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DALLA COMUNICAZIONE AL LINGUAGGIO 2 -FERRETTI-, Sintesi del corso di Filosofia del Linguaggio

Chomsky, l'uso creativo del linguaggio, grammatica universale, principio di dipendenza dalla struttura, povertà dello stimolo, Darwin, differenza di grado e non di qualità, esperimenti sulle scimmie, scimmie,ominidi e umani, Tattersal, il modello dell'esplosione.

Tipologia: Sintesi del corso

2012/2013

Caricato il 04/12/2013

zeta88
zeta88 🇮🇹

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Scarica DALLA COMUNICAZIONE AL LINGUAGGIO 2 -FERRETTI- e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia del Linguaggio solo su Docsity! DALLA COMUNICAZIONE AL LINGUAGGIO 2 SCIMMIE EFFETTO CLEVER HANS: SERVE PER DIMOSTRARE CHE LE AZIONI DEGLI ANIMALI, CHE SEMBRANO CHIAMARE IN CAUSA FORME DI PENSIERO, SONO IN REALTA’ AZIONI MECCANICHE E INVOLONTARIE. CARTESIO: PROBLEMA DELLE ALTRE MENTI, l’attribuzione del pensiero agli esseri umani è altrettanto problematica dell’attribuzione del pensiero agli animali. TRADIZIONE CARTESIANA: NON PENSA DUNQUE NON PARLA. Gli esseri umani sono distinti da tutti gli altri animali a causa di una DIFFERENZA QUALITATIVA dovuta al possesso dell’ANIMA RAZIONALE. Il problema delle altre menti si riferisce a come poter riconoscere, al di là delle fattezza fisiche, un essere umano. Se esistessero macchine in tutto e per tutto simili a noi, si avrebbero comunque 2 mezzi certissimi per distinguerli da noi: 1. Non potrebbero usare parole per comunicare 2. Anche se facessero molte cose bene o meglio di noi, ne sbaglierebbero inevitabilmente alcune altre. La CONCLUSIONE è che la DIFFERENZA QUALITATIVA tra umani e animali-macchine dipende dalla relazione tra PENSIERO E LINGUAGGIO. CHOMSKY: alla base della distinzione tra il linguaggio umano e i sistemi di comunicazione animale c’è l’USO CREATIVO DEL LINGUAGGIO, ovvero la possibilità degli animali di parlare in modo indipendente da stimoli esterni e interni. Negli animali la comunicazione è totalmente sotto il controllo degli stimoli. Il linguaggio umano è interpretabile solo ammettendo una DIFFERENZA QUALITATIVA tra umani e altri animali e questo da all’essere umano un carattere di SPECIALITA’ nella natura. Sempre secondo CHOMSKY, si tratta di un principio di organizzazione completamente diverso, e il suo modello del linguaggio non si presta ad essere spiegato nei termini di quelle MODIFICAZIONI SUCCESSIVE E LIEVI che portano alla SELEZIONE NATURALE (DARWIN), ma quello che serve a CHOMSKY è un modello del processo evolutivo in linea con l’idea dell’avvento delle capacità verbali in termini di un CAMBIAMENTO IMPROVVISO. WALLACE: attribuisce il cambiamento improvviso ad “una serie di fenomeni straordinari fisici e mentali che mostrano l’esistenza di forse e influenze non ancora riconosciute dalla scienza”. L’idea di CHOMSKY è che la competenza linguistica umana sia retta dai principi della GRAMMATICA UNIVERSALE, un inventario di CONOSCENZE INNATE alla base dei processi di produzione, comprensione e apprendimento del linguaggio umano, retto da PIANI GERARCHICI DI ORGANIZZAZIONE. 2 ASPETTI FONDAMENTALI ALLA BASE DELL’USO CREATIVO: • INFINITA PRODUTTIVITA’ (capacità di generare infinite combinazioni) • CONNESSIONE TRA PENSIERI E LINGUAGGIO Questi due aspetti sono strettamente connessi tra loro perché l’USO CREATIVO del linguaggio implica un dispositivo di PRODUZIONE- COMPRENSIONE delle espressioni verbali guidato dalla SINTASSI. QUINDI: La differenza sostanziale tra l’uomo e l’animale è rilevata dalla CAPACITA’ UMANA di formare proposizioni nuove che esprimono pensieri nuovi e che sono adatte a situazioni nuove. CHOMSKY enuncia il PRINCIPIO DELLA DIPENDENZA DALLA STRUTTURA benché la produzione di un enunciato non si risolve semplicemente mettendo in fila una sequenza di risposte, sostenendo l’argomento della POVERTA’ DELLO STIMOLO, l’idea secondo cui lo stimolo ambientale sia povero. LA MATTRIE: Sferra un duro attacco al DUALISMO CARTESIANO, proponendo una concezione dell’essere umano caratterizzata da un forte SPIRITO MATERIALISTICO. Egli riconosce a CARTESIO il merito di aver considerato gli animali come macchine ma se gli uomini sono animale e gli