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Daniele Fedeli, La gestione dei comportamenti-problema dall'analisi all'intervento, Sintesi del corso di Analisi Dei Dati Per La Ricerca Sociale

Nel corso degli ultimi anni c’è sempre più l’esigenza di dover affrontare e gestire comportamenti problematici di diversa natura. Questa emergenza è dovuta anche a: 1) aumento significativo dei casi di bambini certificati à in realtà, i dati a disposizione non sembrano indicare un aumento significativo ed effettivo di questi disturbi quanto piuttosto un loro più attento e tempestivo riconoscimento, grazie a: - strumenti e procedure diagnostiche più precise e affidabili - aumento della formazione su molti disturbi da parte di figure sia cliniche che non - maggiore consapevolezza da parte delle famiglie sui primi indicatori di disturbi del comportamento o dell’apprendimento 2) numerosità delle classi, in aule con limitazioni strutturali 3) conflittualità tra agenzie educative e in particolare con le famiglie à la ridotta conflittualità che c’era in passato tra scuola e famiglia non indica una reale collaborazione, ma era l’espressione di un’accettazione passiva e acritica del ruolo e del

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Daniele Fedeli, La gestione dei comportamenti-problema dall'analisi all'intervento e più Sintesi del corso in PDF di Analisi Dei Dati Per La Ricerca Sociale solo su Docsity! Daniele Fedeli, La gestione dei comportamenti-problema - dall'analisi all'intervento psicoeducativo INTRODUZIONE Nel corso degli ultimi anni c’è sempre più l’esigenza di dover affrontare e gestire comportamenti problematici di diversa natura. Questa emergenza è dovuta anche a: 1) aumento significativo dei casi di bambini certificati à in realtà, i dati a disposizione non sembrano indicare un aumento significativo ed effettivo di questi disturbi quanto piuttosto un loro più attento e tempestivo riconoscimento, grazie a: - strumenti e procedure diagnostiche più precise e affidabili - aumento della formazione su molti disturbi da parte di figure sia cliniche che non - maggiore consapevolezza da parte delle famiglie sui primi indicatori di disturbi del comportamento o dell’apprendimento 2) numerosità delle classi, in aule con limitazioni strutturali 3) conflittualità tra agenzie educative e in particolare con le famiglie à la ridotta conflittualità che c’era in passato tra scuola e famiglia non indica una reale collaborazione, ma era l’espressione di un’accettazione passiva e acritica del ruolo e della funzione della scuola. Nel passato i bambini con questi problemi venivano scambiati solo per alunni poco motivati o poco educati à non è così! Inoltre, oggigiorno il numero di alunni per classe ha un peso maggiore dato che la didattica non è più solo frontale ma sperimenta nuove soluzioni. Nel complesso, la reale emergenza è legata ad un innalzamento delle richieste di intervento educativo nei confronti di situazioni di difficoltà che oggi vengono riconosciute prima e meglio rispetto al passato e per le quali sono necessari approcci educativi con elevati standard di efficacia. Ci sono stati anche altri aspetti fondamentali da questo punto di vista: - l’entrata in campo del nuovo Profilo di Funzionamento, per cui la scuola deve confrontarsi in maniera sempre più organica con il linguaggio ICF - maggiore attenzione al tema dell’inclusione à bisogna programmare una didattica flessibile, in grado di adattarsi a diversi livelli, esigenze e stili di apprendimento - rafforzamento delle interazioni tra la didattica e altri ambiti di ricerca (es. neuroscienze) à questo richiede anche un costante aggiornamento e formazione da parte del mondo della scuola - crescente diffusione di approcci “evidence-based” anche in ambito educativo e didattico. Quindi, non siamo solo di fronte a una maggiore presenza di alunni con comportamenti-problema, ma anche di fronte ad una evoluzione del modo di “fare scuola” e di programmare gli interventi educativi e riabilitativi. Lavorare con alunni con difficoltà o disturbi comportamentali è impegnativo, ma anche gratificante e formativo. Richiede passione e creatività à è arte e mestiere allo stesso tempo perché è anche necessaria l’esperienza. CAPITOLO 1 Cornice normativa: Tranne i casi di una evidente condizione di disabilità o di un disturbo clinicamente diagnosticato, gli insegnanti sono i primi a rilevare delle possibili difficoltà comportamentali nel bambino, consigliando ai genitori un approfondimento valutativo à questo avviene sia a livello micro, che a livello macro. Abbiamo tre momenti fondamentali nell’evoluzione dell’integrazione e dell’inclusione scolastica in Italia: - legge 104/92 à sancisce il diritto dell'alunno con disabilità all’integrazione nelle classi comuni, a prescindere dalla tipologia e dalla gravità della disabilità presentata. Qui il riconoscimento degli interventi di integrazione scolastica viene collegato alla certificazione sanitaria di una disabilità cognitiva, sensoriale o motoria; - legge 170/2010 à molto spesso gli alunni con disturbi dell'apprendimento non erano certificabili e quindi non ricevevano un supporto individualizzato. Per questo motivo questa legge riconosce a livello formale anche in ambito scolastico i Disturbi Specifici di Apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia) e prevede una serie di interventi (PDP, strumenti compensativi…); - direttiva ministeriale del 27/12/2012 e circolare ministeriale del 06/03/2013 à qua possiamo vedere il passaggio dall'integrazione all'inclusione; infatti vengono affermati due principi: l'individuazione dei bisogni educativi speciali non è più legata una certificazione di disabilità o DSA ma può essere effettuata direttamente dagli insegnanti sulla base di rilevanti difficoltà osservate negli apprendimenti e questa situazione può dell'autoregolazione; però una gestione inadeguata delle prime evenienze può determinare una loro ripetizione e quindi un loro irrigidimento. 2) disturbi strutturati del comportamento à a livello comportamentale ci sono diversi disturbi caratterizzati dalla presenza di condotte aggressive e/o violazione di regole; sono condizioni che possono avere una base neurobiologica, ma nelle quali giocano un ruolo importante anche fattori ambientali ed educativi. Questi disturbi possono mettere a repentaglio la sicurezza dell'alunno e dei compagni e in genere hanno una ripercussione anche sugli apprendimenti per due ragioni: - questi alunni presentano spesso compromissioni in alcune abilità cognitive (es. pianificazione, inibizione) - sperimentano frequentemente sospensioni o altri provvedimenti disciplinari. In questa categoria rientrano: > Disturbo oppositivo provocatorio (DOP) à è un disturbo piuttosto frequente in età evolutiva ed è caratterizzato da una serie di sintomi, in quanto l'alunno è suscettibile e facilmente irritabile, sfida attivamente o si rifiuta di rispettare le richieste, attua comportamenti irritanti verso gli altri, incolpa i compagni per il proprio comportamento. Non compaiono condotte propriamente aggressive sul piano fisico o verbale, ma atteggiamenti oppositivi che rendono difficile coinvolgere l'alunno nelle varie attività scolastiche. Questi comportamenti sfidanti si verificano nei confronti di tutte le figure adulte e nei vari ambienti di vita (es. a scuola con l’insegnante, a calcio con il mister…) > Disturbo della condotta à qua siamo di fronte a delle condotte aggressive infatti il bambino può manifestare comportamenti aggressivi nei confronti di persone e animali, distruzione di cose altrui e atti di vandalismo, piccoli furti o comportamenti di inganno nei confronti di compagni o adulti, gravi violazioni di regole. Questo disturbo include livelli di gravità diversi tra loro e in particolare le manifestazioni del disturbo si riferiscono a due criteri: l’età di insorgenza à c’è una forma d’esordio nell’infanzia, caratterizzata da una maggiore gravità e persistenza e una forma con esordio nell’adolescenza, in genere meno duratura; + assenza di emozioni prosociali ed empatiche > Disturbo antisociale di personalità à generalmente compare in tarda adolescenza ed è caratterizzato da condotte fortemente devianti e violente e c’è un forte rischio di continuità > Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD)à caratterizzato da 3 sintomi tipici: - forti difficoltà a livello attentivo e continue distrazioni - irrequietezza motoria - impulsività comportamentale ed emotiva Spesso il profilo di funzionamento di questi alunni è