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Dalla rivoluzione industriale alla globalizzazione, Sintesi del corso di Storia

Sintesi efficace della storia economica tra la seconda rivoluzione industriale, con introduzione sulle novità della prima, e la globalizzazione.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 02/02/2021

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emanuele-casto 🇮🇹

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Scarica Dalla rivoluzione industriale alla globalizzazione e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! La Prima Rivoluzione Industriale La prima rivoluzione industriale nasce con la costruzione delle fabbriche. È caratterizzata da un passaggio da un sistema di produzione a domicilio, a un sistema di produzione legato alla fabbrica. Precedentemente il sistema di produzione tessile era basato sul telaio posseduto dalle donne delle case distribuite sul territorio. Sostanzialmente il mercante forniva la materia prima, che, dopo essere lavorata e trasformata nel prodotto finito, essa era rivenduta al mercato nelle città. La fabbrica era una struttura che era funzionale allo sfruttamento dell’energia idraulica e, in seguito, di quella derivata dal carbone. In questo modo, grandi macchinari per la trasformazione di queste fonti di energia permettevano di ottimizzare i costi per la produzione tessile. Ma nel momento in cui nacque la fabbrica, ricordiamo che nasce una classe sociale, quella operaia. Seconda Rivoluzione Industriale Le date La seconda rivoluzione industriale ha come coordinate temporali il periodo tra il 1870 e il 1945. Abbiamo imparato però che questa rivoluzione è figlia della prima, infatti è stata permessa dai cambiamenti apportati precedentemente. Caratteristiche rivoluzionarie La ricerca scientifica, da parte di singoli o piccoli gruppi, ha portato ad alcune invenzioni, come la lampadina, l’automobile, l’aeroplano, il cinema, la radio, il telefono e la penicillina. Per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse energetiche, la scoperta e l’uso del petrolio ha permesso di alimentare in modo elettrico i nuovi motori. (energia elettrica) Se prima l’industria era limitata al settore tessile e in parte a quello minerario, ora viene esteso al settore chimico, meccanico e alimentare. In questo caso parleremo di sovrapproduzione. In particolare è l’industria metallurgia e siderurgica ad avere la meglio. Taylorismo e Fordismo Frederick Taylor era un ingegnere che decise di studiare dei nuovi metodi di produzione per aumentare il tasso di produzione senza incrementare in modo significativo i costi. La sua teoria dell’organizzazione scientifica del lavoro prevedeva che il processo di produzione fosse scomposto, così da affidare ad ogni operaio una mansione diversa, organizzare la fabbrica in settori e pagare il singolo operaio in relazione al lavoro effettivamente svolto (organizzazione della catena di montaggio). In questo modo ogni operaio andava a specializzarsi nella propria mansione, riducendo i tempi di produzione, si parla di parcellizzazione del lavoro, e migliorando le condizioni di lavoro. Minor tempo di produzione significa anche riduzione dei costi della manodopera, con un relativo aumento dei salari degli operai e una maggiore produzione. Fu nelle fabbriche della Ford che questo tipo di produzione vide la sua realizzazione. Ma l’adozione di questa tecnica portò molti operai a fare ogni giorno un lavoro ripetitivo che spesso portava a problemi di salute mentale. E proprio una critica forte fu mossa dal film degli anni 30 chiamato tempi moderni, dove, con toni ironici, il personaggio di Charlot (interpretato da Charlie Chaplin) muove una accusa a questo nuovo sistema produttivo, che riduce gli operai a delle macchine che devono compiere sempre lo stesso gesto e che diventavano parte del prodotto stesso. Società per azioni Caratteristica della seconda riv. ind. È la società per azioni. Certe aziende finirono per inglobare quelle più piccole, a tal punto da avere bisogno una ingente quantità di capitale. Attraverso la quotazione in borsa, la gente è in grado di acquistare delle azioni, il cui valore dipende dalla crescita dell’azienda stessa. Questo permetteva alle aziende di raccogliere tutto il capitale di cui avevano bisogno. E’ come se chi compra delle azioni, diventa proprietario di una parte dell’azienda. Ogni persona che investiva in azioni diventava responsabile di quell’investimento e il valore delle azioni poteva aumentare o diminuire, in base al principio di domanda e offerta. La grande depressione Con l’aumentare della produzione subentrò una grande crisi, detta di sovrapproduzione determinata sia dalla concorrenza internazionale, sia dall’incremento della produzione. La modalità adottata dagli stati per uscire dalla crisi fu l’adozione del protezionismo, che si traduceva in