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Danza e letteratura moderna integrata, Appunti di Storia della Letteratura

Appunti completi delle prima 10 lezioni del prof

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 19/06/2024

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francesco-saba-7 🇮🇹

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Scarica Danza e letteratura moderna integrata e più Appunti in PDF di Storia della Letteratura solo su Docsity! LA DANZA- storia, teoria, estetica nel ‘900- Alessandro Pontremoli 1. La nascita della danza moderna Le forme aristocratiche del balletto accademico non sono più universali, perché la nuova corporeità si sta liberando dei condizionamenti e delle visioni preconcette del passato. La danza è la presenza dell’azione concreta e attuale dell’esecutore, senza esistenza estranea al corpo. L’apporto storico-estetico dei suoi esecutori, per questo, rappresenta un contributo originale, perché è l’unico “oggetto” su cui si attua la conservazione della danza. Il balletto classico rappresenta la cultura della danza occidentale, a cui è connessa un’estetica del corpo femminile passivo, soggetta ad un universo maschile. È comunque espressione di una certa ideologia del corpo, “tentativo di elevare la sfera dello spirito il proprio orgoglio fallico”. In questo momento però nasce una nuova ideologia del corpo, opposta alla precedente, che da vita a nuove possibilità espressive del corpo. Delsarte nasce in un’epoca della “divinizzazione” in cui l’artista è lui stesso opera d’arte. Egli pone attenzione sulla crescita personale del singolo artista, è pioniere teorico della riscoperta del corpo espressivo, apprende da Lamaitre la duttilità del gesto e della mimica, superiori, nella sua visione, alla voce e alla parola, cerca la verità nella corrispondenza tra dimensione emotiva interiore e espressione esteriore. Egli diventa l’inventore dell’estetique appliquee, la legge che regola lo stato interiore e la sua manifestazione esteriore. Il corpo dell’attore è a immagine e somiglianza di Dio, ma allo stesso tempo un ingombro da plasmare e ripulire tramite l’arte, mediazione tra divino ed umano. Il gesto è per lui l’agente diretto dell’anima, dalla voce nasce la musica, per questo la parola, la poesia e la danza sono un’unica arte; ciò va ricercato nelle assunzioni di Guglielmo ebreo da Pesaro, che fa derivare la danza dalla melodia degli strumenti e dal canto. Delsarte disprezza la concezione dell’arte per l’arte, che disconosce il suo compito principale, essere portatrice del bello. Non tutti i gesti sono espressione di verità, quelli veri sono quelli che derivano dall’istinto, cercando di coniugare sensibilità e ragione. Il suo metodo si compone di tre fasi: 1. Analisi del testo e definizione gesti 2. Ripetizione gesto fino a meccanicità movimenti 3. Immedesimazione e quindi anche gesti involontari Egli chiama il procedimento “traduction elliptique”, partitura di parole pronunciate e gesti corrispondenti. Egli divide inoltre il corpo in tre parti, ciascuna divisa a sua volta in tre. Testa legata allo spirito, tronco alle qualità animiche, arti alla componente vitale. Questo consente di costruire la partitura di un determinato personaggio in ambito teatrale, per ottenere la massima espressività è necessario scomporre euristicamente il gesto in tre parti. La sua natura interiore è costituita da elementi quali il rapporto tra le componenti organiche, il ritmo, direzione e rapporto con lo spazio. L’idea di unità consonante come trasparenza dell’interiorità passa tramite Delsarte alla danza, ciò accade per ragioni culturali e storiche. Il balletto accademico è l’opposta concezione al suo sistema, è carente di slancio vitale, povera di comunicazione emotiva, la danse d’ecole è priva di vita interiore. I pionieri della danza moderna hanno visto in Delsarte nuove teorie: McKaye porta in patria l’estetica applicata elaborata allo studioso, facendo nascere il delsartismo. In USA questo è posto come una tecnica educativa per attori e oratori, poi per tutti. Stebbins contribuisce anche ad una semplificazione del sistema, con il Delsarte System of Espresssion lei porta a compimento un’esperienza di formazione al movimento espressivo insistendo sulla corrispondenza tra interno ed esterno e individuando la fonte del movimento nel diaframma. L’opera d’arte totale di Wagner sicuramente da un impulso allo sviluppo