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Descrizione della vita e caratteristiche delle opere di Alessandro Manzoni, Appunti di Italiano

Appunti sulla vita e le opere di Alessandro Manzoni

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 17/08/2021

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Scarica Descrizione della vita e caratteristiche delle opere di Alessandro Manzoni e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! ALESSANDRO MANZONI La vita Alessandro Manzoni nacque a Milano il 7 marzo 1785 dal conte Pietro e da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria l’autore del trattato Dei delitti e delle pene contro la pena di morte e la tortura. Dopo la separazione dei genitori, venne educato nei collegi religiosi, prima presso i padri somaschi, poi presso i Barnabiti. Nel 1805 raggiunse la madre che si era trasferiti a Parigi con il nuovo compagno, Carlo Imbonati e unito dal dolore con la madre, dopo la sua morte, gli dedico l’opera “In morte di Carlo Imbonati”. Stringe una profonda amicizia con Fauriel, importante filologo, che divenne per lui un punto di riferimento e grazie al quale Manzoni riesce a leggere autori del primo romanticismo, non solo del passato. Il matrimonio con la giovane Enrichetta Blondel, nel 1808 portò l’autore a riflettere sul suo credo religioso; la donna si convertì, infatti, dal calvinismo al cattolicesimo stimolando in Manzoni una crisi che lo portò nel 1810 alla “conversione”.Rientra a Milano e si dedicò alla stesura degli Inni sacri, composizioni che celebrano le principali feste cristiane. In origine gli inni dovevano essere dodici, ma il poeta ne porto a termine soltanto cinque. Nel 1821 compone due odi: Marzo 1821 scritta in occasione dei moti scoppiati quell’anno e il cinque maggio composta appena tre giorni dopo la notizia della morte di Napoleone. Sempre tra il 1820 e il 1821 l’autore completa le due tragedi Il conte di Carmagnola e Adelchi. In questo stesso periodo, Manzoni si avvicina al romanzo storico: tra il 1821 e il 1823 stende Fermo e Lucia, la prima versione dei Promessi sposi, un romanzo storico che si propone di offrire un quadro di un’epoca del passato, ricostruendo tutti gli aspetti della società, il costume, la mentalità, le condizioni di vita. Morì a Milano nel 1873, all’età di ottantotto anni. Si interessa alla questione della lingua (1860): ai primi dell'Ottocento mancava ancora in Italia una lingua comune, che fosse usata in tutte le regioni e ciò era dovuto alla divisione politica della penisola e alla scarsa diffusione dell’istruzione e l’altro livello di analfabetismo. Durante l’Unita d’Italia, si cercava di unificare tutto sotto una stessa lingua e furono per questo prese due opere di riferimento: - I promessi sposi di Manzoni > “sciacquare i panni nell’Arno” ovvero che individua il modello di una lingua comune nel fiorentino dell'uso vivo, parlato - Le avventure di pinocchio di Collodi Manzoni si affaccia su più generi: odi, tragedie, saggi e lettere come ad esempio La lettera al signor Chauvet sull’unità di tempo e di luogo. In questo scritto rifiuta le regole aristoteliche sull'unità di luogo, tempo e azione e si sofferma sull’esigenza di trattare del vero. Troveremo 3 principi importanti: - Vero come soggetto + deve integrare fatti storici senza modificare la realtà - Interessante per mezzo + deve comprendere tutte le classi sociali - Utile come scopo + deve dare un insegnamento, stimolando a riflettere sugli ideali più grandi come la giustizia, la libertà, la fede. SCRITTI POETICI Lettera a M. Chauvet Manzoni la compone nel 1820 e la pubblica nel 1823 per rispondere ad una recensione negativa alla sua tragedia “Il conte di Carmagnola”. “Il romanzesco e il reale”: Manzoni veniva criticato perché non rispettava le unità di tempo, luogo, perché gli scritti dovevano rispettare le unità aristoteliche di luogo, tempo e azione. Manzoni afferma che l’unità di azione è indipendente dalle altre, poiché dice che non si può ridurre un’azione in 24 ore e in un’solo luogo e per questo l’unità d’azione e sfalsata rispetto a queste due. Se si seguissero le due unità l’azione diventerebbe astratta, artificiosa e per rafforzare questo concetto pensa al teatro classico francese del 600 e vengono citati drammaturghi importanti come Corneille (r.51) ed esalta l’azione di Shakespeare e il teatro elisabettiano perché qui c’è una pluralità di azioni, tempo e luogo e risulta quindi più avvincente e una maggior fedeltà alla storia vera e propria. “Storia e invenzione poetica”: Qui l’autore considera il rapporto tra storia e invenzione sia nel dramma sia nel romanzo storico. Manzoni rifiuta categoricamente ogni mitologia e fantasia, in nome di una fedeltà assoluta al vero. Manzoni (difende il vero, nega la fantasia, non deve essere considerata) è in nome di una realtà assoluta al vero, al reale. Sia per la tragedia sia per il romanzo parla di vero storico (è la storia che racconta gli eventi, realmente accaduti) e vero poetico (quando l’autore tenta di ricostruire gli eventi tramite la vero-somiglianza, non cose o personaggi realmente accaduti ed esistiti, ma che sarebbero potuti esistere). Ad esempio, nei promessi sposi Renzo e Lucia sono personaggi inventati da Manzoni ma che potevano però esistere realmente in quel periodo storico. Lo scrittore deve attenersi ai fatti accaduti, ricostruire i fatti della storia e collegare letteratura e storia utilizzando sia il vero storico che poetico. Lettera a Cesare D'Azeglio Fu scritta nel 1823 ma ristampata nel 1870 e venne data dall’editore il titolo “sul romanticismo”. Secondo D'Azeglio il romanticismo era superato e Manzoni si rivolge a D'Azeglio perché difende il movimento romantico, in particolare nelle forme che aveva assunto, soprattutto quello che si era diffuso in Lombardia, che non era un guazzabuglio di fantasmi e spettri, diverso quindi dal primo romanticismo tedesco come quello dello Sturm und Drang caratterizzato dall’irrazionalità. Vengono criticate però le posizioni del neoclassicismo: vengono respinti tre punti fondamentali - L’uso della mitologia - Il concetto di imitazione - L’importanza dell’arte Manzoni fissa il suo concetto di poetica in una celeberrima frase: La letteratura deve avere utile vero e interessante. L’utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per il mezzo: Manzoni propone un’aderenza piena alla storia, deve fondarsi sul vero storico e sulla realtà non parlare di mitologia ecc. (vero come soggetto) La scrittura deve avere un'’utilità morale, una praticità per gli uomini, deve essere approfondita in chiave etica e psicologica (utile per iscopo) Per far si che il lettore sia interessato alla materia, e quindi voglia leggerla, gli scrittori devono trattare di una materia interessante in modo da coinvolgere il maggior numero di persone (interessante per il mezzo). È dunque un atto di presunzione perché voleva sostituirsi a dio ed è una cosa inammissibile. Continua dicendo che questi due secoli 700 e 800 sono tra loro opposti perché uno è il secolo dell'illuminismo, del razionalismo, delle rivoluzioni mentre l’800 è il tempo della restaurazione, del romanticismo ed entrambi assistono però al passaggio di Napoleone. Nella seconda parte dell’ode Napoleone è rappresentato nella parte da sconfitto, nell’esilio, medita sul proprio passato e Manzoni non fa altro che rimarcare il suo periodo più buio. Proprio nel momento di trapasso che c'è tra l’esilio e la morte avviene un avvenimento sconvolgente perché Napoleone si converte alla fede cristiana: ci troviamo nelle ultime due strofe vv. 97-108 dove vi è il trionfo della fede e Napoleone che si auto-umilia di fronte al crocifisso. vv.97-98 “Bella immortal, benefica fede ai trionfi avvezza” > apostrofe, invocazione alla fede in cui si avverte tutta la gioia del cristiano Manzoni perchè descrive la fede come bella, immortale e benefica. Mentre il personaggio di Napoleone è definito “di più superba altezza” v.100 ed è l'emblema della superbia che ha avuto la presunzione nel corso della sua vita di bastare a se stesso ed ha cercato addirittura di sostituirsi a Dio, ha voluto imprimere nel mondo attraverso la violenza e il sangue la propria orma. Soltanto alla fine del suo percorso di vita capisce il suo sbaglio, il suo errore e per dire questo Manzoni si serve di un riferimento biblico v.101 “al disonor del Golgota” perifrasi che allude al supplizio della croce, che è la pena più infamante; quindi Napoleone che ha avuto l’atto di presunzione di credersi Dio in terra, convinto di poter lasciare le sue impronte con la sua devastazione, ha preteso di ergersi a giudice dei secoli adesso ritorna in una dimensione cristiana. vv.103-108 “Tu (la fede) dalle stanche ceneri spendi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola sulla deserta coltrice accanto a lui posò”: tu fede allontana dalle ceneri di quest'uomo ogni parola meschina perchè Dio che abbatte e che rialza, che da dolori ora consola e accanto a lui, è accanto a Napoleone nel trapasso tra la vita e la morte. Nel momento in cui Napoleone non essendo stato vicino alla fede cattolica dovrebbe trovarsi da solo, ha accanto a se Dio, che riesce a dare comunque un sollievo al personaggio nel periodo di estrema solitudine. Soltanto alla fine vediamo Napoleone che si avvicina alla fede cattolica; stiamo attenti perchè tutto ciò è invenzione di Manzoni, perché chiaramente Napoleone non si è mai convertito LE TRAGEDIE Manzoni compose due tragedie di argomento storico, entrambi in 5 atti e in versi endecasillabi. Perchè compone delle tragedie? Nella tradizione italiana pochi erano riusciti a comporre delle tragedie, ricordiamo infatti soltanto Vittorio Alfieri; inoltre vuole elaborare una nuova drammaturgia e sappiamo che non era legato alle 3 unità aristoteliche, vuole svincolare l’azione dalle altre due (differente da Goldoni che invece utilizzava per la commedia le unità aristoteliche). Manzoni voleva focalizzare il soggetto su eventi storici, e attraverso lo studio delle fonti ricostruisce determinati argomenti storici; altra cosa interviene direttamente nell'opera servendosi dei cori, un’cantuccio, un angolo in cui l’autore può colloquiare direttamente con il pubblico e si servirà del coro per trattare argomenti per lui importantissimi. Esempio nell’ Adelchi coro atto terzo, Manzoni parlerà dell’oppressione dell’invasore e la possibilità di liberarsi dagli stranieri e visto che non poteva parlare della storia contemporanea utilizzerà la storia medievale (questa situazione è analoga al periodo in cui vive l’autore, ovvero l'oppressione dei più forti sui più deboli, ma non potendone parlare fa riferimento a eventi storici). Un?’ altro fine di Manzoni è quello di stimolare la coscienza etica e critica della popolazione, rendere l’uomo capace di saper distinguere tra bene e male. Quindi: -> Si focalizza su eventi storici -> Interviene direttamente nella narrazione tramite i cori -> Stimola la coscienza critica ed etica della popolazione Manzoni si distacca dal teatro classico, pertanto scelse un'ambiente storico: Il conte di Carmagnola: è ambientato nel ‘400 e tratta le oscure e intricate trame con cui la Repubblica di Venezia prima si serve di un valoroso capitano di ventura e poi lo accusa di tradimento. Adelchi: è ambientato in epoca medievale, dopo la caduta del regno medievale ad opera di Carlo Magno. In entrambi emerge che la condizione dell’uomo è tale che un personaggio può fare male e può subirlo (ciò che nei promessi sposi saranno oppressi e oppressori). Nei generi teatrali, importante è il coro, caratteristico della tragedia classica, greca e latina dove veniva utilizzato per spiegare alcuni elementi. Manzoni lo riprende e lo utilizza come cantuccio, un piccolo spazio in cui ha la possibilità di intervenire direttamente e spiegare per quale motivo accade tale avvenimento. Manzoni scrive in endecasillabi sciolti, privo di uno schema rimico ben definito e utilizza un linguaggio aulico e letterario; innalza molto sia lessico sia sintassi adatto allo stile delle tragedie. ADELCHI È la seconda tragedia di Manzoni composta tra 1820 e 1822. Fu rappresentata per la prima volta a Torino e poi a Milano. Manzoni la scrive perchè era stato a Parigi e dopo diversi colloqui con intellettuali francesi subentra il problema della storia, soprattutto quella medievale. Seguendo le indicazioni di Fauriel, bisogna prestare attenzione a due popoli che per cultura sono differenti e si trovano a combattere tra loro: i franchi (sacro romano impero di Carlo Magno) e i longobardi, diverse per etnie e costumi. Queste ragioni indussero Manzoni a comporre la tragedia e si serve di alcune raccolte settecentesche: - Rerum italicarum scriptores di Muratori - Rerum Gallicarum et Franciscarum scriptores di uno scrittore francese - Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia Le prime due erano fonti storiche, mentre l’ultima è importante perchè Manzoni capisce che c'è un’analogia forte tra ciò che vive lui e ciò che avveniva all’epoca (sopraffazione del più forte sul più debole, caratteristica comune alla storia antica). L'azione si concentra in un arco di tempo più ristretto rispetto al conte di carmagnola: i fatti sono compresi tra 1772-1774 dal momento in cui Carlo Magno invia un proprio messaggero a Desiderio fino alla caduta del regno Longobardo + non rispetta l’unità di tempo e luogo, perchè è sviluppato in 2 anni e in luoghi diversi. Sono 5 atti: il primo si svolge nel palazzo reale di Pavia, il 2 e 3 a Val di Susa, il 4 nel monastero di San Salvatore a Brescia e il 5 a Verona. Il 1 e il 4 sono luoghi interni (palazzo, monastero) mentre gli altri sono luoghi aperti perchè tratteranno di battaglie. La trama: 1° atto: Comincia con l’arrivo alla corte longobarda di Pavia della figlia di Desiderio chiamata Ermengarda, che giunge a corte perchè è stata ripudiata dal marito Carlo Magno. Desiderio è assetato di vendetta, cerca di farsi vendetta e chiede al papa del tempo Adriano | un pretesto per attaccare Roma, cercare in tutti i modi di fargliela pagare. Ermengarda nel frattempo è dilaniata al suo interno, non fa altro che “dolersi della propria natura”, lamentarsi e piangere. L'atto termina quando vi giunge il messaggio di guerra a Carlo Magno. Tutto il primo atto è precedente all’azione bellica. 2° atto: parte l’azione bellica, ci troviamo in Val di Susa. Carlo non riesce a superare le “Chiuse” che erano eroicamente difese dal figlio di Desiderio Adelchi, che si oppone con fierezza a Carlo Magno e riesce in un primo momento a placarlo. Successivamente Carlo finge una ritirata ma in realtà i suoi soldati si pongono alle spalle di Adelchi e riescono a sconfiggerli (i soldati tramite uno stratagemma riescono ad avere la meglio in questa prima battaglia) 3° atto: Adelchi rimugina sulla sconfitta ma è convinto di potercela fare attraverso valori di giustizia e umanità, senza utilizzare stratagemmi vili come ha fatto Carlo. Alla fine di quest’atto c’è il coro, che da voce ai popoli italici e latini (passivi), che erano prima stati spettatori della vittoria dei longobardi e ancora adesso si trovano ad osservare la sopraffazione dei franchi sui longobardi. Importante per l’analogia tra epoca medievale e contemporanea a Manzoni (oppressi e oppressori) 4° atto: ambientato a Brescia ed è dedicato a Ermengarda, consolata dalla sorella che la invita ad abbracciare la vita monastica. Ermengarda quindi l’unica cosa che può fare è diventare suora. Nel momento in cui trova sollievo, le vengono rivelate le nuove nozze di Carlo; così sopraffatta dal dolore cade in delirio e muore. Dopo la sua morte vi è un altro coro (serve a separare gli atti) importante perchè Manzoni delinea il tema della provida sventura: dice Manzoni che la sofferenza è di tutti gli uomini, è l’unico modo per alleviarla è attraverso la provvidenza divina, con cui gli uomini possono ravvedersi delle loro azioni e ottenere la salvezza eterna. Dio mette alla prova tutti gli uomini, sia buoni che cattivi, e lo fa perchè mettendoli alla prova hanno la possibilità di alleviare la sofferenza nel momento in cui credono fortemente alla religione (esempio di Lucia nei promessi sposi: Lucia dice a Renzo che lei i guai non se li è andati a cercare, ma che questi colpiscono tutti indifferentemente, l’unica cosa che cambia è la provvidenza che ci aiuta ad allevare i problemi: in Lucia la provvidenza ha la meglio, lei vive e mette su famiglia mentre per Ermengarda ciò non è possibile, lei tenta di risalire ma non ci riesce). 5° atto: ambientato a Verona dove Adelchi riceve la notizia della caduta di Pavia e della cattura di Desiderio e tenta l’ultimo scontro contro i franchi, non ci riesce e appare il tema della sopraffazione e del dolore: gli uomini si dividono in chi fa il torto e chi lo patisce, i longobardi risultano dalla parte degli sconfitti quindi sono costretti a subire il dolore e Adelchi cerca fino all'ultimo di far fronte a Carlo e non può far altro che dolersi della propria sorte. I personaggi: sono uniti in coppie o di similarità o opposizione Ermengarda e Adelchi + sono due personaggi prettamente romantici, divisi tra sentimento e dovere. Ermengarda ha sentimento nei confronti del marito ma dovere e rispetto nei confronti del padre; Adelchi ha il dovere di proteggere la patria, il proprio popolo e sentimento è quello di vendetta, forza, vigore, di sconfiggere Carlo. Desiderio e Carlo > sono contrapposti perchè uno è longobardo e uno è franco ma entrambi sono sovrani, detengono il potere. Detentori del potere ma schierati su fronti opposti Perchè Adelchi è un eroe romantico? Adelchi vorrebbe agire secondo giustizia, rettitudine, nel secondo atto ricordiamo che vorrebbe combattere lealmente senza inganni o stratagemmi; si trova inoltre a capo di un popolo legato da un dovere di lealtà e deve cercare di fare il possibile per aiutarlo. Mentre Adelchi lotta e solo alla fine ci sarò la rinuncia, Ermengarda invece risiede sempre all’interno, si nutre di ricordi, elabora il tema della provida sventura, e infine l’unica soluzione che ha è quella di morire. Anche lei ha tutte le caratteristiche dell'eroina romantica, perchè è travolta dalla passione amorosa, però vive una passione tragica perchè viene ripudiata nonostante ami ancora Carlo e non riesce a placare questo dolore perchè si trova in un’clima di oppressione e opposizione. Secondo alcuni critici con questi due personaggi vengono ripresi alcune tematiche tipiche della religione cristiana e della vita di Cristo: Sul piano linguistico Manzoni si ispira alla tradizione letteraria toscana, capisce di doversi al fiorentino, al toscano ma non rinuncia a qualche forma dialettale. Manzoni scrive l’ultima redazione dove non cambia molto a livello contenutistico, tematico ma dal punto di vista linguistico e giunge soltanto nel 1840, ma stampata nel 1842 e ha il nome di “quarantana”. Viene revisionata dal punto di vista linguistico con la celebre risciacquatura dei panni nell’Arno perchè Manzoni andrà a documentarsi direttamente sulla lingua parlata in Toscana; utilizzerà infatti non più il fiorentino preso dai manuali, dai vocabolari ma il fiorentino parlato all’epoca e questa revisione conferisce a Manzoni il modello di lingua che dovrà presentare ai futuri italiani e che si prestasse a livello nazionale (serviva per questo un modello vivo). In quest'edizione troviamo inoltre delle incisioni, raffigurazioni, perchè Manzoni volle che un’equipe di artisti guidati dal pittore Francesco Gonin mettessero delle illustrazioni al romanzo, in modo da rafforzare determinati concetti ed espressioni (ritratto di Gertrude, ritratto di lucia e Renzo, Renzo che valica il confine).Nella quarantana viene messa in appendice la storia della Colonna infame che ricordiamo era inserita per estesa nella narrazione nella prima edizione; Manzoni infatti capisce che non va bene bloccare la narrazione troppo a lungo e quindi decide di metterla in appendice ai 38 capitoli. Oltre al modello di Walter Scott, Manzoni utilizza diverse fonti per documentarsi e sono: - Pietro Verri: si occupò della storia di Milano - Melchiorre Gioia: economia statistica - Giuseppe Ripamonti: Istoria pantria ed è presentato all’inizio del romanzo Vengono citati nell’introduzione dei promessi sposi, quando viene spiegato l’artificio del manoscritto e sono fonti certe, che utilizza per accertarsi della documentazione, di scrivere qualcosa che fosse plausibile. Oltre a questi Manzoni comunque conosceva i romanzi stranieri, sappiamo che apprezzava Shakespeare, ad esempio nel quarto capitolo in cui si parla della conversione di Ludovico in Fra Cristoforo, il duello di Ludovico ricorda molto in Romeo e Giulietta quello di Mercuzio, aveva letto poi il don Chisciotte, teneva in considerazione i grandi romanzieri illuministi del 700, numerosi richiami anche ai grandi romanzieri del 700 in particolare nel Fermo e Lucia per quanto riguarda il genere nero, aveva quindi alle spalle una certa tradizione letteraria.(alcune fonti le ritroviamo citate direttamente da Manzoni altre fanno parte della sua formazione culturale, egli infatti studia a Parigi , si documenta, legge di tutta la narrazione straniera) Struttura: L’opera si apre con un’introduzione importante dove spiega l’artificio del manoscritto: Manzoni dice che questa storia è originaria da un’ manoscritto antico del ‘600 che ha trovato, dai tratti ampollosi e barocchi, molto difficile da leggere e allora lui traduce in una lingua meno retorica e meno complessa per permettere di farlo leggere a tutti. Quest’artificio serve a Manzoni per fingere che la storia presentata sia vera e poi di sdoppiare le due parti di narratore: infatti abbiamo da una parte il narratore anonimo del manoscritto del 600 e dall’altra il moderno trascrittore, il narratore che traduce ovvero Manzoni stesso. Naturalmente l’artificio è una finzione. Il romanzo è suddiviso in 38 capitoli, suddivisi in macro sequenze: nei primi otto capitoli vengono presentati i personaggi nel piccolo paesino, nel momento in cui i bravi intimano a Don Abbondio di non celebrare il matrimonio, i due promessi sposi cercano di fare un matrimonio a sorpresa e far rinsanire Don Rodrigo, non ci riusciranno e alla fine dell’ottavo capitolo leggiamo l’addio ai monti, celebre passo in cui i due promessi sposi si separano, Renzo va a Milano e Lucia a Monza; poi si apre la prima digressione con la storia di Gertrude capitoli nove e dieci; nei capitoli undici a diciannove abbiamo principalmente la vicenda di Renzo nei tumulti Milanesi e la successiva fuga nel bergamasco; capitoli venti e ventuno vi è la storia dell’innominato; si passa a Lucia, che si trova prima presso il castello dell’innominato e poi presso la casa di donna Prassede; capitoli trentuno e trentadue vi è la digressione sulla peste, vengono spiegati nel dettaglio la discesa dei Lanzichenecchi a Milano che porteranno la peste e nell’ultima parte il paese colpito dalla peste, la morte di Don Rodrigo fino al matrimonio dei due promessi sposi. Ambientazione: | promessi sposi ricoprono un periodo che va dal 1628 al 1630. All’interno della storia vi sono degli eventi storici: i tumulti milanesi, la guerra del Monferrato, la discesa dei Lanzichenecchi e la successiva epidemia di peste, tutti eventi realmente accaduti che Manzoni introduce per dare quel senso di verosimiglianza e verità alla narrazione. Il romanzo è ambientato nella Lombardia del 600, Manzoni non poteva scriverlo ambientandolo nell’800 perchè c’era la censura austriaca, allora prende di mira il 600 perchè ci sono delle analogie; nel 600 la Lombardia era sotto il dominio spagnolo e ricordiamo che questo periodo fu messo sotto accusa dall’illuminismo, non era apprezzato dagli intellettuali Francesi proprio perchè dominato dalla violenza, dall’arbitrio dei potenti e anche a livello letterario è secolo definito poco razionale, ampolloso, basato sulla meraviglia, sullo stupore. Un personaggio tipicamente seicentesco è Don Ferrante, il marito di Donna Prassede che accudisce Lucia nel suo interno dopo che l’Innominato si è convertito; Don Ferrante è concentrato su studi particolari di astrologia, di generi cavallereschi ed è convinto che la peste non esiste, non può colpirlo e proprio lui morirà a causa di quest’ultima, perirà della sua vacuità, poca esattezza della scienza. Tempo: L'arco temporale va dal 1628 al 1630 ed è di 2 anni. Però dobbiamo distinguere tempo della storia e del racconto: la storia prende inizio il 7 novembre 1628 quando i bravi incontrano don Abbondio e succede che nei primi capitoli il tempo del racconto è più lungo rispetto a quello della storia perchè ogni capitolo equivale a una parte di un giorno e fino alla conversione dell’Innominato (punto di svolta del romanzo) si susseguono 17 capitoli in soli sette giorni, c’è una dilatazione del tempo del racconto e una ristringimento del tempo della storia quando poi c’è la conversione il tempo si dilata, passeranno mesi, anni e nel momento in cui avviene la peste pochi capitoli equivalgono a periodi lunghi, mesi e addirittura un anno fino ad arrivare al 1630.(nell’ultima parte c’è un inversione tra tempo della storia e del racconto). Spazio: i luoghi fondamentali dei promessi sposi sono il paese e la città che sono tra loro in antitesi: possiamo notare che all’inizio del romanzo i personaggi si muovono all’interno del loro paesino e conoscono le varie dinamiche, si sentono protetti e al sicuro nel loro rifugio; mentre nel momento in cui un personaggio umile come Renzo viene trasportato nella realtà cittadina si ritrova nel caos, nella confusione e perde quella sicurezza e quelle coordinate. Quindi mentre il paesino, seppur corrotto, mantiene comunque un suo ordine, i ritmi sono più dilaniati nella città regna il caos, domina il movimento, compaiono queste grandi masse in azione e il tempo è molto veloce, frenetico (La strada è il luogo del pubblico, degli incontri, delle esperienze dove e possibile crescere). All’interno dell’opera ritroviamo due luoghi fondamentali: il palazzotto di Don Rodrigo descritto a inizio del settimo capitolo, modellato sul romanzo gotico inglese, è posizionato sull’altura e stando sull’alto rappresenta il potere che prevalica sull’umile, ed inoltre è l'emblema del male stesso in quanto frutto di egoismo, meschinità; e il castellaccio dell’Innominato, privo di qualsiasi vegetazione e gli interni sono presentati spogli, senza decorazioni, ci sono solo le armi mentre all’esterno il castello esprime la sua grandezza, la sua superbia proprio perchè l’innominato sembra confrontarsi in maniera superba con Dio. I due termini, castellaccio e palazzotto sono usati per dare un senso dispregiativo ai due luoghi. Nel romanzo si incontrano anche tre osterie: quella del paese natio dove Renzo parla con i suoi amici Gervasio e Tonio, che dovrebbero fare da testimoni al matrimonio a sorpresa; l’osteria della “Luna piena” quando Renzo si ritrova a Milano, va a mangiare in questa locanda e colloquia con una spia che pensa di parlare con il capo della rivolta, così fa bere Renzo a dismisura e quest’ultimo rivela il suo vero nome, e l'indomani mentre dorme arrivano le guardie che cercano di catturarlo e poi Renzo fugge; l’osteria di Gorgonzola, quando Renzo fugge va a rifocillarsi in questa taverna e qui sente che si sta parlando della rivolta di Milano e capisce che le persone credono che sia lui il protagonista, il capo. Queste osterie sono luoghi molto dinamici, gente che entra, gente che esce e Renzo ha a che fare con molte persone. Altro luogo è il convento della monaca di Monza, un’luogo chiuso in cui nessuno può accedere, dove vi è una certa ripetizione perchè tutti devono compiere le stesse azioni e il tempo è scandito soltanto per ripetere le stesse azioni all’infinito ed è importante perchè non vi è la gioia della monacazione, ma soltanto sacrificio, la pesantezza della costrizione della monaca che poi passerà come vedremo da essere aiutante dei buoni ad aiutante mezzo dei cattivi. È importante sottolineare che il convento è vicino alla casa di Egidio, colui con cui la monaca ha una relazione. Il Lazzaretto è un’luogo definito dalla critica fra un ospedale e un campo di concentramento; qui ci sono i monatti che trasportano gli ammalati di peste e i frati cappuccini che cercano attraverso il loro spirito di carità e di sacrificio di dare sollievo agli appestati. Personaggi: secondo il critico Franco Fido il romanzo è costruito su un sistema binario: all’interno del romanzo c'è chi opprime e chi è oppresso. Da una parte troviamo gli oppressi Renzo e Lucia e dall'altra gli oppressori Don Rodrigo e l’Innominato. Gli oppressi hanno dei protettori che sono Fra Cristoforo e il cardinale Federico Borromeo, i quali appartengono alla chiesa buona perchè animati da uno spirito di carità; mentre dall’altra parte abbiamo Don Abbondio e Gertrude, definiti “gli strumenti” e appartenenti alla chiesa cattiva. Nella prima metà del romanzo vi sono in opposizione Renzo e Don Rodrigo, anche se questi due personaggi non si incontreranno mai, solo ala fine del romanzo nel Lazzaretto quando Don Rodrigo e in punto di morte. Il loro antagonismo è per Lucia perchè da una parte c’è Renzo che ama Lucia e vuole sposarla, dall’alta parte c'è Don Rodrigo che ostacola il matrimonio soltanto per puro. Nella seconda metà del romanzo troviamo l’opposizione Lucia e Innominato, e il momento cruciale è la conversione dell’Innominato alla fede cattolica grazie anche all’intervento del cardinale Federico Borromeo, sarà un punto di svolta perchè passerà da essere oppressore a protettore degli umili. Uno studio di Luigi Russo, importante critico e studioso napoletano, dice che tra questi personaggi quattro provengono del mondo popolare-borghese e sono Renzo, Lucia, Fra Cristoforo e Don Abbondio e quattro appartengono invece al mondo nobiliare e sono Don Rodrigo, Innominato, Gertrude e il cardinale Borromeo. Poi altra cosa che nota è che quattro appartengono al mondo religioso e quattro sono laici. Renzo: è un personaggio che sta sempre per strada, progredisce, compie delle esperienze stando a contatto con più persone ed è l’erede del romanzo picaresco, un romanzo spagnolo in cui troviamo sempre un personaggio del popolo per strada a contatto con più persone che cerca di attivarsi e migliorare. Renzo sappiamo che non è molto intelligente, infatti il suo primo impeto è quello di uccidere Don Rodrigo, farsi giustizia da solo utilizzando la violenza. È un personaggio però caratterizzato da un forte senso pratico, riesce comunque ad uscire dagli imbrogli che succedono in città, come nel caso dei tumulti, dove lui appare inizialmente sciocco perchè prende il pezzo di pane e va via, venendo etichettato come capo della rivolta, ma nel momento in cui deve fuggire si rivela scaltro nel trovare una soluzione. Renzo da filatore, personaggio umile, alla fine del romanzo diventa imprenditore, compie un processo di evoluzione che lo porta da essere proletario a borghese, il suo personaggio progredisce, cresce. Lucia: a differenza di Renzo che sta per strada, a lei la ritroviamo sempre nei luoghi interni: prima è a casa con la mamma Agnese, poi nel convento con la monaca di Monza, nel castellaccio dell’Innominato, a casa di Donna Prassede. Il suo personaggio ha un carattere riservato, timoroso, poco propenso all’azione, non la troveremo mai a stretto contatto con altre persone, deve sempre appoggiarsi a qualcuno, molto spesso al braccio materno di Agnese ma è fiduciosa della Provvidenza (è infatti il personaggio a cui Manzoni dedica questa visione della Provvidenza). Infatti, Lucia è serena nell'accettare le prove, i patimenti a cui è sottoposta, ha sempre fiducia nella provvidenza, non l’ha abbandona mai ed è importante perchè incarna l'ideologia e la personalità manzoniana, dell’autore, che crede bisogna affidarsi esclusivamente alla provvidenza (questo concetto lo vediamo alla fine del romanzo) Fra Cristoforo: importante personaggio perchè tra i protettori è colui che scioglie la situazione, prima li aiuta facendoli dividere, scioglie il voto, persuade Renzo a perdonare Don Rodrigo, permette l’unione dei due giovani risolvendo le azioni dei personaggi. Don Abbondio: è descritto con due espressioni famosissime: “non era un’cuor di leone” (litote) che viene utilizzata per dire che era un fifone e poi “è un vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di vasi di ferro” per dire che è una persona debole, ed è un modo per dire che il suo sacerdozio è dovuto ad altri fattori e non certo per vocazione, Don Abbondio cerca di rifugiarsi nel sacerdozio per evitare possibili patimenti e sofferenze e appena ha un motivo per assecondare il più forte lo fa, a causa del suo timore. Gertrude: altro personaggio negativo, appartenente all’alta nobiltà, diventa monaca proprio perchè essendo donna e per non sperdere il patrimonio del padre doveva intraprendere la carriera sacerdotale; abbiamo quindi una monacazione forzata che rimanda al romanzo dello scrittore e filosofo illuminista Diderot “la Monaca” dove appare questo tema. Cardinale Borromeo: rappresenta il volto positivo della gerarchia ecclesiastica ed è caratterizzato da un'autentica religiosità e uno spirito di carità e cosa importante sostiene l’Innominato nella sua conversione ed è il segno tangibile di come la chiesa può farsi portatrice di giustizia. L’Innominato: con questa conversione è molto vicino alla figura di Napoleone del “5 maggio”.
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