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dialogare, amelia broccoli, Appunti di Scienze dell'educazione

riassunto libro + appunti presi a lezione

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 19/05/2023

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giulia-xy1 🇮🇹

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Scarica dialogare, amelia broccoli e più Appunti in PDF di Scienze dell'educazione solo su Docsity! 1 DIALOGARE INTRODUZIONE Questo libro esplica l’indagine scientifica del logos, in modo particolare sulla forma dialogica e su come questa si siamanifestata nel coso della storia. Nell’ importantissimo atto di costruire un pensiero e comunicarlo all’esterno, vi è in gioco uno strumento linguistico: nello spazio della comunicazione sorge il dialogos, inteso come dimensione significativa dell’esistenza umana. Per questo motivo possiamo definire l’individuo come “essere dialogico” situato “in relazione” con l’altro. Il dialogare è formato da: un individuo (tale poiché dotato di parola) e il “tu”. Non è possibile concepire un individuo senza la relazione con un altro individuo, non esiste l’io e il tu, ma “io-tu”. Siamo talmente abituati alla parola e all’atto del discorso, da dimenticare che ci sono anche altre pratiche espressive per gli umani (come rivelano le pratiche mistiche o metafisiche orientali). Nonostante ciò, il dialogos tra gli esseri umani continua ad affermarsi come strumento di relazione comunicativa, con una costruttività molto complessa: partendo dall’etimologia della parola, διά-λογος = parola in mezzo, parola tra; questa etimologia ha un doppio significato a causa del prefisso διά, che significa sia “attraverso” (parola che unisce) che “in mezzo” (parola che separa.) A causa di questa dualità, la comunicazione dialogica è sempre esposta alla contraddizione:la parola è φαρμακός ( veleno e cura):può essere uno strumento positivo, usato come dispositivo di difesa o emancipazione, o uno strumento negativo, usato allo scopo di attaccare, provocare, danneggiare. Si è scelto unmetodo di ricerca storico-ermeneutico, per individuare come il logos abbia dato il via alla storia dell’umanità, non esiste un prima e dopo del linguaggio: la storia inizia dal linguaggio. (per fare un esempio in ambito religioso, Dio ha creato il mondo esplicitando ciò attraverso la parola.) Ripercorriamo la storia del dialogos attraverso 4 momenti storici: - QUAESTIO: radici del logos nella Grecia antica e la sua dimensione conflittuale e religiosa - DISPUTATIO: si fa strada al dialogos, verrà analizzata la dialogica socratica, considerata come la prima modalità paideutica alla ricerca del dialogare umano - DETERMINATIO: figure pragmatiche a cavallo tra il Medioevo e il Tardo Rinascimento (modernità) - REPORTATIO: nel contesto contemporaneo, dialogos inteso come reciproco riconoscimento tra esseri umani. CAPITOLO 1 - QUESTIO. RAGIONI E FONDAZIONI. Italo Calvino in "Lezioni Americane” fa una profonda riflessione sull’uso della parola: nella società odierna la comunicazione sembra la cosa principale, ma non necessariamente nella comunicazione vi è una autentica relazione tra gli individui. (chiamato da Pati paradosso della comunicazione). Dato che le parole sono informi e il dialogo non è autentico, la conseguenza è che anche il pensiero, e tutto ciò che è conseguenza delle parole, come la relazione tra individui, sia informe e non autentica. Vi è il rischio che non vi sia valore nell’esistenza dei singoli, e questo creerebbe un’esistenza senza valori e prospettive. Chi si occupa di educazione deve indagare questo aspetto, qui c’è il fulcro dell’azione educativa: ogni dialogo è incontro, ma non ogni incontro è dialogo (ci può essere una comunicazione in cui non c’è dialogo, es. impiegato-padrone). Nella comunicazione si segue una “logica di riduzione di complessità”: dialogare significa padroneggiare varie tecniche per decodificare messaggi e