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DIARIO DI VIAGGIO – Auto-organizzazione e livelli di realtà (G. Zannarini)., Appunti di Psicologia Delle Organizzazioni

Riassunto del testo DIARIO DI VIAGGIO – Auto-organizzazione e livelli di realtà (G. Zannarini)

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 17/07/2023

LauraCrescini
LauraCrescini 🇮🇹

4.8

(5)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica DIARIO DI VIAGGIO – Auto-organizzazione e livelli di realtà (G. Zannarini). e più Appunti in PDF di Psicologia Delle Organizzazioni solo su Docsity! DIARIO DI VIAGGIO – Auto-organizzazione e livelli di realtà (G. Zannarini) Introduzione L’esperienza di ricerca e di riflessione sulla complessità è stata vissuta da ricercatori che venivano da strade diverse, incontrandosi in uno straordinario e affascinante crogiuolo multidisciplinare. Questo cammino fu contraddistinto da un’iniziale euforia transdisciplinare, che andò a collocarsi al di sopra delle discipline stesse, legata alla ricerca di un nuovo e superiore punto di vista dal quale gettare uno sguardo panoramico e olistico sul mondo. Gli appartenenti alle discipline umanistiche vedevano riconosciuta la scientificità della dimensione storica (e dunque della singolarità e dell’irrepetibilità degli eventi, della casualità multipla e non lineare, dell’imprevedibilità) e gli studiosi di scienze naturali poterono allargare i loro interessi in altri campi, come le organizzazioni umane, le culture, il pensiero. Ciò avvenne anche al tempo del “euforia sistemica”, ma in questo caso l’approccio era interdisciplinare. Il progressivo svilupparsi di una scienza della complessità è emerso da un intreccio di posizioni anche piuttosto diverse dei ricercatori che hanno contribuito agli studi in questo campo. Sistemi complessi e auto-organizzazione Osservando i fenomeni naturali, per esempio un arcobaleno, saremo colpiti dalle sue caratteristiche di ordine, di regolarità, di organizzazione; ci chiederemmo anche da dove derivi questo ordine e potremmo rispondere attraverso due approcci: 1. L’approccio esplicativo della scienza ci porterebbe a considerare gli elementi semplici che lo costituiscono, trascurando ciò che potrebbe mettere in dubbio questa semplicità (rumori, perturbazioni). 2. L’approccio progettuale dell’ingegneria partirebbe da una riduzione effettuata con il precedente approccio per replicare il fenomeno. Entrambi hanno implicazioni in altre discipline, compresi gli studi organizzativi (la cibernetica ha avuto un impatto forte sulla cultura organizzativa). Il fondamentale cambiamento nel modo di guardare la realtà che è implicato nei più recenti sviluppi scientifici si può esprimere, in termini linguistici, come un passaggio dalla spiegazione alla comprensione. Spiegato= qualcosa che prima era piegato viene spiegato. Ciò che è complicato, una volta spiegato, potrà venire reso più semplice. Complesso= intreccio, tessuto: l’insieme possiede delle caratteristiche che le singole parti non hanno; perciò, non può venire ricondotto a elementi semplici senza che si perda, irrimediabilmente, qualcosa di essenziale: verrebbe a mancare l’essere insieme. La ricerca di una spiegazione attraverso la riduzione a elementi semplici può risultare riduttiva: si predetermina quello che sfuggirà all’attenzione. Quest’errore viene compiuto nella fisica classica, la quale considera solamente le parti più semplici, ovvero gli atomi, senza considerare i fenomeni interatomici e subatomici, che creano fluttuazione e perturbazioni. Si vuole ricercare ciò che non cambia al di sotto del mutamento, ciò che è reversibile al di sotto dell’apparente irreversibilità. Tuttavia, ora sappiamo che le singole parti non sono necessariamente più semplici del tutto e si è iniziato a guardare la realtà in modo nuovo, dando importanza ai processi organizzativi, di creazione di un ordine a partire dal disordine; la complessità si può comprendere solo accettando l’irriducibilità del reale a una atomizzazione senza fine. Osservando una transizione disordine-ordine (es transizione acqua-ghiaccio) si può giungere a considerare