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Dalla 2a Riv. Industriale all'Età Giolittiana, Dispense di Storia

Viene trattata la seconda rivoluzione industriale, la società di massa e il darwinismo, l'irrazionalismo filosofico, la belle epoque, il sionismo e l'affare dreyfus e infine l'età giolittiana

Tipologia: Dispense

2023/2024

Caricato il 29/06/2024

erikadocsity274
erikadocsity274 🇮🇹

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Scarica Dalla 2a Riv. Industriale all'Età Giolittiana e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE A partire dal 1870 si assiste ad uno sviluppo economico e sociale tale da dare avvio alla Seconda rivoluzione industriale, le cui caratteristiche principali sono: -il ruolo della scienza: nel passato le innovazioni erano dovute soprattutto a geniali intuizioni di persone spesso prive di istruzione; ora tutte le scoperte e le invenzioni sono frutto di ricerche scientifiche; -le nuove fonti di energia: si diffonde l’utilizzo dell’energia elettrica e della combustione a petrolio; -la nascita di monopoli e oligopoli: molti settori produttivi si concentrano nelle mani di un solo grande imprenditore o di pochi imprenditori associati; -l’organizzazione scientifica del sistema produttivo: la catena di montaggio diventa il simbolo della nuova produzione in serie dei beni materiali; -il sorgere della società di massa e il nuovo ruolo dello Stato: la società diventa “di massa” nel senso che gli individui che la costituiscono consumano gli stessi prodotti, partecipano agli stessi avvenimenti, ecc., nel contempo gli Stati sono sempre più presenti nel sistema economico e si evolvono in senso democratico, grazie all’estensione del diritto di voto ed alla nascita dei partiti di massa. La Seconda Rivoluzione Industriale è quindi un insieme di processi innovativi, quali invenzioni, scoperte, brevetti, innovazioni tecniche, sinergie (il modo in cui 2 entità funzionano insieme→ finanza+industria)... Si formarono numerose scuole di formazione scientifica per preparare personale altamente specializzato in grado di dirigere produzioni industriali sempre più complesse. La figura dell’inventore viene sostituita con quella degli scienziati e degli ingegneri, figure professionali competenti sia nelle discipline tecniche sia in quelle scientifiche. Si diffondono nuove fonti di energie: l’elettricità e petrolio. L’elettricità introdusse una rivoluzione della vita quotidiana, nelle case, nelle città e nelle fabbriche, dove la produzione, che avveniva in luoghi chiusi, non era più vincolata dalla luce naturale e perciò si poteva produrre senza interruzione, di giorno e di notte. Il petrolio, combustibile ad alto rendimento e facilmente trasportabile, consentì l’enorme sviluppo del motore a scoppio. Le industrie ovviamente beneficiarono di tutte queste invenzioni, soprattutto quella manifatturiera, siderurgica, chimica, telefonica, automobilistica e aeronautica. Ind. Siderurgica: viene inventato l’acciaio (lega tra carbone e ferro) con gli altoforni, attraverso cui era possibile regolare la percentuale di carbonio nel ferro: infatti, se la percentuale di carbonio è pari al 2% si ottiene l’acciaio, un materiale meno fragile, duttile e più resistente, mentre se è superiore al 2% si ottiene la ghisa. L’acciaio inoltre è un materiale di ottima qualità che può avere diversi impieghi e la sua produzione crebbe del 3000% nell’ultimo 30ennio dell’800. L’Alluminio (1886) è una lega a base di bauxite, molto più leggera, duttile e poco resistente, ma che ha molti vantaggi pratici. Ind. Elettrica: la possibilità di disporre facilmente di energia produrrà notevoli applicazioni nelle case e per le strade, in particolare grazie all’invenzione della lampadina di Edison (1879). L’elettricità ebbe effetti positivi sia nel mondo lavorativo, sia in quello sociale, in quanto l’illuminazione elettrica delle strade rese le città vivibili anche di notte. Anche per quanto riguarda i trasporti si realizzò una vera e propria rivoluzione dei trasporti: -si elettrificarono le macchine; -la navigazione a vapore superò quella del naviglio a vela; -nel 1869 venne aperto il canale di Suez, che collegava Mediterraneo e Mar Rosso (Asia); -a ferrovia continuò ad espandersi, raggiungendo anche le “periferie” industriali del pianeta. Anche le comunicazioni cambiarono radicalmente: prima con l’invenzione del telegrafo elettrico, in cui i segnali venivano trasmessi seguendo un codice convenzionale, e poi con il telefono, un apparecchio inventato dall’italiano Antonio Meucci (1857) ma brevettato a suo nome da Graham Bell solo nel 1871, che permetteva di comunicare a grande distanza e in tempi brevissimi. L’invenzione della fotografia, anche a colori, portò alla nascita del cinematografo che permise la visione di immagini in movimento (fratelli Lumière, 1895). Ind. Chimica: la chimica permise la fabbricazione di nuovi materiali come l’alluminio, i coloranti artificiali, i concimi, i farmaci e nuove armi. In questo periodo si scoprì che attraverso la fissione nucleare di un atomo era possibile generare un’arma di distruzione letale come la bomba atomica. Inoltre vennero progettate delle armi chimiche (gas velenosi o urticanti) che però erano di difficile applicazione in quanto potevano causare danni all'esercito che le utilizzava. Nell’edilizia si diffuse l’uso dell’acciaio e del cemento armato (più resistente) e fu possibile costruire i primi grattacieli (a Chicago), nuovi ponti, solai e capannoni. Ind. Manifatturiera: grazie all’illuminazione, l’industria crebbe del 400% negli ultimi 40 anni dell’ ‘800 poiché era appunto possibile prolungare il tempo di lavoro degli operai e poiché gran parte del loro lavoro era sostituito da quello delle macchine. Ind. Meccanico-automobilistica: viene ideato il primo motore a scoppio che garantiva innumerevoli vantaggi per gli spostamenti. TAYLORISMO: Nel 1911 l’ingegnere F. Taylor formulò una teoria dell'organizzazione scientifica del lavoro che aveva come obiettivo l’innalzamento della produttività del lavoro e la riduzione/ annullamento di tutti i fattori di disturbo (tempi morti nelle fasi di lavorazione, pause…). Venne introdotta una rigida divisione del lavoro sulla base che per organizzare il lavoro occorreva scomporre il più possibile il processo di produzione di un determinato oggetto. Tale scomposizione permetteva di: -organizzare e fissare i movimenti da compiere e i tempi di lavorazione; -organizzare la fabbrica secondo criteri di efficienza produttiva; -legare i salari degli operai agli effettivi risultati ottenuti: è il cosiddetto ‘lavoro a cottimo’, in cui lo stipendio di un lavoratore si calcola in base alla quantità della produzione e non in base alle ore lavorate. Ogni mansione del processo produttivo viene scomposta in azioni lavorative elementari che potevano essere svolte in pochissimo tempo. La convinzione di Taylor è che la ripetitività e la semplicità dell’azione permettano ad un lavoratore, anche non qualificato, di raggiungere livelli di specializzazioni tali da consentirgli la massima efficienza. In questo modo Taylor ha posto le basi della catena di montaggio, dove ogni lavoratore esegue lo stesso compito un’infinità di volte senza fare errori. I risultati di questa teoria furono la diminuzione del numero dei lavoratori con conseguente abbassamento del costo della manodopera, ma al tempo stesso un aumento dei salari, reso possibile dall’aumento della produzione. Le conseguenze di questa teoria furono invece: -la rigidità della mansione da svolgere del lavoratore, il quale aveva imparato a svolgere solo un piccolo compito ripetuto all’infinito, e si sentiva disorientato al minimo cambiamento di produzione; -l’alienazione, causata dalla condizione psicologica nel quale è tenuto il lavoratore, costretto a compiere medesimi gesti per ore e ore. Il lavoro svolto, oltre a non permettere la visione del risultato finale del prodotto, veniva vissuto con disinteresse e senza alcuna voglia di migliorare o evolversi. Inoltre, Darwin sosteneva che tutte le specie, comprese quella umana, fossero in relazione tra loro: si sarebbero evolute e differenziate solo per effetto della selezione naturale. Contro il darwinismo si sviluppò una furiosa polemica da parte delle autorità religiose che vedevano negate alcune delle principali dottrine trasmesse dalla Bibbia sull’origine dell’uomo. Da qui nasce il darwinismo