informazioni, secondo questo modello basta seguire lo schema base “emittente-canale-recettore”. Il dialogo però è anche molto altro: - asse semantico: relazione tra messaggio e mondo esterno. - asse relazionale: relazione tra i dialoganti. - linguaggio informativo: trasmettere dati in maniera passiva - sfera esistenziale: riconoscimento di sé e degli altri 1 2 Occorre anche possedere delle competenze comunicative, necessarie per far parte autenticamente del dialogo, alcune di esse sono: valutare il modo in cui si parla, turno di parola, procedure per richiederla, argomentare in modo valido etc. La comunicazione nel corso degli anni ‘60- ‘70 comincia ad essere considerata non più come un mero meccanismo, ma come relazione: nascono i “5 assiomi della comunicazione” 1. Non si può non comunicare 2. Avviene su due livelli: di contenuto (messaggio) e di relazione (dato il messaggio, si instaurano relazioni e ruoli). La comunicazione cambia radicalmente in base al tipo di relazione. La Metacomunicazione si riferisce alle dinamiche della comunicazione in vari contesti. 3. é un evento circolare: la sequenza di eventi non è lineare, ma segue stimoli, risposte, rinforzi. 4. è VERBALE, NON VERBALE, PARAVERBALE: costituiscono sia il contenuto che la forma, e sono collegati ● verbale: parole dette-scritte,il contenuto, usata 7% ● non verbale: ciò che viene trasmesso attraverso il corpo (postura, mimica facciale, il modo di vestirsi, la grafia). la usiamo al 55%. ● paraverbale: tono, volume, ritmo etc. usata il 38% 5. Può essere complementare e simmetrica. (Rapporto tra gli interlocutori, rapporto tra pari o di one up- one down) Indagare il dialogo significa indagare una questione problematica e complessa, potrebbero esserci delle barriere comunicative (condizioni fisiche quali difficoltà di percezione a livello uditivo, il rumore, oppure difficoltà di comprensione che derivano da una postura inferiore, cioè quando non si assume un giusto atteggiamento). PATOLOGIE DELLA COMUNICAZIONE Dettate da caratteristiche personali, quali introversione, poca empatia, etc Ma ci sono anche “patologie” che inconsapevolmente compromettono la comunicazione ( e l’apprendimento) ● DOPPIO LEGAME: atteggiamento contraddittorio del docente/facilitatore nei confronti degli alunni, nella regola fissata non vi è un atteggiamento coerente adottato fino alla fine. Questo crea incongruenza tra comunicazione verbale e non verbale, generando incertezza nel bambino. ● EFFETTO ALONE: giudizio precostituito, positivo o negativo verso un alunno (enfatizzare o non rendere merito). ● EFFETTO PIGMALIONE: ci si crea un’immagine dell’ alunno positiva/negativa e quest’ultimo si adegua ad essa. Non basta conoscere i requisiti preliminari della comunicazione per essere certi di eliminare ogni possibilità di fallimento nel dialogo. Già con Socrate la comunicazione acquista nuove valenze espressive, non solo logico-semantiche ma anche etiche ed esistenziali. Nonostante la comunicazione parta da un emittente che si pone di fronte al ricevente, è necessario che i due percepiscano l’altro come essere senziente (ad esempio bisogna riconoscere la pretesa al discorso dell’altro (diritto di parola). Nel dialogo ci deve quindi essere reciproco riconoscimento. Dal libro “essere di parola” del linguista Benveniste: - il linguaggio è una peculiarità dell’essere umano, è connaturato con esso, non potremmo mai cogliere l’uomo senza linguaggio: infatti è l’unico essere vivente dotato di parola. - L’emittente si qualifica come “io”, ma senza il “tu” l’io non può affermarsi tale, l’io esiste solo nello scambio. L’opposizione tra i parlanti è all’origine all’etimologia del dialogo, nello spazio dell dialogo, “dia”, implica la partecipazione dell’io e del tu. (Intersoggettività) - Parliamo del dialogo non dal punto di vista astratto bensì dal punto di vista concreto, inteso secondo Saussure come l’atto concreto del parlare, che si differisce langue (astratta, insieme dei criteri che dettano le regole della comunicazione e lingua). La parole può assumere particolari sembianze (es. dialetto, stessa parola detta in diversi modi). 