Compone una tragedia, “Médée” e un’altra commedia, “L’Illusion comique”. TRAMA “ILLUSION COMIQUE” Pridamant, borghese di Rennes, dopo aver perso il figlio Clindor, va a consultare il mago Alcandre che tramite la magia fa apparire il presunto guardaroba di Clindor per fare il resoconto delle avventure del giovane (I atto). Il mago fa assistere Pridamant alla vita del figlio: Clindor appare al servizio del capitano Matamore. Entrambi sono innamorati di Isabelle che però è destinata a sposare Adraste anche se lei ama solo Clindor (II atto). Matamore soprende i due innamorati mentre si dichiarano il loro amore. Adraste geloso si batte con Clindor che lo ferisce e viene imprigionato e condannato a morte (III atto). Clindor riesce a fuggire grazie all’aiuto della cameriera di Isabelle, Lyse (IV atto). Pridamant stupito vede adesso il figlio vestito da signore, abbandonare Isabelle per fare la corte alla moglie del principe Florilame che lo fa assassinare. Pridamant è disperato ma il mago gli mostra Isabelle e Clindor e la loro compagnia che si dividono l’incasso; la scena precedente era solo parte di una tragedia (V atto). L’atto V rappresenta uno dei migliori esempi di “teatro nel teatro”. Alcandre simboleggia il drammaturgo, Pridamant lo spettatore e Clindor l’attore. “LE CID” (1631) TRAMA= Chimène deve sposare Rodrigue ma i loro padri litigano per una carica. Don Gomès, padre di Chimène schiaffeggia Don Diègue, padre di Rodrigue. Don D. Affida la vendetta al figlio perchè troppo vecchio per vendicarsi da solo, il quale dopo una breve esitazione (Le Stanze), capisce che è obbligato dall’onore nei confronti della sua famiglia (atto I). Rodrigue sfida e uccide Don G. Chimène malgrado l’amore per Rodrigue, pretende un castigo per lui (atto II). Mentre Chimène si sfoga con la governante, entra Rodrigue il quale dopo aver offerto la sua vita all’amata, si giustifica dicendo che ciò che ha fatto era necessario per salvare l’onore suo e della famiglia. Chimène vuole vendicare il padre prima di perdonare Rodrigue. Ma i Mori minacciano la città e cosi Don D. incoraggia il figlio a combattere (atto III). Rodrigue sconfigge i Mori e viene osannato dal re, ma al momento di proclamare il campione, Chimène sceglie Don Sanche. Il re decide che Chimène apparterrà al vincitore (atto IV). Chimène propone un duello tra il campione e Rodrigue, il quale le dirà che non intende difendersi. Chimène si fa scappare un grido disperato davanti a Rodrigue che cambia idea e trionfa su Don Sanche. Il re accorda a Chimène un lutto di un anno alla fine del quale sposerà Rodrigue (atto V). Il Cid esalta l’ideale aristocratico dell’orgoglio della famiglia, delle imprese di guerra e dell’affermazione di se stesso, tutti ideale quasi spariti dopo la Fronda. È un’opera barocca per l’importanza del sangue e della vendetta, preziosa per le parole dell’Infanta e per i tratti di Rodrigue. Il dramma contrappone l’ostentazione di potere dei padri alla spontaneità dei due figli. La particolarità della tragedia sta nel fatto che ogni personaggio provi un senso di eroismo. Vogliono essere liberi, volenterosi e lucidi. “HORACE” (1640) TRAMA= Alba e Roma sono in guerra e per porre fine alle controversie, le due città scelgono tre campioni che combatteranno per porre fine alla guerra (atto I). Alba sceglie tre fratelli, i Curiazi e Roma altri tre, gli Orazi, ma purtroppo le due famiglie sono unite da matrimoni familiari. Orazio si prepara alla battaglia mentre Curiazio aspetta rassegnato (atto II). Viene annunciato l’inizio della battaglia e poi che due Orazi sono stati uccisi ed il terzo è in fuga, così Orazio si prepara ad uccidere il vigliacco (atto III). La fuga in realtà era una finta fatta per dividere gli inseguitori e ucciderli tutti e tre. Camilla, sorella degli Orazi e moglie del maggiore dei Curiazi, piange. Il fratello vincitore la uccide (atto IV) e viene processato per fratricidio. Alla fine il re Tullio decide che dovrà espiare questo peccato ma potrà vivere (atto V). “Horace” è una tragedia che inizia il ciclo delle opere romane. Anche qui gli eroi sono appassionati di gloria ma un po’ meno intransigenti (questo è stato motivo di critiche). A Corneille viene rimproverato di non aver rispettato l’unità d’azione in quanto il suo eroe viene esposto a due pericoli consecutivi. BRUNEL 2 “CINNA” (1642) TRAMA= Emilia, orfana di padre per mano dell’imperatore Augusto, ha promesso la sua mano a Cinna a patto che assassini il principe. È tutto pronto fino a quando l’imperatore non convoca Cinna e Massimo, un altro congiurato (atto I). L’imperatore spiega ai due il suo piano di abdicazione ma Cinna, preso dal complotto, cerca di dissuadere l’imperatore. L’imperatore si fa convincere e gli promette la mano di Emilia (atto II). Massimo, innamorato in segreto di Emilia, rivela il complotto per rovinare Cinna. Nel frattempo Cinna esita davanti all’assassinio perchè ricorda i benefici promessi dall’imperatore, ma è costretto a mantenere la parola data ad Emilia (atto III). Il complotto si scopre e la moglie dell’imperatore, Livia, consiglia a quest’ultimo clemenza per Cinna. Emilia disprezza Cinna (atto IV). Emilia è convinta di dover seguire Cinna nel suo destino; Massimo, impaurito per l’amata, confessa il tradimento. Augusto decide di perdonare tutti e tre i traditori i quali, si inchinano davanti a tanta magnanimità. Cinna è una riflessione morale e politica che ricorda le tragedie del XVI secolo. “POLYEUCTE” (1643) Profondamente cristiano, Corneille compone la sua prima tragedia sacra che ebbe un successo inaspettato all’hotel de Bourgogne. I critici sono stati sensibili al problema d’amore che deve affrontare Paolina tra suo marito e il suo primo amore. Poliuto invece cerca un accordo tra il suo amore per Paolina e quello per Dio. La fede appare come viva e calorosa, il martirio di Poliuto è un’apoteosi. TRAMA= Anno 250, i cristiani sono perseguitati. Un signore armeno, Poliuto, si prepara a ricevere il battesimo. Sua moglie Paolina lo prega di non uscire, spaventata da un sogno precedentemente fatto: ha visto un cavaliere romano, Severo, che tutti credevano morto (di cui era innamorata e che suo padre Felice non le permise di sposare), pugnalare Poliuto. Mentre Poliuto esce, Felice lo