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Dalle origini ai primi imperatori, Schemi e mappe concettuali di Storia Romana

Dalle origini di Roma con Romolo e Remo agli ultimi giorni di Giulio Cesare

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 08/08/2023

SanaKurata94
SanaKurata94 🇮🇹

4.3

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Scarica Dalle origini ai primi imperatori e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Romana solo su Docsity! Storia romana 28/02/23 L’Impero romano e la storia di Roma rappresentano ancora oggi un soggetto, un bacino di studio ancora inesauribile: ci sono delle persistenze tra noi e Roma in primis la lingua, quelle che sono le lingue neolatine sono lingue che hanno una diffusione amplissima conoscere la storia del popolo che ha prodotto una parte del nostro lessico quotidiano è molto importante; il secondo motivo è la persistenza del sistema giuridico romano sistema giuridico sul quale si sono formati i sistemi giuridici europei (l’Inghilterra fa eccezione) addirittura la lontana Cina quando ha iniziato ad interrogarsi sulle modalità della propria istituzionalizzazione ha guardato Roma per l’elaborazione del proprio sistema giuridico; altro elemento importante è la straordinaria continuità che il modello urbano romano rappresenta tutt’oggi (mura serviane, i fori romani, il Colosseo). Non stiamo parlando solo di Roma ma stiamo parlando di un’entità prestatale che è diventata un impero sovranazionale e che si è espansa fino a raggiungere oltre i 5 mila chilometri, noi rintracciamo il sistema di città romana lo rintracciamo in molte città dell’Asia, in Africa, in Medioriente ecc. e questo è un motivo di persistenza. Il modello di sviluppo che aveva Roma ha lasciato delle tracce che tutt’oggi noi possiamo ammirare, la città come sistema di vita associata che i romani hanno “esportato”; un altro elemento di persistenza è il concetto di impero eredità di Roma, inteso come entità statuale sovranazionale che si estende su un territorio molto ampio che include molte etnie (plurietnico) e che ha una lingua ufficiale. Roma costituirà, anche nel proseguo della storia, il modello dell’impero. Questo concetto di impero non è il modo che i romani utilizzavano per definire quello che era la loro realtà, non era un concetto che avevano in mente per definire la loro organizzazione politica o governativa perché per i romani l’imperium era un’altra cosa non intendevano né l’impero né l’imperatore questi sono termini che utilizziamo noi oggi, per i romani gli imperatori erano i principes (al singolare princeps), l’imperatore nasce come primo tra pari ma non veniva definito tale. L’imperium è la prerogativa del comando ed è un comando che ha una connotazione di stampo militare, in latino imperare significa dare ordini, comandare; l’imperium è innanzitutto un potere che ha il popolo romano e che il popolo romano delega ai suoi magistrati ed è importante perché oltre alla facoltà del comando precedeva anche la possibilità su i cittadini stessi la facoltà del diritto di vita o di morte questa prerogativa poteva avere delle conseguenze rilevanti ed ecco perché il cittadino doveva abdicare a questo imperium e darlo a qualcun altro. A Roma sono due le figure (in teoria tre) consoli e pretori, c’è una procedura molto particolare con cui questo imperium viene delegato a chi lo esercita concretamente lex curiata de impero. L’esercizio dell’impero implicava l’annullamento delle garanzie costituzionali e poteva tradursi anche con l’uccisione dei cittadini, l’imperator, stando a questa concezione di impero, era appunto il generale vincitore. Imperator lo si diventava per acclamazione, titolo che doveva essere riconosciuto dai soldati dopo che la si era guadagnata sul campo. Noi per convenzione parliamo di età monarchica, repubblicana e imperiale ma solo secondariamente l’impero arriva a designare una realtà territoriale arrivando rappresentando tutti quei domini che Roma ha conseguito nel corso dei secoli. L’impero non è solo quello che noi troviamo dal 31 a.C. (battaglia di Azio). La lupa Capitolina fino a non moltissimo tempo fa si credeva che fosse di epoca etrusca (V-III sec) grazie a delle analisi molto raffinate (al carbonio) ha evidenziato che si trattasse di un manufatto che sì basato su quelle che erano gli antichi manufatti etruschi ma si tratta di un manufatto di XIII secolo (pieno medioevo) e questa lupa che troviamo conservata ai musei capitolini (dando il nome alla sala che la accoglie: sala della lupa); SPQR ci sono state varie declinazioni, è l’acronimo che sta per Senatus Populusque Romanus Augusto di prima porta statua molto famosa che ritrae il primo princeps di Roma rappresentato con il gesto della adlocutio cioè rivolgendosi direttamente all’esercito con un discorso ufficiale con alcuni segni tipici dell’imperator: con un drappo rosso, il colore era un elemento fondamentale (la nostra concezione è stata influenzata dal neoclassicismo ma in realtà il mondo antico era coloratissimo) con un’armatura riccamente decorata che rappresenta una sua vittoria contro i Parti (vittoria dal punto di vista diplomatico perché costò a Roma parecchie perdite), Perché studiamo la storia romana? Roma è un generatore di miti e simboli ai quali attingono anche dopo che l’Impero Romano occidentale e orientale crollano ai quali ci si rifà costantemente e troviamo la sua persistenza anche nel linguaggio e nelle ideologie molto successive a Roma e al suo impero: per esempio concezione universalistica del potere del papato e dell’impero nel medioevo e anche le realtà comunali attingevano a una forma di autogoverno che esistevano già nell’antica Roma con i municipes. C’è un rischio quando noi insistiamo sulle persistenze, cioè scomodare a due concetti identità culturale (è una costruzione culturale) e radici; nel linguaggio comune noi diciamo spesso che “Le nostre radici sono quelle di Roma” tale metafora è fuorviante perché esprime una certa fissità, questo espediente retorico adombra il concetto di identità culturale perché è un concetto che sembra voler dire che noi siamo eredi diretti di Roma e che il patrimonio romano sia esclusivo e tende ad escludere dalla storia altre popolazioni che non sono eredi diretti dei romani ma che potrebbero desiderare confrontarsi con la storia di Roma. Nel richiamo a Roma è più fecondo parlare di memoria culturale noi non siamo aprioristicamente eredi diretti di Roma noi scegliamo di richiamarci a Roma ed è una scelta fatta con consapevolezza e che se non viene fatta rischia di far cadere nel dimenticatoio questo Non tutte le lingue e tutti i popoli hanno questa matrice. Indoeuropei sono i latini (nucleo fondante), i Falisci (Lazio settentrionale) e tutti quei gruppi che appartengono al gruppo generale degli Italici: sia il gruppo umbro-sabino (centro-nord) ma anche l’Umbria e il Piceno (parte rivolta verso l’Adriatico); abbiamo poi un secondo sottogruppo (centro-sud): i Sanniti, i Lucani e i Bruttii. Indoeuropei sono anche gli Iapigi (Puglia) e i Veneti che si estendevano tra il lago di Garda e l’Istria (rispetto all’odierno Veneto). Liguri e i Reti che occupavano la valle dell’Adige insieme ai Sardi e agli Etruschi non parlavano le lingue indoeuropee. Un dato importante dell’Italia preromana e la grande colonizzazione della Magna Grecia del sud Italia dall’VII sec abbiamo i Greci che si insediano lungo la costa dello Ionio e Tirrenica (Campania e Sicilia Taranto, Crotone e Sibari e Reggio Calabria, Napoli e Agrigento) con la Magna Grecia Roma avrà dei rapporti che condizioneranno molto gli sviluppi della sua storia e della sua storiografia la I storiografia latina è scritta in lingua greca. Tra tutti questi gruppi dobbiamo ricordare gli Etruschi massima espansione tra il VII e il VI sec; sull’origine ancora oggi molti storici tendono a pensare ad un’origine italica ma dall’altro è stato riconosciuto l’influenza che i rapporti esterni hanno avuto sulla formazione degli Etruschi Etruschi e Greci sono entrati in contatto molto presto. L’area di influenza degli Etruschi era un’aerea tra due fiumi importanti: Arno e Tevere. Oltre all’influenza greca ci sono stati elementi extra italici, addirittura orientali mix di componenti. Gli etruschi sono molto importanti perché al di là dell’aerea in cui si sono insediati rappresentano i principali “competitors” dei Cartaginesi e degli stessi greci nel controllo delle rotte marittime nello stesso mediterraneo. Allo stesso tempo dobbiamo ricordarci che gli Etruschi non daranno mai vita ad uno stato unitario motivo per cui saranno inglobati da Roma, l’unica forma di aggregazione delle città etrusche è rappresentata dalla lega Dodecapoli che vedeva dodici città principali, tra cui Veio (la più importante), Tarquinia, Arezzo, Fiesole, Vetulonia, Volterra, Perugia, Cortona, Chiusi, Vulci, Populonia e Vetulonia. L’influenza etrusca arriva fino a sud Campania. Perché si arresta il processo d’espansione etrusca? Ha una prima battuta d’arresto nel VI sec i quali arrivano a scontrarsi con i Greci, in particolare con i Focei (colonia orientale dell’Asia minore), i quali avevano fondato in Corsica la colonia di Alaia (città importante) e gli Etruschi avevano rappresentato questa fondazione come una minaccia, da questo scontro non abbiamo un vero e proprio vincitore. Per quanto riguarda l’espansione a sud a Cuma gli Etruschi subiscono una pesante sconfitta ad opera dei Greci di Siracusa. Le sconfitte più cocenti sono quelle subite da Roma nel 396 abbiamo la presa della città di Veio che sarà una sconfitta epocale per gli Etruschiimportante per lo sviluppo della storia di Roma. L’Etruria passerà poi nelle mani romane. Molte delle innovazioni e delle peculiarità etrusche saranno importate da Roma: costruzioni, cerimonie del trionfo, arte aruspicina. L’influenza etrusca e greca influenza molto la storia della città di Roma apporto di vari contributi sotto il profilo culturale, etnico, delle innovazioni introdotte dagli stessi Etruschi e questo ci spiega perché come nell’autorappresentazione, nell’immagine che i romani danno di sé l’elemento della purezza etnica sia totalmente assente valore di aggregato di culture e di vari apporti per la storia di Roma città aperta che fa dell’accoglienza un motivo di orgoglio. Roma nonostante le conquiste aveva un atteggiamento particolare e di apertura. Origini della città abbiamo due punti fondamentali: mito di fondazione dei gemelli e della lupa e data di fondazione del 21 aprile 753 a.C. È più giusto partire dal termine “origine” rispetto a “fondazione” perché quest’ultima implica una creazione istantanea della città per scelta deliberata di un attore ed è una parola che oscura tutta la processualità, il divenire che sta dietro alla nascita della città, storicamente è più corretto parlare di sinecismo: aggregazione di città situate sul Palatino noi quando parliamo delle origini della città dobbiamo fare una distinzione tra il mito e la realtà storica. Il processo di aggregazione inizia nell’VIII sec. Sono pochissime le testimonianze di queste aggregazioni ed è probabile che ci fosse la figura di un rex, c’era un’economia pasturale e basata sull’agricoltura non pienamente stanziale; a livello proto organizzazione sociale organizzati in clan con pochi membri ma rispetto all’organizzazione interna sappiamo pochissimo (forse una gerarchizzazione ma è probabile che non ci fosse una differenziazione così grande perché non esisteva la proprietà privata e questo lo si deduce da queste espressioni: ager publicus quando si muovevano questi clan e conquistavano militarmente dei territori quest’ultimi entravano a far parte delle conquiste del popolo nella sua interezza solo poi venivano suddivisi; quest’idea che ci fossero degli appezzamenti di terreno in cui queste proprietà fondiarie pubbliche potessero essere adibite a zone di pascolo comune dove i vari clan potevano far pascolare i loro greggi in zone che erano aeree franche (zone che non erano di nessuno) e questo ha fatto ritenere che la proprietà privata ancora non esistesse. Ad un certo punto da un’organizzazione più egualitaria progressivamente questi villaggi arrivano ad avere delle forme proto- urbane e poi urbanequesta è l’origine storica di Roma. Abbiamo alla base delle origini della città un processo formativo lento e graduale che potremmo chiamare federazione di comunità che in origine erano separate sui singoli colli e che poi arrivano a costituire un’unica comunità. Comunità di pastori sparsi sui tre colli: Palatino, Esquilino e Celio primi insediamenti. Il luogo è molto favorevole dal punto di vista topografico e geografico le alture rendono gli insediamenti più facilmente difendibili, presenza di pascoli (era un terreno fertile e utile), la prossimità vicino al fiume Tevere (c’era anche un’ansa che lo rendeva semplice da percorrere) ma soprattutto Roma si trovava sul crocevia di quelle che erano le direttrici fondamentali per la mobilità antica: c’erano delle vie che a nord portavano verso il mondo etrusco, ad est verso il mondo sabino e a sud verso la Magna Grecia c’erano delle vie che consentivano a queste comunità di entrare facilmente in contatto con le altre etnie presenti e tali strade erano presidiate da santuari di confine in cui queste popolazioni entravano in contatto. Roma nasce, dunque, su territorio vergine e per altro che nasce attraverso un rituale complesso: prevedeva il tracciamento del solco che rappresentava il perimetro originario della città: pomerium ci sono varie ipotesi, ma viene ritenuto che la parola concentri post murum perché anticamente il pomerium era una linea, fascia che delimitava il confine della città fascia che veniva individuata tracciata questo solco utilizzando una procedura particolare che era appunto il tracciamento del solco, uno dei primi solchi fu trovato ad Aquileia (colonia latina). Ogni volta che si fondava una colonia si faceva questo rituale; per i romani era un confine sacro a tal punto che l’esercito in armi non poteva attaccarlo concetto fondamentale perché ci riporta al concetto dell’imperium: quello militiae prevedeva il comando dell’esercito e il diritto di vita e di morte sui cittadini e questo tipo di imperium veniva realizzato fuori dallo spazio cittadino, all’interno della città l’imperium c’era ma era un imperium domi cioè aveva caratteri civili e non militari non presenza dell’esercito. Il pomerium è destinato ad allargarsi con il passare dell’età repubblicana ma nella tarda repubblica coinciderà con la linea Arno-Rubicone ed è per quello che Cesare commetterà un affronto intollerabile per il senato romano quando varcherà quel confine in armi e per un romano era inconcepibile. Leggenda sulla fondazione di Roma unione di due diversi tradizioni: quella greca che vede la figura di Enea in fuga da Troia, questa fuga e il suo approdo sulle coste