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decameron giornata X, Appunti di Letteratura

contenuto della decima giornata del Decameron di Boccaccio

Tipologia: Appunti

2020/2021
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Caricato il 04/02/2021

Ludovica12--
Ludovica12-- 🇮🇹

3.4

(5)

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica decameron giornata X e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! GIORNATA X Nella X giornata, sotto la guida di Panfilo, i novellatori superano sé stessi e gli altri, dando prova di nobiltà d’animo, di chi si adopera liberamente e con magnificenza (superiore). In realtà è la quattordicesima giornata, poiché i giovani si riposano il venerdì e il sabato. Si pone attenzione a virtù legate non alla produzione e al denaro, ma alle azioni compiute dagli uomini, per essere ricordati. NOVELLA 1 Ruggieri e re Alnfoso Neifile narra la storia di Ruggieri de’ Figiovanni, uomo ricco e di grande animo, che decise di partire dalla Toscana per recarsi alla corte del re Alfonso di Spagna, uomo molto conosciuto per il suo valore, e dimostrare lì le sue virtù. Sebbene già da molto tempo Ruggieri avesse mostrato le sue doti, il re sembrava non riconoscerle, ostinandosi a ricompensare chi non era meritevole. Per questo motivo Ruggieri decise tornare in patria. Il re gli donò una mula per il lungo viaggio, ordinando ad un suo servitore di seguirlo, ascoltando ogni giudizio che questi avrebbe detto su di lui e di riferirgli dopo una giornata di cammino che il re lo desiderava di nuovo a corte. Sebbene Ruggieri avesse mantenuto un comportamento lodevole nei confronti del re, durante il viaggio ne parla male. Infatti, essendosi fermato per riposare, la mula, invece di abbeverarsi stallò, ma quando giunsero presso una stalla non lo fece. Allora Ruggieri paragonò la mula al re perché, come questi aveva donato ricchezze a persone non meritevoli, la mula aveva stallato in luogo insolito. A questo punto, il famigliare riferisce a Ruggiero che il re lo desiderava a corte e i due ripartono alla volta della Spagna. Il re interrogò il servitore e, saputo dell’episodio della mula, convocò Ruggiero. Preparati due forzieri chiusi, uno contenente terra e l’altro oro, il re lo esortò a sceglierne uno come suo dono, e questi scelse il forziere con la terra. Il re spiegò a Ruggieri che non aveva ricevuto doni a causa della sua fortuna avversa. Ma riconosciuto comunque il suo valore, decise di donargli il forziere con l’oro, ciò che la sua stessa fortuna gli aveva negato. E Ruggiero, ringraziato il re per tanta magnificenza, se ne torna lieto in Toscana. NOVELLA 2 Ghino di Tacco Elissa narra la storia di Ghino di Tacco, uomo famoso che si diede al brigantaggio, scontrandosi con papa Bonifacio VIII. Così si allontanò dalla città, rifugiandosi a Radicofani, derubando chiunque si trovasse nei territori circostanti al suo castello. Decise di catturare l’abate di Clignì e la sua servitù, che passava per quei luoghi diretto ai bagni di Siena per guarire dal suo mal di stomaco. Una volta alloggiati l’abate e il suo seguito, Ghino si rivolse al suo prigioniero per essere informato dei motivi che l’avevano spinto in quei luoghi e, saputo della malattia, decise di curarlo lui stesso. Dopo vari giorni di cura, l’abate guarì dalla sua malattia e Ghino decise che fosse giunto il momento per l’abate e il suo seguito di lasciare il castello. Ghino mostra all’abate la sua vera personalità, un uomo costretto a vivere in quel modo poco onesto per malvagità d’altri e non per sua scelta; si dimostra molto gentile nei suoi confronti e lo assicura che non avrebbe preso i suoi beni, ma gli chiese di donargli liberamente qualcosa come pegno dell’ospitalità ricevuta. L’abate, sentite le sincere parole di Ghino, riconobbe la sua onestà e decise di donargli tutto ciò che possedeva in quel momento, salvo lo stretto necessario per tornare a Roma. Qui, incontrato il papa e raccontati i fatti accaduti, lo pregò di rendere grazia a Ghino di Tacco, che si era dimostrato un uomo di alto valore. Il papa chiamò a corte Ghino, lo nomina cavaliere dello Spedale e amico e servitore dell’abate di Clignì e della Santa Chiesa. NOVELLA 3 Natan e Mitridanes Filostrato narra la storia di Natan, un uomo nobile e di valore, che viveva in Cina ed era conosciuto per il palazzo che aveva edificato, dove riceveva e ospitava coloro che per viaggio passavano nei luoghi vicini. Grazie a quest’immensa