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Vita e Opere di Dante Alighieri e Petrarca: Amore, Esilio e Gloria, Appunti di Italiano

Biografie di dante alighieri e petrarca, due grandi figure letterarie italiane del trecento. Dante, nato a firenze, si distinse per la poesia epica e filosofica, mentre petrarca, originario di arezzo, fu noto per la lirica e la spiritualità cristiana. La vita di entrambi fu caratterizzata da esilio, amore e la ricerca di gloria. Dante fu autore di opere come 'la vita nuova' e 'la divina commedia', mentre petrarca scrisse il 'canzoniere' e fu il primo europeo a chiedersi se fosse possibile scrivere in volgare. Una panoramica delle loro vite, opere e influenze culturali.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 15/05/2022

sarasasii
sarasasii 🇮🇹

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Scarica Vita e Opere di Dante Alighieri e Petrarca: Amore, Esilio e Gloria e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! DANTE ALIGHIERI •LA VITA Dante nacque a Firenze nel 1265 da una famiglia della piccola nobiltà cittadina di parte guelfa. La famiglia non era in buone condizioni economiche, ma, nonostante ciò, poté comunque condurre una vita da gentiluomo ed avere una raffinata educazione. Per quanto riguarda la sua formazione, non abbiamo notizie certe ma sappiamo che nel canto XV dell’Inferno presenta con devozione Brunetto Latini come suo maestro. Infatti, possiamo pensare che da lui avesse appreso l’arte del ben parlare e dello scrivere elegante, ma può aver anche preso d’esempio dalle opere di Latini. Presto si manifesto la vocazione alla poesia. La sua esperienza intellettuale e sentimentale girava intorno ad una figura femminile, che egli chiama Beatrice. La morte di Beatrice, nel 1290, porta Dante in un periodo di smarrimento, ma ciò lo porta ad uscire dal mondo chiuso e rarefatto dello Stilnovismo. Per sfuggire al dolore per la morte della sua amata, si rivolge agli studi filosofici. Al tempo stesso approfondisce la sua cultura poetica leggendo poeti latini, in particolare Virgilio, che considera il suo maestro e il suo autore. •ESPERIENZA POLITICA Dal 1295 a queste esperienze culturali si aggiunge quella politica. Nel 1293 Giano della Bella aveva escluso la nobiltà cittadina dalle cariche pubbliche: nel 1295 il provvedimento fu poi placato e fu consentito ai nobili di ricoprire cariche. Dante entrò nell’Arte dei Medici e Speziali, e negli anni successivi ricoprì varie cariche, finche nel giugno-luglio 1300, fu eletto tra i Priori, la suprema magistratura cittadina. Quello era un periodo difficile per il Comune fiorentino, in quanto lacerato fra le fazioni dei guelfi bianchi e dei guelfi neri e minacciato da Papa Bonifacio VIII, che mirava ad imporre il dominio della Chiesa sulla Toscana. Dante aveva cuore sia la pace interna sia l’autonomia esterna del Comune, e quindi cercò di ristabilire la concordia fra i cittadini e per contrastare i maneggi del Papa. Dante era più vicino ai bianchi, che difendevano la libertà di Firenze, mentre i neri appoggiavano la politica di Bonifacio VIII. I neri nell’autunno del 1301 si impadronirono di Firenze. Nel gennaio del 1302 Dante fu condannato all’esilio con l’accusa di baratteria, ovvero corruzione nell’esercizio delle cariche pubbliche. Non essendosi presentato per discolparsi, due mesi dopo un’altra sentenza lo condannava al rogo. •GLI ANNI DELL’ESILIO nei primi tempi Dante non rinunciò alla speranza di tornare in patria. Ma dopo un tentativo di rientrare con la forza, fallito, ebbe allora inizio il suo pellegrinaggio per varie regioni italiane. La sua funzione era quella di uomo di corte presso signori magnanimi che ospitavano uomini di cultura per ricavarne lustro e prestigio. È comprensibile, perciò, come Dante dovesse soffrire nel Dover ricorrere alla generosità altrui per vivere. Pensava spesso Firenze, e sognava di tornare al “bell’ovile” dove aveva “dormito agnello” non solo per fuggire da ogni accusa infamante, ma anche per ricevere il giusto riconoscimento del suo valore. Egli credette che le città italiane erano lacerate da lotte civili a causa dell’assenza di un