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La globalizzazione economica: un'analisi critica - Prof. Montagna, Sintesi del corso di Sociologia

La globalizzazione economica, analizzando le sue implicazioni e le controversie che la circondano. Vengono esaminate le ragioni degli scettici sulla globalizzazione, le strutture dell'attività economica mondiale, l'internazionalizzazione dell'autorità politica e la globalizzazione della stessa attività politica. Vengono inoltre discusse le disuguaglianze a livello globale, la divisione della forza lavoro mondiale, la marginalizzazione dei perdenti e l'erosione della solidarietà sociale all'interno delle nazioni. Il documento conclude con la necessità di un nuovo patto globale per porre sotto controllo le forze della globalizzazione economica e creare un ordine mondiale più giusto ed umano.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 26/02/2024

Maria-Bilotti
Maria-Bilotti 🇮🇹

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Scarica La globalizzazione economica: un'analisi critica - Prof. Montagna e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! GLOBALISMO E ANTIGLOBALISMO INTRODUZIONE Nel corso degli ultimi anni il fenomeno della globalizzazione ha catturato l’attenzione del largo pubblico e viene usato per cercare di spiegare qualsiasi fenomeno che si sta verificando. Es. come il film Guerre stellari sia diventato così popolare. Sebbene il termine “globalizzazione” si sia diffuso solo recentemente, molti studiosi individuano la sua nascita nell’800-900. L’espansione del fenomeno dell’interdipendenza tra nazioni ha fatto sì che cio che accade al di fuori dei confini nazionali impatta anche l’interno e viceversa. Questi fattori dato origine ad un dibattito sulla globalizzazione. Qui si scontrano le teorie piu recenti sulla globalizzazione contro quelle classiche del conservatorismo e socialismo. In realta il fenomeno stesso della globalizzazione non riesce ad essere definito univocamente dalle varie ideologie. L’unica cosa c’erta e che le persone si dividono in “globalisti”, che considerano la globalizzazione un processo storico reale e significativo, e gli “scettici”, che la considerano una costruzione ideologica. “globalisti” e “scettici” sono pero degli idealtipi che aiutano a comprendere meglio i ragionamenti inerenti al fenomeno. CAPITOLO PRIMO – COME CONCETTULIZZARE LA GLOBALIZZAZIONE Non esiste un'unica definizione universalmente accettata di globalizzazione. Essa e stata variamente concepita come: - un’azione a distanza, secondo cui un’azione compiuta in un luogo avra conseguenze anche in un altro luogo lontano; - una compressione spazio-temporale, con riferimento alla velocita di comunicazione grazie alla tecnologia; - accelerazione dell’interdipendenza, intensificazione dei livelli di interconnessione tra economie e società nazionali; - contrazione del mondo, erosione dei confini e delle frontiere geografiche per effetto delle attività socio economiche. Tutti questi punti, e tanti altri, si soffermano ed enfatizzano vari aspetti che la globalizzazione va a toccare. 1. Il concetto di globalizzazione Il concetto di globalizzazione si riferisce a reti durature ed istituzionalizzate di interconnessioni a livello globale. Tali interconnessioni si amplificano e si espandono a tal punto che un evento locale può avere riscontri globali. Ciò ci porta anche a ridefinire i concetti di spazio geografico e di tempo, in particolar modo grazie ad internet possiamo dire che quanto più le distanze diminuiscono, tanto più aumenta la velocità delle interazioni sociali. Il termine “globalizzazione” si riferisce quindi ad una trasformazione nella scala dell’organizzazione della societa, che relaziona tra loro comunita e continenti distanti. Quest’interconnessone, però, non indica il nascere di una società globale armoniosa ed equamente distribuita, infatti suscita politiche reazionare e profondi sentimenti xenofobi. 2. Il mito della globalizzazione Gli scettici si chiedono: se il concetto di “globale” non può essere inteso come tale, cosa significa allora globalizzazione? Per cercare di rispondere a tale quesito, gli scettici cercarono di sottoporre tale concetto ad un test: viene costruito quindi un modello astratto di economia, di cultura e di società globale per verificare quanto le tendenze attuali corrispondano a tale modello. Essi però, invece di smentire tale fenomeno, non solo lo confermano ma arrivano alla conclusione che sia anche parte portante dei trend mondiali, strettamente legati alla “internazionalizzazione”. Secondo molti scettici il mito della globalizzazione è usato per giustificare e legittimare il progetto neoliberista globale, cioè la creazione di un mercato mondiale ed il consolidamento del capitalismo angloamericano all’interno delle principali regioni economiche del mondo. A questa posizione degli scettici è spesso associato un forte attaccamento all’ontologia marxista, secondo cui il capitalismo deve espandersi continuamente in nuovi territori per poter sopravvivere. Gli imperi tradizionali, infatti, sono gestiti dal G7 (oggi G20) e dalla Banca Mondiale. La globalizzazione, dunque, non è altro che una nuova modalità dell’imperialismo occidentale. Quest’interdipendenza mondiale e , pero , solo una condizione temporanea e contingente in quando, la corsa al potere dei vari stati egemoni e inevitabilmente destinata a concludersi. 