Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Democrazia, procedimento legislativo, magistratura, Slide di Diritto Costituzionale

Slide riguardo agli ultimi power point spiegati da andrea Cardone a dicembre 2022

Tipologia: Slide

2022/2023

Caricato il 29/06/2023

chiara-michelle-eve
chiara-michelle-eve 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Democrazia, procedimento legislativo, magistratura e più Slide in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! 1 Sul piano teorico si possono distinguere tre diverse nozioni di democrazia: a) per democrazia in senso formale si intende un regime in cui le decisioni pubbliche sono adottate nel rispetto di una procedura, quella appunto democratica, che garantisce la piena partecipazione di tutte le istanze provenienti dal popolo; b) per democrazia in senso sostanziale si intende un regime in cui sono riconosciuti e garantiti a tutti i membri dell’ordinamento una serie incomprimibile di diritti e libertà fondamentali; Sul piano organizzativo, invece, si possono distinguere le seguenti forme di democrazia: a) la democrazia diretta. Il modello classico di tale forma di democrazia è rappresentato dall’Atene periclea in cui il popolo adotta tutte le decisioni pubbliche, non solo politiche manche quelle giudiziarie (ricordiamo il processo di Socrate); b) la democrazia rappresentativa. Oggi, però, il principio democratico si realizza nella forma della democrazia rappresentativa: attraverso il suffragio, che ormai è universale, si costituiscono organi rappresentativi, cui viene attribuita l’adozione delle politiche pubbliche. Restano anche istituti di democrazia diretta, come i referendum e la iniziativa legislativa popolare. FUNZIONE LEGISLATIVA LA LEGGE DEL PARLAMENTO Quanto alla distribuzione dei poteri tra gli organi dello Stato, la regola generale è che la funzione legislativa ordinaria spetta al Parlamento in via esclusiva, salvo l’eccezione costituita dagli atti di rango legislativo (c.d. “atti aventi forza e/o valore di legge”) approvabili dal Governo e salvo il referendum abrogativo (artt. 70-79, Cost.). L’art. 70 dice che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”, cosicché, conformemente al modello di bicameralismo perfetto, la legge ordinaria è il frutto dell’approvazione dello stesso testo da parte di entrambe le Camere. Il procedimento legislativo o procedimento di formazione della legge è una serie coordinata di atti rivolti ad uno stesso risultato finale: la produzione della legge formale. Esso si articola, in ciascuna delle due Camere, secondo tre fasi: − l’iniziativa legislativa, la quale si realizza mediante la presentazione di un progetto di legge ad una Camera (in linguaggio tecnico il progetto di legge promanante dal Governo si chiama disegno di legge). Il progetto di legge è composto da due parti: il testo e la relazione di accompagnamento, che ha lo scopo di illustrare gli scopi e le caratteristiche della proposta; 2 − la deliberazione vera e propria, la quale culmina nella approvazione del testo a seguito dell’esame della proposta, cui seguono l’elaborazione e la discussione dei contenuti della legge, e che si realizza attraverso diversi possibili sub-procedimenti (v. infra); − la c.d. “fase dell’integrazione dell’efficacia e della esecuzione della legge” , la quale comprende la promulgazione, l’inserzione nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica e la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. L’iniziativa legislativa Art. 71 Cost. L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.) L’art. 71 Cost. stabilisce − al co. 1 − che l’iniziativa legislativa, ossia il potere di proporre alle Camere l’approvazione di una legge, appartiene “al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale”. A tale ultimo proposito vanno considerati il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), cui l’art. 99, co. 3, Cost., attribuisce “l’iniziativa legislativa”; i Consigli regionali, di cui l’art. 121, co. 2, Cost. dice che possono “fare proposte di legge alle Camere”; i Comuni, al qual proposito l’art. 133, co. 1, Cost. – oggi integrato dall’art. 21, commi 3 e 4, del t.u. sull’ordinamento degli enti locali (d.lgs. n. 267 del 2000) – dice che “il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione”. Vi è poi anche l’iniziativa legislativa popolare di cui parla il co. 2 dell’art. 71. Si tratta di un istituto di democrazia diretta, non a caso disciplinato dettagliatamente nella stessa legge che ha dato attuazione al referendum abrogativo di cui all’art. 75 Cost. (legge n. 352 del 1970), in quanto si riconosce il potere di presentare proposte di legge alle Camere direttamente in capo ad una frazione del corpo elettorale (cinquantamila elettori). Le Camere, ovviamente, non hanno l’obbligo di tradurre in legge ogni proposta di iniziativa