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Dall'Emergenza alla Normalità: strategie e modelli di intervento nella psicologia dell’emergenza, Sintesi del corso di Psicologia Clinica

Riassunto solo dei capitoli 1,2,3,11

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Dall'Emergenza alla Normalità: strategie e modelli di intervento nella psicologia dell’emergenza e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Clinica solo su Docsity! Dall’emergenza alla normalità CAP. 1 FONDAMENTI DI PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA 1.1 Antiche Osservazioni sulle Reazioni dell’uomo nelle Calamità Il problematico rapporto tra l’uomo e le calamità è cominciato con l’esistenza stessa dell’uomo ed è destinato prolungarsi fino alla fine dei tempi in quanto l’uomo sarà sempre chiamato a difendere sé stesso i suoi affetti e il suo mondo da eventi devastanti. Esistono molte descrizioni di reazioni umane, risalenti a epoche diverse, descrizioni che ci consentono di conoscere eventi e sconvolgimenti che ne sono derivati. Vi sono due importanti testimonianze relative a eventi sismici straordinari:  il primo è un documento di Seneca del 65 d.C. denominato “Il Terremoto” che scrive rivolgendosi a Lucilio e in cui descrive gli scenari umani, sociali e ambientali, causati dal terremoto che aveva sconvolto la Campania e Pompei.  Il secondo è di Placanica sui documenti relativi al terremoto calabro-messinese (1783). 1. Il terremoto che colpì la Campania nel 62 d.C. [1] O Lucilio… abbiamo sentito dire che Pompei, frequentata città della Campania… è sprofondata a causa di un terremoto che ha devastato tutte le regioni adiacenti, e … ha devastato con gravi distruzioni la Campania, regione che non era mai stata al sicuro da questa calamità e che ne era sempre uscita indenne, anche se tante volte morta di paura… A questi danni se ne aggiungono altri… alcuni dopo questi fatti sono andati errando con la mente sconvolta e non più padroni di sé…. Bisogna cercare modi per confortare gli impauriti e per togliere il grande timore. Infatti, che cosa può sembrare a ciascuno di noi abbastanza sicuro, se il mondo stesso viene scosso e le sue parti più solide vacillano?... dove si acquieteranno le nostre paure? Quale rifugio troveranno i corpi, dove si ripareranno, se la paura nasce dal profondo e viene dalle fondamenta? [5] Lo sbigottimento è generale, quando le case scricchiolano e si annuncia il crollo… Che cosa ti può essere non dico di aiuto, ma di conforto, quando la paura ha perso ogni via di scampo? Comprendiamo così la paura degli eventi straordinari e la necessità di intervenire. E se pensiamo che questa osservazione ci vengono da uno studioso che parlava del comportamento umano nelle emergenze nel 65 d.C., non possiamo che apprezzarle, riconoscerne la assoluta fondatezza e rilevarne la piena validità ancora oggi. Molto diversa la descrizione delle reazioni umane nelle calamità fatta da Placanica nel 1985 dei documenti relativi al terremoto calabro messinese del 1783. Dobbiamo ricordare che la Placanica esamina documenti relativi ad un evento sismico che ha causato almeno 30.000 vittime e quindi un evento di estrema importanza, che ha sconvolto l’ambiente, il sistema sociale e gli uomini, questo può far apparire le sue rilevazioni, per certi versi, estreme. 1.2 Nascita e Sviluppo della Disaster Psychology 1 Saranno gli anni 60 quelli in cui si inizieranno a vedere dei veri e propri cambiamenti nel modo di gestire e concepire le emergenze collettive. Fino a poco prima l’atteggiamento era quello che si può definire come “concezione economica” del disastro che consisteva nell’esame dell’evento calamitoso in relazione ai danni alle cose e alle persone. Quindi la valutazione degli effetti della calamità sulle persone e sul tessuto sociale erano completamente assenti. Gli studi di From, Nosow e Fritz favorirono l’affermarsi di un nuovo modo di pensare l’evento disastroso, conosciuta come “concezione economico psicosociale” perché misero in piena luce gli effetti che gli eventi emergenziali hanno a breve, medio e lungo termine sull’individuo e sul tessuto sociale. Gli studi dimostrarono che tanto l’individuo quanto il tessuto sociale subivano dei cambiamenti significativi e questo portò a cambiare il concetto di disastro e le modalità di intervento in situazione di emergenza. La tutela