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Decadentismo e Pascoli (riassunto i classici nostri contemporanei), Appunti di Italiano

Storia della letteratura italianaPoesia italianaBiografia di poeti italiani

il Decadentismo: il contesto storico e le tematiche prevalenti ambito europeo Giovanni Pascoli: la biografia, le tematiche, la poetica e le principali opere

Tipologia: Appunti

2021/2022

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Scarica Decadentismo e Pascoli (riassunto i classici nostri contemporanei) e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Nel 1883 Verlaine pubblica un sonetto chiamato «Languore» nel quale interpreta uno stato d’animo diffuso nella cultura del tempo: il senso di disfacimento di una civiltà, l’idea autodistruttiva di un eminente cataclisma. Queste erano idee tipiche d avanguardie che si contrapponevano ai borghesi e ostentavano atteggiamenti bohémien ispirandosi al maledettismo di Beaudelaire. Queste avanguardie vennero definite in modo spregiativo dalla critica come decadenti. Il termine decadentismo, quindi, all’inizio definiva un determinato movimento letterario che si rifaceva ad un preciso programma culturale, ma poi si estese ad una grande corrente culturale che trae origine dal movimento iniziale. Quindi, in un’eccezione più ampia, il decadentismo rappresenta la somma di manifestazioni artistiche e letterarie molto diverse tra loro in cui si possono identificare denominatori comuni. Nonostante l’accezione dispregiativa del termine, però, tale periodo non ha simboleggiato alcun periodo di decadenza, anzi è stato un periodo fertile da cui sono scaturite grandi opere profondamente innovative. Il mondo decadente è costruito su un irrazionalismo misticheggiante che esaspera posizioni precedentemente romantiche e sul rifiuto della visione positivista perché secondo i decadenti ragione e scienza non possono garantire la conoscenza del reale, perché la sua essenza si trova al di la della materia, per cui solo rinunciando alla razionalità ci si può avvicinare all’ignoto. L’anima decadente, quindi, è sempre tesa al mistero al di là della realtà sensibile. Secondo questa visione mistica, tutti gli aspetti dell’essere sono legati tra loro da analogie e corrispondenze che si possono cogliere solo nell’abbandonarsi all’irrazionale (Corrispondenze, Beaudelaire > manifesto decadentismo). Questa fitta rete di corrispondenze avvolge anche l’uomo perché esiste una sostanziale corrispondenza tra io e mondo che emerge sul piano dell’inconscio: la scoperta di esso è fondamentale per i decadenti che si lasciano inghiottire, distruggendo qualsiasi legame con il razionale alla scoperta della realtà. I principali strumenti per conoscere la realtà sono gli stati irrazionali dell’essere: la malattia, il delirio, il sogno e l’allucinazione. Questi stati sottraggono la coscienza alla razionalità permettendole di aprirsi all’ignoto e al mistero al di là delle cose. Questa esperienza all’assoluto e dell’ignoto può portare l’io ad annullarsi e a fondersi con il mondo, avvicinando l’anima a qualcosa di divino secondo l’atteggiamento del panismo ma allo stesso tempo può portare ad epifanie: momenti in cui particolari insignificanti si caricano di significati misteriosi che si presentano come rivelazioni dell’assoluto. La poetica del decadentismo ▨ ESTETISMO Uno degli strumenti privilegiati per conoscere la realtà è proprio l’arte, per cui poeti, pittori e musicisti diventano veri e propri sacerdoti di un culto che spingono lo sguardo dell’uomo al di là della realtà apparente. Questo culto da origine all’estetismo. L’esteta è colui che assume il bello come principio regolatore della vita collocandosi al di là della morale comune e al di sopra degli uomini comuni. Arte e vita si fondono, tutto viene filtrato attraverso l’arte e il bello. Queste posizioni nascono principalmente in Inghilterra e in Francia (Huysmans) e arriveranno al loro