animali sono macchine allora anche gli umani sono macchine. Le scimmie non parlano perché non hanno gli organi adeguati per la parola L’emergere del bipedismo è correlato a significativi mutamenti climatici e ambientali, quali, ad esempio, un RAFFREDDAMENTO E INARIDIMENTO del clima che hanno costituito una forte spinta selettiva per gli ominidi, obbligandoli, per sopravvivere, allo sviluppo di nuove strategie comportamentali. L’andatura del bipede è sorta per affrontare i continui attraversamenti degli spazi aperti tra foresta e foresta, venutesi a creare di conseguenza ai cambiamenti climatici. WHEELER: in un ambiente del genere, l’andatura del bipede potrebbe essere stata cooptata per funzioni legate alla TERMOREGOLAZIONE CORPOREA: gli animali che abitano la savana, infatti, hanno il problema di dover ridurre al minimo il calore altrimenti i loro cervelli iniziano a vacillare. Il bipedismo potrebbe aver contribuito a ridurre lo stress causato dall’accresciuta esposizione al sole: la posizione eretta permette di assorbire la luce solare esclusivamente sulla sommità del capo e delle spalle e garantisce una migliore esposizione al vento. I PRIMI OMINIDI Gli ominidi più antichi sono quelli appartenenti al genere AUSTRALOPITHECUS e attualmente se ne conoscono almeno tre specie: AU. ANAMENSIS, AU. AFARENSIS e AU. AFRICANUS. La specie più antica è AU. ANAMENSIS, i primi fossili sono stati rinvenuti nel 1965 in Kenya. Le analisi di questi reperti hanno evidenziato la presenza in questa specie di tratti indicanti sia la LOCOMOZIONE BIPEDE, sia altri caratteri tipici degli ominidi successivi, quali l’elevato spessore dello smalto dentario, la riduzione dei canini e le dimensioni relative dei molari e premolari. Questa specie assomiglierebbe molto alla specie AU. AFARENSIS, che costituisce l’asse portante della storia degli ominidi. Tra di essi vi è LUCY, il fossile più famoso e celebrato di tutto il record paleoantropologico: un reperto costituito da circa la metà di uno scheletro di una femmina adulta di 3,2 milioni di anni fa, ritrovata nel 1974 da DONALD JOHANSON in Etiopia. Una specie con un peso tra i 34-55 Kg e con un’altezza poco superiore al metro. Il volume del cervello, compreso tra i 350 e i 550 cc, è leggermente più grande di quello dei moderni gorilla e scimpanzé e la forma e le dimensioni del bacino lasciano ipotizzare che AU. AFARENSIS fosse in grado di camminare eretto. La terza specie è AU. AFRICANUS che presenta un volume cerebrale leggermente superiore con una capacità cranica stimata attorno ai 600 cc ed è un bipede eretto ancora capace di arrampicarsi sugli alberi. Due milioni di anni fa il pianeta terra era dunque popolato da molte specie di ominidi. Tra questi, anche i primi rappresentanti del genere HOMO. Con la comparsa del genere HOMO l’elemento caratterizzante riguarda le dimensioni del cervello: da un encefalo di 600 cc delle prime specie di HOMO, si arriva ai 1350-1550 cc dei NEANDERTHALENSIS e dei SAPIENS. La crescita del cervello in questo genere NON è in relazione con l’aumento della massa corporea: i lobi frontali e parietali subiscono un maggiore accrescimento, mentre si riducono le aree collocate nella parte posteriore. L’aumento delle dimensioni cerebrali è dovuto, principalmente, a un MUTAMENTO DELLA DIETA, le specie precedenti avevano un’alimentazione basata essenzialmente su vegetali duri, ragion per cui avevano sviluppato un apparato masticatorio robusto, con molari e premolari di grandi dimensioni. Con il genere HOMO si ha l’introduzione nella dieta della CARNE, che, oltre ad incidere sulle dimensioni del cervello ha comportato anche un radicale modificazione dell’apparato masticatorio, con una riduzione dei denti molari e premolari. In un primo momento gli ominidi hanno sfruttato le risorse alimentari rese disponibili dall’attività di caccia dei grandi predatori, solo in seguito, grazie alla disponibilità di strumenti appropriati, la ricerca di carne ha comportato STRATEGIE DI CACCIA, rivolte anche agli animali di grande dimensioni. Lo sviluppo di tali strategie è stato particolarmente importante per l’evoluzione della COOPERAZIONE (la caccia richiede forme efficienti di organizzazione di gruppi). I primi rappresentanti del