popolare; hanno soltanto l’obbligo di “prenderla in considerazione”, cioè di deliberare sulla proposta. Nei regolamenti parlamentari, è stabilito che le proposte di legge di iniziativa popolare non decadono allo scadere delle Legislature L’INIZIATIVA LEGISLATIVA DEL GOVERNO L’iniziativa legislativa del Governo è la prima alla quale allude la Costituzione perché è la più importante e, in alcune ipotesi, è esclusiva e doverosa per la specifica posizione e le particolari competenze che caratterizzano questo organo (si pensi ai disegni di legge sul bilancio – art. 81 Cost. – oppure ai disegni di legge di conversione dei decreti legge – art. 5 2. - Fissa un termine per la presentazione degli emendamenti, che poi sono oggetto di discussione e votazione in commissione. 3. - Sui testi emendati viene acquisito il parere delle altre commissioni interessate. In particolare, si segnala il parere delle c.d. commissioni filtro, che hanno una competenza trasversale rispetto ai singoli settori. Fra le principali, si tratta della commissione bilancio (per verificare la copertura finanziaria delle previsioni di spesa ed il rispetto delle leggi sulla contabilità dello Stato), la commissione affari costituzionali (per verificare la coerenza con l’ordinamento), la commissione politiche dell’Unione europea (per i progetti relativi all’attuazione delle norme comunitarie o che pongono problemi di compatibilità con esse), la commissione giustizia (per i progetti recanti sanzioni penali ed amministrative), la commissione lavoro della Camera Il mancato rispetto dei pareri espressi dalla commissione bilancio, affari costituzionali, politiche Unione europea e commissione lavoro della Camera, impedisce l’approvazione del p.d.l. in sede deliberante o legislativa (v. infra), ma può essere superato da una decisione dell’Assemblea. Solo le condizioni contenute nel pareri della commissione bilancio, se non accolte, vengono ricordate dal Presidente dell’Assemblea e si traducono in emendamenti del testo da sottoporre al voto dell’Aula ● - Nella sede referente, il procedimento della commissione si esaurisce con la votazione del mandato a riferire in Assemblea. E’ possibile, altresì, nominare un relatore di minoranza o un comitato rappresentativo anche delle minoranze (“comitato dei nove”) che svolgerà funzioni di guida nella discussione in Aula. Giunti in Assemblea: - Si procede con la discussione generale, che può concludersi anche con la votazione di una pregiudiziale o di una sospensiva; - Si passa all’esame degli articoli, degli emendamenti e dei subemendamenti. Il Presidente svolge un rilevante potere nello stabilire l’ammissibilità degli emendamenti: al Senato sono ritenuti inammissibili quelli “privi di ogni reale portata modificativa” (art. 100, comma 8) e quelli “di iniziativa governativa che comportino nuove o maggiori spese ovvero diminuzione di entrate e non siano corredati della relazione tecnica” (art. 76-bis, comma 2); alla Camera solamente quelli “nell'ambito degli argomenti già considerati” in Commissione (art. 86, comma 1) Sugli emendamenti viene altresì acquisito il parere delle altre commissioni competenti (tra cui quelle “filtro”), del Governo e del relatore. 6 Il Presidente mantiene anche un rilevante potere sull’ordine con cui porre in votazione gli emendamenti. Se riferiti alla medesima porzione di testo, verranno posti in votazione prima quelli che si allontanano di più dal testo base (interamente o parzialmente soppressivi, poi modificativi, infine aggiuntivi). - Votati gli emendamenti, si vota ciascun articolo, che può essere approvato, respinto, o rinviato in commissione per approfondimenti. - Il p.d.l. viene quindi votato nel suo complesso, con le relative dichiarazioni di voto. il ruolo delle commissioni parlamentari (procedimento in sede legislativa b) per Commissione in sede deliberante: si tratta di un “procedimento speciale” ammesso dall’art. 72, co. 3, il quale consente che la fase dell’approvazione legislativa si apra e si concluda in commissione, senza passare dall’Assemblea. A tal proposito si parla di commissione in sede legislativa alla Camera e commissione in sede deliberante al Senato. Le garanzie che circondano tale procedimento speciale sono: la c.d. “riserva di assemblea” prevista specificamente per i tipi di leggi indicati dall’art. 72, co. 4, la quale impone in questi casi di adottare sempre e comunque il procedimento normale; la possibilità − in ogni momento − di interrompere la procedura speciale, con ritorno al procedimento normale, su richiesta del Governo o di un certo numero di parlamentari (art. 72, co. 3). procedimento in sede redigente) per Commissione in sede redigente: si tratta di un altro “procedimento speciale” (disciplinato, con alcune sensibili differenze, dai regolamenti di Camera, dove si parla di “redigente rafforzata”, e Senato “deliberante