apice con Oscar Wilde e D’Annunzio. Per il poeta la poesia non è uno strumento della morale e dell’identità civile, l’arte deve celebrare sé stessa. Quindi l’arte diventa fine a sé stessa. ▨ OSCURITÀ DI LINGUAGGIO La poesia rivela al suo interno il mistero dell’assoluto. Di conseguenza, il linguaggio con cui si esprime non può essere logico e razionale, ma attinge a zone più profonde e oscure dell’inconscio assumendo un valore puramente evocativo. Questo determina una rivoluzione del linguaggio poetico: la parole perde la sua funzione di mezzo di comunicazione e ritrova quella di mezzo di rivelazione dell’ignoto. Questo porta ad un linguaggio di difficile comprensione, perché il poeta comunica attraverso enigmi e giochi parole che solo i pochi iniziati appartenenti al mondo decadente sono in grado di comprendere; alle volte diventa addirittura autocomunicazione: il poeta comunica semplicemente con sé stesso. In questo modo emerge il carattere aristocratico del movimento. Questa scelta è motivata dall’imposizione della società di massa e della conseguente letteratura di consumo, composta da prodotti ripetitivi che privano l’arte della sua unicità caratteristica. Questo scatena nell’artista la necessità di differenziarsi e di rifugiarsi in un linguaggio comprensibile solo d poche persone per salvaguardare il vero significato dell’arte. Questo porta al delinearsi di una frattura tra pubblico e artista. ▨ TECNICHE ESPRESSIVE Lo scrittore decadente punta molto sulla musicalità: la parola non conta per il suo significato, tanto Il decadentismo quanto per il suono che riesce ad evocare significati ed echi profondi. La musica è la suprema tra tutte le arti poiché si svincola dalla razionalità. Inoltre nella poesia decadente la sintassi si fa vaga ed imprecisa. ▨ ANALOGIE E SINESTESIE Altro strumento d’eccellenza nella poesia decadente è il sistema di analogie universali che si articola in metafore che esprimono una visione simbolica del mondo. In questo caso le metafore stabiliscono legami impensabili tra un primo termine e un secondo, spesso oscuro e misterioso, attraverso collegamenti arditi. Simile al fine della metafora, è la sinestesia, ovvero l’accostamento di termini che appartengono a sfere sensoriali diverse provocando la fusione di sensazioni diverse attraverso un sottile rapporto analogico. Anche la sinestesia rimanda ad un sostrato simbolico. Le tematiche decadenti ▨ DECADENZA, LUSSURIA E CRUDELTÀ Il decadentismo esprime un senso di stanchezza nei confronti di una civiltà prossima al crollo e al disfacimento. Da qui nasce l’ammirazione per le epoche decadenti come la Grecia ellenistica, l’ultima Roma imperiale e l’età bizantina in cui l’estenuazione del finire di un’epoca si traduce in raffinatezza; i prodotti culturali di queste epoche sono percepite come più affini rispetto alle opere pienamente classiche. A questo si aggiunge l’interesse per il lusso complicato dalle perversità e dalle crudeltà come espressione della stanchezza per il sentimentalismo romantico e la ricerca di nuovi stimoli uniti ad una sensibilità esasperata. ▨MALATTIA E MORTE La nevrosi è caratteristica della letteratura decadente, configurandosi come una vera e propria atmosfera. Questo anche perché la malattia è uno dei principali temi decadenti: da un lato si pone come metafora di una condizione storica di crisi e smarrimento, dall’altra è una condizione privilegiata che rappresenta un modo per distinguersi e lo strumento conoscitivo per eccellenza. Alla malattia umana viene associa la malattia delle cose, il gusto per tutto ciò che è corrotto e impuro. Infatti, Venezia è la città decadente per eccellenza in cui bellezza aristocratica e sfacelo si fondono. Malattia e corruzione affascinano i decadenti anche perché sono specchio della morte, altro tema dominante dell’epoca. ▨ VITALISMO E SUPEROMISMO All’esaltazione della morte si contrappone la tendenza al vitalismo, l’esaltazione della pienezza di vita al di là di qualsiasi regola morale e della forza barbarica che porta l’uomo ad imporsi sui deboli secondo una forma di superomismo. Il mito del superuomo in D'Annunzio si carica anche di valenze politiche, poiché il superuomo ha il compito di riportare l’Italia alla gloria e allo splendore passato. ▨ EROI DECADENTI - l’artista decadente, che profana i valori e le convenzioni e si compiace della vita misera e sregolata - l’esteta, colui che cerca di trasformare la vita in opera d’arte, sostituendo alle leggi morali le leggi del bello, vivendo alla ricerca del bello e del piacere e disprezzando la comune via borghese - l’inetto a vivere, si sente escluso dalla vita al quale non riesce a partecipare perché affetto da una malattia delle volontà, l’unica cosa che gli resta da fare è rifugiarsi nelle sue fantasie cercando di trovare passioni, nei conforti delle quali si sente impotente; - la donna fatale, dominatrice del maschio fragile e sottomesso che ammalia con il suo fascino e trascina l’uomo in una spirale di follia e autodistruzione. ▨ FANCIULLINO L’inetto a vivere, nella condizione di Pascoli, si trasforma nel fanciullino: il rifiuto della condizione adulta, della vita al di fuori del nido familiare e la regressione emotiva all’infanzia si traducono in una trepida indagine di mistero divenendo l’immagine di nuovo un rapporto con il mondo e di un nuovo linguaggio poetico. Anche questo mito del fanciullino è un’espressione dell’irrazionalismo che domina il periodo in quando la regressione ad uno stato infantile è la regressione ad uno stato pre logico. Decadentismo vs Romanticismo Il decadentismo può essere considerato come una seconda fase del romanticismo poiché in gran parte dei suoi aspetti si possono individuare esasperazioni di aspetti romantici. Se per entrambi i movimenti si parte da un’irrazionalità di fondo e un rifiuto della realtà, nel romanticismo questo porta ad uno slancio entusiastico verso l’infinito, mentre il decadentismo è contrassegnato una diffusa stanchezza che porta al ripiegamento in sé stessi. Questo si riflette anche nella letteratura, per cui la lettera romantica mira al ritorno alla totalità attraverso vaste costruzioni concettuali, mentre la letteratura decadente fa leva sul frammento che, come l’opera d’arte, è fondamentale per la sua unicità. Inoltre, se la letteratura romantica è impegnata sul piano politico e sociale, quella decadente si pone in completa antitesi rispondendo alla necessità dell’arte fine a sé stessa. Questa chiusura nei confronti della realtà esterna in favore del lavoro sul mondo interiore risulta in un linguaggio e uno stile molto più studiato valenza simbolica che rimanda a messaggi misteriosi e cifrati che arrivano dall’ignoto. Anche dietro alla precisone nei confronti della nomenclatura di piante e animali si nasconde il desiderio di andare al cuore della realtà. Il mondo è, quindi, filtrato attraverso lo sguardo soggettivo del poeta e appare come un sogno, in cui tutto perde ogni consistenza oggettiva e i confini si sfumano andando a sovrapporsi. In questo modo si creano legami segreti tra le cose che possono essere indagati solo attraverso strumenti interpretativi non razionali che portano al cuore profondo della realtà. La poetica La poetica di pascoli è espressa nel saggio «Il fanciullino». Il poeta coincide con il fanciullino e vede tutto come se fosse la prima volta, con la stessa ingenuità e lo stesso stupore del bambino o dell’uomo all’alba della creazione. Di conseguenza, trovandosi di fronte a qualcosa di nuovo, il poeta deve usare un nuovo linguaggio, che non sia stato mortificato dall’uso quotidiano e sappia andare a fondo nelle cose e condurci nell’abisso della verità. L’atteggiamenti irrazionale e intuitivo, infatti, permette di cogliere l’essenza segreta delle cose e le corrispondenze tra il reale e l’ignoto. Il poeta appare come un veggente, dotato di un sensibilità e una vista più acuta in grado di cogliere ciò che va al di là della realtà. Anche Pascoli, inoltre, si colloca nella concezione della poesia come poesia pura, che non deve avere alcun tipo di fine, deve essere spontanea e disinteressata, e proprio per questo può smuovere gli animi provocando mutamenti morali e sociali. Questo perché, dando voce al fanciullino che c’è in ognuno di noi, la poesia riesce a placare la violenza e il desiderio di continuo arricchimento e induce alla bontà e alla fratellanza, quindi nella poesia pura del fanciullino rimane implicito un messaggio sociale che invita alla fratellanza e all’abolizione delle barriere. Questo rifiuto della lotta tra classi è riscontrabile anche a livello stilistico, infatti rifiuta la divisione tra argomenti alti e bassi. Per Pascoli la poesia risiede tanto nelle piccole cose, che hanno un loro sublime particolare, quanto in quelle auliche e aristocratiche. Proprio per questo Pascoli si pone sia come cantore delle realtà umili che celebratore delle glorie nazionali ed evocatore dei miti e degli eroi classici. Temi della poesia pascoliana ▨ CANTORE DELLA VITA COMUNE Nella sua fisionomia di intellettuale pascoli si pone su una linea diametralmente opposta a quella dei poeti maledetti. Pascoli incarna la figura dell’uomo comune, appagato da una vita modesta nella pace del suo nido. Dal punto di vista letterario, la figura del poeta corrisponde esattamente a quella dell’uomo: Pascoli si fa cantore della realtà comune e dei suoi valori. Attraverso parte della poesia, Pascoli cerca di propugnare questi valori, quasi con un intento pedagogico e sociale. Proprio qui che si innesta il sogno di un’umanità riunita sotto uno spirito di fratellanza, sotto la solidarietà data dalla consapevolezza del vivere male. Al nido, inoltre, si ricollega in modo ricorrente anche il ritorno dei morti. L’ossessione, però, viene assorbita dall’intento pedagogico: la vicenda del padre viene trasformata in una lezione sul male e sulla necessità del perdono. ▨ POETA UFFICIALE Proprio perché la poesia ha questo valore pedagogico, Pascoli può allargare l’orizzonte dei destinatari della sua poesia dall’uomo comune all’umanità intera e può assumere la funzione di cantore ufficiale delle glorie della sua patria. Attraverso questi temi, a differenza di D'Annunzio che strappava la borghesia dalla noia della vita quotidiana, Pascoli radicava nei lettori la fede in alcuni valori fondamentali come la patria, la famiglia, la proprietà ma anche l’accontentarsi delle piccole cose. Proprio per questo per anni è inserito ampiamente nei programmi scolastici destinati alla fasce d’età più basse dipingendolo in modo ridotto come il poeta delle piccole cose, della natura, della bontà e andando a nascondere gli aspetti più inquietanti che lo rendono uno dei poeti italiani più affermato a cavallo tra ottocento e novecento. ▨ PASCOLI DECADENTE Il Pascoli decadente, che per molti anni è stato messo da parte, è il poeta che proietta nella sua poesia le sue più profonde ossessioni e i turbamenti psicologici, portando a galla le zone più oscure della psiche e proiettandole all’interno della poesia: ad esempio, le forze oscure e sconosciute che insorgono nelle profondità dell’animo ma anche il senso di inadeguatezza della realtà rispetto al sogno proiettati su Alessandro Magno. Al di là degli intenti pedagogici quindi si trova un poeta in grado di giungere a profondità inaudite. In Pascoli, questo aspetto è ancora più presente che in D'Annunzio poiché in quest’ultimo le intuizioni geniali sono vincolate dagli intenti ideologici e propagandistici. ▨ ANGOSCE E LACERAZIONI DI UNA COSCIENZA MODERNA I due Pascoli incontrati fin ora, il cantore di vita comune e il poeta ufficiale, trovano una matrice comune nella celebrazione del nido e delle piccole cose come baluardo nei confronti dell’inquietudine e delle forze oscure che minacciano l’esistenza comune. In un discorso del 1900, il poeta dimostra di aver ben chiaro cosa sta accadendo del mondo in quel periodo: l’imperialismo e i regimi totalitari che iniziano ad imporsi in Europa; e ne prova orrore. Queste paure lacerano la coscienza degli individui e Pascoli cerca di neutralizzarle rifugiandosi nella ciclicità e nella staticità della vista di campagna. Allo stesso tempo però Pascoli riesce a far affiorare le angosce sulla pagina e ad affrontarle di petto, proprio in questa duplicità si trova la grandezza della poesia pascolana. Lo stile La visione innovativa della realtà di Pascoli si traduce in soluzioni formali del tutto innovative. Pascoli introduce numerose innovazioni nel linguaggio poetico italiano, spianando la strada alla poesia novcentesca. Soprattutto gli ermetici terranno molto a cuore la lezione sulla sintassi spezzata ed ellittica, come equivalente della crisi dei sistemi logici, la sperimentazione di ritmi inediti, del valore musicale della parola e del linguaggio analogico ed evocativo. ▨ SINTASSI La sintassi di Pascoli è caratterizzata dalla numerosa presenza di coordinate, in modo che la poesia sia formata da brevi frasi allineate senza un rapporto gerarchico. Questa frantumazione della frase, che nel linguaggio tradizionale era volta a incatenare i dati del reale in un sistema logico, rivela il rifiuto della sistemazione logica dell’esperienza da parte del poeta, che fa prevalere rapporti analogici e suggestivi che indicano corrispondenze al di là della realtà sensibile. Attraverso questa sintassi cerca di rendere l’alone indefinito che avvolge la realtà e di scendere nel profondo delle cose attraverso la scomposizione dei rapporti gerarchici, di conseguenza tutto risulta immerso in un’atmosfera visionaria e che rimanda al sogno. Questo mettere da parte la logica apre ad un relativismo che poi va a caratterizzare tutta la letteratura novecentesca. ▨ LESSICO Pascoli non usa un lessico normale ma mescola tra loro codici linguistici diversi, allineando termini che appartengono a settori lontani tra loro ma che mai si scontrano perché, così come il poeta vuole abolire la lotta fra classi, così cerca di abolire lo scontro tra classi di oggetti e parole. Nei suoi testi, quindi, troviamo termini aulici accostati a termini gergali e dialettali ma anche ad una precisa terminologia botanica e animale e a termini provenienti da lingue straniere. ▨ ASPETTI FONICI I suoni contenuti nelle parole hanno una grande rilevanza, infatti sono presenti molte onomatopee che sono i suoni più carichi di valore simbolico nella poesia pascolana in quanto in grado di veicolare arcani messaggi che prevengono dalla misteriosa realtà oltre il sensibile. Queste onomatopee non mirano ad una riproduzione neutra del dato oggettivo ma a scendere nell’essenza profonda delle cose evitando mediazioni logiche e rientrando nella visione alogica del reale. Ma, al di là delle onomatopee, Pascoli utilizza costantemente suoni che possiedono un valore fonosimbolico e che tendono ad assumere un significato di per sé, creando una trama sotterranea di echi e rimandi (es. la continua ripetizione di /l/ e /a/ va a creare l’effetto dell’avverbio là, indicando al lontananza) che va a costituire la vera architettura del testo. Allo stesso fine vengono utilizzate assonanze e allitterazioni. ▨METRICA La metrica di Pascoli appare tradizionale, in quanto utilizza i versi tipici della letteratura italiana che però, in realtà, vengono piegati dal poeta in modo del tutto inedito e innovativo attraverso la sperimentazione di cadenze ritmiche diverse e attraverso la frammentazione dei discorsi accentuati dai frequenti enjambement. ▨ FIGURE RETORICHE Pascoli, per quanto riguarda la figure retoriche, utilizza molto il linguaggio analogico accostando realtà tra loro remote senza esplicitare i passaggi logici intermedi e costringendo ad un volo vertiginoso dell’immaginazione (es > Temporale: sullo sfondo del temporale c’è un casolare bianco che viene accostato all’immagine dell’ala bianca di un gabbiano). Il discorso si muove per allusioni, in modo ellittico e i due termini di paragone vengono semplicemente accostati, arrivando al limite dell’enigmatico. Affine all’analogia è il procedimento della sinestesia che fonde diversi ordini di sensazioni accostando ad esempio profumi e suoni o suoni e colori, contribuendo a ridere il tutto ancora più indefinito e misterioso. Le raccolte poetiche I componimenti di Pascoli, spesso usciti su riviste o periodici a partire dagli anni ottanta, furono poi raccolti e pubblicati dal poeta in volumi tra il 1891 e il 1911. L’ordine di uscita, però, non sempre corrisponde all’ordine di stesura. Pascoli negli anni lavora contemporaneamente a diversi generi poetici, affronta temi diversi e utilizza soluzioni formali diverse e quindi, poesie dello stesso periodo confluiranno in raccolte diverse (Myricae, Poemetti, I Canti di Castelvecchio, I Poemi Conviviali e Odi e Inni) che usciranno nell’arco di quindici anni, ma che anche una volta uscite continueranno ad arricchire nelle successive edizioni. La distribuzione nelle varie raccolte obbedisce non tanto all’ordine cronologico di stessa ma a ragioni formali, di natura stilistica e metrica, questo rende molto difficile analizzare lo sviluppo della poetica di Pascoli nel tempo in modo chiaro e lineare. Myricae La prima vera raccolta pubblicata da Pascoli è Myricae (1891) e conteneva 22 poesie dedicate alle nozze di amici, però, già a partire dall’anno successivo con la raccolta viene ampliata nella seconda edizione fino ad arrivare a contenere 72 componimenti. Negli successivi subisce ulteriori ampliamenti fino ad arrivare alla quinta edizione, quella definitiva, del 1900 con 156 componimenti. Il titolo rappresenta una citazione alle Bucoliche in cui Virgilio dichiara di voler innalzare il tono del proprio canto perché non a tutti piacciono «piccoli arbusti e tamerici (myricae)», Pascoli invece assume queste piccole piante proprio come emblema della semplicità e delle piccole cose che costituiscono il fulcro della sua poesia. I componimenti sono molto brevi e all’apparenza si mostrano come piccoli idilli, piccoli quadri di vita campestre ritratti quasi con un gusto impressionistico, con rapide notazioni che colgono linee, colori e suoni. In realtà, però, i particolari che il poeta descrive, non sono resi in modo oggettivo ma si caricano di sensi misteriosi e suggestivi alludendo ad una realtà ignota e inafferrabile. Spesso le atmosfere create da queste raccolte evocano l’idea della morte e del ritorno dei morti familiari che vengono a rinsaldare i legami tagliati dalla morte. I canti di Castelvecchio I Canti di Castelvecchio (1903) si propongono di continuare sulla stessa linea di Myricae e infatti anche qui tornano immagini della vita di campagna e ricompare una misura più breve, sempre più lirica e sempre meno narrativa. I componimenti nascondono un disegno segreto che si delinea solamente procedendo nella lettura: il succedersi delle stagioni che allude al ciclo naturale come ad un rifugio rassicurante e consolante dal dolore e dall’angoscia dell’esistenza storica e sociale. Ricorre con frequenza anche il motivo della tragedia familiare e dei cari defunti e il paesaggio di Castelvecchio che rimanda al paesaggio della Romagna, terra natale del poeta, come a istituire un legame tra il nuovo e il vecchio nido familiare. Anche in questa raccolta, però, si fanno spazio i temi più inquietanti e morbosi che costituiscono le segrete ossessioni del poeta: eros, contemplato con turbamento dal fanciullo che lo osserva con uno sguardo affascinato e ripugnante allo stesso tempo e la morte, che a volte appare come un dolce rifugio in cui sprofondare, come la regressione al grembo materno. Dalle piccole cose si allarga ad infiniti spazi comici e ad immaginare apocalissi che distruggeranno l’universo.
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