opera, la fama di Natan si sparse in tutto Oriente, suscitando l’invidia di Mitridanes, un uomo altrettanto ricco. Nonostante avesse costruito un palazzo simile a quello di Natan comprese l’impossibilità di superare Natan e capì di doverlo uccidere. Mitridanes lo incontra per caso, chiedendogli informazioni e Natan, nascondendo la sua identità, finge di essere un servo di lui stesso e si offre di accompagnarlo a palazzo. Mitridanes, gli confessò il suo scopo, ma senza rivelare chi fosse, decise di aiutarlo nell’impresa, rivelandogli che Natan ogni mattina, passeggiava da solo in un bosco vicino. La mattina seguente, Natan si diresse nel bosco aspettando di essere trovato da Mitridanes. Dopo aver visto Natan e capendo che era stato lui la notte prima ad ospitarlo e aiutarlo non riesce ad andare oltre. Natan lo esortò ad ucciderlo, perché infondo era vecchio e sarebbe stato onorato se la sua morte avesse potuto rendere migliore qualcun altro. Mitridanes, commosso dalle parole di Natan, decise di non ucciderlo e, riconosciuta la sua magnanimità, ritornò a palazzo insieme a lui, congedandosi e ritornando a casa. NOVELLA 4 Gentile e Catalina Lauretta narra la storia di Gentile de’ Carisendi, che abitava a Bologna ed era innamorato di donna Catalina, moglie di Niccoluccio Caccianimico, ma non era ricambiato. La donna, a quel tempo gravida, colpita da una grave malattia e perso ogni segno di vita, fu seppellita. Gentile, saputa questa notizia, decise di entrare nel sepolcro di Catalina per porgerle un bacio, non avendo potuto farlo mentre lei era in vita. Facendo ciò, si accorge che Catalina era ancora in vita e decide di trasportarla a casa sua per curarla. Qui Catalina e il bambino nel suo grembo guariscono completamente e la fanciulla partorisce un figlio maschio. Gentile decide allora di invitare a pranzo alcuni amici per mostrare loro Catalina, la cosa più cara che aveva. Prima di chiamare Catalina, Gentile chiese un parere agli amici, domandando loro con chi dovrebbe rimanere un servo, abbandonato dal suo padrone e poi curato da un altro padrone. Un uomo rispose per tutti che, abbandonando il suo servo, il primo uomo non aveva più nessun diritto su di lui. L’uomo che aveva risposto era proprio Niccoluccio, il marito di Catalina, e quando questa venne mostrata agli invitati, capendo che il servo della domanda precedente rappresentava la fanciulla, capì che aveva perso tutti i diritti sulla moglie e sul figlio. Ma Gentile, notando il dispiacere e le lacrime sul viso di Niccoluccio, decise di rinunciare a Catalina, per la sua magnificenza, guadagnandosi l’amicizia della coppia. NOVELLA 5 Donna Dianora e Ansaldo Emilia narra la novella di Donna Dianora, che viveva nella città di Udine insieme al marito Gilberto, ed era desiderata da messer Ansaldo Gradense. La donna stanca delle proposte e dei regali fatti da Ansaldo, gli riferisce che se fosse riuscito, nel mese di gennaio, a far fiorire il suo giardino come nel mese di maggio, lei lo avrebbe amato, ma se non vi fosse riuscito, avrebbe dovuto dimenticarla. Ansaldo riuscì a trovare un negromante capace di tale magia e vedendo il giardino in fiore, Dianora raccontò la promessa al marito. Gilberto, sebbene iracondo, capì che Dianora aveva fatto la promessa innocentemente e la invitò a recarsi da Ansaldo per sciogliere la promessa, ma se questo non fosse accaduto l’avrebbe lasciata andare via con lui. Recatasi da Ansaldo e riferitegli le parole del marito, questi comprese la magnanimità di Gilberto, sciolse la promessa e la lasciò andare. L’episodio sembra coinvolgere anche il negromante che, di fronte a tanta liberalità, seguì l’esempio e rifiutò la ricompensa per aver fatto fiorire il giardino. Castelvetro, nella sua critica, richiama molte volte la novella di Messer Torello per la sua esemplarità: la rappresentazione dell’impossibile-credibile e la struttura della “riconoscenza”. Si assiste a dei riconoscimenti mancati o attuati, e al manifestarsi di: conoscenza, da parte dei protagonisti per la loro virtù e l’identificazione, con il mutamento da ostilità della crociata ad amicizia. NOVELLA 10 Gualtieri e Griselda Dioneo narra l’ultima novella del Decameron e commenta che la follia (matta bestialità) del marchese di Sanluzzo avvicina l’uomo all’animale. Il marchese, chiamato Gualtieri, fu costretto a prendere moglie perché i suoi vassalli erano preoccupati di rimanere senza erede (il sistema feudale prevedeva che il