della danza moderna, con l’appoggio di Appia, che concretizza il corpo umano in movimento come medium tra la dimensione spaziale della scena e sua componente temporale. Anche Dalcroze da il suo contributo con i principi dell’euritmica. La letteratura recupera la fisicità sonora della parola danzante, ma anche la pittura e la scultura si rifanno alla nuova estetica. Le estetiche del teatro e della danza si incontrano sul terreno di una nuova antropologia, sulla proposta della riscoperta di una nuova corporeità. Da questo circuito tra nuovi linguaggi artistici e valorizzazione del corpo nasce una nuova cultura della danza. Due sono le direttrici del pensiero nei primi del ‘900: 1. Ritorno alla natura e ai liberi movimenti di un corpo sano, all’aria aperta e restituito agli istinti e alle pulsioni originarie (Delsarte). 2. Adesione delle forme d’arte al progresso tecnologico, alla meccanica, alla velocità. St. Denis riceve un insegnamento delsartiano, assieme all’educazione religiosa che si pratica come un’educazione del corpo e della mente per formare moralmente la persona. Cresce assumendo anche i concetti di liberazione della donna, e modernizzazione dell’abbigliamento femminile. Incontra la cultura orientale, ciò la spinge a elaborare il movimento secondo l’ispirazione del buddismo, secondo l’immagine guida della dea Isis. Concepisce la sua danza come un ritmico e impersonale strumento di rivelazione spirituale in cui il corpo si fa specchio dell’anima, nella concezione dell’arte e della preghiera come due aspetti di un’unica realtà. ella applica perfettamente la sua conoscenza teorica al movimento, esprimendo col gesto corporeo la gioia e la potenza del proprio essere. Nel 1913 incontra Ted Shawn, con il quale inizia un sodalizio artistico e una relazione sentimentale. L’anno seguente nasce la Denishawn, scuola laboratorio per l’educazione al movimento e alla danza. Lei si dedica all’elaborazione di un sistema definito Music Visualisation, “traslazione scientifica in azioni corporee del ritmo, della melodia e delle strutture della composizione musicale, senza intenzioni interpretative e rivelazione di nascosti significati da parte del danzatore”. La danza che crea è astratta e più connotata tecnicamente. Shawn crede nella danza come espressione universale del sentimento religioso dell’uomo; ogni apporto al movimento ha, per questo, pari dignità. Si accosta agli appunti di Delsarte e si dedica all’elaborazione di una nuova estetica per la danza moderna, affidando i suoi assunti teorici alla scrittura (pubblica 3 libri). Ciò che afferma sarà fondamentale per gli sviluppi futuri della danza moderna: opposizioni (shaking and vibrating) e successioni (falling and rising, unfolding and folding). Pone l’accento sulla natura simbolica del movimento concepito all’interno della rappresentazione. Duncan è parimenti influenzata dagli insegnamenti di Delsarte, viene educata in un ambiente artistico stimolante, all’insegna quotidiana della musica e della poesia. Parte da un mitico stato originario di armonia naturale, da cui però l’uomo si è allontanato e a cui deve tornare per salvarsi. Per fare ciò l’uomo deve spogliarsi di una costrizione, riappropriandosi della libertà e della bellezza alle origini dell’avventura della vita. Deve perciò liberarsi di tutto ciò che è accessorio, la bellezza è interna (rif. Venere di Milo, che detiene l’eterna verità senza lasciarsi scalfire dalla moda o dal tempo). L’ideale quindi si ritrova nell’antica Grecia in cui era presente un corpo sociale libero offerto nell’estasi dionisiaca della danza. Ciò si traduce in danze assolutamente libere il cui centro propulsore è nel plesso solare, dove si concentrano le emozioni e le passioni anche dall’incontro fatale con l’arte musicale. Solo il gesto libero e sincero fa si che la carne diventi specchio della divinità che l’attraversa. L’utopia della danza naturale va di pari passo con l’aspirazione ad un’unità delle arti in cui la danza ha statuto centrale. Questo è rivolto in particolar modo alle donne, in cui ella vuole risvegliare l’anelito naturale alla vita e sviluppare l’aspirazione del bello. La nuova danza si diffonde quindi come un fenomeno rivoluzionario, che viene legittimato nonostante scalpori e disapprovazioni pubbliche. Bohme sostiene che la nuova danza va di pari passo con le ripercussioni di una nuova esperienza di vita, specchio di una nuova concezione del