del Lazio con il successivo matrimonio con Lavinia e con la fondazione di Alba Longa da parte di Ascanio, figlio di Enea, viene saldata con la tradizione più indigena di matrice latino-sabina che vede la saga dei gemelli Romolo e Remo come si arriva a saldare queste due tradizioni? Secondo la tradizione greca Ascanio fonderà Alba Longa in cui regneranno trenta generazioni di re, tra cui l’ultima generazione di re vede due fratelli che entrano in competizione: Amulio e Numitore e anche se Numitore è il primo genito a cui spetterebbe il potere Amulio lo spodesta e pretende che i suoi figli vengano uccisi facendo salvare solo la figlia femmina la quale dovrebbe essere consacrata a Vestale il cui requisito fondamentale doveva essere la verginità se non che Silvia resterà incinta del dio Marte dando alla luce i due gemelli lo zio paterno li vorrebbe annegare nelle acque del Tevere ma Romolo e Remo vengono salvati dalla piena del Tevere la cestina che contiene i due gemelli approda in quello che sarà un luogo fondamentale della tradizione romana cioè il fico dove poi ci sarà la lupa che li allatterà salvandoli finché non arriva un pastore Faustolo che li prenderà crescendoli come figli. Questa è la versione canonica accettata da tutti. Secondo Tito Livio invece la fondazione della città prevede un fratricidio, il quale ci racconta che si sarebbe creato un momento di alta tensione tra gruppi familiari più estesi e riconducevano la loro origine ad un antenato comune: noi riusciamo a stabilire l’appartenenza o meno ad una gens a partire da una spia precisa: l’onomastica si basava sui tria nomina: praenomina che a volte apparivano abbreviati perché il vero tratto distintivo dell’onomastica di un antico era il nomen ovvero il gentilizio perché qualificava l’appartenenza alla gens. Il cognomen definiva i diversi rami presenti all’interno di una medesima gens e che spesso fanno riferimento o ad una caratteristica fisica. A fronte di questo tipo di storiografia abbiamo anche una storiografia in lingua latina che la dobbiamo a M. Porcio Catone detto il “censore”scrive le “origines” di cui ci sono giunti solo frammenti di cui si occupavano di narrare la fondazione della città fino al 150 a.C., la sua storia si differenzia rispetto alla storiografia precedente perché voleva ricostruire la storia Roma non come facevano gli annalisti (non anno per anno) ma tendeva a mettere in secondo piano le grandi personalità a favore degli aventi: Catone sancisce uno snodo importante della storiografia romana. Questa è una storiografia di “competizione” tra le varie gentes che tendevano ciascuna ad ascriversi dei meriti e delle vittorie a discapito della gens rivale non sempre questo modo di procedere la ricostruzione della storia è attendibile. La seconda caratteristica di questa storiografia riguarda il peso che la religione aveva nella vita pubblica romana non c’era iniziativa politica e militare che non avvenisse dopo aver interrogato il volere della divinità: pax deorum elemento fondamentale. Per esempio uno degli epiteti di Enea è “Pius” cioè una pietas verso gli dei e verso la città (gruppo familiare) ma in questo epiteto era anche un aggettivo che il popolo romano attribuiva a se stesso perché si riteneva il popolo più meritevole ad ottenere successi sul piano politico e militare; abbiamo anche il concetto bellum iustum per un romano era impensabile intraprendere un azione bellica che non avesse una giustificazione: ogni iniziativa bellica era giustificata e presentata come una risposta ad una necessità di difendere qualcun altro o ad un aggressione ricevuta per non alterare l’equilibrio tra l’umano e il divino. La terza caratteristica è il fatto che gli storiografi romani non si concentrano solo sulla storia contemporanea ma sentono l’esigenza di andare indietro la storia di Roma nasca anche come storia delle origini che ha lo scopo preciso di nobilitare e di riscattare quella che era una reputazione controversa che i Romani avevano nel mediterraneo. Si tratta di una storia la cui attendibilità è molto complessa da accertare gli stessi antichi si ponevano questo problema. Data di fondazione della città dobbiamo liberarci di quest’idea: questa, il 21 aprile 753, è una data canonica varroniana perché l’ha proposta Marco Terenzio Varrone intellettuale che sia indagando le “parole” che i “relitti storici” si occupava di andare indietro e cercare le origini Varrone ricostruisce la data andando all’indietro: aveva una lista di consoli e sapeva che tra il primo console e il primo re c’era un intervallo di 245 anni; sapendo che la data della fondazione della repubblica era il 509 va all’indietro calcolando un trentacinque anni di regno per ogni re e arriva alla data di fondazione della città è un puro esito del ragionamento di Varrone. La sua ricostruzione è dotta però trova dei riscontri: anche Fabio Pittore e Cincio Alimento collocavano la nascita della città sempre nell’VIII sec con una ventina di anni di distanziamento l’uno dall’altra: il primo nel 749 e il secondo nel 728. Anche se è una data artificiale era comunque condivisa da altre opinioni. Prima si utilizzavano le olimpiadi e le serie di racconti solo dopo viene utilizzata la linea dettata dai consoli, prima c’era un sincronismo con la storia greca. La Roma dei re i re sicuramente non erano sette ma molto di più (dovuto anche ad un fattore di longevità dovuta all’età in cui vivevano), vengono attribuite a ciascun re alcune caratteristiche che lo distinguevano da tutti gli altri: Romolo fu il primo re, Tullio Ostilio aveva una personalità bellicosa e Numa Pompilio era il re religioso che aveva introdotto i primi culti importanti ma queste sono tutte costruzioni. Quello che possiamo dire con certezza è che con ogni probabilità è che noi assistiamo a due diverse fasi: fase latino-sabina in cui l’origine di queste figure erano di etnia latino- sabina ma rispetto a queste figure di sette re ma dobbiamo ricordare che c’era la figura di un ottavo re con un altro episodio famoso cioè del ratto delle sabine (leggenda) che ci riporta ad un elemento che doveva avere una sua storicità: la commistione di diverse etnie a fronte di un problema demografico dell’impossibilità di questi latini che si erano rifugiati su questo asilium vediamo che questa comunità non poteva riprodursi essendo tutti uomini: non tutti re ma anche alcuni pastori. Secondo la leggenda Romolo cerca di instaurare con i vicini sabini rapporti di matrimonio ma queste unioni all’inizio non vengono visti di buon occhio dai sabini e Romolo ricorre all’espediente dei giochi e in quella sede cogliendoli di sorpresa avviene questo ratto delle Sabine che avrebbero poi sposato i romani e che avrebbero svolto il ruolo di pacificatrici tra i due popoli. Quello che possiamo notare e affermare è che una Roma monarchica è esistita, abbiamo delle prove qualcuno ha ritrovato delle prove con la fondazione della città da parte di Enea con il ritrovo a Lavinio della tomba di Enea (Heroon tumulo) ma non abbiamo degli elementi sicuri che quest’altare fosse effettivamente la tomba di Enea. Negli anni 80 del 900 uno degli scavi condotti da Andrea Carandini hanno ritenuto di ritrovare in città un terzo delle mura più antiche delle città e che questo muro è stato ribattezzato come “muro di Romolo” essere sicuri che una porzione di muro databile intorno all’VIII sec è una pretesa che non tutti gli studiosi si trovano d’accordo e Carandini sostiene l’autenticità delle leggende relative alla Roma delle origini e della Roma monarchica diversa l’opinione di Carmine Ampolo (docente di storia presso l’università di Pisa) che ci mette in guardia sul cosiddetto “concordismo” tentativo di far combaciare le fonti letterarie e archeologiche perché rischiamo di costruire noi un puzzle che non riproduce la realtà storica. Se noi non abbiamo nessuna prova dell’esistenza di Romolo noi abbiamo delle prove che una Roma monarchica sia esistita e alcune di queste prove si rintracciano nelle prove archeologiche esistenza di un edificio che risale nell’VIII sec: la regia cioè la dimora della figura monarchica che non ha niente a che vedere con quello che noi intendiamo con la regalità medievale o moderna e contemporanea era una struttura semplice in cui la massima istituzione della città, il rex, dimorava e che non ha niente dello sforzo dei palazzi medievali o posteriori ma anche con lo sfarzo di edifici regali orientali o anche con la domus repubblicana; di questa regia sono state trovate delle prove archeologiche: era la regia perché è stato trovato un pezzettino di coccio in cui si trova scritto il termine “rex” (prova più importante rispetto al muro). Questo spazio manterrà una continuità d’uso molto significativa perché anche in età repubblicana la regia sarà abitata fino al VI sec dove però la regia non sarà più l’edificio del rex ma sarà l’edificio del rex sacrorum, il quale è colui eredita le funzioni religiose del rex perché il re della Roma delle origini non aveva solo prerogative militari o politico-amministrative. In età repubblicana esisteva un interregnum poteva esistere un periodo in cui non c’era il re e in cui una delle assemblee che coaiutava il re doveva esprimere un sostituto. L’ultimo elemento è un ulteriore prova archeologica/epigrafica è il cippo del foro “Lapis Niger” romanosi tratta di un’iscrizione in latino molto arcaico (forse con l’influenza di altre lingue) in una specifica area del foro (dove Romolo aveva trovato la morte) c’era questa pavimentazione nera e sotto questa pavimentazione è stato trovato questo cippo scoperto nel 1899 grazie a degli scavi condotti in quell’area e questa iscrizione rappresenta una dedica ad un re. In questo cippo viene attestata la parola “re” vediamo la parola “regei” che è il dativo di “rex” ci sono anche altri elementi perché si trattava di un’area sacra che non poteva essere violata ci conferma che una fase monarchica è davvero esistita. Quali erano i tratti distintivi di questa monarchia? Era una carica vitalizia ma almeno all’origine non era una carica ereditaria ma elettiva, i patres si occupavano di eleggere il re erano i membri più illustri della gens. Il re aveva prerogative in vari ambiti: militare, amministrativo e religioso ma nella sua azione di governo aveva degli aiutanti: altre due istituzioni fondamentali il senato “assemblea dei patres” il senato fa riferimento alla presenza degli anziani (senato ci richiama alla radice latina “senex”), c’era anche la componente popolare: comizio curiato una delle prime modalità di articolazione che la popolazione romana ha conosciuto è quella in curie (coviria gruppo di uomini): al popolo veniva chiesto di esprimersi a favore o contro le proposte del re, i comizi avevano anche delle prerogative in materia di diritto familiare: ratificavano le adozioni in quanto era difficile, per gli standard demografici della Roma antica, assicurare un continuità alla propria gens (l’estinzione del proprio ramo familiare era vissuto come un trauma e già dai tempi antichi venne istituita l’adozione), si occupavano anche dei testamenti. Una seconda articolazione era quella delle tribù (dal latino tribuere dividere in tre) senato è ampliato ma ci preme ricordare che la curia verrà spostata da Giulio Cesare nell’area laterale del foro che prenderà poi il nome di Iulia perché Giulio Cesare apparteneva alla gens Iulia che verrà poi inaugurato dal nipote di Giulio Cesare: Ottaviano dato che la costruzione di quest’edificio è stata molto lunga nel mentre le riunioni del senato avvenivano in un edificio costruito da Pompeo (ed è per quello che l’assassinio di Cesare avviene sotto la statua di Pompeo). Il predominio etrusco porta al rafforzamento dell’istituto monarchico ed è un rafforzamento che si esplica sia nell’adozione di alcuni simboli del potere (come ad esempio i fasci, la corona, il mantello), ma noi sappiamo che durante la fase etrusca della città viene costruito anche la regia, ma questa prima definizione del foro è proprio in età dei re etruschi che trova la sua definizione è tra il VII e il VI sec che noi vediamo la creazione del comitium (luogo dove il popolo si riuniva per deliberare) e la sede dell’assemblea del senato. La curia era anche un’unità di articolazione non solo politica ma anche militare perché ogni curia, nell’antico esercito gentilizio, era tenuta a fornire all’esercito cittadino dieci cavalieri e cento fanti: 3300 componenti. Le gentes patrizie non poteva esprimere un così alto numero di effettivi: l’unità di reclutamento non era solo all’interno di queste famiglie perché contavano su altre forze clienti delle famiglieorganizzazione sociale della Roma arcaica chi sono i clienti? Ogni famiglia romana sottostava alla potestas del pater familias che rappresentava la massima autorità all’interno della famiglia ma il concetto di famiglia latina non è sovrapponibile al nostro perché la famiglia latina- romana comprendeva non solo la moglie (doveva sottostare alla manus, istituto diverso che implicava un legame di tipo matrimoniale) e i figli (in posizione subordinata), la famiglia comprendeva anche schiavi (inferiorità giuridica) e liberti (ex schiavi liberati ai quali viene data la cittadinanza): vi era un dinamismo sul piano sociale perché si poteva non essere schiavi per tutta la vita. Esterno alla famiglia c’erano i clienti sono degli uomini che sono comunque liberi ma che però si collocano in un rapporto di subalternità, di dipendenza rispetto alla figura del patrono ossia il pater familias. Il termine “cliente” deriva dal verbo cluere “ascoltare” e che rimanda a questa frequentazione assidua, a questo rapporto di fedeltà che determinava una reciprocità di diritti e doveri. I dirittiil cliente dal suo patrono riceveva protezione ed eventualmente anche del sostentamento (come un appezzamento di terra) ma in cambio il cliente assicurava la propria fedeltà al patrono, si impegnava attraverso delle prestazioni lavorative e morali ad aiutarlo e sostenerlo (come, per esempio, l’organizzazione dell’esercito che poteva contare sull’aiuto delle clientele). La posizione delle donne era subalterna dal punto di vista giuridico però dobbiamo stare attenti a parlare in maniera generalista della condizione della donna romana, perché le condizioni potevano essere molteplici: a seconda dello status sociale della donnapoteva essere una schiava, una liberta o di una popolana o chiaramente la moglie del pater familias; se ci concentriamo sulle donne dell’élite dobbiamo è stato dimostrato che potevano accedere ad un’istruzione di primo livello che le poteva portare ad interagire non solo a livello culturale ma anche politico perché potevano ospitare delle riunioni informali nelle loro case ma la cosa più importante è che il diritto romano prevedeva che le donne romane potessero essere titolari di diritti di proprietà che le sottoponeva alla