complicato anche da altri deficit, ad esempio nella memoria di lavoro visiva e spaziale, nella pianificazione, nell’inibizione… Tutto questo ha un impatto sugli apprendimenti a causa delle difficoltà attentive e mnestiche che ostacolano i processi di studio, sulle attività ludiche e sulle relazioni con i compagni a causa della scarsa inibizione comportamentale con frequenti conflitti, sul piano motorio a causa delle difficoltà di pianificazione. Una caratteristica di questo disturbo è data dalla comorbilità con altre condizioni; nei casi di particolare gravità o di comorbilità è possibile anche la certificazione in base alla L.104/92; in casi di minore gravità c'è la DM del 27/12/2012 che menziona specificamente questo disturbo, prevedendo la possibilità di individuarlo con un Bisogno Educativo Speciale e redigendo il Piano Didattico Personalizzato. In questi disturbi il comportamento-problema rappresenta un tratto costituivo, con criteri di: - pervasività à le condotte problematiche si manifestano in contesti diversi - continuità - disfunzionalità à le condotte ostacolano l’apprendimento, le relazioni… Di fronte a questi segnali è importante la progettazione e la realizzazione di un intervento psicoeducativo che deve essere precoce in modo tale che le condotte problematiche non si irrigidiscano e coerente quindi un’azione sinergica tra l’ambiente scolastico e domestico. 3) sintomi secondari di altri disturbi à ogni disturbo può determinare l’insorgenza di comportamenti problematici. Per quanto riguarda i Disturbi del neurosviluppo possiamo citare: > Disabilità intellettive e funzionamento intellettivo limite (FIL) à con questo termine significa che il bambino ha un funzionamento qualitativamente differente. A livello diagnostico viene certificato quando il Quoziente Intellettivo di una persona, misurato con un test standardizzato, è inferiore a 70. Molte condizioni sono caratterizzate da disabilità intellettiva e si presentano come compromissioni globali dello sviluppo, impattando su tutti gli ambiti di funzionamento dell’alunno. Le condizioni sono certificate in base alle L.104/92 e quindi usufruiscono dell'insegnante di sostegno e della redazione del Piano Educativo Individualizzato; nonostante la presenza dell’insegnante di sostegno, la responsabilità ed il compito dell’inclusione dell’alunno certificato è di tutto il gruppo docente. Il Funzionamento intellettivo Limite (FIL) è quando il QI è compreso tra 70 e 85, quindi non possiamo parlare di ritardo mentale ma è invece possibile individuare l’alunno come soggetto con Bisogni Educativi Speciali. Negli alunni con Disabilità Intellettiva spesso la comparsa dei comportamenti-problema è il risultato di scarsa autoconsapevolezza ed autoregolazione emotiva. > Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) à l’alunno incontra rilevanti difficoltà in una o più delle abilità strumentali pur in presenza di un livello intellettivo nella norma. La L.170/2010 tutela gli alunni: - dislessici à difficoltà di decodifica del segno scritto, con numerosi errori, scarsa fluenza… - disgrafici à tratto grafico confuso, caotico, illeggibile - disortografici à commettono molti errori ortografici, grammaticali, sintattici - discalculici à incontrano ostacoli nel calcolo scritto e a mente. Questi disturbi sono “specifici”, cioè riguardano specificamente le abilità di letto-scrittura e calcolo e possono avere delle ripercussioni sul piano emotivo e comportamentale. Nel caso dei Disturbi Specifici di Apprendimento, il comportamento-problema emerge come reazione alla frustrazione legata agli insuccessi scolastici > Disturbi dello spettro autistico e autismo ad alto funzionamento à sintomi tipici dell’autismo: - deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale - pattern di comportamenti, interessi e attività ristretti e ripetitivi A questi sintomi si possono associare anche deficit intellettivi e comportamenti problematici. Il profilo di funzionamento varia da soggetto a soggetto. Il disturbo viene certificato in base alla L.104/92, tuttavia la DM del 27/12/12 prevede la possibilità di riconoscere come BES quei casi di autismo ad alto funzionamento intellettivo. In questo caso possiamo assistere alla comparsa di comportamenti auto- ed etero-lesivi come segno di una ridotta capacità di autoregolazione, soprattutto in situazioni frustranti > Disturbi della comunicazione e del linguaggio à abbiamo profili di funzionamento eterogenei: - possono esserci compromissioni a livello fonetico-fonologico, di produzione di suoni e di fluenza - problemi nella sfera lessicale, di strutturazione della frase e discorsiva - problematiche che riguardano la dimensione sociale e pragmatica In questo caso il comportamento problema può essere l’espressione della frustrazione legata alla difficoltà di espressione, soprattutto nel momento in cui il bambino più piccolo non riesce a comunicare bisogni, emozioni… > Disturbi emotivi ansiosi-depressivi à al contrario del passato attualmente si riconosce che anche in età evolutiva si possono manifestare delle difficoltà o dei veri e propri disturbi emotivi che impattano profondamente anche sui processi di apprendimento; nonostante questo grande passo in avanti, molte volte questi disturbi continuano ad essere ignorati e non diagnosticati perché si manifestano in modo atipico nei bambino ad esempio con difficoltà fisiologiche e transitorie difficoltà strutturate e possibili disturbi pervasività sono limitate ad alcuni ambienti o attività si manifestano in tutti gli ambienti attività compromissione non compromettono in modo particolare le attività quotidiane compromettono radicalmente le attività quotidiane di studio, gioco ecc. andamento mostrano un pur leggero miglioramento nel tempo non mostrano alcun miglioramento addirittura peggiorano nel tempo resistenza rispondono positivamente ad interventi di potenziamento o recupero a scuola non rispondono in modo adeguato interventi di potenziamento o recupero resistenza al trattamento à quando un alunno manifesta specifiche difficoltà dovremo impostare un lavoro di potenziamento e recupero a scuola; se però, nonostante questa azione non si notano miglioramenti nell’arco di 6-8 settimane, allora dovremmo ipotizzare la presenza di un disturbo. e d o a d In entrambi i casi dobbiamo programmare un intervento ritagliato sul profilo di funzionamento dell'alunno e in particolare sul quadro dei suoi comportamenti-problema; in presenza di un disturbo strutturato bisognerà redigere il PEI oppure il PDP. Il percorso pratico, in entrambi i casi, è il seguente: 1) definizione del profilo comportamentale dell’alunno, con particolare attenzione ai comportamenti-problema ed alle loro caratteristiche 2) analisi delle dimensioni contestuali e relazionali nelle quali si manifestano i comportamenti-problema 3) individuazione degli obiettivi sia per la riduzione dei comportamenti-problema sia per la promozione di condotte autoregolate 4) pianificazione delle strategie di intervento e degli adattamenti, sia mirati al singolo alunno che all’intero contesto della classe 5) verifica dei risultati, in termini di raggiungimento degli obiettivi, generalizzazione, mantenimento nel tempo. Di fronte ai comportamenti-problema, è importante considerare: - le caratteristiche dell’alunno, tracciando il suo Profilo comportamentale, gli eventuali disturbi e disabilità; queste dimensioni individuali non determinano in modo meccanicistico la comparsa di condotte problematiche, ma ne aumentano la probabilità in presenza di specifiche condizioni contestuali - abilità di gestione dei comportamenti-problema da parte degli adulti di riferimento (insegnanti, educatori, genitori…) - sistema di regole formali ed informali che incide in modo rilevante sulla probabilità di comparsa dei comportamenti-problema - strutturazione del contesto e delle attività (es. situazioni competitive possono indurre nell’alunno stati di tensione interna che a loro volta possono sfociare in condotte problematiche. CAPITOLO 2 Qualsiasi programmazione educativa deve sempre partire da una descrizione dettagliata dell’alunno, che abbia caratteri di validità e di affidabilità à in assenza di questo, il rischio è quello di compiere interventi inefficaci e in alcuni casi anche dannosi. In presenza di alunni con disabilità, la L.104/92 prevedeva che fosse elaborata la Diagnosi Funzionale da parte degli operatori della ASL; con il Decreto Legislativo del 7 agosto 2019 questo documento è stato sostituito dal Profilo di Funzionamento. Nel caso di