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Democrazia e educazione Dewey, Sintesi del corso di Pedagogia

Fornisce un ampia conoscenza sull educazione e sul rapporto tra fini e mezzi. Lettura interessante per conoscere a pieno alcune tematiche.

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 11/12/2017

deborah-david
deborah-david 🇮🇹

4.4

(7)

16 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Democrazia e educazione Dewey e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! DEMOCRAZIA E EDUCAZIONE (Dewey) 2- L'EDUCAZIONE COME FUNZIONE SOCIALE Una comunità sussiste in virtù di un continuo auto-rinnovamento che si compie attraverso lo sviluppo educativo dei membri immaturi. L'educazione è un processo di nutrizione, di allevamento di coltivazione, implica attenzione alle condizioni di crescita. La parola educazione significa un processo atto a giudare, se teniamo presente il risultato del processo per educazione si intende un'attività che modella, che plasma. Il problema è di scoprire il metodo con il quale i giovani assimilano il punto di vista degli anziani, e la risposta è per mezzo dell'azione dell'ambiente nel suscitare certe reazioni. Le opinioni volute non possono essere inculcate con la forza, ma l'ambiente particolare nel qule vive un individuo lo porta a vedere e sentire una cosa piuttosto che un'altra, lo porta a formulare progetti che gli permettono di agire con successo, lo induce a certe credenze. Determina in lui un certo tipo di condotta, il concetto di ambiente denota la continuità delle cose circostanti con le sue stesse tendenze attive. Le cose che sono remote nello spazio e nel tempo da una creatura vivente, possono formare il suo ambiente attivo; il vero ambiente dell'uomo è costituito da quelle cose che effettivamente lo mutano. L'ambiente consiste nelle condizioni che promuovono o impediscono le attività carattersitiche di un essere umano. Un essere le cui attività sono associate con altri ha un ambiente sociale; un essere collegato con altri esseri non può esercitare le sue proprie attività senza tener conto delle attività degli altri, esse costituiscono la condizione per la realizzazione delle sue tendenze. Pensieri e sentimenti che hanno a che fare con una azione correlata con altri sono un tipo di condotta sociale non meno dell'azione. L'ambiente sociale forma i suoi membri immaturi. L'attività dell'essere umano immaturo è sfruttata per ottenere delle abitudini utili, viene addestrato come un animale e non educato come un essere umano. Per ottenere la felicità deve agire come aggrada agli altri, in altri casi partecipa e condivide la comune attività e in questo caso il suo impluso originario è modificato; le stesse idee ed emozioni che animano gli altri vengono svegliate in lui. L'ambiente sociale non installa certi desideri o idee e non stabilisce neppure certe abitudini. Il primo passo è di stabilire le condizioni che stimolano certi modi visibili e tangibili di agire; il passo finale è di fare dell'individuo il socio o di partecipare all'attività associata, in modo che egli senta il successo e l'insuccesso di essa come il proprio. Le sue convinzioni e idee prenderanno una forma simile a quelle degli altri nel gruppo. L'importanza della lingua nell'acquisto del sapere è la causa principale della comune idea che il sapere può essere trasmesso da uno all'altro. La lingua tende a diventare lo strumento principale per l'acquisto di un gran numero di nozioni e il semplice fatto che la lingua consiste in suoni che sono mutuamente intelligibili basta a mostrare che il suo significato dipende dal suo rapporto con un'esperinza condivisa. Il fatto che l'ogetto e il suono siano adoperati per primi in un'attività comune costituisce la garanzia del loro essere usati allo steso modo. Idee o significati simili nascono perché le due persone sono impegnate in un'azione in cui ciò che fa l'uno dipende da ciò che fa l'altro. Dopo che i suoni hanno acquisito significato in virtù del loro rapporto con altri ogetti impegnati in una comune impresa, possono essere adoperati in rapporto ad altri suoni simili per sviluppare nuovi significati. Non è facile impadronirsi del significato completo delle parole. L'uso della lingua per trasmettere e acquistare le idee è un'estensione del principo che le cose acquistano significato con l'essere adoperate in un'esperienza condivisa. Quando le parole non rientrano come fattori in una situazione condivisa essi agiscono come stimoli fisici non come se avessero un significati intellettuale; esse indirizzano le attività in una data direzione ma non vi è uno scopo cosciente che le accompagni. L'ambiente sociale in quanto educativo L'ambiente sociale forma la disposizione mentale ed emotiva della condotta negli individui. Un certo grado di partecipazione alla vita di coloro con i quali l'individuo è collegato è inevitabile fino a questo grado l'ambiente sociale esercita un'influenza educativa incoscientemente. A seconda degli interessi e delle occupazioni del gruppo alcune cose diventano oggetto di stima altre di avversione, l'ordito-base delle tendenze è formato da queste influenze. Ciò che l'insegnamente cosciente può fare è di liberare le capacità così formate per indirizzarle in una pratica più vasta. L'influenza incosciente dell'ambiente è così pervasiva che agisce su ogni fibra del carattere e della mente, ci sono alcune direzioni nelle quali la sua efficacia è marcata. Prima i modi abituali della lingua, il bambino acquista la lingua materna; in secondo luogo le maniere che sono la buona educazione e questa si ottiene attraverso l'azione abituale; l'atmosfera L'egoismo innato dei bambini è un egoismo che contrasta quello dell'adulto. Da un punto di vista sociale la dipendenza denota un potere, implica un'interdipendenza. Vi è il pericolo che se l'indipendenza personale aumenta diminuisce la capacità sociale dell'individuo, renderlo più indipendente può portare indifferenza e distanza. L'adattabilità alla crescita della creatura immatura costituisce la sua plasticità ed è l'abilità di imparare dall'esperienza; il potere di trattenere da un'esperinza qualcosa che serva per lottare con le difficoltà di una situazione successiva, il potere di sviluppare le disposizioni. Senza di ciò è impossibile acquisire delle abitudini. L'essere umano nasce con un maggior numero di tendenze istintive rispetto agli altri animali, il bambino ha il vantaggio della moltitudine di reazioni istintive e delle esperinze che le accompagnano. L'essere umano acquista l'abitudine di imparare, impara e imparare. Le abitudini La plasticità è la capacità di conservare e di portare con sè dalle esperinze precedenti dei fattori che modificano le attività successive, questo significa la capacità di acquistare abitudini. Un'abitudine è una forma di abilità esecutiva, significa capacità di usare delle condizioni naturali come mezzo per ottenere un fine. E' un controllo attivo dell'ambiente attraverso il controllo degli organi dell'azione. Si definisce l'educazine come l'acquisizione di quelle abitudini in virtù delle quali l'individuo si adatta al suo ambiente, occorre intendere l'adattamento nel suo senso di controllo dei mezzi per raggiungere certi scopi. Se si pensa all'abitudine come un cambiamento provocato nell'organismo saremmo portati a pensare all'adattamento come a un conformarsi all'ambiente. Si pensa all'ambiente come a una cosa fissa e l'adattamento sarebbe un conformarsi a questa fissità. L'abitudine come assuefazione è cosa relativamente passiva. Un tratto saliente di questo genere di assuefazione è la conformità