gestione dei beni ma si tratta di elementi che ci portano a ricalibrare la figura femminile ma per un romano è inconcepibile che la donna potesse partecipare alle assemblee politiche e che potesse combatterequi ci sarà un’evoluzione dell’esercito cittadino che viene attribuita a Servio Tullio ma in realtà è successiva perché viene introdotta tra il VI e il IV sec a.C. ma questa articolazione andrà via via ad elaborarsi durante il corso del V sec quindi non è un sistema che può essere attribuito a Servio Tullio: perché viene sentita la necessità di inserire questa riforma? C’è la necessità di valorizzare anche quegli strati della popolazione che con l’età monarchica erano via via andati acquisendo una capacità economica pur non appartenendo a nessuna gens romana; quindi, questa riforma centuriata porta con se importantissime conseguenze sul piano politico: vediamo che questo nuovo esercito formerà una nuova assemblea cittadina che non si riunirà più nel comizio ma nel campo marzio e prevede la suddivisione in classe di censo significa che chi più ha più potrà armarsi e contribuire alle sorti della città; le diverse classi di censo esprimono ciascuna un diverso numero di centurie: la centuria, originariamente comprendeva cento uomini ma poi mano a mano non sarà più così, è sia un’unità di voto sia un’unità di reclutamento dell’esercito. Questo ordinamento prevedeva che ci fossero 193 centurie delle quali gran parte sono quelle che sono espresse dalla prima classe di censo ovvero da coloro che possiedono più di 100 mila assi già le 18 centurie della cavalleria più le 80 della fanteria armata pesantemente vanno a costituire la maggioranza delle centurie: erano i più ricchi che decidevano operativamente, e che avevano un peso maggiori nelle decisionicon questo nuovo ordinamento vediamo cosa intendevano i romani con “popolo” che non è da intendere con il significato assunto oggi: per un romano il populus è una parola che deriva dal verbo latino “populo” che significa “avanzare devastando” quindi il popolo è chi combatte c’è un nesso strettissimo tra il cittadino e il soldato, chi non combatte (donne e schiavi) sono esclusi da questo tipo di concezione (vedi slide di Livio con “Storia di Roma dalla fondazione della città” I, 43, 10-11). I nullatenenti sono inclusi in questo ultimo gruppo e in latino vengono chiamati capitecensi perché sono censiti sulla base della loro persona e non su quello che hanno, la loro unica ricchezza è la prole proletario e capitecensi fa riferimento allo stesso tipo di persone; altro elemento importante è che oltre ad esserci la suddivisione in base al censo naturalmente c’era anche una suddivisione all’interno di ciascuna centuria a livello anagrafico: iuniores e seniores ogni centuria comprendeva sia uomini che arrivavano ai 46 anni ritenuti i più abili al combattimento ed erano quelli disposti in prima linea ma c’erano anche i cosiddetti seniores che erano i più anziani i quali erano comunque arruolati ma venivano tenuti di “scorta” nelle retrovie dell’esercito (troviamo la distinzione anche nel manuale). Passaggio dalla monarchia (governo di uno solo, idealmente carica elettiva) al rovesciamento del regime monarchico repubblica: diciamo “idealmente una carica elettiva” perché se noi vediamo quelli che erano i re appartenenti alla cosiddetta fase etrusca già solo guardando i nomi notiamo che già c’era una sorta di monopolio familiare i Tarquini hanno giocato un ruolo preminente in questa seconda fase della monarchia etrusca tanto è vero che anche Servio Tullio sposerà una delle figlie di Tarquinio Prisco, si va verso una sostituzione del principio elettivo con uno più di natura ereditaria cosa che urterà la sensibilità del popolo romano. Tarquinio il Superbo già da questo epiteto attribuito dalla tradizione possiamo desumere che la tradizione che ci è pervenuta su questo personaggio è fortemente manipolata perché gli vengono attribuiti una serie di caratteristiche che ne fanno il prototipo del tiranno comportamenti autocratici, dispotici, di accentramento del potere; sotto il suo regno Roma la tradizione afferma che raggiunse una forte espansione ma ebbe anche un atteggiamento di ostilità nei confronti dell’oligarchia che entra in collisione con questa figura. Anche in questo frangente che porta ad un cambio di regime si chiama repubblica che richiama alla concezione latina “res publica” ma non ha nulla a che vedere con la costituzione moderna e contemporanea di regime repubblicano. Stiamo parlando di una gestione che è appannaggio a pochi cittadini (di natura oligarchica) e stiamo parlando di un regime che ha nella libertas un valore fondamentale che si definisce più in negativo che in positivo perché non è la libertà di compiere determinate azioni ma è una libertà dal potere assoluto, una libertà per un’oligarchia di mantenere quella dinamica della gestione del potere nelle mani di una sola persona; con Tarquinio il Superbo si stava andando verso un’altra direzione in cui le antiche famiglie non erano più coinvolte nei meccanismi di gestione del potere. Anche qui dobbiamo distinguere sempre la leggenda dalla storia la leggenda ci narra di un episodio scatenante la caduta dell’impero monarchico ovvero lo stupro che la moglie di uno dei cugini del re, la matrona Lucrezia, avrebbe subito ad opera del figlio di Tarquinio il Superbo: Sesto Tarquinio; il fatto che questo episodio si collochi nel 510 di deve far capire qualcosa: nel 510 ci fu la cacciata dalla Grecia dei pisistratidi, figli di Pisistrato, a loro volta accusati di reati di natura sessuale, c’è uno strano parallelismo di quello che accade in Grecia e a Roma (vedi leggenda di pisistratidi del 510), e il secondo elemento che ci fa indurre dei sospetti è che a guidare la rivolta degli aristocratici romani c’era Marco Giulio Bruto e Publio Valerio Publicola questi nomi ci fanno sospettare di tutto questo perché Marco Giulio Bruto fu uno dei cesaricidi e sembra che secoli prima un suo antenato avesse contribuito al rovesciamento del regime e naturalmente questo non può non indurci al sospetto: la storiografia romana è una storiografia di matrice prerogativa del comando di quest’esercito federale veniva rivestita in modo alternativo un anno da un latino e un anno da un romano perché l’altro elemento su cui noi dobbiamo soffermarci riguarda il rapporto che Roma ha con il mondo latino. Dobbiamo inserire quello che accade in un contesto più ampio. Tra l’VIII e il VI Roma è una città aperta è una città che non è ripiegata su se stessa, era una città che aveva profondi rapporti con i latiniuna componente etnica della stessa città era composta dai latini i quali comprendevano non solo i latini residenti a Roma ma questo popolo era ubicato in tutta quell’area ad est del Tevere fino ai colli Albani, etnia che aveva dei centri importanti a Lavinio e Alba Longa; le nostre fonti ci dicono che sui colli Albani c’era un antico santuario di Giove in cui annualmente i latini si riunivano e tributavano degli onori. Rispetto a questa popolazione Roma nel corso del VI secolo cerca si acquisire un ruolo preminente e di comando verso quelli che sono i latini e noi sappiamo che in età regia abbiamo una prima dialettica rispetto a questa popolazione, non solo ai latini ma abbiamo una prima espansione da parte della città nei confronti dei latini si cerca di avere un atteggiamento di alleanza Roma e i Latini sono uniti da un rapporto di mutua fedeltà tanto che entrambi avevano un esercito che all’occorrenza poteva essere mobilitato insieme; ma in età regia abbiamo delle vittorie che Roma riporta verso altri gruppi etnici in primis verso i sabini e verso Veio ma abbiamo anche la fondazione di nuove colonie: la più importante si colloca nella città di Ostia questo per dire che in questo processo di espansione noi abbiamo una comunità civica che si sta espandendo e che quindi ci testimonia una mobilità sociale sul piano anche geografico e orizzontale importantissima. In questo clima di estremo dinamismo è probabile che il rovesciamento del regime sia da inquadrare in questo tipo di dinamiche ovvero a fronte di quella che è stato un governo cittadino mantenuto da un gruppo sempre più ristretto le antiche gentes latine abbiano deciso di arginare il fenomeno e di porre una fine a quello che è stato l’istituto monarchico; il punto qual è? dietro questo episodio dello stupro di Lucrezia è da ravvisare la volontà delle antiche famiglie latine di porre fine a questo predominio etrusco riportando verso la componente latina il governo cittadino, quindi non si tratta solo etnica ma proprio una questione di gestione del potere: c’era la volontà di riportare ad una dialettica oligarchica e non più monarchica quelle che erano le sorti della civitas. L’odio verso il regno sarà una costante di tutta la storia repubblicana, noi non capiamo moltissimi degli eventi che accadono nel corso della repubblica e che rappresentano l’effetto di un timore viscerale che i romani hanno sempre mantenuto verso l’accentramento del potere nelle mani di una sola persona e sarà per questo motivo che Augusto cercherà di mantenere in vita a livello di facciata quelle che erano le antiche strutture e magistrature repubblicane per non urtare una sensibilità che sarà un elemento costitutivo dell’identità romana che era l’odio verso il regno; ecco che il rovesciamento di regime, dietro questo episodio leggendario, va inquadrato in una società che tende a preservare alcuni equilibri della gestione del potere e aborre una gestione dispotica e autocratica del potere all’interno della città. Sulla figura di Valerio Publicola abbiamo una testimonianza eccezionale che ci testimonia la storicità della sua figura perché non si tratta di una proiezione all’indietro di un annalista ma sembra che un Valerio Publicola sia davvero esistito e ce lo testimonia questa dedica a Marte ritrovata nella zona di Satricum databile nel 500 (Lazio meridionale) da parte dei sodali di Valerio Publicola e questo ci riporta in questa dimensione in cui abbiamo una forte conflittualità tra vari gruppi interni alla città ma che però desiderano rovesciare il governo di una stirpe etrusca nonostante le indubbie migliorie apportate alla città da questa seconda fase etrusca ciononostante si decide di far virare il governo della città verso un altro tipo di gestione ed ecco che però anche i nomi di questi primi magistrati che pure sono pieni di sospetti trovano nell’archeologia e nell’epigrafia alcuni riscontri dei quali non possiamo non tener conto. Vettori 15/03/2023 Evoluzione di Roma nel corso del V secolonon possiamo capire l’evoluzione della storia romana se non volgiamo lo sguardo anche a ciò che succede all’esterno dell’impero e uno dei punti di partenza da cui partire è senz’altro un documento: il primo trattato romano-cartaginese (509 a.C.) anche se si data in modo un po’ sospetto rispetto al primo anno della repubblica romana e avrà dei rinnovi. Polibio, storico grecofono, era stato portato a Roma come prigioniero ma nel III secolo aveva guadagnato il ruolo di segretario e confidente presso la famiglia degli Scipioni, con il suo sguardo (non autoctono ma esterno su Roma e sulle sue istituzioni) ci dà modo di appurare e di entrare nel dettaglio in alcuni meccanismi e avvenimenti che hanno segnato la storia di Roma. Polibio ci dice che questo trattato “i Cartaginesi non molesteranno i cittadini di Ardea, Anzio…”(leggi la slide) di primo acchito questo documento sia nella forma e nelle modalità in cui è espresso ci restituisce una visione incerta rispetto all’effettivo contenuto di questo trattato: non si evince espressamente da questo passo ma Polibio nella sua esposizione continua a mettere commenti personali e ad inserire spiegazioni non richieste, capiamo che questo documento dava parecchie difficoltà allo stesso Polibio difficoltà non solo ascrivibili all’arcaicità della lingua (il latino delle origini era molto più difficile rispetto a quello dell’età classica); è un trattato molto importante perché proietta Roma in uno scenario, che non possiamo ancora definire mediterraneo, ma la rende una interlocutrice con un’altra grande potenza: da una parte abbiamo Roma che sotto l’età di Tarquinio il Superbo era arrivata fino alla foce del Tevere e probabilmente era arrivata a controllare fino all’area di Terracina, ma l’altro contraente di questo primo trattato era la città di Cartagine (potenza fenicia) che si era espansa e controllava dei centri del Mediterraneo che si estendevano dallo stretto di Gibilterra fino ad alcune città della costa africana fino ad una parte della Sicilia occidentale e anche ad una parte della Sardegna. Al di là dell’importanza di questo trattato pone i romani in una situazione di netta subalternità rispetto a Cartagine (la reciprocità di questi due contraenti è solo apparente) anche i movimenti di Roma per quanto riguarda le coste, risultano notevolmente circoscritti quello che noi vediamo da questo trattato è che anche ammesso che Roma fosse riuscita a controllare in modo stabile le aree costiere non possiamo parlare, in questo frangente del 509, di una Roma potente (il manuale rende questo concetto un po’ più semplicistico). A partire dal V secolo in poi dobbiamo vedere l’avvio di un processo progressivo che porta quello che era un villaggio ad estendersi, all’apice della sua estensione, a contemplare un impero di una vastità notevole: è giusto dare uno sguardo alle iniziative che Roma dovrà intraprendere per allargare progressivamente la sua sfera di influenza. C’è una stretta correlazione tra politica estera e politica internaNel V secolo Roma si trova a fronteggiare delle difficoltà che si erano create con la caduta della monarchia, nonostante la forte espansione che stava vivendo la città, l’equilibrio subisce una brusca alterazione; caduta dovuta soprattutto all’atteggiamento dei latini; rapporto particolare che vede l’alternarsi al comando dell’esercito federale un latino e un romano anno per anno con un rapporto che prevedeva un intervento reciproco in caso di attacco; possiamo parlare di un rapporto improntato ad una sostanziale parità tra i membri di questo trattato e che vedeva non solo le varie comunità della lega latina associate tra di loro per produrre un esercito comune ma anche una presenza di questo esercito comune nel caso di attacchi da parte delle popolazioni circostanti; attacchi che in questi anni avvengono perché Roma si trova spesso a sedare quelle che sono le incursioni delle popolazioni circostanti, in particolare le incursioni dei sabini ma anche queste popolazioni provengono dall’entroterra appenninico: gli Equi, gli Ernici e i Volsci questa è la situazione precedente al crollo della monarchia, con la caduta di quest’ultima i latini cercano di approfittare della situazione di prendere il dominio di questa lega latina; Roma però riesce a reagire