alunni certificati come DSA in base alla L.107/2010 abbiamo una diagnosi clinica che descrive il funzionamento individuale rispetto le abilità di letto-scrittura e calcolo, ma anche rispetto al profilo cognitivo ed emotivo. Per tutte le condizioni non certificate ma riconosciute dalla scuola come BES è fondamentale descrivere in modo accurato il funzionamento dell’alunno, le sue difficoltà, i suoi punti di forza, le abilità emergenti. Il profilo di un alunno deve essere: - valido à quando evidenzia le aree di reale interesse ai fini dell’intervento educativo, descrivendo con precisione le abilità deficitarie e residue, quelle di base e quelle più avanzate; la validità viene meno quando: > si concentra l’attenzione solo su alcune aree mentre altre vengono trascurate > vengono usate misure che non corrispondono alle abilità indagate (es. se vogliamo indagare la capacità di comprensione nella lettura, non ha senso che facciamo leggere il bambino ad alta voce) > bisogna stare attenti al livello di genericità/specificità adottato. Quindi è importante decidere quanto deve essere generico o specifico il profilo dell’alunno à più descriviamo in modo analitico il funzionamento individuale, più > allerta e orientamento à riguardano la capacità del bambino di attivarsi in modo tempestivo ma non impulsivo davanti ad un compito; difficoltà nell’allerta e nell’orientamento hanno come conseguenza una gestione inadeguata del compito - Funzioni avanzate à sono funzioni più complesse che richiedono l'intervento di circuiti più ampi e nei quali giocano un ruolo importante le aree prefrontali: > attenzione à rappresenta un'abilità fondamentale per qualsiasi altro processo o apprendimento; l'attenzione può essere catturata in modo automatico dagli stimoli ambientali oppure può essere guidata intenzionalmente e strategicamente dell'individuo verso obiettivi per lui significativi (es. seguire la lezione). È composta da alcune dimensioni fondamentali che sono supportate da circuiti neurali differenti ed entrano in modo diverso e con un differente peso nelle varie attività scolastiche; le dimensioni attentive sono: ◦ orientamento e riorientamento = capacità di orientare l'attenzione sullo stimolo rilevante e riorientarla dopo una distrazione ◦ shift = capacità di spostare il focus da uno stimolo all'altro in base alle richieste del compito (es. dall’insegnante alla lavagna) ◦ selettività = capacità di inibire gli stimoli distraenti e irrilevanti in un compito ◦ ampiezza = capacità di distribuire l’attenzione contemporaneamente su più stimoli o su più compiti ◦ persistenza = capacità di mantenere il focus attentivo sul compito e sopportare la fatica e lo sforzo. Sarebbe anche utile valutare queste dimensioni sia in compiti motivanti per l'alunno sia in attività più faticose e noiose; in questo modo potremo verificare la capacità del bambino di attivarsi e sostenere lo sforzo, anche in assenza di fattori motivanti e qualora fosse presente un deficit nel sostenere lo sforzo potrebbero verificarsi comportamenti-problema. A livello attentivo dobbiamo considerare abbastanza fisiologico per il bambino distrarsi con una certa frequenza, anche in assenza di un disturbo specifico; un aspetto rilevante da osservare è il tempo e lo sforzo impiegato dal bambino per tornare attento dopo una distrazione > memoria à dobbiamo valutare due tipi di memoria: ◦ memoria a breve termine = capacità del bambino di mantenere momentaneamente attive le informazioni ricevute dell'ambiente ◦ memoria a lungo termine = capacità del bambino di revocare le informazioni apprese anche a distanza di tempo; quando valutiamo questo tipo di memoria dobbiamo tenere in considerazione il diverso materiale da memorizzare e anche le diverse tipologie di magazzino a lungo termine (es. memoria autobiografica ed episodica = relativa all'immagazzinamento di eventi personali; memoria semantica = comprende l'insieme di informazioni conoscenze apprese formalmente o informalmente; memoria procedurale = comprende tutte le procedure automatizzate dall'alunno). Oltre gli aspetti strutturali, dovremmo anche indagare aspetti di processo, cioè le strategie mnestiche utilizzate sia in fase di immagazzinamento sia in fase di recupero; in particolare è utile verificare la flessibilità o la rigidità nelle procedure adottate e l'efficacia con cui vengono applicate ai diversi ambiti. Difficoltà mnestiche sono spesso l'origine di comportamenti problematici, ad esempio perché impediscono al bambino di riattivare le regole da seguire al momento opportuno > funzioni esecutive à sono le funzioni fondamentali soprattutto quando l’alunno deve affrontare compiti particolarmente complessi e sfidanti. Tra queste funzioni elenchiamo: ◦ inibizione = capacità di bloccare tutti i comportamenti irrilevanti per un’attività ◦ pianificazione = capacità di organizzare una serie di passi per affrontare un compito ◦ flessibilità = capacità di modificare l'approccio ad un compito in base ai risultati raggiunti. Queste funzioni dipendono dallo sviluppo delle aree prefrontali del cervello che maturano completamente solo in tarda adolescenza e quindi nella loro valutazione bisogna tener conto dell'età dell’alunno > autoregolazione emotiva e comportamentale à sono dimensioni rilevanti sia per il benessere affettivo dell'alunno, sia per l'impatto sul funzionamento cognitivo e comportamentale; individuiamo le seguenti dimensioni emotive: ◦ autoconsapevolezza emotiva = capacità di nominare le emozioni sperimentate e possesso di un adeguato numero di termini per definire gli stati emotivi ◦ autocontrollo emotivo = capacità di gestire l'espressività emotiva in modo tale che non interferisca con i propri obiettivi ◦ abilità emotivo-relazionali = capacità di gestire le proprie e altrui emozioni, in modo tale da promuovere relazioni positive con i coetanei e gli adulti. A livello emotivo dovremmo osservare la tipologia di emozioni provate maggiormente 4) conseguenze quotidiane negli apprendimenti e nelle relazioni à dopo aver analizzato le funzioni di base e avanzate il passo successivo è approfondire le conseguenze di questi comportamenti sul funzionamento scolastico e sull’adattamento quotidiano del bambino. Quando i comportamenti problema sono molto invasivi possono ostacolare un'adeguata partecipazione del bambino alle attività didattiche ripercuotendosi quindi sulla qualità degli apprendimenti e sulla qualità dei rapporti interpersonali. Compromissioni scolastiche e relazionali: ◦ apprendimenti di base = sono i prerequisiti che si dovrebbero formare nel corso della scuola dell'infanzia e costituire la base per l'apprendimento di letto-scrittura e calcolo degli anni seguenti; possono essere di tipo percettivo (orientamento sinistra-destra), di tipo motorio (controllo della matita mentre si colora), di tipo linguistico (denominazione di materiali durante un gioco). In presenza di comportamenti fortemente problematici o positivi si potrebbero registrare delle ripercussioni nella rapidità e completezza di acquisizione di questi prerequisiti ◦ apprendimenti strumentali e disciplinari = comprende gli apprendimenti tipici del percorso scolastico dell’alunno, sia per quanto riguarda le abilità strumentali di letto-scrittura e calcolo sia per quanto riguarda le competenze disciplinari raggiunte. Abilità strumentali: lettura (viene valutata la correttezza, rapidità e comprensione), scrittura (si valutano aspetti grafomotori, correttezza ortografica, composizione del testo), calcolo Abilità disciplinari: possesso di lessico specifico, capacità espositiva… ◦ metodo di studio = insieme di abilità e competenze utilizzate intenzionalmente durante lo studio e lo svolgimento di compiti scolastici. Ci sono vari aspetti da considerare: capacità di prendere appunti, capacità di organizzarsi, utilizzo di mappe… ◦ comunicazione e relazioni = capacità dell'alunno di chiedere aiuto quando opportuno, capacità di collaborare coi compagni, flessibilità relazionale nel rapporto con coetanei e adulti, capacità di esprimere il proprio punto di vista, gestione della frustrazione connessa a un rimprovero o un voto negativo, capacità di reagire in modo non aggressivo piccole provocazioni dei compagni, partecipazione ad attività ludiche di gruppo gestendo in modo adeguato l'ingresso e l’uscita… ◦ cura di sé ed autonomia = gestione di sé ai servizi, rispetto di regole, consapevolezza e protezione dei pericoli… Questa compromissione del funzionamento quotidiano possono retroagire sul comportamento-problema attraverso due