sociale, ossia l’applicazione della teoria dell’evoluzione in senso utilitaristico, quindi utilizzata per giustificare teorie sociali e politiche diverse tra loro. Il darwinismo sociale ha due interpretazioni: -la prima è piuttosto razzista e militarista; -la seconda è più improntata sul progresso dell’umanità. Secondo la prima interpretazione, veniva legittimata la guerra, come se essa avesse uno scopo di selezione naturale: la guerra consentiva infatti di eliminare gli elementi più deboli della società e di costruire a livello internazionale una gerarchia di stati e razze, con a capo i più forti. Secondo la seconda interpretazione, l’evoluzione non si basava solo sulla selezione naturale, in quanto man mano che si sale nella catena evolutiva, gli animali hanno sviluppato la capacità di aiutarsi reciprocamente. Il socialismo in Francia sorse in risposta alla questione sociale a seguito delle prime rivolte operaie: esso rivendicava una società giusta, caratterizzata da un’equa distribuzione della proprietà e della ricchezza. Occorre per i socialisti la limitazione o eliminazione del diritto di proprietà (che sia il socialismo scientifico che utopistico ritenevano fosse alla base dell’infelicità dell’uomo), e la solidarietà tra i lavoratori contro l’individualismo liberale. In Francia il socialismo si ispirava al pensiero di Rousseau e alle aspirazione egualitarie della rivoluzione del 1789. Per quanto riguarda il RAZIONALISMO CRITICO, esso vede i suoi maggiori esponenti in: -Joseph Proudhon, un anarchico socialista che aveva un’impostazione utopista (socialismo ideale). Nella sua opera più nota ‘Che cos’è la proprietà?’ (1840) sostenne che la proprietà è un furto, poiché chi detiene un bene economico ne fa uso a proprio vantaggio e a danno della collettività, generando ingiustizie. A questo proposito fece una distinzione tra proprietà e possesso: - il possesso, inteso come un bene privato, frutto del proprio lavoro; - la proprietà, intesa come possesso di beni pubblici da cui poi nascono ingiustizie, come le fabbriche, i latifondi o le miniere.. Proudhon auspicava un’anarchia positiva, cioè una società di individui fondata sull’autogestione politica ed economica (anarchia costruttiva) in cui lo Stato è assente. -Marx ed Engels: due filosofi tedeschi che pubblicarono nel 1848 il ‘Manifesto del Partito Comunista’, contenente una nuova interpretazione del socialismo, diverso da quello utopistico di Proudhon. Decidono di teorizzare scientificamente il socialismo (socialismo scientifico→ più strutturato e basato su un’analisi oggettiva della società), gettando così le basi del comunismo, che è l’espressione compiuta di questa corrente. Nell’opera ‘Il Capitale’ del 1867 invece, viene fatta una critica alla società capitalistica borghese che, oltre a basarsi sull’accumulo del capitale, è ingiusta, in quanto il proletariato viene sfruttato dai borghesi, che detengono la proprietà dei mezzi di produzione. Il salario che gli viene corrisposto, infatti, non corrisponde alla ricchezza che crea con il proprio lavoro, ma solo a quanto gli è indispensabile per sopravvivere. Questa differenza è chiamata da Marx plusvalore e rappresenta il profitto del capitalista. Il lavoratore inoltre viene visto solo come una merce e ciò genera una certa alienazione, una privazione della propria libertà. La Storia ha quindi affidato al proletariato il compito di liberare l’intera umanità, abolendo la proprietà che è il simbolo dell’oppressione e della divisione tra classi. Per fare ciò, è necessario che il proletariato sovverta la borghesia, instaurando la dittatura del proletariato, tramite una rivoluzione armata. La Storia giunge così al suo obiettivo, il comunismo. Entrambi sostengono la dottrina del materialismo storico, secondo cui non sono le idee degli uomini a determinare il tipo di società in cui vivono, piuttosto è la società a determinare le loro idee. Di conseguenza, secondo questa dottrina, tutta la storia e quindi le diverse società sono sempre state basate su delle strutture economiche e non dalla cultura o la religione, che vengono chiamate sovrastrutture (leggi, religione, cultura, arte, istruzione…). Nel 1864 nacque a Londra