rispetto a queste dinamiche e tra il 497 e il 496 riesce ad imporsi rispetto a queste ribellioni interne alla lega latina e a riportare una vittoria schiacciante presso il lago Regillo si tratta di una vittoria assolutamente importante perché determina un cambiamento delle gerarchie interne alla lega latina: mentre prima c’era un rapporto paritario tra i contraenti dopo questa vittoria riportata da Roma quello che noi osserviamo è che da una parte ci sono le comunità latine e dall’altra c’è Roma che non è più una delle tante ma arriva ad assumere una posizione di maggiore autorevolezza che ne consente di trattare da sola con tutte le altre comunità. creazione (che era già stata avviata ma con Veio avrà una spinta maggiore) di un ceto di piccoli proprietari agricoli che andrà a rinfoltire l’esercito e che creerà le premesse per la transazione ad una vera e propria milizia militare come quello dell’esercito centuriatio. L’altro elemento un po’ più marginale ma ugualmente importante riguarda il fatto che, da questo episodio, con la conquista di Veio noi abbiamo un’ennesima testimonianza del fenomeno di integrazione delle divinità degli sconfitti nel pantheon romano, la nostra tradizione ascrive alla conquista di Veio l’evocatio della dea Iuno; noi abbiamo questo famoso episodio di Marco Furio Camillo che avrebbe condotto al progressivo inserimento di Giunone (che originariamente non apparteneva al pantheon romano) all’interno del pantheon testimonianza pregnante di quella che era una consuetudine della religione romana, la quale non è esclusiva ma tendeva ad inglobare anche le divinità dei popoli conquistati. Il fatto che questo assedio sia stato così impegnativo per Roma si è dovuto pensare anche ad una forma di remunerazione per chi combattesse per la città il combattere per così tanto tempo implicava l’abbondono della cura di quelle che erano le proprie attività; ed ecco che dopo la guerra contro Veio che Roma decide di dare un stipendium (stipe dal latino cioè merenda, l’idea originaria era proprio che fosse una forma di sostentamento per ricompensare almeno in parte il servizio svolto per la res publica), non siamo ancora in una piena economia monetaria ma in una fase pre- monetaria dove venivano scambiati i blocchi di rame. Ci siamo focalizzati sugli aspetti di politica estera perché aiutano ad arrivare ad un altro elemento importante: la rivalità, il conflitto interno alla civitas tra patrizi e plebei, con queste distribuzioni di terreno e con questa formazione di un ceto di piccoli proprietari assistiamo ad un’evoluzione della società romana nella Roma dei Tarquini, in quella che è stata una delle ristrutturazioni dell’area forense, noi abbiamo anche la creazione, con annesse attestazioni, delle tabernae (botteghe) e questo significa che la città era andata a mano a mano sviluppandosi e si era creato un ceto di artigiani e commercianti che aveva trovato anche nelle politiche dei Tarquini un appoggio che avevano portato i regnanti appartenenti a questa dinastia a godere di un certo consenso popolare in opposizione a quei clan gentilizi che invece erano sofferenti rispetto a questo tipo di gestione del potere. Quest’articolazione interna tra patrizi e plebei è tutt’altro che semplice perché noi non abbiamo nessuna fonte di chi sono i patrizi, i plebei e i consoli sono tutte tassonomie. È necessario interrogarsi su questi due gruppi distinti che si creano a mano a mano a Roma e che i romani avevano una parola specifica per designare i diversi gruppi cioè ordini (mentre noi li definiamo gruppi) lotta degli ordini (non caste né classi ma ordini). Divisione che al di là delle conquiste maturate dai plebei rimarrà viva per quasi tutta la storia della città e che vede una distinzione tra un gruppo che originariamente discenderebbe dai primi patres (patrizi, primi senatori) e dall’altra i plebei pensati come i clienti dei patrizi prima ipotesi rispetto a questa originaria divisione della società; i plebei, in questo senso, non sarebbero stati organizzati al loro interno come gruppo con un antenato comune come erano invece i patrizi (ordine e gruppo chiuso al loro interno); che erano un ordine chiuso al loro interno. Un altro tipo di interpretazione da più peso all’elemento etnico i patrizi deriverebbero dai latini situati sul Palatino invece i plebei sarebbero i discendenti dei sabini insediati sul Quirinale e che sarebbero stati aggregati alla comunità civica in una condizione di relativa inferiorità rispetto all’originario elemento latino. Altra spiegazione è data dall’elemento economico ravvisava nei patrizi grandi proprietari terrieri, coloro che avrebbero avuto a disposizione fin dai primordi della città il controllo e monopolio su determinate aree della città, mentre i plebei sarebbero stati un gruppo di commercianti ed emergenti artigiani, avevano delle possibilità economiche ma semplicemente non avevano nella terra, trasmessa soprattutto ereditariamente, un elemento caratterizzante. Nessuna di queste teorie appare pienamente soddisfacente di questa divisione interna alla società e dobbiamo pensare che questi gruppi vengono a crearsi sempre con progressività rispetto ad una città che è in continua espansione e che vede l’arrivo al proprio interno di gruppi molto eterogeni e che vede in questa distinzione il punto d’arrivo di una diversificazione progressiva e molto complessa di cui noi non abbiamo modo di ricostruire tutte le tappe nella loro esatta scansione; ma una delle certezze che abbiamo è che questi due diversi gruppi, ad un certo punto, arrivano ad un momento di conflitto e di tensione acuta che comporta un gesto importante: il primo sciopero della storia i plebei sceglieranno di dare un segnale tangibile di non accettare più determinate dinamiche e si ritirano sul colle Aventino per manifestare il dissenso rispetto a certe dinamiche di esclusione che avevano interessato i plebei fino a quel momento (494); secondo le nostri fonti noi sappiamo che la repubblica inizia nel 509 e non possiamo pensare che questa divisione si sia creata in pochi anni a partire dall’età repubblicana fenomeni che hanno un evoluzione lenta e molto graduale. Quali erano i privilegi dei patrizi? La secessione che la plebe compie sul colle Aventino è per contrastare questi privilegi. In primis hanno, i patrizi, un monopolio di natura religiosa, sono gli unici che possono trarre gli auspicia (segni dati dagli dèi) cioè che possono effettuare quei riti in base ai quali venivano interpretati i segni dati dagli dei e questo è un privilegio esclusivo dei patriziati trasmesso poi in maniera ereditaria; i patrizi erano anche gli unici che potevano accedere alle magistrature perché a Roma resterà sempre molto forte questo legame tra politica e religione e quindi gli auspici erano un operazione imprescindibile e preliminare rispetto a qualsiasi operazione politico-militare: prima di decidere se fosse opportuno tracciare o meno il confine della città o se fosse opportuno intraprendere o meno un’azione bellica dovevano passare sempre prima per l’interrogazione del volere degli dei. Se gli auspicia sono una prerogativa patrizia è quasi un corollario naturale che anche le magistrature siano una prerogativa dei patrizi. L’altro privilegio riguardava la spartizione del bottino di guerra che era impari e che vedeva i patrizi in un ruolo di preminenza; questa sproporzione rispetto alla distribuzione del bottino aumentava le diseguaglianze sociali e consentivano ai patrizi di accumulare patrimoni sempre più ingenti e viceversa ai plebei a non poter mantenere spesso uno status che si erano guadagnati con il loro lavoro perché il rischio era quello di cadere in una forma di indebitamento così grave da costringere i plebei all’asservimento i più poveri potevano entrare in schiavitù per debiti che i romani chiamavano nexum e che era percepita come una condizione particolarmente indegna: le rivendicazioni dei plebei erano riguardo questi punti elencati. Questo sciopero riguardava anche l’esecuzione di quei riti perché è vero che i plebei non potevano trarre gli auspicia ma facevano parte della comunità e partecipavano a quei riti religiosi, il fatto che loro scegliessero di sottrarsi a questi riti collettivi determinava il turbamento di quella che i romani chiamavano la pax deorum ed era un elemento che destava grande preoccupazione e non poteva non determinare delle conseguenze e delle prese di decisioni di un certo calibro determinate conseguenze. Vettori 16/03/2023 Quali sono i conflitti che hanno animato la società interna romana nel corso del V secolo tra patrizi e plebei? E quali sono le magistrature della repubblica? Vedi slides del 16 marzo con la tabella “le conquiste dei plebei” Il 494 a.C. rappresenta l’inizio della frattura tra patrizi e plebei (differenza tra i due non sulla base economica, non parliamo di ricchi e poveri, anzi esistevano plebei ricchissimi che avevano potuto accumulare dei capitali anche sulla base delle loro attività commerciali e probabilmente erano proprio questi plebei arricchiti che avevano più interesse e motivazione a rivendicare certi diritti). Dobbiamo pensare a due gruppi molto eterogenei al loro interno e che hanno “come minimo comun denominatore” quello di essere esclusi dai diritti pubblici. L’unica certezza che abbiamo è che nel 494, dopo un periodo in cui non c’erano state troppe tensioni tra i due gruppi, ad un certo punto esplodono e questa conflittualità sociale è particolarmente grave perché avviene in un momento molto critico per la città perché Roma è impegnata militarmente contro delle popolazioni esterne (conflitti con le popolazioni appenniniche dell’interno come gli Equi e i Volsci) e questo ritiro sul colle Aventino (alcuni studiosi e alcuni manuali parlano di “monte sacro” ma questo è esterno alla città di Roma ma è un’altra delle possibilità del ritiro dei plebei) comportava non solo la rottura della pax deorum ma vediamo che i plebei si rifiutano di combattere (in un momento in cui Roma è impegnata militarmente questo fattore sapere è che questo percorso di progressiva equiparazione tra questi due gruppi è molto lungo che parte dal V secolo e giungerà a maturazione solo all’inizio del III. Un altro snodo fondamentale è il biennio 451-450 che sono anni che rappresentano l’anno delle dodici tavole (attenzione non sono la costituzione di Roma perché non avrà ma una costituzione, un testo scritto che descriva le proprie strutture e i propri organi di funzionamento; la cosiddetta “costituzione romana” noi la conosciamo tramite vie diverse) (non ci sono mai pervenute) si tratta di un momento fondamentale perché siamo di fronte ad una stesura del diritto che diventa accessibile a tutti; ma dobbiamo porre attenzione: sbaglieremo a individuare in queste leggi delle XII tavole (che non ci sono mai pervenute, sembra che siano state imparate a memoria) un diritto di impostazione “progressista” perché si trattava di leggi, che tutelavano moltissimo la proprietà privata e leggi non di diritto pubblico ma che riguardavano i rapporti privati e tendevano ancora ad attribuire al pater familias un ruolo preponderante, fondamentale e di preminenza rispetto a quella che era la struttura familiare oltre ancora al nexum e alla pena di morte per i debitori insolventi; l’unica forma di conquista era che il diritto era uguale per tutti e non più sottoposto a vari arbitrii (come poteva essere un diritto orale o ad appannaggio dei pontefici) ma era un diritto finalmente accessibile all’intero corpo civico. Benché per certi versi queste leggi rappresentino in parte un’acquisizione importante per la plebe bisogna porre attenzione perché Roma comparata alla grecità dal punto di vista giuridico- legislativo sono ancora su piani nettamente diversi (ci sono almeno cento anni di differenza) (Solone). Altro punto importantechi si occupa della stesura di queste norme? Se ne occupa un collegio di dieci magistrati (decemviri) ma che per questi due anni, non affiancano i consoli ma li sostituiscono (particolarità di questo biennio) e in questi due anni vede anche un cambiamento della propria composizione. Nel primo anno abbiamo una composizione integralmente patrizia di questo collegio mentre nel secondo anno troviamo una composizione mista. Altro elemento importante, prima di arrivare alla data cruciale del 367, riguarda la magistratura che ha rivestito la funzione di ponte in questi anni di laboratorio istituzionale noi sappiamo che dal 444 fino al 367 ci sono anche questi tribuni militari con poteri consolari; si tratta di decenni in cui la città è molto impegnata sotto il profilo militare e l’ipotesi che è stata fatta è che due figure con imperium che si chiamassero consoli o in un altro modo, probabilmente fossero poche per far fronte alle varie esigenze militari di cui la città aveva bisogno: probabilmente in questo periodo di passaggio noi abbiamo questi magistrati particolari dotati di imperium che potevano costituire la massima autorità all’interno del pomerium ma anche guidare l’esercito fuori da quest’ultimo è interessante questa magistratura perché, stando a quanto ci dicono le nostre fonti, mano a mano all’interno di questo collegio di tribuni entrano a far parte anche i plebei. Arriviamo al momento cruciale del 367 (data fondamentale) con le leggi Licinie Sestie (vedi slide con il testo di Tito Livio “storia di Roma della fondazione della città, 6.35). Livio, all’interno della sua opera, ci racconta che cosa comprendessero le leggi, le quali vengono portate avanti su iniziativa di due tribuni della plebe che avevano rispettivamente come nome gentilizio Licinius e di Sestius. Il primo mediatore tra i patrizi e i plebei fu il patrizio Menenio Agrippa al quale viene attributo un apologo (discorso con intento moralistico) con il quale ci dipinge la res publica utilizzando la metafora del corpo umano, si rivolge ai patrizi dicendo che lo stomaco (il corpo intero del senato) non può ricevere il nutrimento di cui ha bisogno privandosi delle braccia (ossia i plebei). Cosa offrivano le leggi Licinie Sestie? Sono un insieme di provvedimenti che vanno a migliorare, in modo consistente, e a stabilire una tappa fondamentale dell’equiparazione di questi due gruppi sociali. (dalla lettura del testo di Livio “Storia di Roma dalla fondazione della città, 6.35) dalla lettura del testo capiamo che c’è un modo, finalmente, per uscire da questo indebitamento (schiavitù per debiti) “rateizzando” il pagamento del proprio debito questo è il I elemento introdotto dalle leggi Licinie Sestie. Il II elemento riguardava la limitazione della proprietà terriera “in virtù della quale potesse possedere più di 500 iugeri di terra” con “terra” dobbiamo intendere l’ager publicus di quella che veniva conquistata e poi redistribuita ai vari cittadini (500 iugeri sono circa 125 ettari), viene stabilito un tetto massimo del