attenuata”), che è detto anche misto, in quanto in commissione si svolge la discussione generale e la votazione articolo per articolo e degli emendamenti sul testo, mentre all’Assemblea è riservata unicamente l’approvazione finale del testo (alla Camera anche con la votazione dei singoli articoli) senza possibilità di modifiche (cosicché il testo risulta redatto in via definitiva dalla commissione, ma deliberato dall’Assemblea. (procedimento ordinario Infine, in virtù del principio del bicameralismo perfetto, il testo del progetto di legge, approvato da una Camera, viene trasmesso con il cosiddetto “messaggio” dal Presidente dell’una al Presidente dell’altra Assemblea, al quale spetta attivare il procedimento legislativo presso quel ramo del Parlamento (c.d. navette). Ciò avverrà fino a che entrambe le Camere non abbiano approvato il medesimo testo, senza apportarvi modifiche. Per esigenze di economia procedurale, i regolamenti (art. 70 r.C. e 7 104 r.S.) prevedono che la Camera che ha approvato per prima il testo debba limitare il suo esame alle sole parti modificate. : la promulgazione e il rinvio delle leggi da parte del Capo dello Stato Art. 73 Cost.: Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione. Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso. Dopo l’approvazione, la legge, per divenire efficace, necessita della promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. Il Presidente della Camera che ha approvato in via definitiva la legge la trasmette, con un “messaggio” (atto autonomo, formale e ufficiale, attestante la regolarità dell’approvazione), al Presidente della Repubblica, il quale deve promulgarla entro un mese dalla data dell’approvazione. Il termine può anche essere inferiore, se le Camere, a maggioranza assoluta dei componenti, ne introducano uno diverso nella stessa legge, dichiarandone l’urgenza (art. 73 Cost.) La promulgazione consiste in un atto di accertamento rivolto, anzitutto, a constatare la regolarità formale del procedimento legislativo e l’identità dei consensi delle due Camere; il suo effetto è quello di far sorgere il vincolo all’osservanza della legge in tutti, comprese le Camere, che non possono più revocare i loro consensi, e il guardasigilli (cioè il Ministro della giustizia), che deve procedere alla pubblicazione. Il controllo operato dal Capo dello Stato in sede di promulgazione presenta anche un profilo di carattere sostanziale (cioè sul contenuto della legge) che si ritiene riferibile al c.d. “merito costituzionale”; tale nozione abbraccia sia la legittimità costituzionale in senso stretto, sia criteri di convenienza generale, coerenza con gli indirizzi legislativi e altri, ma non può mai sfociare nel sindacato sull’opportunità politica delle scelte del legislatore. Il Presidente della Repubblica ha il potere, nel caso in cui il controllo effettuato non abbia esito positivo, di rinviare la legge, con messaggio motivato al Parlamento. Tale potere può essere esercitato solo una volta e, se la legge viene riapprovata il Presidente è tenuto a promulgarla (art. 74 Cost.). Il decreto di rinvio è un atto sostanzialmente presidenziale, anche se necessita della controfirma del Governo. Promulgazione e “aspetti marginali” Comunicato 31 marzo 2010 “Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha chiesto alle Camere, a norma dell'art. 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge: "Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione degli enti, di congedi, aspettative e permessi, di 10 Ministri – è l’organo cui spetta la conduzione delle trattative con gli altri Stati e la stipula del trattato, assai spesso tende a concludere (anche nei casi di cui all’art. 80) i c.d. “trattati o accordi in forma semplificata” , i quali si perfezionano non con la ratifica del Presidente della Repubblica, ma con la semplice sottoscrizione ad opera del rappresentante del Governo. Il problema che si pone, allora, è duplice: – in primo luogo, l’art. 87, co. 8, Cost., laddove prevede che il Presidente della Repubblica “ratifica i trattati internazionali”, non sembrerebbe consentire che il Governo possa, da solo, impegnare formalmente lo Stato italiano sul piano internazionale, senza passare attraverso le funzioni di garanzia del Capo dello Stato; – in secondo luogo, è del tutto evidente che, in base al disposto dell’art. 80 Cost., gli accordi in forma semplificata non potrebbero considerarsi comunque ammissibili per tutte quelle categorie di trattati che la norma costituzionale esplicitamente contempla L’art. 81 Cost. e il procedimento di bilancio L’articolo 81 prima della novella del 2012 «Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.» Il comma 1 stabiliva che “le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentato dal Governo”. Il bilancio è uno strumento politico-costituzionale che si materializza