meccanismi: riducono la partecipazione dell’alunno ad attività di vita quotidiana limitando l'acquisizione di abilità sociali ed adattive ; determinano elevati livelli di prestazione che riducono le abilità di inibizione e autoregolazione 5) aspetti di contesto familiare, scolastico, relazionale à la probabilità di comparsa di comportamenti-problema dipende da variabili individuali come per esempio le caratteristiche temperamentali, ma dipende anche da variabili ambientali che possono agire da stimoli eccitanti e rinforzi. Quando queste variabili sono dei facilitatori supportano il bambino nell’adattamento e nel funzionamento quotidiano, quando invece sono delle barriere possono costituire un ostacolo. I fattori contestuali possono essere: ◦ contingenti = precedono o seguono il comportamento-problema di pochi secondi o minuti, agendo come antecedenti e conseguenze; questi elementi possono essere rilevati attraverso l'utilizzo dell'analisi funzionale ◦ generali = rappresentano il contesto educativo quotidiano costituito da relazioni, stili educativi…; questi fattori vengono rilevati tramite colloquio con gli adulti di riferimento del bambino ◦ strutturali = es. il contesto fisico in cui è inserito il bambino nel momento in cui emette comportamento problema, la numerosità della classe, la presenza di fratelli… - Colloqui à colloquio con le figure adulte di riferimento e quindi con genitori e insegnanti degli anni e degli ordini precedenti; i colloqui hanno l’obiettivo di raccogliere una serie di informazioni generali che potranno poi essere approfondite Esempi di domande: > Comportamenti-problema à cosa pace fare al bambino? Quali sono i comportamenti del bambino che vi creano maggiori problemi? il bambino manifesta condotte aggressive? Emette comportamenti disturbanti ripetitivi? > Caratteristiche evolutive e fenomenologiche à Il bambino manifesta questi comportamenti problematici anche in ambienti esterni a quello domestico? Questi comportamenti compaiono solo in alcuni momenti o in più momenti della giornata? Cambia la situazione in base all’adulto che ha davanti? Da quanto tempo compaiono questi comportamenti? Sono cambiati nel tempo? > Funzioni autoregolative à Il bambino riesce a descrivere cosa fa mentre è impegnato in un gioco o un compito? Sa calmarsi da solo? Sa aspettare o è irrequieto? Capisce quando gli si parla? Sa partecipare a una conversazione? Ha difficoltà a ripetere le regole da rispettare? > Conseguenze quotidiane à Il bambino riesce a mantenere l’attenzione mentre fa un gioco? Ricorda le regole o le consegne? Sa eseguire da solo alcune procedure quotidiane (es. preparare lo zaino)? Sa adattarsi ai cambiamenti o mostra segni di nervosismo? Viene cercato dai coetanei? > Fattori contestuali à Come è organizzata la giornata del bambino a casa? Chi interviene quando il bambino emette comportamenti problematici? Create delle occasioni per rinforzare il bambino e come? Con i genitori, il colloquio ha anche la funzione di creare una prima alleanza educativa e quindi è importante rispettare alcune condizioni: > le domande non devono avere un carattere inquisitorio o giudicante, ma devono anche far emergere i punti di forza del bambino > è importante rispettare i tempi dei genitori nel fornire le informazioni > consigliabile mantenere un adeguato livello di flessibilità nel seguire la traccia di colloquio. Anche il colloquio con gli insegnanti degli anni e degli ordini precedenti può essere informativo perché consente di avere un quadro su aspetti rilevanti ai fini dell’intervento psicoeducativo: > la storia dell’alunno e della sua famiglia, il periodo di insorgenza delle problematiche > la tendenza evolutiva o involutiva dell’alunno rispetto ad alcune abilità e comportamenti problematici > l’abitudine con determinate pratiche educative e con specifici interventi - Osservazione informale à l’obiettivo non è quello di condurre un’analisi rigorosa, ma è quello di ottenere un’istantanea ampia e poco dettagliata del suo comportamento, una visione di insieme dalla quale partire per successivi approfondimenti. Per un’osservazione efficace bisogna individuare ambienti differenti, attività diverse e momenti diversi; in questo modo si ottiene un campione rappresentativo dei comportamenti in varie configurazioni ambientali. descrizioni generiche descrizioni operazionali L’alunno è aggressivo L’alunno spinge i compagni durante i gioc a ricreazion L’alunno si mostra socievole L’al. condivide i suoi materiali di gioco coi compagni L’alunno è sempre distratto L’al. guarda fuori dalla finestra mentre la maestra spi L’alunno è ingestibile a mensa L’al. a mensa urla e si butta in terra In questa fase è possibile fare delle trascrizioni narrative di quanto osservato ed è fondamentale usare sempre un linguaggio operazionale, descrivendo con precisone i comportamenti osservati ed evitando etichette generiche. Esempio: e e g a Le descrizioni generiche sono interpretabili in modo diverso da persone diverse VS le descrizioni operazionali indicano esattamente il comportamento nella sua manifestazione concreta; è consigliabile coinvolgere due o più inseganti. Così facendo è possibile coprire un maggior numero di situazioni e di momenti raccogliendo una maggiore quantità di dati, poi si ottengono dati più affidabili in quanto si esclude che il comportamento dell’alunno sia influenzato dalla presenza di uno specifico insegnante. La durata del periodo osservativo, soprattutto se non abbiamo altre fonti informative, dovrebbe essere di circa 3-4 settimane; inoltre così è anche possibile rilevare l’andamento temporale dei comportamenti, riuscendo a discriminare quelli transitori da quelli invece più stabili - Rating scale à la fase conoscitiva iniziale può essere integrata anche dall’utilizzo di check-list o rating-scale comportamentali; ce ne sono di diverso tipo di ampiezza: alcune sono molto generali mentre altre sono più circoscritte. Alcune poi sono standardizzate, cioè riferite ad un campione normativo di riferimento rispetto al quale valutare il singolo allievo; in pratica è un elenco di comportamenti rispetto ai quali si chiede di indicare il livello di frequenza o di padronanza. Il vantaggio di queste scale è quello di consentire una raccolta di grandi quantità di dati in tempi molto ristretti VS tra i limiti c’ l’influenza di variabili soggettive nella compilazione degli item; per questo è consigliato accompagnare il loro utilizzo con altri strumenti, a partire dall’osservazione sistematica del comportamento. Secondo passo: l’osservazione sistematica del comportamento Dal quadro tenuto sicuramente emergeranno delle aree di maggiore criticità e però non possiamo analizzare tutte le criticità emerse, ma dobbiamo concentrarci su quelle che presentano le seguenti caratteristiche: - pervasività à la condotta problematica si presenta in contesti diversi - durata à la condotta continua a manifestarsi per diversi giorni consecutivamente - compromissione à la condotta impatta negativamente sul funzionamento quotidiano. Spesso si utilizzano test standardizzati per valutare le prestazioni dell'alunno; sono degli strumenti molto utili che consentono di ottenere una misura sufficientemente precisa di funzioni di base, complesse o strettamente scolastiche. Allo stesso tempo però, l'utilizzo di questi test, non deve far trascurare l'importanza dell'osservazione sistematica, che non è una Anche in questo caso potrebbe essere utile considerare anche almeno un indicatore di segno positivo, cioè relativo a comportamenti regolati manifestati dal bambino. - 2° step: definire il livello di generalità/specificità à un eccesso in una direzione o nell’altro rischia di invalidare l’osservazione; in particolare un eccesso di generalità determina una perdita di oggettività (es. partecipare a un’attività didattica à cosa significa? L’alunno è attento durante le lezioni? Interviene? Partecipa ai lavori di gruppo?) VS un eccesso di specificità comporta una perdita di significatività (es. sistemare la penna al suo posto nell’astuccio à qui il comportamento è troppo circoscritto; che significato ha un atto così minimale nella giornata di un bambino?). Quindi è importante individuare un livello di generalità/specificità adeguato ed intermedio, indicando con sufficiente precisione l’ambito comportamentale di interesse, senza perdere la sua rilevanza per l’adattamento scolastico o personale dell’alunno (es. mantenere in ordine il proprio materiale scolastico sul banco; mantenere l’attenzione alle attività didattiche in classe) - 