raggiunge dicendogli che Severo è vivo e sta arrivando e dice a sua figlia di impietosire Poliuto (atto I). Severo e Paolina decidono di non rivedersi mai più. Poliuto distrugge gli idoli pagani creando uno scandalo (atto II). Felice cerca di ritrattare con Poliuto(atto III), ma questi preferisce tentare di far convertire la moglie. Poliuto prima di morire affida la moglie a Severo il quale decide di aiutarlo (atto IV). Dopo aver assistito al martirio, Paolina e Felice si convertono. Severo annuncia una politica di tolleranza nei confronti della nuova religione. “RODOGUNE” (1644) Corneille compone una trilogia delle grandi criminali: Rodogune, Théodore ed Héraclius. TRAMA= Cleopatra ha ucciso suo marito perché intendeva ripudiarla per sposare la principessa Rodogune. Ma i suoi due figli sono innamorati di lei. La regina, che prova odio per la rivale, propone il trono al figlio che la ucciderà. Entrambi rifiutano. La regina decide di colpirli (atto I-IV). Fa pugnalare Seleuco e durante le nozze di Rodogune e Antioco, porge ad Antioco una coppa avvelenata. Un messaggero annuncia la morte di Seleuco, il quale ha accusato sia Rodogune che Cleopatra. Le due donne si affrontano e Rodogune pretende che la regina beva per prima dalla coppa. Nel suo delirio di vendetta, Cleopatra beve per prima pensando che il veleno faccia effetto dopo minuti e quindi volenterosa di distruggere la coppia ma il veleno la fa spirare subito. I due amanti sfuggono alla morte (atto V). “NICOMÉDE” (1651) TRAMA= Roma espande la sua potenza su tutto il Mediterraneo. Il re di Bitinia, Prusia, è succube della volontà della moglie, Arsinoe. Ha due figli: Nicoméde, primogenito e Attalo. Arsinoe vuole fare sparire Nicoméde per far regnare Attalo. Nicoméde lascia l'esercito e torna a corte per difendere la regina d'Armenia Laodice, che vogliono far sposare ad Attalo contro la sua volontà. Laodice e Nicoméde giurano di combattere insieme (atto I). L'ambasciatore romano Flaminio, vuole dividere Bitinia e Armenia, quindi chiede Laodice per Attalo, mandando su tutte le furie Nicoméde (atto II). Nicoméde scopre che Arsinoe e Prusia collaborano insieme. Attalo diventa signore di due regni, ma indignato da queste manovre, aiuta Nicoméde (atto IV). Flaminio è costretto a tornare a Roma (atto V). Questa tragedia ha una sobrietà che la distingue nettamente dalle altre sei. Mescola i personaggi e i toni: Prusia ha dei lati comici, Nicoméde e Laodice si schierano contro Prusia e Arsinoe (coppia borghese). Laodice e Nicoméde sono due anime regali alle quali viene sottoposto un amore duro. “SERTORIUS” (1662) È una parafrasi poetica dell’“Imitazione di Cristo”. In quest'opera Corneille, rievoca il generale Sertorio che si è sollevato contro l'imperatore romano Silla. Sertorio ama la regina Viriate ma si domanda se non gli convenga concludere un matrimonio politico. Sertorio sa di essere troppo grande e di non essere fatto per un amore giovane. È un uomo coraggioso e privo di illusioni che si sente condannato in partenza. Alla fine viene assassinato. L'eroismo si colora di amarezza. BRUNEL 2 - “La naturalezza”. Ammira l’ingenuità dello stile del Vangelo; - “L’ordre du coeur”. Propone un’estetica del vagabondaggio. - “Trascinare”. La tradizione retorica proponeva un triplice ideale: istruire-piacere-trascinare. Pascal istruisce per la natura della sua opera ma diffida dalle ambiguità del piacere. IL SECOLO DI LUIGI XIV Con l’ascesa di Luigi XIV, vi sono diversi cambiamenti. Abolisce il regime ministeriale, per dare spazio ad una monarchia. Verrà consigliato prevalentemente da borghesi. Dal punto di vista sociale, il mondo rurale rimane povero e in balia delle guerre, i nobili riescono a sfuggire alla povertà tramite matrimoni borghesi. Ma nel corso degli anni 80 inizia il declino: ribellioni militari, intolleranze religiose, crisi economiche e sociali. L’ESTETICA CLASSICA I veri creatori del secolo non costituiscono quel coro classico che la critica ha inventato. Corneille è ironico, Bousset barocco, Mme de Lafayette preziosa. È necessario considerare come classici quei creatori che adottano tutte le linee estetiche elaborate dai dotti. LUCIDITÀ E RAGIONE Molti artisti sono convinti della debolezza della ragione filosofica e morale. Ma cercano di vederci chiaro e di analizzare ciò che succede. Questa volontà di lucidità è classicista. La “raison” del classicismo è il senso estetico della riflessione. La ragione appare eterna e invariabile come la bellezza, ma è molto fragile. Il buon gusto appartiene all'alta società. La medievale era popolare: l'arte classica è aristocratica. NATURA E NATURALEZZA Imitare la natura è un principio vago. Non si sa quale modello naturale bisogna imitare. Alcuni testi credono che si tratti di un invito al realismo, ma in realtà tutta l’epoca cerca una rappresentazione artistica del reale. L’artista può escludere dal suo lavoro una parte del reale. Nell’ordine dell’espressione la natura diventa naturalezza. Bisogna bandire frasi troppo studiate o termini troppo ricercati. VEROSIMIGLIANZA E BIENSENACES Il verosimile non è nè il reale, nè il possibile, ma ciò che una cerchia di persone crede che sia potuto accadere. La regola della verosimiglianza si è affermata tardi; i suoi fautori la consideravano necessaria alla realizzazione dell’utilità morale delle opere. La regola del “bienséances” (convenienza) include dei precetti morali (bandire ciò che urta il pudore), dei precetti tecnici (tiene conto del tempo e dei costumi), e dei precetti estetici (non si mescola il serio al comico). Il classico ambisce ad un'opera organica, legata nell'armonia. Tutti i dettagli devono convergere verso un unico scopo ed i dettagli inutili all'azione devono essere eliminati. Il classicismo non ama l'ostentazione dell’io. Si impongono delle norme che hanno come fine ultimo quello del raggiungimento del bello eterno. LA CRISI DELLA COSCIENZA EUROPEA (PAUL HAZARD, 1680-1715) In un saggio, Hazard mette in evidenza i cambiamenti europei a partire dalla seconda parte del regno di Luigi XIV. L’ideale di stabilità e ordine viene rimpiazzato da quello di movimento. La potenza politica si sposta a nord dando adito ad eterodossia e anticonformismo. La ragione viene destinata alla distruzione delle