dell’equilibrio psichico delle persone coinvolte e della funzionalità del tessuto sociale, ai fini della crescita e della salute psichica degli individui, sono diventate progressivamente gli obiettivi prevalenti dell’intervento. Dagli anni 70 in poi vennero studiate le reazioni delle persone coinvolte nelle emergenze in base alla loro personalità, alle fasce di età, al livello di integrazione sociale, alle condizioni psichiche precedenti l’evento emergenziale. Il contributo sempre più importante della psicologia nella tutela del benessere individuale e collettivo in situazioni di emergenza ha formato un corpo dottrinale che nei paesi anglosassoni prendeva il nome di Disaster Psychology. Nuove ricerche in ambito psicosociale nel corso degli anni 80 misero in luce che la reazione delle comunità colpite tendono ad andare incontro a differenti fasi di reazione che si succedono in maniera simile in tutti casi, a prescindere dal tipo di evento emergenziale. Gli stadi attraverso cui le popolazioni colpite passano sono: 1. fase eroica; 2. fase della luna di miele; 3. fase di disillusione; 4. fase di ristabilizzazione. Ogni fase presenta delle specificità rispetto a ciò che i membri della comunità vivono dentro di sé. Sempre negli anni 80 si ha Crisis Intervention Program che mirava a: o Neutralizzare l’impatto degli eventi stressanti collettivi; o Sull’individuo e sulla collettività; o Ripristinare il positivo funzionamento delle vittime; o Ripristinare il positivo funzionamento sociale. Con questi nuovi contributi, la psicologia dei disastri aveva raggiunto quella maturità disciplinare che consente di intervenire secondo protocolli e prassi da verificare, confrontare e condividere. La Disaster Psychology era nata e andava rapidamente sviluppandosi. Negli Stati Uniti, gli interventi di assistenza psicologica smettono di dipendere nel 1974, con l’approvazione della legge federale sul soccorso delle catastrofi e particolarmente utili sono stati le reazioni psicologiche dei soldati americani impegnati nella guerra del Vietnam. A seguito di questi studi in tutte le divisioni dell’esercito statunitense vennero istituite l’unità di combat stress control, in cui operavano psichiatri e psicologi per proteggere i soldati dello stress da combattimento e quindi dal disturbo post traumatico che ne poteva derivare. 2 che ai cittadini. 7. Triage , il suo utilizzo determina un salto di qualità e di organizzazione nello svolgimento degli interventi di assistenza psicologica nelle emergenze. Il triage è l’insieme dei criteri su cui l’operatore si basa per classificare i soggetti in classi di priorità e per indicare il tipo di invio del paziente alle strutture sanitarie. 1.5 Psicologia dell’emergenza, stato dell’arte Pianificazione degli interventi devono seguire a:  Attività di previsione , ossia lo studio dei rischi a cui lo specifico territorio è soggetto;  attività di prevenzione , redigendo un piano d’emergenza tesa a prevenire e ridurre al minimo i danni alle persone alla comunità;  attività di soccorso , ossia l’assistenza alle persone coinvolte dall’evento emergenziale. Molteplicità degli scenari possono suddividersi in:  Eventi naturali , determinati da fenomeni della natura: eruzioni, terremoti, alluvioni;  eventi antropici , derivanti dall’azione dell’uomo: attentati terroristici, rivoluzioni, incidenti ferroviari aerei, dispersione di sostanze tossiche, grandi eventi politici - religiosi - agonistici – ricreativi.  eventi antropici-naturali , ossia quella categoria di gravi eventi in cui l’intervento dell’uomo crea condizioni che rendono disastrosi eventi naturali (disboscamento, dighe, modifiche antropiche). Peculiarità e finalità specifiche dell’intervento di assistenza psicologica nell’emergenze collettive Si fa riferimento a quali sono le caratteristiche che deve avere l’intervento psicologico in emergenza e qual è il principale obiettivo degli interventi successivi alla calamità. Questo è ristabilire l’equilibrio della comunità colpita, tenuto conto che gli interventi sono rivolti prevalentemente a persone “normali” che reagiscono normalmente ad una situazione anormale, e all’identificazione delle persone che rischiano di incorrere in menomazioni psicologiche o sociali gravi a causa dello shock della calamità. Va precisato che una grave emergenza naturale o tecnologica può certamente innescare