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Dalle guerre d'italia alle guerre dei trent'anni, Appunti di Storia

Riassunto del primo capitolo della parte monografica del libro: La guerra in Europa dal Rinascimento a Napoleone

Tipologia: Appunti

2014/2015

Caricato il 17/02/2015

ANNA_CAROLINA.SANTANGELO
ANNA_CAROLINA.SANTANGELO 🇮🇹

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Scarica Dalle guerre d'italia alle guerre dei trent'anni e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! 2. Dalle guerre d’Italia alla guerra dei Trent’anni • I germi di mutamento che il modo di combattere degli svizzeri aveva lasciato intravvedere fin dalla metà del Quattrocento giunsero a completa maturazione durante la lunga stagione di guerre d’Italia(scandita da grandi battaglie come quella di Cerignola nel 1503, Ravenna nel 1512…) e conclusasi con la pace di Cateau-Cambrèsis del 1559, che sancì per tre secoli il predominio asburgico in Italia. Nel corso di queste guerre si affermò un modo di combattere radicalmente diverso, che avrebbe continuato a caratterizzare le guerre del Cinquecento e del primo Seicento (come le guerre di religione in Germania e in Francia). La più importante innovazione promossa dagli svizzeri fu l’introduzione della picca come armamento principale del soldato di fanteria; lunga diversi metri e dotata di una punta acuta di ferro, era pressoché inutilizzabile da un combattente isolato, ma diventava formidabile quando era maneggiata da una formazione di migliaia di uomini addestrati a manovrarla tutti insieme. Di fronte a una fanteria armata di picca e schierata in un massiccio quadrato profondo anche settanta file la cavalleria non aveva praticamente nessuna possibilità di successo; il che vuol dire che di colpo dopo molti secoli i fantaccini divennero i dominatori di campi di battaglia . All’inizio del Cinquecento la picca rappresentò davvero un’arma rivoluzionaria, la “regina delle battaglie”: l’uso della picca non richiedeva un addestramento individuale ma collettivo, giacché la sua efficacia dipendeva esclusivamente dal fatto che gli uomini accalcati spalla a spalla riuscissero a manovrare correttamente quest’arma ingombrante e pesantissima ma senza ostacolarsi a vicenda e così nacque l’esigenza di adibire degli specialisti all’addestramento delle reclute e apparvero quei “bassi ufficiali”, sergenti e caporali, che hanno poi conservato fino ad oggi quel ruolo cruciale. Combattute da eserciti in cui i fanti erano ormai di gran lunga più numerosi dei cavalieri, le battaglie divennero più lunghe e più statiche; divenne consueto allestire sul campo di battaglia fortificazioni improvvisate, parapetti e trinceramenti, da cui era difficile scacciare un difensore ben deciso a tener duro; nei punti più importanti di questi trinceramenti si collocavano i cannoni, che ormai accompagnavano ogni eserciti. I cannoni erano pochi, molto costosi, scarsamente standardizzati e poco maneggevoli ma il loro fuoco da posizioni fisse e fortificate, divenne già in quest’epoca uno degli elementi centrali intorno a cui si organizzava il combattimento. L’introduzione della picca e dell’archibugio debbono essere considerate una vera e propria rivoluzione militare[È opportuno parlare di due distinte rivoluzioni: la prima delle quali, sancì il declino il declino definitivo della cavalleria in armatura, stabilendo una volta per tutte il predominio della fanteria sui campi di battaglia]. • Dopo la metà del XVI secolo l’archibugio fu affiancato e poi sostituito dal moschetto: più lungo, più pesante e più difficile da maneggiare , il moschetto aveva però il vantaggio di tirare una palla più pesante a maggiore distanza, con effetti più distruttivi contro il nemico; il moschetto funzionava ancor sempre per mezzo di una miccia accesa, che premendo il grilletto, veniva accostato alla polvere da sparo per far partire il colpo. Nonostante i suoi difetti, era l’arma vincente tanto che il suo avvento modificò di netto la composizione dei reparti di fanteria. Per l’altro verso l’avvento del moschetto finì addirittura per eclissare anche la picca, tant’è vero che verso la fine del periodo la proporzione dei moschettieri rispetto ai picchieri aumentò rapidamente; i moschettieri rappresentavano il nerbo dell’esercito non solo per la difesa ma anche per l’attacco, giacché marciavano contro il nemico e scaricavano le loro armi anche a cinque o dieci passi di distanza , subito prima del corpo a