mondo, della storia e dell’uomo. La danza moderna è specchio del disagio che dilaga fino a permeare vicende politiche, culturali e artistiche del ‘900, in cui c’è un forte richiamo alla riappropriazione del corpo affinchè l’uomo recuperi la sua umanità. Il grande valore della danza come motore sociale sta nella sua capacità di cambiare l’esperienza del mondo. - La pantomima, per esempio, usa la convenzione tra un determinato gesto e il senso di un’azione reale. - La danza rituale usa la sincronizzazione: espressioni coreiche che possiamo definire festive. - Altre danze non vogliono rappresentare nulla in particolare, se non il movimento puro di grazia e seduzione. Le danze “astratte” offrono allo spettatore un virtuosismo che orienta il suo sguardo verso una precisa forma stabilita dalla composizione. Critica e storiografia hanno insistito sull’opposizione tra danza pura e danza narrativa o rappresentativa. Questa può essere invece identificata come una profonda dialettica, comprensibile solo se ridotta all’ambito della rappresentazione: sono tutte strategie di comunicazione. Si può parlare di drammaturgia anche nella danza pura, come combinazione complessa di piani: quello dell’incarnazione consapevole, quello delle immagini, quello delle opposizioni significanti. La vocazione del corpo è quella di raccontare o di essere letto come un racconto, per quanto possa essere frammentario, sfuggente o enigmatico. Bisogna individuare un punto di passaggio tra un universo coreico della narrazione (spettacolo di danza drammatica) e universo in cui il gesto ha un rapporto privilegiato con la parola (spettacolo di prosa). La danza è una manifestazione propria dell’essere umano, che realizza, come il teatro, l’operazione semiotica del “dire”. Essa non è una lingua, altrimenti avrebbe tutte le caratteristiche di un codice, ma non esiste una corrispondenza convenzionale tra significante e significato. È invece un sistema in cui operano diversi codici di azione. La danza come fenomeno in sé esiste in una concezione astratta delle arti. Può essere considerata o un sistema di sistemi, o materia dell’espressione di un testo spettacolare di più ampie proporzioni. Una danza è più o meno drammatica in base all’informazione; l’universo di senso si realizzerebbe così solo a livello di forma e sostanza dei mezzi espressivi. A conferire il senso contribuiscono le relazioni prossemiche, frutto di scelte personali o entro il paradigma sociale. La cinesica ha affermato come movimento e gestualità siano mezzi comunicativi efficaci seppur nella loro autonomia formale. Non è quindi utile separare la tradizione europea (racconto) a quella statunitense (astrattismo) nel ‘900. L’essere si offre solo nell’orizzonte della comprensione coscienziale e nel senso in cui la coscienza lo porta alla presenza. Ogni evento artistico proposto a un pubblico si offre in una coscienza incarnata, per cui si può cogliere l’evento nei diversi aspetti o nel suo dispiegarsi temporale. Bisogna riconoscere un senso coglibile nelle diverse prospettive, e le connette. Fin dalle origini la danza si trasmette secondo imitazione, motivo per cui è stata considerata una delle arti più effimere e quindi svantaggiata. Altri invece ne hanno percepito il vantaggio da sfruttare come elemento caratterizzante della propria arte. Il desiderio di trasmissione e conservazione di una scrittura evanescente come quella dei corpi ha originato molti sistemi di notazione. Oggi si usano la ripresa televisiva, la motion capture, e altri sistemi digitali. Laban inventa la cinetografia, complicata ma efficace, che consiste nel registrare il movimento sulla carta. La direzioni qua sono stabilite, non infinite, per cui si lavora con un sistema circoscritto di segni, esaustivi nella descrizione del movimento. 