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Decameron 10 giornata, Appunti di Letteratura latina

Decameron riassunto dettagliato delle novelle della 10 giornata

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 25/05/2022

Ilenia-98-98
Ilenia-98-98 🇮🇹

4.3

(7)

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Decameron 10 giornata e più Appunti in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! 10 GIORNATA- magnificenza ( re Panfilo) La decima e ultima giornata è collocata di martedì ,ossia precisamente 14 giorni dopo la partenza da Firenze . L’incrocio del numero 10 simbolo di perfezione con il numero dei giorni che copre due settimane è reso possibile dalle pause stabilite al venerdì e al sabato. L' avverbio onestamente che Pampinea aveva ripetuto in apertura e in chiusura della sua proposta e ripreso da panfilo quando si rivolge agli amici per persuaderli alla partenza. in quanto tutti hanno avuto l'onore del regno, egli consiglia di tornare a Firenze per evitare che la lunga consuetudine possa trasformarsi in fastidio o che il protrarsi della lontananza dalla città possa far nascere pettegolezzi o ancora che il diffondersi della fama della brigata possa indurre altri a volervi far parte. La 10 giornata inizia con la canonica descrizione dell’alba che insiste sugli effetti di luce prodotti dal sole. Sotto il reggimento di Panfilo, i giovani tratteranno le azioni liberali o magnifiche; un tema impegnativo giacchè la liberalità e la magnificenza sono le massime virtù del codice cortese, correlate agli uomini “grandi”, e riguardano la grandezza del loro animo sia nella distribuzione generosa delle loro ricchezze in doni, che siano premio al merito, sia nel fare azioni di grande umanità. Lo ribadisce anche la prima delle narratrici paragonando la magnificenza al sole che è l’ornamento di tutto il cielo. La Giornata è dedicata dunque alla virtù sociale e politica per eccellenza. Viene saltata la virtù del mercante ma soprattutto della borghesia, il nuovo ceto sociale. La magnificenza e la liberalità sono virtù non legate al denaro poiché non si guadagna nulla, ma si ottiene la fama: gli uomini operano bene per il futuro , per essere ricordati fra gli uomini per le loro azioni e virtù. Tutte le novelle rappresentano il rapporto tra almeno due personaggi, colui che esercita la magnificenza e colui che ne viene gratificato. La logica sottostante è quella del dono e in particolare del dono asimmetrico in cui il donatore è superiore al donatario. Il dono inoltre deve corrispondere al valore del donatario ed è asimmetrico poiché mostra il valore di colui che don , sviluppando pertanto processi di competizione ( terza novella). La logica del superamento è peraltro fatta propria dai componenti della brigata , i quali si impegnano in una sorta di gara di eccellenza tra le imprese che raccontano . Fiammetta interromperà infatti la gara tra i narratori, invitando gli amici a non trasformare l'intrattenimento narrativa in una disputa; tuttavia anche la sua novella produce divergenze all’interno del gruppo: la magnificenza resta infatti una virtù dal forte impatto politico. 3 NOVELLA (re Panfilo, narratore Filostrato) Ambientata in Cina. In Oriente viveva un uomo nobile e ricco di nome Natan che, desideroso di essere conosciuto per le sue magnifiche opere, edificò uno sfarzoso palazzo dove accoglieva coloro che durante i viaggi, passavano nei pressi del palazzo. Grazie a questa grande opera, la fama di Natan si sparse in tutto Oriente, suscitando l’invidia di un certo Mitridanes, un uomo altrettanto ricco. Questi sebbene avesse costruito un palazzo simile a quello di Natan, divenendo anche lui molto famoso, comprese l’impossibilità di superarlo in magnificenza e penso che l’unica soluzione fosse ucciderlo. Così, Mitridanes si diresse verso il suo palazzo e casualmente lo incontrò lungo il tragitto. Ignorando chi fosse realmente, gli