all'ambiente è l'operarsi di un cambiamento nell'organismo senza intervento dell'abilità di modificare l'ambiente. Sono da notare due aspetti dell'assuefazione: in primo luogo ci abituiamo alle cose al nostro primo servirci di esse, in secondo luogo ciò vuol dire che questo adattamento definitivo fornisce lo sfondo sul quale si realizzano gli adattamenti specifici. Assuefazione è il nostro adattarci a un ambiente che per il momento non ci interessa modificare e che fornisce la leva alle nostre abitudini attive. L'adattamento è altrettanto un adattamento dell'ambiente alle nostre proprie attività quanto delle nostre attività all'ambiente. L'uomo civile ha delle abitudino che trasformano l'ambiente. Qualsiasi abitudine indica un'inclinazione, essa cerca attivamente le occasioni per passare all'azione piena. Un'abitudine comporta una certa dipendenza intelletuale dove c'è l'abitudine c'è anche la conoscenza dei materiali ai quali si applica l'azione. Modi di pensare di osservare e di riflettere rientrano come forme di abilità nelle abitudini. L'elemento intelettuale in un'abitudine ne stabilisce la relazione, articola l'abitudine stessa per un uso vario ed elastico e ne permette una crescita continua. Abitudini fisse può significare poteri così ben stabiliti che il loro possessore li abbia sempre pronti come risorse quando ne abbia bisogno; indica anche modi abituali privi di originalità. Può significare che qualcosa ha un potere fisso su di noi. Questo fatto spiega due punti della comune nozione di abitudine: la loro identificazione con modi di azione meccanici ed esterni, e la tendenza a dar loro un significato deteriore, a identificarle con cattive abitudini. Le abitudini che si subiscono sono scevre di pensiero, le cattive abitudini sono separate dalla ragione. Le abitudini che si subiscono e quelle che si possiedono sono abitudin che fanno cessare la plasticità, segnano la fine del potere di variare. Portata educativa del concetto di sviluppo Quando si dice che l'educazione è sviluppo tutto dipende da come si intende lo sviluppo; la vità è sviluppo e svilupparsi è vita. Questo significa che il processo educativo non ha altro scopo che se stesso, e il processo educativo è processo di continua traformazione. Lo sviluppo quando è interpretato in base al paragone fra i tratti speciali del bambino e la vita dell'adulto significa indirizzare le capacità in canali speciali. Il bambino e l'adulto sono occupati a crescere, la differenza riguarda i modi di crescere che si distinguono a seconda delle diverse condizioni. La concezione dell'immaturità come pura privazione, l'adattamento statico a un ambiente fisso e la rigidità delle abitudini sono tutte idee connesse a un'idea falsa circa la crescita. Si concepisce il crescere come avente un fine mentre esso è un fine. A queste tre idee abagliate seguono effetti quali: non si tiene conto dei poteri innati dei bambini; si rinuncia a sviluppare l'iniziativa; si insiste su esercizi che procurano un'abilità a scapito della percezione personale. Gli istinti naturali o sono trascurati o trattati come tratti da eliminare o da condurre a conformarsi a norme. Poiché la conformità è la meta ciò che è individuale in un giovane viene scartato, ne conseguono mancanza di interesse per il nuovo e timore dell'ignoto. Lo scopo dell'educazione scolastica è di provvedere alla continuazione dell'educazione, l'inclinazione a imparare dalla vita è il più bel prodotto della scuola. Educare vuol dire assumersi il compito di fornire le condizioni che assicurino la crescita o l'adeguatezza della vita, indipendentemente dall'età. La consapevolezza che la vita è crescita ci protegge dall'idealizzazione dell'infanzia. 7- IL CONCETTO DEMOCRATICO NELL'EDUCAZIONE Dire che l'educazione è una funzione sociale che assicura la formazione e lo sviluppo degli immaturi per mezzo della loro partecipazione alla vita del gruppo significa affermare che l'educazione varia con il tipo di vita che predomina nel gruppo. Una società ha come ideale un cambiamento che la migliori, avrà norme e metodi di educazione diversi da quella che mira alla reputazione. Società rappresenta molte cose, gli individui si associano in modi diversi e per motivi differenti; entro ogni organizzazione sociale più vasta vi sono numerosi gruppi minori. Termini società e comunità sono ambigui, hanno un senso normativo e uno descrittivo e quasi sempre prevale il primo. Non possiamo stabilire di testa nostra qual'è la società ideale, dobbiamo basare la nostra concezione su società esistenti per poter essere sicuri che il nostro ideale è anche attuabile. Il problema è di sceglere certi tratti desiderabili e impiegarli per criticare i tratti indesiderabili e suggerirne il miglioramento. In qualsiasi gruppo sociale troviamo qualche interesse comune e una certa quantità di relazioni con altri gruppi. Quindi ci si domanda quanto vari sono gli interessi condivisi e quanto è completo e libero lo scambio con altre forme di associazioni. 1) Per condividere un gran numero di valori tutti i membri del gruppo devono avere un'uguale opportunità di ricevere e di prendere dagli altri, vi deve essere una varietà di iniziative e di esperienze condivise. Una separazione fra le classi impedisce la endosmosi sociale, la mancanza di uno scambio libero provoca uno squilibrio negli stimoli intellettuali. Platone ha definito schiavo come uno che accetta da un altro gli scopi che determinano la sua condotta, questa condizione esiste anche là dove non esistono giuridicamente schiavi; si trovano quindi uomini occupati in attività che sono utili ma di cui non capiscono l'utilità e per cui non provano interesse.2) Lo spirito antisociale si trova dovunque un gruppo abbia interessi suoi propri, che lo escludono dal pieno scambio con altri gruppi in modo tale che il suo fine sia la protezione di ciò che possiede invece che il L'educazione nazionale e sociale Lasciare tutto all'educazione significava negare perfino l'idea dell'educazione, era neccessario anche un organo positivo un mezzo amministrativo. Lo sviluppo completo e armonico di tutte le facoltà richiedeva un'organizzazione precisa per la sua realizzazione. Anche Pestalozzi vide che per perseguire in nuovo ideale educativo occorreva l'appoggio dello stato; la realizzazione della nuova educazione dipendeva dalle attività degli stati esistenti. Sotto l'influenza del pensiero tedesco l'educazione divenne una funzione civica e quest'ultima fu identificata con la realizzazione dell'ideale dello stato nazionale. Lo stato prese il posto dell'umanità e il cosmopolitismo cedette il posto al nazionalismo, e formare il cittadino divenne lo scopo dell'educazione. Lo stato fornì pure lo scopo della pubblica educazione. Il processo educativo fu considerato come un processo di allenamento alla disciplina piuttosto che di sviluppo personale. L'individuo nel suo isolamento non è niente. Kant definisce l'educazione come un processo con il quale l'uomo diventa uomo. La natura offre i germi che l'educazione deve sviluppare e perfezionare, l'uomo deve crescere se stesso con i suoi sforzi volontari e questo sforzo creativo si compie mediante l'attività educativa di lunghe generazioni. La germania fu il primo paese a intraprendere un sistema di educazione pubblico, universale e obbligatorio, e a sottomettere alla sorveglianza dello stato di tutte le inizative dei privati nel campo dell'educazione. La filosofia idealistica della germania nei primi anni del XIX secolo cercò nuovamente di conciliare gli ideali di uno sviluppo libero e completo della personalità educata con la disciplina sociale e la subordinazione politica. Si può definire il principio con l'espressione sviluppo armonico di tutte le facoltà della persona. Uno dei problemi dell'educazione nella e per la società democratica è posto dal conflitto tra una finalità nazionalistica e uno scopo sociale più vasto. Si domanda se è possibile che uno stato abbia nelle sue mani la scuola senza restringere, corrompere i veri fini sociali del processo educativo; all'interno la questione deve affrontare le tendenze dovute alle condizioni economiche che dividono la società in classi. Nelle sue proiezioni esterne la questione riguarda la conciliazione della lealtà nazionale con la devozione superiore alle cose che uniscono gli uomini in mire comuni, indipendentemente dai confini politici nazionali. Ci vuole un'attrezzatura scolastica di una vastità ed efficienza tali da eliminare gli effetti delle inegualianze economiche. Il raggiungimento di tale scopo esige modificazione degli ideali tradizionali della cultura,delle discipline e dei metodi. 