3° step: definire gli indicatori osservativi à definito l’ambito di interesse, dobbiamo tradurlo in specifici indicatori comportamentali; è importante seguire alcuni criteri nella scelta degli indicatori: > effettivamente osservabili à questo accorgimento è essenziale quando osserviamo condotte problematiche come quelle aggressive > gestibili à numero limitato (4-5), in modo tale da poter essere osservati e registrati con attendibilità > specifici > esaustivi à devono coprire in modo adeguato l’ambito di interesse considerato > operazionale à devono essere espressi con un linguaggio operazionale, ossia tradotti in precisi atti comportamentali osservabili in modo univoco dall’esterno. Come si scrive un indicatore? La forma più corretta per scrivere un indicatore è: soggetto + verbo + (eventuale complemento) à es. l’allievo urla, l’allievo spinge i compagni. Al fine di circoscrivere maggiormente l’indicatore ed ottenere dei dati ancora più attendibili, si può aggiungere una condizione (es. dato un lavoro di gruppo, l’allievo urla); in altri casi può essere utile aggiungere anche un criterio (es. dato un lavoro di gruppo, l’allievo urla per oltre 30 secondi). È importante inserire un criterio perché un comportamento può sembrare più o meno problematico a seconda della sua durata. Altri esempi: l’allievo prepara sul banco il materiale per la lezione; data la richiesta dell’insegnate, l’allievo prepara sul banco il materiale per la lezione entro due minuti). È consigliabile evitare avverbi o aggettivi e bisogna stare attenti perché tutti gli indicatori devono avere lo stesso livello di generalità/specificità - 4° step: scegliere il parametro di osservazione à bisogna scegliere il parametro in base al quale osserviamo il comportamento dell’alunno; ci sono sei diverse opzioni: > comparsa à ci limitiamo a segnare se compare o meno il comportamento d’interesse; questo parametro viene utilizzato quando vogliamo verificare il raggiungimento di una certa tappa di sviluppo o di una determinata competenza (es. il bambino mostra prensione trigidale della matita) > frequenza à si conta il numero di volte di comparsa del comportamento durante un intervallo di tempo prestabilito (es. numero di volte che l’alunno si alza dalla sedia durante la lezione) > durata àsi misura il tempo in cui permane il comportamento oggetto di interesse (es. durata totale del tempo che il bambino passeggia per la classe durante la lezione) > percentuale à si calcola nel momento in cui dobbiamo confrontare tra loro i dati relativi ad attività di durata diversa; ad esempio la comparsa 10 volte del comportamento osservato avrà un significato diverso se si verifica durante una lezione di un’ora o durante un’attività di dieci minuti (es. percentuale di tempo che il bambino rimane fuori dal suo posto durante le varie attività scolastiche) > intensità à parametro usato raramente, in quanto è difficile misurare con precisione l’intensità di molti comportamenti (es. il bambino urla durante i giochi di gruppo) > ordine di comparsa à parametro utile in compiti che richiedono lo svolgimento di una serie di passi in una precisa sequenza o quando l’alunno emette una specifica configurazione comportamentale (es. il bambino inserisce prima le matite nell’astuccio e poi l’astuccio nello zaino). La scelta del parametro dipende da: > la natura stessa del comportamento osservato > gli obiettivi educativi che abbiamo già individuato per quell’alunno. Se capita di scegliere un indicatore (es. mantenimento del contato oculare) che consente l’uso di più parametri (durata o frequenza), la scelta tra i parametri su cui siamo indecisi dipende dalla finalità educativa à se il nostro macro-obiettivo è quello di potenziare la partecipazione dell’allievo alla lezione, allora ha più senso concentrarsi sulla durata attentiva; se invece vogliamo aumentare le abilità sociali dell’alunno, ha maggior rilievo la frequenza del contatto oculare. È consigliabile adottare lo stesso criterio per tutti gli indicatori, in modo da semplificare anche l’azione di registrazione dei dati informativi - 5° step: scegliere la modalità di osservazione à scegliere la modalità osservativa e definire la durata della procedura; ci sono quattro opzioni: > osservazione continua à l’alunno viene osservato in modo continuativo per un dato intervallo temporale (es. ogni mattina alla prima ora) e si registrano tutte le comparse degli indicatori; in questo modo nel giro di poco tempo si ottengono molti dati osservativi; dall’altro lato è una procedura molto impegnativa poiché l’insegnate deve osservare in modo continuo l’alunno registrando la comparsa degli indicatori > osservazione a campionamento di tempo con intervalli fissi à l’alunno viene osservato a intervalli fissi (es. ogni 5 minuti), registrando gli indicatori se compaiono durante quell’atto osservativo; in questo modo la procedura è più gestibile; d’altro canto però è possibile che l’alunno si accorga di essere osservato a intervalli regolari > osservazione a campionamento di tempo con intervalli variabili à l’alunno viene osservato ad intervalli variabili (es. dopo 5 min, dopo 6, dopo 10, dopo 3…); in questo modo gli intervalli variabili non permettono all’alunno di capire di essere osservato; dall’altro lato è complesso ricordarsi la durata degli intervalli > osservazione per incidenti critici à nel caso in cui gli indicatori prescelti si verifichino solo in alcuni ambienti o in certi momenti della giornata, possiamo limitare l’osservazione a questi contesti (es. condotte aggressive durate i giochi di gruppo); questa è una procedura mirata che consente di raccogliere velocemente molti dati informativi, andando ad osservare solo i contesti in cui si manifesta il comportamento oggetto di interesse; con questa procedura però non si ottengono dati su altri contesti oltre quello individuato per l’osservazione. La durata o la frequenza di una procedura è inversamente proporzionale all’ipotetica frequenza di comparsa del comportamento osservato. Quindi se un comportamento è frequente, possiamo limitare il periodo osservativo a pochi giorni; se invece è una condotta più rara, bisogna allungare il periodo e aumentare la frequenza degli atti osservativi - 6° step: costruzione della scheda di registrazione à bisogna costruire la scheda osservativa che consenta di registrare in modo affidabile gli indicatori. La scheda dovrebbe contenere tutte le informazioni utili per comprendere la procedura attuata (quindi indicatori, parametro e modalità). Inoltre, bisognerebbe indicare il nome dell’alunno, dell’osservatore, il contesto in cui è avvenuta l’osservazione e il momento della giornata - 7° step: calcolo dell’attendibilità dei dati raccolti à a questo proposito emerge l’importanza di avere due osservatori; se i dati coincidono vuol dire che sono attendibili e non risentono dell’influenza dell’osservatore, se invece divergono bisogna calcolare un indice di attendibilità (1° osservatore / 2° osservatore * 100 à al numeratore si mette il dato inferiore, al denominatore quello maggiore). Un punteggio superiore all’80% è considerato indice di dati attendibili. I fattori che possono inficiare l’affidabilità dei dati possono essere dovuti al fatto che sono stati definiti erroneamente gli ambiti di interesse adottando un livello troppo - le persone presenti - il tipo di attività svolta - il tipo di richieste o di altre sollecitazioni rivolte all' alunno (es. chiedere di sistemare il proprio materiale) - eventi di altra natura (es. litigio tra due compagni). È importante fare attenzione all'interazione tra questi fattori, in virtù della quale un antecedente è in grado di elicitare un dato comportamento solo nel momento in cui si verifica in presenza di un altro antecedente. Oltre all'interazione tramite antecedenti è anche necessario considerare l'impatto dello status psico fisico momentaneo dell'alunno (es. livello di stanchezza, malessere fisico, attivazione emotiva…). Possiamo quindi riassumere lo schema in questo modo: Tradizionalmente l'analisi funzionale viene utilizzata per comprendere i comportamenti-problema. Tuttavia, avrebbe senso la sua applicazione anche nel caso di qualche comportamento regolato da parte del bambino, in modo tale da individuare quale antecedenti e quali conseguenze sono in grado di attivare e mantenere nelle condotte adeguate (es. Davide aiuta la maestra a distribuire le fotocopie; questo comportamento viene rinforzato dall’ringraziamento da parte dell’insegnate). CAPITOLO 4 Quando negli interventi educativi non vengono definiti gli obiettivi ci sono delle conseguenze particolarmente negative: - si procede in modo del tutto caotico e improvvisato - c'è l'impossibilità di monitorare l'andamento del percorso dell’alunno - è impossibile una programmazione pluriennale - è difficoltoso il coordinamento tra insegnanti diversi. La programmazione dell'intervento educativo viene spesso condizionata negativamente da alcuni approcci inadeguati: - totale mancanza di programmazione à non vengono definiti gli obiettivi a lungo, medio, breve termine - vaghezza della programmazione à gli obiettivi vengono individuati in modo del tutto generico, con espressioni che indicano più dei propositi generali che non delle piste operative precise (es. “promuovere la crescita e la formazione del carattere”, “educare al senso di responsabilità”) - programmazione puramente formale à si individuano gli obiettivi puramente formali ma la prassi quotidiana risulta del tutto slegata rispetto ad esse (es. fissiamo degli obiettivi di sviluppo socio emotivo, ma se poi ci mettiamo un’ora mensile di educazione alle emozioni senza sfruttare tutte le occasioni quotidiane per promuovere questa abilità sarebbe una cosa solamente teorica) - programmazione basata su interessi à scelgo degli obiettivi sulla base degli interessi di qualcuno dei soggetti coinvolti nel processo educativo; è utile individuare delle attività che incontrano gli interessi soprattutto degli alunni, ma la scelta degli obiettivi non deve basarsi solo su questo criterio - inversione attività-obiettivi à la procedura dovrebbe essere quella di fissare gli obiettivi maggiormente rispondenti ai bisogni dell'alunno e poi individuare le attività e le strategie più idonei al loro raggiungimento; invece succede che prima vengono scelte dell'attività e poi ci si chiede a quali obiettivi potrebbero essere mirate - confusione attività/strategie-obiettivi à per esempio “aumentare rinforzi erogati all' alunno”, “organizzare un laboratorio sulle emozioni”, “utilizzare sistemi di comunicazione pittografica” sono delle strategie o attività; l'obiettivo dovrebbe invece descrivere cosa saprà fare l'alunno al termine dell'intervento, quindi per esempio “più l'alunno manterrà l'attenzione sul compito” o “l'alunno gestirà in autonomia i materiali per la giornata” - tecnicismo esasperato à l’urgenza di passare immediatamente alla parte pratica rischia di generare dei percorsi metodologicamente deboli e improvvisati. Quando dobbiamo intervenire su comportamenti-problema, il primo passo da compiere nella programmazione dell’intervento educativo è quello di riorganizzare le informazioni raccolte, cercando di far emergere i punti di forza dell'alunno, in particolare bisogna specificare: - deficit à quello che l'alunno non riesce a fare e i comportamenti-problema - abilità emergenti à le abilità che il bambino ancora non padroneggio completamente, ma che riesce a manifestare in modo incostante, con un certo sforzo o con il supporto di qualcuno - abilita residue à i punti di forza dell'alunno, le abilità che manifesta in modo autonomo Spesso la tendenza è quella di dilungarsi molto sui deficit e sui problemi, trascurando invece abilità residue ed emergenti. Questa tripartizione ha due funzioni: consente di avere una visione articolata dell'alunno e non solamente negativa centrata sul deficit, in quanto una focalizzazione eccessivamente negativa porta a convincersi che l’alunno non possa progredire in modo particolare e di conseguenza si riducono anche gli sforzi ; permette di sfruttare le abilità residuo ed emergenti per raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati. Un errore che spesso si fa nella definizione degli obiettivi consiste nel togliere la negazione “non” e questo ha due grandi limiti: non è sempre possibile recuperare il deficit e è sempre fondamentale partire da ciò che l'allievo è in grado di fare. In alcuni casi l'intervento non è mirato al deficit, ma al potenziamento delle abilità emergenti sfruttando le abilità residue: esempio à Luigi ha 9 anni e presenta un disturbo autistico con lieve ritardo mentale. In virtù del suo disturbo, il bambino ha ridotte capacità di autoregolazione emotiva, soprattutto in situazioni per lui frustranti, che lo espongono a reazioni molto intense e talvolta di tipo autolesivo. L'osservazione quotidiana ed il colloquio con i genitori hanno evidenziato che Luigi sta imparando a segnalare il suo disagio emotivo, quando è ancora relativamente lieve, tramite l'utilizzo di una comunicazione pittografica. Al contempo, sia in ambito scolastico che familiare si rileva una particolare abilità di disegno da parte di Luigi, che trova questa attività coinvolgente, potendosi dedicare ad esso in modo tranquillo anche per molto tempo abilità residue: abilità di disegno abilità emergente come obiettivo: segnalazione del disagio e uso espressivo del disegno defici t come limite : Per quanto riguarda invece l'intervento sulle contingenze ambientali, l'obiettivo è cercare di evitare un irrigidimento dei comportamenti; un comportamento-problema tende rapidamente a diventare una modalità di relazione ed interazione rigida per due motivi: - automatizzazione della condotta à il nostro cervello tende ad automatizzare tutto ciò che viene ripetuto; una volta che un atto viene automatizzato, il soggetto lo attua in modo sempre più rapido e con minor dispendio energetico. Questo è positivo nel momento in cui dobbiamo apprendere e quindi ci consente di proceduralizzare molti automatismi (es. tabelline, regole ortografiche…), d’altra parte però dobbiamo ricordarci che il nostro cervello automatizza qualsiasi comportamento ripetuto anche quelli erronei e problematici. Ne consegue quindi che se il bambino attua ripetutamente il suo comportamento-problema, ben presto lo automatizza. Per evitare questo è importante agire tempestivamente sulle contingenze ambientali, al fine di ridurre la probabilità di un ulteriore comparsa di quel comportamento - riconoscimento identitario à molto spesso i bambini con comportamenti-problema sono carenti di adeguati repertori di abilità alternative e quindi ricevono attenzione soprattutto quando emettono le loro condotte sregolate; in questo modo però il rischio è che si vedano riconosciuti dagli altri e costruiscano la propria identità intorno a questi comportamenti-problema, che quindi continueranno ad essere emessi perché sono in linea e coerenti con l'immagine di sé. Questi due meccanismi hanno l'effetto di irrigidire e automatizzare il comportamento-problema, rendendolo sempre più indipendente dagli antecedenti e dalle conseguenze. L'intervento sulle contingenze ambientali parte da un principio di fondo, ossia il comportamento-problema ha sempre una funzione per l'allievo; infatti gli consente di ottenere dei risultati dall’ambiente, che sono: - ottenere l’attenzione à il comportamento-problema permette al bambino di ottenere l'attenzione dell'adulto, molto più di quanto avvenga nel caso di comportamenti regolati; è importante ricordare che l’attenzione è la fonte di rinforzi principale in età evolutiva, anche se sotto forma di rimproveri, richiami, sanzioni ecc. - comunicare un bisogno o un disagio à in questo caso il comportamento-problema assume la funzione di segnale - scaricare uno stato di iperattivazione à l'acting out comportamentale permette al soggetto di ridurre lo stato di tensione avvertito soggettivamente - controllare l'ambiente à per esempio il bambino con i suoi acting out aggressivi può interrompere la lezione a scuola oppure può determinare il tipo di attività che la famiglia intende svolgere in un ambito domestico; in tutti questi casi sono delle evenienze importanti per il soggetto, che avverte un senso di controllo sull’ambiente - ricevere oggetti o attività gradite à il comportamento problema sottopone ad un forte stress l'adulto, indotto a concedere alla fine qualcosa gradito al bambino al fine di interrompere la sua condotta - evitare compiti o attività sgradite à di fronte la richiesta di svolgere un compito sgradito, il bambino emette una serie di condotte problematiche finché l'adulto non desiste dal suo proposito. Quindi l'intervento sulle contingenze ambientali non solo ha come obiettivo l’eliminazione del comportamento problema, ma intende anche sostituirlo con una condotta più adeguata in grado di assolvere la medesima funzione. Una delle conseguenze che più frequentemente mantiene vita i comportamenti-problema è rappresentato dal rinforzo negativo, cioè dall' evitamento di un