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DEWEY.: democrazia ed educazione , Appunti di Pedagogia

rapporto uomo-società , confronto tra il concetto di natura e vari pedagogisti

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 25/09/2017

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vittoria04 🇮🇹

4.7

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Anteprima parziale del testo

Scarica DEWEY.: democrazia ed educazione e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! John Dewey svolge un'analisi dei temi portanti dell'educazione contemporanea in relazione alla società democratica. I temi su cui l'autore si sofferma maggiormente sono i seguenti: la definizione del concetto di educazione in relazione ai concetti di ambiente sociale e di democrazia; la funzione dell'esperienza e dell'apprendimento sperimentale nella pratica educativa; l'elaborazione di un metodo educativo; una riflessione su alcuni aspetti filosofici e gnoseologici dell'educazione. 2. "EDUCAZIONE COME FUNZIONE SOCIALE" La natura e il significato dell'ambiente. L'educazione è un processo di crescita, di allevamento. Etimologicamente significa “tirar su, guidare”. Educare non riguarda solo il modellamento fisico, ma anche la trasmissione di interessi, scopi e idee di un gruppo sociale. Questi vengono comunicati per mezzo dell'azione dell'ambiente. L'ambiente porta l'individuo ad avere certe idee, a formulare certi progetti che gli permettono di agire con successo con gli altri. Determina in lui un certo tipo di condotta. L'ambiente dell'uomo è costituito da quelle cose che lo mutano, nelle condizioni che promuovono o impediscono le attività caratteristiche di un essere umano. L'ambiente sociale forma la disposizione mentale ed emotiva della condotta negli individui, impegnandoli in attività che fortificano certi impulsi. La vita non è esistenza passiva, ma un modo d'agire, in quanto l'ambiente la influenza. L'ambiente sociale. Un essere le cui attività sono associate con altri ha un ambiente sociale. Ciò che fa dipende da ciò che gli altri si aspettano o approvano. Quando si muove sposta anche loro. L'ambiente sociale forma i suoi membri immaturi mediante il ricorso ad atti che richiamano determinate reazioni, dando luogo alle abitudini. La differenza fra addestramento ed educazione è che l'addestramento riguarda le situazioni in cui chi impara non partecipa all'azione e non fa parte di un'attività condivisa; inoltre i cambiamenti presi in esame riguardano le azioni esteriori piuttosto che emozioni o idee. L'educazione, invece, riguarda le situazioni in cui qualcuno partecipa in un'attività comune in cui ha interesse. In queste situazioni le idee e le emozioni vengono modificate. L'ambiente sociale non introduce direttamente desideri o idee. Bisogna stabilire le condizioni che stimolano determinati modi di agire. L'importanza della lingua nell'acquisto del sapere è la causa principale dell'idea che il sapere possa essere trasmesso direttamente da uno all'altro, un processo puramente fisico. Trasmettere conoscenze non è un fatto fisico, in quanto la conoscenza non è un suono udito. Vediamo ora il funzionamento della lingua, essendo lo strumento principale per l'acquisto di nozioni. Il bambino inizia ad avvertire suoni e rumori che per lui non hanno alcun significato. Quei rumori sono collegati a un'azione condivisa da un certo numero di persone, e presto acquisteranno lo stesso significato che hanno per la madre. Capirsi l'un l'altro significa che gli oggetti e i suoni ad essi corrispondenti, hanno lo stesso valore per entrambi. Infine i suoni possono essere adoperati assieme ad altri per sviluppare nuovi significati. L'ambiente sociale in quanto educativo. L'ambiente sociale forma la disposizione mentale ed emotiva della condotta negli individui, con l'impegnarli in attività che fortificano impulsi, che hanno erti scopi e conseguenze. La partecipazione alla vita di coloro con i quali l'individuo è collegato è inevitabile. A seconda degli interessi del gruppo alcune cose diventano oggetto di stima, altre di avversione. Il modo nel quale il nostro gruppo fa le cose tende a determinare gli oggetti ai quali prestare attenzione. Ciò che è estraneo tende ad essere proibito. Ciò