8- SCOPI DELL'EDUCAZIONE Lo scopo dell'educazione è di permettere agli individui di continuare la loro educazione, questa idea non era applicata a tutti i membri di una società se non dove ci sono mutui rapporti tra uomo e uomo e si provvede alla ricostruzione delle abitudini e istituzioni mediante ampi stimoli che sorgono da interessi ugualmente distribuiti; questo significa società democratica. Il problema è di definire la natura di uno scopo che sia inerente a un attività e non fornito dall'esterno e ci si avvicina alla definizione se si contrappone semplici risultati a fini. Qualsiasi applicazione di energia dà dei risultati per esempio il vento muove la sabbia quì vi è un risultato ma non un fine; poiché non vi è nulla nel risultato che completi o adempia quel che ha preceduto. Vi è solo una ridistribuzione spaziale e non vi è motivo di definire e considerare quanto è intervenuto come processo di trasformazione e di realizzazione. Poiché i scopi si riccollegano sempre ai risultati la prima cosa da vedere quando si tratta di scopi è se il lavoro assegnato possiede una continuità intrinseca. Uno scopo implica un'attività ordinata e regolare, in cui l'ordine consiste nel completamento del processo. Uno scopo significa previsione della fine o del possibile termine dell'azione; perciò è fuori luogo parlare di scopo dell'educazione o di qualsiasi altra impresa dove le condizioni non permettono la previsione dei risultati. In secondo luogo lo scopo in quanto fine previsto dirige l'attività, influenza i passi fatti per raggiungere il fine. La previsione funziona in tre modi: in primo luogo implica un'attenta osservazione delle circostanze allo scopo di stabilire quali sono i mezzi di cui ci si può valere e di scoprire gli impedimenti. In secondo luogo suggerisce il giusto ordine nell'uso dei mezzi e infine rende possibile una scelta fra le alternative. Si possono prevedere i risultati solo facendo un attento esame delle circostanze e l'interesse fornisce il motivo per le osservazioni. Dove è stato previsto un solo risultato la mente non deve pensare ad altro; il significato connesso a esso è limitato. Ma se si presentato delle difficoltà inaspettate non si hanno molte risosorse a disposizione, non si possono fare rapidi riadattamenti. Agire con uno scopo è lo stesso che agire intelligentemente, prevedere il termine di un atto è avere una base sulla quale osservare. Fare queste cose significa avere una mente poiché la mente è attivittà intenzionale. Avere l'intenzione di fare una cosa significa prevedere una possibilità futura, avere un piano per il suo adempimento, se si tratta veramente di intenzione di fare la cosa e non di aspirazione significa avere un piano che tiene conto delle difficoltà e delle risorse. Identificare l'azione con uno scopo e con un'attività intelligente basta per mostrare il valore, la funzione dell'esperienza. Avere uno scopo vuol dire agire con un significato, vuol dire intendere di fare qualcosa e percepire il significato delle cose in rapporto a quell'intenzione. I criteri della bontà dello scopo 1- Lo scopo che si persegue deve emergere spontaneamente dalle condizioni esistenti. Deve essere basato sulla considerazione di quanto sta avvenendo: sulle risorse e sulle difficoltà della situazione. Le teorie educative ed etiche violano questo principio, assumono dei fini che stanno al di fuori delle attività. Questi scopi limitano l'intelligenza. 2- Uno scopo deve essere flessibile per adattarsi alle situazioni, un fine stabilito esternamente al processo di azione è sempre rigido. Il fallimento che risulta dalla sua mancanza di adattabilità è attribuito alle circostanze negative non al fatto che il fine non è ragionevole. Il valore di uno scopo legittimo consente di influire sulle circostanze in modo da effettuarvi i cambiamenti desiderati. Uno dei mali di uno scopo esterno in educazione è che la sua inapplicabilità può condurre per reazione ad applicarsi a caso alle condizioni immediate. Lo scopo è sperimentale e perciò diviene mentre è saggiato in atto. 3- Lo scopo deve rappresentare una liberazione di attività. Il termine fine in vista suggerisce l'idea dell'avere in mente la fine o la conclusione di un processo. Il modo di determinare un'attività è di guardare agli obiettivi nei quali termina. L'obiettivo è solo un segno con il quale la mente specifica l'attività che si desidera applicare. Il fine in vista non è il bersaglio, ma colpire il bersaglio. I diversi obiettivi che ci si figura sono mezzi per dirigire l'attività. Quel che si fa con l'oggetto e non l'oggetto in sè è il fine. L'obiettivo è una fase del fine attivo: continuare con successo l'attività. E' concepito sempre come fisso è qualcosa che bisogna raggiungere e possedere. L'idea di scopo imposto dall'esterno porta a una separazione dei mezzi dal fine, mentre un fine che si sviluppa entro un'attività come piano per la sua direzione è sempre tanto fine che mezzo. Ogni mezzo è un fine temperaneo finché non l'abbiamo raggiunto. Ogni fine diventa un 3- Lo sviluppo naturale come scopo genera il rispetto per il movimento fisico, una vita sedentaria è dannosa. Prefiggersi di seguire la natura significa prendere in considerazione il ruolo degli organi del corpo nell'attività della scoperta,nei giochi. 4- Dallo scopo generale discende anche l'impulso a rispettare le differenze individuali fra i bambini, i poteri naturali differiscono nei diversi individui infatti ogni individuo nasce con un temperamento differenziato. Prefiggersi di seguire la natura significa osservare l'origine, il crescere delle preferenze e degli interessi. Le capacità fioriscono irregolarmente. I modi in cui le tendenze dell'infanzia vengono trattate fissano le diposizioni e condizionano il verso che prendono i poteri che si manifestano più tardi. Le tendenze naturali si mostrano con più facilità nei detti e negli atti spontanei dei bambini, non ne consegue che quste tendenze siano tutte desiderabili ma ne consegue che sono operanti e si deve tenerne conto. Bisogna fare in modo che quelle desiderabili abbiano un ambiente che le mantenga attive. Gli adulti assumono facilmente che le loro abitudini e i loro desideri facciano da norma e conseguono ogni deviazione come mali da eliminare. Originariamente si insisteva sul fatto che la mente, la ragione il raziocinio sono uguali, questa uniniformità delle facoltà significa egualianza di tutti e la possibilità di portare tutti allo stesso livello. Contro questo punto di vista la dottrina della conformità alla natura ha significato un modo di intendere la mente e le sue facoltà assai meno formale.Essa intuiva gli istinti,gli impulsi che differiscono da individuo a individuo. L'efficienza sociale come scopo Il valore dell'idea dell'efficienza sociale risiede nella sua proposta contro i punti deboli della concezione dello sviluppo naturale. L'errore consiste nel ritenere che le misure da adottare per ottenere l'efficienza siano di subordinazione piuttosto che di utilizzazione delle capacità. 