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Dialogo con la storia e l'attualità, di Brancati, Schemi e mappe concettuali di Storia

Schemi riassuntivi di alcune tematiche storiche principali, utili per la preparazione agli esami di maturità.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2017/2018

Caricato il 23/05/2018

luna.94
luna.94 🇮🇹

4.4

(26)

6 documenti

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Scarica Dialogo con la storia e l'attualità, di Brancati e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia solo su Docsity! LA FINE DEI GIOCHI DIPLOMATICI Nel primo decennio del XX secolo l’Europa era caratterizzata da una situazione diplomatica delicata, le relazioni internazionali erano influenzate negativamente soprattutto dal dinamismo e dall’aggressività della Germania di Guglielmo II, mostrando scarso interesse per il mantenimento dell’equilibrio fra le potenze. La Francia sin dalla guerra franco-prussiana era animata da uno spirito di rivalsa nei confronti della Germania; l’Inghilterra sentiva minacciato il suo predominio navale dalla potente marina militare tedesca; la Russia invece si era avvicinata sia alla Francia che all’Inghilterra, la cosiddetta Triplice Intesa. L’Europa a questo punto si trovava divisa in due grandi blocchi contrapposti pronti allo scontro (Triplice Intesa e Triplice Alleanza formata da Germania, Austria e Italia). Tale rivalità tra le potenze venne aggravata dalla corsa alle colonie, portando gran parte dell’Asia e dell’Africa sotto la dominazione dell’Europa. Il Marocco era uno stato sovrano indipendente, che dalla seconda metà dell’Ottocento subiva pressioni da parte della Spagna e della Francia. La Francia in seguito, dopo aver ottenuto il consenso da Italia e Inghilterra, progettò di impadronirsi del Marocco, lasciando alla Spagna le antiche enclaves (Ceuta e Melilla). Così Guglielmo II tentò di difendere l’indipendenza del Marocco, si oppose alle pretese francesi e in occasione delle cosiddette “crisi marocchine” portò il suo paese a un passo dallo scontro armato. Si giunse così a un compromesso che prevedeva per la Francia il protettorato sul Marocco, in cambio della cessione di una parte del Congo francese alla Germania. Un’altra grave crisi si manifestò nel settore balcanico, dove riprese forza l’espansionismo dell’Austria ai danni dell’impero turco, così nel 1908, violando le deliberazioni del congresso di Berlino, annetté la Bosnia-Erzegovina. Tale iniziativa irritò la Serbia, la quale aspirava a riunire in un unico stato nazionale gli iugoslavi, diventando l’anima degli “irredentisti”, movimenti nazionalisti che rivendicavano il ricongiungimento di territori e popolazioni che si ritengono legati per cultura, lingua o etnia, ma che politicamente sono sottoposti alla sovranità di un altro stato. Nella penisola balcanica, oltre agli austriaci, gli altri oppressori erano i Turchi, contro i quali si scatenarono nel 1912 e 1913 le due guerre balcaniche, condotte da Serbia, Grecia, Montenegro e Bulgaria, e in seguito anche dalla Romania, coalizzatesi contro l’impero ottomano. Dopo la prima guerra balcanica che terminò con il pieno successo della coalizione, si giunse al trattato di Londra, che prevedeva la rinuncia dell’impero turco a tutti i territori europei, tranne Costantinopoli e gli Stretti; la pace durò solo poche settimane. La seconda guerra balcanica scoppiò a causa dell’attacco da parte della Bulgaria a Serbia e Grecia; si giunse così alla pace di Bucarest, per cui la Serbia otteneva Kosovo e parte della Macedonia e il resto passava alla Grecia. Il bilancio di questi conflitti risultava molto negativo non solo per l’impero austriaco, ma anche per la Russia, i cui tentativi di dominio sugli Stretti erano ancora una volta falliti. La regione Balcanica costituiva dunque per l’Europa una “polveriera”, sulla quale convergevano gli interessi slavi, austriaci e russi, in contrasto gli uni con gli altri. 