cambiamenti improvvisi dell’umore del comportamento valida richiede un’attenzione clinica, generalmente le reazioni anormali però non sono indicative né dell’esistenza di un disturbo psichiatrico sottostante né della necessità di un intervento farmacologico. Non va dimenticato, però che un intervento psicologico in situazione di calamità deve necessariamente comprendere anche l’individuazione, la valutazione e il trattamento di quelle persone che a causa dello stress determinato dalla calamita, presentano un peggioramento dei sintomi psicopatologici preesistenti. L’intervento psicologico in situazione di emergenza si gioca molto di una buona capacità di instaurare rapidamente un contatto e di entrare facilmente in relazione, Perché queste capacità consentono di effettuare le prime valutazioni, Tenuto conto che gli operatori non fanno psicoterapia, piuttosto affrontano questioni pratiche, utilizzando tecniche psicoeducative per illustrare ai superstiti le reazioni di stress e i metodi per gestirle. Effettuando una precisazione, sono tre le categorie di disturbi psichici con cui ci si può confrontare durante gli interventi: disturbi indotti dall’emergenza, disturbi acuiti dall’emergenza, disturbi riattivati dall’emergenza. 5 Articolazione dell’intervento in base alle fasi dell’evento Esperienza e ricerca hanno messo in evidenza come si debba pensare all’intervento come quella specifica fase dell’evento emergenziale e deve avere gli obiettivi di quella fase, perseguiti con gli strumenti adatti. Le fasi in cui l’evento emergenziale viene articolato sono: o impatto; o riorganizzazione o ricostruzione oppure: o emergenza o post emergenza o ristabilizzazione Tipologia di interventi Sono quattro le tipologie che si possono distinguere:  Interventi terapeutici il cui scopo è rivolto all’individuo ma può svolgersi anche in gruppo, la sua finalità è comunque la riduzione della sofferenza e della malattia psichica individuale.  Interventi psicosociali rivolto ad una comunità mira soprattutto a ricostruire le forme di convivenza comuni e a favorire il benessere di quella particolare ecologia e cultura.  Interventi psico educativi mirano a fornire informazioni che possono essere utili al singolo individuo, anche se l’attività pratica può essere condotta in gruppo.  Interventi di formazione è rivolto a tutte le figure che hanno un qualche ruolo nella riduzione e nella gestione di un disastro, piccolo o grande che sia. Tutela della salute psicofisica del soccorritore Tra i compiti della psicologia dell’emergenza di tutelare i soccorritori che sono tra le persone maggiormente a rischio di sviluppare disordini psichici nelle situazioni di emergenza, tanto che sulla scala dei livelli di vittimizzazione, che si articola in sei livelli, il soccorritore è collocato al terzo livello, subito dopo le vittime dirette di primo livello, ed i parenti delle vittime di secondo livello Tutela della salute psicofisica nelle emergenze individuali Alla psicologia dell’emergenza collettiva va affiancato anche il settore della psicologia dell’emergenza individuale, settore che si occupa di eventi traumatici che colpiscono: persone che subiscono direttamente l’evento traumatico; persone che assistono all’evento traumatico che subisce un’altra persona; persone che vengono a conoscenza di eventi gravi occorsi a persone care. Gli ambiti principali in cui possiamo riunire gli eventi traumatici individuali sono essenzialmente due:  gravi eventi esistenziali : violente aggressioni fisiche, errori giudiziari, sequestro di persona, gravi incidenti stradali o sul lavoro, sfruttamento fisico o/e sessuale;  gravi situazioni cliniche : venire a conoscenza della morte di una persona cara, venire a conoscenza che ad una persona cara è stata fatto la diagnosi di un male incurabile, vivere 6 nell’imminenza della propria morte. Possiamo concludere dicendo che la psicologia dell’emergenza si compone di due diversi comparti, quello individuale e quello collettivo, ossia quello dei primi soccorsi sanitari e quello delle grandi organizzazioni internazionali. È come se si trattasse di due possibili estremi di una linea continua. Possiamo dire quindi che la psicologia dell’emergenza consiste nel prendersi cura delle persone che hanno attraversato o stanno attraversando un evento drammatico, con il rischio di vita personale o con la presenza reale di morte e distruzione di altri. CAP. 2 IL PRIMO COLLOQUIO IN EMERGENZA 2.1 Introduzione L’elaborazione della traccia atta a guidare un primo colloquio in emergenza prende avvio durante un laboratorio nel 2007, aveva l’obiettivo di individuare le specificità del primo colloquio approfondendo le modalità di addestramento operativo attraverso le videoregistrazioni. Lo schema individuato è stato applicato a tutti gli interventi emergenziali. 