l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, più nota come Prima Internazionale: un'associazione organizzata dai lavoratori proletari di tutto il mondo con l’obiettivo di porre fine allo sfruttamento da parte dei capitalisti. La Prima Internazionale doveva favorire la difesa dei diritti dei lavoratori per ridurre ed eliminare le ingiustizie ma, fin dalla sua fondazione, fu animata da diverse convinzioni ideologiche (sindacalisti, marxisti, mazziniani, anarchici…) e, proprio a causa dell’eterogeneità di pensiero, si arrivò gradualmente al fallimento dell’organizzazione. Tra i dibattiti più accesi troviamo quello tra Marx e Bakunin, il massimo teorico dell’anarchismo. Bakunin individuò nello Stato la causa fondamentale delle disuguaglianze sociali, il quale si serviva della religione per opprimere la maggioranza della popolazione. Una volta abbattuto lo Stato con la rivoluzione, si sarebbe dovuto instaurare subito il comunismo, inteso come libera società anarchica. Tuttavia, nella transizione verso il comunismo, occorreva evitare: -la dittatura del proletariato; -che si formasse uno Stato dopo l’instaurazione del comunismo; -che si affermassero dei partiti politici. Inoltre era sbagliato considerare che i soggetti rivoluzionari fossero i proletari: la rivoluzione secondo Bakunin doveva essere a nome dei diseredati, dei sottoproletari e dei braccianti agricoli, i quali avrebbero fatto sorgere il nuovo mondo grazie a una loro spontanea ribellione e una lotta armata. Le divergenze tra Marx e Bakunin non si sanarono mai e portarono all’espulsione nel 1872 di Bakunin dalla Prima Internazionale, la quale nel 1876, a causa dell'inefficienza, venne sciolta nel 1876 dal Congresso di Filadelfia. CRITICA DELLA CHIESA CATTOLICA Il progredire della rivoluzione industriale appariva un pericolo sempre più imminente ai danni della Chiesa. La generale condanna di tutto ciò che si stava affermando sotto il profilo politico e sociale, venne ribadita da Pio IX con la pubblicazione nel 1864 dell’enciclica Quanta Cura, con allegata la pendice Sillabo, contenente un’articolata denuncia delle ideologie del tempo: -comunismo e socialismo; -laicismo, secondo cui si riconosce che Dio esiste ma che lui e la religione non hanno alcuna influenza sulla vita degli uomini; -liberalismo, dottrina che rivendica il riconoscimento delle libertà dell’individuo da parte dello Stato; -ateismo, dottrina che nega l’esistenza di Dio; -relativismo, una teoria fondata sul riconoscimento del valore soltanto relativo, e non assoluto, della conoscenza della realtà; -indifferentismo, secondo cui tutte le religioni si equivalgono; -anarchismo, rifiuto delle autorità religiose e statali; -razionalismo radicale, in cui si valorizza solo ciò che è razionale. E’ radicale perché esclude tutto il resto, soprattutto l’attività metafisica. LA SOCIETA’ DI MASSA Le trasformazioni politiche, economiche e culturali della Seconda Rivoluzione Industriale portarono alla creazione della società di massa, un insieme omogeneo e uniformato in cui la massa prevale sull’individuo. Nelle società di massa i costumi e gli stili di vita dei cittadini sono omologati e tale omogeneità è determinata dalla diffusione dei mezzi di divulgazione delle idee. I mass media comunicavano alle masse attraverso i libri, i giornali, le riviste, le agenzie di stampa, il telegrafo, il telefono e anche con gli spettacoli. Questa notevole circolazione di informazioni permise l’affermazione dell’opinione pubblica, in grado di influenzare le scelte della politica. Anche l’istruzione ricevette un forte impulso: infatti non venne più considerata un bene elitario ma un’opportunità da offrire a tutti i cittadini. Si giunse pertanto a rendere l’istruzione obbligatoria e gratuita, anche se ogni Paese per arrivare a questo risultato impiegò tempi diversi. L’analfabetismo era una piaga sociale che era necessario contrastare. Nell’economia assunse un ruolo sempre più importante il terziario, il settore economico che riguarda i servizi: commercio, banche, ospedali, scuole ecc. Furono i lavoratori del terziario, sia dipendenti che autonomi, a ingrossare le file del ceto medio e ad accrescerne il peso sulla società. Il progressivo