3. La danza di un corpo nuovo Pensatori e danzatori si sintonizzano sulla ricerca di una nuova umanità, volto a legittimare nelle proprie leggi e processi simbolici un nuovo linguaggio. La nuova strada nasce dall’intuizione originaria ma volge verso la ricerca sistematica. Si recupera il corpo vivo e il pensiero estetico si preoccupa di analizzare la relazione tra corpo e movimento. Vi è inoltre una connessione tra dimensione educativa e espressione teatrale. L’utopia pedagogica della Duncan e St.Denis si concretizza in processi formativi consapevoli. Dalcroze è uno dei maggiori innovatori della danza di inizio ‘900; in Germania, partendo dai principi della Lebensreform (ritorno alle forze originarie della natura), si sviluppa un’esercitazione forzata del corpo votate alla prestazione fisica, che poi, grazie all’intervento di D, si trasforma in una disciplina fisica del corpo e della sua cultura, al fine di uno sviluppo armonico dell’organismo e dello spirito. Egli parte da una concezione del corpo come strumento espressivo completo, che da voce all’unità delle arti che è un punto di arrivo. Egli osserva nella sua società uno scollamento tra impulso nervoso e traduzione muscolare dello stesso che genera aritmia. Egli vuole realizzare tramite il suo metodo pedagogico uno stato eutonico, dato dall’equilibrio tra contrazione e decontrazione, tra azione riposo. Egli è nemico di ogni tecnica che tradisca la legge dell’economia. È critico della danza accademica, preda dell’aritmia e ritiene improprio il paragone tra ritmica e danza. Il suo sistema parte da semplici esercizi ritmico corporei, per educare le generazioni ad un apprendimento corretto e naturale della musica allo scopo di educare il corpo all’ascolto e sviluppare il senso muscolare. All’istituto Hellerau anche Appia concorre all’utopia di realizzare un teatro fondato sul corpo come possibilità di rappresentazione plastica e spaziale di elementi musicali. I due collaborano nella messa in scena di Orfeo di Gluck. Laban è fortemente influenzato da Delsarte, e dalle avanguardie di Monaco. Viene a contatto con le idee di Fuchs secondo cui la danza è esperienza concreta dell’armonia cosmica che regola l’universo e dell’esperienza performativa come evento estetico e atto etico. La ricerca prende due direzioni: l’attenzione all’individuo e l’interesse per la dimensione comunitaria dell’evento coreico. A Monte Verità Laban e i suoi allievi creano la danza libera, espressione di anime individuali e collettive incarnate in corpi pensanti in movimento. Egli definisce la danza libera secondo regole interne al movimento, nel tempo e nello spazio ed è convinto che non necessiti l’appoggio ad altre arti. La sua scienza si divide in tre branche: 1. Coreosofia: filosofia della danza che ne stabilisce i principi estetici ed etici 2. Coreologia: ne studia i nessi grammaticali e sintattici 3. Coreografia: prodursi del movimento e possibilità di fissare su carta lo sviluppo discorsivo. Egli usa due piste per indagare; la danza è sia un’arte con i propri valori estetici (Tanztheater, dove il performer cerca i principi e le condizioni di possibilità), che un’esperienza di alto valore antropologico e sociale (Tanztempel, danza corale). La danza si realizza all’incontro di due ordini complementari di principi: la libertà e la condizione intima delle forme espressive del corpo (danza, musica e poesia). Egli rileva in essa un’autonomia e superiorità, perché è il corpo in movimento a generare il suo ritmo. Egli definisce inoltre lo spazio secondo due direttrici: - Teoria dello spazio (coreutica). - Teoria dell’espressione della danza (eucinetica). Individua nell’icosaedro la rappresentazione plastica di tutte le sequenze armoniche. Ogni passo di danza fa riferimento agli elementi base delle forme simboliche: dritto, circolare, ondulato, caratterizzate dalla mono, bi e tridimensionalità. Grazie alla coreutica avviene lo studio del movimento in rapporto al centro del corpo e al modificarsi della cinesfera. Il linguaggio del corpo è sempre funzionale all’espressione. Il movimento è lo strumento fondamentale del performer per compiere azioni reali generate da processi psicofisici precisi. Durante conferenze organizzate da Laban emergono dissidenze tra gli esponenti della danza moderna tedesca: Laban era favorevole a una sintesi tra tradizione accademica e danza moderna, mentre Wigman sosteneva l’autosufficienza della danza tedesca. La sua concezione di corporeità si basa su componenti spirituali e fisiche, il corpo è l’agente immediato, e solo se è allenato può elevarsi sopra la tecnica arrivando a un gesto carico di significato. Dagli anni ’30 la danza tedesca si trova in difficoltà in corrispondenza dell’avvento dei nazisti, la Wigman scrive un testo che pare sostenere la “comunità in festa”, quindi come massa guidata da un capo. Tra le fondatrici della modern dance troviamo Humphrey, che dopo un’esperienza alla Denishawn concepisce un’autonoma idea del movimento. Convinta che l’arte sia una continua e incessante rivelazione della vita, si pone