1914: IL FALLIMENTO DELLA GUERRA LAMPO Il conflitto scoppiò il 28 giugno 1914, quando a Sarajevo, capitale della Bosnia, vennero uccisi l’erede al trono austriaco Francesco Ferdinando, insieme a sua moglie, per mano dello studente serbo Gravilo Princip membro di una società patriottica segreta che aveva per obbiettivo la nascita di una “Grande Serbia”. L’Austria schierandosi contro la Serbia, inviò a Belgrado un ultimatum di 48 ore, il governo della Serbia però respinse le clausole più oppressive; perciò l’Austria non ritenendosi soddisfatta dichiarò guerra alla Serbia. Tale iniziativa sconvolse l’Europa, scattò così il meccanismo delle alleanze militari e della mobilitazione generale, giudicata dagli storici come la grande novità del drammatico evento. Invece, lo sforzo bellico si rivelò molto più impegnativo di quanto si era ritenuto; nel giro di poco tempo il conflitto divenne generale. La Russia scese in campo in difesa della Serbia; la Germania, alleata dell’Austria, dichiarò guerra prima alla Russia e di conseguenza anche alla Francia, a sua volta alleata della Russia. L’esercito tedesco cercò di ottenere una rapida vittoria invadendo il Belgio, violandone la neutralità, per prendere alle spalle l’esercito francese; ciò indusse l’Inghilterra a scendere in campo a fianco della Francia. I belgi riuscirono a ostacolare per quasi due settimane l’avanzata tedesca, quindi l’esercito francese ebbe la possibilità di prepararsi a difendere il nuovo fronte e di fermare l’invasore, giunto fino al fiume Marna, qui impegnò il nemico in una sanguinosa battaglia e lo respinse sul fiume Aisne. Da questo momento iniziò una vera e propria guerra di posizione che sarebbe durata anni. Nel frattempo gli austriaci furono costretti a ritirarsi a causa della pressione Russa, a questo punto anche sul fronte orientale la guerra si stabilizzò. In particolare Germania e Inghilterra avevano scatenato in seguito, la guerra sul mare al fine di colpire le navi che portavano rifornimenti dall’America e dalle colonie. Gli inglesi subirono l’iniziativa della Germania, ma riuscirono a infliggere ai tedeschi una sconfitta nelle isole Falkland. Nel frattempo anche il Giappone aveva dichiarato guerra alla Germania; i giapponesi infatti erano da tempo interessati ad ampliare la propria zona d’influenza in Cina e perciò in seguito occuparono il porto di Kiaochow, importante protettorato tedesco in Cina. In breve anche l’Africa fu coinvolta nel conflitto, le potenze dell’Intesa occuparono il Togo, il Camerun e l’Africa orientale tedesca. L’Intesa dichiarò guerra anche all’impero ottomano, che inizialmente si era alleato con la Germania attaccando alcune città russe. L’ITALIA DALLA NEUTRALITA’ ALLA GUERRA L’Austria aveva dato inizio a una guerra offensiva in aperto contrasto con quanto prevedeva il trattato della Triplice Alleanza, a buon diritto l’Italia aveva dichiarato di voler restare neutrale. Da quel momento però imperversò nel paese uno scontro tra neutralisti (cattolici, socialisti, liberali e giolittiani) e interventisti (nazionalisti, irredentisti e alcuni socialisti tra cui Benito Mussolini). L’interventismo “irredentista” si affiancava a quello “democratico”, disposto a entrare in guerra contro l’autoritarismo e il militarismo rappresentato da Germania e Austria. Era inoltre diffusa l’idea che l’Italia restando neutrale, avrebbe potuto trarre maggiori vantaggi diventando la fornitrice dei beni necessari per i paesi in guerra. Nel frattempo le diplomazie dell’Intesa si muovevano per attirare l’Italia dalla loro parte, alla fine il governo si decise a firmare con le potenze dell’Intesa il patto di Londra, in base al quale l’Italia gli garantiva il proprio intervento al loro fianco, in cambio, gli alleati le riconoscevano il diritto di estendere il proprio territorio all’Istria e alla Venezia tridentina e di annettersi il Dodecaneso e una parte della Dalmazia. Gli interventisti organizzarono numerose manifestazioni, che furono poi chiamate “radiose giornate di maggio” e che ebbero come principale oratore Gabriele d’Annunzio. L’interventismo grandi gruppi industriali, che ottennero profitti grazie alle commesse statali e all’assenza di disordini sociali. Affinché la