credenze. Malebranche nel suo trattato “La recherche de la verité” (1674) aveva elaborato una teoria dell'errore. Tra le cause dell'errore vi era l'abitudine ed il conformismo umano. Sulla scia di Locke, molti filosofi diffidano dalla metafisica e dalle astrazioni e credono alle sensazioni. Al diritto divino si sostituisce il diritto naturale. La morale si laicizza. Si cerca una felicità immediata si diffonde il metodo sperimentale. Nel romanzo e nel teatro si utilizzano sensibilità e sensitività. MOLIÈRE (1622-1673) È un indipendente e un eclettico che attinge da tutto il teatro, le sue opere sono comiche e si attaccano alle mode e alle manie suscitate dall’essere umano. Dal 1610 al 1640 vengono recitate 46 commedie contro 48 pastorali, 88 tragedie e 116 tragicommedie. Con il tempo dei drammaturghi di talento creano opere originali e il teatro francese subisce l’invasione del teatro spagnolo. A partire dal 1650 la commedia diventa un genere al pari degli altri e dal1652 al 1659 vengono recitate 39 commedie contro 28 tragicommedie, 27 tragedie e 5 pastorali. LA CARRIERA Jean-Baptiste Poquelin, decide all’età di 20 anni, dopo diversi studi ed il conseguimento di una laurea in diritto, di dedicarsi al teatro. Da quel momento diventa Molière e fonda nel 1643, con l’attrice Madeleine Béjart, “l’Illustre Théatre”, una piccola compagnia che tenterà inutilmente di stabilirsi a Parigi. Nel 1650 gli attori prendono Molière come direttore e vagano per la Francia fino BRUNEL 2 a quando non ottengono la sistemazione del re nella sala Petit Bourbon, dove recitano quattro giorni a settimana. “LES PRÉCIEUSES RIDICULES” (1659) Ottiene il trionfo con questa farsa che mette in scena due preziose di provincia, Cathos e Madelon. Le due mettono alla porta due gentiluomini la cui semplicità sembra troppo volgare per le due preziose. I due gentiluomini per vendicarsi manderanno i loro lacchè, Mascarille e Jodelet, vestiti da signori. Le due donne sembrano affascinate dai due falsi cortigiani e riescono a vedere un futuro radioso. I due gentiluomini usciranno allo scoperto ordinando alla servitù di mostrare i loro veri abiti, umiliando le preziose. La farsa si conclude con una discussione contro i romanzi preziosi. Il successo di questa farsa venne garantito dalla satira di una moda e di personaggi reali e attuali. “L’ÉCOLE DES FEMMES” (1662) Dopo il successo della prima farsa viene accusato dai suoi nemici di essere incapace di elevarsi al di sopra del buffonesco. Scrive una commedia eroica in cinque atti e versi, “Dom Garcie de Navarre”, che sarà un fiasco. Nel 1662 s’impone con una delle sue più grandi commedie: “L’école des femmes”, in cinque atti e in versi. TRAMA= Souche ha fatto allevare la sua pupilla Agnès nella completa ignoranza in maniera tale da preparare una moglie fedele e sottomessa. Arriva il figlio di un suo amico, Horace, che racconta ad Arnolphe i suoi primi armeggi con questa ragazza (atto I). Arnolphe chiede ad Agnés di lanciare della pietre ad Horace se dovesse tornare perché teme il peggio e per rimediare a questo rischio decide di sposarla (atto II). Arnolphe fa un sermone ad Agnès sui comandamenti del matrimonio e le parla del diavolo che brucia all’inferno le donne infedeli. Horace confida ad Arnolphe che Agnès gli ha lanciato una pieta, ma seguita da una lettera molto tenera (atto III). Horace informa Arnolphe che durante la notte rapirà Agnès. Arnolphe fa preparare il suo contratto di matrimonio e organizza un agguato ad Horace (atto IV). Horace fa il morto e successivamente viene raggiunto da Agnès che è scappata. Per non ledere la sua reputazione, Horace cede la donna ad Arnolphe, il quale la porta via. La ragazza, illuminata dall’amore cerca di scappare da Arnolphe, il quale la supplica di restare. A quel punto arriva il padre dall’America che affida Agnès ad Horace (atto V). Molière ha elaborato questa commedia, misto tra un fabliau e un marivaudage. La commedia nasconde molte lezioni (l’amore rende inventivi; ottiene più la dolcezza che la violenza…). “TARTUFFE” (1664) “l’école des femmes” riscuote grande successo e gli concederà una pensione e la protezione del re. Dal 8 al 13 maggio 1664, Molère viene invitato a Versailles per animare le feste del periodo. La sua compagnia recita una fantasia e tre atti di una commedia in versi “Tartuffe ou l’hypocrite” che verrà contestata dai devoti. Molière viene costretto ad eseguire la sua commedia solo in rappresentazioni private per cinque anni. Solo nel 1669 otterrà l’autorizzazione del re a recitare Tartuffe nella versione completa in cinque atti. TRAMA= Mme Pernelle, madre di Orgon, rimprovera la nuora, Elmire e i nipotini Mariane e Damis e contro di loro fa l’apologia di un uomo molto devoto, Tartuffe. Orgon, ossessionato dalla salvezza dell’anima, affida la cura di tutta la sua casa a Tartuffe. Di ritorno dalla campagna, Cléante domanda Orgon sul progetto matrimoniale di Mariane e Valère, ma Orgon resterà vago (atto I). Orgon vorrebbe unire Mariane a Tartuffe (atto II). Appare Tartuffe al quale verrà chiesto da Elmire di rinunciare a Mariane, ma si opporrà con una corte pressante per Elmire. Damis sente tutto e rimane sconvolto e riferisce tutto ad Orgon. Tartuffe si scolpa ed Orgon caccia di casa suo figlio e dona tutti i suoi beni all’impostore (atto III). Elmire convince il marito a nascondersi sotto una tavola mentre lei fingerà con Tartuffe di acconsentire al matrimonio. Orgon vuole cacciare l’ipocrita il quale però è in possesso delle proprietà dell’uomo e minaccia la famiglia (atto IV). Orgon si accorge della scomparsa di una cassetta di documenti compromettenti affidata a Tartuffe. Arriva un usciere con l’ordine di mandare via tutta la famiglia. Tartuffe consegna la cassetta al re che arresta Orgon ma riconosce in Tartuffe un latitante. Il re arresta Tartuffe e perdona Orgon. Mariane sposa Valère (atto V). IL VIRTUOSISMO TECNICO Con una scena di famiglia iniziale ci vengono presentati brevemente tutti i personaggi. Per Tartuffe si dovrà aspettare fino al III atto. I personaggi vengono portati all’orlo di una catastrofe e alla fine viene rovesciata completamente la situazione. Tartuffe è un personaggio meschino e furbo che viene incastrato a causa di una debolezza: l’amore per Elmire. BRUNEL 