allargamento delle competenze dello Stato portò all’aumento dei dipendenti pubblici, impiegati nei trasporti, nella sanità e nell’istruzione. Crebbe anche il numero dei dipendenti di ditte private (impiegati, commessi, tecnici, specialisti) che, a differenza degli operai, svolgevano lavori non manuali, ma amministrative e dirigenziali PARTITI DI MASSA E SINDACATI Per conquistare il consenso di masse di elettori si affermarono progressivamente i partiti politici di massa, come forma di partecipazione popolare all’organizzazione politica dello Stato. I partiti di massa potevano essere di 2 tipi: -di opinione, nel quale non vi sono strutture fisse in cui vengono organizzati e si condivide una comune ideologia; -militanti, che sono partiti ideologizzati e organizzati nel territorio mediante associazioni, volantini ed è presente dunque una propaganda continua. Tra le migliori teorie che ebbero e tuttora hanno un impatto furono quelle di: -Sigmund Freud, fondatore della psicanalisi e autore di grandi libri, i quali dal 1900-1917 possono riassumere la scoperta dello sdoppiamento dell’essere umano. Secondo Freud infatti, la psiche umana mostra: - una vita cosciente (l’Io); - una inconscia (l’Es/Id), guidata da leggi proprie. l’Io, ossia il conscio, noi lo possiamo conoscere ma in realtà è falso e non esiste, poiché la parte vera della realtà è data dal nostro inconscio, che è qualcosa di indefinito derivato in gran parte dalla rimozione o dall’allontanamento della coscienza dagli istinti primari, in particolare dagli stimoli sessuali. Questa rimozione permette uno sviluppo normale della personalità e della vita associata, ma l'inconscio può riemergere sotto forma di nevrosi. Tra i libri più famosi troviamo: -L’Interpretazione dei sogni (1900); -Psicopatologia della vita quotidiana (1901): la nostra vita quotidiana obbedisce a un pathos, ossia ad una serie di regole della nostra mente; -Tre saggi sulla teoria sessuale (1905): tutto è riconducibile all’istinto sessuale; -Introduzione alla Psicoanalisi (1917): qui esprime ciò che ritiene aver capito della psicoanalisi e analizza varie malattie psicologiche, tra cui l’isterismo, che può essere curato affinché si mostri sempre meno agendo sul passato. -Albert Einstein fondò la teoria della relatività (1905), che segnò il superamento della geometria euclidea e che mise l'attenzione sul relativismo di grandezze come lo spazio e il tempo, e di come queste potessero essere collegate alla velocità. ELITISMO Un particolare ambito di interesse fu lo studio dell’agire politico al di là delle formule e dottrine politiche. Si possono individuare due figure di spicco: -Gaetano Mosca, che alla fine dell’Ottocento formulò la teoria della classe politica secondo la quale, anche nelle società democratiche a sovranità popolare, il potere effettivo è nelle mani di un ristretto numero di individui. -Vilfredo Pareto, un sociologo che riteneva che la politica era dominata da istinti e non era altro che uno scontro di élite (gruppi qualificati, oligarchie), e da questo scontro la borghesia liberale sarebbe presto uscita sconfitta ad opera di élite nuove ed aggressive. In sostanza entrambi sostenevano che ovunque il potere dovesse essere esercitato da élites, da gruppi di potere in grado di dirigere la politica e la società. Il potere decisionale non deve essere dato a tutti. LA BELLE EPOQUE Tra la fine dell’Ottocento e i primi 15 anni del Novecento, in Europa si verificò un generale miglioramento delle condizioni materiali di vita. Questo periodo viene abitualmente chiamato belle époque, “epoca bella”, a sottolinearne i caratteri di benessere e spensieratezza. Si tratta di una definizione introdotta alla fine della Prima guerra mondiale, per rimarcare il contrasto con gli anni del conflitto. L’uso dell’espressione francese dipende dalla centralità che ebbe Parigi in quell’epoca: la città seppe imporsi come riferimento indiscusso nel campo della cultura, della moda e del divertimento. Da questo clima favorevole, deriva una comune potenza e prosperità delle nazioni, le quali, in competizione tra loro, manifestano: -militarismo: alcuni movimenti culturali esaltano la guerra e l’aumento delle spese militari