genere HOMO sono gli HOMO ABILIS. Con i primi HOMO compaiono anche i primi STRUMENTI. Per quanto l’uso di utensili sia diffuso tra i primati non umani e sia presente anche tra i primi ominidi, è solo con l’emergere del nostro genere che si ha un progresso culturale caratterizzato da tecnologie sempre più raffinate e complesse. Con i primi HOMO si attua la LAVORAZIONE DELLA PIETRA. Come anticipato prima, la costruzione di strumenti presenta importanti similarità con l’organizzazione del LINGUAGGIO UMANO. Diversi autori sostengono che il linguaggio articolato e la costruzione e l’uso di strumenti poggino sugli stessi processi deputati al SEQUENZIAMENTO GERARCHICO DELLE AZIONI. La costruzione di strumenti è sequenziale. Essa è composta da azioni motorie legate insieme in episodi. In quanto tale, essa è simile al linguaggio parlato, composto anch’esso da elementi legati insieme in enunciati. Recenti studi hanno confermato le cosiddette TEORIE MOTORIE, secondo cui il linguaggio ha avuto origine dai sistemi d’azione legati alla COORDINAZIONE MOTORIA e/o alla MANIPOLAZIONE DEGLI OGGETTI. La PRIMA TECNICA DI COSTRUZIONE DI STRUMENTI è l’INDUSTRIA OLDUVAIANA (MODO 1), uno strumento viene utilizzato per modificare un altro oggetto al fine di renderlo efficiente per un successivo utilizzo. Tale tecnica consiste nella scheggiatura del margine di un ciottolo per ottenere un bordo tagliente. Dal punto di vista delle gerarchie d’azione, la produzione OLDUVAIANA implica due macro-processi: • APPROVVIGIONAMENTO DEI MATERIALI GREZZI • EFFETTIVA SCHEGGIATURA A riprova del fatto che gli ominidi che costruivano strumenti OLDUVAIANI possedevano sofisticate capacità di pianificazione dell’azione è il fatto che essi erano in grado di PREVEDERE in anticipo le situazioni in cui avrebbero avuto bisogno di quegli strumenti. I ricercatori infatti hanno rinvenuto ciottoli fabbricati con tipi di roccia non presenti nella zona del ritrovamento. Circa 1,7 milioni di anni fa compare una nuova modalità tecnologica caratterizzata da STRUMENTI LITICI di forma bifacciale: si tratta dell’INDUSTRIA ACHEULEANA (MODO 2). La comparsa di questa nuova tecnologia coincide con alcuni fondamentali cambiamenti nell’evoluzione della cognizione umana ed è associata a HOMO ERECTUS. HOMO ERECTUS è in realtà un discendente diretto di HOMO ERGASTER (l’uomo camminatore), una specie più antica vissuta in Africa. Il fossile rinvenuto di HOMO ERGASTER, denominato RAGAZZO DEL TURKANA, mostra il possesso di uno scheletro corporeo ormai caratterizzata da una DISCONTINUITA’ tra l’evoluzione anatomica e quella comportamentale. I fautori della prospettiva dell’ESPLOSIONE, in particolar modo TATTERSAL, legano infatti l’avvento del pensiero simbolico all’origine del linguaggio. Secondo TATTERSAL la simbolicità del pensiero segna una DIFFERENZA QUALITATIVA tra gli esseri umani e tutte le altre specie animali, comprese le specie di ominidi precedenti HOMO SAPIENS. Poiché, attraverso l’invenzione dei simboli, rappresenta una totale novità nel mondo della natura, per TATTERSAL è impossibile stabilire un nesso di continuità della nostra specie col resto del mondo animale. La questione da affrontare è capire cosa abbia permesso il passaggio da una specie priva di capacità simboliche a una specie in grado di esibire forme di pensiero simbolico. L’avvento della COGNIZIONE SIMBOLICA può essere spiegato in riferimento a due ipotesi interpretative: • nei termini dei LENTI e GRADUALI miglioramenti succedutosi nel tempo; • in riferimento ad un CAMBIAMENTO REPENTINO a più breve termine. TATTERSAL propende per questa seconda possibilità, giustificandosi attraverso i concetti di EXAPTATION e di EMERGENZA. EXAPTATION indica la cooptazione funzionale di strutture originariamente selezionate per altre finalità evolutive. L’esempio classico è quello delle ALI DEGLI UCCELLI, originariamente nate per svolgere funzioni di termoregolazione e in seguito cooptate per il volo. Quindi secondo TATTERSAL anche l’avvento del PENSIERO SIMBOLICO dipende da processi di questo tipo e la sua idea è che la capacità simbolica umana sia una FORMA DI ADATTAMENTO CULTURALE. La condizione per avere il pensiero simbolico non deve essere riferita alla BIOLOGIA di