produzione industriale funzionasse, era fondamentale affrontare il problema della scarsità di manodopera nelle campagne e nelle città, perciò ci fu un massiccio ingresso di donne nel mondo del lavoro. Le donne si trovarono a svolgere ruoli fino ad allora impensabili, ma soprattutto in settori per eccellenza maschili: guidavano gli autobus, conducevano la metropolitana, facevano le operaie nei cantieri navali e mandavano avanti le campagne. Tutto ciò sul piano sociale rappresentò un grande sconvolgimento, dal momento che le donne fino ad allora avevano avuto un ruolo marginale in tutti i settori della vita economica, sociale e politica. Il conflitto si rivelò un’esperienza terribile; mantenere alta la partecipazione del popolo divenne sempre più complicato e richiese un crescente controllo sull’informazione e propaganda. Tutti i governi insistevano sulle ragioni per cui il paese stava lottando, tutti dichiaravano che gli obbiettivi erano la difesa della patria, della civiltà e il raggiungimento di maggior benessere. Furono creati inoltre degli uffici di censura per impedire proteste e dissenso. La propaganda pacifista si stava diffondendo fra la popolazione e le truppe, le quali si abbandonavano sempre più spesso a manifestazioni di insofferenza. Aumentavano così i casi di diserzione e autolesionismo. Anche il “fronte interno” fu particolarmente turbolente durante questo stesso anno, oltre al razionamento, dovevano affrontare un costo della vita sempre più elevato: i prezzi dei beni di prima necessità aumentavano a dismisura, determinando miseria e malcontento. Nell’estate del 1917 ci fu una rivolta anche in Italia (Torino), che divenne una vera e propria sommossa in seguito ad una manifestazione che reclamava la distribuzione del pane. DALLA CADUTA DEL FRONTE RUSSO ALLA FINE DELLA GUERRA (1917-1918) Nel febbraio 1917 scoppiò una nuova sommossa, che portò all’abdicazione dello zar Nicola II e in seguito all’instaurazione di un governo rivoluzionario comunista guidato da Lenin, capo dei bolscevichi. La “rivoluzione d’ottobre”, ebbe come conseguenza il ritiro della Russia dal conflitto. Il nuovo governo stipulò con l’impero austro-ungarico e con la Germania, l’armistizio di Brest-Litovsk, che fu trasformato in pace nel marzo 1918. Il peso maggiore della nuova situazione dovette essere sopportato dall’esercito italiano, il quale aveva già organizzato e portato a termine due offensive sugli altipiani e sul Carso. In seguito gli austriaci scatenarono un’improvvisa controffensiva, spezzando il fronte italiano a Caporetto. Il nuovo “ministero di unità nazionale”, guidato da Vittorio Emanuele Orlando e il comandante dell’esercito Armando Diaz riuscirono a fermare l’invasione straniera. Nel frattempo, nell’aprile 1917 gli Stati Uniti avevano dichiarato guerra alla Germania, sotto la guida del presidente Woodrow Wilson, che li indusse a dichiarare guerra in nome della “libertà” e del “diritto” dei popoli all’autogoverno e della necessità di abbattere i regimi autoritari al fine di creare i presupposti per una piena democrazia e per una pace duratura. In poco tempo, gli Stati Uniti fecero giungere in Europa grandi quantità di viveri, di mezzi e di uomini; tale intervento determinò un forte indebitamento nei confronti degli Stati Uniti da parte dell’Europa, debitrice sia per le grandi quantità di materie prime e di viveri e sia per un’ampia serie di prodotti che l’industria europea non era più in condizioni di realizzare. Nella primavera del 1918, Germania e Austria scatenarono due offensive: una contro gli anglo- francesi (battaglia del Kaiser), facendo arretrare il fronte alleato fino alla Marna; di conseguenza il comandante francese rispose con una controffensiva (seconda battaglia della Marna), con l’appoggio di aeroplani e carri armati. A peggiorare la situazione austro-tedesca furono le richieste di pace della Bulgaria e della Turchia; fu allora che sul fronte italiano il generale Diaz decise di dare inizio a una grande offensiva che ebbe inizio il 24 ottobre, e nel giro di pochi giorni determinò la distruzione del fronte