in un documento contabile contenente l’indicazione delle entrate e delle spese che si prevede saranno realizzate ed erogate nell’anno futuro. L’approvazione del bilancio avviene appunto a mezzo di una legge, la legge di bilancio, quale atto di indirizzo-controllo che deve essere approvato prima dell’inizio dell’anno finanziario cui si riferisce (cioè entro il 31 dicembre); qualora il termine non venga rispettato, si fa luogo all’esercizio provvisorio, che può avere una durata massima di quattro mesi e deve essere espressamente autorizzato con legge (art. 81, vecchio comma 2). La legge di approvazione del bilancio presentava due aspetti di “atipicità”: – come si è anticipato sopra, il fatto che non introduce nell’ordinamento nuove norme ad efficacia generale, anche se, in realtà, essa svolge la imprescindibile funzione di approvare le scelte proposte dal Governo sulla acquisizione delle entrate e sulla ripartizione delle risorse fra le 11 destinazioni di spesa, autorizzando lo stesso Governo a dare seguito a quelle voci di spesa e solo ad esse (c.d. “vincolo di bilancio”). I rilevanti contrasti che si erano avuti in passato sul punto sono stati risolti grazie alla previsione dell’art. 81, vecchio comma 3, Cost., il quale imponeva il divieto di introduzione, con la legge di bilancio, di nuovi tributi e nuove spese rispetto a quanto previsto dalle leggi vigenti. La legge che approvava il bilancio non poteva dunque modificare la legislazione vigente, ovvero, era priva di forza attiva; →– quanto alla forza passiva, la legge di approvazione del bilancio presentava (e tutt’ora presenta) un altro aspetto di atipicità derivante dalla previsione costituzionale che vieta espressamente la proposizione di referendum abrogativi su tale tipo di leggi (art. 75, co. 2, Cost.). Lo stesso art. 81 Cost., al vecchio comma 4, stabiliva l’altro importante principio della c.d. “copertura delle leggi di spesa” , stabilendo che “ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”. Ciò significa che nel corso dell’anno finanziario l’equilibrio di bilancio non può essere alterato. Nella prassi, peraltro, è stato frequente l’aggiramento dell’obbligo di copertura, con gravi ripercussioni sulla gestione del bilancio dello Stato. Per contenere questo rischio, si è previsto che ogni progetto di legge deve essere accompagnato da una “relazione tecnica” che illustri dettagliatamente la quantificazione della spesa e le tecniche della sua copertura Art. 81 Cost., come sostituito dalla l. cost. n. 1/2012 Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale Le recenti ipotesi di riforma costituzionale LA FUNZIONE LEGISLATIVA NELLA RIFORMA DEL 2016 12 La proposta di nuovo art. 70 Cost. prevedeva che: La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per: - le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, - i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, - per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, - per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, - per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore, - la legge elettorale del Senato, -le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all'appartenenza dell'Italia all’UE, - leggi espressione della tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero della tutela dell'interesse nazionale, - la legge che definisce i principi fondamentali per l’elezione regionale Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. LA FUNZIONE LEGISLATIVA NELLA RIFORMA DEL 2016 L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma (leggi espressione della tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero della tutela dell'interesse nazionale), è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. 15 autonomo e indipendente da ogni altro potere”, nonché art. 108, co. 2., Cost., secondo cui “la legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali”. Magistratura: ordine o potere? L’ordinamento giudiziario come espressione di un «potere diffuso». Indipendenza “esterna” e indipendenza “interna” L’indipendenza si articola nell’indipendenza esterna e nell’indipendenza interna: − la prima si sostanzia nell’indipendenza rispetto agli altri poteri dello Stato e, in particolare, nei confronti degli organi dell’esecutivo: la magistratura non è organo rappresentativo, in quanto i suoi componenti non sono eletti dal corpo elettorale né sono nominati da altri organi statali. L’indipendenza dei giudici (e, dunque, dei singoli magistrati che ne esercitano le funzioni) si sostanzia principalmente nella (e, al tempo stesso, si giustifica per la) mancanza di una responsabilità politica rispetto agli altri poteri dello Stato; − la seconda vale, invece, ad escludere qualsivoglia vincolo di tipo gerarchico tra i singoli giudici, nonché tra gli appartenenti alla magistratura; quest’ultimo profilo si trova