HOMO SAPIENS, ma alla sua CULTURA. Qualcosa deve essere intervenuto a preparare il terreno perché il linguaggio fosse acquisito. Questa innovazione sarebbe dipesa dal fenomeno dell’emergenza. L’emergenza insieme con l’EXATTAMENTO, è un potente meccanismo del processo evolutivo, un’autentica forza motrice che sospinge l’innovazione verso nuove direzioni. A non convincerci è la spiegazione proposta da TATTERSAL circa l’origine del linguaggio; egli affida il cambiamento di HOMO SAPIENS all’invenzione del linguaggio: attribuire l’origine del linguaggio ad una SCOPERTA è tuttavia un’operazione del tutto inefficace sul piano esplicativo, ma NON è sufficiente evocare il linguaggio per risolvere la questione dell’origine del pensiero simbolico, il ricorso all’EMERGENZA IMPROVVISA DEL LINGUAGGIO in TATTERSAL sembra essere una spiegazione ad hoc finalizzata a salvaguardare l’autonomia degli aspetti culturali su quelli biologici ma il problema è che tale spiegazione finisce con l’essere soltanto una PSEUDO-SPIEGAZIONE: l’avvento del simbolo rimane un fenomeno irrisolto. Secondo TATTERSAL, infatti, il pensiero simbolico è inconcepibile senza linguaggio, ma il linguaggio stesso presuppone una qualche forma di pensiero simbolico: Il linguaggio, come il pensiero, comporta la formazione e l’elaborazione di simboli nella mente, e la nostra capacità di ragionamento simbolico è praticamente inconcepibile in sua assenza. Il linguaggio è dunque molto più del semplice mezzo con cui spieghiamo i nostri pensieri a noi stessi e agli altri: è fondamentale per lo stesso processo di pensiero. Nella prospettiva di TATTERSAL tutto ciò che conta è ciò che avviene dopo l’avvento del simbolo; dal nostro punto di vista, invece, le questioni davvero importanti da indagare sono le condizioni che precedono l’avvento del simbolo e che sono a fondamento della sua origine. La nostra idea è che sia possibile indagare le condizioni che hanno permesso la nascita del simbolo dal punto di vista di una prospettiva che si richiama ai PRINCIPI DARWINIANI DELL’EVOLUZIONE. Il modello della RIVOLUZIONE DEL PALEOLITICO SUPERIORE è stato messo in discussione da una serie di importanti scoperte recenti. Evidenze provenienti dalla paleoantropologia e dall’archeologia mostrano, infatti, che molti dei tratti considerati propri del PALEOLITICO SUPERIORE sono apparsi molto prima in Africa in una forma più rudimentale durante il MIDDLE STONE AGE. Esse avvalorano la tesi che il PENSIERO SIMBOLICO si sia evoluto GRADUALMENTE nel corso di un lungo arco temporale. Una delle SCOPERTE più importanti a sostegno del MODELLO GRADUALISTA è il ritrovamento di due pezzetti d’OCRA, chiaramente utilizzata per colorare superfici e che costituiscono le più antiche forme d’arte. Sono stati rinvenuti anche due KIT DI STRUMENTI per la produzione e conservazione di PIGMENTI: i resti di un vero e proprio LABORATORIO ARTISTICO PREISTORICO. Le scoperte circa l’uso di PIGMENTI rendono plausibile l’interpretazione di quanti sostengono che, non essendo utilizzati con finalità strettamente funzionali; i pigmenti avevano un forte VALORE SIMBOLICO. Un duro colpo al modello dell’esplosione è assestato, inoltre da recenti ritrovamenti che testimoniano l’esistenza di comportamenti dei NEANDERTHAL che SEPPELLIVANO I DEFUNTI, FABBRICAVANO E USAVANO ORNAMENTI PERSONALI, tra cui PENNE DI UCCELLO e CONCHIGLIE TRAFORATE e UTILIZZAVANO MATERIALI PIGMENTOSI. TATTERSAL è disposto a riconoscere che ci siano prove convincenti di comportamenti simbolici, attribuiti a HOMO SAPIENS, tuttavia l’idea dell’autore è che le forme tipiche del SIMBOLISMO IN SENSO PROPRIO siano riscontrabili in Europa solo a partire da 50-40 mila anni fa con l’uomo di CRO-MAGNON. Il punto della controversia riguarda cosa si intende con l’espressione “SIMBOLISMO IN SENSO PROPRIO”: TATTERSAL considera propriamente simbolico soltanto l’USO DI DIMBOLI IN QUANTO SIMBOLI. In altre parole, ha in mente un particolare tipo di simboli: I SIMBOLI LINGUISTICI. Il punto che vale la pena discutere è se le proprietà che rendono i simboli propriamente simbolici riguardino solo il CODICE-SISTEMA di cui essi fanno parte. DEACON: il carattere propriamente simbolico dei simboli dipende da DUE FATTORI