2.2 Il pronto soccorso psicologico Il colloquio è uno dei principali strumenti della cassetta degli attrezzi dello psicologo e dovrebbe trovare un’adeguata valorizzazione all’interno della progettazione dell’assistenza psicosociale alla popolazione già nelle primissime fasi. Le ricerche hanno dimostrato come l’atto di portare alla mente il ricordo di un trauma sia frutto di influenze operanti nel presente Inoltre intervenire nella fase di codifica, consolidamento, immagazzinamento e primo recupero dell’esperienza traumatica significa avere la possibilità di operare sull’esperienza soggettiva del ricordo prima che i contenuti traumatici si siano cristallizzati. È importante avere la possibilità di essere pienamente riconosciuti rispettati perché chi non è accolto come persona col medesimo valore e la medesima dignità è completamente ferito. 2.3 Il colloquio vs il colloquio in emergenza La differenza sostanziale fra i due colloqui riguardano il setting e gli obiettivi. In ambito emergenziale, la persona da soccorrere viene raggiunta dallo psicologo direttamente sul luogo, l’intervento di assistenza psicologica viene offerto dai soccorritori come ogni altro intervento emergenziale. L’assenza di una situazione ambientale controllato come quello dello studio non è di ostacolo e permette di perseguire quegli importanti obiettivi di primo soccorso, un setting quindi interno elastico ma anche solido contenitore di pensieri ed emozioni spesso inenarrabili. Un’attenta formazione clinica, teorica e pratica, e un’attenta valutazione delle attitudini dello psicologo a operare in questo campo, saranno importanti fattori per l’efficacia dell’intervento. 2.4 Condurre il primo luogo in emergenza Obiettivo del colloquio sono stabilizzare, prevenire altri micro/macro traumi che possono avvenire a ridosso dell’evento. Il primo approccio alla vittima deve sempre essere preceduto da una 7 La moderna concezione del triage si delinea negli anni 60-70 negli Stati Uniti, dove ogni cittadino stipulava una copertura assicurativa per ricevere le cure mediche. Moltissime persone, non avendo la possibilità economiche per una copertura assicurativa, si recavano al pronto soccorso per ricevere le cure gratuite, infatti ogni pronto soccorso era in condizioni di sovraffollamento. In Italia, per poter raggiungere lo stesso obiettivo, nel 1966 sono state emanate le “Linee Guida per il sistema emergenza- urgenza”, dov’è previsto la funzione di triage come primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti in conformità a criteri definiti che consentono di stabilire le priorità d’intervento. Sia il triage medico che quello psicologico si fondono, sulla necessità di far fronte con risorse umane limitate a richieste di assistenza formulate da numerose persone e contemporaneamente di separare chi ha più urgenza di ricevere una visita da chi ne ha meno. Un’altra osservazione è che in nessun caso il triage sostituisce l’intervento, infatti esso non è la cura ma il processo per decidere l’urgenza. Concetto e obiettivo del triage psicologico. Per introdurre il concetto di triage è opportuno partire da come lo definisce la norma “il primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti in base a criteri definiti che consentano di stabilire la priorità di intervento”. Quindi il triage è un intervento di prima accoglienza e valutazione dei pazienti, accertando il bisogno di assistenza, individuando il livello di differibilità/indifferibilità del trattamento e determinando l’ordine di accesso alle cure psicologiche, assegnando una specifica classe di priorità. Quanto più è elevata la classe di priorità tanto più sarà necessario trattarlo con urgenza. Il triage psicologico è quindi un processo accoglitivo-valutativo-decisionale che consente al paziente procedure uniformi, articolate in momenti successivi e ben definiti: a. accoglienza (disponibilità, empatia, rassicurazione) b. riconoscimento (dei segni, dei sintomi) c. attribuzione (del codice di priorità) Dunque il triage è quel processo attraverso cui si arriva a stimare l’urgenza per quel soggetto. Alla stima del bisogno di assistenza fatta attraverso la procedura nei confronti di coloro che necessitano di un trattamento urgente prenderanno avvio le attività di supporto con i terapeuti preposti, chiamata attività di trattamento, che si attuerà nell’ambito della relazione di aiuto. Differenze tra triage psicologico, screening e psicodiagnosi Le loro differenti finalità li caratterizzano e li distinguono completamente, pur essendoci tra loro affinità procedurali.  