signore dovesse proteggere i vassalli). Gualtieri sapeva quanto fosse difficile trovare una donna appropriata e conveniente a sé stesso e la scelta non si può basare sulla discendenza familiare: i vassalli avrebbero voluto scegliere la donna in relazione alla sua nobiltà ma è scelta di Gualtieri stesso la contadina, di bassa condizione. Inoltre, compie una scelta così rivoluzionaria per non essere condizionato dal giudizio d’altri. Un giorno vide una bellissima donna, Griselda, di bassa condizione sociale e rimase colpito dal suo comportamento. Così comunicò ai suoi vassalli di aver trovato la sua futura sposa: fece preparare le nozze, a insaputa di Griselda, facendo cucire abiti e preparò come doni cinture e una corona. Venuto il giorno delle nozze si recò presso casa della fanciulla e in presenza del padre le chiese delle domande, alle quali rispose che avrebbe sempre compiaciuto e obbedito al marito. Gualtieri la portò fuori casa, la fece spogliare e vestire con gli abiti che aveva fatto cucire. La sposa si comportava da gran signora ed era molto apprezzata dai sudditi; inoltre, Gualtieri era visto come un uomo saggio per aver sposato la donna per le sue virtù. Griselda partorì una bambina ma Gualtieri, turbato poiché i suoi uomini erano tristi per la nascita. A quelle parole Griselda non mutò viso rispondendo che doveva fare ciò che riteneva più opportuno e Gualtieri capì che la moglie non era per nulla superba. A questo punto Gualtieri mandò da lei un servo e Griselda vedendo il suo viso e ricordandosi delle parole del marito, comprese che la figlia doveva essere uccisa. Ma prima di darla al servo la prese e la baciò. Gualtieri non la fece uccidere ma affidò le sue cure a una sua parente in Bologna. Poco tempo dopo Griselda partorì un secondo figlio maschio e Gualtieri ne rimase contento ma decise di dire alla moglie che i servi non erano soddisfatti di avere come signore il nipote del povero Giannucolo e le confessò di voler prendere un’altra moglie. Griselda gli rispose di non curarsi di lei e il marito prese il bambino, come aveva fatto con la sorella, meravigliandosi che anche questa volta non aveva mutato il suo viso. I sudditi credevano che Gualtieri avesse ucciso i suoi figli e lo reputavano un uomo crudele, invece le donne provavano a far esprimere avversione nei confronti del marito, ma senza successo. Essendo passati molti anni, Gualtieri sottopose la moglie all’ultima prova: le disse di volere il divorzio, di essersi pentito di averla scelta e accusa la sua giovinezza; ma prima doveva ottenere il consenso da parte del papa. Fece finta di aver avuto il consenso e fece pubblicamente il suo discorso: evidenziò la distanza sociale tra i due e le disse di aver già trovato altra moglie. Le disse di andare via, portando con sé la sua dote, ma Griselda era così povera da non aver portato niente e ricordandogli che dal suo corpo erano nati i suoi figli, chiese solo al marito di farle portare una camicia per non andare via nuda. Dopo tredici anni, Griselda ritorna a casa del padre e rimette gli abiti che indossava prima dell’arrivo di Gualtieri. Gualtieri fece credere che avrebbe sposato la figlia di uno dei conti di Panago, che era in realtà sua figlia, la quale aveva compiuto 12 anni. Mandò a chiamare Griselda, dicendole di sistemare la casa, che conosceva molto bene, per il suo matrimonio. Il giorno arrivò e Griselda accolse tutte le donne e si mostrò molto lieta nei confronti della figlia, che non aveva riconosciuto. Gualtieri, vedendo che nulla l’aveva fatta mutare, le chiese cosa ne pensasse della nuova moglie e Griselda rispose che fosse bella e sicuramente saggia. Alla fine, l’uomo confessò di aver avuto paura di perdere la tranquillità e la pace della vita, confessò i tormenti cui l’aveva sottoposta e mostrò a Griselda i suoi figli. La storia si conclude con un lieto fine: la famiglia si riunisce e Giannucolo viene accolto nel castello. Dioneo da un giudizio sulla novella: chiede ai compagni chi altro avrebbe potuto sopportare le prove imposte da Gualtieri se non Griselda. Con la sua comicità dice che se Gualtieri avrebbe sposato un’altra donna, forse uscita di casa si sarebbe vendicata donandosi a un altro uomo, che avrebbe potuto onorarla. Oggi la novella non è riconducibile ad un’unica chiave di lettura. Le prove cui viene sottoposta Griselda sono tre: - l’uccisione della prima figlia - l’uccisione del secondo figlio - il ripudio e la restituzione al padre Nella prospettiva di Gualtieri, le chiede un giudizio sulla nuova moglie e Griselda risponde, dopo aver sofferto e compreso che il marito avrebbe sposato un’altra donna. La donna aveva sofferto poiché, ritornata a casa del padre, sarebbe dovuta ritornare alla condizione sociale originaria. Nella risposta conclusiva, Griselda dà voce alla propria sofferenza e le sue parole sono importanti perché emergono da un lungo silenzio. Così Griselda si sdoppia tra l’io che parla al presente e la sé stessa del passato (“l’altra che vostra fu”). Il marchese ha potuto infliggere quei tormenti a Griselda, solo perché figlia di poverissimo uomo e di conseguenza esente da qualunque protezione sociale. Gualtieri spiega che voleva insegnare alla donna ad essere moglie e ai vassalli di saperla rispettare: ma la formazione di Griselda era già avvenuta da molto tempo. Petrarca ha fatto divenire Griselda la protagonista della novella, ma in realtà è Gualtieri il protagonista, come indicano sia Boccaccio che Dioneo. Il “De Amore” di Cappellano, noto al Boccaccio, codifica l’amore tra due personaggi di diversa condizione sociale e il motivo di mettere alla prova la moglie. Griselda appartiene a una famiglia di contadini, contrapposti agli abitanti della città per l’alterità della loro vita. In un sistema feudale non era mai accaduto che un principe si innamorasse di una contadina. Gualtieri ha paura che la donna possa mutare la sua vita, non accetta la volontà di accettare il posto dell’altro e questo lo porta a scegliere qualcuno che possa sempre essergli obbediente. Le ragioni effettive della scelta di Griselda non vengono mai dichiarate da Gualtieri. L’aspetto del matrimonio e gli accordi matrimoniali vengono narrati in ‘brevitas’, ma al contrario si ha un lungo e articolato discorso in cui minaccia gli uomini, avvertendoli che spetta a lui scegliere la sposa e avrebbero dovuto onorare qualunque donna avesse sposato. Della scelta è però ignara la stessa Griselda, presentata dal narratore senza fare il nome, mentre porta l’acqua alla fonte e accorre con le altre donne per vedere la sposa di Gualtieri, non sapendo fosse proprio lei. Il momento in cui Gualtieri la fa spogliare, donandole gli abiti che aveva fatto cucire, è molto simbolico: da una parte manca la dote della sposa e d’altra parte attesta l’elevazione di status di Griselda dovuta alla scelta di Gualtieri. Questo gesto viene ripreso dalla risposta conclusiva di Griselda, in cui fa presente al marito della loro relazione asimmetrica, dal punto di vista sociologico, etico e anche economico e gli ricorda dei loro figli, che Gualtieri ricorda nell’averli messi al mondo. L’ipotetica donna, di un’altra conclusione della vicenda, è una donna assegnata dal caso, non per scelta, a Gualtieri. La matta bestialità di Gualtieri è legata al marchesato di Saluzzo, il mondo strano in cui Dioneo situa la novella. Dioneo garantisce come la storia avvenuta non sia irrelata, ma introduce l’alterità del mondo rappresentato nel presente dei suoi uditori e lettori. Dioneo e le donne commentano la novella, con varie interpretazioni, segnando la natura aperta ed emblematica della novella. Ad essa sono connaturati: - il relativismo dei punti di vista - le prospettive multiple - l’inesauribile polisemia CONCLUSIONE DECAMERON Panfilo, il re della X giornata, propone una riflessione sui fattori propri dell’umana saggezza: - gli uomini più autorevoli ritengono che sia saggio l’avere memoria del passato e il saper comprendere il presente; - tramite queste due cose si può prevedere il futuro. La compagnia si è divertita, ha cantato, suonato, mangiato e bevuto e non vi è mai stata necessità di biasimare parole né degli uomini né delle donne. È meglio tornare a Firenze per evitare che la piacevole compagnia possa diventare fastidiosa; per evitare pettegolezzi sul lungo soggiorno e perché la brigata è stata conosciuta dalle altre vicine, quindi ci sarebbe il rischio di divenire troppi. Vi furono molti ragionamenti ma alla fine si decise di seguire il consiglio di Panfilo e fu cantata una ballata di quattro strofe di quattro versi endecasillabi e cinque settenari con la ripresa di un endecasillabo e due settenari, con lo schema metrico ZyZ aBcaBcCyZ. Arrivato il giorno seguente, fecero ritorno a Firenze e la brigata si scioglie, nel medesimo luogo in cui si erano incontrati: nella Chiesa di Santa Maria Novella.
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