costitutivi: la NATURA SISTEMICA che i segni ereditano dal codice cui appartengono e la DIPENDENZA dei simboli dal sistema cognitivo che funge da interpretante. I NEOCULTURALISTI considerano il PENSIERO SIMBOLICO in riferimento alla TESI DELL’ESPLOSIONE. La nostra ipotesi è che lo STATUTO SIMBOLICO di un simbolo dipende primariamente dal sistema interpretante: mentre è plausibile ipotizzare l’esistenza di simboli in assenza di un codice, non è possibile pensare a un codice simbolico in assenza d simboli. È possibile, dunque, considerare le attestazioni fossili d capacità simboliche prima di 50.000 anni fa come un modo di criticare l’idea dell’avvento del simbolo come produrre atti rappresentazionali COSCIENTI e AUTOINDOTTI che sono intenzionali ma non linguistici. Secondo MITHEN, infatti, avendo dimensioni corporee maggiori, vivendo in ambienti più impegnativi, avendo una prole particolarmente gravosa e dipendendo in modo ancor più sostanziale dalla COOPERAZIONE, i NEANDERTHAL devono aver evoluto un sistema di comunicazione di tipo musicale molto più complesso e sofisticato di quello osservabile in qualsiasi specie precedente di HOMO. LIEBERMAN: diversamente da MITHEN, sostiene che i cambiamenti alla base del tratto vocale,necessario ala fonazione, trovano realizzazione soltanto in HOMO SAPIENS attraverso l’abbassamento del TRATTO SOVRALARINGEO. I due autori constatarono che il BSICRANIO di questo esemplare era più simile a quella di uno scimpanzé o di un neonato umano moderno che a quello di un essere umano adulto moderno. L’UOMO DI NEANDERTHAL non era, pertanto, fisiologicamente in grado di produrre le frequenze delle formanti delle vocali e le sue capacità fonetiche dovevano essere molto limitate. Contro questa tesi, secondo MITHEN, militano gli studi che fanno riferimento all’OSSO IOIDE di un esemplare di NEANDERTHAL ritrovato in Israele. Lo IOIDE è un osso fissato alla cartilagine della laringe a cui sono ancorati i muscoli necessari all’articolazione del linguaggio. Secondo MITHEN nel complesso tali studi mostrano che, per quanto non sia possibile attribuire ai NEANDERTHAL un linguaggio articolato come quello dei SAPIENS, i caratteri del loro canale vocale mostrano una notevole evoluzione al fine di favorire la comunicazione vocale. I NEANDERTHAL, in altre parole pur non avendo un linguaggio composizionale, possedevano un “Hmmmmmmm” molto sofisticato. Sebbene le GRANDI SCIMMIE non abbiano capacità vocali degne di nota, esse tuttavia comunicano frequentemente con in numerosi contesti sociali attraverso i GESTI. Alcuni esperimenti hanno evidenziato che, in netto contrasto con quanto fanno i bambini, che apprendono a produrre e a comprendere centinaia di nuove parole durante i primi tre anni di vita, le scimmie e le grandi scimmie raramente modificano il loro repertorio vocale aggiungendo nuovi segnali. Le vocalizzazioni dei primati non umani sembrano essere ESPRESSIONI INVOLONTARIE di emozioni. La TEORIA GESTUALE ha ricevuto un grosso supporto scientifico negli anni Novanta in seguito alla scoperta dell’esistenza nel cervello delle scimmie dei cosiddetti NEURONI SPECCHIO. Tali neuroni sono associati all’azione dell’AFFERRARE (GRASPING) e sono stati definiti “SPECCHIO” perché permettono una forma di rispecchiamento tra PERCEZIONE e AZIONE. Essi si attivano, infatti, quando la scimmia esegue un movimento intenzionale e quando osserva un altro primate che compie lo stesso movimento. Ricerche di NEUROIMAGING hanno mostrato che anche il cervello umano è dotato di un sistema specchio. I neuroni specchio sono stati scoperti nell’area F5 della corteccia premotoria ventrale dei macachi e tale area è considerata omologa all’AREA DI BROCA negli umani (svolge un ruolo fondamentale nella produzione e comprensione del linguaggio), il che significa che l’AREA DI BROCA può essere considerata un’EVOLUZIONE dall’area F5 delle scimmie. Il SISTEMA SPECCHIO rappresenta l’anello mancante tra le CAPACITA’ dei primati non umani di milioni di anni fa e il LINGUAGGIO degli umani moderni. CHOMSKY, pur riconoscendo l’importanza di capire come le parole possano essere appropriate alla situazione cui fanno riferimento, sostiene che il problema della COERENZA e della CONSNANZA al contesto