chiese informazioni e Natan, celando la sua vera identità, finse di essere un servo e si offrì di accompagnarlo al palazzo. Dopo aver interrogato Mitridanes sulle ragioni che lo spinsero a recarsì lì, apprese l’intento di Natan nel volerlo uccidere e, senza rivelare chi fosse realmente, si propose addirittura di aiutarlo nell’impresa, confessandogli che Natan era solito, ogni mattina, passeggiare da solo in un bosco vicino. La mattina seguente, Natan, si diresse nel bosco, attendendo l’arrivo del rivale. Questi non tardò ad arrivare, e quando realizzò che Natal era l’uomo che la notte precedente lo aveva ospitato, servito e aiutato, il rimorso e la vergogna lo fermarono dall’impresa. Natan però lo perdonò poiché sapeva che il suo tentativo fallito era dettato non dall’odio, ma del desiderio di essere il miglior uomo e si mostrò perfino disposto a cedere la sua stessa vita. Fino ad ora aveva accontentato le richieste di ogni uomo che era giunto al suo castello, pertanto non poteva respingere quella di Mitridanes, sebbene gli domandava il bene più prezioso, la sua vita. Natan sapeva che tra pochi anni la natura avrebbe posto fine alla sua esistenza e pertanto sarebbe stato orgoglioso di donare la sua fama e il poco tempo che gli rimaneva ad un altro uomo. Mitridanes aveva avuto la prova della magnificenza di Natan e capì che non avrebbe mai potuto competere con la sua virtù e liberalità. Così dopo aver molto piacevolmente discusso, i due ritornarono al palazzo e da lì a poco Mitridanes si congedò. -La novella è ambientata in gira in un passato non determinato . L’esotismo geografico e cronologico consente il narratore di costruire un racconto davvero esemplare in cui si contrappongono l'anziano Natan ,un uomo ricchissimo ed animo grande e liberale , e il giovane Mitridanes che, altrettanto ricco , decide di emulare Natan perché diventato invidioso della sua fama e della sua virtù. abbiamo dunque che la liberalità consiste nell’offrire agli altri le proprie ricchezze, senza chiedere nulla in cambio. Nella conclusione Natan non solo perdona Mitridanes , ma lo elogia per aver voluto essere considerato il migliore e per aver voluto spendere denari a pro degli altri. Alla meraviglia del suo interlocutore che si vede perdonato e anzi elogiato da colui che aveva voluto uccidere Nathan contrappone infine un ragionamento che è un capolavoro virtuosistico di liberalità : poiché mai nessuno ha lasciato casa sua senza aver ricevuto quanto desiderava , sarebbe lui a ricevere un dono da Mitridanes , se questi lo lasciasse soddisfare il suo ospite e si prendesse la sua vita così come desiderava; gli propone addirittura di fare scambio di dimora e di nome. Liberalità consiste dunque in una dimensione interpersonale in uno scambio eccedente che deve essere riconosciuto come tale dall'altro , nonostante sia uno scambio non privo di tensione. Mitridanes riconosce alla fine di non poter mai essere all'altezza e di non poter prendere il posto del suo interlocutore. Giovane ha dunque compreso la reale natura della virtù , la quale è gara e al tempo stesso apprendimento della giusta misura. In questa novella siamo di fronte ad un atto di magnificenza mai visto prima. IV NOVELLA (narratrice Lauretta) Dopo aver udito le eccezionali prove di magnificenza, Lauretta propone di applicare il tema al campo amoroso, nel quale gli uomini dimostrano spesso di essere disposti a sacrificare ogni cosa pur di ottenere quel che desiderano. Nella nobilissima Bologna, viveva un certo Gentil de’ Carisendi, il quale era innamorato vanamente di donna Catalina, moglie di Niccoluccio Caccianimico, dalla quale non era però ricambiato. Durante l’assenza del marito, la donna, a quel tempo gravida, fu colpita da una grave malattia, e in breve tempo in lei scomparse ogni segno di vita. Poiché il bambino che portava in grembo era stato concepito da poco, i parenti decisero di seppellirla. Gentile