Il triage psicologico non deve essere affatto considerato un atto o un processo psicodiagnostico, va considerato come un processo valutativo che mira a individuare chi ha bisogno di intervento psicologico urgente. È un processo che permette la stima ella differibilità/indifferibilità dell’intervento, non ad una diagnosi (questa verrà effettuata successivamente da coloro che prenderanno in carico le persone che presentano un quadro psichico con i caratteri dell’urgenza clinica). Quindi il triage psicologico è un processo preliminare all’effettuazione della diagnosi e all’esecuzione della terapia psicologica essendo assente attività volte alla definizione del quadro psicodiagnostico. 10 Un’altra motivazione per la quale dobbiamo distinguere il triage psicologico da quello psicodiagnostico è nella natura stessa del triage. Il triage psicologico ha la tendenza a fotografare la situazione e valutarne la potenzialità educativa, con tali processi ha così un indice di variabilità molto diverso da quello dei quadri psicodiagnostici, che sono più stabili e costanti. Potremmo addirittura dire che i due processi mirano ad obiettivi differenti: il triage tende a cogliere quanto di variabile ed evolutivo caratterizza il quadro psichico in quel momento; mentre il processo psicodiagnostico tende a rilevare quanto di stabile e strutturale sembra caratterizzare quello specifico quadro psichico in quel preciso istante. Riassumendo: la psicodiagnostica mira a delineare un quadro psichico, il triage a tutelare il quadro psichico, ossia a rilevare se è urgente o no e quindi se è differibile o indifferibile il bisogno di ricevere diagnosi e trattamento.  Molto diversa da quella del triage è la finalità degli screening, che si effettua su persone che al momento non mostrano nessuna urgenza di trattamento, ma rispetto alle quali noi supponiamo che, per effetto di ciò che hanno vissuto in situazioni di emergenza, potrebbero sviluppare in tempi successivi alcune difficoltà psicologiche correlate all’evento emergenziale vissuto. Quindi un’attività verso coloro che non presentano al momento un bisogno manifesto di trattamento, ma per le quale temiamo che potrebbe sorgere successivamente il bisogno di ricevere un trattamento. Possiamo quindi dire che lo screening viene utilizzato per monitorare ampie fette della popolazione, allo scopo di individuare chi, in base a ciò che ha vissuto, alla sua personalità e a vaghi segni e sintomi privi di rilievo clinico, in futuro potrebbe avere bisogno di interventi di salute mentale. Inoltre le procedure di screening possono avere luogo solo in un secondo momento, ossia dopo l’erogazione degli interventi di primo soccorso. Necessità del triage psicologico L’importanza di tale processo si coglie se consideriamo che in situazioni di emergenza si crea la sproporzione tra quanti superstiti chiedono aiuto e quanti psicologi possono intervenire per fornirlo. Poiché nelle grandi emergenza spesso ci si trova in situazione di dover distribuire una quantità limitata di risorse ad un elevato numero di pazienti. Il triage va visto come una necessaria competenza da acquisire, che deve riguardare tutti gli psicologi e soprattutto quelli che si occupano di emergenze collettive, o che coinvolgono molte persone. Poiché anche se lo psicologo non fosse formato al triage, in situazione di emergenza, dovrebbe comunque decidere a chi dare assistenza per prima e a chi dopo, e quindi dovrebbe comunque effettuare delle scelte, delle selezioni, ovvero un triage, ma in maniera improvvisata. Aspetti conflittuali del triage nelle grandi emergenze Il triage è una disciplina che si deve adattare a tante diverse esigenze e situazioni: geografiche, ambientali, logistiche e organizzative. È