sia una questione IRRISOLVIBILE della natura del linguaggio umano. La nostra idea è che la CAPACITA’ DEL LINGUAGGIO di ancorarsi alla realtà esterna sia una proprietà essenziale del linguaggio. ARBIB ipotizza l’evoluzione del linguaggio in SETTE STADI: i primi 3 stadi si riferiscono al periodo precedente la nostra separazione dalle grandi scimmie; gli stadi 4, 5, e 6 caratterizzano la linea di discendenza degli ominidi; il settimo stadio rappresenta il livello specifico di HOMO SAPIENS. Ad ogni stadio le capacità precedenti vengono conservate e l’aggiunta di uno stadio ulteriore implica un perfezionamento del repertorio dei comportamenti primordiali su cui esso si fonda. Una delle idee alla base del nostro libro è che il passaggio dalla comunicazione al linguaggio debba essere spiegato in riferimento ai sistemi cognitivi che governano le capacità degli individui di AGIRE SUL MONDO e di AGIRE NEL MONDO. QUINDI l’ipotesi è che il linguaggio abbia avuto origine a partire dai sistemi deputati al controllo dei movimenti delle mani che permettono all’organismo di interagire e di modificare il mondo circostante. Secondo ARBIB, infatti, l’evoluzione del linguaggio è legata all’evoluzione dei meccanismi cerebrali alla base della COSTRUZIONE e dell’USO DEGLI STRUMENTI. RIASSUMENDO: in una prima fase dello SVILUPPO EVOLUTIVO, gli ominidi che hanno preceduto i SAPIENS possedevano un proto linguaggio basato sui GESTI MANUALI che solo a seguito di un ulteriore sviluppo ha preso la forma di un proto linguaggio basato sui GESTI VOCALI. Nel modello di ARBIB la GRAMMATICA rappresenta solo l’esito finale di un lungo processo evolutivo che trae origine dai meccanismi condivisi con altri primati fondati sulla PERCEZIONE e sull’AZIONE. La TESI GENERALE di questo libro è che il linguaggio sia il PRODOTTO di superficie del funzionamento di sistemi cognitivi sottostanti. Ora bisogna analizzare i DISPOSITIVI DI ELABORAZIONE che permettono agli umani di parlare in modo COERENTE e CONSONANTE alla situazione. UMANI La trasformazione dei suoni in significati è un processo AUTOMATICO, INVOLONTARIO e OBBLIGATO. La tesi che i sistemi di elaborazione abbiano questi caratteri è alla base della TEORIA MODULARE DELLA MENTE proposta da FODOR. Secondo tale teoria il sistema cognitivo umano è composto da numerosi sottosistemi di elaborazione, i MODULI, le sue caratteristiche fondamentali sono la SPECIFICITA’ DI DOMINIO (il fatto che ogni modulo elabora soltanto un tipo specifico di informazioni), e l’INCAPSULAMENTO INFORMATIVO (il fatto che un modulo è impermeabile all’informazione che non appartiene al proprio dominio di conoscenza). Nell’ipotesi di FODOR, ogni modulo è un sistema di elaborazione dedicato a uno specifico tipo di informazione e impermeabile alle informazioni proveniente da altri domini di conoscenze: il sistema che elabora l’informazione visiva, ad esempio, è del tutto indipendente da quello che tratta l’informazione uditiva. Da questo punto di vista, le CONVERSAZIONI sono SFORZI COLLABORATIVI con uno scopo o una direzione comuni stabiliti all’inizio della conversazione o negoziati durante lo scambio. La TEORIA DELLA PERTINENZA formulata da SPERBER e WILSON, cerca di dar conto dei sistemi di elaborazione che permettono agli esseri umani di COMPRENDERE i comportamenti comunicativi in generale e di PRODURRE-COMPRENDERE le espressioni linguistiche nello specifico. È una prospettiva sulla natura della comunicazione fortemente legata alle teorie della cognizione e dell’architettura della mente. Anche secondo SPERBER e WILSON la comunicazione umana è un PROCESSO INFERENZIALE di PRODUZIONE e COMPRENSIONE di INTENZIONI COMUNICATIVE in cui il destinatario viene guidato nel processo di COMPRENSIONE da certe aspettative che sull’enunciato prodotto dal parlante. Si tratta di ASPETTATIVE DI PERTINENZA. Con la TEORIA DELLA PERTINENZA SPERBER e WILSON propongono un modello INTENZIONALE-INFERENZIALE della comunicazione umana in cui il parlante fornisce all’ascoltatore solo un INDIZIO della sua intenzione di comunicare un certo significato e l’ascoltatore comprende quel significato producendo una serie di INFERENZE guidate dall’indizio prodotto dal parlante. In uno scambio comunicativo del genere