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Dalla Guerra di Crimea alla II rivoluzione industriale, Appunti di Storia

La guerra di Crimea, il regno d'Italia, La Prussia e la III guerra d'Indipendenza italiana, la guerra franco-prussiana, la comune di Parigi, la Germania di Bismark, la guerra di secessione americana, la II rivoluzione industriale

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 29/10/2023

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claudia-crispino-2 🇮🇹

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Scarica Dalla Guerra di Crimea alla II rivoluzione industriale e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Storia La guerra di Crimea Nel 1849 inizia il governo di D’Azeglio che rafforza il ruolo del parlamento ed emana le Leggi Siccardi che aboliscono i privilegi del clero. Pochi anni dopo, nel 1852, Camillo Benso, Conte di Cavour diventa presidente del consiglio concludendo il processo per arrivare alla monarchia parlamentare e dare vita ad un governo liberale, ciò gli permette di appoggiare la causa dell’indipendenza nazionale. La preoccupazione principale di Cavour restava una: provocare al più presto una nuova guerra contro l’Austria per cacciarla dal territorio italiano. Tuttavia far scoppiare la guerra non era affatto semplice poiché mancavano i pretesti in quanto l’unico interesse dell’Austria era continuare a governare il Lombardo-veneto grazie ad un esercito quasi il doppio di quello piemontese. Vista la sproporzione di forze Cavour aveva bisogno di alleanze internazionali con almeno una delle potenze europee, come la Francia. Coinvolgerla però era complicato poiché Napoleone III aveva promesso ai francesi un periodo di pace e inoltre nessuno, dopo il congresso di Vienna, aveva osato modificare i confini stabiliti dalla Santa Alleanza. Cavour però riuscì a trovare un pretesto con la guerra di Crimea. Tale guerra era stata causata dalla Russia per potersi procurare uno sbocco sul Mediterraneo, nel 1853 aveva occupato due importanti territori turchi in Europa (Moldavia e Valacchia). Francia ed Inghilterra, non contente delle navi russe nel Mediterraneo decisero, nel 1854, di entrare in guerra al fianco dei turchi. La Francia chiese aiuto al Piemonte e così Cavour, senza consultare il parlamento, ma solo di comune accordo con il Vittorio Emanuele II, inviò 18000 bersaglieri in Crimea. La guerra si concluse nel settembre del 1855 con la sconfitta della Russia. Nel 1858, Cavour, poté partecipare al Congresso di Parigi per definire le condizioni della pace. Egli non ottenne nulla di concreto tuttavia individuò l’Austria come un fattore pericoloso, denunciando le sue prepotenze e Inghilterra e la Francia si mostrarono favorevoli all’indebolirla. Napoleone non si impegnò concretamente fino a quando nel 1858 il mazziniano Felice Orsini lanciò tre bombe nella sua carrozza, colpendo molte persone tranne il diretto interessato. Questo gesto dimostrò lo stato precario in cui si trovava l’Italia e che se l’Austria non fosse stata cacciata al più si sarebbe scatenata una guerra tra tutti gli stati europei. Orsini fu arrestato e condannato a morte e intanto Napoleone decise di incontrare segretamente Cavour nella cittadina francese di Plombiéres, ciò che fu sancito in questo incontro venne definito Patti di Plombiéres. Questi patti sostenevano che:  La Francia sarebbe intervenuta al fianco dell’Italia ricevendo in cambio Nizza e la Savoia;  La Francia sarebbe intervenuta in questa guerra solo se fosse stata l’Austria ad attaccare per prima; Cavour allora decise di provocare l’Austria ammassando tutte le truppe ai confini con il lombardo-veneto. A questo gesto, l’Austria invia un ultimatum e Vittorio Emanuele II risponde con la celebre frase “Non possiamo rimanere indifferenti all’urlo di dolore dei compatrioti”. Gli austriaci caddero, dunque, nella trappola di Cavour e il 30 aprile 1859 cominciò la II guerra d’indipendenza. Il 4 giugno i due eserciti si scontrarono a Magenta: gli austriaci, sconfitti cominciarono a ritirarsi e Napoleone III insieme a Vittorio Emanuele II e l’8 giugno entrarono trionfalmente a Milano. Questa vittoria suscitò l’entusiasmo in territorio italiano facendo nominare governi provvisori nelle città emiliane e toscane che instaurarono dei governi provvisori. Intanto Napoleone III senza avvertire gli alleati propose all’Austria di trattare l’armistizio poiché si accorse della trappola in cui era caduto, dunque l’11 luglio 1859 venne firmato l’Armistizio di Villafranca nel quale venne stabilito che l’Austria gli avrebbe ceduto la Lombardia. Francesco Giuseppe, per disprezzo, si rifiutò di consegnare direttamente la Lombardia ai piemontesi. Furono quindi organizzati dei plebisciti in molte città del territorio italiano per l’annessione al Regno Sabaudo: il 97% della popolazione toscana, emiliana e romagnola votò per il SI. Di questo di debolezza se ne approfittò Garibaldi il quale organizzò la spedizione dei mille per conquistare i territori dello stato pontificio e del regno delle due Sicilie. L’occasione si presentò quando al trono siciliani si sedette un giovane, Francesco II di Borbone, sottovalutato dai suoi sudditi. L’appoggio che ricevette Garibaldi da Vittorio Emanuele non fu ufficiale ma piuttosto ufficioso infatti il re non concesse nessun equipaggio a Garibaldi ma in caso di vittoria la Sicilia sarebbe stata annessa al Piemonte. Il 5 maggio 1860 i Mille si imbarcarono a Quarto per poi sbarcare a Marsala. A Palermo Garibaldi riesce a sconfiggere le truppe borboniche e Francesco II scappa a Gaeta. Un armistizio segnò poco dopo la fine del governo borbonico in Sicilia. Cavour temeva però che Garibaldi proseguisse fino allo stato pontificio, protetto militarmente dalla Francia. Per evitare la reazione di Napoleone III, Cavour lo convince a far fermare Garibaldi da Vittorio Emanuele II che avvertì il papa che avrebbe sconfinato nel suo territorio senza secondi fini. Intanto Garibaldi bloccato nel napoletano, sconfisse ancora una volta l’esercito borbonico sul fiume Volturno e il 26 ottobre 1860 incontrò il re Vittorio Emanuele a Teano dove gli consegnò il regno delle due Sicilie. Escluso il nord-est e i territori rimasti al papa, l’Unità d’Italia poteva definirsi completa e il Parlamento iniziò i lavori per la nuova legislatura che proclamava Vittorio Emanuele II re d’Italia per segnare la continuità con il Piemonte. Il 17 marzo 1861 viene proclamata l’Unità d’Italia che prevedeva una monarchia costituzionale. La capitale amministrativa divenne Torino e come gesto provocatorio come capitale simbolica venne scelta Roma. Il regno d’Italia Il 17 marzo 1861 si riunì a Torino, il primo parlamento del Regno D’Italia. Questo parlamento respinse la proposta dei democratici, che chiedevano di elaborare una nuova costituzione e piuttosto estese a tutt’Italia lo statuto albertino che lasciava il diritto di voto su base censitaria. Il Regno d’Italia divenne quindi l’espressione di un ceto molto ristretto appartenente all’élite borghese liberale che si riconosceva nelle posizioni espresse da Cavour. Il nuovo governo fu formato dai rappresentanti di questo partito che presero il nome di destra storica alla quale si contrappose la sinistra storica, in minoranza, che faceva riferimento alle esperienze risorgimentali dei democratici. Una delle prime decisioni prese dalla destra fu quella di suddividere l’Italia in province e comuni (unità amministrative locali). A capo delle provincie vennero messi i prefetti, responsabili dell’ordine pubblico mentre alla guida dei comuni vennero messi i sindaci. Entrambi furono l’espressione della volontà governativa. La nazione che la destra doveva governare si trovava in condizioni di grave arretratezza, infatti mancavano le infrastrutture, la produzione industriale era bassissima e quasi il 78% della popolazione era analfabeta e soggetta a malattie e denutrizione. Il problema più grande però, era costituito dal Debito Pubblico contratto dall’Italia nei confronti delle banche estere. Dopo solo pochi anni, il Regno d’Italia era già sull’orlo della bancarotta e per evitare un fallimento totale, la destra storica fu costretta a intraprendere una politica fiscale aggressiva, aumentando notevolmente le tasse. La destra storica aveva due scelte: l’umiliazione subita durante la II guerra d’Indipendenza, consegnarono il Veneto ai prussiani, i quali a loro volta lo consegnarono all’Italia. La guerra franco-prussiana Una volta dimostrata la propria potenza militare all’Europa, Otto Von Bismark divenne cancelliere (capo del governo) della Prussia. Intanto Napoleone III stava attuando una ristrutturazione urbanistica di Parigi, per fare di essa la capitale d’Europa e mirava ad arrivare al controllo di una parte del continente, tra cui la confederazione germanica del sud. Bismark era consapevole che prima o poi bisognava dichiarare guerra ai francesi e la scatenò con il pretesto della successione al trono di Spagna. La dinastia regnante in Prussia era quella degli Hohenzollern. In Spagna invece regna la dinastia dei Borbone, tuttavia il re non avendo eredi maschi, è in procinto di passare la corona a suo nipote Leopoldo di Hohenzollern, il quale è pronipote di Federico re di Prussia. In questo modo la dinastia degli Hohenzollern avrebbe regnato a est e ad ovest della Francia, ed è per questo che Napoleone III vuole impedire che Leopoldo si sieda sul trono di Spagna. Allora Napoleone, decise di inviare un telegramma a Federico di Prussia, avvertendolo che se tale successione non fosse stata impedita, la Francia sarebbe ricorsa ad azioni estreme. Federico rispose al telegramma con un rifiuto pacato e diplomatico, tuttavia la sua risposta passò nelle mani di Bismark che desideroso di iniziare la guerra modificò il messaggio in chiaro rifiuto offensivo, che divenne inaccettabile per Napoleone. La Francia dichiarò dunque guerra alla Prussia nel 1870, ma la Prussia che si preparava da anni a questo ipotetico scontro, riuscì attraverso una serie di mezzi (tra cui l’utilizzo delle ferrovie per far spostare l’esercito) a sconfiggere la Francia a Sedan, il 2 settembre. Napoleone a seguito della grande umiliazione abdicò e il giorno dopo a Parigi fu proclamata la III repubblica francese. Il governo si spostò a Versailles e nel gennaio del 1871 firmò l’armistizio con i tedeschi. Nella stessa Versailles, il re di Prussia Guglielmo I fu dichiarato Kaiser (imperatore) autoproclamandosi Guglielmo I di Germania nasceva così il secondo Reich, l’impero germanico. La guerra franco-prussiana segnò la fine del potere temporale del papa. In tale situazione, la Francia non fu più in grado di occuparsi dello stato pontificio, e sebbene dovesse farlo l’Italia, il governo italiano ordinò alle truppe di impadronirsi di Roma. Il re fece un ultimo tentativo di conciliazione chiedendo al pontefice il permesso per le sue truppe di entrare pacificamente in città e non ricevendo risposta mise Roma sotto assedio. Così il 20 settembre del 1870 l’artiglieria italiana aprì una breccia nelle mura aureliane, all’altezza di Porta pia. Il papa si considerò prigioniero e il 2 ottobre la popolazione romana approvò con un plebiscito l’annessione al regno d’Italia di cui Roma diventò capitale. Tuttavia la situazione del pontefice restava irrisolta, per questo il parlamento propose delle garanzie al papa attraversi la legge delle guarentigie. Questa legge assicurava al papa:  Nessun controllo sulle attività morali e spirituali della chiesa (così come la chiesa non doveva intervenire nell’attività politica dello stato);  Un’enorme somma di denaro;  La creazione di un nuovo territorio politico, chiamato stato vaticano;  Sovranità del papa sui palazzi del vaticano e