venne considerato come l’inevitabile premessa dell’avvicinarsi di un grande conflitto; -nazionalismo, inteso come superiorità culturale, ma anche razziale, del proprio popolo sugli altri ritenuti inferiori; -colonialismo, che era diventato ormai una pratica diffusa che permetteva l’arricchimento della madre patria attraverso lo sfruttamento dei paesi poveri, come l’Africa. Da questi fattori, in molte nazioni, ne derivò l’affermarsi del razzismo, ossia la convinzione che la specie umana sia suddivisa in razze biologicamente diverse tra loro per tratti somatici e capacità intellettive. Ne consegue il ritenere che esista una gerarchia tra ‘razze superiori’ e ‘razze inferiori’, e che le razze superiori abbiano il diritto-dovere di sottomettere quelle inferiori. Si diffusero diverse teorie sul razzismo, ispirate a pregiudizi di carattere sociale, politico o culturale. -Dalla tardiva unità politica della Germania, emerse il concetto di Volk, in cui si ribadiva che nonostante la divisione politica, il popolo tedesco mostrava un’unità genetica, di sangue legata misticamente alla terra. Questa concezione derivava dal mito degli antichi germani di Richard Wagner, di cui venivano esaltati la forza, il coraggio, la generosità ecc. Dipingeva un’immagine perfetta del passato, che il presente non riusciva a riprodurre in quanto dominato da individui e nazioni mediocri. -Arthur de Gobineau nel ‘Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane’ (1855) sosteneva che la diversità delle razze era dovuta a fattori biologici, e che razze diverse esistevano, con le loro specifiche caratteristiche, dalle origini dell’umanità. De Gobineau affidò il primato di razza superiore a quella ARIANA (europea), secondo ragioni biologiche e genetiche, non ambientali, come d’altro canto affermavano Kant, Voltaire, Darwin e tanti altri che credevano che la razza e il progresso fossero legati a latitudine ed ambiente. -Houston Chamberlain ne ‘I fondamenti del XIX secolo’ (1899) riformulò il mito della razza umana, che rappresentava per lui la vera erede dei Greci e dei Romani, destinata ad imporre il suo dominio e la sua superiorità sulle razze inferiori, in primo luogo quella ebraica. -Georges Vacher de Lapouge nell’opera ‘L’Ariano e il suo ruolo sociale’ (1899) afferma il primato della razza ariana su quella giudaica: si tratta di un primato antropologico fondato sulle capacità intellettive. L’antisemistismo propagandistico è l’odio nei confronti degli Ebrei che si esprime nel rifiuto della loro religione, cultura e razza; si attribuisce ai semiti (ebrei) la responsabilità di molti mali del mondo. Gli ambienti antisemiti ritenevano che gli ebrei da sempre avevano voluto dominare le razze superiori ma, non avendo le qualità fisiche e morali per diventare una razza dominante, l’unico modo in cui potevano agire era con attività segrete. Agli inizi del Novecento comparvero in Russia i Protocolli dei Savi di Sion, titolo di un libretto che presenta un piano ebraico per il dominio del mondo. Questo documento sarebbe il resoconto dettagliato di un discorso tenuto da un saggio di Sion ai suoi pari. I Protocolli si presentano come i verbali delle sedute segrete tenute, non si sa ne dove ne quando, da un numero imprecisato di sconosciuti capi supremi del popolo ebraico che avrebbero elaborato un piano di distruzione della civiltà cristiana e delle monarchie tradizionali. I Protocolli dei Savi di Sion sono in realtà il plagio del libro contro Napoleone III ‘Dialogo agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu’ scritto dall’intellettuale e poeta satirico francese Maurice Joly nel 1864. Il documento, scritto tra il 1900-1901 da Maurice Joly, un nobile russo esiliato a Parigi, erano volontà del capo della polizia segreta russa come propaganda destinata a giustificare la politica antiebraica del suo paese. La pubblicazione dei Protocolli infatti era inizialmente servita come pretesto per legittimare i pogrom, campi di concentramento dove venivano sterminati e rinchiusi gli ebrei in Russia. In poche parole si propaganda l’antisemitismo come legittima difesa, si inizia l’azione contro gli ebrei, poi se ne giustifica la persecuzione con le stesse motivazioni. IL SIONISMO Dopo secoli di segregazione nei ghetti, gli Ebrei conobbero durante il XIX secolo un processo di integrazione e assimilazione nelle società borghesi e liberali che li avevano accolti. Gli Ebrei intendevano integrarsi pienamente in queste società, eliminando tutte le possibili distinzioni di lingua e di comportamento che li avevano fatti identificare come una nazione separata. A metà dell’Ottocento però, la nascita dei nazionalismi in Europa determinò nuovi problemi per le comunità ebraiche e le difficoltà aumentarono con la progressiva comparsa di manifestazioni di aperta ostilità antiebraica. Questa nuova ostilità trovò nel 1879 una sua denominazione: antisemitismo. Il sentimento di diversità e l’antisemitismo giocarono un ruolo determinante per la nascita del movimento sionista: il sionismo è un progetto di ricostituzione di uno stato ebraico attraverso la propaganda e la costruzione di un tessuto di alleanze politiche, economiche e sociali che favorissero la fondazione di uno stato ebraico. Fu Theodor Herzl il vero fondatore del sionismo, che espresse il suo progetto di riunificazione degli ebrei della diaspora in una nazione democratica ne ‘Lo Stato ebraico’ del 1896. Nel 1897 egli organizzò a basilea il primo congresso dell’Organizzazione Sionista Mondiale in cui si riunirono 202 delegati per discutere della questione ebraica nel mondo e della volontà di fondare uno Stato in Palestina in cui far trasferire la comunità ebraica. Per stanziarsi in Palestina, gli Ebrei chiesero un’autorizzazione da parte della Turchia, che però gli fu negata. Le altre mete prese in considerazione erano l’Argentina o l’uganda in Africa orientale. L’urgenza della questione crebbe con i pogrom russi, ma la colonizzazione della Palestina da parte degli Ebrei era già in atto. Nel 1891 infatti fu istituito un fondo a contribuzione internazionale per favorire l’acquisto massiccio di terre in Palestina attraverso il banchiere Edmond de Rothschild. Nacquero così le prime colonie agricole cooperative e nel 1910 il primo kibbutz. Tuttavia solo una piccola parte decise di stabilirsi in Palestina; gli altri lasciarono l’Europa ed emigrarono verso l’America. Lo Stato di Israele nacque nel 1948. -aumento dei fondi di sostegno all’invalidità e alle pensioni; -aumento medio dei salari dei lavoratori, i quali poterono cominciare ad acquistare oltre ai prodotti alimentari, dei prodotti industriali. Si andò così diffondendo nel Nord quel clima di benessere economico tipico della società di massa. Al Sud, invece, Giolitti non affrontò la questione meridionale, ovvero il drammatico ritardo del Sud rispetto al Nord, che durante l’età giolittiana crebbe. Ci fu: -un aumento della disoccupazione; -un aumento della disparità sociale, della repressione e della corruzione; -nessuna riforma tributaria per una modulazione della pressione fiscale; -scarsi interventi a sostegno dei disastri naturali (terremoto di Messina del 1908 ed eruzione del vesuvio del 1906); -fece uso di prefetti e forze dell’ordine per operare una regolare repressione. I salari dei lavoratori del Sud, a causa della scarsa offerta di lavoro e della sovrabbondanza di manodopera, scesero enormemente portando in tutto il Meridione povertà e disoccupazione. Molti contadini meridionali trovarono come unica soluzione l’emigrazione. Nel Nord, il decollo economico dell’Italia migliorò il livello di vita di una parte della società, ma non fu in grado di assorbire la grande offerta di manodopera proveniente dalle campagne. Anche in questo caso la risposta fu l’emigrazione. Il fenomeno dell’emigrazione in Italia si può suddividere in 2 fasi: -la prima (1876-1900) fu un’emigrazione a carattere individuale, cioè di persone che partivano sole lasciando la propria famiglia in patria; -la seconda, che coincide con l’età giolittiana, è chiamata ‘grande emigrazione’ poiché presenta cifre davvero sbalorditive. in 14 anni lasciarono l’Italia 9 milioni di persone. L’emigrazione fu un fenomeno doloroso che tuttavia concorse ad aumentare la ricchezza del nostro paese: gli emigrati, infatti, inviavano alle loro famiglie in Italia parte della loro paga (le cosiddette ‘rimesse’). Tante furono però anche le