terreno demaniale che ciascun cittadino può possedere: stabilire un limite dà l’opportunità a più persone di avere un pezzetto di terra (importantissimo per Roma dove il cittadino era anche soldato). Il III elemento riguardava la scelta di uno dei due consoli all’interno della plebe. Per altro quello che ci viene detto è che i patrizi avevano rinunciato, con l’emanazione di queste leggi, al monopolio del consolato quasi a titolo “compensativo” nell’anno successivo 366 viene istituita una nuova magistratura cioè la pretura (prator) il praetor, oltre ad essere uno dei nomi con cui si chiamavano i primi magistrati romani, adesso abbiamo un cambioè colui che amministra la giustizia, ha potere a livello giurisdizionale; anche il pretore è dotato dell’imperium ma si colloca in un grado più basso rispetto al console; anche questa è una magistratura collegiale. Nel 494 Livio ci testimonia un’altra magistratura: i plebei edili (gli edili del tempio) sovraintendevano alla manutenzione del tempio di culto che i plebei avevano creato, sull’Aventino, per la dea Cerere tanta era la voglia di indipendenza di questo gruppo che avevano creato il proprio santuario. Nel 366, dopo le Licinie Sestie, ci saranno anche gli edili curuli (“curuli” perché avevano diritto alla sedia curule tipica dei patrizi), che affiancheranno i plebei edili; invece, avranno delle competenze che vanno molto oltre a quella che è la competenza del controllo e dell’approvvigionamento dei templi ma saranno addetti all’approvvigionamento della città nel suo complesso, al controllo dei mercati (cosa importantissima perché controllavano che non ci fosse merce contraffatta o andata a male, ruolo di supervisione) (controllare meglio sul manuale). In questo progressivo percorso di equiparazione politica uno snodo fondamentale è dato dalla legge Lex canuleia del 445 legge che permetteva di sposare tra loro patrizi e plebei. Nel momento in cui il sangue dei patrizi dei plebei incomincia a “mescolarsi” come si fa a perseverare per troppo tempo nella esclusione di un gruppo rispetto a quelle che sono le cariche pubbliche? Questa commistione che verrà a crearsi costituirà un elemento importante rispetto a questo percorso che ha altre tappe importanti come la lex Poetelia-Papiria del 326 a.C. che comporta l’abolizione della schiavitù per debiti e nel 287 abbiamo la lex Hortensia con l’estensione del valore dei plebisciti anche a tutta la cittadinanza. Una legge che non è presente nella tabella della slide (ma è presente nel manuale) è la lex ogulnia i patrizi consentiranno ai plebei di scalfire le loro prerogative in ambito religioso. Con la nascita delle leggi Licinie Sestie abbiamo la nascita di una nuova nobilitas patrizio-plebea da adesso in poi, grazie ai matrimoni misti e all’accesso dei plebei al consolato, ecco che abbiamo un’oligarchia non più di nascita o di sangue ma è un’oligarchia di funzioni: cosa vuol dire nobilitas patrizia-plebea? al momento della morte di Lucio Scipione Barbato (vedi slide) quest’ultimo sceglie di indicare sulla sua tomba alcuni degli incarichi che ha ricoperto a servizio della res publica e un tratto qualificante di questo elogio funebre erano proprio le cariche pubbliche che Scipione Barbato aveva svolto perché nobilis significa “persona nota” ed è una nobilitas che non giustifica più la propria preminenza solo sulla base delle origini ma è una preminenza che si giustifica per i ruoli svolti a servizio della città e noi lo vediamo da quel “apud vos” (fa riferimento al fatto che tutti questi incarichi erano esiti di elezione, “mi avete scelto voi, ho raggiunto tali risultati perché voi mi avete dato fiducia e ho mantenuto tale fiducia) cioè “presso di voi” in questo elogio funebre noi vediamo una persona che è arrivata al vertice del cursus honorum (è stato console e censore, oltre che edile); la classe dirigente romana trovava una fonte della propria legittimazione in questo tipo di rapporto che si guadagnava solo con meriti sul campo questa è la novità introdotta da questo nuovo concetto di nobilitas patrizio-plebea perché non è più una nobilitas di sangue ma di funzioni. I censori iniziano la loro attività dal 443 a.C. e per diventare tale bisognava essere stato ex console ma il censore non resta in carico solo un anno ma 18 mesi e venivano eletti ogni cinque anni (a dispetto di due consoli espressi ogni anno i due censori perché da un lato usufruiva ancora della conquista di Velio con il conseguente bottino ma soprattutto vediamo questa ripresa anche dalla politica che c’era all’interno della penisola negli anni successivi ma è in questo frangente che vediamo la costruzione delle mura “serviane” (attribuite a Servio Tullio): queste mura, costruita in reazione all’invasione subita, sono in tufo giallo trovato proprio a Velio argine che ha aiutato anche dalle invasioni di Annibale; sappiamo per certo che le mura in età augustea erano ancora ben conservate ma la loro funzione difensiva era venuta meno e ultimo elemento importante è che il perimetro ci testimonia un perimetro cittadino di assoluta rilevanza, l’area contenuta in queste mura ci colloca Roma come una delle più grandi città del IV secolo. Ritornando all’espansionismo i latini non avevano rispettato il foedus con la calata dei galli e questo porta ad incrinare i rapporti tra i latini e i romani municipium (pronunciato “munichipium”) Tusculum diviene il primo municipium di Roma (da munia capere: assumere gli obblighi) dal 381 a.C. sceglie di adottare una strategia precisa: lascia una certa autonomia cittadina ma senza cancellarne l’identità originaria i suoi abitanti assumeranno i diritti e i doveri dei cittadini romani; altre città che cesseranno la loro resistenze ai romani saranno Tibur (Tivoli) e Praeneste (Preneste). Roma riesce ad avere la meglio anche sugli Ernici e i Volsci. Questa espansione fa da scenario a quella che invece sarà la guerra più rilevante che impegnerà Roma nell’intero IV secolo e l’inizio del III sec: guerre contro i Sanniti. Queste guerre sono importanti, rispetto alle guerre contro i latini, perché determina un cambiamento di scala rispetto all’espansionismo romano proietta Roma come una potenza sovraregionale. Le fonti antiche le chiamano anche Sabelli ma dietro la parola Sanniti si cela non solo un popolo ma una confederazione, un insieme di popolazioni che sono insediate su un territorio molto ampio quello che era il Sannio storico e che corrisponde a parte della Campania e il territorio montuoso dell’Abruzzo, del Molise, ad alcuni lembi della Puglia e della Basilicata: i Sanniti avevano un organizzazione politica e religiosa particolare perché in questa confederazione c’erano raggruppamenti di tribù che a loro volta si articolavano in pagi distretti funzionali al reclutamento militare e al funzionamento della vita religiosa e agricola, avevano anche loro una funzione oligarchica (avevano il loro senato e i loro magistrati). I ritrovamenti (i loro “appuntamenti”) dei Sanniti erano sempre localizzati presso il santuario di federale di Pietrabbondante (Molise). Le guerre sannitiche (343-295 a.C.) circa un cinquantennio che determinano uno spostamento di equilibri politici in questa parte del mediterraneo (il territorio della guerra arriverà fino alla Romagna). Il “prequel” di questa battaglia è dato dall’incontro tra i Sanniti e i Romani nel 354 abbiamo un primo trattato di regolamentazione dei rapporti tra i romani e i Sanniti e il confine viene stabilito dal fiume Liri accade che nel 343 i sanniti vogliono annettere il popolo dei Sidicini i quali chiesero aiuto ai campani e Capua a sua volta chiede aiuto a Roma la quale è incerta sul da farsi bellum iustum: intraprendere iniziative di guerre solo se minacciate in prima persona, escamotage: i capuani si consegnano ai romani e questo genera l’obbligo dei romani nel difenderli dando modo a Roma di espandersi nell’Italia meridionale dando così avvio alla I fase della guerra che va dal 343 al 341 a.C. ma a Roma è riconosciuta il suo inizio di espansione nel territorio campano (i sanniti si annettano i sidicini). La II fase va dal 326 al 304 a.C.  clamorosa sconfitta romana alle Forche Caudine contro i Sanniti nel 321 a.C. ma qui non avviene un vero e proprio scontro perché i romani rimangono intrappolati in questa gola facendo vincere così i Sanniti (Livio è esplicito su questo punto perché si dilunga a descrivere l’angoscia dell’esercito romano intrappolato in questa gola). Al di là della sconfitta i Romani riescono a rovesciare le sorti della battaglia in particolare ricordiamo della loro vittoria presso Boviano. La III fase si protrae dal 298 al 290 a.C. che vede coinvolte insieme ai Sanniti i Galli Sènoni, gli Umbri e gli Etruschi contro i Romani definita dagli storici come la “battaglia delle Nazioni” vincono i romani: il territorio dei Galli Sènoni entra a far parte dell’ager romano e i Sanniti perdono il loro ruolo di leader dell’Italia meridionale. Questo cinquantennio viene costellato da altre guerre: i romani si coalizzarono con i sanniti per sconfiggere i latini la grande guerra latina, conflitto molto duro per Roma, (dal 342 al 338 a.C.) il cui scopo era di recuperare l’egemonia nel Lazio e Roma si allea con ogni singola città latina la cui formula sarà divide et impera, grazie a questa guerra Roma arriverà ad espandersi in tutto quello che è il Lazio antico e aggiungerà un ulteriore aerea del Latium adiectum (arriviamo quasi in Campania). Un episodio rilevante di questa guerra è quella che vede la deduzione della colonia romana ad Anzio la cui posizione era strategica perché il centro si era dotato di una flotta molto efficace che Roma decide di inglobarla e la flotta requisita ad Anzio sarà il primo blocco della flotta romana e di questa flotta anziate la parte metallica usurata viene staccata rostri dalle navi per abbellire il senato romano dove declameranno i senatori (qui siamo tra la I e la II fase delle guerre sannitiche), tutti questi ampliamenti di territorio acquisito da Roma necessitavano di alcune riforme specifiche che variavano a seconda della necessità le modalità variano caso per caso non c’è un programma precostruitacon Velio si era proceduto con delle assegnazioni viritane e questa modalità continua ad essere seguita con delle assegnazioni ai singoli che vedono all’interno del proprio patrimonio una nuova iniezione di ricchezza che poteva avere anche esiti non secondari, l’altra modalità era la costruzione di municipia ma una delle modalità più incisive è quella della deduzione di colonie: quello che era un territorio vergine o non ancora urbanizzato Roma crea dei nuovi insediamenti che possono essere di due tipologie: le prime ad essere fondate sono le colonie romane (marittime e costiere che servono come avamposti come Ostia che non è a Roma che però vengono insediati dei cittadini i quali avranno degli appezzamenti e godono dei diritti dei cittadini romani) viceversa vengono create anche le colonie latine i cui abitanti godono di appezzamenti più ampi ma non di tutti i diritti del cittadino romano non poteva votare e la possibilità di essere eletto che però potevano contare su appezzamenti più vasti e l’ultima tipologia sono città che non hanno diritto di voto, conservano le loro istituzioni ma sono meno autonome rispetto alle precedenti a livello di politica estera non possono promuovere nessuna iniziativa. Vettori 23/03/2023 I due strumenti più utilizzati da Roma per il controllo del territorio sono i municipia e le colonie rispondo a delle esigenze di natura differente. I municipi sono spesso centri preesistenti, di antica data, dove viene data la cittadinanza romana a tutti gli abitanti; si pone l’accento sull’autonomia amministrativa di queste comunità perché uno dei portati di questo processo di municipalizzazione è la grande attenzione a quelle che erano già delle pratiche e dei protocolli preesistenti quindi Roma invece di esercitare il proprio dominio sceglie di avvalersi degli strumenti che già c’erano a livello locale, cercando la via dell’integrazione valorizzare l’esistente.mIl municipium è uno strumento importante per la sua flessibilità il fatto che venga concessa la piena cittadinanza a tutti gli abitanti dei municipia implica che il bacino demografico su cui Roma può contare (importante sotto il profilo militare) va ampliandosi in modo decisivo si tratta di un’annessione più “dolce” rispetto ad un egemonia imposta che senz’altro avrebbe scatenato delle resistenze maggiori. Cicerone, per esempio, per cercare di descrivere cosa significasse vivere in un municipium dell’Italia romana elaborò il concetto della doppia cittadinanza “gli abitanti dei municipia sono cittadini romani ma mantengono i legami con le loro origini”. (anche Trento assurgerà a rango di municipium, in età molto più avanzata adeguandosi a quello che è un modello di città che sarà uno dei portati della romanizzazione). Concetto molto importante quello della romanizzazione ma va preso con estrema cautelaprocesso di uniformazione ai modelli romani della penisola e in seguito del Mediterraneo sotto il profilo giuridico, istituzionale, socio-economico e culturale ma noi dobbiamo utilizzarlo nell’accezione più ampia del termine perché in passato questo concetto è stato interpretato in modo negativo valorizzandone lo stato di matrice colonialista e imperialista Roma si è imposta alle realtà preesistenti cosa che in realtà non è sempre accaduta; non dobbiamo immaginarci la romanizzazione con un imposizione dall’altomolte di queste comunità che entravano nell’orbita romana attuavano dei processi di auto romanizzazione perché tale era il fascino che questa nuova potenza esercitava che spesso c’era proprio la volontà in primis da parte dei popoli annessi di omologarsi a determinate procedure, ad acquisire determinati costumi e la volontà di far parte di quelle che erano le procedure del diritto romano e nonostante alcune di queste comunità avessero già dei diritti sviluppati si di dare una maggiore elasticità e dinamicità all’intervento dell’esercito e possono combattere in articolazioni autonome. A destra e a sinistra di questo schieramento c’erano trecento cavalieri divisi in due squadroni. Rispetto a questo svuotamento di significato della centuria a livello militare è naturalmente la premessa per uno svuotamento anche di significato politico della centuria ed è per questo che a mano a mano va affermandosi una terza assemblea (oltre ai comizi centuriati) si affermerà una modalità di reclutamento per tribù e si affermerà anche un’assemblea detta dei comizi tributi che saranno gli addetti all’elezione delle magistrature. Andrà omologandosi anche l’equipaggiamento dei soldati non c’è più quella differenza così incisiva sulla base del censo ma a mano a mano l’equipaggiamento dei soldati sarà più simile l’uno all’altro. Accanto alle legioni c’erano anche le truppe