appresa la notizia, come segno estremo del suo amore e preso dal desiderio di rivederla, decise di profanare la tomba di Catalina per porgerle un bacio, non avendo potuto rubarglielo mentre era ancora in vita. Si accorse miracolosamente che la donna, sebbene molto debole, era ancora in vita e la portò così nella sua dimora, per curarla. Qui Catalina, grazie alle cure della madre di Gentile, rinsavisce e partorisce un bel figlio maschio. Gentile organizzò allora un banchetto ed invitò alcuni amici, tra i quali vi era il marito della donna, per mostrare loro Catalina, la cosa più cara che aveva, com’era usanza dei Persi. Prima di chiamare Catalina, Gentile pensò ad un tranello e domandò ai suoi ospiti se fosse giusto che un uomo richiedesse indietro un suo servo, che aveva abbandonato poichè malato, all’uomo che l’aveva trovato e curato. Ripose Niccoluccio e affermò che il primo padrone non aveva più alcun diritto sul servo precedentemente abbandonato. Catilina esce finalmente allo scoperto, con gran stupore da parte di tutti. Nonostante il marito avesse perso ogni diritto sulla moglie e sul figlio, per la risposta data, Gentile decise di rinunciare a Catalina, guadagnandosi l’amicizia della coppia e dei loro parenti. -Attraverso il suo tranello, Gentile fissa il sistema di riferimento col quale si dovrà giudicare il comportamento del marito di Catalina, che sarà un dono liberale offerto da Gentile a Niccoluccio. Il protagonista si mostra qui notevole regista, capace di aumentare la suspense nel suo uditorio che attende l’Oriente e l’Occidente si realizza in un tempo abbreviato e irreale, rispetto alle modalità di spostamento possibili. Inoltre nella rubrica viene ribadito l’elemento del riconoscimento, che caratterizza la trama e permette lo snodarsi delle vicende. Bisogna notare che in nessuna altra rubrica si ripete più volte una medesima parola. Torello onora il Saladino poiché non ‘riconoscendo’ la sua vera identità, lo crede un importante signore; così come il Saladino onora e accoglie Torello solo dopo averlo ‘riconosciuto’. Il lieto fine è infine reso possibile grazie al ‘riconoscimento’ da parte della moglie di Torello per mezzo dell’anello. Terence Cave nella sulla monografia ‘Recognitios’ insiste proprio sull’importanza del riconoscimento, l’anagnorosis, definendolo <<un mutamento da ignoranza a conoscenza>>. Castelvetro invece, nella sua indagine sui meccanismi della favola, chiama in causa proprio questa novella, sia perché è un esemplare dell’ “impossibile”, per la rapidità con cui si svolge il viaggio di Torello, sia per l’elemento del riconoscimento. Castelvetro inoltre, amplifica l’anagnorosis aristotelica, riconoscendo l’importanza anche dell’ ‘ignoranza’ che fa apparire diversamente qualcosa o qualcuno. Ripercorrendo la narrazione si assiste a un susseguirsi di riconoscimenti mancati o attuati. Quando i due protagonisti si incontrano, nonostante Torello non conosca la vera identità del Saladino, entrambi riconoscono le virtù dell'altro e sorge così un'amicizia disinteressata: Torello <<uomo gentile si riconosce in altri gentili>> e desidera dunque onorarli, ospitandoli nella sua villa di campagna. E come il Saladino era sconosciuto in Occidente, allo stesso modo Torello in Oriente non ha nome ed è identificato solo con la fede religiosa <<il cristiano del Saladino>>. L'elemento decisivo che permetterà il riconoscimento è il sorriso e il movimento con la bocca da parte di Torello. Questo gesto così naturale fa ritornare alla mente del Saladino il cavaliere che aveva conosciuto, cui segue l'immediata ricompensa in quanto in precedenza Torello, pur non conoscendo il Saladino, l'aveva ospitato e onorato senza chiedere nulla in cambio. Il Saladino lo eleva infatti al suo stesso supremo rango. Non può inoltre non offrirgli il suo aiuto quando Torello confessa il motivo del suo dolore e grazie all' aiuto della magia, lo fa tornare presto