compito, un'attività o una conseguenza sgradita al soggetto. Nel momento in cui l'adulto ritira la consegna, rinforza la condotta problematica. Al contempo però bisogna considerare che il compito è anche un antecedente e quindi le modalità con cui è presentato possono favorire o ridurre la probabilità di comparsa della condotta inadeguata. Ci sono quattro tipiche situazioni di compito che facilitano l'emissione di comportamenti-problema in un tentativo di evitamento della richiesta: - il compito è avvertito come troppo difficile à a questo proposito è importante riuscire a muoversi all'interno della zona di sviluppo dell'alunno - la richiesta confusa à è importante curare con grande attenzione le consegne (es. compito, scadenze, criteri di valutazione…) - non è il momento adatto per il compito à per esempio perché il bambino ha da poco sperimentato l'insuccesso in un'attività simile oppure perché si trova in uno stato di alterazione emotiva e quindi la nuova richiesta rischia di generare un sovraccarico emotivo che esplode in una condotta problematica - l'evitamento ottiene più attenzione dell'esecuzione. L'analisi funzionale consente di individuare gli antecedenti e le conseguenze del nostro comportamento piuttosto che le cause a lungo termine; gli antecedenti rappresentano tutto ciò che accade subito prima la manifestazione di una specifica condotta ma non indicano le cause a lungo termine. Ovviamente l'intervento educativo ideale dovrebbe agire sulle cause del disturbo, ma questo richiederebbe una programmazione a lungo termine inoltre se nel frattempo l’alunno continua ad essere esposto ai medesimi antecedenti e reagisce sempre nello stesso modo, alla fine le sue condotte problematiche si automatizzano rendendo inefficace lo stesso intervento educativo. Quindi parallelamente all’intervento educativo volto a trasmettere le abilità deficitarie, è fondamentale intervenire sugli antecedenti e sulle conseguenze in modo tale da ridurre la probabilità di comparsa della condotta inadeguata. Quindi è importante intervenire a livello dell’ambiente, cioè sugli antecedenti e sulle conseguenze; così facendo otteniamo una serie di risultati: - riduciamo la probabilità di comparsa del comportamento problematico, evitando che si irrigidisca e si automatizzi - aumentiamo l'efficacia di eventuali training di abilità rivolti direttamente all'alunno - strutturiamo un ambiente maggiormente organizzato e regolato, favorendo così l'autocontrollo anche di altri alunni - evitiamo il crearsi di pericolosi scambi relazionali di tipo punitivo tra l’alunno e gli adulti di riferimento Il lavoro sui precedenti sulle conseguenze implica l'utilizzo di specifiche tecniche di intervento: - tecniche positive à sono delle tecniche utilizzabili per promuovere condotte adeguate alternative ai comportamenti problematici - tecniche aversive à sono delle tecniche volte all'eliminazione dei comportamenti problematici, agendo sulle variabili che li tengono in vita. Prima di iniziare ad elencarli dobbiamo però fare delle premesse metodologiche: - generalmente si utilizza un insieme di tecniche che agiscono contemporaneamente su più aspetti del comportamento problematico - il tasso di riduzione dei comportamenti problematici dipende dal numero di mesi o anni in cui hanno assolto la loro funzione e da questo dipenderà anche la velocità con cui si ottiene la modificazione delle condotte problematiche - l'efficacia dell'intervento e il mantenimento nel tempo dei risultati dipendono dal livello di coerenza educativa tra i vari contesti di vita quotidiana dell'alunno. Tecniche positive: - Rinforzo differenziale il rinforzo è un qualsiasi evento in grado di aumentare la probabilità di emissione di un dato comportamento in termini di durata, frequenza, intensità. Nel caso di comportamenti-problema si fa riferimento soprattutto al rinforzo differenziale, consistente nell’ignorare attivamente la condotta problematica , mentre se ne rinforza una alternativa più adeguata; in questo modo si ottiene una significativa differenza di potere rinforzante tra il comportamento negativo (ignorato) e quello positivo (rinforzato), spingendo il bambino all'emissione di quest'ultimo. Esistono diversi tipi di rinforzo: > tangibile à è la tipologia maggiormente utilizzata soprattutto con i bambini piccoli o con disabilità intellettiva rilevante però c'è il rischio che nell’arco di poco tempo perda il suo carattere rinforzante per il soggetto (es. dolce, gioco…) > sociale à comprende tutte le forme di lode o affetto che riserviamo all’alunno > informazionale à viene maggiormente evidenziato il feedback informativo fornito all'allievo rispetto al compito svolto piuttosto che rispetto la sua persona > dinamico à relativo alla possibilità di svolgere un'attività gradita; è una delle forme di rinforzo più efficace e meno soggetto al rischio di saturazione > covert à il bambino immagina il modello che esegue un'azione. Il modo più efficace di utilizzo del modeling diviene evidente nel momento in cui osserviamo come avvengono questi processi imitativi in modo non controllato. L'elemento che spinge all’imitazione non è solo l'osservazione del comportamento in sé, quanto rilevare come esso sia rinforzato dall'ambiente. Quindi da un lato dovremmo strutturare il contesto al fine di aumentare l'esposizione del bambino a modelli di comportamento adeguati; dall'altro dovremmo aumentare il tasso di rinforzi che il modello positivo ottiene rispetto a quello problematico. Inoltre dovrà essere selezionato con cura anche il modello, favorendo i processi di identificazione da parte del bambino. Per quanto riguarda le criticità, numerose procedure di modeling falliscono proprio perché vengono trascurati alcuni aspetti operativi: > non viene previsto il rinforzo vicario per il modello > non viene selezionato adeguatamente il modello stesso > il comportamento da imitare è troppo complesso o articolato rispetto al livello di funzionamento attuale dell'alunno > non si prevede un adeguato periodo di esercizio del comportamento osservato ed appreso - concatenamento à questa tecnica consiste nello scomporre un comportamento complesso in una serie di azioni concatenate tra loro. L'alunno viene inizialmente guidato lungo questa catena di passi, poi gradualmente gli aiuti vengono ridotti man mano che il bambino automatizza la sequenza, fino a renderlo autonomo nel suo svolgimento. Così facendo ci muoviamo all'interno della zona di sviluppo prossimale, senza proporre obiettivi troppo ambiziosi. Abbiamo due tipi di chaining: > retrogrado à gli aiuti forniti dall' adulto iniziano ad essere tolti dall’ultimo passo, procedendo all'indietro > anterogrado à la sospensione degli aiuti inizia dal primo passo e procede in avanti fino all'ultimo. La procedura di concatenamento può essere descritta nei seguenti passi: > si individua il punto di partenza in cui si trova l'alunno, tramite l'analisi del suo profilo comportamentale individuale > si fissa l'obiettivo, cioè il comportamento finale desiderato > si descrive la sequenza dei passi di quel comportamento (per esempio se l'obiettivo è preparare in autonomia lo zaino, i passi da fare potrebbero essere controllare sull’orario appeso in camera le discipline del giorno seguente, prendere il libro il quaderno della prima disciplina e metterlo nello zaino, poi mettere il diario, poi l’astuccio ecc) > si utilizzano le tecniche descritte precedentemente (quindi rinforzo, modeling, prompting) per guidare il bambino a compiere i vari passi della sequenza > partendo dall’ultimo passo si riducono gli aiuti. È importante però fare attenzione ai seguenti possibili errori: > si individua in modo inadeguato o impreciso il livello iniziale dell'alunno, sovra- o sotto-stimandolo > si fissa un obiettivo troppo ambizioso per l'alunno, che non si trova nella fase evolutiva necessaria per raggiungerlo > non sono adeguatamente articolati i passi della sequenza > vengono rimossi con troppa celerità gli aiuti, prima che l’alunno abbia appreso ed automatizzato i passi della sequenza Le tecniche aversive Queste tecniche intervengono direttamente sul comportamento problema, al fine di ridurlo o eliminarlo. Sebbene siano particolarmente efficaci hanno però un impatto emotivo sia su chi le somministra sia su chi le riceve; inoltre consentono di eliminare un comportamento problema ma non formano automaticamente delle condotte alternative positive. - estinzione à ha come obiettivo l'eliminazione di questi rinforzi sociali, sostanzialmente ignorando l'alunno quando