ausiliari che erano quelle fornite dagli alleati italici e dalle colonie latine. I consoli ogni anno, quando entravano in carica, avanzavano le loro richieste ai vari alleati che erano tenuti a fornire i loro contingenti. Le campagne che Roma effettua nel corso del III secolo (284-282 a.C.) ci concentriamo su quattro momenti: Sul fronte nord vediamo che sconfitta Veio gli etruschi non si perdono d’animo perché, nonostante i loro territori fossero fortemente ridimensionati all’inizio del III secolo e che quindi l’area etrusca si limitasse alla Toscana, noi abbiamo una nuova offensiva da parte degli stessi etruschi (che trovano nei Galli degli alleati su cui contare): abbiamo però, in soli due anni, una campagna fulminante promossa dal console Manio Curio Dentato che riesce, presso il lago Vadimone, ad avere definitivamente la meglio sugli etruschi battaglia importante da ricordare perché segna la fine dell’indipendenza etrusca. Un siglare singolarmente da parte di ogni singola città etrusca ci fu un trattato con Roma, ed è anche in seguito a questa campagna che aveva visto i galli coinvolti che Roma avverte la necessità di fondare nella parte tirrenica un’altra colonia cioè Lumi. I galli che si erano alleati con gli Etruschi non erano i Cenomani (che tendono ad avere una visione più collaborativa nei confronti di Roma) ma i galli boi che occupano una parte della pianura padana. Il fronte sud fu più impegnativo e porterà Roma a completare la propria espansione; su questo fronte Roma è contrapposta a Taranto e a Pirro re dell’Epiro (282-275 a.C.). Nel piatto celebrativo inserito dalla professoressa nella slide vediamo uno dei tratti che entrò nell’immaginario collettivo con la battaglia contro Pirro: l’arrivo degli elefanti, animali che Roma non conosceva. Come arriva Pirro in Italia? l’avvio della guerra viene dato da Taranto ( colonia che aveva la propria madrepatria in Sparta) che era la più ricca e importante città del meridione, nonostante la sua ricchezza era una città molto preoccupata dalle dinamiche che avevano preoccupato anche altre città della Magna Grecia perché Taranto era, appunto, preoccupata dalle popolazioni dell’entroterra (popolazioni appenniniche): Bruzi e Lucani che con le loro incursioni e razzie preoccupavano tantissimo Taranto (Taranto non era sola perché poteva contare su una lega di città italiote tutte di origini magno-greche). Oltre ad essere spaventata dalle popolazioni del suo interno, Taranto si sentiva minacciata dalle mire espansionistiche di Dionigi di Siracusa che contava di espandersi nell’Italia meridionale in questo quadro, all’indomani delle guerre sannitiche, Taranto avverte anche la minaccia di Roma ed ecco che così Taranto si rivolge prima a Sparta (sua madre patria) e dopo cerca di stringere un patto di alleanza con la stessa Roma cercando di definire la aree di influenza (siamo tra il 303-302 a.C.): Roma si impegna a non penetrare nel golfo di Taranto e a non minacciarla. Ma tra il 285 e il 282 la città di Turi (nel golfo di Taranto) si sente minacciata dai Lucani e chiede aiuto a Roma, la quale decide di intervenire insediando una guarnigione a Turi e inviando una piccola flotta a Taranto gesto che viene interpretato come un gesto di sfida e Taranto si appella a un’autorità illustre rispetto agli equilibri mediterranei perché ricorre al condottiero Pirro (re dell’Epiro) era un generale che era genero di quel re di Siracusa che minacciava la stessa Taranto. Nasce una vera e propria crociata in difesa di quelli che erano i greci dell’Occidente ed è in questo momento che Roma avverte l’esigenza di nobilitare le proprie origini in questa dialettica contro Pirro che si dipinge come l’estremo difensore della grecità d’occidente contro quelli che di fatto venivano considerati come dei veri e propri barbari. Pirro riesuma il capitale omerico perché si dipinge come discendente di Achille e combatte contro quelli che erano i discendenti dei troiani che sarebbero, appunto, i romani. È in questi anni che abbiamo le prime attestazioni dell’elaborazione di questo mito delle origini con un richiamo diretto a Troia e alla fuga di Enea da Troia. Pirro mette in serie difficoltà Roma abbiamo delle sconfitte da parte di Roma che riporta principalmente ad Eraclea e ad Ascoli Satriano. Roma, in questo frangente (280 circa) era ricorsa all’arruolamento dei capitecensi: anche coloro che non possedevano nulla e che normalmente non facevano parte dei corpi ausiliari dell’esercito, sente la necessità di mobilitarli perché in difficoltà. Queste che sono, sulla carta, vittorie per Pirro di fatto gli avevano implicato delle perdite talmente gravi che di fatto non possiamo definirle vittorie perché saranno il preludio della sua sconfitta. Perché Pirro non riesce a sconfiggere i romani? Da un lato perché i romani grazie agli alleati riescono a disporre di forze sempre fresche e riescono a contare su un rinnovo della loro forza bellica, dall’altro lato inizieranno a nascere dei dissensi tra Taranto e questo re che mirava a sostituirsi a Taranto, in questi stessi anni abbiamo una conferma di quel trattato di alleanza romano-punico (primi anni della repubblica confermato in questi anni che ci troviamo nel 279 a.C.) che aveva visto i Cartaginesi essere, prima che un nemico di Roma, un suo alleato e quindi questi anni vedranno la presenza della flotta punica sulla costa laziale a tutela rispetto a quelle che erano le mire espansionistiche di Pirro. Trattato che era teso ad impedire la possibilità di una pace separata da parte di Roma o da parte di Cartagine con Pirro questo aveva giocato a sfavore di Pirro e i Cartaginesi si erano impegnati a fornire una parte della flotta in queste operazioni contro Pirro. Così nel 275, grazie a questo scontro definitivo in quella che sarà la futura colonia di Benevento, abbiamo il definitivo successo dei romani contro Pirro. Da questo momento in poi si apre per Roma una vera e propria “autostrada” verso il sud e in seguito a queste guerre contro Pirro, Taranto dovrà rassegnarsi ad ospitare una guarnigione romana, oltre che a consegnare degli ostaggi, ma ad entrare anche in un’alleanza con Roma che comporterà un definitivo spostamento degli equilibri a sud. Con la stipula di questo foedus Roma deciderà sceglierà di avvalersi anche dell’imponente e tecnologicamente avanzata flotta tarantina diventando così una potenza su scala mediterranea. Se il re d’Egitto Tolomeo, in base alla testimonianza di Timeo di Tauromenio (storico greco) nel 273 arriva ad inviare un’ambasceria a Roma chiedendole l’amicizia, questo è un segnale tangibile che si è avviato un processo irreversibile che porterà Roma a espandere progressivamente le proprie mire egemoniche, che vedranno come mira successiva la Sicilia le guerre contro Pirro daranno l’avvio alle tre guerre puniche. Dopo l’assorbimento della flotta tarantina ecco che Roma si proietta nel mediterraneo non solo a livello costiero ma anche a livello marittimo. In particolare in gioco rispetto al conflitto che si creerà con Cartagine c’è il dominio su questa rotta mediterranea nella quale Cartagine fino ad ora l’aveva fatta da padronesiamo di fronte ad una vera e proprio impero marittimo: questo scontro apparentemente è uno scontro impari non solo per la diversità dei domini sul profilo geografico ma sembra impari anche a livello tecnologico perché la flotta di Cartagine era molto avanzata e poteva contare anche sull’ausilio degli aiuti mercenari tratto distintivo dei Cartaginesi; con le sue capacità nautiche Cartagine era arrivata fino in Cornovaglia (cosa che era impossibile per i romani) e sappiamo che un cartaginese di nome Annone era riuscito a circumnavigare il corno d’Africa e si trattava di una potenza che grazie a queste competenze nautiche si era affermata nel commercio dei metalli. Oltre ad essere una potenza commerciale era anche una potenza che aveva messo a punto dei rilevanti mezzi di sfruttamento agricolo nelle aree in cui si era insediata perché abbiamo testimonianza che gli stessi trattati agronomici romani attestati nei secoli successivi riprendevano delle conoscenze che erano nei trattati che erano stati elaborati dagli stessi cartaginesi. L’opera di Polibio (vedi slide con il testo di Polibio “storie” 1.3.6-9) che si concentra moltissimo sul descrivere la storia di Roma per presentarla al mondo greco, insiste molto su questo punto perché uno dei suoi scopi è spiegare e vedere nelle guerre dei significati annessi a questa sfera d’azione di un magistrato dotato di imperium. Ma con la conquista della Sicilia abbiamo uno spostamento di significato: la provincia, per la prima volta nella storia di Roma, andrà ad indicare il territorio stesso acquisito da Roma, ed è per quello che possiamo riferire il termine “provincia” ad un significato molto più vicino che abbiamo oggi solo a partire dal 227. In questi anni di passaggio, tra la I e la II guerra punica, Cartagine matura un istinto e uno spirito di volontà di rivendicare la loro sconfitta (vedi slide con il piatto cartaginese che rappresenta Amilcare Barca che fa promettere al figlio Annibale di giurare odio eterno ai romani). A cavallo tra la I e la II guerra punica, nel 226-225, dato che la presenza cartaginese in Spagna era ancora molto cospicua queste due potenze stipulano il trattato dell’Ebro (fiume situato nella parte nord-orientale della Spagna) il trattato prevedeva la spartizione delle sfere di influenza tra Roma e Cartagine: lasciando a Roma il controllo della parte settentrionale (molto più contenuta) e a Cartagine il controllo di tutta la parte meridionale, quindi Roma non sarebbe dovuta intervenire a sud dell’Ebro ma Roma aveva stipulato un foedus con Saguto che era a sud del fiume (quindi in territorio cartaginese) e questo portò lo scoppio della seconda guerra punica motivo per lo scoppio della II guerra punica. Non possiamo capire perché il II conflitto punico si sviluppi in un certo modo se non andiamo prima a vedere quello che accade su altri due fronti. Il primo fronte è quello adriatico (che si apre proprio negli stessi anni del conflitto contro Cartagine, in realtà inizia una decina di anni prima e poi ci sarà una trance proprio nel 219) e il secondo è quello cisalpino (Italia settentrionale) Partiamo dal fronte adriatico: tra il 230-229 a.C. e poi nel 219 a.C. Roma si trova a combattere la popolazione degli Illiri (dall’altra parte dell’Adriatico), gli Illiri erano stanziati in una zona che corrisponde all’attuale Montenegro e l’attuale Albania. Perché Roma si trova a combattere con queste popolazioni? La pirateria nel mondo antico era una vera e propria croce sociale ed economica e tra gli Illiri era molto forte questa vocazione alla pirateria quindi gli Illiri disturbavano quelli che erano i primi movimenti sull’Adriatico di queste colonie avevano iniziato ad essere fondate attorno agli anni 60-70 del III secolo a.C. e da qui la necessità di arginare questi contatti che danneggiavano l’economia delle colonie romane: c’è un primo tentativo di Roma di ricorrere alla diplomazia per risolvere questo conflitto ma Teuta, regina degli Illiri, non dà grande corda ai romani i quali si trovano costretti ad inviare per la prima volta la loro flotta al di là dell’Adriatico; tra l’altro i romani trovano un appoggio in uno di quelli che era un sottoposto della regina Teuta che è Demetrio di Faro che tradirà la sua regina e farà vincere ai romani questa prima guerra illirica (230-229) e l’isola del Faro gli verrà data come ricompensa per questa fedeltà (ricompensa molto fatua perché sarà poi lo stesso Demetrio del Faro, dieci anni dopo, a contrapporsi ai romani attaccandone i possedimenti). Rispetto a questo fronte adriatico Roma emerge vincitrice creando alcuni avamposti (Epidamno e Apollonia) importanti sulla costa adriatica, ma la cosa più interessante di questo conflitto sull’adriatico è un fatto di matrice culturale: nel 228 i romani sono invitati ai giochi istmici e questo ci fa capire che in Grecia si era preso atto di quello che era la potenza romana e di quello che era il nuovo status, non solo militare ma anche di autorevolezza sul piano mediterraneo, che Roma andava acquisendo. I giochi istmici erano riservati ai greci e la presenza di Roma segna uno snodo molto importante Roma inizia ad essere un interlocutore importante per il mondo greco. Il secondo fronte è quello cisalpino (il prefisso “cis” significa “al di qua delle Alpi”, dire cisalpina o transpadana, che però significa “al di là del Po”, è la stessa cosa) la conquista dell’Italia settentrionale richiederà molti sforzi da parte di Roma e anche qui siamo di fronte ad uno scontro culturale (come era accaduto con i Sanniti): stiamo parlando di una cultura molto diversa rispetto a quella romana dato che nella cultura celtica la caccia e l’attività pastorale hanno ancora grandissimo spazio e stiamo parlando di una cultura che praticava ancora il sacrificio umano cosa che a Roma non era praticata. In previsione di questo pericolo celtico Roma aveva intrapreso quella politica coloniale molto cospicua. Intorno agli anni 30 del III secolo (232-230 a.C.) sempre per rafforzare ancora di più i presidii contro i celti il tribuno della plebe Gaio Flaminio propone che si proceda da delle cospicue assegnazioni personali (viritane)per distribuire tutti questi territori compresi tra ager gallicus e ager gallicus et picenus (parte delle Marche e dell’Emilia) viene proposto che si proceda a presidiarle inviando dei cittadini romani. I senatori non sono molto felici perché in primis questi cittadini romani sarebbero stati molto in difficoltà ad andare ad esercitare il loro diritto di voto a Roma e poi perché speravano di potersi accaparrare loro questi territori ma sta di fatto che si procede con queste assegnazioni che però vengono interpretate come una minaccia rispetto ai celti che erano affacciati a questo mondo romano in fermento. Soprattutto i Boi, insediati in questa parte dell’Emilia, entrano in attrito con i romani i Boi vengono sconfitti e ricacciati in Boemia e verrà fondata questa colonia latina; però a noi interessa quello che accade nella parte occidentale della pianura padana perché noi abbiamo queste incursioni dei Galli Insubri che riescono ad arrivare fino a Telamone e nel 225 abbiamo uno scontro importante con questi celti il primo a Telamone e il secondo a Clastidium che vedrà delle importanti sconfitte per i galli e delle vittorie decisive per i romani. I romani riusciranno anche ad avere la meglio sul capo degli Insubri che verrà ucciso in battaglia e la stessa capitale del mondo insubre, Mediolanum, verrà assoggettata dai romani si spingono fino a Mediolanum mentre i Cenomani tendono a mantenere un profilo più prudente e non si schierano contro Roma. Il mondo celtico non può ritenersi soddisfatto rispetto agli equilibri posteriori a questi conflitti che vedono la