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Dewey democrazia e educazione, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto del libro "Dewey democrazia e educazione", esame di pedagogia generale

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 28/09/2020

Mosbitheclubber
Mosbitheclubber 🇮🇹

4

(1)

5 documenti

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Scarica Dewey democrazia e educazione e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! DEWEY- DEMOCRAZIA ED EDUCAZIONE INTRODUZIONE Obiettivo del libro: esporre in stile pragmatico le idee implicite di società democratica e applicazione di queste nel campo educativo; riprendendo scopi e metodi dell’educazione pubblica oltre che valutando criticamente i vecchi principi e metodi ancora in uso. Il libro è una riflessione filosofica sull’educazione. E’ stato scritto nel 1916; in quel periodo l’America è fortemente liberale (intervento minimo dello stato, la mia libertà finisce dove inizia quella altrui). Dewey fu il portavoce delle idee “PROGRESSIVE”, vede l’educazione come problema collettivo e istituzionalizzata a livello distrettuale (finanziata da fisco pubblico e donazioni private) e omnicomprensiva. L’idea di democrazia non è quella che abbiamo oggi e non è interessato ad ampliare la base aristocratica americana ma solamente far sì che chi governa pensi al bene pubblico, puntando alla problematizzazione etica. Pensa quindi ad una democrazia MERITOCRATICA con possibilità di ascesa sociale fornendo i mezzi ai cittadini per alfabetizzarsi e specializzarsi. CAPITOLO 2: EDUCAZIONE COME FUNZIONE SOCIALE L’educazione è il principale processo di rinnovamento del singolo e del gruppo. È un processo di nutrizione, allevamento e coltivazione; etimologicamente significa “tirar su, guidare”. Lo scopo è formare un buon cittadino. Educare non concerne solo il modellamento fisico ma anche trasmettere gli interessi, scopi e idee di un gruppo sociale. Verranno assimilati attraverso l’azione dell’ambiente nel suscitare certe reazioni. L’ambiente consiste nelle condizioni che promuovono o impediscono le attività caratteristiche di un essere umano. Non è solamente ciò che ci circonda ma la continuità delle tendenze attive in grado di mutare e formare le caratteristiche dell’essere umano. L’ambiente EDUCA. L’ambiente sociale quindi forma la disposizione mentale ed emotiva della condotta degli individui a partire da un’attività che ha certi scopi e certe conseguenze. Una persona sarà comune inevitabilmente in parte legata alla vita familiare ma se non sviluppa un interesse per la peculiarità del suo gruppo rimarrà al di fuori di esso. L’unico modo di controllare l’educazione è il controllo dell’ambiente. Noi educhiamo solo indirettamente per mezzo dell’ambiente. le scuole sono l’esempio di ambiente formato con lo scopo di influenzare le disposizioni mentali degli allievi. La scuola ha tre funzioni specifiche: 1. SEMPLIFICARE E ORDINARE 2. PURIFICARE E IDEALIZZARE 3. EQUILIBRARE. Ha anche il compito di integrazione delle differenze. CAPITOLO 4: L’EDUCAZIONE COME CRESCITA Nel dirigere le attività dei giovani la società determina il proprio avvenire, in quanto questi saranno la futura società. La prima condizione di crescita e rinnovo è L’IMMATURITA’: questa deve essere presa non come mancanza comparativa con l’adulto; ma in senso assoluto come né negativa né positiva, poiché un essere può svilupparsi e cambiare solo se non è sviluppato, è quindi intesa come abilità a svilupparsi, con caratteristiche di DIPENDENZA e PLASTICITA’. L’immaturità con annessa interdipendenza porta a crescita di abilità e compensazione delle carenze. Plasticità ci si uniforma all’ambiente mantenendo la propria inclinazione, si impara facendo l’esperienza modificando le reazioni in base al passato al fine di sviluppare le disposizioni per acquisire abitudini; imparando a regolare gli istinti secondo il variare delle circostanze, possibilità di PROGRESSO. Il rischio dell’ASSUEFAZIONE è quello di accettare l’ambiente così com’è, senza volerlo cambiare da come è dato, contemplando insieme un adattamento dell’ambiente alle nostre attività. L’abitudine fissa, o routine, segna l’arresto della crescita poiché costituita da risposte sempre pronte come azione, con potere fisso su di noi, con gesti meccanici e ripetizione. Segna la fine dell’educazione intesa come sviluppo, rinnovamento continuo e fine a se stesso. Non si è mai finito di crescere ed educarsi. Le false idee sull’educazione quali immaturità come privazione, adattamento statico e rigidità delle abitudini portano a vedere la sola fase adulta aspettata con impazienza non tenendo conto dei poteri istintivi dei bambini e spesso reprimendoli/trascurandoli con esercizi di abilità automatica formanti alle norme esterne. I punti su cui si fonda l’educazione dovrebbero essere: mantenere il suo istinto naturale ed eliminare il resto; armare la sua vita naturale con la consapevolezza della direzione da raggiungere; senza fine oltre la crescita stessa. Il criterio di valutare l’educazione scolastica è dato dal grado cui ha saputo portare il desiderio di svilupparsi continuamente e dai mezzi forniti per la realizzazione del progresso. CAPITOLO 7: IL CONCETTO DEMOCRATICO NELL’EDUCAZIONE L’educazione varia in base al tipo di vita che predomina nel gruppo. Bisogna distinguere società da comunità: società è considerata una per sua natura, concepita come unità. Il termine in sé denota una pluralità di associazioni buone e cattive (tutte formano la società, nessuna esclusa; la società puramente ideale non è applicabile). È necessario stabilire un’unità di misura, basata su condivisione di interessi e libero scambio con altre forme di associazione. La democrazia è costruita come vita associata basata su fiducia nella moltitudine di interessi comuni e un cambiamento delle abitudini sociali grazie all’interazione di questi. Il governo deve essere guidato da volontari disposti ed educati; garantendo pari opportunità senza divisione di classi sociali. La democrazia è intesa come modo di vita associata, scambio e condivisione. Le conseguenze delle idee democratiche sull’educazione sono ben visibili in tre teorie educative storiche:  FILOSOFIA PLATONICA per Platone una società è stabilmente organizzata quando ogni individuo si attiva in modo da essere utile secondo ciò cui è portato per natura. Il compito dell’educazione è scoprire queste attitudini e coltivarle progressivamente poiché il posto dell’individuo non è predeterminato. Platone considera solamente tre tipi di facoltà nella natura dell’individuo, non riconoscendo l’individualità personale e l’infinità di combinazioni possibili.  IDEALE INDIVIDUALISTICO DEL 18° SECOLO (ROUSSEAU) corrente naturalistica a favore dell’individualità e del suo libero sviluppo secondo le leggi naturali. L’individuo emancipato doveva diventare l’organo e l’agente di una società vasta e progressiva; la società di allora era definita come limitata nella libertà di espressione e deformante; emancipazione trovata nel seguire devotamente il culto della natura. Non ebbe però riscontri pratici. CAPITOLO 12: IL PENSARE NELL’EDUCAZIONE- IL METODO L’obiettivo della scuola per quel che concerne la mente degli allievi dovrebbe essere quello di sviluppare la capacità di pensare. Il pensiero è il metodo dell’apprendimento intelligente di un’esperienza in sviluppo; necessita quindi di una situazione empirica di base con approccio meno istituzionale possibile per vivere a pieno l’esperienza e risvegliare il pensiero. L’errore principale dei metodi d’istruzione è il postulare agli allievi esperienza predefinite (es. regole di matematica già date) con impazienza di coltivare distinzioni intellettuali adulte. Solo con materiale grezzo e la manipolazione intenzionale si sviluppa l’intelligenza. Bisognerebbe dare all’allievo qualcosa da fare, non da imparare. I bambini sono pieni di domande e interessi fuori dalla scuola, ma all’interno risultano disinteressati agli argomenti. Vanno posti più strumenti e più occasioni d’esperienza per favorire domande spontanee. Il materiale del pensare non è il pensiero ma i fatti, per pensare efficacemente ci vogliono esperienze fornenti i mezzi per affrontare difficoltà presenti. Le nozioni date dagli altri sono da evitare, poiché non flessibili e originarie. Il pensiero si deve si fondare su cose note, ma deve poter adibire materiali vecchi a nuove operazioni. L’idea non è trasmissibile, poiché se trasmessa diviene per l’altro fatto preciso, ma è sempre indiretta su stimoli personali, previsioni verificate nell’agire a norme di esse. Il maestro non deve ne trasmettere passivamente ne solamente osservare, ma partecipare all’attività del fanciullo in attività informali condivise; la scuola deve offrire occasioni di vita quotidiana anche con rappresentazioni e recite che applichino quanto insegnato collegando la mente e il corpo. Si riscontrano tre tipi di lezione:  Trattare ogni lezione come indipendente (la meno desiderabile, non lascia lo studente opportunità di trovare punti di collegamento sia nelle lezioni sia nella realtà)  Usare le lezioni precedenti come aiuto ad intendere la presente (risultati migliori, ma il quotidiano rimane sempre isolato e irriflessivo)  Abituare lo studente a trovare contatti e influenze reciproche in lezioni e realtà (miglior tipo, produce la buona abitudine del pensare con flessibilità e iniziativa). CAPITOLO 13- LA NATURA DEL METODO Materie e metodo sono spesso visti in dualismo; percependo il metodo come scienza della mente indipendentemente dall’oggetto di studio. Ma pensare (e quindi usare la mente) significa dirigere ordinatamente l’oggetto di pensiero (mezzo) verso un fine, ogni separazione fra materia e metodo è falsa: la materia è punto di arrivo del processo di apprendimento; mentre il metodo è l’organizzazione efficace della materia: esiste solo come modo di comportarsi con la materia. Isolando il metodo dall’argomento non ci si preoccupa di riprodurre e sperimentare concrete situazioni d’esperienza. Ne derivano inoltre i falsi pregiudizi sulla disciplina e l’interesse oltre che la concezione di metodo come routine fissa da seguire con conseguenza dell’apprendimento come risposta attenta e non sviluppo naturale incosciente da attività diretta. Il metodo, quindi, come azione intelligentemente diretta da fini, è comporto da una parte generale composta dagli stessi fattori della riflessione e una parte individuale (tendenze innate, abitudini acquisite). Quest’ultimo porta ad analizzare le condizioni fondamentali per affrontare le materie di studio in maniera efficace:  IMMEDIATEZZA: atteggiamento spontaneo e semplice, occupa tutta la persona verso l’oggetto studiato.  LARGHEZZA/FLESSIBILITA’ DI MENTE: atteggiamento mentale che accolga tutte le informazioni/punti di vista finora estranei che aiutino a determinare le conseguenze dell’azione.  CONVINZIONE: completezza dell’interesse, unicità di scopo. CAPITOLO 15: GIOCO E LAVORO NEL CORSO DI STUDI L’esperienza ha mostrato che quando i bambini hanno l’occasione di esercitare delle attività fisiche che mettono in gioco i loro impulsi naturali, andare a scuola diventa una gioia, dirigerli non è così pesante e lo studio diventa più facile. Il fatto che gioco e lavoro siano le normali occupazioni dei ragazzi fuori dalla scuola è sembrata una ragione a molti educatori perché a scuola si dovessero occupare di cose radicalmente diverse. Il tempo della scuola sembrava troppo prezioso per essere speso a ripetere quel che i bambini avrebbero fatto in ogni modo. I tipi di lavoro a portata dei giovani, specialmente nelle città, sono per lo più anti-educativi. Gran parte del lavoro condivide i difetti della società industriale attuale; difetti quasi fatali al giusto sviluppo. È compito della scuola di formare un ambiente nel quale il gioco e il lavoro aiutino a facilitare lo sviluppo morale e mentale che si desidera. La possibilità di commettere errori è un requisito inerente. Non perché gli sbagli siano mai desiderabili ma perché l’eccessivo zelo nello scegliere materiale e strumenti che precludano la possibilità di sbagliare limita l’iniziativa, riduce il giudizio e obbliga all’uso di metodi così remoti dalle situazioni complesse della vita che il potere che ne risulta è di scarsa utilità. Il senso del limite delle proprie capacità si impara attraverso l’esperienza delle conseguenze. È più importante tener vivo un atteggiamento creativo e costruttivo, che assicurarsi una perfezione esterna con l’impegnare l’azione dell’allievo in lavori troppo minuti e troppo regolati. Solo cominciando con materiale grezzo e sottoponendolo a una intenzionale manipolazione l’allievo acquisterà l’intelligenza che ha preso corso nel materiale finito. Le occupazioni attive rappresentano cosa da fare, e non studi, il loro significato educativo consiste in questo, che possono tipizzare le situazioni sociali. L’occupazione attiva include tanto il gioco quanto il lavoro. Nel loro significato intrinseco, il gioco e il lavoro non sono affatto così diversi come si suppone. Entrambi implicano dei fini coscientemente intrapresi e la selezione e adattamento dei materiali e dei processi designati per effettuare i fini desiderati. La differenza fra loro è specialmente di estensione nel tempo. Il gioco ha un fine nel senso che vi è in esso un idea direttiva che motiva gli atti successivi. Le persone che giocano non stanno solo facendo qualcosa: stanno cercando di fare o di effettuare qualcosa. Il lavoro, come il gioco, significa un’attività finalistica e non differisce dal gioco in quanto l’attività è subordinata a un risultato esterno, ma per il fatto che è più lungo il corso di attività che il risultato richiede. Necessità una maggiore attenzione continua e bisogna usare maggiore intelligenza per scegliere e formare i mezzi. L’educazione deve provvedere adeguatamente al godimento degli svaghi ricreativi non solo in vista della salute fisica ma in vista degli effetti duraturi che esso ha sulle abitudini mentali.
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