domande sull’agire umano del corpo, su come agisce se abbandonato a sé stesso. Individua nell’opposizione tra dionisiaco e apollineo i fondamenti sulla teoria sul moto, i due principi sono interpretati nel loro equilibrio come la “morte statica”, nel disequilibrio come la “morte dinamica”, che porta alla dissoluzione. Tra le due morti si sviluppa il moto, enunciato dalla studiosa come “caduta e recupero”. Il riferimento alle opposizioni testimonia come nella sua concezione la danza sia attraversata da una drammaturgia naturale in cui sono possibili tutte le azioni fisiche e tutte le condizioni emotive correlate. Afferma che la vita oscilla tra resistenza e resa alla gravità. La sua tecnica è quindi il risultato dell’esplorazione del movimento in termini fisiologici e psicologici, partendo dalla constatazione dell’ineliminabilità della gravità. Propone i suoi insegnamenti lavorando su sequenze di movimenti come sviluppo in parte già formalizzato di un sistema coreico. La sua tecnica assieme a quella della Graham diviene in breve uno punto di riferimento imprescindibile per la formazione del danzatore contemporaneo. Da ora in poi la danza deve fare i conti con una visione dell’uomo che intende la corporeità come incarnazione del linguaggio. Nel corpo che danza si esprime la comunione di fisico e spirituale che prevede la divisione soggetto-oggetto, io-mondo. Possiamo parlare quindi del corpo come opera d’arte. 4. La danza nel secondo ‘900 La storia del 900 cerca di ricucire la storia della danza con quella del teatro, siccome le due erano state separate. Il lavoro artistico dei coreografi è un ritorno alle origini, per trovare una matrice comune delle diverse fenomenologie del movimento. Dagli anni 60-70 l’accento è riportato sulle qualità del movimento come materia della danza. Si recupera la danza nella sua narratività, e dall’altra l’uso del corpo come strumento virtuosistico e medium artistico. La modern dance precisa il concetto di tecnica, che mette in crisi definitivamente la danse d’ecole: insieme di training specifico ed originale e il paradigma di azioni fisiche, è lo strumento con cui raggiungere la forma. Ogni tecnica sviluppa un’impronta particolare e uno stile riconoscibile, che sono l’idioletto, ovvero lo sviluppo. Lo stile è anche la particolare interpretazione fisica che un particolare danzatore o coreografo offre della stessa tecnica, che se utilizzata nella formazione crea un metodo, detto scuola. Alcuni metodi non si riferiscono ad una determinata tecnica: metodologie della pedagogia del performer che sono finalizzate ad una formazione trasversale in cui il corpo è uno strumento che affronta molti paradigmi coreici. Bisogna quindi analizzare le coretiche dei movimenti del ‘900, che hanno liberato il corpo. Marta Graham è una delle artiste più note e citate, coreografa, danzatrice, creatrice di una nuova danza, compone duecento balletti circa, definisce la modern dance. Protas, suo collaboratore, da tempo richiama questioni irrisolte come la problematica della proprietà intellettuale della creazione coreografica. La sua coretica si può ricostruire tramite interviste e le analisi delle sue opere, oltre ai numerosi taccuini. A NY inizia a impartire lezioni di danza autonomamente secondo una tecnica originale, che “scaccia il vecchio e fa nascere piccole cose nuove”, legate alla liberazione del corpo. Afferma che la danza ha due facce: scienza del movimento (tecnica) e distorsione dei principi della tecnica. La sua danza scaturisce dai ritmi binari dell’organismo, visualizza e esprime le spinte emotive profonde dell’essere umano, in una danza anti-descrittiva. La tecnica si basa sulla respirazione, contraction and release, ed è stato considerato un motore per la costruzione dell’identità nazionale. Il movimento è per lei generato dalla zona pelvica ed è connesso alla struttura anatomica femminile, è quindi una danza fortemente sessuata che attribuisce un ruolo secondario al maschile. L’ideologia del corpo emerge da una ricerca dei valori individuali del movimento, la danza viene così la messa in forma di una voce personale e una collettiva. Ogni storia individuale ha sempre in sé le tracce di quella collettiva, nel danzatore c’è la memoria del sangue che parla, ed è un sangue millenario che spiega i gesti istintivi che nascono. La contemporanea intitolato alla Hutter su linee di evidente novità: non insegna figure, bensì sollecita processi espressivi, per trovare i movimenti che rispecchiano lo stato del soggetto e il discorso che egli vuole sviluppare, riducendo al minimo i condizionamenti attraverso l’improvvisazione guidata. La danza contemporanea. Il teatrodanza è una forma storica di spettacolo portata in Italia dalla Bausch; è un neologismo efficace, che descrive una categoria interpretativa di una serie di fenomeni nello spettacolo coreografico. Esso diventa un paradigma estetico a causa dei mass media; risale alla Germania dei primi anni del ‘900, le radici affondano nella danza d’espressione, e si crea in osmosi con il clima culturale di ridefinizione dei linguaggi artistici. I temi sono espressionisti negli anni ’70 e ’80, i modi e le forme sono quelli del nuovo teatro. Ciò che ne fa un fenomeno dirompente è la riscoperta del linguaggio del corpo e la ripresa del mito dell’arte totale. Il corpo manifesta la sua ambiguità in rapporto all’essere, mostrato e nascosto. Questa ambiguità costitutiva è data dal simbolo. Negli Usa nasce la post-modern dance, che ripensa totalmente il medium danza, è introdotto dalla Rainer. I componenti del gruppo si raccolgono attorno al compositore allievo di John Cage, Robert Dunn. Judson Dance Theater produce moltissime danze e concerti, in un continuum di sperimentazioni artistiche in cui l’attività è collettiva. Le caratteristiche rivoluzionarie spingono ad esplorare nuovi luoghi, per cui la danza esce allo scoperto, come la Pop e la Body Art. il corpo messo in scena è naturale e rilassato, ma mai privo di tensione. I movimenti coreici sono minimi, soggetti a scomposizione e ricomposizione. All’inizio l’approccio è estetico e formale, solo dopo diventa ideologico e politicizzato sull’onda dell’”anything goes” di Cage. L’embodied experience coniuga una danza come dialogo del danzatore con il proprio corpo: si han quindi un corpo allenato alla conoscenza di sé. Negli anni 90 si sono fatte strada distinzioni e precisazioni. Si parla di “danza d’autore” per descrivere un nuovo territorio in cui autori diversi tra loro propongono un’originale costruzione di segni sintesi di molte rielaborazioni che sono accadute prima. Molti stili sono dipendenti dal teatrodanza, ma molte altre danze sono ibride, e non riescono quindi ad abbandonare tradizioni. Quando l’esperienza è originale, come quella della compagnia Sosta Palmizi, l’espressione è nuova, il contenuto del modern diventa un vissuto verbalizzabile, che mostra la ricerca a partire da un principio unificante. Le nuove danze sembrano comunque collocarsi tra la corrente americana e quella neo-espressionista. Il movimento nasce dalla constatazione di limiti e possibilità di un corpo situato e concreto. Ci sono tre linee estetiche per collocare le danze europee: 1. Ritorno ai valori della coreografia, che rivendica una completa autonomia. 2. Luogo e tempo degli eventi coreici sono quelli del teatro. 3. Teatrodanza” povero”, dove il danzatore recupera in sé stesso dimensioni proprie, dando come risultato una forma pre-verbale, in cui la parola è vissuta per il suo valore gestuale e non solamente sonoro. La danza come arte vive un periodo difficile: da un lato ha l’entusiasmo per la rivalutazione delle sue forme più facili ed edonistiche, dall’altro la disillusione con la rinuncia alle possibilità di comunicazione. La drammaturgia occidentale ha un particolare interesse per il sacro, molto ricorrente nei temi, e nelle produzioni artistiche di alcuni coreografi. Si richiede pertanto alla danza di ritrovare la sua origine sacra e di riaffermare la centralità del soggetto umano. Negli ultimi anni i protagonisti della scena coreica hanno cercato di mettere in questione lo statuto dell’arte e del suo linguaggio. Tutto può cambiare, inclusi i luoghi che ospitano la danza che non si fanno più assoggettare dalle definizioni. Si annuncia l’era della non-danza, oggi la danza cerca di trovare una propria dimensione ma sembra trovarsi in un nuovo azzeramento, per ricominciare da dove la sua identità è stata messa in crisi. La nuova generazione rifiuta l’ordine e l’insegnamento, e il mondo reale è presentato con la sua insensata complessità, le mediocrità, le brutture e le sue diversità e opacità. Il corpo odierno è quello che non danza, è un processo continuo di produzione e trasformazione. L’orizzonte della danza sembra difficile da individuare, il corpo è una topografia mobile, un universo da indagare. 6. Videodanza, danza digitale, “environment dance” La danza è stata un’interlocutrice per le tecnologie della visione, i media informatici si sono messi in relazione con le peculiarità costitutive della danza. L’immagine è uno dei fattori strutturali della cultura contemporanea, in particolare per la danza. Il video di danza ripropone una fruizione di tipo frontale e passivo; la danza è parte dell’ambiente di un evento performativo, per cui ci troviamo di fronte ad un’esperienza percettiva che mette in gioco la corporeità del performer e anche dello spettatore. La videodanza continua a proporre una nuova creatività nell’ambito della ricerca coreografica, il computer ha contribuito ad un’ulteriore smaterializzazione della danza e del danzatore. Nel primo caso c’è ancora una corporeità reale transcodifcata nell’informazione audiovisiva; nel secondo caso, invece, la danza è frutto di un processo digitale di simulazione, la presenza è virtuale. La danza partecipa del mutamento tramite il contatto con le nuove tecnologie. Danza e video hanno instaurato un rapporto inimitabile e prevedibile: l’arte del corpo in movimento è oggetto privilegiato della macchina da presa. Televisione e video non sono lo stesso medium, il primo rimodella il contenuto nei termini della produzione del discorso, il secondo dipende dalla fruizione, se domestica o nel contesto di un determinato network. Gli incontri sono pertanto diversi, il mezzo tecnologico è strettamente connesso secondo varie modalità alla danza. Danza e televisione. La specificità dell’elemento spettacolare della danza sta nella sua messa in scena; la situazione performativa è accadimento ritagliato nello spazio e nel tempo, mentre la danza in televisione si contestualizza nel flusso di immagini grazie alla tecnologia. Il tipo di fruizione è quindi feriale, pone l’atto della visione sullo stesso piano delle azioni quotidiane, mentre nel live il pubblico può intervenire provocando modifiche sul palcoscenico. Si ala televisione che il teatro di danza sono processi che producono senso e si estrinsecano in testi comunicativi, tuttavia nell’incontro i due mezzi perdono la loro identità. È però possibile costruire tra loro un rapporto rispettoso, per esempio nel caso in cui la televisione parla di danza senza rinunciare alle sue caratteristiche. Si può parlare di videomemoria, ovvero la possibilità che ha la televisione di documentare e conservare gli eventi importanti della danza mantenendo in vita alcuni momenti creativi particolari. In secondo luogo si parla di diretta, il flusso discorsivo è originato dalla stessa messa in onda, e si costruisce tramite le scelte registiche. Si può avere anche la diretta integrata, con il montaggio del materiale originale. Videodanza. È un preciso tipo di produzione artistica in cui sono presentati materiali coreografici creati esplicitamente per il mezzo video o adattati alla ripresa se già esistenti. È un prodotto originale che mette in scena anche la danza. Il danzatore e il suo movimento, fissati su un supporto, sono riproducibili all’infinito. La traccia anche se tradisce l’esperienza live, è una fondamentale alternativa al destino di morte che attraversa ogni performance del corpo in situazione di rappresentazione. La fruizione diretta dell’arte ha a che fare con la conoscenza esperienziale, le illusioni della persistenza della realtà sono date dalle nuove tecnologie, ma rimangono un residuo ineliminabile dalla ricerca storica. La danza come evento teatrale non può essere posto sullo stesso piano dell’icona pittorica. Non ha senso porsi il problema del medium, se è vero che il mezzo è il messaggio, la danza in video non è un contenuto, ma parte integrante di una nuova testualità, elemento costitutivo del nuovo linguaggio. In una comunicazione mediale in cui l’audiovisivo è al centro dello scambio la performance coreica dal vivo ha acquistato importanza; la videodanza può essere considerata una forma di videoarte, grazie alla tecnologia digitale, poi, le possibilità di intervento artistico si sono allargate, integrate con la computer graphic. L’opera simbolo è Merce by Merce by Paik, di Paik e Cunningham, in cui la danza informa l’opera d’arte nella sua totalità. Il fenomeno è stato anticipato da un clima socio-culturale particolare negli anni ’80, quando gli autori hanno trasferito ritmi e modi dell’immagine sul palconscenico, e poi hanno portato la danza nella produzione