2 “DOM JUAN” (1665) Tema nato in Spagna nel 1630 elaborato in questa commedia in cinque atti e in prosa. TRAMA= Don Juan evoca davanti al suo valletto Sganarelle il fascino delle sue conquiste. Non riesce a legarsi a nessuna donna, neppure a Elvire, che ha rapito, sposato e abbandonato (atto I). Al termine di una gita al mare seduce contemporaneamente due contadine, ma deve abbandonarle perché inseguito dai fratelli di Elvire che vogliono vendicarla (atto II). Arrivato alla tomba di un Commendatore da lui ucciso, decide di invitare a cena la statua funebre (atto III). Quando sopraggiunge la statua del Commendatore a tavola, Don Juan finge pentimento e fa il devoto davanti ad un fratello di Elvire. Successivamente rifiuta gli avvertimenti di uno spettro che lo invita a pentirsi. Alla fine riappare la statua che lo porta all’inferno (atto V). La celebrazione dell'incostanza è uno dei temi maggiori alla fine del XVI secolo. Le unità non vengono rispettate; vi è una mescolanza di generi: tragedia (I atto), farsa (II atto), tragicommedia (III atto). Domina un’alternanza di tensione e distensione. La presenza di Sganarelle mantiene lo spettacolo nei limiti della commedia; egli è una marionetta mossa da tre fili (le credenze popolari, pigrizia, lo scimmiottamento del padrone). I dialoghi sono scritti in una elegante prosa rimata. Don Juan si oppone a Tristano, eroe dell’amore. “LE MISANTHROPE” (1666) TRAMA= Alceste rimprovera l’amico Philinte della sua condiscendenza. Egli odia la menzogna ma è innamorato di una coquette, Célimène. Ad Oronte che gli legge i suoi versi, risponderà insultandolo (atto I). Alceste contesta a Célimène il suo atteggiamento e le chiede di scegliere tra i suoi spasimanti. Eccone due, i marchesi Acaste e Clitandre, con i quali sparla di tutti. Alceste sbotta. Viene convocato in tribunale per aver insultato Oronte (atto II). Acaste e Clitandre decidono che se uno di loro riuscirà a conquistare Célimène, l’altro dovrà farsi da parte. Arsinoè, innamorata di Alceste, dice ha modo di dimostrargli l’infedeltà di Célimène (atto III). Alceste furibondo si dirige da Célimène con un biglietto d’amore di Célimène indirizzato ad Oronte, ma la civetta riuscirà a sfuggire agli insulti. Un valletto annuncia che Alceste è vittima dei gendarmi (atto IV). Alceste è innocente ma perde comunque il processo e decide di ritirarsi dalla società. Oronte, Acaste e Clitandre vanno da Célimène tutti con dei biglietti d’amore scritti da lei. Sono tutti furibondi e non intenzionati a perdonarla, tranne Alceste che è disposto a perdonare la donna, purchè si ritiri con lui dalla società. La donna rifiuta, Alceste rompe con lei e si prepara a partire fino a quando non giunge Philinte che spera di distoglierlo dal suo intento (atto V). La sua commedia denuncia l’apparente cortesia e galanteria della borghesia sotto la quale si nascondono “scimmie maligne e lupi arrabbiati”. Quasi tutto è corrotto, quasi tutti mentono. La profondità di questa contrapposizione tra Alceste e la vita sociale, tra un amore onnipotente e un fallimento, spiga come non si rida ma si sorrida al Misanthrope. “L’AVARE” (1668) Malato e vicino alla morte, compone “l’avare” che non avrà successo. TRAMA= l’avaro è Harpagon, padre di Clèante ed Elise. Elise è segretamente fidanzata con Valère. Clèante ama una ragazza povera, Marianne. Harpagon vuole sposare Mariane e maritare Elise con un vecchio gentiluomo, Anselme, che accetta (atto I). Clèante scopre che l’usuraio che approfitta del suo bisogno di denaro è suo padre. La mezzana Frosine assicura Harpagon che Mariane ama le persone attempate (atto II). Harpagon progetta una cena economica per Mariane. Mariane palesa il suo amore per Clèante tramite un linguaggio a doppio senso. Clèante ruba l’anello al padre e lo offre a Mariane come simbolo dell’amore del padre (atto III). Harpagon supponendo un intrigo lascia agire il figlio. Una volta capito l’inganno caccia Clèante ma si accorge che gli hanno rubato il cofanetto e si dispera (atto IV). Un servo di Harpagon accusa Valère del furto. Viene interrogato quest’ultimo che, credendo che si tratti del suo amore per Elise, confessa i sentimenti. Arriva Anselme che paradossalmente salva la situazione: Mariane e Valère sono suoi figli dispersi in un naufragio. Gli innamorati si sposano e Harpagon ritrova il suo cofanetto (atto V). COMICITÀ E PROFONDITÀ Nonostante nelle sue opere venga citato anche il ceto basso della società, è soprattutto la borghesia ad apparire. Tutti i protagonisti hanno ruoli ben precisi, alcuni incarnano caratteri definiti eterni (l’avaro, l’ipocrita…). Nonostante si sia scritto molto sulla filosofia dell’autore, in realtà è uno degli scrittori meno conosciuti. Dalle sue commedie si possono trarre molte lezioni, ma non è detto che queste corrispondano al suo pensiero. Molière è un uomo di teatro e la sua preoccupazione è quella di piacere e di far ridere (nella commedia). Vuole correggere i vizi degli uomini ma spesso è costretto a condannare solo quelli universalmente condannati dal pubblico. La morale è spesso del pubblico e non di Molière. Questa morale condanna il preziosismo, il pedantismo, tutte le manie. Ambiguo il suo pensiero sulla donna: non deve essere lasciata BRUNEL 2 alla prossimità dei tempi e la Turchia ha delle usanze molto diverse da quelle di Versailles. Grazie all’alibi dei costumi Turchi, metterà in scena altre tragedie crudeli. TRAMA= durante l’assenza del sultano Amurat, il vizir (consigliere) Acomat e Roxane complottano per far salire sul trono Bajazet, di cui Roxanne è innamorata, ma prima di agire Roxane vuole sposare Bajazet. Atalide che ama il principe ed è amata da lui, si dispera (atto I). Bajazet non sembra intenzionato ad accettare le offerte di Roxane, ma Acomat e Atalide gli chiedono di non sfidare la donna. L’atteggiamento del principe inganna Roxanne, ma ingelosisce Atalide. Così Bajazet si dimostra più freddo con Roxane, anche lei gelosa. Arriva il servo Orcan con ordini misteriosi (atto III). Roxane legge ad Atalide gli ordini di Amurat, che chiedono l’esecuzione di Bajazet. Atalide sviene, e Roxane scopre sopra di lei un biglietto rivelatore di Bajazet e decide di vendicarsi (atto IV). Roxane propone a Bajazet di lasciarlo vivere