1- L'efficienza sociale implica il possesso di una coscienza dei frutti dell'industria umana e ne denuncia l'importanza; la gente non può vivere senza i mezzi di sussistenza. Se un individuo non è capace di guadagnarsi la vita e provvedere ai suoi bambini è un peso delle attività altrui, egli perde una delle esperienze più educative della vita. Se non è allenato nel giusto uso dei prodotti dell'industria vi è un gran pericolo che egli possa corrompersi e danneggiare gli altri. Col tramutarsi della società da oligarchica in democratica appare naturale che risultato valido dell'educazione debba essere considerata la capacità di farsi economicamente strada nel mondo e di amministrare le risorse economiche. Vi è il pericolo che le norme economiche esistenti vengano accettate come definitive. E' criterio democratico quello di svilupparsi fino ad essere in grado di scegliere e farsi la propria carriera; si viola questo criterio quando si assegnano in anticipo gli individui a definite professioni industriali. L'attuale struttura indistriale è piena di ingiustizie, scopo dell'educazione progressiva è di partecipare alla correzione degli ingiusti. Vi è il pericolo che l'educazione industriale sia dominata dall'accettazione dello status quo. 2- E' arbitrario separare la competenza industriale dalla capacità di essere buoni cittadini. Efficienza sociale deve intedersi nient'altro che la capacità di partecipare a uno scambio di esperienze. Comprende tutto ciò che rende la nostra esperienza più valida per gli altri, e tutto ciò che permette di partecipare alle valide esprienze altrui. L'efficineza sociale non è altro che socializzazione della mente attivamente impegnata nel rendere le esperienze più comunicabili, nell'abbattere le barriere della stratificazione sociale. Quando l'efficienza sociale si limita al servizio reso con atti evidenti è omesso il suo principale elemento cioè la simpatia intelligente che è un'attenzione per ciò che gli uomini hanno in comune e una ribellione contro qualsiasi cosa che li divida senza bisogno. La cultura dello scopo La cultura significa qualcosa di coltivato, di maturato, quando il naturale è identificato con il grezzo la cultura si contrappone allo sviluppo naturale. La cultura è anche alcunché di personale, quando l'efficienza è identificata con un raggio ristretto di atti il significato dell'attività,cultura ed efficacia si contrappongono. Quando l'efficienza sociale viene inculcata come un ideale su una società democratica, è segno che è accolta e potenziata la poca stima delle masse, caratteristica di una comunità aristocratica. Lo scopo dell'efficienza sociale deve essere incluso nel processo dell'esperienza, quando è misurato sul metro di prodotti esterni tangibili diventa materialistico; i beni materiali restano dei sottoprodotti dell'educazione. Stabilendo uno scopo esterno si rafforza la falsa concezione della cultura vista come qualcosa di interno, e l'idea di perfezionare una personalità interna è segno di divisioni sociali. Quel che si chiama interno è ciò che non si collega ad altri. Il compito dell'educazione in questo momento è di lottare per una concezione nella quale l'efficienza sociale e la cultura personale siano sinonimi che antagonisti. 10- INTERESSE E DISCIPLINA Interessi e scopi, preoccupazione e proposito sono connessi. Parole come scopo, intento, fine accentuano i risultati desiderati e per i quali si è lottato, ammettono l'atteggiamento personale di sollecitudine e di ansietà. Parole come interesse, affetto, preoccupazione,motivazione sottolineano l'importanza degli effetti prevedibili per le sorti dell'individuo, e il suo attivo desiderio di agire per assicurarsi un possibile risultato. Esso ammette i cambiamenti oggettivi. Parole come affetto, preoccupazione, motivo presuppongono un atteggiamento di preferenza personale, ma sono nello steso tempo atteggiamenti verso oggetti, verso quel che si prevede. Si può chiamare intellettuale la fase di previsione oggettiva, ed emotiva la fase di preoccupazione personale. Le attività della vita prosperano o falliscono solo in connessione con cambiamenti dell'ambiente, i cambiamenti nelle cose non sono estranei alle attività di una persona. Interesse, preoccupazione significano che la persona e il modo sono reciprocamente impegnati in una situazione di sviluppo. La parola interessa implica: una situazione generale di sviluppo in atto; i risultati previsti e desiderabili; l'inclinazione emotiva personale. Per interesse si intende anche il punto nel quale un oggetto tocca o impegna una persona, quando si parla di una persona impegnata in questo o in quello l'accento cade sul suo atteggiamento personale. Dal punto di vista educativo l'importanza attribuita all'interesse induce ad arricchire di un qualche aspetto seducente un materiale altrimenti indiferente. Si solleva la difficoltà dell'interesse basandosi sul fatto che le conoscenze da acquisire o le materie da apprendere non abbiamo un interesse per conto loro, il rimedio è di scoprire oggetti e azioni che si adeguino alle capacità effettive. Il fatto che materiali riescano a impegnare l'attività e a svilupparla con metodo e continuità rappresenta l'interesse. La parola interesse suggerisce l'idea di ciò che è tra, di ciò che collega due cose altrimenti distanti. Quando il materiale deve essere reso interessante significa che nel modo in cui è presentato manca di connessione con i propositi e le facoltà presenti o che non si vede la connessione. Disciplina implica un'attività che richiede tempo, dove molti mezzi e ostacoli si frappongono fra l'inizio lavoro; queste condizioni inducono molte persone a rifugiarsi in un gioco interno di sentimento e di fantasie, il loro è un atteggiamento estetico in quanto le loro idee e i sentimenti sono rivolti su loro stessi. Questo stato di cose discende dall'essere la società organizzata sulla base di una separazione fra classi lavoratrici e classi agiate; questo stato di cose spiega molti aspetti delle tradizioni storiche nell'educazione. Spiega la tendenza a isolare gli oggetti intellettuali sino a fare della conoscenza ancunché di scolastico, spiega la convinzione dell'educazione liberale sia compatibile con le esigenze di un'educazione che conti nelle professioni di vita. La scuola non può sfuggire agli ideali creati ma dovrebbe contribuire al miglioramento di queste condizioni. E proprio qui risulta il pieno valore di una retta concezione dell'interesse e della disciplina. Quel che necessita per migliorare le condizioni sociali è di organizzare l'educazione in modo che le tendenze attive naturali siano tutte impegnate nel fare qualcosa. Riorganizzare l'educazione in modo che l'insegnamento si compia in connessione con un'intelligente esecuzione di attività motivate è un lavoro lungo. 