2 5 un momento storico di distacco o un vero e proprio passaggio, ma contemporaneamente si sviluppano le varie tendenze del logos. Uno sviluppo importante per il logos, lo si deve alla nascita della dialettica: è probabile che una prima idea di dialettica sia nata in oriente, e sia legata allo sviluppo della scienza astronomico-matematica che indagava i fenomeni naturali del ciclo cosmico. Nell’età arcaica, viene definita “arte della discussione”. La discussione presenta ancora un carattere agonistico,ma è un tipo di lotta diversa: non ha più un valore magico-religioso, ma è una competizione verbale tra pari. La competizione verbale presenta uno schema fisso, è come se avesse delle regole: l’interrogante presenta una domanda in forma alternativa, presentando i due corni di una contraddizione. Il rispondente afferma come vero uno dei due corni, affermando quindi una tesi, che l’interrogante deve confutare. Vince chi dimostra che la tesi postulata all’inizio è falsa, quindi chi è più convincente rispetto all’altro. Non è detto che questo dialogo porti direttamente al disvelamento di una data verità, poiché nella dialettica c’è un confronto di opinioni. Se non vi è l’intento comune di dimostrare verità, vi è una problematicità: l’interlocutore può scegliere, quindi non c’è una verità a priori e neanche l’intento di cercarla, l’intento è quello di prevalere l’avversario. Non vi è un giudice esterno/dio, questo scambio discorsivo si auto-regola: i dialoganti stessi hanno questo compito, anche attraverso l’auto-regolazione. ATOPIA SOCRATICA Con socrate il logos segue una direzione etico- esistenziale, intendendo dialogare come apertura all'altro e ricerca di un senso condiviso. Il dialogare si conferma come posizione e scontro tra le opinioni e si arricchisce dell'importante messaggio confutatorio. Il dialogo socratico viene accusato di logocentrismo: la verità che Socrate costruisce dialogando è sempre una verità in cui si manifesta il potere di un soggetto centrale che controlla il discorso . A-topia socratica = stranezza, essere fuori luogo. Socrate è il filosofo dell’ambiguità, della contraddittorietà, del sapere dell’eccellenza (nonostante ciò dice che sa di non sapere). Questo lo rende atopos. Nei Dialoghi viene rappresentato una volta come un sileno (metà animale metà uomo, nel culto di Dioniso) , in un altro come personaggio di bell’aspetto. (Mostra la sua contraddittorietà, la mostruosità del sileno e la bellezza delle parole= fa della finzione e dissimulazione uno stile di vita). Contraddittorietà anche tra il pensiero che ha di se stesso e quello che avranno i posteri. Il dialogo è come lui: può essere sorprendente, sconcertante, innocente, rovinoso, salvifico o perturbante. Dedica tutta la sua vita al dialogo, pensa che sia in grado di liberare una potenzialità etico-politica fortissima. Nel dialogo socratico vi è la volontà comune di ricercare la verità, che non è stabilita a priori, è una verità che emerge dallo scambio dialogico tra i comunicanti. VARIE FASI: 1. Il logos socratico inizia sempre con una domanda; Τί ἐστι = perché?. Socrate, prima della discussione, insiste sull’ accordare il significato del concetto da affrontare, affinchè tutti intendano di parlare della stessa cosa. 2. Dissimulazione: atteggiamento di Socrate quando finge di non sapere, inducendo l’altro a ragionare. Questo toglie il carattere di agonismo e di scontro, l'interlocutore, in base all’aggressione delle domande di Socrate, da solo riformula le proprie idee. 3. Tecnica della confutazione: Socrate assume su di sé il dubbio: chiede di indagare insieme. La tecnica della confutazione per socrate assume una rilevanza fondamentale, passo che serve per rendersi conto dello sbaglio della propria tesi