sono in gioco due tipi di intenzione: • INTENZIONE INFORMATIVA attraverso cui chi parla informa i destinatari di qualcosa; • INTENZIONE COMUNICATIVA attraverso cui il parlante intende informare i destinatari della propria intenzione informativa. La COMUNICAZIONE INTENZIONALE ha buon esito quando si realizza l’intenzione comunicativa, quando cioè i destinatari riconoscono il comportamento esplicitamente comunicativo del parlante. Secondo la nostra teoria gli esseri umani hanno una tendenza AUTOMATICA a massimizzare la pertinenza, il sistema cognitivo umano si è sviluppato in modo tale che i nostri meccanismi percettivi automaticamente selezionano gli stimoli potenzialmente pertinenti, i nostri sistemi di memoria tendono automaticamente ad attivare le assunzioni potenzialmente pertinenti e i nostri meccanismi inferenziali tendono potenzialmente a processarli nel modo più produttivo possibile. Uno STIMOLO è PERTINENTE quando la sue elaborazione produce un EFFETTO COGNITIVO POSITIVO. Secondo la TEORIA DELLA PERTINENZA, la COMUNICAZIONE INFERENZIALE è resa possibile dalla PSICOLOGIA INGENUA, vale a dire dalla capacità cognitiva di attribuire stati mentali agli altri per interpretare e predire i loro comportamenti. La nostra mente è naturalmente portata ad interpretare il comportamento degli altri attribuendo stati mentali quali CREDENZE o DESIDERI all’agente: fa parte della PSICOLOGIA INGENUA la credenza che gli stati mentali siano cause dei comportamenti. MENTALIZZAZIONE VS GRAMMATICA UNIVESRALE (CHOMSKY) DONALD DAVIDSON sottolinea in DUE PUNTI il legame tra il possesso di credenze e il linguaggio: 1. Per avere una credenza è necessario avere il concetto di credenza; 2. Per avere il concetto di credenza si deve avere un linguaggio. Poiché la capacità di avere credenze implica la capacità di avere il concetto di credenza è possibile riformulare l’argomento di DAVIDSON in 4 PUNTI: 1. Avere una credenza implica capacità METARAPPRESENTAZIONALI (CREDERE DI CREDERE); 2. Le capacità METARAPPRESENTAZIONALI dipendono dal linguaggio; 3. Solo gli animali parlanti hanno METARAPPRESENTAZIONI; 4. Solo gli animali parlanti hanno CREDENZE. Il punto di distinzione tra gli umani e gli altri animali è legato all’idea che solo gli animali parlanti siano capaci di costruire meta rappresentazioni. LE SCIMMIE HANNO UNA TEORIA DELLA MENTE? Con il termine TEORIA DELLA MENTE si intende la capacità di MENTALIZZARE il COMPORTAMENTO. PREMACK e WOODRUFF sostengono che gli scimpanzé sono in grado di interpretare il comportamento degli umani attribuendo loro stati mentali. I due studiosi mostrarono ad alcuni scimpanzé il video di un essere umano intento recuperare un oggetto inaccessibile, (delle banane agganciate al soffitto) chiedendo alla scimmia di completare la sequenza di azioni. Poiché le scimmie eseguivano correttamente il compito, la loro tesi è che riuscivano a risolvere il problema perché interpretavano i comportamenti dello sperimentatore nei termini dei suoi stati mentali: la scimmia, in altre parole, INTERPRETA ciò che vede assumendo che l’umano voglia la banana e stia tenacemente cercando di raggiungerla. Il punto in discussione è capire se la TEORIA DELLA MENTE possa rappresentare uno sbarramento di tipo QUALITATIVO che separa bruscamente il pensiero animale da quello umano, rendendo così possibile una PROPRIETA’ UNICA degli umani come il linguaggio, o se sia invece possibile distinguere GRADI DIVERSI di capacità di mentalizzazione. CONCLUSIONE: gli scimpanzé sarebbero capaci di attribuzioni di stati mentali SENSORIALI (vedere, volere, aspettarsi), ma non di attribuzione di STATI EPISTEMICI (credenze). IL SISTEMA METARAPPRESENTAZIONALE Il passaggio dalla comunicazione animale ai caratteri di FLESSIBILITA’ e CREATIVITA’ tipici del linguaggio umano è rintracciabile nei dispositivi di mentalizzazione che rendono possibile inferire le intenzioni comunicative del parlante. I DISPOSITIVI DI MENTALIZZAZIONE sono sistemi metarappresentazionali. TOMASELLO considera il LETTORE DELLA MENTE come l’UNICO ADATTAMENTO BIOLOGICO FONDAMENTALE di cui devono disporre gli umani per poter dar vita al linguaggio. Finora abbiamo fortemente criticato l’approccio neocartesiano agli studi sul linguaggio. C’è