11- ESPERIENZA E PENSIERO La natura dell'esperienza si intende se si osserva che essa include un elemento attivo e uno passivo combinati. In senso attivo l'esperienza è un tentare, in senso passivo è un sottostare. Facciamo qualcosa all'oggetto e in compenso esso fa qualcosa a noi, il nesso di queste due fasi misura la fertilità dell'esperienza. L'esperienza come tentativo implica un cambiamento e la sola attività non costituisce esperienza. Imparare dall'esperienza significa fare una connessione indietro e in avanti fra quel che facciamo alle cose e che ne godiamo o soffriamo in conseguenza; il fare diventa tentare. Ne seguono due conclusioni per l'educazione. L'esperienza è prima di tutto cosa attivo-passiva,non conoscitiva. Ma un'esperinza è valida nella misura in cui conduce a percepire certe connessioni e ha valore di conoscenza nella misura in cui è cumulativa a qualcosa o ha un significato. L'unione tra il fare e il sottostare alle conseguenze del fare che porta al riconoscimento del significato è rotta, si hanno due frammenti: semplice azione fisica da un lato e significato afferrato direttamente dall'attività spirituale dall'altro. Sarebbe impossibile esporre i cattivi risultati scaturati da questo dualismo di mente e corpo; alcuni degli effetti notevoli sono: 1- L'attività fisica diventa un'intrusa, poiché non ha niente a che fare con l'attività mentale diventa un male. E il corpo è una fonte di energia, deve fare qualcosa, ma le sue attività devono essere biasimate. Esse distraggono l'allievo dalla lezione, per cui si pregia la tranquillità fisica. Il corpo trascurato irrompe in una turbolanza priva di senso, oppure riposa in un gingillarsi privo di senso. Bambini fisicamente attivi diventano indisciplinati, i più queti adoperano tutte l'energia nel compito negativo di sofocare i loro istinti. 2- Anche le lezioni da apprendere mediante l'applicazione della mente richiedono l'uso di alcune attività fisiche. I sensi sono considerati come una specie di condotto misterioso attraverso il quale l'informazione è guidata dal mondo esterno fino alla mente; si parla di essi come porte per la conoscenza. I sensi sono le vie della conoscenza perché sono adoperati per fare qualcosa con uno corpo. 3- Dal lato intellettuale la separazione della mente dall'occupazione diretta con le cose accentua le cose a scapito delle relazioni. E' pratica diffusa quella di separare le idee dai giudizi. Si suppone che la mente percepisca le cose al di fuori delle relazioni, che conformi delle idee su di esse isolamente dai loro nessi. Poi interverrebbe il giudizio a riunire gli elementi separati della conoscenza in modo da far emergere la loro connessione casuale. La realtà è diversa: ogni percezione e ogni idea è nozione della portata, dell'uso e della causa di una cosa. Nella percezione è impiegato il giudizio. Le parole sono però prese per idee. Il fallimento sopravviene quando si suppone che le relazioni possono divenire percepibili senza esperienza; è soltanto nell'esperienza che una teoria può avere un significato vitale e verificabile. Un'esperienza è capace di generare e contenere qualsiasi quantità di teoria, ma una teoria al di fuori di un'esperienza non può essere definita. Per colpa della nostra educazione usiamo le parole, pensando che siano idee, per risolvere i problemi. La riflessione nell'esperienza La riflessione è il discernimento della relazione fra quel che cerchiamo di fare e quel che succede in conseguenza. Nessuna esperienza è possibile senza qualche elemento di pensiero; si possono contrapporre due tipi di esperienza. In tutte le esperienze c'è uno stadio di prova a tentoni cioè il metodo tentativo ed errore. Ci si limita a fare qualcosa e quando fallisce si a qualcos'altro e si continua a provare finché si casca su qualcosa che va bene, e si adotta quel metodo come regola per i seguenti procedimenti. Si scorge la connessione tra un certo modo di agire e una determinata conseguenza, ma non si vede il come della connessione. In altri casi si spinge oltre l'osservazione, si analizza da collegare causa ed effetto e questo permette di prevedere con maggiore completezza. L'azione che si fonda sul metodo tentativo ed errore è alla mercé delle circostanze, esse possono cambiare; ma se sappiamo in dettaglio da che cosa dipende il risultato si può controllare se esistono le condizioni richieste. Pensare è il tentativo intenzionale di scoprire delle connessioni specifiche fra qualcosa che facciamo e le conseguenze che ne risultano, in modo che le due cose diventino continue. Pensare equivale a un cosciente estrarre l'elemento intelligente della nostra esperienza. All'azione pensata si contrappongono la routine e la condotta cappricciosa, la prima accetta ciò che è usuale come definitiva misura di possibilità; la seconda fa dell'atto momentaneo una misura di valore e ignora i nessi dell'azione personale con le energie dell'ambiente. Tutt'e due rifiutano di riconoscere le responsabilità per le conseguenze future che scaturiscono dall'azione presente. La riflessione è l'accettazione di tale responsabilità. Il punto di partenza di qualsiasi processo di pensiero è qualcosa in fieri, qualcosa che così com'è sarebbe incompleto. Il riflettere sulle notizie che ci arrivano è un tentare di vedere cosa è indicato come probabile o possibile nei riguardi del risultato. Considerare la portata dell'avvenimento su quel che può essere ma non è ancora, significa pensare. La riflessione implica anche un interesse per il risultato, implica una certa partecipante identificazione del nostro proprio destino, col risultato del corso degli avvenimenti. Dal fatto che l'atto di pensare ha origine nel senso di partecipazione alle conseguenze degli avvenimenti, proviene uno dei paradossi principali del pensiero. Nato nella parzialità esso deve raggiungere un certo imparziale distacco per poter compiere la sua funzione. Il pensare ha luogo quando le cose sono incerte o problematiche, dove vi è riflessione vi è sospensione, attesa. Lo scopo del pensiero è di aiutare a raggiungere una conclusione, poiché la situazione nella quale ha luogo il pensiero è di dubbio, il pensiero è un processo di indagine. Le conclusioni del pensiero sono più o meno incerte o ipotetiche. La conoscenza, la conoscenza già raggiunta controlla il pensiero e lo rende fecondo; questo per quando riguarda gli aspetti generali di una esperienza riflessiva. Essi sono: perplessità, confusione; una previsione congetturale, un'interpretazione azzardata degli elementi dati; un alle domande che possono sorgere nella mente di un ragazzo o di una bambina che conversano con altri o leggono dei libri fuori dalla scuola. Nessuno ha mai spiegato perché i bambini sono così pieni di domande fuori della scuola e perché non manifestano nessuna curiosità sugli argomenti scolastici. In quale misura le condizioni della scuola forniscono un contesto di esperienza nel quale i problemi si suggeriscano naturalmente da sé? Vi deve essere più materiale vero, più strumenti e più occasioni di far qualcosa, prima che tale distacco sia colmato. E dove i bimbi sono impegnati a fare qualcosa e a discutere ciò che si presenta nel corso delle loro azioni, si constata anche con metodi mediocri di istruzione che le domande dei bimbi sono spontanee e numerose, e che le proposte di soluzione che avanzano sono varie e ingegnose. Dal fatto che argomenti e occupazioni non sono di quelli che generano dei veri problemi, ne consegue che i problemi degli scolari non sono loro propri. L’allievo ha un problema, ma è il problema di far fronte alle esigenze particolari del maestro. Il suo problema diventa quello di scoprire cosa vuole il maestro, cosa soddisferà il maestro nell’esame, nella condotta ecc.. la relazione con l’argomento non è più diretta, le occasioni di riflessione e l’oggetto di essa non si trovano nell’aritmetica, nella storia o nella geografia stessa, ma nell’adattare abilmente questo materiale alle esigenze del maestro. L’allievo studia, ma ciò che studia sono le norme del sistema e dell’autorità scolastica, non gli studi veri e propri. Il pensiero così evocato nella migliore delle ipotesi è unilaterale, nella peggiore il problema dell’allievo sarà come far finta di farvi fronte o come avvicinarsi abbastanza a farvi fronte da poter tirare avanti senza troppi urti. Dunque se il problema è quello di creare situazioni che spontaneamente generino problemi e atti a provocare l’indagine riflessiva, sono necessarie attività finalizzate, implicanti l’uso di dati materiali e il conseguimento di dati obbiettivi. 