se la sposerà e se guarderà l’esecuzione di Atalide. Il principe rifiuta. Dopo l’uccisione viene strozzato per ordine di Roxane. Orcan uccide Roxane, prima di essere a sua volta giustiziato dagli amici di Acomat, quest’ultimo fuggirà. Atalide si pugnala (atto V). “MITHRIDATE” (1673) Ossessionato dall’ombra del rivale Corneille, Racine mette in scena la più corneliana delle sue tragedie. Nonostante ricordi Nicomede e Polyeucte, l'originalità di Racine sta nella presenza più intensa di poesia. Qui parla del mare come cornice di un’azione e come portatore di grandezza ma anche di fatalità. L’atto V fa pensare a tratti all’Iliade. TRAMA= il re Mithridate, nemico di Roma, si crede morto. I suoi due figli, Xipharès e Pharnace si danno da fare intorno a Monime, fidanzata del padre, innamorata id Xipharès. Si annuncia il ritorno del re (atto I). Di fronte alla freddezza della fidanzata, Mithridate nutre dei sospetti per Pharnace. Monime confessa il suo amore a Xipharès (atto II). Mithridate svela ai suoi figli il piano di una marcia su Roma, poi impone a Pharnace di sposare una principessa parta. Pharnace si crede tradito dal fratello e lo denuncia. Mithridate, torturato, finge di concedere Monime a Xipharès, questa cade nel tranello e finisce per svelare i suoi sentimenti. Il re trama la vendetta (atto III). Monime rifiuta di sposare il re. Si viene a sapere che i Romani sono alle calcagne e che il traditore Pharnace ha sollevato il popolo in suo favore (atto IV). Convinta che Xipharès sia morto, Monime si prepara a morire. Giunge voce che Mithridate, credendosi sconfitto si sia ucciso e che Xipharès abbia messo in fuga i Romani. Il vecchio re unisce in matrimonio Monime e Xipharès (V). “IPHIGÉNIE EN AULIDE” (1674) TRAMA= La flotta greca non può navigare verso Troia per mancanza di vento. Il re Agamennone attende la figlia Ifigenia, destinata al sacrificio degli Dei per la concessione dei venti, e tenta invano di farla tornare indietro e di sciogliere l’esercito (atto I). Ifigenia, convinta di dover sposare Achille, è imbarazzata dalla presenza del padre. Sospetta che il fidanzato ami la prigioniera Erifile (atto II). Clitennestra, madre della ragazza, e Achille vengono a sapere la verità e vogliono proteggere la ragazza, la quale però vuole agire da sola (atto III). Ifigenia supplica il padre, la madre ed Achille lo minacciano. Agamennone decide di lasciar perdere. Erifile denuncia questo intrigo e rende il sacrificio ineluttabile (atto IV). Ifigenia si rassegna, Achille è pronto a combattere. L’indovino Calcante rivela che la vittima pretesa dagli Dei è un’altra Ifigenia. Si tratta di Erifile che sapendo la verità sulla sua origine, si pugnala sull’altare (atto V). “PHÈDRE” (1677) Scritta per riprendere un’altra tragedia greca, urta contro una vera e propria congiura di cui facevano parte degli scrittori invidiosi. La più pura delle tragedie francesi inizia la sua carriera con un insuccesso. Fedra evoca l’Acheronte. Venere, dea-vampiro, ha già colpito Fedra e sua sorella. Il risveglio dell’amore è l’inizio dell’agonia. L’amore raciniano è un'esperienza meravigliosa che però abbatte corpo e anima. TRAMA= Teseo è scomparso. Ippolito, dato a Teseo da un’Amazzone, vuole partire alla sua ricerca. Fedra, la moglie di Teseo, si affligge per un male che confesserà alla sua confidente Enone: ama il figliastro Ippolito. Viene annunciata la morte di Teseo e l’amore di Fedra non è più colpevole (atto I). Aricia e Ippolito si confessano il loro amore. Fedra svela il suo amore ad Ippolito che ne rimane indignato. Arriva voce della falsa morte di Teseo (atto II). Al ritorno di Teseo, Fedra vuole morire. Enone le strappa l'autorizzazione ad accusare Ippolito di aver cercato di stuprare la matrigna. Di fronte all’accoglienza fatta, Teseo inizia ad avere dei sospetti (atto III). Enone accusa Ippolito. Teseo caccia il figlio e invoca Nettuno. Fedra, tormentata dal rimorso, chiede il perdono del figlio; successivamente scopre dell’amore tra Ippolito e Aricia e si ingelosisce (atto IV). Aricia lascia intendere a Teseo che Ippolito è innocente e Teseo viene a sapere che Enone si è uccisa e che Fedra vuole morire. Supplica Nettuno di ignorare la richiesta ma è troppo tardi. Si viene a sapere che i cavalli di Ippolito, impauriti da un mostro marino, si sono imbizzarriti e hanno ucciso il padrone. Fedra confessa la verità e si avvelena (atto V). BRUNEL 2 “ATHALIE” (1691) Racine scelse un episodio dalla Bibbia, un tema caro a Port-Royale e che sembrava il più bello per una tragedia. In questa tragedia non vi è passione amorosa. Al centro della tragedia si fa luce la profezia che annuncia il Messia. TRAMA= Athalie, usurpatrice del trono di Gerusalemme, ha fatto massacrare tutta la famiglia reale e ha istituito il culto sacrilego di Baal. Il sacerdote Joad annuncia che proclamerà re il bambino Joas, salvato dal massacro dalla moglie Josabeth (atto I). Athalie riconosce nel bambino colui che ha visto in sogno mentre le trafiggeva il seno. Alle sue domande risponde con saggezza ed insolenza (atto II). Il sacerdote di Baal chiede che gli si affidi il bambino: Joad lo caccia dal Tempio e profetizza l’avvenire radioso della Chiesa (atto III). Cinto della benda regale Joad conosce la sua vera missione, ma Athalie fa circondare il Tempio (atto IV). Joad finge di cedere e fa venire Athalie. Una volta entrata le mostra il bambino con i vestiti regali e la fa uccidere dai leviti. La regalità di Joas sarà proclamata (atto V). LA TRAGICITÀ RACINIANA Il senso della tragicità nasce dalla volontà dell’uomo di lottare contro forze onnipotenti che finiranno per schiacciarlo. Racine ha capito che la tragedia deve suscitare pietà e terrore nello spettatore. Esistono delle fatalità esterne ( l’ordine militare che separa due fidanzati e trascina il giovane soldato alla morte), ma per Racine la fatalità è interiore soprattutto per l’amore e l’ambizione. La tragedia è la follia dell’uomo, la sua ossessiva ricerca della felicità. In tutte le tragedie regnano le passioni e tutti i disordini di cui sono causa. CRISI E CATASTROFE Quando inizia la tragedia in Racine scoppia una crisi che mette i personaggi davanti ad un muro, ad una scelta decisiva. Questa scelta è portatrice di catastrofe. La loro disgrazia