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Dalla comunicazione al linguaggio. Ferretti-Adornetti, capitolo 1: le scimmie, Sintesi del corso di Filosofia del Linguaggio

Riassunto del primo capitolo: le scimmie. Dalla comunicazione al linguaggio.

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Dalla comunicazione al linguaggio. Ferretti-Adornetti, capitolo 1: le scimmie e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia del Linguaggio solo su Docsity! Le scimmie Ciro (pappagallo che ripeteva “imbecille”). Non lo pensa, ma ti pare che lo pensa? Non producono espressioni linguistiche in senso proprio. Non c’è connessione tra linguaggio/pensiero. Riproducono solo la meccanica del suono ma non il significato. Cordemoy, 1668. Mi sembra che parlare non sia ripetere le stesse parole da cui l’orecchio è stato colpito, bensì consista nel dirne altre in relazione a quelle. Paragona il caso di Ciro all’eco. Effetto Cleaver Hans. Dimostra che le azioni degli animali che sembrano chiamare in causa forme di pensiero sono interpretabili in termini meccanici e involontari. William van Osten ed il suo cavallo Hans, 1891. Alex, pappagallo cenerino allevato alla Harvard University da Irene Pepperberg. George Johsons, 2007. Alex wanted a cracker, but did he want one? Le richieste di Alex sono semplici espressioni meccaniche rinforzate dal cibo che Alex ottiene quando emette certi suoni. Il caso di Alex è una prova dell’effetto Cleaver Hans. Pepperberg. Se avessi avuto a che fare con un bambino, chiunque avrebbe accettato senza problemi che quel bambino voleva davvero l’uva (paragone Alex-bambino). Perché a meno di un pregiudizio antropocentrico, dovrebbero cambiare le regole del gioco quando la valutazione riguarda un animale non umano? (problema delle altre menti). 1. Cartesiani di ieri Cartesio, 1649. Differenza qualitativa dovuta al possesso dell’anima razionale. A parola è l’unico segno del pensiero, la vera differenza tra umani e bruti. “Non si è ancora mai osservato che una bestia sia giunta ad utilizzare un vero linguaggio con la voce o segni a qualcosa che potesse riferirsi al solo pensiero e non all’istinto naturale”. Problema delle altre menti: come poter riconoscere, al di là delle fattezze fisiche, se qualcuno che è in tutto e per tutto uguale a noi rispetto al suo corpo, possa davvero essere un umano come noi? Cartesio nel discorso sul metodo, 1637. Se ci fossero macchine con l’aspetto esteriore di una scimmia non riusciremmo a distinguerle. Al contrario, se fossero simili agli umani avremmo ancora due mezzi: • Queste macchine mai potrebbero usar parole o comporre altri segni come facciamo noi per comunicare i nostri pensieri. • Anche se facessero molte cose, anche meglio di noi, sbaglierebbero infallibilmente in altre lasciando così capire che esse non agiscono per conoscenza ma per disposizione dei loro organi. Differenza tra l’agire meccanico e istintivo degli animali-macchine e l’agire libero e creativo degli esseri umani. Differenza qualitativa, relazione tra pensiero e linguaggio. Gli umani sono capaci di strategie comportamentali flessibili, riescono a far fronte a problemi nuovi e inusuali perché dispongono della ragione. 2. Cartesiani di oggi Chomsky, 1966. Distinzione tra il linguaggio e i sistemi di comunicazione animale. L’uso creativo del linguaggio, libertà e creatività. Una macchina viene costretta ad agire in una certa maniera, mentre un essere umano è solo “incitato e disposto” a comportarsi in questo modo. Per capire cosa caratterizza nello specifico il linguaggio umano bisogna guardare a ciò che lo distingue dalla comunicazione animale, non a ciò che a essa lo accomuna. È l’idea che il linguaggio umano sia interpretabile solo ammettendo uno scarto di ordine “qualitativo” tra gli umani e gli altri animali. Salto metafisico che pone l’essere umano in una condizione di specialità nella natura. 