in patria su un letto fatato, ricoperto di tesori, in una sola notte. Un altro evento di mancato riconoscimento si verifica quando Torello giunge in patria con abito arabesco e una lunga barba, impedendo il riconoscimento da parte delle zio abate. Con il suo aiuto si reca infine al banchetto di nozze di Adalieta e solo grazie all’anello che ella gli aveva donato, la moglie lo riconosce. L’nello diviene dunque oggetto di riconoscimento. L'amicizia tra i due protagonisti è suggellata dal messaggio riconoscente ripetutamente inviato in Oriente da Torello ed è proprio quel messaggio l'ultimo anello di scambio e di passaggio tra i due mondi. X NOVELLA(narratore Dioneo, re Panfilo) Griselda è l’ultima novella del Decameron, il capolavoro letterario di Giovanni Boccaccio. La vicenda narrativa vede protagonisti il marchese di Saluzzo, tale Gualtieri, e una giovane e bella popolana di nome Griselda, che il marchese ha preso come sposa. Il tema, in accordo con quello della giornata, è la cortesia e della magnanimità nelle vicende amorose, ma la novella porta con sé una serie di letture ed interpretazioni che investono tutta l’opera e il sistema di valori su cui essa si regge. Petrarca stesso trasse da questa novella, che per lungo tempo circolerà anche separata dal Decameron, una versione in latino, anch’essa famosissima. Gualtieri, marchese di Saluzzo dedica tutta la sua esistenza alla caccia, “né di prender moglie né d’aver figliuoli alcun pensiero avea”; tuttavia, quando i suoi sudditi, che temono di restare senza un erede, lo invitano a trovare una compagna, egli decide di scegliere da sé la donna giusta, tra le tante di cui potrebbe disporre data la sua posizione. Gualtieri decide così di sposare una modestissima guardiana di pecore, Griselda. Poco dopo le nozze la ragazza, che grazie al suo carattere dolce e accomodante e alla sua gentilezza d’animo si è subito conquistata l’amore della corte e di tutti i sudditi, vincendo i pregiudizi legati alla sua estrazione sociale, rimane incinta e dà alla luce una bambina. Gualtieri, decide di testare la fedeltà della moglie, e inizia a tormentarla senza alcuna pietà e rispetto. Dapprima le racconta che il popolo critica la sua provenienza popolare e il fatto che un nobile come lui abbia scelto proprio una semplice popolana come sposa, poi aggiunge anche che la bambina è mal vista in quanto figlia sua. La reazione della giovane, fedele e sottomessa alla figura del marito, stupisce moltissimo il marchese, che intravede in questo atteggiamento una grande saggezza e una notevole forza d'animo. Non pago tuttavia, Gualtieri manda un parente a strappare la bambina dalle braccia della madre, facendo intendere che sarà uccisa. La madre, straziata dal dolore, ubbidisce tuttavia all’ordine del coniuge, e consegna la bambina. In realtà la piccola non viene uccisa, ma affidata alle cure e all’educazione di un parente di Bologna. La medesima situazione si ripete poco tempo dopo, quando Griselda partorisce un maschietto, ovvero l’erede tanto desiderato da Gualtieri. Quest’ultimo replica la sua abietta condotta, sempre convinto di testare così la fedeltà della moglie, e anche il secondogenito viene dato per morto e spedito a Bologna. Il marchese non è ancora soddisfatto e, nonostante la moglie non si sia ribellata neanche alla presunta uccisione dei suoi stessi figli per rispetto e venerazione del marito, le annuncia di aver domandato la dispensa papale per potersi risposare con una donna socialmente degna di lui. Gualtieri ordina a Griselda di tornarsene nella sua casa, restituendo la dote ed ogni altro bene materiale acquisito col matrimonio. L’unica richiesta di Griselda è quella di poter portare via una camicia con cui coprirsi, per non disonorare il marchese. Gualtieri richiama quindi la prole da Bologna, e finge che sua figlia, ora dodicenne, sia la sua futura sposa. Inoltre ordina a Griselda di preparare tutto