imperatore, supremo regolatore della vita civile, colui che fa rispettare le leggi, obbligando così la Chiesa a tornare alla sua missione spirituale. Fu convinto che Dio gli diede una missione. Da questa vocazione profetica nacque il disegno della commedia, e alla quale lavorò per quasi tutti gli anni dell’esilio. Nel 1310 il suo sogno di una restaurazione del potere imperiale parve doversi tradurre realtà: il nuovo imperatore Enrico VII, scendeva in Italia per essere incoronato. Ben presto però le illusioni del poeta svanirono di fronte alla morte dell’imperatore, avvenuta nel 1313. Nel mentre erano svanite anche le ultime speranze di un ritorno in patria: nel 1315 Dante rifiutò sdegnato una condanna. Negli ultimi anni in visse a Ravenna, circondato ormai dalla fama. E sempre a Ravenna morì il 14 settembre del 1321. •LA VITA NUOVA Firenze era un ambiente culturale, in cui le varie tendenze poetiche consistevano: nella lirica d’amore cortese, la nuova maniera cavalcantica, lo stile comico e realistico. Tra tutti gli indirizzi culturali, Dante sceglie quelli più ardui e raffinati, orientandosi verso la lirica d’amore di ascendenza cortese. Le sue prime prove riprendono il modello guittoniano. Ma quando subentra l’amicizia con Guido cavalcanti, ci fu la svolta, che implica l’adozione di uno stile diverso da quello guittoniano, uno stile dolce e leggiadro: la sintassi e ritmo si fanno più piani e scorrevoli, utilizza parole prive di aspri scontri consonantici. Nei temi, infatti i suoi versi insistono sul motivo dell’amore come tormento e sofferenza. Da quest’influenza però Dante si libera ben presto. Dopo la morte di Beatrice, Dante decise di raccogliere dal complesso delle liriche scritte fino a quel momento, quelle più significative, facendole precedere da un commento in prosa. Era questa una novità di grandissima portata. La prosa dantesca va ad individuare nelle poesie un senso profondo ed unitario. L’Opera compiuta fra il 1293 e il 1295 fu intitolata vita nuova proprio di indicare il rinnovamento spirituale determinato nel poeta da un amore eccezionale ed altissimo •I CONTENUTI Dante narra di aver incontrato Beatrice all’età di nove anni. Dopo nove anni, Dante incontra ancora Beatrice e al suo saluto di sembra di vedere la beatitudine. Al saluto connette l’idea di salvezza, appunto la beatitudine celeste. Nel saluto di Beatrice lui ripone tutta la sua felicità. Seguendo i rituali dell’amor cortese si sforza di tener nascosta a tutti l’identità della donna amata, rivolge il suo amore ad altre donne, che chiama “dello schermo”. La gente però comincia chiacchierare e ciò provoca lo sdegno di Beatrice che gli nega il saluto. La privazione del saluto porta il poeta in uno stato di profonda sofferenza. Dante però si rende conto che il fine del suo amore deve essere posto non più né saluto, decide così di assumere per la sua poesia una materia nuova e più nobile, non più la descrizione delle sue sofferenze ma la lode di Beatrice. Comincia così la sezione dedicata alle rime in lode di Beatrice. Quest’ultima però muore e il poeta trascorre giorni di grande dolore. Tutti i pensieri di Dante tornano a Beatrice e da allora comincia ad avere visioni sulla sua amata.: come la visione di Beatrice splendente nel paradiso. È questo argomento dell’ultima poesia del libro. Nel capitolo successivo Dante narra di aver avuto un’altra visione che lo porta a non parlare più di lei. La vita nuova è quindi una ricapitolazione di un’esperienza passata, un’esperienza sentimentale intellettuale insieme. Da qui però cominciarono delle dispute tra chi pensava che la vita nuova fosse un documento autobiografico e tra chi lo riteneva una trascrizione simbolica.ma non è né una cosa né l’altro. Il libro probabilmente contiene una trama di esperienze reali ma Dante mirava soprattutto a cogliere i significati segreti. Da qui, infatti, deriva il carattere in realistico della narrazione dantesca. Luoghi e persone perdono la fisionomia concreta, appare come un mondo diverso da quello reale, è infatti vero che alle vicende reali si mescolano spesso autentici sogni e visioni.
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