un aumento delle tariffe per i prodotti importati. In questo modo il mercato interno era favorito a discapito di quello esterno. Questo portò a guerre delle tariffe, come quella tra Francia e Italia, a cui saranno collegati gli avvenimenti di tutto il novecento, ovvero le guerre mondiali. Il protezionismo in Italia, favoriva principalmente l’acquisto del grano proveniente dal sud, infatti quello proveniente dagli Stati Uniti costava molto poco e faceva concorrenza ai produttori italiani. L’imperialismo Abbiamo già sentito parlare di imperialismo con il colonialismo. Quest’ultimo è stato il fenomeno di conquista delle civiltà indigene presenti nelle terre ancora inesplorate. Ricordiamo il Trattato di Tordesillas che spartiva le terre sconosciute a est al Portogallo e quelle a ovest alla Spagna. L’imperialismo dell’ottocento è tutt’altra storia. La nuova rivoluzione industriale richiedeva nuove risorse e mercati e per questo si andavano a cercare terre dove erano presenti governi deboli, con i quali venivano fatti accordi che spesso erano a loro discapito. L’esempio fu quello dell’Inghilterra. Essa fece degli accordi con i governi locali in India, distruggendo i centri di produzione tessile presenti. In questo modo la materia prima, il cotone, veniva prima raccolto in India, poi portato in Inghilterra e lavorato e infine rivenduto a prezzi più alti di nuovo in India. In questo modo, da una parte l’india poteva comprare solo i prodotti inglesi, mentre l’Inghilterra trovava nel mercato indiano la soluzione alla crisi di sovrapproduzione. L’Italia in guerra L’Italia di Benito Mussolini aveva instaurato una alleanza di tipo difensivo con la Germania, per questo, quando la Germania proseguì con l’invasione della Polonia, Benito si dichiarò inizialmente neutrale. Ma vedendo le vittorie conseguite da Hitler in Francia, Mussolini si illuse che la guerra sarebbe stata veloce, una guerra lampo, per questo entrò in guerra un anno dopo, nel 1940, dimostrando subito la sua incapacità. Se la Germania e l’Italia avessero vinto, l’Italia si sarebbe seduta al tavolo dei vincitori. Quella che sembrava una guerra lampo si prolungò, con l’arrivo nel conflitto dell’Unione Sovietica, del Giappone e degli Stati uniti. L’Italia si trovò divisa in due quando gli angloamericani sbarcarono nelle coste della Sicilia, cominciò il processo di liberazione dal fascismo, mentre nel nord Mussolini fu prima arrestato, poi liberato, e fondò la repubblica di Salò, dove a resistenza partigiana rimaneva combatteva il regime. La divisione in due blocchi IL fatto che l’Italia fosse stata liberata dagli anglo-americani, faceva trovare l’Italia in una posizione di mezzo. Infatti, dopo la guerra, si iniziarono a determinare i due nuovi blocchi che poi entreranno in contrasto con la guerra fredda. D’altra parte i territori liberati dall’Unione Sovietica entrarono a far parte del blocco dell’est. L’inizio della guerra fredda C’è un avvenimento nella Seconda Guerra mondiale, verso la sua fine, che segna l’inizio della guerra fredda. CI troviamo nel 1945 e il Giappone era in netto svantaggio, in quanto avrebbe resistito non di più di altri due o tre mesi. Ma l’America di Truman decise comunque di bombardare le città di Hiroshima e Nagasaki usando una nuova arma, la bomba atomica. Più di essere stato un atto bellico verso il Giappone, l’uso di queste bombe era dimostrativo per l’America del fatto di possedere una nuova tecnologia, che la poteva rendere superiore agli altri stati, tra cui l’Unione Sovietica. E’ da qui che i due stati iniziano la loro corsa. La posizione italiana L’Italia vide nel dopoguerra un referendum istituzionale, il 2 giugno del 1946, dove per la prima volta votarono anche le donne, con cui gli italiani scelsero la forma del nuovo stato, ovvero la repubblica, anche se nel sud vinse la monarchia (la questione meridionale di diversità nord-sud esiste ancora). Nel 48 si tennero le elezioni presidenziali, che videro la vittoria della Democrazia Cristiana di De Gasperi. Questo partito era sostenuto sia dalla chiesa, sia dagli Stati Uniti, per questo De Gasperi prese la decisione di entrare a far parte della sfera di influenza degli Stati Uniti, entrando anche a far parte del Piano Marshall, il piano che distribuiva dei fondi per la ricostruzione dei paesi colpiti dalla guerra. L’adesione al cosiddetto blocco occidentale fu sancita dalla firma del Patto Atlantico, il quale però avrebbe sancito che il partito comunista non sarebbe mai salito al potere. IL miracolo economico Grazie all’afflusso del capitale statunitense, l’Italia fu in grado di trasformare quasi completamente il proprio assetto economico, passando da un paese che trovava fondamento economico nell’agricoltura, a un paese industrializzato, specialmente nel nord Italia (la questione meridionale era ancora viva). La vita delle persone italiane cambia