video, divenendo essi stessi registi delle loro opere. Il videoclip ha sicuramente influenzato la videodanza, inizialmente nato come promo del disco, diviene poi un genere a sé; inoltre anche lo spot pubblicitario svolge una notevole influenza finalizzata al comunicare un preciso messaggio commerciale. Si verifica un forte recupero della dimensione del corpo in movimento, testimoniato da film musicali o centrati sul tema della danza: Grease, Footloose, All that jazz e dai loro videoclip. Anche in Italia ci sono state, negli anni ’80, intersezioni di questo tipo: alcuni cominciano infatti a lavorare sul concetto di ambiente (Mario Bertone, Studio Azzurro), nell’attenzione all’interazione tra performer e scena tecnologica, tra corpo reale e tecnologie del suono/ immagine. Con stage recording si intendono opere di videodanza realizzate con materiale girato sul palcoscenico; camera re-work si riferisce alla rielaborazione per “camera” di una coreografia pre esistente; screen coreography è un prodotto coreografico nato per lo schermo; documentary è la funzione documentaria. Il video a camera fissa, il promovideo sono altre categorie inerenti. Gli strumenti di analisi della videodanza sono quelli del video tout court. Esso ha come mezzo formale l’inquadratura, in cui si dispone l’universo pro-filmico, nel punto di incontro tra la macchina da presa e il corpo si gioca la videodanza. Il montaggio è produttore di ritmo, in relazione col movimento dei corpi nello spazio. Quando il rapporto era tra immagine filmica e danza, il fine era trovare nuovi strumenti per nuove modalità espressive; l’impatto dei modi del video su quelli della danza è diverso: in comune hanno il superamento dei limiti del palcoscenico verso nuove modalità di manipolazione spazio-tempo. Frequente è quindi l’uso del ralenti, del rewind, del repeat. È possibile ricostruire una mappa delle videodanze nazionali alla ricerca di cifre stilistiche. I pionieri sono gli Americani, con artisti come Deren e Nikolais; la prima è una videoartista ante-litteram, nei suoi film di ricerca compone sapientemente l’immagine, coinvolgendo anche Cage. Nikolais crea Totem, the World of Alwin Nikolais, in cui gli esecutori fluttuano in uno spazio illusorio senza gravità. La stessa visione è ripresa in Limbo. La vera e propria prima videoartista è Doris Chase, che realizza i suoi lavori più significativi collaborando con altri ballerini, intitolati tutti “dance”. Anche esponenti del post modern si sono cimentati con i video, come Monk e Brown. In Inghilterra la televisione ha svolto un ruolo importante nella divulgazione e promozione della danza, esiste un modo particolare di produrre la danza in video, fedele agli allestimenti live e ai suoi valori coreografici. Si tratta sempre di dance for the camera, e negli anni ’80 sono coinvolti anche coreografi di nuove generazioni: Alston, Armitage, Borriello. Negli anni ’90 sono prodotti brevi video diversi tra loro; i DV8 oscillano tra proiezione onirica e desiderio, con personaggi di forte energia e ai limiti dell’erotismo e soft porno. La videodanse in Francia è divenuta una produzione artistica di grande rilievo, che coinvolge anche esponenti della nouvelle danse. È una videografia d’autore molto riconoscibile stilisticamente, nata dall’incontro tra visione registica e visione coreografica. Il Museè d’Orsay compie un’interessante operazione. Commissiona a coppie di regista+ coreografo dei “corti” dedicati ad un’opera d’arte figurativa. Dopo gli anni ’80 vi è la seconda fase della videodanse, dove i coreografi passano dietro la telecamera. In Belgio la videodanza nasce da quella fiamminga, in Olanda sono frequenti le produzioni indipendenti sostenuta da iniziative nazionali che obbligano la divulgazione dei “corti” nelle sale cinematografiche. In Germania il fenomeno è degli anni ’90, oscilla tra la concentrazione narrativa e la sperimentazione. La videodanza spagnola è l’ultima in ordine di tempo, ma quella italiana è neonata. L’esplosione delle tecnologie digitali ha permesso mutazioni radicali e cambiamenti profondi che coinvolgono tanto il soggetto artistico quanto l’oggetto. La digitalizzazione dei media analogici porta alla creazione di un unico grande medium: suoni, grafiche, tute, guanti, tutto è diventato dato numerico, facilmente manipolabile, e restituibile, in un secondo momento, alla sua funzione
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