però un aspetto della prospettiva cartesiana che merita grande attenzione: il ruolo dell’USO CREATIVO DEL LINGUAGGIO nel delineare la differenza tra la rigidità meccanica della comunicazione animale e la flessibilità creativa del linguaggio umano. Alla base dell’uso creativo del linguaggio c’è la questione del PARLARE IN MODO APPROPRIATO, ciò a cui CHOMSKY fa riferimento nei termini della COERENZA e CONSONANZA ALLA SITUAZIONE delle espressioni linguistiche. L’idea di CHOMSKY è che il PROBLEMA DI CARTESIO sia soggetti che anche se perfettamente in grado di rispettare la sintassi dell’enunciato, sono deficitari sul piano del discorso. E’ il caso della SINDROME DI WILLIAMS ( incapacità di integrarsi nell’ambiente fisico. Imparano in fretta molte parole ma non hanno esperienza delle parole: è come leggere senza capire ciò che si sta leggendo) e della SCHIZOFRENIA (i soggetti non riescono a mantenere la rotta del discorso e dunque a produrre un discorso coerente in senso globale). Lo studio di queste patologie serve per constatare che questi soggetti sono incapaci di elaborare il flusso del parlato pur avendo perfettamente integre le capacità di analisi della struttura degli enunciati. COMUNICARE E’ NAVIGARE Il parlare in modo appropriato è connesso alla capacità del radicamento degli individui all’ambiente. La capacità d costruire un discorso è simile ai processi di navigazione nello spazio e nel tempo. Quindi parlare in modo appropriato è il risultato di una mente capace di ORIENTARSI CORRETTAMENTE nello SPAZIO E NEL TEMPO. Dal punto di vista dei DEFICIT SPAZIALI, il caso più documentato è quello della SINDROME DI WILLIAMS, una patologia caratterizzata prevalentemente da deficit rappresentazionali di tipo VISIVO- SPAZIALE. Questa sindrome incide sugli aspetti narrativi del linguaggio: i soggetti presentano una dissociazione tra le funzioni di MICROANALISI (intatte) e quelle di MACROANALISI (deficitarie). RIASSUMENDO: la nostra idea è che i comportamenti flessibili degli esseri umani siano legati ad un MACROSISTEMA FUNZIONALE in grado di garantire operazioni di RADICAMENTO E PROIEZIONE. Il funzionamento di tale sistema, da noi definito SISTEMA TRIADICO DI RADICAMENTO E PROIEZIONE, è reso possibile dall’azione di tre diversi sottosistemi di elaborazione: 1. INTELLIGENZA ECOLOGICA (rappresentazione dello spazio) 2. INTELLIGENZA SOCIALE (spazio condiviso con altri organismi) 3. INTELLIGENZA TEMPORALE (continuità nel tempo dell’esperienza degli individui). CONCLUSIONI Per quanto il dibattito sia ancora aperto, numerosi esperimenti dimostrano che le grandi scimmie sano capaci di utilizzare i simboli in senso proprio. Questi risultati mettono in discussione la pretesa di chi, porta avanti l’idea della DIFFERENZA QUALITATIVA degli umani rispetto a tutti gli altri animali, e spostano le indagini dalla sintassi e la capacità simbolica a COME gli esseri umani sono in grado di costruire il flusso del discorso in maniera COERENTE E CONSONANTE alla situazione. Le proprietà essenziali del linguaggio sono da ricercare nei sistemi cognitivi che garantiscono un RADICAMENTO FLESSIBILE AL CONTESTO. I sistemi di PROIEZIONE che consentono una DISLOCAZIONE nello SPAZIO E NEL TEMPO, sono presenti; seppur in grado diverso, anche in altri animali. Questo spiega i comportamenti flessibili delle scimmie e degli ominidi e le capacità che essi mostrano nell’uso di alcuni elementi chiave delle competenze linguistiche umane. Dato che la FLESSIBILITA’ E’ UNA QUESTIONE DI GRADO, la CREATIVITA’ e la LIBERTA’ del linguaggio non possono essere considerate come proprietà del tipo TUTTO-O-NIENTE che caratterizzano in modo esclusivo gli esseri umani conferendo loro uno statuto di SPECIALITA’. Parlare in modo appropriato implica un notevole SFORZO COGNITIVO, NON E’ un processo AUTOMATICO E OBBLIGATO, caro ai fautori del linguaggio come un modulo. La comunicazione è sempre un EQUILIBRIO INSTABILE tra le intenzioni del parlante e le aspettative dell’ascoltatore. COMUNICARE è un impegno continuo che porta gli interlocutori a tener costantemente conto gli uni degli altri cercando di comprendersi e sforzandosi costantemente di farsi comprendere.
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