completamente e l’industria si specializza nella produzione di elettrodomestici. Avvengono anche riforme in campo scolastico, ma a causa della questione meridionale, avviene anche una migrazione dal sud Italia, al nord, nella speranza di trovare lavoro nelle industrie. L’istruzione italiana Nonostante il sistema scolastico potenziato, l’Italia continuava ad essere attraversata dalla questione della lingua. Ma una nuova invenzione permise a questo problema di attenuarsi via via di più. IL linguista Tullio De Mauro afferma che attraverso la TV i cittadini italiani sono riusciti ad apprendere un italiano di base, e che queste differenze saranno sempre minori. Gli anni d’oro del capitalismo Eric Hobsbawm, scrittore del saggio “il Secolo breve”, parla del periodo che va dagli anni 50 fino al 1973 di “anni d’oro del capitalismo”. Questo perché la crescita economica in Europa, ma anche negli stati uniti, regna incontrastata. Tra l’altro, in vista di una unione europea, l’economia in Europa era favorita dal MEC (mercato europeo comune), che permetteva il transito di beni e persone tra i paesi aderenti. Il mec fu realizzato attraverso i trattati di Roma. Lo Shock petrolifero Con l’avvento della seconda rivoluzione industriale, la fonte principale di energia era costituita dal petrolio. Da questo presupposto si sviluppò tutta l’economia del secolo. Ma nel 1973 qualcosa di sconvolgente e non previsto fece destabilizzare l’economia dei paesi industrializzati: come risposta alla guerra del Kippur, i pesi arabi produttori di petrolio tagliarono la produzione, facendo aumentare il prezzo del greggio di 4 volte. In poche parole i paesi arabi si erano rivoltati contro i paesi occidentali, mandando un forte segnale sul fatto che l’intera economia dipendeva da loro. Questo fu molto stabilizzante per l’economia occidentale, che si rese conto per la prima volta di dipendere totalmente dagli stati arabi. Il secondo shock petrolifero avvenne nel 1979 e in questo caso, il costo del petrolio raddoppiò ulteriormente. Da questa presa di coscienza partirà negli stati industrializzati una corsa alla ricerca di nuove fonti di energia rinnovabili, permettendo di dipendere sempre meno dal petrolio: è la terza rivoluzione industriale. La Terza rivoluzione industriale Caratteristiche Le date che segnano la rivoluzione industriale coincidono con la fine della seconda Guerra mondiale, ovvero con il 1945, fino ai giorni nostri (inserita nella terza rivoluzione industriale, c’è anche la rivoluzione tecnologica del 1970). In questa nuova era, la ricerca scientifica gioca un ruolo fondamentale ed è portata avanti non più da un singolo scienziato, ma da una intera comunità scientifica, aiutata dalle nuove tecnologie di comunicazione, come il computer e internet. Si iniziano a cercare nuove fonti di energia, soprattutto dopo il 1973 (shock petrolifero). L’energia atomica prevede un largo utilizzo nei primi momenti. Le aziende iniziano ad ingrandirsi, a tal punto da diventare entità sovranazionali, le aziende multinazionali regnano incontrastate. Nel settore produttivo si abbandona la catena di montaggio, per una produzione detta snella, dove i prodotti non superano la quantità che il mercato può assorbire, e si punta alla qualità. Questo tipo di produzione vede la propria realizzazione nell’azienda giapponese della Toyota, dove le macchine devono svolgere tutte le mansioni ripetitive, mentre l’operaio diventa l’ingegnere che controlla la macchina. Il settore che domina incontrastato è il terziario, quello del consumo di massa dei prodotti. Rivoluzione tecnologica Inserita nella terza rivoluzione industriale, la rivoluzione tecnologica avviene con l’avvento di internet e dei computer. Con essa entrano in gioco le industrie aerospaziale e informatica. Internet permette una connessione di tutti in qualsiasi momento, e diventa il mezzo di comunicazione più utilizzato ancora oggi. Globalizzazione Strettamente legata alla rivoluzione tecnologica, la globalizzazione trova le proprie radici in internet e nella società di massa. Le informazioni viaggiano così velocemente che anche le culture iniziano a mescolarsi. L’influenza tra gli stati diventa anche culturale, a tal punto che i paesi occidentali assorbono le culture orientali e viceversa. La singola persona si sente facente parte del mondo. LE multinazionali giocano un ruolo fondamentale, infatti si parla di aziende e monopoli o oligopoli che detengono il 50% degli scambi internazionali. In questo contesto, i paesi che risultano svantaggiati da questa economia si dividono nei paesi esportatori di petrolio, dove le ricchezze si concentrano nei proprietari dei giacimenti petroliferi, paesi dove la manodopera viene sfruttata dai paesi occidentali, e paesi del Terzo mondo proletario, che non sono mai usciti dalla crisi del 73.
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