1. La complessità del linguaggio Chomsky. Il linguaggio risponde a principi “totalmente differenti” da quelli della comunicazione animale. Rinuncia ad ogni forma di continuismo (Chomsky contro il Darwinismo). Il suo modello del linguaggio non si presta ad essere spiegato nei termini di quelle modificazioni numerosi, successive e lievi che costituiscono l’ossatura dell’evoluzione governata dalla selezione naturale. Alfred Russel Wallace (co-fondatore della Teoria dell’evoluzione), “Natura morale e intellettuale dell’uomo” le capacità umane per l’immaginazione creativa, il linguaggio e altre modalità del simbolismo, a quanto pare, si sono cristallizzate 50.000 anni fa all’interno di un piccolo numero di allevatori che contraddistingue gli esseri umani abbastanza nettamente dagli altri animali. Ian Tattersall, fu l’invenzione del linguaggio a costituire quell’evento improvviso ed emergente che fa lo stimolo scatenante per la comparsa della capacità umana nella cronaca evolutiva. Alla base del riferimento a Wallace vi è l’idea che se il co-fondatore della teoria dell’evoluzione porta argomenti a sostegno dello stato di “eccezione” degli umani nella natura, allora la differenza qualitativa non è in contrasto con la teoria dell’evoluzione. Questo argomento si basa su un duplice equivoco: • Non tiene conto del mutamento di prospettiva avuta da Wallace (i limiti della selezione naturale applicata all’uomo, 1870). Come si sono cristallizzati nel cervello dei selvaggi, visto che non ne fanno uso, capacità di cui si servono gli uomini civili? Bisogna fare appello ad un qualche nuovo potere diverso da quello che ha guidato lo sviluppo degli animali inferiori, diverso dalla selezione naturale. • Il dissidio fra Darwin e Wallace non è da riferire a due modi distinti di intendere le strategie evolutive, ma a due modi diversi di intendere la natura umana. Darwin, gli umani sono animali tra gli altri animali e tutte le proprietà che li riguardano devono essere analizzate in termini di selezione naturale. Wallace, l’evoluzione umana deve far riferimento a non meglio precisate “forze e influenze non ancora verificate dalla scienza”. I motivi che spingono Chomsky a criticare il gradualismo Darwiniano sono da ricercare nella GU. 3. Il primato della grammatica Chomsky, il linguaggio umano risponde a principi totalmente diversi da quelli tipici della comunicazione animale. La GU, inventario di conoscenze innate alla base dei processi di produzione, comprensione e apprendimento del linguaggio. Lashley, 1951. Per quanto il linguaggio abbia tutta l’apparenza di una successione di suoni, in realtà le sequenze tipiche della produzione verbale sono governate da un complesso piano gerarchico difficilmente interpretabile in termini associazionistici. Quello che in superficie appare una successione temporale di associazioni è in realtà il risultato del funzionamento di un piano gerarchico di argomentazione. Lenneberg, 1967. Esempio della centrale di controllo di una stazione ferroviaria. Secondo la prima ipotesi, B si muove dopo che ha visto A arrivare. Secondo l’altra invece, B non utilizza l’informazione di A perché questa può Terrace a riconoscere che le sequenze prodotte da Nim non potevano essere paragonate alle frasi prodotte dagli umani per due motivi: • La mancanza di incremento della complessità strutturale delle frasi prodotte dalla scimmia. • Spontaneità e libertà dell’uso creativo del linguaggio umano. Le risposte di Nim erano ripetizioni meccaniche degli stessi segni utilizzati nelle domande. Terrace dovette cambiare le conclusioni del suo lavoro. Gli scimpanzé non erano in grado di produrre frasi in senso proprio. I suoi studi fecero la fortuna dei neocartesiani. In riferimento allo studio svolto da Terrace, Chomsky poté sostenere che lo studio sulla comunicazione animale rappresenti per l’analisi del linguaggio una completa perdita di tempo. Pinker, 1994. Nel dominio della psicologia, le affermazioni più ambiziose sul linguaggio degli scimpanzé sono una cosa del passato. 4 Mettere da parte la grammatica Ad imprimere una svolta agli studi sul linguaggio nelle grandi scimmie fu Sue Savage-Rumbaugh. All’inizio i tentativi di far apprendere la lingua dei segni non la convincevano affatto. Per lei le capacità che governano la comprensione (e non la produzione) del linguaggio sono caratteristiche essenziali del suo funzionamento. Era fortemente scettica che una cosa analoga potesse valere per le scimmie. Nel 1974 entra a far parte del Lana project (Duane Rumbaugh e Ernst von Glasersfeld) allo scopo di studiare le capacità linguistiche degli scimpanzé alle prese con un codice artificiale di lessigrammi denominato Yerkish in onore di Robert Yerkes. I suoi dubbi derivavano dal fatto che quando Lei chiedeva qualcosa alla scimmia usando le stesse parole utilizzate da Lana, quest’ultima non era capace di rispondere in modo appropriato. La sua tesi fu che Lana (come Washoe) fosse competente sul piano della produzione ma non sul piano della ricezione. Cambiò così paradigma teorico, spostare l’attenzione dalle frasi alle parole. Così facendo l’essenza del linguaggio, più che dalla sintassi veniva a dipendere dalle proprietà simboliche delle parole. •.1. Protosimboli o simboli in senso proprio? Struhsaker, 1967. Richiami d’allarme dei cercopitechi verdi (pag. 34). Gouzoules e colleghi, 1984. Grida delle scimmie reso (Macaco Mulatta). Le grida delle scimmie reso possono essere interpretate come rappresentazioni che si riferiscono agli oggetti e agli eventi esterni (esperimento). La tesi è che le scimmie siano in grado di utilizzare espressioni referenziali. Deacon, l’idea che i richiami delle grandi scimmie possano essere considerati in analogia con le parole del linguaggio umano è fondata su un uso scorretto del termine “riferimento”. Per Deacon il riferimento simbolico rappresenta una barriera evolutiva invalicabile per gli animali non umani, la capacità di riferimento degli umani risponde a principi totalmente diversi da quelli di altri animali. Poiché il tratto più insolito del linguaggio è il suo fondamento simbolico, la prima cosa da fare è capire cosa distingue il riferimento simbolico dalle altre forme di riferimento che usa la comunicazione animale. Deacon, chiama in causa la nozione di “interpretante” di Charles Sanders Peirce per sostenere che le parole non sono semplici suoni, ad attribuire a questi elementi la capacità di riferirsi ad altre cose è un processo di interpretazione di cui una parte fondamentale avviene nella mente. Per Deacon la capacità di un simbolo di riferirsi a un oggetto o un evento è una funzione complessa della relazione che quel simbolo stabilisce con altri simboli. L’avvento delle capacità simboliche è davvero il “Rubicone mentale” che separa la nostra specie da tutte le altre? Sherman e Austin (Savage-Rumbaugh), capire se fossero in grado di utilizzare i simboli in senso proprio. Lo scopo è di provare a raggiungere l’essenza del linguaggio: la capacità di comunicare all’altro qualcosa che non conosce. Sulla questione se le scimmie usano simboli in senso proprio fa perno su una duplice capacità d’uso dei simboli, l’uso richiestivo e l’uso nominale (esperimento lessigramma pag. 38). Finché le scimmie usano i lessigrammi a scopo richiestivo non è possibile sostenere che esse siano in grado di usare i simboli per nominare l’oggetto cui si fa riferimento. Sherman e Austin hanno dato prova di riuscire nel compito. La distinzione tra uso richiestivo di un simbolo e uso descrittivo è il sintomo di superficie di una capacità di carattere più generale: la possibilità di sganciarsi dalla relazione meccanica e diretta tra una parola e il suo riferimento sfruttando le proprietà astratte del sistema simbolico. Anche Deacon riconosce che gli esperimenti di Savage-Rumbaugh vanno nella direzione del superamento di quel “Rubicone mentale” da lui posto a salvaguardia della specificità del linguaggio umano. Per Deacon i due scimpanzé avevano appreso “che la relazione tra un lessigramma e un oggetto è funzione della relazione che intercorre con altri lessigrammi, e non solo la comparsa correlata di lessigramma e oggetto. È questa l’essenza di una relazione simbolica”. Per dar prova del fatto che gli scimpanzé Sherman e Austin erano in grado di comprendere i simboli di cui si servivano per comunicare, Savage-Rumbaugh nel 1986 ha insegnato ai due scimpanzé a comunicare tra loro. Esperimento Sherman-Austin (pag. 41), comunicano sapendo di comunicare. Savage-Rumbaugh, Sherman e Austin attribuivano stati intenzionali all’interlocutore capendo il contenuto del lessigramma perché provavano “sorpresa” e “disappunto” nel caso in cui ricevevano dallo sperimentatore un’informazione sbagliata. Davidson, 1982, capacità del genere sono esclusive degli umani perché sono alla base di un pensiero metarappresentazionale del tutto assente in altri animali. •.2. Il primato della comprensione sulla produzione: Kanzi. Gli studi sul rapporto tra comunicazione animale e linguaggio umano erano destinati a conoscere una svolta clamorosa nel 1980 con la nascita di Kanzi. Dall’esperimento su Kanzi la tesi di Savage-Rumbaugh è che le conoscenze circa l’uso dei lessigrammi che Kanzi aveva acquisito fossero il prodotto di una lunga “incubazione” maturata durante la partecipazione ai turni di apprendimento di Matata (madre adottiva). Kanzi era stato in grado di comprendere molto di più di quanto non fosse in grado di esprimere. I processi di comprensione costituiscono l’essenza del linguaggio umano. La comprensione richiede un processo intellettuale attivo nell’ascoltare l’altro e nel cercare di comprendere, da pochi suoni, il significato e le intenzioni dell’altro. L’idea di Savage-Rumbaugh è che i processi di comprensione delle grandi scimmie si avvalgono della capacità di questi animali di attribuire stati mentali agli altri (lettura della Mente). Causò un ridimensionamento della prospettiva Chomskiana, per comprendere il linguaggio non occorre ipotizzare un dispositivo innato e specifico come la grammatica universale. Per capire se Kanzi fosse capace di utilizzare espressioni sintatticamente strutturate, Savage-Rumbaugh chiese aiuto alla linguista Patricia Greenfield. Capire se le espressioni di Kanzi avessero un carattere strutturale (esperimento pag. 47). •.2.1. Non ti crederanno mai Nel maggio del 1988 Savage-Rumbaugh pensò di sottoporre la scimmia alla prova del linguaggio verbale eliminando la barriera artificiale dei lessigrammi e della Keyboard (esperimento pag.48). il pregiudizio antropocentrico è il modo in cui gli umani costruiscono la propria identità di specie in termini di unicità nella natura. 4. Neoculturalismo Secondo la vecchia tradizione culturalista, il linguaggio è la condizione costitutiva del pensiero (Whorf 1956). Sussurre 1916, è il linguaggio a mettere ordine alla massa amorfa del pensiero. Questa posizione è stata definita Modello Standard delle Scienze Sociali (MSSS)(Tooby e Cosmides 1992), segna una cesura netta fra umani ed animali: se per avere pensiero occorre il linguaggio, gli animali che non parlano non possono pensare. Tooby e Cosmides hanno mostrato che il MSSS è un paradigma destituito di qualsiasi fondamento empirico. In primo luogo al riferimento ad un’architettura cognitiva del tutto inconsistente. Michael Tomasello 1994, riconosce che l’incontro avuto con Kanzi alla Georgia state University ha segnato profondamente il proprio modi di considerare le competenze comunicative delle grandi scimmie. Le grandi scimmie capiscono qualcosa dei fini e dei punti di vista altrui e di come essi cooperino insieme in un’azione individuale intenzionale in un modo molto simile a quello degli infanti umani. Colgono l’aspetto intenzionale della comunicazione. Possiedono un sistema cognitivo in grado di mentalizzare il comportamento altrui. Lettore della mente, è un dispositivo cognitivo particolarmente utile nella gestione delle relazioni sociali tra gli individui all’interno del gruppo e nella gestione della comunicazione intenzionale. Per Tomasello attribuire stati mentali come credere o volere è alla base di qualsiasi forma di interazione sociale. Ma non è disposto a rinunciare all’idea di una distinzione netta tra le capacità comunicative degli umani e quelle delle grandi scimmie. Berthoz 1997, l’evoluzione delle capacità cognitive dei primati (anche umani) deve essere interpretata in un’ottica di competizione sociale. Il cervello umano si è evoluto allo scopo di “anticipare le mosse dell’altro”. Tomasello, non è alla competizione che si deve guardare, gli umani hanno tratto vantaggio dalle spinte selettive che esaltano gli aspetti della cooperazione sociale. Nel linguaggio umano ciò che interessa il parlante e l’ascoltatore non è tanto “cosa” viene detto ma “perché”. È qui che la differenza tra le menti competitive (grandi scimmie) e le menti cooperative (umani) si rivela di grande importanza. Solo una mente pronta alla cooperazione è capace di riconoscere che chi parla sta fornendo informazione a vantaggio dell’ascoltatore. Le scimmie a differenza degli umani non sanno condividere l’informazione che qualcuno gli dà, s comportano con fini egoistici (esperimento pag. 54).
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