corpo(la fine del famoso esercito spagnolo delle Fiandre è stata presa a simbolo del fallimento di un’organizzazione militare troppo conservatrice, che aveva faticato a conoscere il primato dei moschetti sulle picche). In Olanda si cominciò ad addestrare i moschettieri secondo un piano “scientifico” con lo scopo di ottenere che quelli della prima fila sparassero tutti insieme, poiché la fanteria olandese combatteva schierata su una profondità di dieci file. Schierare le proprie truppe in una formazione che permettesse di ottimizzare la cooperazione fra le diverse armi di cui erano dotate divenne uno dei principali problemi dei per i generali e i teorici militari dell’epoca. La soluzione di maggior successo fu il “battaglione”, comprendente un robusto centro di picchieri allineati su una profondità di dieci file, mentre archibugi e moschetti erano schierati sui fianchi oppure agli angoli per ottimizzare il loro potenziale di fuoco(come il tercio spagnolo). La necessità di garantire la cooperazione fra i diversi battaglioni ispirò l’idea della brigata , termie che si usa ancora oggi per indicare un raggruppamento di unità costituito a fini tattici e non amministrativi; sui campi di battaglia della guerra dei Trent’anni la profondità ottimale d’un battaglione di fanteria si era ormai ridotta a sei file e qui generali che restavano attaccati a formazioni più profonde ne pagavo in generale le conseguenze. • Un elmo e giaccone di cuoio imbottito costituivano a volte tutta l’armatura della cavalleria leggera, che comprendeva regolarmente anche reparti di archibugieri a cavallo, facili da improvvisare con poca spesa e poco addestramento. Per quanto riguarda la cavalleria pesante, essa continuò a mantenere i tratti distintivi che l’avevano caratterizzata fin dall’età di Carlo Magno, ovvero l’armatura e la lancia. Re e generali per tradizione, continuarono a farsi ritrarre dai pittori di corte indossando elaborate armature, ma per i soldati semplici la protezione definitiva si ridusse ad elmo e corazza, da cui il nome corazzieri con cui si cominciò a designare la cavalleria pesante. In generale la cavalleria pesante, nonostante tentavi di ammodernamento, non ha mai avuto un ruolo così mediocre sui campi di battaglia come nel Cinquecento e nel Seicento. Il mutato ruolo della cavalleria influenzò anche il modo di spiegare gli eserciti. Divenne normale schierare la fanteria al centro e relegare la cavalleria alle ali, quasi come una specie di appendice, alternando a volte reparti di moschettieri agli squadroni di cavalieri per rafforzarne il morale e la forza d’urto. Solo quando la fanteria era già in disordine o in ritirata e le posizioni fortificate del difensore erano state prese d’assalto, la cavalleria riacquistava un suo ruolo per trasformare una ritirata in rotta e massacrare il nemico in fuga. • Il soldato godeva di una condizione sociale modesta rispetto a quella del cavaliere medievale, ma che egualmente non va ancora diffusa con quella proletaria dell’Ancien regime; ovunque, i soldati amavano considerarsi superiori ai contadini o agli artigiani e ostentare anche nel vestiario un lusso che li accomunava ai gentiluomini(“ogni minimo soldatuzzo di picca secca vuol concorrere d’arme e di vestiti non solo col suo capo di squadra, ma con l’istesso capitano” osservava un contemporaneo). Nella realtà cinquecentesca il soldato può illudersi di occupare uno “stato” prestigioso: c’è in lui ancora molto del libero professionista, con pretese di nobiltà, che formava le compagnie mercenarie del tardo Medioevo, e c’è qualcosa del gentiluomo che trae il prorpio onore dal fatto di rischiare la vita per il servizio del principe. Anche l’evoluzione tecnologia contribuiva a squalificare socialmente il soldato perché l’archibugio e moschetto erano armi che chiunque poteva imparare ad usare con poche ore di addestramento, a differenza della picca. Sul mercati il potere contrattuale dei fanti andò scemando, e con esso i salari pagati da governi con l’acqua sempre più alla gola per la crescita incontrollata delle spese militari. Se all’inizio del Cinquecento il salario di un picchiere ne faceva quasi un gentiluomo , alla fine del secolo era inferiore a quello di un manovale. Questo crollo dei salari produsse conseguenze devastanti sulla condizione del soldato. Arruolarsi non era più un mestiere onorevole, ma l’ultima risorsa prima della mendicità o della
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