emette le condotte sregolate. È una tecnica utilizzabile solo nel caso di comportamenti che non risultano pericolosi per sé o per gli altri e il suo successo dipende da una serie di condizioni: > è fondamentale che tutti gli adulti di riferimento non diano attenzione al bambino quando emette il comportamento sregolato; per questo motivo deve essere una procedura condivisa > il comportamento-problema, una volta ignorato, non andrà subito in estinzione ma durerà per qualche tempo o potrebbe andare addirittura in escalation. Non dovremmo sospendere la procedura altrimenti finiremo col rinforzare con la nostra attenzione un comportamento più grave del precedente > è importante fare attenzione che durante la fase di escalation non compaiano condotte autolesive, rispetto alle quali dovremmo interrompere la procedura di estinzione e bloccare il comportamento > l'estinzione andrebbe sempre accompagnata da procedure di rinforzo differenziale, in modo tale da accelerare la sostituzione della condotta problematica con quella adeguata - saziazione à è una tecnica utilizzata soprattutto in presenza di disabilità intellettive, quando il soggetto è attratto da stimoli o comportamenti inadeguati. La procedura consiste nel presentare lo stimolo o il comportamento in maniera massiccia e ripetuta, finché non perde il suo carattere rinforzante per il soggetto. Gli interventi punitivi finiscono però per essere controproducenti perché: > spesso sono direttamente rinforzanti > non hanno un rapporto logico con la condotta (per esempio quando si prevedono dei compiti in più per casa per un comportamento aggressivo tenuto a scuola) > possono risultare umilianti per l'alunno > possono modellare condotte aggressive nell’alunno. Bisognerebbe quindi ricorrere al “costo della risposta”, prevedendo cioè che l'alunno sperimenti le conseguenze naturali del suo comportamento (per esempio in un momento di rabbia rompe il suo giocattolo e quindi la conseguenza più naturale è che rimanga senza il gioco; il bambino riesce a capire il collegamento logico tra la sua azione e la sua conseguenza). Quando non è presente un costo della risposta immediato (per esempio rompe il gioco di un compagno) possiamo prevedere una sanzione sottrattiva, consistente nel rimuovere un rinforzo, ossia qualcosa di gradito per il soggetto - ipercorrezione à è una variante del costo della risposta e prevede un aggravio della conseguenza (per esempio il bambino ho sporcato il suo banco e quindi il costo della risposta potrebbe essere pulire il proprio banco, mentre l’ipercorrezione potrebbe essere pulire anche il resto dell'aula). questi interventi (costo della risposta e ipercorrezione) agiscono direttamente sulle conseguenze e hanno un effetto positivo a due condizioni: > non vi sia un eccesso di interventi sanzionatori > vengano sempre riportati in modo importante i comportamenti positivi. Il contratto educativo è uno strumento particolarmente utile sia in fase preventiva quindi per aiutare i bambini al rispetto di una serie di regole, sia in fase di gestione dei comportamenti-problema. Consiste nella redazione di un contratto, cioè di un patto tra adulto e alunni, nel quale vengono esplicitati con chiarezza i comportamenti attesi e le conseguenze positive e negative. Quindi il contratto riassume in sé le tecniche precedentemente descritte: > vengono indicate chiaramente le regole e i comportamenti attesi, tramite canali differenti à prompting > sono rinforzati comportamenti positivi tramite rinforzi simbolici e di altra natura à rinforzo > si sfrutta l'effetto di imitazione nei confronti del compagno che manifesta comportamenti adeguati e ottiene dei rinforzi à modeling > mentre vengono rinforzati comportamenti adeguati, si procede ad ignorare le piccole condotte disturbanti à estinzione I programmi di parent training hanno due finalità: consentono di ottenere una serie di informazioni sul bambino che altrimenti andrebbero perdute ; facilitano la creazione di una reale partnership scuola-famiglia, in grado di innalzare il livello di coerenza educativa. Anche in questo caso ci sono delle condizioni da considerare con attenzione: - l’età del bambino à il training è efficace nel caso di genitori di bambini fin verso la preadolescenza - livello di conflittualità genitoriale - psicopatologia genitoriale. La verifica finale può essere attendibile solo se: - avremo inizialmente descritto con precisione e quantificato il comportamento-problema sul quale decidiamo di intervenire. Senza un’adeguata misurazione iniziale, ci mancherà un termine di confronto essenziale per verificare la nostra azione educativa - avremo successivamente definito gli obiettivi del nostro intervento. La verifica dell’intervento dovrebbe considerare sia aspetti propri del comportamento-problema affrontato, sia alcuni risultati in termini del più ampio repertorio di abilità individuali Elementi di verifica dell’intervento psicoeducativo: - elementi relativi al comportamento-problema affrontato à > raggiungimento dell’obiettivo in termini di: ◦ riduzione della frequenza del comportamento-problema ◦ riduzione della durata del comportamento-problema ◦ riduzione dell’intensità del comportamento-problema ◦ riduzione della pervasività del comportamento-problema > mantenimento a medio e lungo termine dei risultati raggiunti > generalizzazione dei risultati rispetto a: ◦ ambienti ◦ momenti della giornata ◦ attività e persone - elementi relativi ai repertori di abilità individuali à > sviluppo di abilità comunicative e relazionali > sviluppo di abilità autoregolative emotive e comportamentali Il primo aspetto da verificare sarà il raggiungimento dell’obiettivo fissato all’inizio del percorso. In alcuni casi sarà collegato alla riduzione del comportamento-problema (es. data la richiesta di un compito, Marco non getterà più il quaderno a terra); in altri casi possiamo porre un obiettivo in positivo che ricomprende l’eliminazione della condotta problematica (es. data la richiesta di un compito, Marco preparerà i materiali sul banco, senza gettare il quaderno a terra”. In entrambi casi, il cambiamento potrà essere rilevato in termini di 4 parametri, utilizzabili si a nel caso di riduzione di un comportamento-problema, sia nel caso di promozione di un comportamento positivo: - frequenza à si conta il numero di volte che compare il comportamento target in un determinato intervallo temporale - durata à si misura la durata del comportamento target quando si manifesta - intensità à si misura l’intensità con cui si manifesta il comportamento target - pervasività à si individuano gli ambienti o i momenti della giornata in cui si manifesta il comportamento target. La scelta del parametro dipende da varie considerazioni, relative soprattutto al profilo del singolo alunno ed al contesto in cui vive. Considerare raggiunto un obiettivo in termini di durata, frequenza o intensità, significa che è stato soddisfatto il criterio di accettabilità o padronanza. Oltre al raggiungimento o meno del criterio, sarebbe importante osservare l’andamento temporale delle osservazioni; infatti potremmo avere un criterio assoluto non pienamente soddisfatto, ma il trend dei comportamenti rilevati potrebbe indicare un miglioramento dell’alunno e quindi un’efficacia dell’intervento. Un limite registrato negli interventi educativi risiede nel ridotto mantenimento nel tempo, cioè i risultati ottenuti al termine dell’intervento tendono a ridursi progressivamente, fino a sparire. Quindi è sempre importante verificare esplicitamente il mantenimento, attraverso dei momenti di verifica distanziati nel tempo (es. dopo una settimana dalla sospensione, dopo un mese, dopo sei mesi ecc). In questo modo: - potremo intervenire tempestivamente, non appena verranno rilevati i primi segni di riduzione dei progressi ottenuti - potremo valutare la reale efficacia anche a lungo termine degli specifici interventi psicoeducativi. Un altro aspetto rilevante è che il bambino spesso manifesta un miglioramento della condotta nell’ambiente in cui è stato attuato l’intervento, mentre mostra difficoltà a generalizzarlo in ambenti differenti. La verifica di questo aspetto consiste quindi nel monitorare i comportamenti target in: - ambienti diversi - attività diverse - persone diverse. Infine, bisogna verificare se l’intervento ha favorito lo sviluppo di ulteriori abilità comunicative, relazionali e se l’alunno ha acquisito una più generale capacità di autoregolazione emotiva e comportamentale.
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