e a cambiare idea. ● Sichirollo dice che se Socrate avesse una verità da dire, la possa trasmettere nei contenuti senza il dialogo, che ha invece il rischio della contraddizione. Secondo lui c’è l'attitudine a vedere l’altro come un soggetto dotato di parola, che non sia arrogante mettendosi al centro della scena, lo fa affinché nasce una verità condivisa. ● Altri studiosi non la pensano così: secondo Ferroni il sapere di socrate non è dialogico, perché si pone come un confutare la tesi dell’altro, e l’essenza autentica del dialogo viene a 5 6 mancare: perché vengono analizzate le due tesi opposte, e non le idee di tutti, quindi il dialogo è chiuso. ● Hadot pensa che nel dialogo socratico la vera questione non è di cosa si parla, ma di chi parla: sta nell’abilità di chi parla sostenere la propria tesi, il logos socratico più che concentrarsi sulla questione ci si concentra sulle figure: Socrate e l’interlocutore. Queste questioni mostrano la criticità del logo socratico: manca il riconoscimento ontologico dell’altro che sia avrà soltanto nel 900. PAROLA EDUCATIVA Logos socratico strettamente legato all’educazione: si propone di trattare alcuni temi con l’interlocutore, cerca una verità che è frutto di un ragionamento condiviso, che produce una linea etico-esistenziale. Non è il contenuto del dialogo a dare importanza a quest’ultimo, ma è l’atto stesso del dialogare: i dialoganti si esercitano a fare pratica filosofica e dialettica e questa azione accresce la loro crescita interiore: Socrate afferma che il bene maggiore per l’uomo è quello di ragionare ogni giorno della virtù, e altri argomenti, che portano alla crescita di se stessi. la ricerca dei valori, è più importante dei valori: non è importante il contenuto ma il processo. per questo motivo il logos socratico non è mai pura speculazione teoretica, ma si lega concretamente al processo della vita βίος: la ricerca della verità orienta la vita e l’agire umano. La relazione dialogica è a tutti gli effetti una relazione educativa, tuttavia Socrate dichiara di non essere mai stato maestro di nessuno. Il filosofo ritiene di non poter insegnare nulla, non perchè non sappia cosa insegnare, ma perchè le cose più importanti della vita non possono essere spiegate attraverso il logos, che risulta insufficiente per ciò. Il linguaggio verbale è inadeguato per spiegare cose troppo profonde e delicate. Possiamo quindi affermare che vi è un tipo di educazione tecnica: l’educazione c’è, sia per la relazione tra i dialoganti sia perché il dialogo è sempre alla ricerca attiva, ma bisogna accettare che esistano delle aree ignote che sfuggono al rigore del logos. Senofonte: “ in mancanza di parole faccio prevalere la giustizia con le azioni.” Un buon educatore conduce una vita virtuosa per essere l’esempio concreto per l’alunno. Complessità dell’educazione: l’educazione è un fenomeno complesso, poiché non tutto si può comunicare, non si può capire tutto attraverso il canale verbale. Se non tutto si può comunicare con la parola, l’educatore deve comunicare attraverso la vita pratica, deve avere una vita virtuosa. Doppiezza del parlante: c’è una responsabilità dai singoli che dialogano (compare nel 900 questa criticità). Compare quando nel dialogo l’interlocutore sceglie quale parte di se mostrare (indossare una maschera). Questo ci dice che anche il dialogare è inveritiero, ma se non ci fosse la libertà di scelta sarebbe anche questo non autentico. Il logos socratico qui si ancora ad una prospettiva etica e morale. Dall’esposizione delle proprie tesi, il soggetto si rende conto dell’errore e deve ricostruire proprie certezze che vengono dalle sollecitazioni del maestro: questa è una relazione educativa. Il ruolo dell’ allievo è attivo attraverso lamaieutica socratica: il maestro che fa estrarre la verità. PAROLA RETORICA Socrate conferma la sua disponibilità nel lasciarsi confutare, dimostrando l’intenzione di aprirsi ad una relazione orientata al senso dialogico. Socrate ribadisce anche di voler orientare la sua ricerca ad una verità morale. Lo fa attraverso l’utilizzo della parresia. Socrate si presenta come il parresiastes, afferma Michel Foucault, come colui che ha il coraggio di dire la verità, di parlare con franchezza senza compiacere i potenti. (il motivo potrebbe essere politico, in quanto atto di ribellione e di anticonformismo, anche se il filosofo ha un buon rapporto con la classe politica ateniese). In questo modo mette in rischio anche la propria vita, poiché ha il coraggio di dire la verità e riconosce che ciò è un dovere per aiutare se stesso/gli altri a vivere meglio. La parresia non ha sempre una valenza educativa: questo passaggio non implica sempre che la persona impari e venga educata dalla realtà che sto comunicando, potremmo avere chiusura, non accettazione, rabbia. Quella che è sempre educativa è la paideia socratica.(porta ad un processo in cui considera le proprie tesi). 6 7 IV secolo si afferma la democrazia, in questa nuova forma di governo tutti i cittadini (il 5%) sono considerati “uguali” davanti la legge, ed hanno “uguali” opportunità di parlare in assemblea. In questo periodo la lotta politica non si basa su leggi eque, ma su chi riesce a convincere di più l’assemblea: per questo motivo nasce un nuovo modo di comunicare. Nasce la figura del retore, affiancato dai Sofisti. L’indagine dalla natura si sposta sull’uomo. Il sapere, anche se pagato, ha sdoganato il fatto che il politico fosse una figura trasmessa per via ereditaria. (Idea di Giovanni reali, tutto coloro che possono pagare gli insegnamenti possono accedere alle cariche pubbliche) La comunicazione quindi si piega a scopi politici, e assume sfumature retoriche, e non sempre abbraccia la verità, anzi mira al coinvolgimento dell’altro. Il sofista conosce a priori le tecniche che deve insegnare, è una trasmissione passiva dei contenuti, non vi è una concordanza su di essi.. (A differenza del dialogare socratico). La paideia socratica: ● Lotta per il sapere ● Ricerca della parola ancorata alla verità in cui tutti possono riconoscersi ● Il sapere è cercato e comunicato insieme I sofisti ● Lotta per il potere ● Tecniche oratorie per convincere ● Comunicazione intesa come trasmissione di abilità pratiche già predisposte I sofisti sono contemporanei a Socrate, non ci sono cesure nette, vi è la trasformazione della parola nonostante ci siano alcune costanti: il carattere agonistico o ambivalente, divinatorio o razionale. DETERMINATIO. VERSO LA MODERNITà. Adesso parliamo del dialogo/dialettica delle scholae medioevali e al dialogo come strumento di formazione etica, politica e scientifica del periodo umanistico-rinascimentale (fine 300 a 500) PASSAGGI MEDIOEVALI Alcuni studiosi affermano che tra la polis greca e la modernità il dialogo è andato incontro ad una eclissi: è davvero così? In realtà il dialogo non si interrompe mai, ma si trasforma: vi è il discorso con se stessi, le confessioni autobiografiche, le quaestio e le disputatio scolastiche, dialogo sui massimi sistemi, quindi persiste attraverso i secoli, in modi più o meno libero. Ugo Volli sostiene che il dialogo esiste solo dove è possibile prendere una posizione all’interno di un gruppo, solo quando si può esprimere liberamente il proprio pensiero, confutare, dissentire. Se ciò non accade, se vige un pensiero unico, non può sorgere il dialogo. Nonostante il periodo storico buio a causa di vari fattori, c’è stato un ricco dibattito, non più una discussione tra uguali, ma un dibattito su questioni più concrete. Almeno tre eventi hanno modificato questo periodo: - l’invenzione della stampa a caratteri mobili, che permette una diffusione dei testi letterari, adesso disponibili anche nelle biblioteche. - esplorazioni oceaniche: uomo intraprende missioni, scopre nuove terre, si confronta con le altre culture. l’uomo non solo è soggetto all’autorità religiosa, scopre che può intraprendere missioni, questa prospettiva pone l’uomo in un nuovo rapporto con il mondo, tutto da scoprire. da qui la fiducia dell’uomo. - nascita dello stato moderno: si affermano stati che vedono la cittadinanza in modo diverso rispetto alla visione del medioevo (schiavo padrone, vassallo valvassino valvassore, feudalismo) Questi concetti mettono l’uomo al centro, che si discosta dal canone medievale in cui l'uomo era soggetto dalla religiosità. Tutto ciò causa anche l’indebolimento della chiesa, automaticamente si aprono le porte a una maggiore tolleranza ad altre tesi religiose e apertura mentale. 7 10 l’uomo come essere che esiste in quanto essere pensante, rappresenta l’unica certezza che sopravvivi al dubbio metodico. Si parla di dubbio metodico perché prevede di accettare come vero solamente quello che è assolutamente evidente, privo di ogni forma di dubbio. Il filosofo mette in discussione tutto nella convinzione che qualcosa si sottrarrà al dubbio e si definirà come necessariamente evidente. Hobbess sostiene “omo omini lupus”: l’uomo è lupo per gli altri uomini. L'uomo deve cercare la pace che si trova nella lotta con l’altro. L’uomo deve rinunciare al diritto su tutti e garantire la conservazione della vita. Per regolare lo stato di guerra tra gli uomini ci deve essere un'autorità esterna che non fa parte della lotta, indiscutibile: è il Leviatano, natura mostruosa che si propone di regolare la convivenza tra uomini. Non è più il soggetto da solo che si interroga sul mondo, ma si guarda la condizione dell’uomo in riferimento all'altro uomo. DialetticaHegeliana: scrive la “Fenomenologia dello spirito", descrive una dialettica servo - signore, che concepisce l’altro come nemico e fa prevalere la propria autocoscienza, e il raggiungimento dei propri obiettivi. Affinché nessuna delle due idee muoia, una parte deve sottomettersi all'autocoscienza di un’altra: così si configurano le figure di servo-padrone. Ma in questo modo, il servo diventa padrone del padrone, il padrone senza il lavoro del servo non ha autorità. Nella dialettica hegeliana si ritrae questa forma di riconoscimento, che si identifica come lotta tra le autocoscienze, non vi è un riconoscimento dell’altro perché viene visto come un ostacolo. Hegel segue la riconoscenza dell’alterità sull’altro, ma lo scontro non è basato sulla ragione (come del dialogo socratico), ma sui propri istinti e sul desiderio dell’oggetto, nel tentativo di farlo proprio. Il dialogo segue i bisogni della propria autocoscienza. Secondo Hegel tutte le relazioni umane sono di natura bellicosa, l’interesse di ogni individuo è il riconoscimento pubblico, spinto dal proprio egoismo. RICONOSCIMENTO Nella speculazione di Ricoeur, l’altro inizia ad avere valore: propone di affiancare alla dimensione attiva del riconoscimento quella passiva: riconoscere l’altro ed essere riconosciuto. Vi è reciprocità, che implica riconoscenza e dono. (È un dono poiché ci si può conoscere, quando gli altri ci riconoscono) La domanda di riconoscimento esprime un’attesa che può essere soddisfatta solo in quanto un mutuo riconoscimento. Questo processo rinvia ad una realtà collocata all’interno di un’idea di humanitas generale. é stato infatti sostenuto che sul concetto di riconoscimento si basa tutt’ora la convivenza politico-sociale. Honneth indaga 3 modelli di riferimento sul riconoscimento, queste tre dimostrano la vivace articolazione di un singolo concetto: - Modello francese: da Rousseau a Sartre. Il riconoscimento è come omologazione, le condotte sono conformi alla società, ciò consente all’individuo di essere riconosciuto. Questo va in conflitto con la libertà individuale. - Modello inglese: da Hume a Stuart Mill. Il riconoscimento si configura come l’atto sociale di approvazione etica. Deve esserci una guida comune che orienta l’agire dell’individuo. - Modello tedesco: da Kant a Hegel. Il riconoscimento si configura come