3. La risposta dei globalisti In risposta agli scettici, i globalisti negano che tale fenomeno sia una pura ideologia ma non smentiscono il fatto che sia utile alle potenti forze sociali del mondo occidentale, mettono quindi in risalto i cambiamenti strutturali reali dell’organizzazione sociale moderna. L’analisi globalista prende le mosse da una concezione della globalizzazione come un insieme di processi tra loro correlati che operano all’interno di tutte le dimensioni fondamentali del potere sociale, da quello militare, a quello propriamente politico sino a quello culturale. Ciò però non indica che in tutti gli ambiti e in tutte le aree geografiche questo fenomeno procede alla stessa velocità. Oltre a dare una locazione geografica della globalizzazione, dobbiamo anche capire in che arco di tempo essa si sviluppa. Possiamo affermare che non è un fenomeno specifico dell’era moderna, anzi possiamo trovare le sue origini nelle scoperte geografiche, in particolar modo in quelle medioevali, caratterizza inoltre la belle époque e il periodo tra le due guerre. La globalizzazione e quindi un processo indeterminato. I suoi sostenitori negano che essa sia collegata solamente al capitalismo, alla tecnologia e alla modernità occidentale, infatti è piuttosto vista come il prodotto di una molteplicità di forze. Inoltre, è fondamentale tener conto del cambiamento globale che implica un riordino sostanziale dei principi secondo cui si organizzano la vita sociale e l’assetto del mondo. I tre aspetti principali sono: la trasformazione dei modelli dominanti di organizzazione socioeconomica, di territorialita e di distribuzione del potere. Nell’opera di trasformazione delle relazioni tra territori possiamo affermare che i confini territoriali non hanno perso la loro importanza ma semplicemente vengono inseriti all'interno di un contesto globale, mutando così anche gli aspetti socioeconomici di un territorio. Il potere viene, invece, riorganizzato sia a livello locale che globale. CAPITOLO SECONDO – UNA RIORGANIZZAZIONE DEL POTERE? Lo staro sembra onnipresente, la sua costante espansione nella vita quotidiana e evidente. 1. Formazione e predominio dello stato moderno Lo stato moderno emerse tra il 18esimo e il 19esimo secolo circa. Agli inizi era composto da un sovrano che cercava di governare su un dato territorio. Gli Stati moderni, invece, si sono sviluppati come stati-nazione, che esercitano una totale giurisdizione su un'area di territorio precisamente identificata. Una caratteristica importante degli Stati moderni è l'interazione formale tra di essi tramite la diplomazia. Possiamo però dire che solo nel 20esimo secolo, dopo la II guerra mondiale e la decolonizzazione, nacque il moderno ordine internazionale veramente globale. La decolonizzazione non ha certo creato un mondo di Stati egualmente liberi. L'influenza commerciale dell'Occidente e delle sue organizzazioni economiche e politiche è sopravvissuta alla fine del governo coloniale diretto. 2. Verso una politica globale I globalisti sostengono che lo Stato sia diventato un'arena di policy-making frammentata, attraversata da reti transnazionali. L'era contemporanea ha visto il diffondersi di un sistema di livelli multipli di governance, sia all'interno che attraverso i confini politici degli Stati. In parallelo si è sviluppato un corpo di norme “regionali” (inteso come aree mondiali contigue come l’Europa) e internazionali che sostengono l'emergente sistema di global governance, sia formale che informale. Ad un quadro di estese interconnessioni politiche si aggiunge la fitta rete di attività all'interno e fra numerosi fori politici internazionali, ad esempio il G8. L'Unione europea rappresenta un innovativo sistema di governance, che istituzionalizza la collaborazione intergovernativa al fine di dare una risposta collettiva a problemi comuni e che attraversano le frontiere degli Stati. Cambiamenti fondamentali sono anche avvenuti nel sistema militare mondiale, per cui gli Stati preferiscono sottoscrivere una serie di accordi interstatali e di aderire a istituzioni multilaterali per rafforzare la propria sicurezza territoriale. Il potere dello Stato diminuisce ulteriormente a causa dell'espansione delle forze transnazionali che rendono minore il controllo dei singoli governi sulle proprie attivita commerciali. Ormai non possiamo fare a meno di collaborare con altri Stati o soggetti non statali. Un tale sviluppo finisce con il mettere in questione sia la sovranità che la legittimità stessa degli Stati. La sovranità è messa in discussione poiché l'autorità politica stessa dei singoli Stati è in realtà sostituita o compromessa da sistemi di potere politico, economico e culturale di livello regionale e globale. La legittimità è messa in dubbio poiché gli Stati non sono in grado di fornire ai propri cittadini beni e servizi fondamentali Non ci sono prove che si stia realizzando, come suggeriscono gli scettici, un processo di “triadizzazione”, poiché sembra intensificarsi l’interdipendenza anche fra i maggiori centri dell’economia mondiale – USA, Giappone e Europa – e in quanto nessun paese può dettare le regole degli scambi globali. Secondo i globalisti, infatti, la globalizzazione contemporanea non è un fenomeno che riguarda solo e principalmente i paesi dell’Ocse, ma piuttosto e un processo che abbraccia tutti i continenti e tutte le regioni del mondo. Per definizione, l’economia globale è un’economia globale capitalistica, poiché è organizzata sulla base dei principi del mercato e della produzione orientata al profitto. La globalizzazione capitalista ha subito dei cambiamenti e delle “ristrutturazioni” col tempo. Nell'era di Internet, il capitale - sia quello produttivo che quello finanziario - è stato liberato dai vincoli nazionali e dai confini territoriali, mentre i mercati sono diventati globalizzati nella misura in cui l'economia di ciascun paese devono costantemente adattarsi alle condizioni della competizione globale. Le società multinazionali da sole controllano oggi il 20% della produzione mondiale e il 70% del commercio mondiale. Nel settore finanziario le banche multinazionali sono diventate di gran lunga i maggiori attori nei mercati finanziari e giocano un ruolo cruciale nella gestione del mercato monetario. Il modello di globalizzazione economica dell'era contemporanea è stato accompagnato da una nuova divisione del lavoro, favorita in parte anche dall'attività delle stesse multinazionali. La ristrutturazione, ovvero la deindustrializzazione, delle economie aderenti all'OCSE e direttamente connessa al sistema dell’outsourcing della produzione manifatturiera adottato dalle multinazionali che trasferiscono tali produzioni verso le economie di nuova industrializzazione. La globalizzazione economica contemporanea porta con se un mondo sempre più unificato per l’élite nazionali, regionali e globali, ma allo stesso tempo fa sì che le nazioni siano al loro interno sempre più divise, dal momento che la forza lavoro mondiale è segmentata sia all'interno dei paesi ricchi che di quelli poveri, in vincitori e perdenti. Una delle contraddizioni centrali di questo nuovo ordinamento globale dell'economia riguarda la sua direzione politica. La globalizzazione delle attività economiche sfugge, infatti, al controllo normativo dei governi nazionali ma, al tempo stesso, le istituzioni multilaterali finalizzate proprio alla direzione della sfera economica globale, hanno in realtà un’autorità limitata poiché gli stati rimangono i gelosi custodi della propria sovranità nazionale e rifiutano di cedere ad esse un potere sostanziale. I governi, quindi, non avrebbero altra scelta se non adattarsi alle forze della globalizzazione economica. Le strutture di governo dell'economia globale operano principalmente proprio per alimentare e riprodurre le forze della globalizzazione economica, ma sono anche i soggetti che tendono a disciplinare questa nascente “civiltà del mercato globale”. La globalizzazione economica è stata accompagnata da una significativa internazionalizzazione dell'autorità politica e insieme da una globalizzazione della stessa attività politica. Dato che i governi nazionali sono profondamente inseriti in questo sistema di governance economica multilivello, il loro ruolo e il loro potere vengono ad essere ridefiniti continuamente ed in modo decisivo dalla globalizzazione economica. I governi nazionali sono stati costretti in tutto il mondo ad adottare strategie economiche sempre più simili tra loro, e caratterizzate da elementi di neoliberalismo, cioè strategie volte al controllo delle spese, alla riduzione dell'attività di “governo” dell'economia e della società in generale, e soprattutto ispirate a chiari criteri di gestione economica. Alcuni globalisti giungono ad affermare che la globalizzazione economica porterà alla fine del welfare state e della socialdemocrazia, mentre altri vedono uno scenario meno drammatico di convergenza globale e di trasformazione verso sistemi di sicurezza sociale più limitati. Su un punto, tuttavia, essi concordano: l'autonomia economica, la sovranità e la solidarietà sociale degli stati nell'era contemporanea sono state fortemente erose dall'attuale processo di globalizzazione economica. CAPITOLO QUINTO – NAZIONI DIVISE IN UN MONDO INGOVERNABILE Secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite, la globalizzazione contemporanea si associa ad un crescente divario tra paesi ricchi e paesi poveri. La disuguaglianza a livello globale sta diventando uno dei problemi che più spesso vengono affrontati negli incontri delle organizzazioni internazionali. I globalisti tendono a identificare nella globalizzazione economica il principale colpevole delle disuguaglianze. Di contro, gli scettici tendono a negare la sua rilevanza, mettendo in evidenza il perdurante fenomeno dell'imperialismo e le dinamiche della geopolitica. 1. Verso un mondo unico? I globalisti di ispirazione neoliberale considerano la globalizzazione economica contemporanea come la realizzazione di un mercato unico globale che è portatore di modernizzazione e sviluppo. Essi riconoscono che il livello di povertà sì e abbassato di molto negli ultimi cinquant’anni rispetto agli ultimi cinquecento. Al posto delle vecchie fratture tra nord e sud vi è una nuova divisione chiamata “Terzo Mondo”. I neoliberali ci mettono in guardia dal pericolo di perdita di libertà, insito negli interventi delle organizzazioni multilaterali, volti a riequilibrare le conseguenze di un’economia globalizzata e delle sue disuguaglianze. Per loro, la globalizzazione economica porta con sé le precondizioni per un mondo più stabile e pacifico. Secondo i globalisti di matrice socialdemocratica radicale è la globalizzazione stessa ad essere direttamente responsabile dell’approfondirsi della polarizzazione dei redditi e della ricchezza. A questo scenario sono collegati tre elementi: la divisione della forza lavoro mondiale tra quelli che guadagnano e quelli che perdono, la marginalizzazione dei perdenti e l’erosione della solidarietà sociale all’interno delle nazioni. La globalizzazione economica crea dunque un mondo più ricco per alcuni a spese di una crescente povertà per gli altri. Essa mette in atto le condizioni per una ancora più profonda frammentazione dell'ordine mondiale e della società, che è destinata a generare un mondo più instabile. È necessario quindi sviluppare una nuova etica globale che afferma il dovere di prendersi cura della povertà oltre le frontiere degli Stati, così come all'interno di esse. Estendere la socialdemocrazia al di là dei confini nazionali presuppone il rafforzamento della solidarietà tra quelle forze sociali che cercano di contestare o perlomeno di resistere alle modalità attuali della globalizzazione economica. È necessario, quindi, un nuovo patto globale per porre sotto controllo le forze della globalizzazione economica e per creare un ordine mondiale più giusto ed umano. 2. La sfida della diseguaglianza Per gli scettici non è affatto vero che il capitalismo internazionale abbia favorito la creazione di un «mondo unificato», piuttosto esso ha portato ad un aggravamento delle diseguaglianze, in quanto l'intensificazione dei flussi commerciali e degli investimenti mondiali è andato a vantaggio delle economie dei paesi più industrializzati, mentre ha escluso una gran parte del resto del mondo, portando di fatto ad una marginalizzazione della maggioranza delle economie del Terzo Mondo. L'internazionalizzazione del capitalismo sta creando un mondo sempre più ingovernabile e violento in cui la povertà, la deprivazione e il conflitto rappresentano la realtà di ogni giorno per la maggioranza della popolazione mondiale. Ciò che è necessario per porre fine all'imperialismo è un cambiamento rivoluzionario nazionale che deve avvenire sia nelle metropoli che nelle periferie. Solo un nuovo ordine internazionale socialista sarebbe in grado di sradicare la povertà globale attraverso una profonda redistribuzione della ricchezza e dei privilegi. Secondo gli scettici di ordinamento più realista vi sono fattori a livello nazionale, come il tipo di politica economica perseguita da ciascuno stato nazione, che incidono altrettanto se non di più nella distribuzione della diseguaglianza a livello globale. La gerarchia del potere, e di conseguenza l'ineguaglianza, sono ingredienti vitali in una concezione realistica dell'assetto del mondo e costituiscono le basi sulle quali costruire una governance internazionale efficace. I tentativi messi in atto a livello multilaterale al fine di temperare le disuguaglianze globali sono destinati a fallire, poiché i paesi deboli non hanno mezzi efficienti per costringere i paesi forti a prendere delle iniziative che finirebbero con il minacciare loro stesso potere e la loro ricchezza. Secondo gli scettici, è solo all'interno dei confini dello stato-nazione, che si possono trovare e realizzare soluzioni legittime ed efficaci al problema della disuguaglianza globale. Le disuguaglianze possono essere affrontate con successo e legittimamente solo attraverso i sistemi di welfare nazionali. I governi nazionali, concludono gli scettici, sono gli unici strumenti adatti ed efficaci per mediare e riequilibrare le peggiori conseguenze della disuguale internazionalizzazione economica e realizzare una “buona società”. CAPITOLO SESTO – MODELLI NORMATIVI DI UN NUOVO ORDINE MONDIALE Moderna le concezioni del “bene politico” sono state generalmente elaborate al livello delle attività e delle istituzioni statali. 1. Concezioni comunitarie della politica Le teorie dello Stato moderno tendono a delineare un forte contrasto tra poteri dello Stato e potere del popolo. Per i teorici dello Stato come Hobbes, lo Stato è indipendente dai soggetti e dai governanti ed è dotato di proprietà politiche distinte. I teorici della democrazia tendono, al contrario, ad affermare il concetto del popolo come corpo attivo e dotato di sovranità e quindi in grado di costruire, ma anche di abbattere i governi. La teoria del bene politico all'interno della moderna comunità politica territoriale, si basa su un certo numero di assunti. Una comunità politica e costituita in maniera adeguata quando si verificano le seguenti condizioni. 1. I membri hanno un’identità socioculturale comune. 2. Esiste un insieme condiviso di pregiudizi, di progetti e obiettivi che genera un ethos politico comune. 3. Esiste una struttura istituzionale che protegge e rappresenta la comunità, agisce in suo nome e promuove l'interesse collettivo. 4. Tra coloro che governano la Comunità e coloro che sono governati, esiste un rapporto di congruenza e di simmetria. 5. I membri di questa collettività godono di una comune struttura di diritti e di doveri. Secondo questa ricostruzione, che può essere riferita all'analisi antiglobalista del bene politico, le concezioni appropriate di cosa sia giusto per una comunità politica e di suoi cittadini derivano dalle sue stesse radici culturali, politiche ed istituzionali. Il principio di giustificazione fondamentale è un principio comunitario: il discorso etico non può essere staccato dalla concreta forma di vita di una comunità. 2. Verso un’etica globale I globalisti ritengono che il bene politico si possa definire all’interno di un quadro di riferimento in cui le varie comunità si sovrappongono, e nel quale vanno emergendo una società civile transnazionale e una polity globale. I globalisti criticano anche i cinque punti prima elencati. - Per prima cosa, non si può indicare con esattezza l'esistenza di un'identità politica condivisa solo in base alla programmazione di altisonanti simboli di identità politica. Il significato di questi simboli e l'ethos di una comunità sono spesso messi in discussione. I valori comuni stessi di una comunità possono essere oggetto di aspre dispute, infatti, le identità culturali come quelle politiche sono costantemente sottoposte ad un processo di ripensamento. - In secondo luogo, l'argomentazione che considera il bene politico come ancorato fermamente allo stato- nazione, dimentica di prendere nella giusta considerazione la varietà di comunità politiche cui ciascun individuo può scegliere di appartenere. La globalizzazione indebolisce la capacita stessa dello Stato di essere il solo dispensatore di beni nei confronti dei propri cittadini. Nello stesso tempo, la globalizzazione dei processi culturali e delle comunicazioni sta stimolando la formazione di nuove immagini di comunità. Le comunità politiche di successo si confrontano sempre più spesso con una molteplicità di identità, culture e raggruppamenti etnici. Il tipo di consenso che accomuna questa varietà di comunità può risultare fragile, basato com’e su elementi di tipo procedurale. - In terzo luogo, la globalizzazione ha indebolito gli stati, mettendo in discussione la loro sovranità e la loro economia. Nelle politiche economiche e sociali, un punto di orientamento fisso e ormai diventato l'adeguamento all'economia internazionale e specialmente i mercati finanziari globali. Questo tipo di approccio presuppone il perseguimento di specifiche misure sul fronte dell'offerta (supply-side), in particolare l’utilizzazione dell'istruzione e della formazione come veri e propri strumenti di policy. Gli stati devono dunque aiutare i
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