l’occorrente per le nozze, poiché nessun altra saprebbe farlo meglio, e, mostrandole la ragazzina, le chiede cosa ne pensa, sicuro a questo punto di un cedimento da parte della donna. Anche questa volta Griselda resta impassibile, complimentandosi per la futura sposa e raccomandandogli però di non sottoporla alle stesse sofferenze che lei ha patito, poiché non lo sopporterebbe essendo stata allevata con raffinatezza, mentre lei sin da bambina, era abituata alle fatiche e al duro lavoro. Gualtieri di fronte alle sue parole rimane commosso dalla fedeltà della moglie e le rivela la verità: i figli non sono mai stati uccisi e sono lì davanti ai suoi occhi, lui la ama moltissimo e d’ora in poi vivranno tutti insieme felici e contenti. INTERPRETAZIONE: Dopo aver sottoposto Griselda a tre durissime prove, Gualtieri ordina alla moglie di preparare la festa per le sue presunte nozze e, non pago, le domanda il suo giudizio sulla fanciulla che sta per prendere come nuova moglie. In questa risposta definitiva, per la prima volta Griselda rinfaccia al marito le <<punture>> da lui inflitte e da lei sostenute per tredici anni. Con grande compostezza e dignità, nella forma di una richiesta a favore della nuova sposa, dà finalmente voce al dolore tacitato e represso per moltissimo tempo, e lo fa sdoppiandosi tra l’io che parla al presente e la stessa del passato (<<l’altra che vostra fu>>), chiamando in causa anche il responsabile <<punture>>, <<che già deste>>. Gualtieri di fronte alle sue parole, ammette per la prima volta i tormenti cui ha sottoposto la moglie e decide di interrompere la finzione: rivela che i figli sono ancora vivi e la sua futura sposa è in realtà la loro figliola. Dunque è solo dopo questa risposta di Griselda che la travagliata vicenda si snoda e segue il lieto fine. Le prove a cui la donna viene sottoposta dal marchese sono solitamente ritenute tre: l’uccisione della figlia, poi quella del figlio e il ripudio. La risposta conclusiva di Griselda non è annunciata come prova né dal narratore, Dioneo, né da Gualteri. In realtà quando il marchese domanda alla donna un parare sulla giovane che prenderà presto il suo posto, attende una riconferma della sua paziente sottomissione e dunque deve essere considerata un’ennesima e durissima prova. Questo passo della novella è stato sopravvalutato dagli innumerevoli interpreti, ma costituisce invece un elemento di grande significatività. A sottrarre rilievo alla risposta conclusiva ha contribuito l’espressione concisa e apparentemente distaccata di Griselda rispetto alla precedente, quando dopo esser stata cacciata di casa dal marito, chiede di poter tenere almeno una camicia da indossare. In quel momento, la donna viene afflitta dal dolore non solo perché l’uomo che amava la stava abbandonando e sostituendo con un’altra donna, ma anche per il pensiero di dover ritornare nella casa del padre e all’umile condizione sociale originaria. Nell’ultima “prova” però, Griselda, diversamente dalle attese di Gualtieri, non si limita a riconfermare la sua pazienza e forza d’animo, ma non non si limita a riconfermare la sua pazienza e a subire passivamente, ma decide di condannare la crudeltà del marito, rievocando i tormenti inferti, pur facendolo in maniera impersonale. Non solo rinfaccia pubblicamente <<le punture>> subite, ma dichiara anche che il suo essere ‘temprata’ al sacrificio è dovuto alle sue umili origini, in quanto sin da piccola è stata abituata al duro lavoro e alle fatiche: invita infatti il marito a non sottoporre la nuova moglie alle stesse sofferenze. Non è ovviamente “orgoglio” delle sue umili origini, ma affermazione della propria dignità e consapevolezza di alterità sociale. Oppone infatti il lusso e la raffinatezza della giovane sposa alle continue fatiche e difficoltà che avevano invece fortificato il suo carattere a sopportare le avversità. Implicitamente si rivela un’altra verità: Gualtieri