atto diadico di autolimitazione morale. Esempio: dialettica servo-signore. L’affermazione di una tesi, determina la limitazione dell’altra. ETICA DEL DIALOGARE La nostra indagine è partita con l’affermare la conflittualità del logos arcaico, e siamo poi giunti alla conflittualità del dialogo. A distanza di secoli, il dibattito ha ancora lo stesso nodo cruciale di partenza: il “dia”, tra gli esseri umani, è ambiguo. Collocandoci in una prospettiva ermeneutica, consideriamo la comunicazione come un processo di interpretazione delle parole altrui. Ci sono due avversità: 10 11 - l’atto di interpretazione può essere violento a causa di fraintendimenti, malintesi, deviazioni - riconoscere l’altro nella sua dignità ontologica - usare francamente le regole grammaticali, sintattiche ma anche le norme pragmatiche: anche sul piano etico, ogni soggetto può decidere se utilizzare il proprio sé oppure tenerlo occultato, se rispondere o stare in silenzio, etc. Si innesca in questo modo la dinamica “ruolo- maschera- faccia”, che il contesto in cui ci troviamo “costringe” ad assumere, creando una serie di nascondimenti, una “maschera”. Goffman definisce l’interazione tra gli individui come una "drammaturgia della comunicazione”: in un discorso è la faccia di chi parla ad essere presa in considerazione, non l’io interiore. Non è il soggetto ad agire, ma la persona in senso greco, πρόσωπον = ciò che sta davanti agli occhi, la faccia. Secondo l’etica del volto di Lévinas, il volto non è solo quello che definisce la fisionomia, ma è ciò che il soggetto decide di mostrare durante l’interazione con l’altro. Non ci si può sottrarre al volto dell’altro. L’io è responsabile nei confronti del tu (quando non apprezziamo infatti si tende a non guardare l’altro, nel momento in cui ti guardo esisti e ti do importanza). PAROLA DIALOGICA Con Martin Buber si salda l’idea del mutuo riconoscimento reciproco. Il filosofo austriaco afferma che la relazione fonda l’essere umano, fonda l’io rispetto al tu. Ipotizza due coppie di parole : Io - Tu e Io - Esso. Sono parole-base che non devono essere considerate come singole, ma vanno in coppia, una parola senza l’altra perderebbe il significato. Non è il singolo ad ordinare il mondo, ma è l’Io- Tu: è una relazione autentica, in quanto “IO” sono il “TU” per l’altro, e l’altro è il MIO “TU”. La relazione tra Io - Esso non è autentica, in quanto “esso”, cioè l'oggetto, non può considerarmi il suo “Tu”. Nella relazione tra l’Io - Tu, si crea lo spazio del noi, nonostante le singole parti rimangano ben distinte. PAROLA RESPONSABILE Il filosofo tedescoHabermas attraverso il saggio “il discorso filosofico della modernità”, riflette l’ipotesi di contrastare il logocentrismo del pensiero occidentale con un rafforzamento della società in senso democratico ed emancipatorio, attraverso gli strumenti dell’agire comunicativo e dell’estetica del discorso. Si ha la necessità di creare una teoria dell’agire comunicativo, che proponga di innestare sul linguaggio una serie di regole e norme che favoriscano la comunicazione pacifica tra esseri umani. Ci sono state varie critiche riguardo questa “soluzione”, in quanto definita idea troppo astratta. Inoltre non definisce preliminarmente cosa sia “bene” e cosa sia “male”, si limita ad indicare una procedura. Il dialogare secondo Habermas si configura come costante esercizio di responsabilità: è una procedura che, sebbene molto astratta, da fiducia nella capacità rigenerativa del dialogo. CONCLUSIONE DIALOGARE = fenomeno costitutivo dell’ontologia del soggetto, elemento centrale della sua relazione con l’altro, definito autentico solo pensando all’alterità in forma di riconoscimento reciproco e in termini di reciproca assunzione di responsabilità. Il dialogo è costante dell’essere umano, l'umano si relazione all’altro con il linguaggio. È presente nelle varie forme storiche. 11
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