varia anche a seconda del contesto storico: se un tempo gli antichi ignoravano ciò che per noi è palese è perché il loro modo di vita non richiedeva attenzione a questi fatti. L'influenza incosciente dell'ambiente ha ambiti dove è più efficaci: lingua, buon gusto, buone maniere. La lingua, che consiste in modi fondamentali di esprimersi che si formano nei rapporti ordinari della vita, sviluppati non come un mezzo di istruzione, ma come necessità sociale. In seguito troviamo le maniere: le buone maniere vengono dalla buona educazione, e questa si acquista attraverso azioni, non comunicazione di informazioni. In terzo luogo vi è l'apprezzamento estetico e il buon gusto. Se lo sguardo incontra costantemente oggetti armoniosi si sviluppa naturalmente una forma di gusto; al contrario, in presenza di un ambiente squallido, il buon gusto verrà annichilito. L'istruzione cosciente è efficace se coincide con l'ambiente sociale del giovane: in caso contrario si tendono a perdere i modi intenzionalmente acquistati. Le cose che ammettiamo sono quelle che determinano il nostro pensiero cosciente e decidono le nostre conclusioni. E queste abitudini sono quelle che si sono formate nel continuo dare e avere che costituiscono le nostre realazioni con altri. La scuola come ambiente sociale. L'unico modo per gli adulti di controllare il genere di educazione che ricevono i giovani, è il controllo dell'ambiente nel quale agiscono. Non si educa mai direttamente, ma indirettamente per mezzo dell'ambiente. Le scuole sono l'esempio di ambiente formato con lo scopo di influenzare le disposizioni mentali e morali dei loro membri. Queste vengono create quando le tradizioni sociali sono così complesse che gran parte del patrimonio sociale è posto per iscritto. I simboli sono ancora più artificiali della parola, e la forma scritta tende a registrare materie estranee alla vita quotidiana. Nella scrittura si trovano i risultati accumulati per generazioni: occorre un'istituzione scolastica per assicurata una loro adeguata trasmissione. La scuola ha tre funzioni specifiche: 1) semplificare e ordinare, in quanto una civiltà complessa non può essere assimilata in toto, ma deve essere spezzettata e semplificata, ponendo ai dati un ordine progressivo e suscitare una reazione nei giovani; 2) purificare e idealizzare, in quanto l'ambiente deve essere pure e non avere influenze negative sui giovani, scegliendo il meglio dell'ambiente sociale ordinario; 3) equilibrare, poiché ogni elemento deve poter sfuggire alle limitazioni del gruppo sociale al quale appartiene: è necessaria un'istituzione che fornisca un ambiente equilibrato ed egualitario. La scuola ha il compito di integrare le differenze, il mescolarsi di giovani di razze e religioni diverse, di abitudini, ha creato un ambiente nuovo. L'AMBIENTE SOCIALE consiste in tutte le attività degli esseri umani che si trovano in condizioni simili, collegate nell'attuazione delle attività. E' educativo nei suoi effetti solo fin dove l'individuo partecipa o condivide un'attività comune. Dando il contributo nell'attività l'individuo fa suo lo scopo che la promuove, si familiarizza con i metodi e il contenuto. 4 .“L'EDUCAZIONE COME CRESCITA” Le condizioni della crescita. Nel dirigere le attività dei giovani la società determina il proprio avvenire. La prima condizione della crescita è l'immaturità. Questa non è da concepire come caratterizzata da amicizia e soccorso fra i componenti e diffidenza nei confronti degli estranei. Qualsiasi educazione data da un gruppo tende a socializzare i suoi membri, ma il valore di questa socializzazione dipende dalle abitudini e dagli scopi del gruppo. È quindi necessario stabilire un'unità di misura per il valore dei modi di vita sociale. Per condividere dei valori tutti i membri del gruppo devono avere devono avere una grande varietà di esperienze condivise e la stessa opportunità di ricevere e di prendere dagli altri. In caso contrario, alcuni diventano padroni, altri schiavi. La mancanza di uno scambio libero che scaturisce da una varietà di interessi condivisi, provoca uno squilibrio negli stimoli intellettuali. La diversità degli stimoli significa novità. PLATONE ha definito lo schiavo come uno che accetta da un altro gli scopi che determinano la condotta. La SCIENZA è la scoperta delle relazioni dell'uomo con il suo lavoro. L'isolamento di un gruppo sociale è data dall'esclusività dei suoi interessi che impediscono lo scambio con altri gruppi e mette in rilievo il suo spirito antisociale. Questo contraddistingue le nazioni nel loro reciproco isolamento, le divisioni fra ticchi e poveri. Tutte le epoche di progresso nella storia dell'umanità hanno coinciso con l'azione di fattori che tendevano a eliminare le distanze fra popoli e classi separati gli uni dagli altri. I viaggi e il commercio hanno permesso l'abbattimento delle barriere esterne e l'avvicinamento dei popoli. L'ideale democratico. Un governo che dipende dal suffragio popolare non può prosperare se coloro che eleggono i governanti non sono educati. Una democrazia è più di una forma di governo: è un tipo di vita associata, di esperienza,di individui che partecipano a un interesse e che ogniuno deve riferire la sua azione e quella degli altri e considerare l'azione degli altri per dare un motivo al abbattimento di quelle barriere di classe, di razza e di territorio. Una società di questo tipo deve educare i suoi membri all'iniziativa personale e all'adattabilità, o sarebbero sopraffatti dai cambiamenti senza coglierne il significato. La filosofia platonica dell'educazione. Platone fu la persona che formulò meglio il principio che una società è organizzata quando ogni individuo fa ciò per cui è adatto in modo da essere utile agli altri, e che il compito dell'educazione è di scoprire queste attitudini e allenarle per l'utilità sociale. Limitò il suo punto di vista a un n° limitato di classi di capacità e di strutture sociali. Il suo punto di partenza è che l'organizzazione della società dipende dalla conoscenza del fine dell'esistenza: se non conosciamo questo fine saremo alla mercé del caso. L'educazione procede dai modelli forniti da istituzioni, costumi e leggi. Soltanto in uno stato giusto saranno tali da dare la giusta educazione e solo menti educate potranno riconoscere il fine e il principio delle cose. Se ognuno facesse la sua parte senza trasgressioni, l'ordine e l'unità sarebbero costanti. Egli affermava che il posto dell'individuo nella società deve essere determinato dalla sua natura quale si rivela nel processo dell'educazione. Per lui essi rientrano per natura in 3 classi che appartiene l'individuo. Vi erano 3 tipi di facoltà o poteri nella struttura dell'individuo, che caratterizzava un tipo di educazione statica e la tendenza a considerarla una subordinazione. La divisione era la seguente: classe lavoratrice e commerciale, che provvede ai bisogni umani; la classe militare, che provvede alla protezione dello stato; i legislatori dello stato, dotati della capacità di afferrare l'universale. Un individuo è felice e la società è ben organizzata quando ogni individuo è impegnato nelle attività per le quali ha un'inclinazione naturale e che il primo compito dell'educazione sia rivelare questo bagaglio al suo possessore e a farne uso. Nella misura in cui la società si democratizza, l'organizzazione sociale coincide con l'utilizzazione delle qualità specifiche e variabili dell'individuo e non con la stratificazione in classi. Il fallimento della sua filosofia è reso evidente dal fatto che non poteva fidarsi dei miglioramenti graduali nell'educazione per creare una società una società migliore che a sua volta migliorasse l'educazione. Non potrebbe darsi vera educazione fino a che non esistesse uno Stato ideale. L'ideale individualistico del diciottesimo secolo. Nel diciottesimo secolo per “natura” s'intende qualcosa di opposto all'organizzazione sociale. PLATONE esercitò una influenza su ROUSSEAU. La natura consiste ora nella diversità del talento individuale e del bisogno del libero sviluppo. Le qualità innate sono dunque considerate antisociali. Si passa a desiderare non tanto l'unione sociale, quanto l'unione in quanto umanità: il cosmopolitismo. Nella partecipazione all'umanità, distinta dallo Stato, le capacità dell'uomo si sarebbero liberate; mentre nelle organizzazioni politiche le sue facoltà sono ostacolate e deformate per far fronte agli interessi dei governanti. Questa corrente di pensiero attribuiva i mali dello