ha potuto infliggere quelle <<punture>> alla moglie solo grazie alla sua umile condizione sociale. Griselda infatti non aveva alcuna protezione, poiché era figlia di un <<poverissimo uomo>>. Gualtieri motiva il suo comportamento bestiale, affermando di aver voluto insegnare alla donna <<esser moglie>> e ai suoi vassalli <<di saperla tenere>>. Ma Griselda in realtà non aveva nulla da apprendere poiché la sua formazione era avvenuta già da piccola. La risposta finale di Griselda possiamo dunque concludere essere l’emblema di alterità, che caratterizza tutta la novella. L’autore ha indicato come protagonista della storia il marchese Gualtieri, così come il narratore Dioneo, che lo presenta nella rubrica come un contro-esempio rispetto al tema della giornata: il suo è un atto di “matta bestialità”. Petrarca nella sua interpretazione della novella sposta il centro di gravità su Griselda. Nella prima parte e per tutto il <<nodo della vicenda>> è Gualtieri il soggetto dell’azione, mentre la moglie subisce passivamente: Gualtieri spinto dai suoi vassalli, sceglie di prendere come sposa un’umile contadine. Nel definire la condizione di Griselda, Boccaccio si sofferma sulla dimensione “materiale”, evidenziando la sua alterità sociale: <<poverissimo era>> riferito al padre, <<povera casa>>, <<poveri panni>> e i piccoli lavori domestici che svolgeva, come portare l’acqua alla fonte. Sottolinea ancora la condizione di <<lavoratori>> dei parenti di Griselda, ovvero i contadini, contrapposta ai gran signori, parenti di Gualtieri. Quel termine ‘lavoratori’ marca la differenza di status, poichè la campagna è simbolo di fatica e di miseria; nel mondo del Decameron è uno <<spazio altro>> che non registra mobilità sociale, eccetto Griselda che riesce a riscattarsi dalla sua condizione. E’ infatti inusuale che un nobile prenda in moglie una povera contadina che appartiene ad una classe sociale più bassa; inusuale anche rispetto ai codici inusuali. Il rapporto di un nobile con un’umile donna è prevedibile solo come brutale possesso: l’umo era autorizzato ad impadronirsi a suo arbitrio della donna per farne ciò che voleva. Lo stesso Gualtieri, enuncia l’irriducibile diversità tra signori e lavoratori prima di cacciare di casa Griselda. Però, la scelta da parte del marchese di una simil moglie si fonda sulla consapevolezza della difficoltà nel trovare una donna appropriata, ovvero, conforme ai suoi costumi. La scelta della sposa, infatti, non può e non deve fondarsi sulla garanzia della discendenza ma esige verifiche continue mai definitive. Gualtieri sposa la pastorella non come semplice rivalsa nei confronti dei propri vassalli ma perché vuole assicurarsi la massima libertà, eliminando ogni condizionamento che possa provenire dai vassalli o soprattutto, dalla moglie. Gualtieri vuole evitare le catene della vita coniugale e soprattutto che una donna possa mutare la sua vita. Solo dopo la risposta di Griselda indica, infatti, la sua avversione al matrimonio, ovvero, il terrore della perdita di tranquillità e di libertà assoluta; non voleva accettare il limite posto dall’altro e, dunque, sceglie una donna che deve essere necessariamente subordinata a sé in quanto senza alcuna protezione familiare. L’obbedienza e la sottomissione della donna al marito erano legittimate dalla chiesa, ma nessuna nobil famiglia avrebbe accettato quelle crudeltà commesse dal marchese. Anche gli accordi matrimoniali risultano inusuali e estremamente brevi rispetto alla laboriosità delle consuete trattative: il marchese fa chiamare il padre della fanciulla e la chiede in moglie per il giorno stesso. Griselda è ignara della scelta e anche qui si sdoppia, ovvero, si rapporta a un’altra: è presentata dal narratore mentre porta dell’acqua dalla fonte e accorre per vedere la sposa del marchese, ignorando che a ricoprire quel ruolo sarebbe stata
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