creazione di due nuove colonie a presidio di queste nuove conquiste ai danni dei celti, collocate rispettivamente a nord e a sud del Po Piacenza e Cremona che sono presidii, avamposti creati a presidio della romanità contro il mondo celtico che avranno un ruolo importante anche nel conflitto contro Annibale. Con la costruzione di queste colonie e il relativo sviluppo delle aree (via Flaminia, la via Emilia e la via Postumia che collegherà Genova ad Aquileia) e tutto questo fermento nel nord Italia provocherà quella poderosa riorganizzazione agraria (opera di centuriazione) e che di fatto segna tutt’oggi quello che è il territorio della pianura padana. Dovevamo fare riferimento a queste due realtà, il fronte adriatico e il fronte cisalpino, perché in entrambi i fronti si apriranno dei varchi importanti per quella che è la calata di Annibale in Italia. II guerra punica che si apre nel 219 con l’assedio cartaginese a Sagunto (219-202 a.C.) questo secondo conflitto è quello che darà il via alla repubblica imperiale romana. Il trattato dell’Ebro rendeva le cose delicate perché Roma stava violando quello che era un trattato comportando una serie di problematiche per la forma mentis romana; alla fine Roma sceglie di intervenire e quello che colpisce di questo conflitto sarà la tattica adottata da quello che è uno dei condottieri e strateghi più geniali che il mondo antico ci ha dato testimonianza: Annibale Barca il quale parte da quella che era una delle fondazioni cartaginesi in Spagna, Nova Cartago perché era lì che i Punici Cartaginesi avevano ancora delle ottime basi, e si avvicina a quella che sarà la penisola: ma i romani si aspettano che una volta raggiunte le foci del Rodano che Annibale da lì si imbarcasse e raggiungesse le coste d’Italia via mare cosa che Annibale non farà: la genialità di Annibale, che in questo senso è l’erede di quelli che erano i grandi generali dell’età ellenistica, fu quella di imbarcare l’esercito e sceglie di proseguire con la scalata delle Alpi. Le Alpi per un abitante del mondo antico erano considerate come invalicabili e come un qualcosa di scarsamente antropizzato quindi si era sviluppato verso queste aree con una considerazione che in qualche modo fossero inaffrontabili; invece, le Alpi erano abitate da persone che avevano imparato a sfruttare e a instaurare un’apposita economia in quelle aree così impervie. Una volta superato questo ostacolo per Annibale la pianura padana era cosa da poco, anche perché lui stesso contava in pianura padana, ed è per quello che ha utilizzato questa tecnica, di contare sul supporto dei celti la pensata di Annibale era dettata dalla possibilità di catalizzare in ottica antiromana i celti che in parte si sarebbero aggregati in maniera spontanea (dettata dal malcontento generato dagli scontri recenti, alcuni dei quali ancora in corso) e in parte anche pagandoAnnibale era partito con l’idea anche di pagare i celti per portarli dalla propria parte. Questa marcia come la questura o l’edilità. Verso Scipione, e poi verso il fratello, si matureranno dei sentimenti di diffidenza e lo accuseranno di aspirare al regno: di voler monopolizzare un potere che doveva essere accuratamente spartito in una dialettica all’interno dell’oligarchia: avere uno dei membri di quest’oligarchia che brucia delle tappe prestabilite e viola quello che era una sorta di regolamento interno alla classe dirigente riporta lo spettro di Tarquinio il Superbo e viene giudicato con estrema diffidenza. L’epilogo di Scipione vede un ritiro a vita privata (Seneca riporta tra i suoi scritti la vita che farà Scipione a vita privata). Gli Scipioni erano una famiglia che poteva trattare alla pari con i monarchi dell’epoca, si rapportavano alla pari con Eumene, stiamo parlando di un’aristocrazia con ricchezze e potere smisurato (Polibio fece una descrizione magnifica del corredo della moglie di Scipione, facendoci capire la ricchezza e la potenza di tale famiglia). All’interno del II conflitto punico tra il 215 e il 205 si situa il primo conflitto contro la Macedonia Annibale aveva cercato di catalizzare le proprie alleanze da un lato in Sicilia ma dall’altro anche in Macedonia e tra il 215 e il 205 si svolge questo conflitto macedonico che si risolve con la pace di Fenice, una pace che non ha un rilievo sostanziale ma riconosce gli equilibri precedenti al conflitto (manuale pagina 128 capitolo 7); è un conflitto che pone le premesse per il secondo conflitto macedonico perché erano entrate altre potenze in quest’asse anti-macedone e in particolare il regno di Pergamo e il regno di Rodi che si erano schierati con Roma rispetto a questo conflitto con Cartagine. Il secondo conflitto che si svolgerà tra il 200 e il 197 e si concluderà con la battaglia di Cinocefale (città della Tessaglia): è un conflitto con una portata un po’ più incisiva rispetto al primo conflitto e vedrà una cocentissima sconfitta di Filippo V e anche una profonda insoddisfazione da parte di quelli che erano stati gli alleati di Roma e che si avvieranno ad essere gli ex alleati della città. Filippo V aveva cercato di espandersi sulle coste dell’Asia minore da qui la preoccupazione del regno di Pergamo e di Rodi e aveva molto preoccupato Roma. Dopo la battaglia di Cinocefale, che ha il suo eroe nel console Tito Quinzio Flaminio, accade una cosa importante: nel 196 a Corinto dopo i giochi Istmici Flaminio proclama la libertà delle città della Grecia e da qui capiamo quello che è un sottotesto importante: Roma in questo frangente cronologico non ha né l’interesse né le strutture istituzionali per controllare direttamente la Grecia e le sue città ed è forse anche per questo che si erge a paladina della libertà delle città greche, c’era la necessità di capire cosa potesse controllare in modo diretto (ci vorrà un decennio perché Roma provincializzi quest’area del mediterraneo). Questo malcontento degli Etoli porterà ad un ribaltamento delle alleanze e che porterà l’apertura del fronte ancora più ad Oriente e quindi dopo la II macedonica si apre il fronte contro Antioco III re della Siria perché gli Etoli avevano raggiunto un accordo con questo importante monarca e questa cosa genera un pericolosissimo asse antiromano che complice anche il fatto che Antioco III si rifiutava di consegnare Annibale porta in qualche modo lo scoppio nel 192 la guerra siriaca che sarà l’ultimo fronte che si apre a livello mediterraneo: una guerra che si gioca non solo in Asia minore perché anche questa guerra si conclude in modo favorevole per i romani che riescono a sconfiggere Antioco prima nella battaglia delle Termopili e poi anche nella battaglia di Magnesia nel 189 scontro cruciale che porterà la pace di Apamea nel 188. Questa pace comporta la distruzione della flotta siriaca, allo sgombero dei territori a ovest e a nord della catena del Tauro e il pagamento di una indennità di guerra e la restituzione di Annibale che però non si arrende e fugge in Bitinia ma conscio del suo destino si suiciderà. Storia romana Vettori 3/04/23 Il periodo tra il III e il II sec a.C. viene definito, anche dalla manualistica, l’età dell’imperialismola conquista del mediterraneo si è snodata in questi frangenti cruciali come il conflitto con Cartagine (principale potenza rivale del mediterraneo), le guerre puniche (all’interno della II guerra punica si era aperta una parentesi relativa alle guerre macedoniche): statere moneta che viene coniata in Grecia per celebrare la vittoria riportata da Tito Quinzio Flaminio. Slide con “La storia di Roma dalla sua fondazione” da Ab urbe condita Tito Livio: nella II guerra punica per la prima volta la falange macedone trova una sconfitta epocale dalla flotta romana dal brano capiamo il pieno intento propagandistico da parte di Livio. La classe dirigente romana che entra in contattato con queste grandi potenze (Focesi, Corinzi e i Magneti; per gli altri leggi la slide con il brano di Tito Livio) è una classe dirigente che riesce a trattare alla pari con quelli che sono dei veri e propri monarchi di stampo ellenistico ed è per questo che Tito Quinzio Flaminio nell’immagine della moneta viene ritrattato con alcune caratteristiche fisionomiche tipiche dell’usanza greca ed ellenistica: come se volesse assimilare ed entrare in una relazione da un punto di vista estetico e culturale con i popoli con cui stava entrando in contatto; Roma nel relazionarsi a queste potenze era capace di entrare in trattative e dialoghi assolutamente paritari dato che la sua classe dirigente era bilingue. Altri conflitti che segnano Roma l’espansionismo romano di III-II sec a.C.: Nota bene: la guerra siriaca conclusa con la pace di Apamea ha avuto delle ripercussioni fondamentali per quello che è il destino del regno dei seleucidi: oltre alla consegna di Annibale, abbiamo una distruzione completa della flotta siriaca, il pagamento di una consistentissima indennità di guerra che porterà al processo degli Scipioni i quali non hanno voluto render conto al senato dei soldi ricevuti da Antioco III (il figlio di Scipione l’Africano era stato catturato da Antioco III e proprio queste trattative per il riscatto del figlio hanno creato un terreno fertile per l’accusa di corruzione che era stata mossa agli Scipioni). È importante ricordare che questa pace comporta anche lo sgombero di tutti i territori ad est e ad ovest della catena montuosa del Tauro (Asia Minore) e questi territori vengono rispettivamente tra il regno di Pergamo e il regno di Rodi (alleati dei romani); e tutte le città, soprattutto quelle greche che fin dall’inizio si erano schierate con Roma, vengono liberate questa è la situazione nell’Asia minore al momento della stipula della pace contro Antioco III. Le due battaglie da ricordare di questa guerra siriaca sono rispettivamente le Termopili e la battaglia di Magnesia sul Sipilo del 189 a.C. L’epilogo delle guerre contro la Macedonia, ce ne sono altre due: nel 179 abbiamo la morte di Filippo V il nemico principale dei romani e, in quell’area verrà fondata la città di Filippi, gli succede il figlio Persio che è animato da una grande rivalsa nei confronti di Roma: tra 171-168 abbiamo la III guerra macedonica che è una guerra particolarmente importante perché segna il trionfo del console Lucio Emilio Paolo e la fine del regno di Macedonia ma che anche in questo caso non viene assoggettato a Roma ma viene diviso in quattro distretti indipendenti anche l’Illirico viene diviso ma in tre distretti Roma sceglie di nuovo di non trasformare in provincia questo territorio ma di lasciarlo autonomo: ma l’elemento più importante, dopo la battaglia di Pidna del 168 che segna la sconfitta della Macedonia, è la sua conseguenza economica il bottino di guerra portato a Roma è talmente elevato che consente alla città di sopprimere il tributum: una sorta di imposta sulla proprietà che era stata introdotta, per la prima volta, dopo la campagna di Veio per pagare lo stipendium ai soldati; a partire dal 167 la res publica romana prende questa decisione che rappresenta uno snodo epocale: i cittadini romani non sono più tenuti al pagamento della tassa che inizia a ricadere solamente sui provinciali, sulle popolazioni assoggettate; Cicerone con “i doveri” (vedi slide) dichiara che Lucio Emilio Paolo si sia astenuto dall’approfittare del bottino di guerra (non sappiamo la verità), ma è importante notare come nella propria autorappresentazione la classe dirigente romana è sempre una classe dirigente che evita il lusso, moderata ed attenta alle spese tratto fondamentale in una società timocratica e organizzata sul censo come quella romana perché alcune spese lussuose poteva avere delle ripercussione gravissime verso la stabilità dell’ordine politico e sociale; viene dato un carattere di esemplarità all’atteggiamento di questo condottiero che era riuscito a liberare i romani dal tributum e non aveva preso niente per sé. In questa circostanza tutti coloro che hanno sostenuto la Macedonia vengono colpiti, tra cui la lega Achea (in questo frangente cronologico la Grecia è divisa in federazioni di città stato) di questa lega faceva parte Polibio (figlio di uno dei comandanti di questa lega); la lega Achea è tenuta a consegnare un migliaio tra i suoi esponenti politici più sgraditi ai romani e tra questi esponenti c’è anche Polibio che viene deportato in Italia ma rispetto agli altri sui compatrioti ottiene una sorte diversa: entra in contatto con il circolo degli Scipioni (apertura verso la cultura greca) e con Annibale durante la sua discesa delle Alpi; in quest’epoca riprende l’avanzata romana per il controllo di questa regione, si cerca di rimettere in piedi quelle colonie di Piacenza e Cremona, rispettivamente a sud e a nord del Po, che avevano subito dei gravi contraccolpi dalla discesa annibalica e vengono fondate delle colonie: nel 189 Bononia, nel 187 Luni e nel 183 Reggio e Modena che sono colonie, non latine, dei cittadini romani che tutelano la via Emilia che collega Rimini a Piacenza e che servono da ulteriore presidio nel nord. L’atteggiamento nei confronti dei Galli non è uguale per tutti: soprattutto con i Galli Boi che verranno decimanti e anche con i Liguri la repressione romana sarà molto dura e, in particolare, i Liguri apuani verranno presi e deportati nel Sannio. Roma non si limita a consolidare la sua presenza nell’Italia del nord ma si spinge oltre: è in questi anni che espande il proprio controllo non solo nella Gallia Cisalpina (oltre le Alpi) ma anche nella Gallia Transalpina, perché in qualche modo era stata sollecitata da Marsiglia (Massalia corrispondente alla città francese di Marsiglia, antica colonia greca che era in ottimi rapporti con Roma) e Roma interviene in quella che sarà la futura Gallia Narbonensis: quest’area sarà provincializzata nel 118 con il nome di Gallia Narbonensis perché qualche anno prima era stata fondata la colonia di Narbo Martius: colonia che corrisponde alla città di Narbon e che darà il nome a questa provincia che inizialmente si chiamava semplicemente Gallia Transalpina. Arriviamo alla fine del II secolo a.C. Si completa così il quadro delle province romane: tra l’altro nel 133 a.C. Roma acquisirà un ulteriore territorio ma questa volta non è necessaria la conquista militare perché nel 133 il re di Pergamo morirà lasciando il proprio regno in eredità al popolo romano e questo creerà la provincia d’Asia. Come vengono amministrati questi territori? Inizialmente vengono inviati dei pretori ma l’espediente che viene utilizzato per questi governatorati provinciali è quello della prorogatio imperi: quegli incarichi, e in particolare il consolato, che avevano garantito al magistrato l’imperium potevano in qualche modo andare oltre l’annualità grazie alla prorogatio; chi era stato console poteva vedere il proprio imperium prolungato per poter avere il comando dele legioni e per poter andare a governare queste