stato sociale alle limitazioni imposte alle capacità dell'uomo, che le deformavano e le corrompevano. Dare impulso alla "NATURA" significava rimpiazzare un ordine sociale artificiale, corrotto e ingiusto, con uno nuovo e migliore, basato sulla natura e quindi l'armonia. Un'educazione conforme alla natura era considerata il primo passo verso la società ideale. Il primo passo per liberarsi dalle catene esteriori era di liberarli dalle catene interiori delle false credenze e dei falsi ideali. Le istituzioni esistenti erano troppo false per affidare loro questo compito. La natura doveva essere il potere al quale affidare l'impresa: ciò poteva essere fatto attraverso il sensismo. In questo modo si esaltavano le possibilità di educazione: se la mente viene considerata una tavoletta di cera, le possibilità di educazione da parte dell'ambiente risultavano infinite. L'educazione nazionale e sociale. Col passare del tempo divenne evidente che lasciare tutto alla natura significava negare l'idea stessa dell'educazione, facendo affidamento a circostanze accidentali. Non solo era necessario un metodo, ma anche un organizzazione precisa. Sotto l'influenza del pensiero tedesco l'educazione divenne una funzione civica che fu identificata con la realizzazione dell'ideale dello stato nazionale. Lo stato prese il posto dell'umanità e il cosmopolitismo cedette il posto al nazionalismo. Lo scopo dell'educazione era formare il cittadino e non l'uomo. Questo fu un effetto prodotto dalle conquiste napoleoniche, in quanto gli stati tedeschi sentirono che solo con la cura sistematica dell'educazione potevano conservare la propria integrità politica. Lo Stato fornì non solo gli strumenti ma anche lo scopo della pubblica educazione. Il mantenimento della sovranità nazionale esigeva la subordinazione degli individui agli interessi dello stato. Il processo educativo fu considerato come un processo di allenamento alla disciplina piuttosto che di sviluppo personale. La filosofia dell'educazione cercò di conciliare questo concetto con lo sviluppo completo della personalità. L'individuo singolo non è nulla, solo attraverso le istituzioni attinge una personalità. Un pensiero affiliato all'idealismo tedesco. Kant definisce l'educazione come il processo attraverso il quale l'uomo diventa l'uomo: la natura offre i germi che l'educazione deve sviluppare e perfezionare.La caratteristica della vita umana è che l'uomo deve creare se stesso con i suoi sforzi e deve fare di sè un essere morale e libero. Questo è possibile mediante l'attività educativa di lunghe generazioni. Ogni generazione è portata a educare i suoi giovani in modo che possano adattarsi al mondo presente, invece di mirare il vero fine dell'educazione che consiste nel promuovere la miglior realizzazione possibile dell'umanità. Bisogna far sì che lo stato non si intrometta eccessivamente nell'educazione, perché potrebbe entrare in gioco l'interesse di perseguire il benessere della propria nazione anziché ciò che giova all'umanità. La Germania fu il primo paese a intraprendere un sistema di educazione pubblico, universale e obbligatorio. PLATONE perseguiva l'ideale di una educazione che doveva porre sullo stesso piano realizzazione individuale e stabilità sociale. Le circostanze storiche costrinsero il suo ideale nello schema di una società organizzata in classi stratificate. La filosofia idealistica della Germania nei primi del xix secolo cercò di conciliare gli ideali di uno sviluppo libero e completo della personalità educata con la disciplina sociale e la subordinazione politica. Essa fece dello Stato nazionale un intermediario fra la realizzazione della personalità singola da una parte e quella dell'umanità dall'altra. Uno dei problemi fondamentali dell'educazione nella società democratica è posto dal conflitto fra una finalità nazionalistica e uno scopo sociale più vasto. In Europa la nuova idea dell'educazione per il benessere e per il progresso fu sopraffatta dagli interezzi nazionali emessa a servizio di uno scopo sociale limitato. Ogni nazione vive in uno stato di ostilità nei confronti delle altre. Ciò di cui bisogna premurarci non è tanto evitare ciò che possa stimolare l'ostilità nazionale o insegnare gli orrori della guerra. Bisogna insistere su quello che unisce i popoli e li proietta verso scopi e risultati comuni. Il valore di una forma di vita sociale sono il grado in cui gli interessi di un gruppo sono condivisi con tutti i suoi membri e la libertà con la quale esso si comporta con altri gruppi. Una società indesiderata è una società che pone delle barriere alle libere relazioni. Una società che pone tutti i suoi membri in egual condizioni e che assicuri un riadattamento delle sue istituzioni attraverso lo scambio delle diverse forme di vita associata è DEMOCRATICA. Una simile società deve avere un tipo di educazione che interessi gli individui alle relazioni e al controllo sociale e formi le menti. 3 tipi di educazione sono state considerate: quella di PLATONE aveva un idea simile a quello esposto ma considerava l'unità sociale la classe piuttosto che l'individuo. Quanto all'individualismo illuministico del XVIIIsec esso implicava l'idea di una società vasta come l'umanità, ma non era in grado di indicare alcuna istituzione che assicurasse lo sviluppo del suo ideale come si vede nel ricadere nella NATURA. Le filosofie idealistiche del XIX sec rimandano a questa mancanza facendo dello Stato nazionale il mezzo concreto, limitarono la concezione dello scopo sociale ai soli membri della medesima unità politica e l'idea della subordinazione dell'individuo all'istituzione. 8. “SCOPI NELL'EDUCAZIONE ” La natura dello scopo. Scopo dell'educazione è di permettere agli individui di continuare la loro educazione, che l'obiettivo e la ricompensa dello studio è una continuata capacità di sviluppo; ma questa idea non può essere applicata a tutti i membri Rousseau condanna la vita sedentaria, in quanto i bambini sono sempre in movimento. Bisogna rispettare le differenze individuali dei bambini, in quanto i poteri naturali differiscono nei diversi individui. Le capacità germogliano in maniera irregolare, dunque è necessario per l'educatore sfruttare i momenti proficui, specialmente ai primi albori di queste capacità. L'osservazione delle tendenze naturali è complessa, in quanto si mostra più facilmente negli atti spontanei di un bambino, quello che fa quando non ha un compito fisso e sa di non essere osservato. Non tutte le tendenze sono desiderabili, dunque è necessario avere un ambiente che mantenga quelle desiderabili prevalendo su quelle indesiderabili. Prima di Rousseau i riformatori davano importanza assoluta all'educazione, attribuendole un potere illimitato, senza tener conto delle differenze individuali. È giusto criticare il carattere artificiale e dannoso della vita sociale organizzata come esiste ora, ma la conclusione non è che bisogna educare al di fuori dell'ambiente, ma di ricreare un ambiente nel quale le facoltà innate siano adoperate al meglio. L'efficienza sociale come scopo. L'errore di molti è di credere che l'efficienza sociale si ottenga tramite la subordinazione piuttosto che attraverso l'utilizzazione delle capacità. L'efficienza sociale denuncia l'importanza dei frutti dell'industria: i mezzi impiegati hanno profonda influenza sulle relazioni delle persone; se un individuo non è capace di guadagnarsi da vivere diviene un peso e un parassita. Un altro rischio è che, se si addestra a un tipo di efficienza troppo specifico, quando i metodi cambiano gli individui rimangono indietro e apprendono questi cambiamenti con difficoltà. Vi è il pericolo che l'educazione industriale spinga i soggetti ad accettare il proprio status quo, mentre l'educazione progressiva ha lo scopo di abbattere le ingiustizie. L'efficienza sociale consiste in uno scambio di esperienze, nella capacità di socializzare impegnandosi a rendere le esperienze più comunicabili. Ci si interessa a ciò che gli uomini hanno in comune. La cultura come scopo. “Cultura” significa qualcosa di coltivato, di maturato. È contrapposta al grezzo e all'immaturo. La cultura si contrappone allo sviluppo naturale, inteso come grezzo e dispersivo. Il suo contrario è il mediocre. L'abitudine si contrappone all'eccellenza. Se lo scopo dell'efficienza è produrre materiali, la cosiddetta cultura dello spirito appare vana, in quanto si può solo tenere per sé. 10. “INTERESSE E DISCIPLINA” Interesse e scopi sono connessi, implica una situazione di sviluppo in atto e il puno nel quale impegna una persona. La parola interesse suggerisce l'idea di cià che "è tra", di ciò che collega due cose distanti. L'interesse rappresenta la proprietà stimolante degli oggettiin qualsiasi esperienza che abbia uno scopo. L'interesse viene presentato come il punto di partenza del processo educativo: esprime la tendenza naturale di noi verso l'assimilazione e l'apprendimento attraverso l'esperienza. La disciplina consiste nella capacità di dirigere la nostra esperienza. Non si tratta della disciplina del soldato, che necessita di ordini da svolgere; l'uomo disciplinato è l'uomo che sa come fare le cose, è un savoir faire. Interesse è anche l'inclinazione emotiva da cui partire per l'educazione: interessarsi vuol dire essere attento, vigile. Chi si interessa è un essere attivo. La disciplina consiste nella capacità di dominare i mezzi necessari per portare avanti l'azione: una persona disciplinata ha la facoltà di perdurare in una linea d'azione scelta intelligentemente malgrado le distrazioni e gli ostacoli. Interesse e disciplina sono aspetti di una attività tendente aun fine. Per INTERESSE intendiamo l'identificarsi di una persona con gli oggettti entro i quali si svolge la sua attività e tende a uno scopo. La differenzadi tempo fra un dato stato di cose imcompleto e il completamento esige nella fase di trasformazione, richiede continuità di attenzione. Questo atteggiamento è ciò che si intende per volontà e frutto nè è la DISCIPLINA. 11.“ESPERIENZA E PENSIERO” La natura dell'esperienza. L'esperienza è un tentare, ed è connesso al significato di “esperimento”. La sola attività non costituisce esperienze, in quanto dispersiva. L'esperienza implica un cambiamento, ma il cambiamento non è che una transizione priva di significato a meno che non sia connesso con delle conseguenze. Non è esperienza il fatto che un bambino metta il dito nella fiamma, è esperienza quando il movimento è connesso al dolore: mettere il dito nella fiamma significa bruciarsi. Negli impulsi ciechi e capricciosi non vi è nessun significato. L'esperienza è valida nel momento in cui conduce a percepire certe connessioni ed ha valore di conoscenza nella misura in cui è cumulativa o ha un significato. La separazione della mente dal corpo in termini teorici, ha le seguenti conseguenze. 1) L'attività fisica diventa una distrazione, in quanto non ha a che fare con l'attività mentale: si incoraggia la tranquillità, il silenzio, si condanna l'irruenza. Cresce dunque una forte tensione nervosa a causa del contesto innaturale. Il corpo trascurato, non avendo una valvola di sfogo, irrompe: i bambini fisicamente attivi divengono irrequieti e indisciplinati; i bambini quieti impiegano le loro energie per reprimere i propri istinti invece di canalizzarle in progetti positivi. 2) Anche le lezioni da apprendere mentalmente richiedono l'uso di attività fisiche, come i sensi. I sensi sono come una specie di condotto attraverso il quale l'informazione è guidata dal mondo esterno fino alla mente; vie per la conoscenza e sono adoperati per fare qualcosa per uno scopo. Ma quando si richiede di utilizzare i propri sensi senza cogliere il significato delle cose, l'allenamento risulta meccanico e inefficace. 3) La separazione della mente dal corpo comporta l'inettitudine nel cogliere le relazioni fra le cose. Teoria ed esperienza, in sostanza, dipendono l'una dall'altra. La riflessione dell'esperienza. Il pensiero o la riflessione è riuscire a cogliere la relazione fra ciò che cerchiamo di fare e le sue conseguenze. In tutte le nostre esperienze c'è una parte di prova a tentoni: provare finché non si giunge a un risultato positivo. In questo caso si vede la connessione, ma non il come; non si scorgono i suoi dettagli. L'azione che si fonda solo sul metodo “tentativo ed errore” è alla mercé delle circostanze. Nel momento in cui pensiamo alle connessioni specifiche fra qualcosa che facciamo e le conseguenze che ne risultano, stiamo avendo un'esperienza riflessiva. Il punto di partenza di qualsiasi processo di pensiero è qualcosa in fieri, incompleto. Il suo significato risiede in ciò che diventerà e nel modo in cui lo farà. La riflessione implica un interesse per il risultato, desideriamo