non viene posta al giudizio morale ma allo stupore dello spettacolo. LA CRUDELTÀ I personaggi maschili in Racine sono più pallidi rispetto alle donne (Roxane, Athalie, Ermione). Nelle principesse si scopre un’ironia tagliente che le fa sembrare invasate. I protagonisti sono aggressivi, amano dominare la vera catastrofe. L’autore vuole crudeltà e perfidia nelle sue tragedie. La tragedia ignora l’aria aperta; tutto avviene in luoghi chiusi. I protagonisti sono chiusi in se stessi e il più delle volte incapaci di comunicare: questo è causa della loro disperazione. Racine ignora la scenografia o l’ambiente, importante invece per l'estetica realista. Suggerisce un’atmosfera feconda alla fantasia dello spettatore . Gli eroi si esprimono con pudore e nobiltà, in una lingua priva di enfasi. Una delle caratteristiche del verso raciniano è la musicalità; egli fa cantare le parole più semplici. Il XVII secolo ha contrapposto Racine a Corneille. Il secolo successivo riscopre i furiosi di questo teatro e vede nella perfezione drammatica un modello assoluto. Alcuni romantici (Hugo) andranno contro l’universo raciniano, ma sarà a partire dal 1885 che comincerà il ritorno a Racine. La battaglia di Sedan (1870, la Francia si arrende all’impero Prussiano) porterà all’esaltazione dei valori francesi. GLI ULTIMI FUOCHI DELLA POESIA Con il regno di Luigi XIV, inizia il tramonto della poesia di un secolo e mezzo. L’estetica classica lascia sbocciare pochi artisti, il talento di Racine non ha equivalenti in poesia. All’epoca di Luigi XIII succede l’aridità. La forza creativa viene meno e la mediocrità diventa quasi generale. Al tempo di Luigi XIV si mantiene una poesia eroica ma prigioniera dei limiti di Malherbe. Alcuni teorici nella poesia non vedono altro che gioco, altri annunciano la fine dell’età poetica e l’ascesa del tempo dei filosofi. Tuttavia due poeti molto distanti tra loro, hanno lasciato una traccia. BOILEAU (1636-1711) Grazie ad un’eredità lasciatagli dal padre può coltivare la sua passione per la letteratura. Scrive 12 “Satires”. Il poeta che frequentava circoli liberi, si fa introdurre nei salotti e verso il 1669 inizia a scrivere “L’art poetique”. “L’ART POETIQUE” (1674) È evidente che Boileau abbia studiato teorici antichi ma il modello a cui si riferisce maggiormente è Orazio. Conosce i trattati del XVI e XVII secolo e ammira Racine, Molière e La Fontaine. Non è un iniziatore ma riordina le idee di anni precedenti. “L’art poetique” è un’opera di divulgazione delle teorie dei dotti destinata al grosso pubblico. Presenta lacune importanti; il Medioevo l’opera e la favola non vengono menzionati, viene maltrattato Ronsard e si esalta Malherbe. L’opera è imperfetta ma ha il vantaggio di evitare la monotonia; la particolarità risiede nella costruzione del verso, che riesce a dare rilievo a temi meno originali. L’opera ha goduto di grande considerazione, seguita dalle critiche dei romantici che ne denunciano i limiti. BRUNEL 2 Nello stesso volume dell’art poetique, Boileau aveva pubblicato quattro canti di un poema eroicomico: “Le lutrin”. Narrava i conflitti tra canonici, cantori e il sacrestano della Saint-Chapelle. Nel volume vi erano anche quattro epistole composte nello stesso periodo dell’art poetique. Scrive 12 Epitres: 3 celebrano Luigi XIV, 4 trattano di morale, la VI riprende il tema degli ozi campestri. Le VII, IX e X riguardano la letteratura. Nel 1677 viene nominato storiografo del re con Racine. Nel 1701 esce un’edizione completa delle sue Oeuvres che si apre con una prefazione alla conoscenza delle sue idee estetiche. LA FONTAINE (1621-1695) A 20 anni, attratto dall’Oratorio, inizia studi di teologia; presto rinuncia e va a studiare diritto a Parigi, dove frequenta una cerchia di poeti. Quando si sistema a Parigi ha 37 anni, è uno sconosciuto e ha scritto pochi versi. Offre un poema eroico a Fouquet, “Adonis”, che gli vale una pensione. Da allora scrive poesie di corte per compiacere il suo mecenate ed entra a far parte della cerchia dei ministri, dove incontra Scarron e Mme de Sévigné. Lavora per tre anni al “Song de Vaux”. Nel 1661 Fouquet viene messo in prigione da Luigi XIV e viene privato della pensione, ma resta comunque fedele la suo vecchio protettore. Dal 1664 al 1672 entra al Palais de Luxembourg come gentiluomo di Madame, vedova del fratello di Luigi XIII. I “CONTES” Nel 1664 pubblica “Contes et nouvelles en vers”, inizialmente ispirate a Boccaccio e Ariosto, poi ad altri autori. Si tratta di racconti un po’ spinti (a parte quelli del 1674 sequestrati dalla polizia) che riprendono temi noti: virtù delle donne, ingenuità delle ragazze, disavventure di monache o ecclesiastici. Si attiene al decasillabo e all’ottonario, regolarità stancante. Le raccolte offrono anche capolavori come “Joconde” in versi irregolari e lingua antica. LA PRIMA RACCOLTA DELLE “FABLES” (1668) Pubblicate a 47 anni, sono un trionfo da subito: sei edizioni in due anni. Delle 124 favole, un centinaio sono desunte dalla tradizione esopica, la maggior parte brevi ma eleganti, poco ambiziose. Di colpo vengono superati tutti i modelli grazie alla densità dei dialoghi, alla varietà dei toni e dei ritmi. Nel 1669 pubblica “Les amours de Psyché et de Cupidon”, racconto mitologico in versi e prosa, dove Poliphile, colui che ama tutte le cose, sembra il ritratto del poeta. Nel 1672 muore la sua protettrice; viene accolto da Mme de la Sablière, il cui salotto riceve gente altolocata. Impara molto; studia la filosofia di Cartesio e di Gassendi. Pubblica opere molto diverse: un poema religioso, dei racconti, un libretto d’opera, un poema didascalico, un poema drammatico, ma la pubblicazione più importante è la seconda raccolta delle Fables. SECONDA RACCOLTA (1678-79) Ai sei libri del 1668 se ne aggiungono altri cinque, di tono diverso. Solo un terzo delle favole deriva dalla tradizione esopica. Molte favole sembrano nate dalle conversazioni avute nei salotti. Lo scrittore intensifica le riflessioni personali e le confidenze. Il favolista arriva a toccare argomenti filosofici come quello degli animali-macchina e della conoscenza sensibile. L’ULTIMA RACCOLTA (1694) Questa raccolta non porta rinnovamento ma si conclude con la favola-meditazione “Le juge arbitre, l’hospitalier et la solitaire” in cui la solitudine viene celebrata come l’unico modo che l’uomo ha per conoscersi. Pochi mesi dopo l’autore muore. Secondo una leggenda l’autore delle Fables sarebbe stato un ingenuo, un distratto, ma non è così. La Fontaine ha saputo procurarsi delle potenti protezioni e la naturalezza delle sue poesie nasconde un grande lavoro; qui l’insolenza è colta, la nobiltà studiata, la facilità il vertice dell’arte. LE “FABLES”: LA COMMEDIA DEL MONDO Prima di La Fontaine la favola era un aneddoto frettoloso che serviva da pretesto per la morale. Con lui diventa un universo di fantasia, dove appaiono dei e gli animali conversano. Questa fantasia è vicina alla realtà: vengono evocati mestieri comuni, tutto il mondo campagnolo e la schiera dei potenti. A volte la favola si orienta verso la satira sociale o ad allusioni all'attuale politica. Il XVII secolo è sensibile alla natura, ma non la descrive a fondo. I paesaggi sono un punto di partenza per la fantasticheria. La poesia di La Fontaine si limita ad una natura rustica: è una poesia della fattoria e della stalla. Simpatizza con gli esseri più umili, animali o piante. Viene criticato per la descrizione insolita degli animali, ma non se ne preoccupa. È un caricaturista che evoca in un solo tratto la fisionomia e la sagoma o il movimento delle bestie. Il mondo animale è presentato con l’intenzione di divertire; la confusione è tenuta viva in maniera saccente. I simbolismi popolari diventano sviluppi meravigliosi. Le figure umane sono solitamente popolari, gli avventurieri vengono sminuiti e le donne e i bambini non vengono trattati meglio. A volte se la prende esplicitamente con i cortigiani. La favola comporta una morale. Tale morale viene desunta dalla saggezza dei popoli. Non c’è Provvidenza ma destino. BRUNEL 2 UN UOMO DI CHIESA Studia da subito prima nella sua città natale, Digione, poi al collegio di Navarra a Parigi. Conosce bene i greci e i latini, la Bibbia, i padri della Chiesa e i teologi medievali. Dal 1670 al 1681, scelto dal re, si dedica all’educazione del delfino (primogenito di Luigi XIV). S’impone come capo della Chiesa di Francia. I “SERMONS” I primi sermoni hanno ancora l’impronta dei ricordi scolastici: divisioni, definizioni, nozioni astratte. Naturalmente barocco, lo scrittore subirà due influenze: quella di Vincenzo de' Paoli e quella del pubblico della corte. Nel “Panégryque de saint Paul” celebra la semplicità e l'efficacia della predicazione dell’apostolo. Influenzato da Vincenzo de’ Paoli, lo scrittore sogna questa semplicità che riesce quasi a raggiungere nel sermone “Sur l’éminente dignité des pauvres” (1659), ma non riesce a soffocare la sua vera natura per molto. Il suo vero maestro di eloquenza è sant’Agostino, il quale crede che l’eloquenza non deve essere ricercata per se stessa ma deve essere al servizio della verità. Si afferma con i sermoni “Sur l’honneur du monde” e “Sur la poesie”. L’oratore assiste alle scene evangeliche a tal punto che piange su Gesù, insulta quelli che lo colpiscono; è ossessionato dal sangue che scorre. Sviluppa le sue vere idee predicative nel sermone “Sur la parole de Dieu”. Qui fa ricorso a immagini stupefacenti: il Verbo divino è fulmine, tuono, luce, a seconda dei lati da cui il suo celebratore lo guarda. TRAMA= Esordio. Il solo maestro da ascoltare è Gesù Cristo. Anche la parola è densa presenza di Gesù Cristo: i cristiani attendono la vera parola di Dio, l’eterna verità. I re sono quelli che hanno più bisogno della verità divina. Primo punto. Gesù Cristo oggi risalito a Dio ma rimane presente nella Parola e nell’Eucarestia. Per rispondere alle domande dei fedeli, Dio crea i predicatori evangelici. Secondo punto. La parola deve penetrare in fondo al cuore così come l’eucarestia. Gesù Cristo è un predicatore invisibile udibile solo tramite il cuore. Terzo punto. La prova che il cuore ha sentito è l’azione esterna che si esplicita nel sermone. Se non predichiamo la parola essa ci giudicherà uccidendoci. SERMON SUR LA MORT Esordio. Si invita la corte a contemplare con Gesù Cristo il cadavere di Lazzaro. Gli uomini distolgono il pensiero dalla morte ma con essa si scopre il segreto dell’uomo. La morte è stimabile perché raggiunge l’eternità. Primo punto. L’uomo è poca cosa, il suo cadavere diventa qualcosa che non ha nome né lingua. La vita è breve e le generazioni si spingono verso l’abisso. Secondo punto. L’uomo non è totalmente mortale. Con la sua anima immortale partecipa di Dio. Egli doma l’universo e ha il senso dell’infinito. LE “ORAISONS FUNEBRES” Questo genere si sviluppa soprattutto dopo la morte di Enrico IV. I suoi elementi costitutivi sono 4: - la deplorazione, che crea emozione collettiva; - l’elogio del defunto; - l’istruzione dei fedeli; - la presenza dell’attualità. Delle 10 orazioni che ci rimangono, 4 sono le più celebri, quella di Enrichetta regina di Inghilterra, di sua figlia Enrichetta d’Inghilterra, quella della principessa palatina e quella di Condé. Le Orazioni funebri toccano quasi tutti i problemi religiosi del tempo. L’oratore si preoccupa di tempo e di morte. IL “DISCOURS SUR L’HISTOIRE UNIVERSELLE” Bousset scrive per il delfino il “Discours sur l’histoire universelle” pubblicato nel 1681. Parte prima. Bousset ricorda rapidamente le 12 epoche che vanno dalla creazione del mondo all’incoronazione di Carlo Magno. Parte seconda. Adesso si dedica al cristianesimo dalle origini del mondo. “Vedete un ordine costane in tutti i disegni di Dio, e un segno visibile della sua potenza”. Parte terza. Gli imperi. La crescita e rovina degli imperi è legata all’espansione del Vangelo. L’impero Romano unendo popoli estranei, ha permesso la diffusione della fede. Le vittorie hanno generato dissensi, morte, rilassatezza e corruzione. L’opera presenta molte inesattezze ma il pregio dei discorsi sta nell’attenzione alle istituzioni, ai costumi e ai caratteri dei popoli, cause della loro rovina. LA CRISI DELLA COSCIENZA FRANCESE (1680-1715) Il XVII secolo si ricollega ad un aspetto del rinascimento. Nella crisi della coscienza francese si contrappongono antichi e moderni, tradizionalisti e innovatori. BRUNEL 2 LA “QUERELLE DES ANCIENS ET DES MODERNES” Nella prima metà del secolo molti scrittori si rivelano indipendenti nei confronti degli Antichi. Ma sotto l’influenza dei teorici i tentativi di modernismo vengono condannati nel 1674 da Boileau. I Moderni affermano un progresso di intelligenza e di delicatezza morale, esplicitate con lo sviluppo di scienza e filosofia. PERRAULT CONTRO BOILEAU Perrault legge una poesia di Boileau “Le siècle de Louis le Grand” che giudica ingiuriosa per gli Antichi, dove si pone la letteratura contemporanea al di sopra di quella antica. Le dispute tra Antichi e Moderni continueranno fino al 1694 quando Arnauld farà riconciliare Boileau e Perrault. Il disaccordo tra i due gruppi suscitò altri conflitti. Nel 1699 Mme Dacier pubblica una traduzione in prosa dell’Iliade. Un discepolo di Fontanelle, ritenendola noiosa, ridusse i canti da 24 a 12. La traduttrice scrive “Des causes de la corruption du gout” per protestare, La Motte risponde con moderazione. Sarà Fénelon a placare le ire con la “Lettre à l’Académie” e a provocare un avvicinamento tra maestri antichi e scrittori moderni. Malgrado le loro lacune, i Moderni non potevano che trionfare. Le scienze e le idee avanzavano, l’esperienza umana si arricchiva. LA BRUYERE (1645-1696) Dopo gli studi diventa avvocato al Parlamento di Parigi e diventa tesoriere di finanza di Caen. Si ritrasferisce a Parigi e viene nominato precettore del duca di Borbone; da quel momento entra a far parte della cerchia di Condé. Dalle sue riflessioni nasce “Les caractères ou les moeurs de ce siècle” (1688), collezione di riflessioni dal grande successo: tre edizioni in un anno. Fautore degli Antichi si schiera dalla parte di Bousset. “LES CARACTÉRES” (1688) Pubblicati con continue aggiunte, si presentano in 16 capitoli. L’opera non ha una sua struttura. Non ha nulla del pensatore e manca di coerenza. Questo libro ha il merito di essere un documento dello studio dell’epoca e della retorica nella creazione letteraria. L’autore manca di originalità in quanto ripete critiche già fatte. È a favore della monarchia assoluta e pone le critiche più violente ad un uomo la cui acidità e amarezza non gli ha concesso una vita privilegiata. Sono da lodare le commoventi parole sulla miseria del popolo e gli attacchi alle torture causate dalla corte. Per quanto riguarda lo stile cerca di variare il tono delle frasi, di arricchirle di curiosità; il vocabolario è studiato. La Bruyere credeva di essere sulla scia dei classici, nell’opera regna un lirismo che rappresenta la protesta dell’io di fronte ad una società meccanica. Ha il culto della chiarezza, si sottomette al pubblico perché si scrive solo per essere capiti. FÉNELON (1651-1715) Dopo diversi studi viene ordinato sacerdote. Si occupa dell’educazione dei protestanti convertiti al cristianesimo dove eccelle. Grazie al duca di Beauvilliers viene nominato precettore del duca di Borgogna. Per il suo allievo scrive delle Fables, dei Dialogues des mort e il Telemaco. Viene accolto dall’Académie e il re nomina l’arcivescovado di Cambrai senza obbligo di residenza. L’ESILIO DI CAMBRAI Grazie all’incontro di Mme Guyon si occupa dei problemi interiori del cristiano. Essa gli insegnava che il culto più puro è la silenziosa comunione con Dio, il respingimento dei ragionamenti per un totale abbandono con Dio. Ben presto si accusò di eresia la spiritualità della Mme: è la disputa del quietismo. Un gruppo animato da Bousset denunciò i pericoli del “puro amore”; da allora Fènelon e Bousset iniziano una guerra di libelli, fino a quando Bousset ed il re ottengono una condanna dal papa per Fènelon. Da allora iniziò una crisi che ebbe conseguenze disastrose per il cattolicesimo. IL PENSIERO POLITICO E LE IDEE LETTERARIE Fènelon aveva imparato a condannare lo spirito di conquista, il lusso, la miseria, a sognare una città in cui la vita fosse semplice e gli interessi privati subordinati all’interesse generale. Affermò l’idealismo di Malebranche: egli subordinava la politica alla morale; il vero successo degli stati supponeva la fedeltà alla legge divina. Condannò sempre la politica francese e fu difensore di una “società del genere umano”, di un diritto naturale opposto ai capricci dispotici. Fènelon non poteva che essere salutato come un precursore dal secolo dei Lumi. Non si è mai considerato uno scrittore di professione, ma amava la poesia e la letteratura. Malgrado l'ammirazione per gli Antichi, respinge l’idolatria delle loro opere. Sogna di arricchire il vocabolario, di creare un’eloquenza ispirata a Sant’Agostino. Crede che le regole poetiche applicate in Francia siano troppo rigide. SAINT-EVREMONT (1614-1703) Ha scritto per lui e la sua cerchia di amici dei trattati in cui affronta ogni tipo di argomento: religione, morale, storia, letteratura. Alla fine del secolo si oppone alle teorie del gruppo di BRUNEL 2 Bousset. In letteratura, è cosciente della relatività del Bello. Crede alla libertà e pretende una letteratura in armonia con le nuove aspirazioni. PIERRE BAYLE (1647-1706) Scrive diverse opere: le “Pensées diverses sur le comète” dove si burla di astrologia e superstizioni; opera importante perché separa la morale dalla religione. Scrive per una rivista ma la sua opera capitale è il suo “Dictionnaire historique et critique”. IL “DICTIONNAIRE” (1695-1697) Concepita per correggere gli errori dei dizionari e degli autori, va oltre questo scopo. Applica a tutto un dubbio purificatore, umilia la ragione, sottolinea la trascendenza della fede. Ebbe un successo immediato in tutta Europa. FONTANELLE (1657-1757) Cominciò a 20 anni una carriera di bello spirito e volgarizzatore scientifico. Autore di poesie preziose, opere e tragedie, pubblica in 5 anni le sue opere capitali. Si è interessato dei problemi più diversi: letteratura, teatro, scienza, filosofia, religione e politica. La sua “Origine des fables” inaugura il metodo comparativo delle religioni. Qui spiega la nascita dei miti e la loro diffusione con l’impostura dei capi religiosi. Gli “Entretiens” segnano l’avvento delle scienze nella letteratura; il grande pubblico viene messo in contatto con gli scienziati. Lo stile prezioso, ma di rara limpidezza, infastidiva già alcuni contemporanei ma incantava la società mondana che si è aperta allo spirito moderno.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved