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Della Tirannide - riassunto, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

il testo sintetizza in maniera dettagliata il trattato politico di Vittorio Alfieri diviso in due libri.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 22/04/2022

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elena-santucci-3 🇮🇹

4.2

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Scarica Della Tirannide - riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Della tirannide – Vittorio Alfieri Della Tirannide è un trattato politico di Vittorio Alfieri, scritto nel 1777. L’opera è suddivisa in due libri che parlano di due temi: 1. la tirannide, cioè il potere di una persona che si impone con la forza. Il concetto di tirannide ha indica ogni forma di governo in cui si usi un potere illegale e illimitato; 2. la libertà. L’opera inizia con una citazione del poeta latino Virgilio, tratta dall’Eneide, cioè "tutti dichiarano che sanno che cosa porti il destino del popolo, ma non vogliono parlare") e una di Sallustio dalla Guerra giugurtina, "Che il commettere senza essere puniti per ogni eccesso, questo vuol dire essere Re veramente". Poi continua con un sonetto, intitolato Previdenza dell'autore, in cui risponde in anticipo alle possibili critiche, visto che parlerà di tirannia e tiranni. Libro I Si apre con una dedica, Alla libertà. Alfieri afferma che abbandonerebbe volentieri la penna per la spada, per l'azione diretta, ma nel finale si fa consapevole che i “tristi tempi” (o “il vil secol”) negano ogni possibilità d'azione e guarda allo scrivere come una soluzione di ripiego, uno strumento di battaglia ed elogia timidamente i “pochi che pensano, sentono, ragionano e scrivono” lasciando loro il compito fondamentale di formare liberi e virtuosi uomini in grado di riconoscere il cammino percorso. Poi l’autore inizia ad analizzare il tema della tirannide: prima descrive ogni forma di tirannia che lui vede nella società in cui vive e in quella passata: nelle milizie, cioè nell’esercito, nella religione, nella nobiltà, nel lusso. Secondo Alfieri la tirannia è dovuta anche dalla paura, perciò la paura è la molla della tirannia: «...Che base e molla della tirannide ella è la sola paura. E da prima, io distinguo la paura in due specie, chiaramente fra loro diverse, sì nella cagione che negli effetti; la paura dell’oppresso, e la paura dell’oppressore...». Per Alfieri quindi esistono due diversi tipi di paura: quella dell’oppresso (chi è sottomesso dal tiranno) e quella dell’oppressore (il tiranno stesso). Capitolo I: Cosa sia il tiranno Nel primo capitolo del trattato, Alfieri ci dice chi è il tiranno, quale è l’origine di questa parola. Nell’antica Grecia il termine “tiranno” si riferisce a: -quelli che le persone ai tempi di Alfieri chiamano “re” -quelli che hanno il potere assoluto e illimitato, e non è quindi soggetto al controllo delle leggi. In Grecia quindi, non sempre il termine aveva un senso negativo. Con il passare del tempo, invece, la parola “tiranno” ha assunto un significato solo negativo in quanto si riferisce a una persona spregevole, detestabile, cattiva. Nelle nazioni moderne, nel tempo in cui vive Alfieri, si chiama tiranno solo quei principi che tolgono i diritti e l’onore ai propri sudditi (al popolo): «Tra le moderne nazioni non si dà dunque il titolo di tiranno, se non se (sommessamente e tremando) a quei soli principi, che tolgono senza formalità nessuna ai lor sudditi le vite, gli averi, e l’onore» Il nome di tiranno è ormai odiosissimo e si deve dare non solo ai principi, ma anche ai cittadini che possono far del male a qualcuno: «Ma la natura stessa delle cose suggerisce, a chi pensa, una più esatta e miglior distinzione. Il nome di tiranno, poiché odiosissimo egli è oramai sovra ogni altro, non si dee dare se non a coloro, (o sian essi principi, o sian pur anche cittadini) che hanno, comunque se l'abbiano, una facoltà illimitata di nuocere». Capitolo II: COSA SIA LA TIRANNIDE Alfieri dice cosa si intende con la parola “tirannide”: «TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo». Quindi, per Alfieri la tirannide è una forma di governo nella quale la persona che ha il compito di far eseguire le leggi, può infrangerle e quindi disobbedire alle leggi, sospenderle (toglierle). E quindi qualcuno che è al di sopra delle leggi. Ogni popolo che sopporta questo malessere (la tirannia) è uno schiavo. Oltre a questa definizione generica della tirannide, Alfieri scende nel particolare della legge, del diritto e infatti dice che non è tirannide solo quel governo dove chi esegue le leggi le fa, ma anche il governo in cui «chi è preposto all’eseguire le leggi non dà pure mai conto della loro esecuzione a chi le ha create». Alfieri si domanda anche se sia meno dura la tirannia di una sola persona o di più persone (come accade a Venezia). Dice che lui conosce la tirannia di una sola persona, ma pensa che il potere nelle mani di più uomini sia una forma di governo più duratura nel tempo e meno dura e terribile. Questi governi con più persone vengono chiamati Repubbliche. Il tiranno può diventare tale in due modi: - in modo ereditario, cioè la carica di tiranno passa di padre in figlio; - può essere eletto. Un esempio di tirannia elettiva è quella dello Stato pontificio (il Papa viene eletto dai cardinali) e di molti altri stati ecclesiastici. Alfieri nel suo trattato vuole però occuparsi solo della tirannide ereditaria, che riguarda tutta l’Europa del Settecento ad eccezione dell’Inghilterra, che è una monarchia parlamentare (il Parlamento ha il potere oltre al re) e della Polonia. Questo tipo di governi venivano e vengono chiamati Monarchia (dove governa il re): «MONARCHIA, è il dolce nome che la ignoranza, l'adulazione, e il timore, davano e danno a questi sì fatti governi». Ma cosa vuol dire davvero Monarchia? Se la consideriamo come il governo di un uomo solo, allora il significato della parola “Monarchia” potrebbe essere uguale a quello di “tirannia”, ma in realtà in una Monarchia il potere del Re è limitato dalle leggi e quindi non abusa del suo potere: Ma, se le antiche tirannidi e le moderne si somigliano in quanto esse hanno per base la paura, la milizia e la religione, i mezzi, differiscono le moderne dalle antiche per aver esse nel falso onore, e nella classe della nobiltà ereditaria permanente, ritrovato un sostegno, che può assicurarne la durata in eterno. L’onore, nome da tanti già definito, da tutti i popoli, e in tutti i tempi diversamente inteso, e a parer mio indefinibile; l’onore verrà ora da me semplicemente interpretato così: La brama, e il diritto, di essere onorato dai più. Capitolo XI DELLA NOBILTÀ La nobiltà è una classe sociale che si vanta di essere importante, di generazione in generazione, sebbene sia oziosa e inutile. Come aveva osservato Machiavelli e poi anche Montesquieu, le gare tra nobiltà e popolo hanno reso Roma una grande città. Ma, dopo la caduta dell’Impero romano, quel vasto territorio fu diviso fra diversi popoli e sono nati tanti stati, creando un sistema feudale, in cui molti piccoli tiranni, chiamati feudatari, rendevano omaggio a un solo tiranno. Alcuni di questi tiranni feudatari divennero così potenti, che dopo essersi ribellati al loro sovrano, si crearono uno stato a parte; e non pochi dei presenti tiranni d’Europa son della stirpe di quei signorotti. E, per contraria vicenda, molti dei tiranni sovrani divennero col tempo abbastanza potenti, per distruggere o spodestare quei secondi tiranni, e rimanere essi soli sovrani. La nobiltà, in qualsiasi tirannia, è sempre la classe sociale più corrotta. Capitolo Dodici - DELLE TIRANNIDI ASIATICHE, PARAGONATE COLL'EUROPEE Nelle tirannidi dell’Oriente, ci sono pochissime leggi, oltre alle religiose, ma ogni giorno cambiano e si annullano. Nei governi orientali l’unica cosa sicura è la servitù. La tirannide nell'Asia, e principalmente nel maomettismo, è più oppressiva rispetto all’Europa. La differenza dunque, che passa fra l’Asia e l’Europa è che i tiranni orientali possono e fanno qualsiasi cosa, ma sono anche spesso privati del trono ed uccisi: gli occidentali tiranni possono tutto, fanno soltanto ciò che a loro occorre di fare, e stanno quasi sempre sicuri, e impuniti. Capitolo Tredici – DEL LUSSO Il lusso comporta una grande diseguaglianza tra i cittadini. Il lusso è la conseguenza naturale dell’ereditaria nobiltà e nella tirannia è anche una delle basi. Dove c’è molto lusso non può esserci una libertà duratura. Esso è fondamentale nella tirannia. Il lusso è il principe di tutti i vizi. Secondo Alfieri il lusso è “L'immoderato amore ed uso degli agi superflui e pomposi”. Capitolo Quattordici – DELLA MOGLIE E PROLE DELLA TIRANNIDE Il primo oggetto del matrimonio è avere una fedele e dolce compagna di vita, la quale ci può essere portata via solo dalla morte. Immaginando che in una tirannide non fossero corrotti i costumi e questa compagna potesse avere il solo desiderio di piacere al marito, chi può assicurare lui, che ella dal tiranno, o dada altri potenti, non gli verrà sedotta, corrotta, o anche tolta? Si pensi ad esempio a Collatino, la cui moglie, Lucrezia, fu violentata (come racconta nel Bruto I). Per quanto riguarda i figli dei tiranni: «Bisognerebbe dunque nelle tirannidi, o soffocare i propri figliuoli appena son nati, o abbandonargli alla pubblica educazione ed al volgar non-pensare» Capitolo Quindici – DELL’AMOR DI SE STESSO NELLA TIRANNIDE Nella tirannide, temendo sempre noi tutti per le cose nostre e per noi, ma amando prima d'ogni altra cosa noi stessi, poco a poco iniziamo a temere per noi, e ogni giorno meno per quelle cose nostre, che non fanno parte di noi. Nelle repubbliche vere, i cittadini amano prima la patria, poi la famiglia, quindi se stessi: nelle tirannidi al contrario, si ama la propria esistenza sopra ogni cosa. Perciò l'amor di se stesso nella tirannide non si riferisce all'amore dei propri diritti, né alla propria gloria, né al proprio onore; ma è semplicemente l'amor della vita animale. Capitolo Sedici – SE SI POSSA AMARE IL TIRANNO, E DA CHI A causa della stupidità dei poveri e la lontananza dal tiranno, può fargli amare il tiranno, appunto perché nessuno di questi lo vede né lo conosce; altre persone invece, nella tirannide, possono fingere di amare il tiranno; ma amarlo davvero NON è possibile. Questo finto affetto è quello che proviene dai più vili; e questi, i quali maggiormente lo temono, maggiormente lo detestano, lo odiano. Capitolo Sedici - SE IL TIRANNO POSSA AMARE I SUOI SUDDITI, E COME Non è facile dimostrare che il tiranno può amare i suoi sudditi, ma secondo Alfieri, il tiranno è dotato di una umana indole secondo la quale può amare. L’amore del tiranno è un amore che somiglia a quello degli uomini verso gli animali, verso i loro cani o verso i loro cavalli, cioè in proporzione della loro docilità, ubbidienza, e perfetta servitù. LIBRO II Capitolo I (introduzione) Il secondo libro tratta di come si possa sopravvivere alla tirannide, come si può rimediare, se un popolo la possa meritare o meno. Capitolo II - IN QUAL MODO SI POSSA VEGETARE (vivere) NELLA TIRANNIDE Per vivere a lungo e in sicurezza nella tirannide, l’unico modo è quello di vivere senz’anima, cioè vivere come se fosse una morte continua. Capitolo Terzo - COME SI POSSA VIVERE NELLA TIRANNIDE L’uomo deve sempre vivere lontano dal tiranno, dalla sua corruzione, dall’aria che il tiranno respira, lontano dai suoi vizi. E in questa lontananza l’uomo deve cercare la sua sicurezza. Capitolo Quarto - COME SI DEBBA MORIRE NELLA TIRANNIDE Nei nostri governi crudeli, dice Alfieri, i pochi uomini virtuosi e che pensano devono vivere con prudenza, finché la prudenza non degenera in viltà; e devono morire da persone forti. Solo la morte rende liberi da una vita triste. Capitolo Quinto - FINO A QUAL PUNTO SI POSSA SOPPORTAR LA TIRANNIDE Le offese di sangue inflitte nelle persone a noi più care, come parenti o amici, sono ingiuste, ed atroci; e così, come le offese al proprio onore; in questo caso infatti, Alfieri dice che lui non si permetterebbe mai di consigliare alle persone che subiscono una tale offesa di tollerarle. Il popolo di Roma si ribellò contro i tiranni e la tirannide, come per esempio fecero Bruto e Collatino, dopo che Lucrezia fu violentata. Fu proprio da quel momento che loro iniziarono a ribellarsi contro i tiranni, cioè contro i Tarquini. Capitolo Sesto - SE UN POPOLO, CHE NON SENTE LA TIRANNIDE, LA MERITI, O NO Quel popolo che non sente la propria servitù, non riesce a comprendere nessuna idea politica di libertà. Capitolo Settimo - COME SI POSSA RIMEDIARE ALLA TIRANNIDE È molto difficile trovare un rimedio alla tirannia. In tutti quei paesi dove la tirannia è in vita da molte generazioni, non è facile cancellarla. Capitolo Ottavo - CON QUAL GOVERNO GIOVEREBBE PIÙ DI SUPPLIRE ALLA TIRANNIDE «Se dunque venisse fatto pur mai di estirpar la tirannide in alcuna ragguardevol parte di Europa, come per esempio in tutta la Italia, qual tempra di governo vi si potrebb'egli introdurre, che non venisse dopo alcun tempo a ricadere in tirannide di uno o di più?» Alfieri si domanda: quale forma di Governo potrebbe essere quella più adatta agli uomini nel caso in cui finisse la tirannia? Forse la Repubblica? Ma dipende da molte cose: dai tempi, dai luoghi, dalle religioni, dalle opinioni del popolo. Ma se anche si adottasse una Repubblica, questa potrebbe anche cambiare e peggiorare le condizioni degli uomini.
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