un certo esito. L'atto di pensare si esercita su situazioni che ancora si stanno svolgendo, quando sono incerte o problematiche. Dove vi è riflessione vi è sospensione. Lo scopo del pensiero è aiutare a raggiungere una conclusione. La possibilità di conclusioni ipotetiche implica risultati incerti, implica rischi. Il pensiero è un processo d'indagine, di esame delle cose; è ricerca. Gli stadi di un'esperienza riflessiva sono: a) perplessità, dubbio, dovuti al fatto che si è implicati in una situazione incompleta; b) una previsione e un'interpretazione degli elementi dati a cui si attribuiscono delle conseguenze; c) un esame attento ha lo scopo di definire e chiarire il problema presente; d) un'elaborazione delle ipotesi incerte per renderle più precise; e) decidere un comportamento e provare le ipotesi. I passi c e d contraddistinguono un'esperienza riflessiva da una solamente sperimentale. L'ESPERIENZA implica un nesso del fare o del provare con qualcosa che si subisce. PENSARE è istituire il modo deliberato dei nessi fra quel che si fa e le sue conseguenze. Lo stimolo a pensare si trova nel desiderio di determinare il significato di qualche atto eseguito o da eseguire. 12.“IL PENSARE NELL'EDUCAZIONE” L'essenziale del metodo. Non vi è un riconoscimento teorico adeguato che tutto ciò che la scuola deve o ha bisogno di fare per gli allievi, per quel che riguarda la loro MENTEè di sviluppare la loro capacità di pensare. L'istruzione viene ripartita in base ai differenti fini, ovvero: l'acquisizione di certe capacità, l'acquisizione di informazioni e l'allenamento del pensiero. La cosa da importante da ricordare è che il pensiero è metodo, il metodo dello svolgimento di un'esperienza intelligente. Lo stadio iniziale dell'esperienza che in sviluppo si chiama pensiero è l'esperienza: il pensiero, nella teoria filosofica, è spesso considerato come qualcosa di esterno all'esperienza. È un grave errore proporre agli allievi esperienze già pronte, è necessaria una situazione realmente empirica per attuare questa prima fase del pensiero. L'errore sta nel supporre che è possibile proporre il contenuto già pronto della matematica o della geografia indipendentemente dalle esperienze personali dirette. Il primo approccio a qualsiasi argomento nelle scuole dovrebbe essere il meno “scolastico” possibile se si vuole risvegliare il pensiero e non insegnare semplicemente delle parole. Per comprendere ciò che significa un'esperienza dobbiamo pensare a ciò che si presenta al di fuori della scuola, alla vita ordinaria. La scuola tende a dare all'allievo qualcosa da fare e non qualcosa da imparare richiedendo il pensiero. Risvegliare il pensiero significa suggerire qualcosa da fare che non sia abitudinario né capriccioso. Non si tratta quindi di un'attività puramente casuale dove le conseguenze non possono essere connesse con ciò che si fa. L'assegnare dei problemi, dei compiti, fa parte del lavoro scolastico. Ma bisogna distinguere fra problemi genuini e problemi finti. Le seguenti domande possono chiarire questa differenza: è un problema e basta? La domanda suggerisce qualcosa che rientri in qualche esperienza personale? Si tratta di un problema dello scolaro o del maestro e del libro di testo, reso problema dello scolaro per costrizione? L'impostazione dell'aula scolastica risulta ostile al verificarsi delle reali situazioni dell'esperienza. C'è un motivo per cui i bambini sono pieni di domande al di fuori della scuola, mentre al suo interno non manifestano curiosità. La scuola dovrebbe possedere più strumenti, più materiali veri, più occasioni. Nel momento in cui i bambini sono impegnati a far qualcosa e a discutere, le loro domande saranno spontanee. I problemi scolastici sono generalmente artificiali: riguardano lo scolaro, non la persona. Il suo problema diventa scoprire cosa vuole il maestro. L'allievo studia, ma gli oggetti del suo studio sono le convenzioni dell'autorità scolastica, non studi veri e propri. Per pensare efficacemente ci vogliono esperienze che ci forniscano gli elementi per affrontare le difficoltà presenti. Le difficoltà sono stimoli indispensabili al pensiero, ma non tutte le difficoltà inducono a pensare.
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