specificato nell’art. 107 Cost L’art. 102 Cost. precisa che la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari e che non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali, potendosi solo istituire, presso gli organi giudiziari ordinari, sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura (peraltro, le leggi istitutive di tali sezioni, perché sia rispettata la norma costituzionale, debbono far sì che i giudici non togati possiedano requisiti ben determinati di competenza e siano garantiti nella loro indipendenza: così Corte cost. n. 108 del 1962). La Costituzione sancisce, dunque, la regola fondamentale secondo cui la giurisdizione spetta, innanzitutto, ai c.d. “giudici ordinari”. Il significato dell’aggettivo “ordinari” risiede nel fatto che, in linea di principio, è alla cognizione di questi giudici che è devoluta la generalità delle controversie, fatta eccezione per quelle che la stessa Costituzione consenta di devolvere alla giurisdizione dei giudici speciali (cfr. infra). Il divieto di istituzione di giudici speciali e le sezioni specializzate presso i giudici ordinari Contestualmente all’affermazione della regola generale della giurisdizione ordinaria, l’art. 102, come si è detto, vieta l’istituzione di giudici speciali, cioè di giudici che sottraggano alla competenza di quelli ordinari determinate materie o tipologie di controversie. Per rispondere alle esigenze di specializzazione dovute alla particolare complessità tecnica di alcuni tipi di giudizio, possono soltanto istituirsi sezioni specializzate per materia presso i giudici ordinari. Una particolare “sezione specializzata” del Tribunale ordinario è il “Tribunale per i minorenni”, del quale fanno parte, anche in qualità di giudici, i c.d. “componenti privati” specialisti in psicologia. Con il divieto di istituzione di giudici speciali i Costituenti hanno voluto evitare il moltiplicarsi dei tribunali, che porta immancabilmente 16 con sé l’incertezza del diritto e, prima ancora, l’incertezza del giudice. Peraltro, la stessa Costituzione fa esplicitamente salve alcune giurisdizioni speciali: quelle del Consiglio di Stato e degli altri organi di giustizia amministrativa, quelle della Corte dei conti e quelle dei Tribunali militari (artt. 103 e 125, co. 2, Cost.). In relazione al tema dei giudici speciali, va altresì ricordata la VI disposizione transitoria e finale della Costituzione, la quale prevedeva che entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione stessa si sarebbe dovuto procedere alla “revisione” degli organi speciali di giurisdizione allora esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, e dei tribunali militari. La Corte costituzionale (sent. n. 41/1957) ha accettato la tesi secondo la quale deve ritenersi vietato al legislatore creare nuove giurisdizioni speciali, ma non gli sarebbe affatto imposto di abolire quelle esistenti. Il divieto di istituzione di giudici straordinari e il principio del giudice naturale Diverso dal concetto di “giudice speciale” è quello di “giudice straordinario”, che fa riferimento a giudici istituti in un momento successivo al verificarsi dell’evento su cui sono chiamati a giudicare. Anche questo tipo di giudici è espressamente vietato dall’art. 102 Cost. e tale divieto costituisce un corollario dell’altro ben noto principio del giudice naturale, contenuto nell’art. 25 Cost. dove si dice che “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”, e che consiste nell’obbligo di legale predeterminazione del giudice cui sia affidata la trattazione della causa. Giudice naturale sta quindi per giudice istituzionalmente competente per effetto di una legge anteriore al fatto. I due corollari di tale principio sono: a) il divieto di ogni mutamento della competenza con effetto retroattivo; b) il divieto di ogni disciplina che determini il giudice competente attraverso l’intervento discrezionale di soggetti diversi dal legislatore. il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) La garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza (esterna) spetta ad un apposito organo, il CSM (artt. 104 e 105 Cost.) Organo di «autogoverno» o di «governo autonomo»? Composizione mista - Membri di diritto - Membri elettivi (2/3 togati e 1/3 «laici») Il «plenum» e il Vice-presidente del CSM. Funzioni: assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati E il Governo, ovvero il Ministro della Giustizia? Al governo viene invece il compito di assicurare i mezzi per l’esercizio dell’attività giudiziaria (cioè uffici, personale amministrativo, risorse). Art. 110 Cost. e concetto di «leale collaborazione». L’indipendenza delle giurisdizioni speciali: art. 108, co. 2, Cost. Ad es: il 17 consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (l. 186/1982); il consiglio di presidenza della Corte dei conti (l. 117/1988). L’art. 111 Cost. e il “giusto processo” L’art. 111 Cost. così come modificato dalla legge costituzionale n. 2 del 1999, prevede, in via generale, che “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”, aggiungendo che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale” e rinviando alla legge il compito di assicurarne “la ragionevole durata”. La norma riprende l’art. 14, par. 1, del Patto internazionale sui diritti civili e politici e l’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e si riferisce ad ogni tipo di processo giurisdizionale (civile, penale, amministrativo, contabile, tributario). Poiché la Costituzione prevede altresì che la legge assicuri la ragionevole durata del processo, il legislatore ha approvato la legge 24 marzo 2001, n. 89, la quale ha introdotto la previsione espressa del diritto ad un’equa riparazione per chi abbia subito danni patrimoniali o morali per effetto della violazione del diritto a ottenere una decisione giudiziaria nel termine ragionevole previsto dall’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. I principi generali e comuni ad ogni giurisdizione I primi due commi dell’art. 111 Cost. indicano, anche se non in maniera esaustiva, i principi generali e gli elementi indefettibili cui devono conformarsi tutte le giurisdizioni dell’ordinamento. Gli elementi che necessariamente concorrono a definire il parametro di “giustezza” – e quindi di costituzionalità – di ogni tipo di processo giurisdizionale sono: − la regolazione per legge, la quale è chiaramente un elemento estrinseco del “giusto processo” voluto dal legislatore costituzionale, in quanto non è di per sé indice o parametro di “giustezza”, ma assume bensì la funzione di garanzia di quella “giustezza”. Si tratta di una riserva “assoluta” (nel senso che esclude il potere regolamentare del Governo, fatta eccezione, forse, per i regolamenti di stretta esecuzione) e “rinforzata” (nel senso che allo stesso legislatore sono imposti limiti di contenuto e di merito), la quale dispiega i suoi effetti anche nei confronti del potere giudiziario, imponendo alla fonte legislativa di disciplinare compiutamente ed effettivamente i processi affinché risultino il più possibile limitati (e sempre ragionevolmente “giustificati”) i margini di discrezionalità del giudice nell’applicazione in concreto delle regole processuali; − il contraddittorio tra le parti, che esplicita l’antico principio “audiatur et altera pars”, in base al quale un provvedimento giurisdizionale non può mai assumere i connotati della definitività senza che la parte destinata a subirne gli effetti sia stata posta in condizioni di far valere le proprie ragioni 20 quella amministrativa, fino all’introduzione dei Tribunali amministrativi regionali. Esso consiste nel riesame delle sentenze, in fatto e in diritto, da parte di un giudice di secondo grado. La Corte costituzionale ha confermato la regola della non costituzionalizzazione del doppio grado di giurisdizione, a partire dalla sentenza n. 41/1965. Il diritto di azione e il diritto alla difesa Il principio del diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost.) e quello del giusto processo costituiscono, sul piano procedimentale, una specificazione del fondamentale diritto alla tutela giurisdizionale che spetta ad ogni soggetto dell’ordinamento giuridico generale. L’art. 24 Cost. assicura sia il diritto d’azione, ossia di rivolgersi ad un’autorità giurisdizionale per tutelare le proprie situazioni giuridiche soggettiva (“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”), sia il diritto alla difesa (“La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”), nel duplice senso della possibilità per la parte di un processo di far valere direttamente le proprie ragioni, nonché di disporre della assistenza tecnicoprofessionale di un avvocato. L’irretroattività e la tassatività delle norme penali L’art. 25 Cost. e l’art. 13 Cost. stabiliscono i fondamentali principi che informano il nostro ordinamento giuridico in materia penale e che vengono genericamente ricondotti al più generale principio di legalità: − la riserva di legge per le norme che introducono ipotesi di responsabilità penale; − la riserva di giurisdizione (necessità di un “atto motivato” dell’autorità giudiziaria) per la limitazione della libertà personale; − la tassatività delle ipotesi di responsabilità penale ; − l’irretroattività della legge penale Il principio di tassatività impone al legislatore di formulare in maniera chiara e precisa (soprattutto attraverso la c.d. “sufficiente determinazione” della fattispecie) le norme penali e ciò al duplice fine, da un lato, di garantire la funzione general-preventiva della sanzione penale, dall’altro, di garantire, con la certezza della legge, la libertà del cittadino dall’arbitrio del giudice. Il principio di tassatività si applica anche alla pena (cosicché risulta incostituzionale ogni pena indeterminata), nonché alle misure di sicurezza (art. 25, co. 3) e alle misure di prevenzione, in cui gli indici delle situazioni soggettive di pericolosità (post o ante delictum) debbono essere circoscritti tassativamente dalla legge. Quanto al principio dell’irretroattività delle norme penali, esso comporta che la norma non può avere effetti se non per i fatti commessi dopo la sua entrata in vigore, né può averne dopo la sua abrogazione (c.d. “divieto di ultrattività”). L’irretroattività può essere derogata solo in virtù del principio del favor rei, il quale consente di applicare la norma 21 penale più favorevole anche se essa sia intervenuta in un momento successivo alla commissione del reato per il quale sia tuttora in corso il relativo giudizio. Le garanzie previste dagli artt. 26 e 27 Cost. L’art. 26 Cost. vieta l’estradizione del cittadino (cioè la consegna di esso ad autorità giudiziarie straniere) se non quando lo consentono espresse convenzioni internazionali, e comunque non la consente in alcun caso per reati politici. L’art. 10, co. 4, Cost. ripete questa stessa ultima norma a favore dello straniero rifugiatosi in Italia. Secondo un’attenta dottrina (Mantovani), il reato politico comprende tutti i reati che (presumibilmente) sono puniti dallo Stato richiedente per fini di persecuzione politica; non comprende invece i reati manifestamente contrari alla nostra Costituzione (ad esempio, i reati di terrorismo). L’art. 27 Cost. pone il principio della personalità della responsabilità penale (cioè della c.d. “responsabilità per fatto proprio colpevole”), per cui deve ritenersi in contrasto con la Costituzione ogni norma che stabilisca una responsabilità oggettiva. Lo stesso art. 27 contiene la regola della presunzione di non colpevolezza dell’imputato fino alla condanna definitiva. In applicazione di tale principio, non può essere eseguita la sentenza di condanna di primo grado o anche di secondo grado, se non quando essa sia passata in giudicato. L’art. 27 contiene, infine, il divieto della pena di morte, cui può farsi eccezione solo nei casi previsti dal codice penale militare di guerra (ma il nostro legislatore ha escluso tale eccezione) e vieta del pari le pene che consistano in “trattamenti contrari al senso di umanità” e che non tendano “alla rieducazione del condannato”; di qui la grave questione della legittimità costituzionale della pena dell’ergastolo dichiarata infondata dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 264 del 1974 (si tenga conto, peraltro, che l’art. 176 del codice penale prevede ormai da tempo la liberazione condizionale dei condannati all’ergastolo dopo ventisei anni di reclusione. FONTI DI DIRITTO I caratteri delle norme giuridiche Secondo una tradizionale affermazione, i caratteri delle norme giuridiche sono la generalità, l’astrattezza, la novità, l’imperatività o coazione. L’astrattezza significa che la norma è sempre volontà astratta, volontà preliminare all’azione, non volontà concreta, riferita ad un’azione particolare. In altre parole, la norma esamina la possibilità di una condotta futura: perché la norma venga applicata ad una situazione concreta, occorrerà che questa si manifesti e che il giudice, o qualunque altro organo competente, sia chiamato ad applicare la legge appunto al caso concreto. Fanno eccezione peraltro le norme “retroattive” da considerare pur tuttavia solo in parte ammissibili. 22 Anche la novità è un altro carattere tipico della norma giuridica: è intuitivo infatti che, proprio per il principio della relatività del diritto, ogni norma viene emanata per regolare un comportamento che fino a ieri si riteneva che non dovesse essere regolato, oppure allo scopo di modificare un già esistente regolamento di quel tale comportamento. L’imperatività (o coazione) consiste nel fatto che la norma prevede la sanzione. Va osservato come questo non sia uno dei caratteri essenziali delle norme giuridiche, le quali non poggiano necessariamente sulla sanzione, bensì sull’effettività, cioè sulla convinzione collettiva della loro obbligatorietà. Sotto questo profilo, si sogliono distinguere le norme stesse in norme: a) perfette, cioè munite di sanzione; b) meno che perfette, accompagnate cioè da sanzioni che non sono in grado di ripristinare la situazione esistente prima della violazione della norma; c) imperfette, cioè non accompagnate da alcuna sanzione. Per fonti del diritto si intendono gli atti ed i fatti dai quali hanno origine le norme giuridiche (diritto oggettivo), individuando le fonti-atto il diritto scritto e le fonti-fatto il diritto non scritto o, in senso lato, consuetudinario. Altra distinzione preliminare è quella tra fonti di produzione e fonti di cognizione: le prime consistenti in atti o fatti cui l’ordinamento riconosce l’idoneità a porre in essere una