che: in tutti i sistemi complessi del mondo fisico l’apertura dei sistemi stessi nei riguardi dell’ambiente ha la funzione di sostenere un’organizzazione che è, fondamentalmente, un’auto organizzazione. Un sistema complesso: • è costituito di molti elementi in relazione tra loro; • non è isolato, ma è in rapporto di scambio con l’ambiente; • manifesta caratteristiche di organizzazione che sono imprevedibili a livello delle parti, e nello stesso tempo non sono comandate dall’esterno. Si ha, quindi, un auto-organizzazione / organizzazione spontanea, che emerge dall’interazione tra i suoi elementi costitutivi e dal contatto con l’ambiente. Se prendiamo come esempio fisico il laser, possiamo affermare che il manifestarsi del comportamento auto-organizzato dipende dal verificarsi di cinque condizioni fondamentali, generalizzabili ad altre situazioni: • la presenza di un grandissimo numero di atomi del materiale attivo; • la rilevanza dell’interazione indiretta tra gli atomi; • l’esistenza di un opportuno rifornimento energetico dall’esterno; • la scelta di un’opportuna struttura del sistema (forma, dimensioni) che funzioni da “suggerimento” per una certa modalità di organizzazione; • la presenza di un’incessante attività di esplorazione delle configurazioni possibili attraverso le fluttuazioni -> importanza del rumore/perturbazione/disordine/disorganizzazione. L’organizzazione, sia nel mondo fisico che in quello sociale, è sempre esposta al rischio di degenerazione, trasformazione improvvisa, transizione verso il caos. L’organizzare può essere possibile solo se vengono colte le possibilità auto-organizzative delle realtà complesse, che forniscono gli opportuni suggerimenti organizzativi. Organizzare e pensiero complesso Lo sviluppo di una “scienza della complessità” ha suggerito una nuova ottica di analisi, valida per una molteplicità di ambiti e fenomeni. Infatti, il concetto di auto-organizzazione nato nelle scienze naturali si è esteso anche nello studio dei sistemi culturali. Sebbene nella scienza della complessità si abbia bisogno di uno sguardo multidisciplinare, è opportuno analizzare i concetti che si prendono in considerazione collocandoli nel loro contesto di origine, le scienze fisiche. Se nella teoria dei sistemi il concetto di retroazione fa riferimento essenzialmente alla regolazione e alla correzione degli errori, piuttosto che a una relazione produttiva/ auto-costruita tra i diversi livelli, questo concetto è da differenziare a quello di ricorsione, sviluppatosi dalla seconda cibernetica, che nella scienza della complessità è visto come un processo creativo fondamentale nell’universo fisico, nel mondo biologico, nello sviluppo stesso del pensiero. Quando osserviamo il linguaggio possiamo notare che c’è un dialogo tra livelli (parole, testo, contesto) e un dialogo tra dimensioni (semantica e sintattica); è dall’interazione dialogica e ricorsiva tra livelli e dimensioni che emerge l’auto-organizzazione ricorsiva. La circolarità ricorsiva è una caratteristica fondamentale della complessità. Quando si parla di fenomeno complesso, non necessariamente i comportamenti corrispondenti ai livelli superiori di aggregazione sono particolarmente complicati e strani; spesso possono essere rappresentati da strutture molto semplici. La dimensione di complessità appare piuttosto connessa con la relazione circolare esistente tra livelli diversi. È l’osservatore che giudica semplice ciò che mostra delle vistose caratteristiche di regolarità, spiegazione “dinamica”, un circolo ermeneutico, affermando che le regolarità riscontrate a un certo livello di aggregazione emergono da una relazione circolare tra diversi livelli. Ciò che, secondo questa prospettiva, tiene assieme una organizzazione è il riconoscere la centralità di una relazione circolare stabilizzante tra individuo e collettivo, di un adattamento reciproco e interattivo tra norme, strutture, contesti e atteggiamenti individuali nel costituirsi di realtà complesse, che sono irriducibili alla semplicità progettuale e lineare adottata da molte altre teorie. Può aiutare a capire come dall’interazione