austriaco a Vittorio Veneto. Il 3 novembre 1918 a Villa Giusti, l’Austria fu costretta a firmare l’armistizio e il giorno seguente il generale Diaz annunciò la vittoria alla nazione italiana. In seguito anche la Germania firmò l’armistizio a Compiègne; il nuovo governo provvisorio era presieduto dal socialdemocratico Friedrich Ebert. Il giorno seguente l’Austria proclamò la repubblica, dopo la rinuncia al potere da parte dell’imperatore Carlo I; l’Ungheria diventava una repubblica indipendente. Cessavano così di esistere il secondo Reich tedesco e gli Asburgo. LA CONFERENZA DI PACE E LA SOCIETA’ DELLE NAZIONI Nel 1919, come accadde al congresso di Vienna, i rappresentanti delle potenze vincitrici si riunirono a Parigi allo scopo di dare una nuova sistemazione all’Europa. Quelli che avevano maggiore autorità erano i “tre grandi”: il presidente americano Wilson, il presidente del Consiglio francese Georges Clemenceau e il primo ministro inglese David George. Il quarto doveva essere il presidente del Consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando, l’Italia però si trovò presto emarginata a causa dei dissidi sorti con Wilson. All’inizio del 1918, Wilson aveva fissato in Quattordici punti i principi fondamentali a cui avrebbe dovuto ispirarsi la pace: tra cui l’autodeterminazione dei popoli e il rispetto delle nazionalità; e inoltre Francia e Inghilterra, intenzionate a fare in modo che i tedeschi non potessero più nuocere, puntando sull’annientamento sia militare che economico della Germania. Il principio della “nazionalità” venne applicato, determinando la liberazione dall’oppressione straniera di molti popoli che non avevano ottenuto l’indipendenza. Come previsto, il 28 aprile 1919 venne creata la Società delle Nazioni, un grande organismo internazionale con sede a Ginevra preposto a regolare pacificamente i contrasti tra gli stati, eliminando l’ingiustizia, la violenza e ogni forma di attrito tra i popoli; la sua azione tuttavia fu limitata dal ritiro degli Stati Uniti e dalla mancanza di mezzi di intervento contro quelle nazioni che non avessero applicato l’opera di mediazione condotta dalla Società stessa. Nel 1920, il Congresso degli Usa si rifiutò di ratificare i trattati di pace e l’iniziativa di Wilson; pochi mesi dopo Wilson fu colpito da paralisi e non poté ripresentarsi alle elezioni presidenziali del 1920. I TRATTATI DI PACE E IL NUOVO VOLTO DELL’EUROPA Dalla conferenza di pace scaturirono cinque trattati, il più importante fu il trattato di Versailles con la Germania; le clausole previste da tale trattato prevedevano: perdite territoriali, pesanti clausole militari (riduzione dell’esercito e della flotta) e sanzioni economiche gravose. Per quest’ultima era previsto il risarcimento di grandi somme a tutte le nazioni vincitrici e al Belgio. Tali clausole fecero emergere i quattro fondamentali errori commessi da Inghilterra e Francia: • Il rifiuto di discutere con i vinti i trattati di pace; • La richiesta di riparazioni tanto elevate da rendere impossibile la ripresa economica dei paesi sconfitti; • I criteri seguiti nella sistemazione territoriale dell’Europa; • L’eccessivo peso dato agli interessi nazionali delle potenze vincitrici, con la conseguenza di aggravare le differenze fra nazioni povere e nazioni ricche. La situazione italiana fu regolata tramite il trattato di Saint-Germain, in base al quale l’Austria era costretta a cedere il Trentino, l’Alto Adige, e l’Istria. L’Italia non ottenne tutto quello che aveva sperato in base al patto di Londra, in particolare la Dalmazia e Fiume. Sempre tramite questo trattato il territorio appartenente all’impero austro-ungarico fu diviso in quattro stati indipendenti: l’Austria, l’Ungheria, la Cecoslovacchia, il regno di Iugoslavia. Fu riconosciuta inoltre l’indipendenza dell’Albania; inoltre lungo il mar Baltico nascevano altri stati indipendenti della Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania. Con il trattato di Neuilly era riconosciuta anche l’indipendenza della Bulgaria.
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