2) vi devono essere dei dati a disposizione che permettano di impostare ragionamenti atti ad affrontare la difficoltà specifica che si è presentata. Il materiale del pensare non è il pensiero, ma le azioni, i fatti, gli avvenimenti, e le relazioni delle cose. Per pensare efficacemente, ci vogliono esperienze, acquisite o in atto, che ci forniscano gli elementi per poter affrontare la difficoltà presente. Una difficoltà è uno stimolo indispensabile al pensiero, ma non tutte le difficoltà inducono a pensare, qualche possono scoraggiare. Le situazioni dunque devono essere simili a situazioni che sono già state trattate, in modo che gli allievi abbiano una qualche possibilità di venirne a capo. Gran parte dell’arte di insegnare risiede nel proporre nuovi problemi abbastanza difficili da stimolare il pensiero e al contempo facili facili a presentare, accanto agli elementi sconcertanti propri di ogni novità, dei punti noti che diano luce e dai quali possano sorgere dei suggerimenti utili. Una mente bene allenata è una mente che ha un massimo di risorse dentro di sé, per così dire, e che si è abituata a ritornare sulle esperienze passate per vedere cosa possono dare, d’altronde spesso proprio una qualità o una relazione di un oggetto peraltro familiare, cui non si è mai prestata attenzione, può costituire l’elemento utile ad affrontare la questione. In tal caso è necessario applicare l’osservazione diretta, lo stesso principio si applica all’uso da farsi dell’osservazione da una parte e della lettura ed esposizione dall’altra. L’osservazione diretta è naturalmente più vivida e vitale, ma ha le sue limitazioni; ad ogni modo è un passaggio obbligato dell’educazione l’apprendere a far ricorso alle esperienze altrui per colmare la ristrettezza di quelle immediatamente personali. Occorre inoltre scoraggiare la fiducia che il libro o il maestro forniscano delle soluzioni già pronte. Nelle scuole si dà troppa importanza all’accumulo e all’acquisizione di nozioni a scopo di riproduzione nella ripetizione e nell’esame. Conoscenza nel senso di nozioni, costituisce il capitale da sfruttare, la risorse indispensabili a ulteriori indagini, a scoprire, a imparare più cose. Spesso è trattata come fine a se stessa e allora il fine diviene l’accumularla e l’esibirla quando ce n’è bisogno. Questo ideale statico di nozioni è ostile allo sviluppo dell’educazione, impaluda il pensiero. Gli allievi che hanno arredato la loro mente con ogni specie di materiale che non hanno mai adoperato intellettualmente saranno certamente intralciati quando cercano di pensare. Non hanno alcuna pratica nello scegliere ciò che fa al caso, e nessun criterio sul quale basarsi; tutto è a livello statico, d’altronde è discutibile se, nel caso che le nozioni avessero nell’esperienza una funzione reale di strumenti utili ai fini dell’alunno, non ci sarebbe bisogno di risorse nei libri, figure e conversazioni, di quelle generalmente a disposizione. 3) a fatti, dati, conoscenze già acquisite corrispondono nel pensiero suggerimenti, deduzioni, supposizioni, tentativi di spiegazione, in breve idee. Non possono fornire ciò che manca, definiscono, chiarificano, e localizzano il problema; non possono fornire una risposta. Per questo occorrono intuizione, invenzione, ingegnosità. I dati risvegliano dei suggerimenti, la validità dei quali va misurata su dati specifici. Ma i suggerimenti vanno oltre ciò che è dato realmente nell’esperienza. Prevedono dei possibili risultati, non fatti. Trarne una conclusione è sempre un invadere l’ignoto. In tal senso un pensiero è creativo (poiché suggerisce qualcosa ma non mostra), è un’incursione nel nuovo e implica necessariamente dell’inventività. Ma l’intuizione inventiva dipende dalla nuova luce in cui la cosa è vista, dal nuovo uso al quale è messa. Nuova è l’operazione non l’atto su cui essa si fonda. Nel campo dell’educazione queste considerazioni ci fanno comprendere che ogni atto di pensiero è originale quando prospetta delle considerazioni che non sono state afferrate prima, ad es. il bimbo di tre anni che scopre cosa si può fare con i cubi, anche se tutto il resto del mondo lo sapeva già. Vi è un genuino aumento di esperienza: un arricchimento qualitativamente nuovo. Il fascino che ha la spontaneità dei bambini per gli osservatori benevoli è dovuto alla percezione di questa originalità intellettuale. La gioia che i bimbi stessi provano è la gioia della costruttività intellettuale, cioè della creazione. La vera morale è che non è possibile trasmettere un pensiero, un’idea come idea, da una persona all’altra. Quando viene detta per la persona alla quale viene detta, non è un’idea ma un altro fatto preciso. Il comunicarla può stimolare l’altra persona a capire la questione da sé, e a elaborare un’idea simile, oppure può soffocare il suo interesse intellettuale e sopprimere il suo incipiente sforzo di pensiero. Ma ciò che essa riceve direttamente non può essere un’idea. Solo affrontando da sé le nude condizioni del problema, cercando e trovando la propria via d’uscita essa pensa. Quando il genitore o maestro ha fornito le condizioni che stimolano il pensiero e ha preso un atteggiamento di simpatia verso le attività dello scolaro entrando con lui in un’esperienza comune o congiunta, è stato fatto fatto tutto quanto può può fare un’altra persona per indurre a imparare. Il resto dipende dalla persona interessata, se questa non sa trovare la sua soluzione in cooperazione con il maestro e gli altri scolari, non imparerà nemmeno se sa ripetere qualche risposta giusta. Noi possiamo fornire e lo facciamo, idee già pronte, ma generalmente non ci diamo la pena di vedere che l’allievo si impegni in situazioni pregnanti nelle quali le sue attività generino, adattino e sostengano idee, cioè significati e connessioni percepite. l’alternativa a fornire l’argomento già pronto e all’ascoltare con quale accuratezza venga riprodotto non è l’ignorare, ma il partecipare all’attività del fanciullo e il condividerla. I questa attività condivisa il maestro impara, e lo scolaro senza saperlo insegna, della realtà, il miglior tipo di insegnamento tiene presente la desiderabilità di effettuare questa connessione. Abitua lo studente a trovare punti di contatto e influenze reciproche. 