evidente che non si può parlare semplicemente di triage, ma di triage di soccorso nelle grandi emergenze militari e civili, con finalità diverse da quelle ordinarie, volte a fronteggiare realtà completamente differenti. Un risvolto importante è che nel triage medico da grande emergenza si dà precedenza a chi rischia la vita e nell’effettuazione del triage psicologico delle grandi emergenze non mancano momenti e situazioni simili, poiché in momenti che potrebbero risultare molto difficili, di fronte a quadri clinici di 11 particolare gravità, si richiede l’invio della vittima in strutture dove è possibile ricevere interventi di assistenza psicologica più mirati; di fatto l’allontanamento della vittima dei parenti e dal suo territorio da usare vissuti conflittuali angoscianti risultando molto lesivo. Ci si trova di fronte anche a casi di particolare gravità psicologica, come ad esempio superstiti (particolarmente depressi e non in grado di badare a sé stessi), e dovendo provvedere, d’intesa con il direttore dei soccorsi sanitari ad organizzare l’invio di queste vittime in strutture più attrezzate per fornire supporto psicologico, ma lontane dal luogo dell’evento, bisogna tenere conto degli aspetti di conflittualità e disagio che si causano nelle vittime, nei parenti e negli operatori. È evidente che senza i criteri per il triage psicologico nelle catastrofi ogni azione tesa a valutare il bisogno intervento e ogni decisione per rendere possibile sarebbe molto più difficile. Il triage psicologico in Italia fino al 2006 Le primissime Linee generali di programmazione del soccorso sanitario delle grandi emergenze promulgate nel 1993 affermavano che: “Nella primissima fase si devono soccorrere e sedare le persone in preda a stati di agitazione che possono diventare punti di partenza di attacchi di panico individuali e collettivi, che possono propagarsi per imitazione e suggestione se i primi soggetti non vengono soccorsi più presto” Qualche anno dopo il contributo di Morra sottolinea che anche il migliore sistema di soccorso può fallire, se non si riserva un’adeguata attenzione alle persone con disturbi psicologici che presentano situazione clinica in atto. Occorre prestare attenzione a:  psicotici;  pazienti con precedenti psichiatrici gravi;  nevrotici gravi;  soggetti “catalizzatori” ovvero soggetti con forte fragilità emotiva capaci di innescare una reazione di panico collettivo. In seguito ad un convegno internazionale nel 2001 si è venuto a conoscenza che i colleghi francesi disponevano di schede prestampate e criteri predefiniti, di procedure concordate, che consentivano loro di osservare il paziente, di valutarne il bisogno di assistenza, di fornire un primissimo momento di supporto, ove possibile, e di smistare rapidamente le persone verso consultori o centri di aiuto alle vittime, oppure di rimandare alla persona al suo domicilio perché le sue condizioni psichiche non richiedono un trattamento urgente. L’apice lo raggiungiamo perché arrivano agli psicologi italiani dell’emergenza nuovi stimoli relativi al triage, È necessario attendere il 2003, anno in cui compaiono i contributi due autori italiani: Furlan e Napoli. Furlan redige degli elenchi di sintomi che possono essere riuniti all’interno della stessa classe di priorità – ad es. Classe di Priorità 3 (Grave): reazione confusionale, stato delirante acuto, alterazioni del 12 destabilizzato. L’ambiente comunicativo instabile è caratterizzato da:  una situazione estremamente fluida, dove le notizie, i bisogni, i protagonisti e i destinatari della comunicazione sono in continua evoluzione;  una maggiore emotività del pubblico a causa dello stress;  una minore ricettività del pubblico a causa dell’intasamento dello spazio comunicativo da parte di numerose fonti;  un accesso limitato ai fatti, con la difficoltà di identificare e contattare fonti informative affidabili e aggiornate;  la presenza di voci, pettegolezzi, speculazioni, supposizioni e inferenze. In quest’ambiente “instabile” diviene assolutamente prioritario introdurre informazioni “mirate” sia nei contatti con le vittime, individuali e di gruppo, sia nel rapporto con i referenti istituzionali e con i media. Obiettivi della comunicazione in situazioni di crisi La comunicazione di crisi è un processo interattivo di scambi di informazioni e opinioni che coinvolge messaggi multipli circa:  la natura della crisi;  l’espressione di preoccupazioni e di opinioni;  le reazioni ai messaggi di crisi;  i supporti legali e istituzionali. La regola cardine della comunicazione è: primo non danneggiare Gli obiettivi della comunicazione di crisi efficace sono:  prevenire o modificare risposte pubbliche non efficaci;  prevenire o modificare risposte ansiogene o dannose;  rafforzare la fiducia e la sicurezza. Destinatari della comunicazione in situazione di crisi I destinatari sono principalmente: 1. le vittime: con loro la comunicazione viene fatta in modo diretto, attraverso incontri strutturali, e indiretto attraverso la creazione/distribuzione di materiale informativo. Nella comunicazione con le vittime diventa necessario individuare:  un responsabile della comunicazione  le risorse umane da affiancare al responsabile  predisporre l’organizzazione e la pianificazione degli strumenti 2. le istituzioni in cui la comunicazione può essere sviluppata secondo due tipologie: la comunicazione intra-istituzionale, da attuare all’interno del sistema di soccorso; la comunicazione inter-istituzionale da attuare tra le diverse realtà che si occupano dell’assistenza 15 della vittima. 3. i mass media con cui la comunicazione può essere veicolata attraverso la realizzazione di interviste e quindi i media possono essere coinvolti mediante la realizzazione di incontri pubblici o conferenze stampa. Comunicare prima, durante e dopo una situazione di crisi Comunicare efficacemente durante una situazione di crisi richiede:  Pianificazione: pianificare in maniera efficace vuol dire porsi alcune domande e trovare le risposte più adeguate.  Preparazione: le persone falliscono sempre nel comunicare a causa della mancanza di obiettivi comunicativi che devono essere stabiliti prima di lasciare qualsiasi commento pubblico  capacità di gestire il flusso delle informazioni  comprensione dei protocolli di comunicazione. Bisogna poi stabilire quale obiettivo comunicativo sia prioritario e quali invece possono essere perseguiti in un secondo momento. Bisogna rassicurare i superstiti o bisogna far sì che adottino dei comportamenti particolari? Oppure nelle prime comunicazioni bisogna perseguire un altro obiettivo? È quindi l’obiettivo considerato cruciale che determina il contenuto del messaggio iniziale. Incontri pubblici A seguito di una maxi emergenza occorre organizzare incontri con superstiti per fornire indicazioni utili. Per preparare l’incontro occorre:  conoscere il pubblico: chi sono, da dove vengono, che interessi hanno, cosa pensano.  Preparare una presentazione introduttiva: è importante ricordare che l’empatia percepita è valutata dal pubblico nei primi 30secondi, quindi una forte presentazione introduttiva è di fondamentale importanza.  Sviluppare un massimo di 3 messaggi chiave: sono dei punti che si vuole che il pubblico tenga a mente dopo l’incontro.  Preparare una dichiarazione riassuntiva a conclusione dell’incontro: bisogna riaffermare i punti chiave.  Organizzare i dati a supporto dei messaggi: è importante servirsi dei supporti audiovisivi per rendere i messaggi più chiari.  Prepararsi a rispondere alle domande: poiché se si conosce il soggetto della comunicazione e il pubblico, la maggior parte delle domande possono essere anticipate. Quindi riuscire a gestire situazioni di ostilità in maniera efficace può dare fiducia e credibilità Interviste e conferenze stampa Le interviste rappresentano un’ottima occasione per diffondere informazioni utili e per chiarire aspetti legati al proprio intervento. Inoltre rappresentano un’ottima occasione per raggiungere superstiti che non hanno ricevuto informazioni sui servizi. Durante un’emergenza i media sono molto presenti e attenti quindi è molto probabile che chiedano un’intervista o una dichiarazione a chi si sta occupando del supporto psicosociale delle vittime. 16 Il rapporto con i mass media è carico di insidie ma è anche un’opportunità per migliorare la qualità dei servizi. La regola è solo quella di non dire ciò che non vuoi sia pubblicato nella prima pagine del giornale. Occorre così prestare attenzione al momento che precede l’intervista, al momento stesso dell’intervista e al dopo intervista. Se ci sono delle imprecisioni, bisogna telefonare al giornalista che ha fatto l’errore. 17
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