province. Il proconsole (sempre incarico temporaneo, ma spesso poteva durare due o tre anni) al quale viene concessa la possibilità di esercitare il proprio imperium in ambito provinciale: non lavora da solo ma è affiancato da un questore che lo aiutava nella gestione di incarichi di natura finanziaria e c’erano anche alcuni legati (rampolli dell’aristocrazia senatoria all’inizio della loro carriera politica) che in qualche modo collaboravano con il proconsole. Questa espansione ha delle conseguenze incredibili soprattutto a livello economico- sociale che riguardano vari strati e vari agenti della società romana: da un lato abbiamo sempre un monopolio nella gestione di questi incarichi al governo delle province di quella che era la nobilitas patrizia-plebea: abbiamo un regime oligarchico composto da poche famiglie (il manuale parla di 300 famiglie in tutto ma probabilmente erano molto meno) anche se c’erano stati dei segnali d’apertura in senso geografico: abbiamo uomini che provengono dall’area tirrenica, da colonie latine fondate in questi anni che entrano a far parte del senato; c’è anche un’apertura anche verso il basso: vengono ammessi a fare carriera politica anche i cosiddetti homines novi: anche delle famiglie che non avevano ascendenti dei senatori e non avevano all’interno della loro famiglia dei magistrati vengono ammessi a fare carriera politica. Gli elementi importanti erano: disporre di un patrimonio cospicuo (per far parte dei senatori è importante il rispetto di un requisito di natura patrimoniale, si è senatori solo se si hanno più di 400mila sesterzi) e naturalmente è importante avere delle clientele questo perché le magistrature a Roma erano gratuite: chi faceva carriera non disponeva di propri cespiti da utilizzare sia in fase di campagna elettorale sia in fase di carriera (gli edili li organizzavano a loro spese) anche per il ritorno in termini di capitali e di rispettabilità e di capitale politico che si poteva ottenere dall’organizzazione dei giochi. Quest’espansionismo romano porta molti vantaggi non solo a questa nuova classe dirigente che va affermandosi e che va elaborando delle regole che consentono di far fronte ai cambiamenti che il mercato aveva introdotto in questo frangente, ma noi abbiamo anche i mercanti che traggono profitto da questa situazione: durante le guerre macedoniche Roma a Veio istituirà un porto franco che diventerà un luogo di scambio importantissimo soprattutto per quello che è il commercio degli schiavi che rappresentano un portato incredibile legato a queste guerre di conquista ma l’imperialismo è importante anche per l’affermazione di un ceto di artigiani specializzati dato che è in questi anni che vediamo l’acquisizione di competenze sul piano tecnico per esempio c’erano coloro che si occupavano della flotta e nel giro di poco tempo Roma riesce a ricostruire un’altra flotta grazie a questi artigiani specializzati, porta benefici ai piccoli e medi proprietari terrieri perché ci sono le distribuzioni di terra quelle date ai singoli o date tramite la fondazione di colonie quindi va ampliandosi questo ceto di piccoli e medi contadini; anche gli alleati trovavano vantaggio nell’espansionismo romano perché naturalmente, anche se non alla pari dei cittadini, partecipavano alla spartizione del bottino di guerra. Tutte queste trasformazioni che vanno via via sviluppandosi portano però dei dibattiti molto forti all’interno della classe dirigente (gli Scipioni erano favorevoli all’ellenizzazione della società romana ma gli Scipioni avevano dei detrattori perché c’era una frangia della classe dirigente molto restia ad introdurre costumi ellenizzanti perché c’era chi voleva rimanere sul mos maiorum e tra questi sostenitori possiamo ricordare Catone il censore). Nell’ottica romana la distruzione di Cartagine nel 146 avrebbe inaugurato un progressivo percorso di corruzione della classe dirigente che con la perdita del metus hostilis (paura del nemico) avrebbe sempre più corrotto ed indebolito la classe dirigente romana classe dirigente anche molto preoccupata dall’affermazione di grandi personalità come quella dell’Africano e preoccupata anche dalle conseguenze economiche di questo imperialismo: con i mutamenti introdotti nel mercato viene sentita la necessità di salvaguardare i patrimoni di questi senatori che rappresentano un elemento importante per la loro carriera politica: nel 218 (anni di piena espansione romana) vediamo l’emanazione della lex claudia pensata per vietare ai senatori di possedere delle navi che trasportassero più di trecento anfore perché trecento anfore era ritenuto il limite sufficiente per il mantenimento di una famiglia senatoria. Questo ci fa capire come il commercio nella forma mentis romana fosse concepito come un’attività non solo disdicevole, rispetto a quella che era la coltivazione della terra che era l’attività più dignitosa, ma anche come pericolosa per la stabilità del patrimonio: se la nave fosse naufragata avrebbe rischiato di mettere in pericolo quelle che erano le ricchezze acquisite. Dietro questa norma dobbiamo vedere un meccanismo di autotutela, di conservazione di questi patrimoni che doveva essere orientato alla proprietà terriera. Storia romana 5/04/23 Le cariche pubbliche a Roma erano una prerogativa del ceto senatorio: questo non sarà un elemento definitivo perché abbiamo un’oligarchia che può vantare alcuni elementi di apertura; stiamo parlando di un’oligarchia che arriva ad ammettere delle personalità che non avevano alle loro spalle degli antenati che avevano già ricoperto il ruolo di senatori (homines novi); altro elemento riguarda il fatto che all’interno di questa carriera senatoria c’erano alcuni incarichi preliminari che, gradualmente, nel corso della repubblica vanno sempre più delineandosi in una gerarchia sempre più definitiva; prima di arrivare alla questura (che è il primo gradino ufficiale del cursus honorum) in realtà era prevista la possibilità di ricoprire incarichi sia in ambito civile che militare, andando a ricoprire il ruolo di vigintivirato. 12/04/2023 ascolta registrazione 13/04/2023 La guerra sociale (91-89 a.C.) Denominazione bellum sociale (ovvero dei soci) sono state coinvolti tutte le popolazioni del fronte mediterraneo: Piceni, vestini, Marrucini, Marsi, Peligni e i Sanniti, gli Irpini e i Lucani. 55 a.C ebbe la nomina al consolato insieme a Crasso con un programma edilizio (vedi teatro di Pompeo), nel 53 a.C. ebbe la carica a proconsolato in absentia e lo detiene per più anni consecutivamente assieme all’annona e nel 56 a.C. ottenne la carica di consul sine collega Gli accordi di Lucca (“rinnovo del triumvirato”) nuovo accordo raggiunto nel 56 a.C. da Pompeo, Cesare e Crasso. Pompeo ottenne il consolato per il 55 a.C. e il comando proconsolare in Spagna, Cesare Crasso voleva la Siria perché era un’ottima base di spedizione contro i Parti e proprio questa spedizione segnò la fine di Crasso disfatta di Crasso a Carre nel 53 a.C. Gaio Giulio Cesare (100-44 a.C.) (vedi le varie tappe sulla slide). Giulio Cesare per consolidare la propria posizione tra il 58-52 a.C. inizierà le campagne galliche alla cui origine stanno le migrazioni degli Elvezi (collocati originariamente nell’attuale Svizzera) che si stavano preparando a migrare verso le regioni occidentali della Gallia, con l'intento di attraversare il territorio della Gallia Narbonense. Il passaggio di un intero popolo all'interno della provincia romana avrebbe senza dubbio procurato enormi danni e avrebbe potuto spingere gli Allobrogi, che vivevano in quell'area, a ribellarsi contro il dominio romano. Inoltre, i territori abbandonati dagli Elvezi avrebbero potuto essere occupati da popoli germanici, che sarebbero così divenuti pericolosi e bellicosi vicini dei possedimenti romani. I successi delle campagne di cesariane si devono non solo alla fedeltà delle truppe di Cesare e alle loro capacità militari ma soprattutto alla disunità delle popolazioni galliche. Vettori 17/04/23 11 gennaio 49 a.C.- Il passaggio dal Rubicone, inizio della guerra civile Nodo della questione: Cesare voleva rivestire l’incarico pubblico di console ininterrottamente con l’opposizione di Pompeo che facendo varare delle leggi ad personam si fa dispensare da questa necessità, si fa prorogare per altri cinque anni in Spagna nel 49 Pompeo è ancora proconsole (sulle Gallie) mentre Cesare è completamente sprovvisto di ogni incarico, quindi per lui rientrare a Roma come privato cittadino sarebbe poi stato esposto ad una serie di cause che Roma se ne serviva per arginare le grandi responsabilità, Cesare così varca la linea Arno- Rubicone ponendosi fuori dai confini della legalità punto di svolta notevole di questi decenni cruciali; Pompeo di fronte alla marcia di Cesare su Roma, fugge in Oriente provando a ricostituire un esercito in grado di fronteggiare l’esercito cesariano, quella che nasce come una guerra civile ha in realtà una dimensione mediterranea perché la fuga di Pompeo in Oriente amplia i confini dobbiamo pensare a queste guerre civili non solo tra i due concorrenti ma anche dai loro seguaci, una delle prime operazioni che Cesare fa è quella di rincorrere i pompeiani in Spagna primo scontro, ma lo scontro cruciale con Pompeo avviene a Farsàlo (Macedonia) in cui vediamo la sconfitta definitiva di Pompeo dove non muore ma riesce a fuggire in Egitto credendo di poter contare su Tolomeo XII (sul libro c’è scritto XII ma è un errore) e qui verrà ucciso a tradimento (vedi slide dove c’è lo scritto di Plutarco, “Vita di Pompeo” 80. 2,7): noi non sappiamo quanto ci sia di veritiero nello scritto di Plutarco ma ci interessa il nucleo fondamentale di quello che sarà la clementia cesariana su cui fonderà la sua politica futura. Cesare si inserisce nelle dinamiche di successione in Egitto; la morte di Pompeo non fa finire le guerre ma abbiamo molti strascichi dei conflitti in Africa, a Tapso nel 46 a.C. dove ci fu il suicidio di Catone, altro conflitto fu a Munda nel 45 a.C. in Spagna Cesare dictator tende a reintegrare quelli che sono i nemici in un modo molto diverso rispetto, ad esempio, di Silla: aspetto che il nipote Ottaviano a cui si ispirerà. Come si arriva all’uccisione di Cesare? Il nodo cruciale è rappresentato dalla carica di dictator nel 46 viene conferita a Cesare una dittatura decennale (per un anno), e durante questa dittatura compie una vera e propria ristrutturazione dello stato con varie riforme che segneranno non solo l’urbanistica della città ma anche l’aspetto istituzionale: già nel 49 Cesare aveva avviato delle riforme e si era inserito sul dibattito della cittadinanza estendendola a tutti gli abitanti della Transpadana, con questo provvedimento tutte le comunità della Transpadana ricevono la cittadinanza legandosi ancora di più a Cesare (soprattutto per premiare la fedeltà dei suoi combattenti). Con Cesare ci fu l’inserimento di elementi nel senato provenienti da altre province, abbiamo una riforma delle magistrature, viene realizzato un vasto programma di colonizzazione e di distribuzione di terre per i numerosissimi veterani di Cesare e per più di 80.000 tra i cittadini meno abbienti, in parte in Italia, ma soprattutto nelle province, emanazione della Lex Iulia Municipalis che riordina e raccorda le norme di governo e amministrazione pubblica dei municipi e di Roma e un ultimo provvedimento riguarda la riforma del calendario con l’introduzione di un anno bisestile (a partire dal 45). Nel 44 Cesare abdica a questa dittatura decennale per assumere il ruolo di dictator perpetuus cosa vuol dire perpetuo? Dittatura a vita “ritenendo che la monarchia fosse un sollievo ai mali delle guerre civili” (Plutarco, “Vita di Cesare” 57.1) ma come ci dicono i “fasti” di Priverno Cesare fu disegnato a quest’incarico, non avendo il tempo di ricoprire questa carica; a cosa gli serviva la dittatura perpetua? gli serviva per condurre la sua impresa più ambiziosa: una guerra contro i Parti, carica funzionale a questo progetto, dall’Epitome di Livio sappiamo che Cesare rifiuta molti incarichi alle spalle di questa carica di dittatore perpetuo abbiamo le cosiddette idi di Marzo del 15 marzo del 44 a.C. congiura attuata da Bruto e Cassio. Abbiamo molte fonti che ci parlano del concetto di libertas libertas repubblicana ricostituita da Marco Giulio Bruto non è di certo la libertas dei moderni segnata da concetti di uguaglianza e libertà ma di rifiutare il comando di uno solo, il potere continui ad essere gestito da un’oligarchia, a panaggio di pochi affinché nessuno di quei pochi possa prevalere sull’altro. (Bruto era il figliastro di Cesare, famosa l’esclamazione “ma come Bruto, tu figlio mio!”); era una congiura fomentata da altri esponenti della classe dirigente i congiurati non hanno un programma politico, non c’è un piano organico che aiuti la res publica ad alzarsi, ci saranno diversi problemi che porteranno alla nascita del secondo triumvirato. All’indomani della morte di cesare abbiamo la figura di Marco Antonio che si sentiva erede, sul piano militare, di Cesare (Cesare gli aveva affidato la Macedonia) (alla morte di Cesare era console), Marco Emilio Lepido che alla morte di Cesare risultava nominato come governatore della Gallia Narbonense e della Spagna Citeriore, Gaio Ottavio, pronipote di Cesare in realtà figlio di Azia, sorella di Cesare, Giulia e alla morte del dittatore si trovava ad Apollonia in attesa di unirsi a Cesare per la spedizione partica ma dal momento in cui viene “adottato” ottenendo il nome Gaio Giulio Cesare Ottaviano e da qui iniziano i problemi inizialmente, grazie a Marco Antonio, si cerca di mediare rispetto a quello che rappresentavano i cesaricidi, cercando di non protrarre le guerre civili e sarà una politica che non verrà portata avanti. Marco Antonio non era molto soddisfatto dagli equilibri stabiliti dal testamento di Cesare ed effettua il tentativo di cambiamento della suddivisione delle province, desiderava la Gallia Cisalpina e la Gallia Comata (che invece erano di Decimo Bruto motivo scatenante della guerra di Modena nella quale vediamo Antonio marciare verso Modena cercando di prendersi con la forza questi territori. A partire dalla fine del 43 abbiamo questa spartizione dei territori: Ad Antonio viene attribuita la Gallia Cisalpina e Gallia Comata A Lepido: Gallia Narbonese, Spagna Citeriore e ulteriore A Ottaviano: Africa, Sicilia, Sardegna e Corsica Spartizione attestata anche da Appiano nella sua “guerra civile” 4, 2-3 Uno snodo cruciale è rappresentato dalla battaglia di Filippi (42 a.C.) Bruto e Cassio vengono uccisi (vedi slide con il brano di Svetonio, “Vita di Augusto” 13). Il secondo triumvirato è legittimato da un’apposita legge la lex Titia rei publicae constituendae che conferiva ai suoi membri l’imperium consolare per cinque anni. Vettori 19/04/23
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