13- LA NATURA DEL METODO L’unità delle materie di studio e del metodo Nella scuola ci sono tre aspetti: materie, metodo e amministrazione o governo. Ora occorre isolarli per comprenderne la natura, iniziamo con il metodo. Un aspetto implicito della nostra teoria è la connessione delle materie e del metodo. l’idea che la mente e il mando delle cose e delle persone siano due regni separati porta con sé la conclusione che il metodo l’oggetto dell’istruzione siano due cose separate. Da un lato vi è una classificazione già pronta e sistematizzata dei fatti e dei principi del mondo della natura e dell’uomo, dall’altro c’è il metodo, vale a dire il sistema dei modi in cui questo materiale dato può essere meglio presentato o impresso nella mente. In teoria sarebbe possibile ricavare da una scienza della mente concepita come qualcosa che esiste di per sé, una teoria completa dei metodi di studio, senza alcuna conoscenza dei soggetti ai quali si devono applicare, ma siccome molti che sono esperti nei vari rami di studi sono ignari di questi metodi, questo stato di cose offre l’occasione di dire che la pedagogia, in quanto presunta scienza dei metodi di apprendimento, è inutile; che è un semplice paravento per nascondere la necessità del maestro di conoscenza profonda ed accurata dell’argomento che insegna. Ma poiché pensare significa dirigere un qualche oggetto di pensiero verso un risultato che lo integri, e poiché per mente intendiamo l’aspetto intenzionale e deliberato di questo processo, ogni separazione fra metodo e oggetto di apprendimento è radicalmente falsa. Il fatto che il materiale di una scienza è organizzato è la prova che è già stato sottoposto all’intelligenza, è già stato metodicizzato. Una materia sistemata è intesa come risultato di un processo compiuto, metodo significa un’organizzazione tale della materia che la renda più efficace nell’uso. Il metodo non è mai qualcosa di esterno al materiale. Dal punto di vista di un individuo che si occupa di una materia possiamo dire che il metodo non è qualcosa di esterno, ma semplicemente un trattamento efficace del materiale, intendendo per efficace quel trattamento che utilizza il materiale con un minimo spreco di tempo e di energia. Possiamo distinguere un modo di agire, e discuterlo in se stesso; ma il modo esiste solo come un modo di comportarsi con qualcosa. Il metodo è la direzione effettiva dell’argomento verso i risultati desiderati. l’affermazione che il metodo si identifica col muoversi guidato della materia in considerazione verso un fine, è astratta, ad esempio ogni artista deve avere un metodo di lavoro, una tecnica, suonare il pianoforte non significa battere i tasti a caso, è un modo ordinato di adoperarli, e l’ordine non è qualcosa che esista già pronto nelle mani o nella testa del musicista. l’ordine è il disporre gli atti che usano il pianoforte, le mani e il cervello in modo da ottenere il risultato voluto. È l’azione del pianoforte diretta a compiere il fine che persegue il pianoforte come strumento musicale. Lo stesso avviene con il metodo pedagogica, con l’unica differenza che il pianoforte è un meccanismo costruito in anticipo per un fine unico, mentre il materiale di studio è soggetto ad usi indefiniti. Ma anche a tale riguardo è applicabile l’esempio, se consideriamo l’infinita varietà di musiche che un pianoforte può produrre, e le variazioni della tecnica richieste dai diversi risultati musicali da ottenere. Il metodo ad ogni caso non è che un modo di impiegare efficacemente un dato materiale ad un dato scopo. Tali considerazioni possono essere generalizzate se ci rifacciamo al concetto di esperienza. Questa come percezione del nesso fra qualcosa di provato e qualcosa che per conseguenza è subito, è un processo. Se non consideriamo lo sforzo necessario a controllare il corso che prende il processo , non vi è distinzione di oggetto e di metodo. Ma vi è un’attività che implica sia quel che fa un individuo sia quel che fa l’ambiente. Di fronte a un procedere sicuro, in qualsiasi campo non vi è coscienza di separazione fra il metodo individuale e l’oggetto. Lo stesso fenomeno si ha quando ci si abbandona in pieno al lavoro o al gioco. Quando riflettiamo su un’esperienza distinguiamo inevitabilmente fra il nostro atteggiamento e gli oggetti verso i quali assumiamo il nostro atteggiamento, anche se nella pratica è una cosa unica. Questa riflessione da ci consente di distinguere fra una cosa che sperimentiamo e lo sperimentare. Quando diamo dei nomi a tale distinzione, abbiamo appunto i nomi di oggetto e metodo. Tale distinzione è così naturale ed importante che siamo portati a considerarla una separazione reale e non concettuale. ,a così facendo operiamo una divisione fra l’individuo e l’ambiente, il mondo esterno. Essa è la divisione del dualismo del metodo e dell’oggetto, riteniamo che conoscer, sentire, volere siano proprietà della persona e dello spirito nel suo isolamento e che quindi è possibile metterle in comunicazione con un oggetto distinto e attribuiamo alle proprietà della persona e dello spirito, di per sé, norme di comportamento indipendenti dai modi dell’energia attiva dell’oggetto. Queste leggi dovrebbero fornire il metodo. L’esperienza è una sola e continua azione scambievole di una grande diversità di energie. Allo scopo di controllare il corso o la direzione che prende l’unità dell’esperienza in movimento, facciamo una distinzione mentale fra il come e il cosa. Mentre non vi è modo di camminare o mangiare, o di studiare oltre lo stesso camminare, mangiare e studiare, vi sono determinati movimenti nell’atto che forniscono la chiave per controllarlo efficacemente. Il fatto di farci un’idea sul come procede l’esperienza ci rivela quali fattori vanno assicurati e quali modificati perché essa possa procedere con maggior successo. Le condizioni espresse in una sequenza ordinata, costituirebbero il metodo o il modo o la maniera dello sviluppo dell’esperienza. Non è semplice afferrare i fattori che ne condizionano un miglior procedere, ma lo studio dei casi di successo e di insuccesso e un confronto accurato fra di essi aiutano ad afferrare alcune cose. Quando abbiamo messo in ordine queste cause, abbiamo un processo o una tecnica. Un esame di alcuni dei mali dell’educazione che scaturiscono dall’isolamento del metodo dall’argomento ci aiuteranno a precisare meglio. 1) in primis non ci si dà alcun pensiero di riprodurre concrete situazioni di esperienza. Un metodo lo si stabilisce in base all’osservazione di ciò che realmente avviene, con l’intenzione di provvedere a che avvenga meglio la prossima volta. Ma nell’istruzione e nella disciplina, le occasioni in cui i bimi e i giovani abbiano normali esperienze dirette non si presentano in una misura sufficiente tale da consentire agli educatori l’idea di un metodo o di un sistema per il miglior sviluppo. Le esperienze avvengono in condizioni di tale costrizione da non poter gettare luce sul normale corso di un’esperienza diretta al proprio compimento. I metodi devono essere dunque raccomandati d’autorità ai maestri anziché essere un’espressione delle loro attività intelligenti. In tali circostanze i metodi presentano un’uniformità meccanica , che si presume valida per tutte le menti. Dove si promuovono esperienze personali e flessibili, col fornire un ambiente che dia luogo ad occupazioni dirette nel lavoro o nel gioco, i metodi accertati varieranno con gli individui; poiché è certo che ogni individuo ha qualcosa di caratteristico nel suo modo di fare lecose. 