del Laterano; Tuttavia il papa non accettò questa legge e continuò a considerarsi in guerra con il Regno d’Italia. Nel 1874 decise di emanare la bolla “non expedit” che vietava a tutti i cattolici di partecipare alla vita politica del regno d’Italia. La comune di Parigi A seguito della vittoria prussiana, la Francia su ritrovò nella terza repubblica e con un governo provvisorio (cioè formato senza elezioni). Tra la popolazione, si sparse la voce che le condizioni di pace dettate dalla Prussia fossero pesantissime, fra cui specialmente la perdita di due regioni al confine, l’Alsazia e la Lorena, che sarebbero passate ai prussiani. Inoltre la Prussia impose alla Francia pesanti indennizzi militari (risarcimenti) e una serie di restrizioni riguardanti l’ambito degli armamenti. A Parigi, le masse popolari non accettano tali condizioni, così decisero di ribellarsi dando vita a una nuova assemblea rivoluzionaria che prese il nome di comune. Per mesi Parigi visse con essa un esperimento di democrazia diretta, ispirato alla giustizia sociale: fu concessa l’elezione a suffragio universale; ci fu la fissazione di un “salario massimo” per abbattere i redditi più alti; le fabbriche, che non erano più proprietà privata ma dello stato, furono abbandonate dai padroni. L’obbiettivo era quello di estendere a tutti i territori francesi tali modalità, tuttavia il governo non era favorevole e per questo in 28 maggio 1871 le truppe governative entrarono nella capitale e dopo una settimana di repressioni violente, fu consegnata all’Impero germanico. La Germania di Bismark Il secondo Reich era la maggiore potenza economica-militare e di conseguenza scomoda a tutte le altre potenze. La Germania vantava una forte organizzazione militare, di un’abbondanza di materie prime, un sistema d’istruzione altamente qualificato che la poneva all’avanguardia nella ricerca scientifica e di un’industrializzazione avanzata. Era uno stato federale, composti da 25 stati dotati da autonomia amministrativa, anche se le scelte politiche erano accentrate nel governo prussiano di Berlino, presieduto dal cancelliere Bismark. I rami del parlamento erano 2:  Reich stag (camera bassa) corrispondente alla camera dei deputati;  Bunde stag (camera alta) dove si riunivano i rappresentati delle varie regioni; Le due camere avevano il potere legislativo, mentre quello esecutivi era detenuto dall’imperatore e dal cancelliere. Tra gli anni 60 e 70 emersero due partiti di massa, il centro, di d’ispirazione cattolica, il partito social-democratico, formato dai socialisti marxisti e che non rappresentavano il movimento operaio. Tuttavia Bismark si oppose con forza a tali partiti in quanto rappresentati di gruppi e classi sociali che considerava nemici ai progetti imperiali della nuova Germania. Poiché il centro rappresentava principalmente la Bau, l’unica regione a maggioranza cattolica ed essa richiedeva maggiore autonomia per contrastare l’autoritarismo prussiano, tra il 1872- 1875 Bismark inaugurò la “Battaglia per la civiltà” insieme ad una serie di leggi contro i cattolici mirate ad affermare il carattere laico dello stato. Le persecuzioni però non fecero altro che raddoppiare i cattolici, che costrinsero Bismark a ritirare le leggi che piuttosto scatenò successivamente la sua furia contro i socialisti. La guerra di secessione americana Tra 800 e 900 la corsa all’industrializzazione vide l’esordio degli Stati Uniti. In poco più di un secolo le 13 ex colonie si estesero diventando 31 stati e tale ampliamento ebbe inizio quando il presidente Jefferson ottenne da Napoleone Bonaparte la possibilità di acquistare la colonia francese della Luisiana. Due funzionari furono incaricati di esplorare i territori sconosciuti della nuova regione fino alle spiagge del Pacifico, iniziando così la conquista del Far West. Nel 1846 gli Stati Uniti organizzarono una guerra per conquistare il Messico e dopo due anni si appropriarono della California. Fu proprio in California che venne scoperto un filone aurifero (miniera o fiume contenente oro) che scatenò la cosiddetta “Febbre d’oro”. I cercatori arrivarono da ogni parte del mondo e le navi approdarono nella Baia di San Francisco, che nel giro di un solo anno aumentò esponenzialmente i suoi abitanti. La conquista del West venne completata dai pionieri che si mossero in cerca di terre da coltivare. Nel 1869 per facilitare gli spostamenti, fu realizzata l’unione ferroviaria degli stati uniti. A favore delle grandi compagnie ferroviarie fu approvata la legge “Homestead act” che gli permetteva di impadronirsi di porzioni di territorio, per poi rivenderle a prezzi più alti. Con la conquista del West si delinearono 3 diverse società, corrispondenti a 3 diverse zone del paese:  Il Nord, ricco e industrializzato;  Il Sud, in cui vi erano enormi estese di latifondi dove lavoravano 4 milioni di schiavi;  L’Ovest basato sull’agricoltura, l’allevamento e i commerci; L’economia del sud si basava sulla monocultura. Inoltre la mano d’opera era costituita dagli schiavi, che erano proprietà del proprio padrone, il quale aveva diritto di vita e di morte su di essi e dovevano offrirgli vitto e alloggio e in caso di malattie avrebbero dovuto curarli, perché la necessità del padrone era quella di avere uno schiavo in salute inoltre i figli degli schiavi diventavano autonomamente anch’essi schiavi. L’economia del nord invece era fortemente industrializzata e la schiavitù fu abbandonata. Al suo posto fu utilizzata la mano d’opera operaia, a cui, differenza dello schiavo, non veniva offerto vitto e alloggio e le cure necessarie in caso di malattia. Il problema della schiavitù divenne motivo di scontro fra gli abolizionisti del Nord e i latifondisti del sud, che vorrebbero estenderla anche all’ovest. Nel 1860 Abram Lincoln venne eletto presidente degli stati uniti d’America, con l’intento di abolire la schiavitù in tutti gli stati. Allora gli stati del sud iniziarono una ribellione che sfocerà in una guerra civile definita guerra di secessione (1861-1865) e gli stati del sud si dichiararono indipendenti e fondano la confederazione degli stati d’America. La guerra durò 4 anni e portò alla sconfitta del sud e alla proclamazione dell’abolizione della schiavitù. Dopo la guerra il governo decise di porre fine alla questione indiana. Da tempo l’avanzata dei pionieri costrinse i Pellerossa a trasferirsi in territori sempre più ristretti, impegnandoli in scontri sanguinosi. Pian piano tali scontri degenerano in guerre di sterminio che presero il nome di guerre indiane. Il massacro di Wounded Knee nel 1890 segnò la vittoria finale degli americani portando i pellerossa sopravvissuti alla reclusione. Iniziò così il decollo economico che porterà la nazione ad assumere un ruolo di primo piano tra le grandi potenze mondiali. Protagonisti di tale crescita furono imprenditori, affaristi e avventurieri (baroni della rapina) che agivano solo in nome del profitto. Essi rispecchiano il mito dei self-made man alla quale si contrappongono i pionieri, coraggiosi e onesti colonizzatori del West. II rivoluzione industriale Il 1873 segnò l’inizio della “grande crisi di fine secolo” detta anche “lunga depressione” che durò più o meno dal 1890-1900. Essa ebbe come conseguenza una serie di trasformazioni che modificarono gli aspetti del capitalismo, l’atteggiamento dei lavoratori, la qualità e quantità dei beni prodotti e lanciò le nazioni industrializzate alla conquista di nuovi territori in altri continenti. Tutti i miglioramenti avvenuti grazie alla I rivoluzione industriale si arrestarono di botto nel 1873 quando l’economia mondiale collassò. Le cause principali furono il crollo della produzione europea dei cereali, l’invasione dei mercati europei del grano americano e la sovrapproduzione
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