conseguenze negative: -lo spopolamento di alcune aree del paese, soprattutto nel Meridione e nelle vallate alpine; -il degrado umano e ambientale che ne seguì; -in molte zone la popolazione si ridusse a soli individui anziani, -l’abbandono di villaggi e campagne causò dissesti idrogeologici, dovuti alla mancanza di cure e manutenzione del territorio. Dal 1906 il governo attuò per legge una riduzione dei tassi di interesse sui titoli nazionali, che rappresentavano una forma di investimento per i cittadini e di guadagno per lo stato. Abbassando il tasso dal 5 al 3,7%, ovviamente aumentava il numero di cittadini che poteva investire su di essi e di conseguenza, anche se a lunga durata, aumentava il ricavo dello Stato e quindi l’economia cresceva. Esso permise la nazionalizzazione delle ferrovie (1905) e delle assicurazioni sulla vita (1912): a questo scopo venne creato un apposito ente, l’ INA (Istituto Nazionale Assicurazioni), che non trovò mai una concreta attuazione in quanto osteggiato dalle assicurazioni private. La Lira fu considerata bene di riferimento assieme all’oro e persino meglio della sterlina. POLITICA COLONIALE - LA LIBIA Giolitti, spinto da interessi politici ed economici e dall’opinione pubblica, riprese la politica coloniale con la guerra di Libia. Sul piano internazionale era un momento favorevole in quanto il governo italiano nel 1902 firmò una convenzione con la Francia che le riconosceva il dominio francese su Tunisia e Marocco, ottenendo in cambio il diritto di conquista della Libia (1911). Nel settembre 1911, dunque, l’Italia dichiarò guerra alla Turchia che dominava la Libia e riuscì ad annetterla il 5 novembre dopo una facile conquista dovuta al grande numero di soldati mandati in battaglia. L’Italia conquistò la Libia costiera (Tripolitania e Cirenaica) e poi occupò alcune isole delle Sporadi che andavano a formare il Dodecaneso, con capoluogo Rodi (ottobre 1912). Il Dodecaneso era in origine un dominio dell’Impero Ottomano, e della Repubblica di Venezia. I Turchi, intimoriti da una possibile incursione anche nello Stretto dei dardanelli, firmarono con l’Italia nel 1912 il Trattato di Losanna, in cui vennero ratificate tutte le conquiste. L’avventura coloniale comportò notevoli spese a cui non corrispose la creazione di grandi opportunità per gli emigranti italiani. La Libia infatti non era una terra rigogliosa e a trarne vantaggio dalla conquista furono solo le banche, gli armatori e l’industria militare. RIFORMA ELETTORALE La principale riforma democratica dell’età giolittiana fu l’approvazione, nel maggio 1912, di una nuova legge elettorale che introduceva il suffragio universale maschile, cioè la concessione del diritto di voto a tutti i cittadini maschi. Furono ammessi al voto: -i cittadini analfabeti che avessero compiuto i 30 anni d’età; -chi aveva adempiuto agli obblighi del servizio militare o sapeva leggere e scrivere poteva accedervi a 21 anni. Sparisce il riferimento alle 20 lire di imposte annue del 1882. Lo scopo di Giolitti era l’allargamento della base politica dello Stato Italiano: gli elettori passarono infatti da 3,3 a 8,6 milioni (24% della popolazione) In questo modo Giolitti intendeva avvicinare alle istituzioni i due grandi movimenti di massa presenti nel paese: i socialisti e i cattolici. GIOLITTI ED I CATTOLICI Il Non expedit di Papa Pio IX venne ammorbidito e nel 1904 i cattolici votarono per la prima volta. Nel 1913 Giolitti stipulò con l’Unione elettorale cattolica, il cui leader Vincenzo Gentiloni, il Patto Gentiloni: i cattolici promettevano di votare quei candidati liberali che avessero sottoscritto l’impegno di difendere i principi della Chiesa (opponendosi a norme anticlericali in materia di insegnamento e di morale). Grazie a questo patto, Giolitti vinse le elezioni nel 1913, ma si dimise a marzo dell’anno seguente a seguito di pesanti attacchi legati alla campagna di Libia. Gli successe Antonio Salandra (1914-1916), un uomo politico conservatore, che attuò una politica di repressione ai disordini sociali. La situazione stava precipitando verso la 1a G.M., al cui intervento dell’Italia, Giolitti si oppose invano.
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