2) in secondo luogo quando si considera il modo di trattare un materiale qualcosa di prefabbricato che prescinde dal materiale stesso, vi sono solo tre modi nel quale stabilire una relazione che manca. anche in maniera magistrale non da alcune garanzia di produzione artistica, poiché quest’ultima dipende anche da un’idea animatrice. I casi non sono tutti uguali, per essere usate intelligentemente , bisogna adattare le pratiche esistenti, alle esigenze di ogni caso particolare. Dunque i procedimenti riconosciuti sono punti di vista dai quali procedere nell’indagine. Per un’insegnante è importante conoscere i metodi psicologici e gli espedienti empirici che sono stati trovati utili in passato. Quando questi urtano il suo buon senso, quando si frammentano fra lui e la situazione nella quale deve agire, sono peggio che inutili. Ma se li ha acquistati come aiuti intellettuali per misurare i bisogni, le risorse e le difficoltà delle esperienze uniche nelle quali è impegnato, hanno un valore costruttivo. In ultima analisi proprio perché tutto dipende dai suoi propri metodi di risposta, molto dipende da quanto può utilizzare, agli effetti della sua propria risposta, della conoscenza accumulatasi nell’esperienza altrui. Come già menzionato ogni parola di quanto è stato detto è applicabile anche al metodo dell’allievo, al modo di imparare. Supporre che agli studenti, si possano fornire dei modelli di metodi da seguire per apprendere e spiegare un soggetto, significa esporsi a delusioni che hanno durevoli conseguenze. Le indicazioni dei metodi standardizzati usati in casi simili ad altri, sono preziose o dannose a seconda che rendano la sua reazione personale più intelligente, o che inducano la persona a fare meno di esercitare il loro giudizio. Noi ci siamo creati un concetto astratto di mente e l’idea di un metodo intellettuale che sia uguale per tutti. E quindi consideriamo gli individui come differissero fra loro per la qualità di mente della quale sono dotati. Ci si aspetta dunque che le persone comuni siano comuni, solo a quelle eccezionali si permette di essere originali. La distanza fra il genio e lo studente medio si misura in base all’assenza di originalità di quest’ultimo, ma questa idea della mente in generale è una fantasticheria. Ciò che si richiede è che ogni individuo sia posto in grado di impiegare i suoi poteri in attività che abbiano un significato. Mente, metodo individuale, originalità condizionano la qualità dell’azione guidata e motivata. Se agiremo secondo questa convinzione, raggiungeremo un maggior grado di originalità, anche dal punto di vista convenzionale, di quanto non se ne sviluppi adesso. L’imposizione di un metodo uniforme e generale per tutti, genera la mediocrità in tutti, tranne che nelle persone eccezionali. E ad assumere come misura di originalità il distinguersi della massa si creano esseri eccentrici, si inaridiscono le qualità peculiari dei più e, tranne in rare eccezioni si infettano i pochissimi geni di qualità nocive. Gli aspetti del metodo individuale: gli aspetti generali del metodo sulla conoscenza, sono gli stessi fattori che caratterizzano una situazione di riflessione: il problema in oggetto, la raccolta dei dati, la proiezione e l’elaborazione dei suggerimenti o delle idee, l’applicazione e la prova, la conclusione o giudizio che ne risultano. Gli elementi specifici del metodo di un individuo o del suo modo di affrontare un problema risiedono nelle sue tendenze innate, abitudini e interessi acquisiti. Il metodo di uno varia da quello di un altro come variano le sue capacità istintive originali, come variano le sue esperienze passate e le sue preferenze. Lo studio dei bambini, la psicologia e la conoscenza dell’ambiente sociale completano gli elementi acquisiti personalmente dall’insegnante. Ma i metodi rimangono la cura personale e il modo individuale con cui il maestro avvicina e tratta i sui allievi, e nessun elenco potrà mai esaurirne le sfumature. È lecito individuare in alcuni atteggiamenti le condizioni fondamentali per affrontare le materie di studio per vie intellettualmente efficaci. Fra i più importanti sono l’immediatezza, la larghezza di mente, la convinzione e la responsabilità. 1) prendere un atteggiamento non è affatto identico all’esser conscio del proprio atteggiamento. Il primo è spontaneo, ingenuo e semplice. È segno che la persona ha messo tutto il cuore nella sua relazione con l’oggetto di cui si occupa. Il secondo non è necessariamente anormale, qualche volta è il modo più semplice di correggere un falso metodo di approccio, migliorando l’efficacia dei mezzi impiegati. Ma questo bisogno è occasionale e momentaneo. Quando è legittimo la persona considera se stessa come un mezzo fra gli altri per realizzare il fine, nei casi anormali si pensa a se stessi come un oggetto separato ad esempio come quando una persona assume un dato atteggiamento pensando all’impressione che farà sugli altri. Fiducia è un termine che ben si accosta a quello di immediatezza, non va però confusa con la presunzione che può essere una forma di narcisismo. Per fiducia si intende lo stato d’animo che nasce per riflesso da ciò che si pensa o che si sente sul proprio atteggiamento, ma l’andar dritto verso ciò che si deve fare, denota la fede inconscia nelle possibilità della situazione. Significa porsi all’altezza della situazione. Abbiamo già fatto notare come non bisogna richiamare troppo l’attenzione degli studenti sul fatto che loro stanno studiando o imparando, poiché distrae l’allievo da ciò che deve fare e ne richiama l’attenzione sul proprio atteggiamento verso ciò che sta facendo, egli nuoce all’immediatezza dell’interesse e dell’azione. Se si insiste l’allievo acquista una tendenza permanente a cincischiare a guardarsi attorno senza scopo, e a cercare un impulso all’azione al di fuori da quello fornito dall’argomento. La dipendenza dai suggerimenti e dalla guida degli altri, uno stato di confusione annebbiata prendono il posto di quella sicurezza con la quale i bambini affrontano le situazioni della vita. 2) larghezza di vedute. All’esistenza di un interesse, segue la parzialità, poiché aver interesse significa condividere, partecipare, prendere la parte in un movimento. Di conseguenza ci vorrà ci vorrà un atteggiamento mentale che accolga attivamente da tutte le parti i suggerimenti e le informazioni di qualche rilievo. Abbiamo già visto che i fini previsti sono fattori nello sviluppo di una situazione mutevole, sono i mezzi con i quali si controlla la direzione dell’azione, sono dunque subordinati alla situazione, fini in quanto previsti che fungono da mezzi per guidare la situazione. Larghezza di vedute significa dunque accessibilità della mente a qualsiasi considerazione che getti luce sulla situazione che abbia bisogno di essere chiarita, e che aiuti a determinare le conseguenze dell’agire in questo o in quel modo. L’efficienza nel raggiungere degli scopi stabiliti come inalterabili, può accompagnarsi alla ristrettezza mentale. Ma il crescere intellettualmente comporta una continua espansione degli orizzonti e la conseguente formazione di nuovi propositi e risposte. Queste sono impossibili senza una disposizione attiva ad accogliere punti di vista finora estranei, un desiderio attivo di accogliere delle considerazioni che modificano gli stati esistenti. La conservazione delle capacità di crescere è la ricompensa di questa ospitalità intellettuale. Avere una mente aperta significa conservare l’atteggiamento infantile; mentre avere una mente chiusa significa invecchiare intellettualmente. Il maestro che non permette ne incoraggia la diversità dei metodi nel trattare le questioni benda intellettualmente gli occhi agli scolari, limitando la loro visione a quell’unico sentiero che la sua mente giudica valido. La causa principale della devozione alla rigidità del metodo è, però che sembra promettere dei risultati rapidi, accuratamente misurabili, corretti. Lo zelo per le risposte spiega gran parte dello zelo per i metodi rigidi e meccanici. Le forzature e la pressione hanno la stessa origine, e lo stesso risultato su un interesse intellettuale pronto e variato. Una mente aperta, non è lo stesso che una mente vuota. I processi necessitano del tempo per maturare, se tutti gli insegnanti comprendessero che la qualità del processo mentale, e non la
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