reciproca di una molteplicità di persone, ognuna portatrice di progetti, desideri, immagini del mondo diverse, emerga spesso un elevato grado di regolarità e omogeneità di comportamenti e di modi di vedere il mondo. Ogni persona, all’interno di un’organizzazione, è parte di un “tutto”; nello stesso tempo, però, attraverso le proprie immagini mentali e la propria interiorizzazione della cultura, ha, in un certo senso, il “tutto” dentro di sé. Ciò viene definito da Morin come “complessità ologrammatica”. L’immagine unitaria che ci facciamo di una organizzazione (o di qualsiasi altro oggetto) ci appare come una nostra costruzione mentale, come una sorta di auto-organizzazione che nasce da una articolazione tra descrizioni diverse. Le caratteristiche della cultura di una organizzazione non possono venire ricavate direttamente e completamente dai tratti psicologici delle persone che ne fanno parte e che contribuiscono a crearle; d’altra parte, nemmeno le caratteristiche psicologiche dei singoli sono completamente determinate dalle loro appartenenze culturali. Morin ci suggerisce di portare con noi, nell’avventura della conoscenza, soltanto un “bagaglio leggero”, un’indicazione di metodo: l’avvertenza di “pensare senza mai chiudere i concetti, stabilendo articolazioni, sforzandoci di comprendere la multidimensionalità, di pensare le singolarità, di non dimenticare le totalità integratrici”. Quando compiamo qualsiasi analisi, dobbiamo sempre ricordare che, comunque, osserviamo il mondo da un punto di vista specifico, all’interno della nostra cultura e della nostra storia, attraverso un particolare apparato sensorio e mentale. Se prendiamo in considerazione il pensiero possiamo notarne la centralità della dimensione affettiva della conoscenza, che quindi ha implicazioni anche sulla costruzione di significati: essa richiede di accogliere dentro di sé l’impatto emotivo dell’incontro col mondo, elaborandolo mentalmente. I prodotti del pensiero (teorie, creazioni) nascono nel luogo del pensiero immaginativo e del sogno. Diario di viaggio Nell’ambito degli studi sulla complessità è stato sviluppato un programma transdisciplinare, delineando una teoria unitaria dei sistemi “auto-organizzati”: dei sistemi nei quali un ordine ad alto livello “emerge” da una molteplicità di interazioni non necessariamente programmate e intenzionali, e a sua volta, all’interno di una relazione circolare, la condiziona. Questa teoria va a fondare il “paradigma” della complessità. Ciò che ci si proponeva era di sviluppare un “pensiero complesso”, capace di articolare punti di vista e approcci diversi, capace di “pensare senza mai chiudere i concetti, stabilendo articolazioni, sforzandosi di comprendere la multidimensionalità, di pensare le singolarità, di non dimenticare le totalità integratrici”, ovvero di “pensare se stesso pensante” (Morin). Si è proposta di superare le vecchie certezze: la certezza dell’oggettività con quella della conoscenza come reticolo, la certezza della prevedibilità con quella dell’ordine che nasce dalle fluttuazioni, la certezza della causalità lineare con quella della ricorsività. Come esempio possiamo prendere in considerazione l’analisi di un testo, che può essere considerato un sistema complesso nel quale il significato si costruisce all’interno di una molteplicità di relazioni circolari tra parole e frasi, tra testo e contesto, tra testo e lettore. Quest’analisi si presta particolarmente bene a illustrare i concetti di auto-organizzazione e ricorsività e, allo stesso tempo, ci permette di sottolineare la molteplicità di interpretazioni possibili, e dunque la crisi della verità e l’inesistenza di un punto di vista oggettivo L’autore vuole proporre di guardare a questo paradigma con la prospettiva di una “complessità silenziosa”, poiché solo in questo modo si possono accettare le caratteristiche personali, autobiografiche, irripetibili della propria strada verso il pensiero, senza necessariamente proporle agli altri come valori, ma offrendole piuttosto all’interno di una testimonianza personale
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