norma tramite l’individuazione degli organi e dei procedimenti attraverso cui la norma viene posta in essere; le seconde, gli atti formali attraverso cui la norma prodotta viene portata a conoscenza dei soggetti destinatari. Nel nostro ordinamento le “fonti del diritto” furono per la prima volta elencate sistematicamente nelle c.d. “preleggi”, cioè nelle “disposizioni sulla legge in generale” che aprono il codice civile approvato nel 1942 (artt. 1-9). L’elenco formulato nell’art. 1 delle “preleggi” qualificava come fonti: 1) le leggi; 2) i regolamenti; 3) le norme corporative (soppresse con la caduta dell’ordinamento corporativo fascista); 4) gli usi. Questo elenco risulta, oggi, largamente superato alla luce della Costituzione del 1948. Oggi, una prima ricognizione del sistema delle fonti di produzione operanti nel nostro ordinamento conduce ad individuare: 1) la Costituzione; 2) le leggi costituzionali e di revisione costituzionale (art. 138 C.); 25 ogni intervento nella materia, oppure quando la norma espressamente dichiara che potrà provvedersi solo con legge costituzionale (esempi, artt. 71, 116, 132, 137 C.). Il diritto non scritto La consuetudine (gli “usi”) è una fonte sia di diritto privato che di diritto pubblico, ma è di particolare rilevanza nel diritto pubblico. Essa si distingue dal fatto normativo – anch’esso di rilevanza eccezionale nel diritto pubblico, si pensi all’instaurazione di fatto di un nuovo ordinamento – in quanto poggia non solo sull’elemento soggettivo, che consiste nella convinzione di doversi comportare in un dato modo perché giuridicamente obbligatorio, ma anche sull’elemento oggettivo, che consiste nel costante ripetersi di un dato comportamento entro uno spazio determinato, mentre il fatto normativo si esaurisce in un solo evento. Vanno qui, in primo luogo, ricordate le norme consuetudinarie internazionali, alle quali, secondo l’art. 10, I co., C., “si conforma” l’ordinamento interno (è la c.d. norma di adattamento automatico del diritto interno al diritto internazionale) Diverse dalla consuetudine sono le norme di correttezza costituzionale e le convenzioni costituzionali (c.d. conventions): le prime sono norme di buon funzionamento, le seconde accordi di comportamento reciproco fra organi costituzionali, che tendono al contemperamento della pari sovranità. Nell’ambito degli uffici pubblici, si distingue dalla consuetudine la c.d. prassi, che caratterizza il comportamento di fatto dei singoli uffici fra di loro e nei rapporti col pubblico. Essa non costituisce fonte del diritto. Analogamente, nel nostro ordinamento, a differenza che in quello dei paesi c.d. di common law (Inghilterra, Stati Uniti, Canada), non costituisce fonte del diritto il precedente giudiziario. Il rinvio ad altri ordinamenti Talvolta si applicano, nel nostro ordinamento, norme di un altro ordinamento, richiamate mediante norme in bianco: sono i casi del rinvio a norme straniere e della c.d. presupposizione di esse o di istituti da esse regolati. Il rinvio è materiale, o recettizio, quando per effetto di esso le norme straniere sono recepite nel nostro ordinamento, identificate e come cristallizzate nello stato in cui si trovano all’atto dell’emanazione della norma italiana che contiene il rinvio. Esso è invece formale o non recettizio, quando si limita ad indicare le norme straniere regolatrici delle materie, presenti o future, che dovranno essere applicate nel nostro ordinamento Nel primo caso – più raro – la norma straniera viene “nazionalizzata” così come è all’atto del rinvio, e resta tale anche se viene modificata od abrogata, in seguito, nell’ordinamento straniero: mentre nel secondo – più frequente – volta per volta l’interprete dovrà ricercare quale sia la norma da applicare, in relazione ai mutamenti che nel diritto straniero possono essersi prodotti nel frattempo. Esempio classico di rinvio formale è quello disposto al diritto internazionale generalmente riconosciuto dall’art. 10 C. 26 La presupposizione:La presupposizione è un istituto affine a quello del rinvio: in certi casi le nostre leggi presuppongono le definizioni di istituti stranieri che sono contenuti nelle leggi dei relativi ordinamenti. Si pensi, ad es. alla nozione di cittadino o di capo dello Stato del paese X o Y: è chiaro che occorrerà far capo alle leggi di quel paese per accertare se Tizio è cittadino del paese X o se Caio è capo di quello Stato. Sono ipotesi che si presentano frequentissimamente sia in diritto internazionale privato, quando, per esempio, il giudice italiano è chiamato ad applicare la legge nazionale ad uno straniero, sia quando occorre accertare, ai fini dell’attentato al capo di Stato estero, oppure ai fini protocollari del suo ricevimento, chi sia il capo dello Stato secondo la relativa costituzione. 27
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved