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Qui di seguito verranno spiegati i 10 concetti chiave che attraversano il sapere didattico odierno.
1.1 DIDATTICA
Per didattica si intende...
la modalità di organizzazione dell'ambiente di apprendimento
la gestione della mediazione tra soggetto e oggetto di apprendimento
l'osservazione del ruolo dello studente nel processo di insegnamento/apprendimento
la messa a fuoco del patrimonio culturale da trasmettere alle nuove generazioni
la strutturazione della comunicazione educativa tra docente e discente
lo studio del processo di apprendimento
la ricerca sull’insegnamento
la riflessione sulle intenzionalità formative
l’analisi del comportamento dell’insegnante
og Ipuapne
La Didattica (dalla radice indoeuropea “dak”, ovvero, “mostrare”) nasce dall'esigenza di
trasmettere alle nuove generazioni il patrimonio culturale accumulato attraverso l'intera storia
dell'uomo e si sviluppa per effetto della tensione volta a trovare le modalità più efficaci per
svolgere tale compito formativo.
Il sapere didattico ha subito profonde trasformazioni:
- Estensione del campo della didattica, dall’insegnamento praticato a scuola ad ambiti di
educazione informale;
- Specificazione dell'oggetto della didattica, in relazione ai diversi saperi e alle varie
discipline di insegnamento;
- Proliferazione di metodologie didattiche (apprendimento cooperativo, problem solving,
ecc.) in quanto non si può pensare a un modello didattico universalmente valido.
Tali modificazioni hanno determinato un profondo ripensamento dello statuto disciplinare della
didattica Un primo passaggio è stato la sua collocazione nell'ambito delle Scienze
dell'educazione. Queste ultime a loro volta possono essere distinte in:
- Discipline rilevative, le quali analizzano l'evento educativo nelle sue diverse dimensioni
costitutive allo scopo di migliorarne la comprensione (es. psicologia dell'educazione,
antropologia dell'educazione, ecc.);
- Discipline prescrittive, saperi orientati verso una comprensione del sistema di valori entro
cui identificare i traguardi formativi a cui è finalizzato l'evento educativo (es. filosofia
dell'educazione);
- Discipline operative, concentrate sull'azione educativa e sulle sue modalità di conduzione.
La Didattica fa parte, all’interno delle Scienze dell'educazione, delle discipline operative ed è un
sapere orientato a rispondere alla domanda: “come educare?”.
Gli elementi caratterizzanti una disciplina sono l'oggetto e il metodo che la contraddistinguono.
Nel caso della Didattica identifichiamo l'oggetto di studio di questa disciplina con l'azione di
insegnamento, ovvero, quella particolare azione formativa che si svolge dentro la scuola. Essa è
distinta da caratteri di:
- Intenzionalità, ovvero l’esistenza di traguardi formativi consapevolmente perseguiti;
- Sistematicità, ovvero l'organizzazione strutturata e progressiva dell'azione educativa.
Entrambi i requisiti sono presenti nell'ambiente scolastico (educazione formale); solamente
l'intenzionalità negli ambienti di educazione informale (famiglia, parrocchie, attività sportive,
ecc.) e nessuno dei due caratteri in quelli non-formali (mass media, miti e riti sociali, ecc.).
Limitando l’attenzione all'ambiente di educazione formale (la scuola) possiamo definire l’azione
d'insegnamento come una relazione educativa finalizzata all'apprendimento di un determinato
patrimonio culturale agita in un dato contesto istituzionale. Parliamo di:
- "relazione educativa" per riferirci alla relazione tra insegnante-allievo/i entro cui si
inscrive l'azione didattica;
- “finalizzata all'apprendimento di un determinato patrimonio culturale” per precisare il
compito specifico affidato dalla società all'educazione scolastica
- "agita in un dato contesto istituzionale” per precisare il setting entro cui si svolge tale
relazione educativa (istituzione scolastica assieme alle sue regole, norme di
comportamento, ecc.).
Il triangolo didattico rappresenta i tratti essenziali di questa definizione rintracciabili nei tre
vertici del triangolo (I = Insegnante; A = Allievo/i, C = Contenuto culturale) e nel cerchio che lo
inscrive (Contesto istituzionale). L'azione d'insegnamento si identifica con l'insieme delle
relazioni che collegano tra loro i singoli elementi.
Sulla base di questa rappresentazione è possibile individuare le dimensioni dell’insegnamento,
ovvero alcuni punti di vista privilegiati da cui è possibile osservare l'evento didattico:
DIMENSIONE DIMENSIONE
ORGANIZZATIVA METODOLOGICA
DIMENSIONE
RELAZIONALE
- Dimensione relazionale-comunicativa (A-1), attenta alla dinamica relazionale che si
viene a determinare tra insegnante e allievi e alle modalità di gestione di tale dinamica;
VISIONE VISIONE VISIONE
GRAMMATICALE SINTATTICA SEMANTICA
FUNZIONE Regolativa Esplicativa Narrativa
APPROCCIO Prescrittivo-normativo | Descrittivo-nomotetico | Narrativo-idiografico
AZIONE CHIAVE Guidare Spiegare Raccontare
RISULTATO Regolazione Analisi dell'evento | Riflaborazione
dell'azione dell'esperienza
DISPOSITIVO Guide Modelli Storie
In conclusione, la didattica cambia ruolo, da sapere per gli insegnanti a sapere con gli insegnanti,
e diventa strumento di accompagnamento offerto ai protagonisti dell'azione d'insegnamento per
comprendere e rielaborare la propria esperienza. La ricerca si interseca perciò con l’azione, dove
il ricercatore non si sostituisce all'insegante ma lo affianca, nell'intento di dare significato alla
propria esperienza professionale.
1.3 INNOVAZIONE
Il concetto di innovazione si aggancia a quello di ricerca: se la ricerca si orienta ad essere con gli
insegnanti allora sfocia inevitabilmente nell'azione e diventa strumento per la gestione del
cambiamento, anche in ambito didattico. Anche il paradigma di Schon del “professionista riflessivo"
si orienta nella stessa direzione: la circolarità del processo tra azione e ricerca porta a considerare
l'azione in termini di innov-azione, nel senso di una rielaborazione continua della propria azione
didattica orientata al miglioramento.
Scurati definisce questa nuova fase del cambiamento educativo momento antropologico, dove il
cambiamento viene inteso come un evento complessamente umano, non puramente tecnologico,
promosso dall'uomo per l'uomo, nel clima e nell'ambito delle interazioni dialogiche, cioè un
procedimento di proposta che dà luogo ad un'esperienza di scambio e nuova interpretazione.
Il cambiamento è caratterizzato dalla ricorrenza di alcuni principi di fondo:
- Storicità del processo di cambiamento, inteso come insieme di eventi che si sviluppano e
modificano nel tempo all'interno di una configurazione strutturale, relazionale e culturale
di una propria peculiarità;
- Soggettività di colui che è responsabile dell'azione (preoccupazioni, convinzioni,
esperienze pregresse), come punto di connessione tra intensione progettuale e processi
reali. A seconda del soggetto gli individui recepiscono, interpretano e agiscono il
cambiamento in un certo modo. Tra queste interpretazioni vi può essere lo sviluppo di
una certa “resistenza al cambiamento", la quale però assume una connotazione
fondamentale nel processo innovativo in quanto modalità di percezione e riconoscimento
della presenza del cambiamento stesso;
- Contestualità, ovvero comprensione del significato dell'innovazione in relazione allo
specifico contesto ambientale entro cui è inserita (unità scolastica diviene attore collettivo
del cambiamento, bersaglio su cui si concentrano gli sforzi di miglioramento del servizio
scolastico);
- Globalità, cambiamento come processo di reciproco apprendimento tra individui e
‘ambiente, ovvero coinvolgimento nell'evento trasformativo del sistema organizzativo
nella sua totalità;
- Reciprocità, che vuole mettere in luce la natura dialogica del cambiamento tra scuola e
‘ambiente esterno. Emerge un processo di bidirezionalità del processo trasformativo,
inteso come reciproco sviluppo e adattamento tra i processi innovativi veicolati
dall'esterno e la capacità della scuola di interpretarli;
- Riflessività, intesa come la capacità del sistema organizzativo di apprendere dalla propria
esperienza, valutando le proprie azioni e essendo capaci di retroazione sui processi
decisionali.
Per quanto riguarda il rapporto tra ricerca e cambiamento, nello sviluppo di un processo di
innovazione il momento della ricerca costituisce un'opportunità di apprendimento, ossia la
possibilità di assumere consapevolmente i significati della propria azione e regolarla
progressivamente in corso d'opera.
14 DOCUMENTAZIONE
La centralità della documentazione del sapere didattico trae origine dall'idea di ricerca: per
rielaborare l'esperienza dell'insegnamento diventa decisivo possedere un linguaggio per rendere
dicibile tale esperienza, per poterne parlare, analizzarla, formalizzarla e utilizzarla in altri contesti.
Da qui il valore della documentazione, per trasformare l'azione d'insegnamento in un
documento e, quindi, in qualcosa che possa essere conservato e capitalizzato. Per documentazione
si potrebbe intendere la memoria della nostra esperienza di insegnanti e della scuola in generale
e ciò attualmente rappresenta una vera e propria sfida per il sapere didattico.
Nella storia della pedagogia ci sono stati alcuni tentativi illustri di raccontare l’azione ma il dato
generale che emerge negli anni è una scarsa attenzione alla memoria da parte dei docenti e degli
educatori, problema riportato al centro dell'attenzione solo negli ultimi anni. Paradossalmente la
scuola ha sempre curato la documentazione in un'ottica amministrativa e burocratica (pagella,
registro, ecc.) a discapito di quella della propria esperienza didattica. La scuola oggi è perciò un
soggetto privo di memoria e, forse, questa sua attitudine è una buona chiave di lettura per
analizzare la profonda crisi d'identità che sta attraversando. Manca perciò una documentazione
di tipo professionale, utile a comunicare le esperienze didattiche tra gli insegnanti, confrontarle e
a traferirle in altri contesti.
Un altro problema si pone sulle forme e le modalità attraverso cui rendere dicibile un'esperienza
didattica, proprio in relazione a quella distanza che separa il “il dire” (sapere teorico) e “il fare"
(sapere pratico).
Un primo criterio riprende tre visioni della ricerca didattica affidate alla documentazione:
regolativa (indirizzare l’azione), esplicativa (fornire chiavi di lettura per comprendere
l'esperienza didattica) e narrativa (raccontare l’esperienza e i suo significati).
Un secondo criterio distingue tre fasi temporali: ex-ante (preparatoria dell'azione), contestuale
(momento in cui si svolge l’azione) e ex-post (successiva all'azione, per ricostruirne il percorso e
apprezzarne valore e risultati).
L'incrocio di questi due criteri consente di individuare 9 combinazioni differenti, ciascuna
espressione di una particolare forma di documentazione didattica.
funzione
fase REGOLATIVA ESPLICATIVA NARRATIVA
temporale
PRIMA Piani Teorie Simulazioni
DURANTE Criteri di qualità Categorie di analisi Protocolli osservativi
DOPO Prototipi Tipologie didattiche Diari di bordo
Tra le forme di documentazione citiamo i “diari di bordo", documenti che seguono l'azione e
svolgono una funzione di ricostruzione del vissuto esperienziale. Vuole essere una forma di
scrittura con cui tenere traccia del proprio “viaggio da insegnante”, registrando a caldo la propria
esperienza, con lo scopo di conservarne tutta la ricchezza e la vitalità.
1.5 AZIONE DI INSEGNAMENTO
Abbiamo precedentemente identificato come oggetto di studio della Didattica l’azione
d'insegnamento, definendola come l’azione comunicativa finalizzata all'apprendimento di un
determinato patrimonio culturale agita in un contesto istituzionale e contraddistinguendola peri
suoi attributi di sistematicità e intenzionalità. Bisogna però cercare di comprendere il significato
più profondo di questo concetto chiave: quello di mediazione. L'insegnamento è un'azione
comunicativa, un sapere orientato ad un scopo e agito in un determinato contesto.
L'insegnamento può essere definito come un'azione pratico-poietica, richiamando due attributi
del pensiero aristotelico:
- Praxis: azione guidata verso un fine etico-sociale e non verso un prodotto concreto. Essa
acquista un valore in sé in quanto ispirata ad un insieme di valori e mirata ad incarnare
un determinato ideale morale. La qualità di questo tipo di azione risiede nella saggezza e
nei principi etici di cui il soggetto si fa portatore e che incarna tramite la sua azione
(phronesis);
- Poiesis: azione finalizzata alla realizzazione di un determinato prodotto, tangibile e
concreto, che acquista valore in relazione al risultato che produce. Un esempio è quello
dell'artigiano, la cui azione è funzionale alla produzione di un manufatto e la cui maestria
nella realizzazione può essere ricondotta all'insieme delle abilità e competenze che egli
deve possedere (techne).
Quindi, mentre l’azione pratica ha un fine in sé, in quanto espressione dei valori etici a cui si rifà,
l'azione poietica raggiunge il suo scopo attraverso il prodotto che realizza. Facendo riferimento
all'azione di insegnamento:
- La dimensione poietica, orientata al prodotto, richiama la valenza didattica
dell'insegnamento e si riferisce alle qualità tecnico-professionali dell'insegnante nel
mettere in relazione determinati allievi con determinati contenuti culturali;
- La dimensione pratica, orientata al processo, richiama la valenza educativa
dell'insegnamento e si riferisce alle qualità umane e personali dell'insegnante nel
veicolare e testimoniare una serie di valori etici.
1.7 DIMENSIONE METODOLOGICA
Considerando la rappresentazione dell'azione d'insegnamento, l'asse di collegamento tra allievi e
contenuti culturali (A-C) è quello che maggiormente enfatizza la dimensione metodologica.
Secondo l'approccio cognitivista, la metodologia didattica è un dispositivo di adeguazione del
contenuto culturale al soggetto in apprendimento, uno strumento attraverso il quale mettere in
relazione la matrice cognitiva del soggetto che apprende e la struttura del contenuto culturale
oggetto di apprendimento. Tale concetto è stato successivamente allargato dalla qualità
complessiva dell'esperienza cognitiva, con riferimento sia alle dinamiche relazionali, sia alla
disponibilità ad apprendere da parte del soggetto.
I caratteri dell'approccio cognitivista sono stati classificati da D. Ausubel in relazione a due
parametri:
- La relazione del contenuto di apprendimento con la matrice cognitiva del soggetto,
distinguendo in:
- apprendimento significativo, caratterizzato da un processo d'integrazione tra il
nuovo apprendimento e le conoscenze pregresse;
- apprendimento meccanico, caratterizzato da una giustapposizione del nuovo
apprendimento ai precedenti.
- La modalità di approccio del soggetto che apprende al nuovo contenuto culturale, che può
essere distinta in:
- apprendimento per ricezione, che vede il soggetto in posizione passiva rispetto al
nuovo contenuto culturale;
- apprendimento per scoperta, dove il soggetto è in posizione attiva ed esplorativa
nei confronti del nuovo contenuto culturale.
L'incrocio di questi due parametri permette di riconoscere 4 tipologie di apprendimento,
riassunte in tabella.
MECCANICO SIGNIFICATIVO
PER RICEZIONE meccanico — ricezione significativo — per ricezione
PER SCOPERTA meccanico — per scoperta significativo — per scoperta
Secondo Ausubel, punto focale dell'approccio cognitivista è l'apprendimento significativo, e
quindi di integrazione tra matrice cognitiva del soggetto e nuovo contenuto culturale. Tale
processo prevede un adattamento della matrice cognitiva attraverso un'espansione della matrice
preesistente o una sua ristrutturazione.
La prospettiva da cui osservare l'apprendimento è stata allargata successivamente attraverso
altre due tipologie di approcci: il costruttivismo e la metacognizione.
Il costruttivismo (Jonassen) pone in rilievo il valore dell'interazione sociale nella costruzione
della conoscenza e il carattere situato dell'apprendimento in rapporto al contesto entro cui
avviene, Un importante ruolo nel processo di apprendimento viene quindi assolto:
- dalla costruzione attiva da parte del soggetto (apprendimento costruttivo), il cui
apprendimento è significativo, ovvero, un processo di continua costruzione/ricostruzione
di conoscenze pregresse e ricostruzioni mentali;
- dal contesto di realtà entro cui si realizza l'esperienza apprenditiva (apprendimento
situato). Si apprende quindi quando si è immersi in una situazione o in un contesto che
sollecitano conoscenze, schemi mentali, abilità e linguaggi;
- dalla collaborazione sociale (apprendimento socio-culturale), ovvero dall'interazione
con gli altri. Si parla di conoscenza co-costruita nello scambio con la comunità di
apprendimento.
Un altro filone di studi che ha allargato la prospettiva con cui osservare l'apprendimento e
l'insegnamento è stato quello della metacognizione. Si ha in questo caso uno spostamento di
attenzione non solo in direzione dei processi cognitivi attivati dal soggetto ma anche del livello
meta di consapevolezza e controllo di tali processi; una consapevolezza del sé da parte del
soggetto che sviluppa la capacità di apprendere, ossia di riflettere sul proprio sapere e sui processi
di sviluppo della propria conoscenza.
A partire dalla proposta di Ausubel e integrandola con i contributi provenienti da costruttivismo
e metacognizione, Pellerey propone una serie di principi che qualificano una metodologia efficace:
- significatività (capacità d'integrazione);
- motivazione (disponibilità ad apprendere);
- direzione (condivisione dei traguardi di apprendimento);
- continuità (apprendimento a “spirale”, ripresa progressiva a diversi livelli di estensione
ed approfondimento);
- integrazione (trasversalità con i diversi sapere disciplinari);
- trasferibilità linguistica (impiego di diversi codici cognitivi);
- negoziazione sociale (dimensione sociale dell'apprendimento, co-costruzione della
conoscenza);
- contestualità (apprendimento in contesti di realtà autentici e significativi);
- riflessività (sviluppo di autoconsapevolezza dell'esperienza cognitiva);
- pluralità culturale (molteplicità delle prospettive culturali attraverso cui approcciarsi).
1.8 REPERTORIO DI METODOLOGIE DIDATTICHE
Abbiamo detto che per dimensione metodologica (C-A) si intende la modalità di trasmissione del
patrimonio culturale da parte dell'insegnante e al modo con cui viene gestita la mediazione tra i
soggetti che apprendono e i contenuti culturali oggetto di insegnamento. In questa prospettiva
Calvani (2000) ha fatto una rassegna di differenti approcci con cui gestire tale mediazione,
definendo un repertorio di metodologie didattiche.
1. La lezione, metodologia didattica per eccellenza caratterizzata da una sistematica
esposizione di contenuti dove chi impara di più è l'insegnante, in virtù della rielaborazione
del sapere.
+ Insegnante: rapporto con Îl sapere attivo e produttivo, ruolo di esperto;
- Studente: ruolo passivo sia con l'insegnante che con il contenuto culturale;
- Punti di forza: efficienza in termini di quantità di informazioni trasmesse/tempo,
standardizzazione e sistematicità;
- Criticità: scarso coinvolgimento e poca attenzione dello studente; limitato feedback.
2. L'apprendistato, sorta di lezione in cui i contenuti culturali sono più orientati ad abilità
operative.
- Insegnante: insegnante ricalca ruolo della lezione, configurandosi come modello;
- Studente: imita i comportamenti in risposta ad un problema concreto fino ad ottenere una
progressiva autonomia;
- Punti di forza: concretezza, progressiva autonomia da parte dello studente, approccio
riflessivo all'apprendimento;
Criticità: rischio ad una riduzione ad una imitazione passiva, possibilità d'uso in limitate
discipline, scarsa trasferibilità del sapere.
3. L'approccio tutoriale, forma di supporto personalizzato all'apprendimento, caratterizzato
da una piena valorizzazione del triangolo didattico in virtù della relazione intensa e
personalizzata che si viene a stabilire tra docente e studente nel trattamento del contenuto
culturale.
Insegnante: tende ad avere ruolo indiretto e di supporto allo studente nell'interazione con
il contenuto culturale. Si approccio, appunto, come tutor;
Studente: ruolo attivo nell'interazione con il contenuto culturale sul piano cognitivo,
motivazionale ed emotivo;
Punti di forza: forte interazione tra insegnante, alunno e contenuto culturale, approccio
personalizzato, rinforzo mirato e feedback continuo;
Criticità: rischio di una relazione a due tra studente-insegnante e di incremento delle
differenze con gli altri allievi della classe.
Tav. 1.6.4 — Struttura Tav. 1.6.5 — Struttura Tav. 1.6.6 — Struttura
didattica della lezione. didattica dell'apprendistato. didattica dell'approccio tutoriale.
c c
4. La discussione, inteso come confronto di opinioni in rapporto ad un dato argomento. Un
importante ruolo viene assunto dal gruppo, la classe, e dall'interazione tra i suoi componenti.
Insegnante: fa parte del gruppo e assume il ruolo di conduttore, ossia moderatore del
contenuto e gestore delle interazioni;
Punti di forza: interazione sociale, scambio costruttivo di opinioni, problematizzazione e
sviluppo di un’argomentazione condivisa;
Criticità: difficoltà di avere una partecipazione attiva da parte di tutti i componenti del
gruppo per via di dinamiche di ruolo paralizzanti e controproducenti, rischio di andare
fuori tema.
5. Il problem solving, variante della discussione dove, anziché il semplice confronto su un
argomento, avviene un processo sociale di risoluzione di un problema, orientato al
raggiungimento di un prodotto.
Insegnante: ruolo di catalizzatore, nel senso di colui che convoglia le energie e le risorse
del gruppo verso la risoluzione del problema;
Punti di forza: interazione sociale, approccio euristico (relativo all'ipotesi che orienta la
ricerca) centrato su un problema condiviso;
Criticità: necessità di avere un gruppo di lavoro produttivo, tempi di lavoro più lunghi e
problemi di trasferibilità ad altri contesti.
didattico nel determinare la qualità della relazione didattica, non vedendola solamente in
funzione del contenuto culturale da trasmettere.
L'ascolto attivo, in particolare, è una modalità di gestione flessibile della relazione tra allievo-
insegnante, attraverso il potenziamento della funzione di ascolto da parte dell'insegnante, ovvero
di una posizione in cui mettersi a disposizione dell'altro, valorizzandolo e cercando di
comprenderne il punto di vista. Questo tipo di approccio punta a sviluppare negli allievi la
capacità di esternare i propri vissuti emotivi oltre a metacomunicare accettazione e rispetto del
proprio interlocutore e, di conseguenza, a incrementare il rapporto di fiducia tra insegnante e
allievi. In un atteggiamento di ascolto attivo si possono distinguere 3 passaggi essenziali:
1. fase di ricezione del messaggio, ovvero di ascolto autentico limitando i propri vissuti
emotivi e i propri pregiudizi;
2. fase di lettura del significato del messaggio, considerando non solo le parole dette ma
l'insieme della dinamica che si viene a determinare;
3. fase di re-azione comunicativa, ovvero la modalità con cui l'insegnante risponde all'allievo.
Schulz ha proposto un modello operativo efficace che propone di prestare attenzione alle diverse
facce del messaggio del nostro interlocutore, identificandone quattro:
- piano del contenuto, ciò che dice il soggetto;
- piano della relazione, come lo dice, ovvero la dinamica verbale e non-verbale entro cui
viene pronunciato il messaggio;
- piano dell'autorappresentazione, come si presenta il soggetto, quale immagine di sé vuole
veicolare attraverso il messaggio;
- piano dell'appello, riferendosi allo scopo dell'azione comunicativa, l'intenzione con la
quale viene pronunciato il messaggio.
«non lavoro!»
CONTENU LO
CHE COSA DICE
un bambino si rifiuta
di lavorare
e chiude il quaderno
COME SI PRESENTA
YH 04058 TTVNÒ
<OTIYUOS ji aIAA[OSY Y MUINIE»
«sono agitato perché ho litigato
coni compagni»
COME LO DICE
RELAZIONI
«non rispetto le tue regole»
Ciò che è interessante è la visione pluridimensionale del messaggio da parte di Schulz, attenta a
cogliere la globalità della dinamica comunicativa e prendendo in considerazione le prime due fasi
dell'ascolto attivo (ricezione e lettura del messaggio). La terza fase è quella della re-azione
comunicativa che segue la comprensione del messaggio dell'allievo; Franta e Colasanti
distinguono tra:
- reazioni direttive, che tendono a chiudere e a bloccare la comunicazione (moralizzazione,
generalizzazione, manipolazione, persuasione, valutazione, ecc.);
- reazioni proattive, che tendono ad aprire e ad alimentare la comunicazione
(verbalizzazione, chiarificazione, comprensione, ecc.).
Una visione più interculturale proposta da M. Sclavi (2003) esplora i significati di una posizione
di ascolto e di rispetto del proprio interlocutore, evidenziando come il modo per poterlo attuare
sia quello di uscire dai propri schemi culturali e relazionali e decentrarsi nei confronti dell'altro.
L'autrice propone 7 regole che denomina “i segreti dell'arte di ascoltare”:
1. Nonavere fretta di arrivare a delle conclusioni, le conclusioni sono la parte più difficile
della ricerca;
2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista devi
cambiare punto di vista;
3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e
chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva;
4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali, se sai comprendere il loro
significato. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi; il loro codice è relazionale
e analogico;
Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili;
6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione,
affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi nella gestione creativa dei conflitti;
7. Perdivenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica; ma
quando hai imparato ad ascoltare l'umorismo viene da sé.
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Se l'ascolto attivo mira ad approfondire la dimensione emotiva della relazione comunicativa tra
insegnante e allievo, C. Pontecorvo propone una lettura più strettamente cognitiva della dinamica
comunicativa, non limitandola al solo piano socio-emotivo ma puntando a valorizzarne le
potenzialità sul piano dell'apprendimento. L'autrice si riferisce soprattutto all'interazione sociale
nel gruppo classe, all'interno del quale il processo di costruzione attiva dell'apprendimento da
parte del soggetto viene amplificato (costruttivismo sociale). L'interazione sociale diviene la
premessa nel processo di co-costruzione della conoscenza che Pontecorvo rappresenta con
l'espressione “sindrome di Qui, Quo, Qua”: i nipotini di Paperino spesso elaborano il loro pensiero
come somma dei contributi individuali, dove ciascuno formula una parte della frase che acquisisce
senso compiuto solo se considerata nel suo insieme; così deve essere in un gruppo, nel quale
ciascun componente fornisce il suo piccolo contributo per arrivare ad un risultato che è superiore
alla somma delle parti. Tale approccio mira a valorizzare la discussione tra allievi come risorsa
per l'apprendimento e dove l'insegnante svolge un ruolo di gestione e regolazione dell'interazione.
Gli indicatori che testimoniano lo sviluppo argomentativo di una discussione sono: apportare
elementi nuovi, mettere in relazione, delimitare, opporsi con ragioni, comporre relazioni a livello
superiore, generalizzare, problematizzare, ristrutturare. Gli indicatori invece che testimoniano il
contrario sono: ripetere, confermare e riferirsi ad un'esperienza personale.
Ascolto attivo e co-costruzione sono due approcci importanti per una gestione della relazione
comunicativa orientata all'apprendimento: una relazione comunicativa pensata come un
percorso di esplorazione aperto e condiviso, nel quale l'insegnante è consapevole della meta (i
traguardi formativi) ma è disponibile ad elaborare l'itinerario insieme ai propri allievi.
1.10 DIMENSIONE ORGANIZZATIVA
È importante dare valore alle variabili contestuali entro cui avviene l'azione didattica perché la
influenzano sul piano dei valori culturali, delle condizioni strutturali, delle regole organizzative,
dei significativi istituzionali entro cui essa avviene. L'espressione setting formativo (o contesto)
condensa l'insieme di questi aspetti e la sua rappresentazione come un cerchio che racchiude il
triangolo didattico ben simboleggia il ruolo che esso esercita sull'azione didattica.
È possibile riconoscere tre livelli di condizionamento, visualizzabili come cerchi concentrici
attorno al nostro triangolo:
Macrocontesto, l'ambiente socio-culturale e istituzionale entro cui si colloca la scuola;
- Mesocontesto, riconducibile all'istituto scolastico;
- Microcontesto, identificabile con l'aula e, nello specifico, il setting formativo entro cui
avviene l'evento didattico.
In particolare, il setting formativo consiste nell'insieme di variabili che definiscono il contesto
entro cui si svolge la relazione formativa. Tali fattori sono:
- lo spazio, contenitore fisico entro cui si realizza l'insegnamento (organizzazione della
classe, disposizione dei banchi e posizione della cattedra);
il tempo, struttura temporale entro cui viene agita l'azione d'insegnamento (orario
giornaliero e settimanale, distribuzione e alternanza delle diverse attività);
- le regole, insieme di norme implicite ed esplicite che regolamentano la vita della classe e
lo svolgimento della lezione didattica (definite nell'aula o dall’organizzazione scolastica);
- gli attori, insieme dei soggetti coinvolti nella relazione didattica (docente, allievo,
compagni di classe, corpo insegnanti, dirigente scolastico, genitori, ecc.);
- i canali comunicativi, ovvero medium attraverso cui avviene la relazione didattica.
Possiamo riconoscere le forme d'interazione diretta oppure altri canali d'integrazione
comunicativi (lavagna tradizionale, LIM, cartelloni, video-proiettore, ecc.).
Da questo semplice elenco si può cogliere la complessità e l'importanza del setting formativo
entro cui avviene l’azione didattica. Emerge in questo modo, accanto alle scelte metodologiche e
relazionali, il ruolo dell'organizzazione didattica come gestione intenzionale del setting formativo
da parte dell'insegnante: la modalità di gestione dei fattori elencati incide fortemente sui
significati dell'esperienza formativa e sulle valenze emotive ed affettive che tale esperienza
assume per i diversi attori. Il setting formativo veicola un determinato modello pedagogico che,
anche se non espresso a parole, incide in modo profondo sul processo formativo e sui suoi
significati. Non a caso nel linguaggio didattica si è sempre più diffuso il concetto di curricolo
implicito per identificare quella dimensione dell'offerta formativa che non viene generalmente
resa esplicita dall'insegnante ma che riguarda la gestione relazionale e organizzativa dell'evento
didattico, altrettanto incidente nel determinare la qualità dell'insegnamento e la sua efficacia.
Da qui l'idea di una gestione della dimensione organizzativa più intenzionale ed esplicita da parte
del docente, a partire dalla consapevolezza degli elementi che la compongono e delle modalità
d'intervento a sua disposizione. Il setting formativo svolge una funzione cruciale e richiede
un'attenta regia da parte dell'adulto, senza sottovalutarne l'incidenza: spazio, tempo, regole, ruoli
degli attori, canali comunicativi devono essere assunti come variabili indipendenti, manipolati e
gestiti in funzione del proprio progetto formativo.
1.11 PROGETTAZIONE
Dopo aver esplorato l'aula e le sue diverse dimensioni (metodologica, relazionale e organizzativa),
parliamo del momento della progettazione, strettamente connesso all'azione didattica.
Potremmo dire che ci spostiamo da ciò che avviene durante la lezione a ciò che avviene prima e
dopo, dalla riflessione nell'azione alla riflessione sull'azione.
Quando si parla di progettazione didattica spesso c'è un'ambiguità di fondo tra:
ambiente, personaggio fantastico, storia, problema da affrontare, progetto da realizzare)
che faccia da contenitore ad un determinato percorso didattico orientato allo sviluppo di
specifici traguardi formativi. Si tratta di un modello progettuale dall'impianto leggero e
dall'orientamento strategico, in funzione delle risposte degli allievi e dalle opportunità
offerte dal contesto d'azione.
5, Progettazione a ritroso (“come valutare?”). Si caratterizza per un'inversione logica del
momento progettuale e quello valutativo dove l'approccio progettuale muove appunto da
alcune scelte valutative per svilupparne poi le implicazioni sugli altri elementi della
progettazione didattica (obiettivi/traguardi, metodologie, strategie). Un presupposto da
cui muove questo modello è la concettualizzazione dell’apprendimento in chiave di
competenze, più che di conoscenze ed abilità, e di conseguenza prevede uno sguardo più
globale ai traguardi di apprendimento e un'attenzione all'impiego degli apprendimenti
sviluppati in contesti di realtà. Si tratta di:
- Scegliere le competenze focali su cui centrare l’attenzione del percorso;
- Ricostruire il percorso che deve fare il soggetto allo scopo di individuare le risorse
chiave che devono essere mobilitate per sviluppare la prestazione richiesta.
L'espressione “a ritroso” richiama proprio questo tipo di procedura progettuale: si parte
da alcune domande tipicamente valutative, che sollecitano ed analizzano la competenza
che si intende promuovere, per poi andare a strutturare il progetto formativo, definendo
la situazione problematica attorno a cui sviluppare il percorso, i contenuti di sapere
impliciti, le diverse attività e le relative metodologie di lavoro, le modalità di valutazione.
Nella seguente tabella sono riassunti i focus di ciascuno dei modelli progettuali trattati in rapporto
agli elementi chiave di un progetto didattico identificati precedentemente nella mappa di Kerr.
TRAGUARDI VALUTAZIONE
Progettazione per obiettivi Progettazione a ritroso
CONTENUTI PROCESSI
Progettazione per concetti Progettazione per sfondo integratore
Progettazione per temi
1.12 VALUTAZIONE
Anche il momento della valutazione è oggi sempre più pensato come strettamente connesso
all'azione didattica, più che come un momento conclusivo e terminale del percorso didattico:
progettazione, azione e valutazione sono in rapporto circolare tra loro e inseparabili.
La valutazione è generalmente un'operazione cognitiva che ciascuno di noi si trova ad esercitare
quotidianamente nella sua esperienza di rapporto col mondo. Barber (1977) definisce il momento
della valutazione come “un duplice processo di rappresentazione, il cui punto di partenza consiste
in una rappresentazione fattuale di un fenomeno/oggetto e il punto di arrivo in una
rappresentazione codificata di questo fenomeno/oggetto.” È giusto sottolineare come la
valutazione sia un processo inevitabilmente soggettivo, dovuto all'identità del soggetto che
valuta e alla realtà che viene valutata.
RACCOLTA CRITERI
DATI DI GIUDIZIO
GIUDIZIO
DI VALORE
RUOLI DEI SOGGETTI
I dati di riferimento costituiscono la rappresentazione fattuale dell'oggetto che colui che valuta
si è fatto, attraverso gli strumenti di indagine e le modalità di osservazione impiegate per rilevare
la realtà empirica. La soggettività in questo caso viene messa în gioco attraverso gli occhi di chi
osserva la realtà, le sue esperienze pregresse, categorie di lettura, ecc.
Il giudizio di valore costituisce la rappresentazione codificata dell'oggetto, ottenuta attraverso
l'intreccio tra i dati di riferimento e i referenti concettuali con cui interpretarli. In altre parole si
tratta della lettura della rappresentazione fattuale dell'oggetto alla luce dei criteri di qualità
esplorati o esplicitamente assunti dal valutatore.
I criteri di giudizio non costituiscono altro che quel quadro valoriale assunto dal valutatore in
ordine all'oggetto d'indagine, l’idea di qualità in base a cui esprimere un giudizio di valore.
Ma quali sono le funzioni assegnate al momento valutativo? Possiamo distinguere tra:
- Valutazione predittiva, con lo scopo di prevedere le caratteristiche del percorso formativo
più adatto alle caratteristiche di un soggetto (es. test di orientamento);
- Valutazione diagnostica, si colloca nella fase iniziale del processo formativo e assolve lo
scopo di analizzare le caratteristiche d'ingresso di un allievo in relazione al percorso da
compiere;
» Valutazione formativa accompagna le diverse fasi del processo formativo e assolve lo
scopo di fornire un feedback all'allievo e all'insegnante sull'evoluzione del processo
formativo;
- Valutazione sommativa, si colloca nella fase conclusiva di un percorso formativo (unità di
lavoro, modulo didattico, anno scolastico) con lo scopo di tirare le somme sui risultati
conseguiti dall'allievo;
- Valutazionecertificativa, segue il percorso formativo e ha lo scopo di attestare socialmente
il conseguimento di determinati risultati da parte del soggetto (es. diploma, laurea, ecc.).
PROCESSO
FORMATIVO
AI di là di queste distinzioni, si possono riconoscere due logiche di fondo con cui considerare la
valutazione in ambito scolastico:
- logica di controllo (valutazione dell'apprendimento), finalizzata ad accertare ed attestare
determinati risultati formativi;
- logica di sviluppo (valutazione per l'apprendimento), finalizzata a potenziare il processo
formativo stesso e i suoi risultati.
Quest'ultima è utile a coinvolgere il soggetto nel momento valutativo e ad accrescere la sua
consapevolezza del processo di apprendimento.
INDIVIDUAZIONE DELL'OGGETTO
(che cosa valutare?)
RILEVAZIONE DEI DATI DEFINIZIONE DEI CRITERI
(come valutare?) , | a (in base a cosa valutare?)
ESPRESSIONE DEL GIUDIZIO
(quale valutazione?)
REGOLAZIONE DELL'INSEGNAMENTO COMUNICAZIONE DEL GIUDIZIO
(quale uso interno?) (quale uso esterno?)
RUOLI DEI SOGGETTI
(chi valuta?)
Per quanto riguarda le fasi di cui è composto il processo valutativo, partendo dalla definizione
di Barber e circoscrivendola in modo più preciso, è possibile individuarne sei. Esse possono
assumere caratteristiche differenti a seconda che ci si collochi in una prospettiva di valutazione
dell'apprendimento, secondo le logiche di controllo, o di valutazione per l'apprendimento, che
seguono logiche di sviluppo. Le fasi del processo di valutazione sono qui di seguito elencate:
1. Individuazione dell'oggetto. Questa fase mette in gioco il significato che attribuiamo
all'esperienza di apprendimento: che cosa significa valutare per me docente l'apprendimento
dei miei allievi? Ci sono diverse polarità (antinomie inconciliabili) che si presentano
all'insegnante nel rispondere a questa domanda:
- quella tra prodotto e processo dell’apprendimento, ovvero tra i risultati di apprendimento
a cui giunge l'allievo e le modalità attraverso cui consegue tali risultati;
- quella tra dimensione cognitiva, ossia conoscenze e abilità sviluppate dall’allievo, e
dimensione extra-cognitiva, che mette in gioco gli aspetti emotivi, sociali e metacognitivi
implicati nell'esperienza di apprendimento;
- quella tra apprendimenti specificatamente disciplinari e gli apprendimenti più
ampiamente trasversali.
Il significato che possiamo perciò attribuire al termine apprendimento non è univoco e ciò si
riflette anche sul processo valutativo. L'assunzione del concetto di competenza come parola
chiave con cui considerare l'apprendimento consente di affrontare i dilemmi evidenziati in
una prospettiva comprensiva e di integrazione delle diverse polarità.
2. Rilevazione dei dati. Si tratta della fase rilevativa (momento descrittivo), che consiste nella
raccolta dei dati di riferimento utili alla valutazione (rilevazione, misurazione, descrizione,
osservazione, ecc.). Essa avviene attraverso l'interazione quotidiana che il docente ha con i
punto di vista critico e consapevole del proprio livello di apprendimento, valorizzando la funzione
della valutazione per l'apprendimento e non solamente dell'apprendimento.
Alla luce di quanto visto finora, possiamo provare a sintetizzare i requisiti di qualità del processo
di valutazione degli apprendimenti tramite la presenza delle seguenti condizioni:
-Attendibilità e validità degli strumenti di rilevazione degli apprendimenti;
Trasparenza dei criteri e delle modalità di attribuzione del giudizio;
- Utilità del processo valutativo in relazione al compito formativo della scuola;
- Condivisione dei modi di valutare tra i diversi docenti che operano con i medesimi allievi.
ra LA DIDATTICA DOMANI: LAVORARE PER COMPETENZE
Negli ultimi anni la didattica scolastica si è sempre più orientata verso un approccio formativo
centrato sullo sviluppo di competenze. Tale costrutto si tratta della pietra angolare attraverso
cui ripensare l'idea di apprendimento, le pratiche didattiche e valutative, in base ad una stretta
relazione tra questi 3 aspetti. Il passaggio verso le competenze richiede di allargare lo sguardo
all'insieme delle componenti che concorrono a formare la competenza: non solo ciò che lo
studente sa, ma anche ciò che sa fare con ciò che sa.
APPRENDIMENTO
COMPETENZA
INSEGNAMENTO VALUTAZIONE
2.1 LAVORARE PER COMPETENZE: QUALE APPRENDIMENTO
L’idea di competenza modifica alle radice l'idea di sapere e di apprendimento. Prendiamo spunto
dal quesito rappresentato nella figura qui sotto a sinistra.
Maria abita a due chilometri di distanza dalla scuola, Martima a cinque. Quanto
abitano lontane Maria e Martina l'una dall'altra?
(Casa di Maria
Per risolvere questo problema si possono mettere a confronto tra loro due tipologie di approcci:
quella di un allievo "diligente", che possiede le conoscenze e le abilità necessarie alla
risoluzione del problema ma che può faticare ad applicarle trovandosi di fronte ad una
situazione inedita o diversa da una abituale;
- quella di un allievo “competente”, che ricorre al suo bagaglio di saperi per affrontare e
risolvere una situazione nuova, escogitando percorsi ingegnosi ed originali.
Attualmente la cultura scolastica manifesta diverse difficoltà nell'approcciarsi al tema delle
competenze, in quanto tende ad attribuire molto valore alla prima tipologia di allievo e molta
meno attenzione alla seconda.
È possibile riconoscere tre livelli di analisi di una competenza:
- risorse cognitive, ovvero le conoscenze e le abilità necessarie per affrontare un
determinato compito (sapere);
- processi cognitivi ed operativi che il soggetto è sollecitato a mobilitare per affrontare il
compito proposto (saper fare);
- disposizioni ad agire che condizionano e determinano il comportamento del soggetto nel
gestire la situazione in cui si trova ad agire (saper essere).
Pellerey (2004) riassume il concetto di competenza definendola come la “capacità di far fronte
ad un compito, o un insieme di compiti (manifestazione del comportamento competente
evidenziando la dimensione operativa sottesa al concetto di competenza), riuscendo a mettere in
moto ed a orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive (segnala la natura
“olistica” della competenza, ovvero, motivazionale, socio-emotiva, metacognitiva, ecc.), e a
utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e fecondo (intendendo come risorse esterne
sia gli altri soggetti implicati, sia gli strumenti e i mezzi a disposizione, sia le potenzialità presenti
nell'ambiente fisico e culturale)”.
Nel progetto DoSeCo promosso dall'OCSE, orientato all'individuazione delle competenze chiave
per l'inserimento nella vita adulta, la competenza è definita come la “capacità di rispondere a
esigenze individuali e sociali, o di svolgere efficacemente un'attività o un compito”. Il progetto
richiama i tre piani di sviluppo della competenza (sapere, saper fare, saper essere) e 4 parole
chiave: realizzazione, integrazione, contesto e responsabilità.
COMPETENZA
Nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio sul Quadro europeo delle
qualifiche e dei titoli di apprendimento permanente, vengono proposti i seguenti termini per
designare i risultati di apprendimento in ambito formativo:
le conoscenze sono il risultato dell'assimilazione di informazione attraverso
l'apprendimento (fatti, principi, teorie, ecc.) e possono essere teoriche e pratiche;
le abilità che indicano la capacità di applicare conoscenze e di usare know-how per portare
a termine compiti e risolvere problemi. Le abilità possono essere cognitiva (pensiero
logico, intuitivo e creativo) e pratiche (abilità manuale, uso di metodi, strumenti, ecc.);
le competenze che indicano la comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità,
capacità personali, sociali e metodologiche. Le competenze sono descritte in termini di
responsabilità ed autonomia.
Se pensiamo al significato di competenza, questo ha subito un percorso evolutivo passando da un
concetto comportamentista, più centrato sulla dimensione operativa e prestazionale
(scomposizione della competenza in prestazioni empiricamente osservabili e misurabili), a un
concetto più costruttivista. Boterf (2008) riassume tale percorso di sviluppo del concetto di
competenza nel passaggio dal “saper fare” al “sapere agire”.
Il valore aggiunto della competenza si può sintetizzare attraverso i seguenti piani di analisi:
passaggio da una visione statica ad una visione dinamica del sapere, concetto di
competenza che richiama una mobilitazione di sapere in vista di un scopo (saper agire);
passaggio da un approccio analitico, orientato verso la progressiva scomposizione del
sapere nelle sue componenti più elementari, ad un approccio olistico del sapere,
riconoscibile nella visione di competenza come l'integrazione delle competenze
dell'individuo;
passaggio da un sapere decontestualizzato, legato a concetti di conoscenza e abilità che
restituiscono un sapere astratto, ad un sapere situato, riferito ad un determinato contesto
operativo in cui agire.
CONOSCENZE/ABILITA' COMPETENZE
VISIONE VISIONE
STATICA DINAMICA
(mondo dell’avere) (mondo dell’essere)
APPROCCIO APPROCCIO
ANALITICO OLISTICO
(scomposizione) (integrazione)
SAPERE SAPERE
ASTRATTO ni SITUATO
(conoscere inerte) (conoscere x agire)
Gli attributi che più riassumono le direzioni più recenti della ricerca pedagogica per quanto
riguarda il costrutto della competenza sono:
Costruttivo, a denotare un processo di apprendimento inteso come ri-costruzione di
quanto il soggetto già conosce, rielaborazione di schemi mentali e di conoscenze pregresse.
Con il costruttivismo si afferma definitivamente la natura relazionale della conoscenza,
come relazione dialettica tra il soggetto che conosce e l'oggetto della conoscenza, e il suo
carattere dinamico, di progressiva evoluzione generata dalla dialettica indicata.
Socio-culturale, a sottolineare il ruolo fondamentale che il contesto sociale e culturale
gioca nel processo di costruzione della conoscenza del soggetto.
L’insegnamento-muro è caratterizzato da ordine di esposizione, sistematicità, pianificazione
rigida, affinità con il sapere teorico; si assumono le discontinuità indicate da Resnick come dati
incontrovertibili su cui costruire l'identità formativa della scuola. L'insegnamento-muro si fonda
su una sequenza lineare gerarchica (insegnante - conoscenza - studente - apprendimento) ed è
caratterizzato principalmente da:
- Studentecome ricettore passivo;
- Conoscenza inerte, incapace di connettersi alla realtà;
- Conoscenza frazionata in componenti elementari;
- Gruppo visto come fattore di sfondo o di disturbo del processo di apprendimento.
L'insegnamento-ponte presenta ordine di scoperta, intuizione, gestione flessibile, affinità con il
sapere pratico. Essa si fonda su una sequenza circolare (studente - conoscenza - insegnante) ed
è caratterizzata dai seguenti attributi:
- Studente sollecitato ad elaborare una prestazione complessa, riferita ad un problema
concreto;
- Conoscenza muove su contesti reali e ritorna su di essi;
+ L'insegnamento assume la conoscenza come evento complesso, globale, situato;
- Gruppo diventa una risorsa per la risoluzione del problema, un amplificatore e un
collettore delle risorse e potenzialità individuali.
Quest'ultimo scioglie quindi le discontinuità di Resnick, creando dei costanti collegamenti tra
mondo reale e conoscenza scolastica offrendo agli studenti l'opportunità di ritrarsi dalla realtà
per poterla osservare e comprenderla in modo più approfondito.
Ma quali sono le implicazioni di un approccio per competenze in relazione alle logiche della
progettazione dell’insegnamento?
In questi anni la letteratura ha fornito agli insegnanti una molteplicità di modelli progettuali
abbastanza disorientante. M. Balducci (2004) ha proposto due parametri in base ai quali
riconoscere i tratti salienti dei diversi modelli di progettazione:
- La struttura di analisi progettale, distinta a sua volta in:
- molecolare (di tipo analitico);
- molare (di tipo globale);
- La strategia progettuale sottesa, distinguendo tra
- deduttiva (top-down), fondata su una gerarchia fini-mezzi per la quale
l'individuazione degli scopi determina le modalità operative attraverso cui
perseguirli;
- induttiva (bottom-up), che si orienta verso un rovesciamento della gerarchia fini-
mezzi per la quale sono le caratteristiche e i significati dell'esperienza a
determinare gli scopi formativi.
In base a questi due parametri è possibile riconoscere tre tipologie progettuali:
Struttura
molecolare molare
deduttiva
Ì (top-down) UNITÀ DIDATTICA MODULO DIDATTICO
induttiva ATTI
(bottom-up) U PROGETTO DID. Co
1. L'unità didattica, struttura molecolare che mira a riconoscere le unità elementari del
percorso didattico;
2. Il modulo didattico, che mira a rappresentare il percorso didattico nella sua complessità;
si tratta di un'unità progettuale finalizzata al raggiungimento di traguardi formativi più
ampi e globali (generalmente articolato in unità didattiche);
3. Il progetto didattico, caratterizzato da una strategia induttiva, basata sul significato
dell'esperienza, ed una struttura molare, che mira a rappresentare il percorso didattico
nella sua complessità.
2.3 COSTRUIRE PROGETTI DIDATTICI
Il progetto didattico tende a riassumere in sé alcune delle prerogative proprie di un approccio
per competenze: da un lato si fonda su una strategia induttiva, per la quale il percorso didattico
muove da un'esperienza reale e tende ad utilizzare i saperi disciplinari come strumenti di
comprensione del mondo reale; dall'altro assume una struttura molare, evitando di ridurre la
realtà alle sue componenti elementari e assumendola nella sua complessità, in chiave
pluridisciplinare. Questa visione è quindi coerente con quella di insegnamento-ponte e con un
approccio orientato allo sviluppo di competenze.
QUALE IDEA DI PROGETTAZIONE?
LABORARE UNITA’ DI APPRENDIMENTO ORIENTATE A
SVILUPPARE COMPETENZE TRASVERSALI
ATTRAVERSO LE DISCIPLINE
PARTENDO DA SITUAZIONI PROBLEMA
PROMUOVERE IL SAPER RISOLVERE PROBLEMI
ATTRAVERSO LE SCIENZE
COSTRUENDO UN CIRCUITO ELETTRICO
Vi sono alcuni passaggi chiave che qualificano la costruzione di un progetto didattico in modo
che l'azione didattica possa essere orientata a costruire ambienti di apprendimento funzionali a
promuovere competenze negli allievi:
1. Assumere una prospettiva di progettazione a ritroso, caratterizzata da un'inversione
logica del momento progettuale e quello valutativo. Ciò implica l'esigenza di scegliere un
traguardo di competenza focale, su cui centrare l'attenzione e guidare l'intero percorso
(messa a fuoco della competenza). Una volta selezionata, si tratta di analizzare la
competenza attraverso l’identificazione delle dimensioni prevalenti che concorrono alla
sua manifestazione. Si tratta quindi di ricostruire il processo soggiacente alla prestazione
del soggetto allo scopo di individuare le risorse cognitive e i processi chiave che devono
essere mobilitai per sviluppare la prestazione richiesta. Ciò si concretizza:
- nell'elaborazione di una mappa concettuale rappresentante le dimensioni
implicate nel processo;
- nell'elaborazione di una rubrica valutativa che consenta di descrivere diversi
livelli di padronanza in rapporto alle dimensioni previste dalla mappa;
- nell'ipotizzare una prova di competenze a conclusione del percorso, ovvero la
sollecitazione di una prestazione con la quale si intende apprezzare la competenza.
DIMENSIONI INDICATORI PROGETTARE UN PROGETTO DIDATTICO INTEGRATO
1, Identificazione della la. Seleziona/adatta il linguaggio allo scopo -
ze | camino eri NAVE
Scopo! destinatario ib. Formula proposte coerenti allo scopo I
comunicativo TRAGUARDI RUBRICA VALUTATIVA
7. Ideazione del isto A Ricerca materiale FORMATIVI TRAGUARDI DISCIPLINARI
È Nei e ila QUADRO INIZIALE DATI SUGLI ALLIEVI
7 Fiaborazione del sto |a. Seleziona materiale (ad esempio, LT sinti DEL
fiche sinaticoVssicli) || immagini esso) i elazione Piano | TECA NIZZAZIONE | ELENCO SOGGETTI/FUNZIONI
7 Revisione A Chicde un “feedback” | DELLAVORO E DISCIPLINECAMPI DI
|. Ada pio sno (dsc DIDATTICO ESPERIENZA COINVOLTI
- risone, vincoli di tempo) SCANSIONE PROSPETTO DI SINTESI
A aivaiione ti Trenno OPERATIVA TEMPI/FASI DI LAVORO
LT e A on VALUTAZIONE PROSPETTO DI SINTESI
Frreizota TEMPISOGGETTI/STRUMENTI
2. Individuare una situazione-problema intorno a cui strutturare il progetto, ovvero un
contesto d'azione proposto in chiave problematica. Essa è pensata come attività
funzionale a mettere in risalto il rapporto tra essa e lo sviluppo di competenze, dove
vengono mobilitate le risorse di cui il soggetto dispone, sia interne sia esterne, attraverso
una dialettica tra intenzione di perseguire, riflessione sul proprio agire e percezione del
contesto reale. Si tratta quindi dell'orizzonte di senso condiviso tra insegnante e allievi.
Potremmo dire che la messa a fuoco della competenza e la situazione-problema rappresentano i
due elementi distintivi del progetto didattico: la competenza si esercita all'interno di una
situazione-problema; la situazione-problema richiede l'esercizio di una competenza.
Un elemento importante che occorre approfondire è la logica didattica attorno a cui sviluppare
la scansione operativa del percorso, orientata a promuovere gli apprendimenti che si intendono
sviluppare negli allievi. La costruzione di un progetto didattico che muove da una situazione-
problema si configura come un processo di problem-solving, attraverso la messa a fuoco dei
passaggi che permettono agli allievi a cui è destinato il progetto di prepararsi, abilitarsi,
organizzarsi e realizzare le attività necessarie alla risoluzione del problema del problema posto e,
di riflesso, a sviluppare la competenza prescelta. Possiamo pertanto individuare i seguenti
passaggi:
- Fase di problematizzazione/condivisione, funzionale a sviluppare un senso condiviso
da parte di insegnate e allievi in rapporto allo sviluppo del progetto;
- Fasedi allenamento, funzionale ad acquisire, potenziare, consolidare le risorse cognitive
ei processi necessari per l'esercizio della competenza;
- Fase di integrazione, funzionale a portare a frutto il percorso di allenamento
nell'affrontare il compito complesso connesso alla situazione-problema da cui si è partiti;
- Fase di rielaborazione, funzionale a rileggere il percorso svolto e riconoscere le
possibilità di quanto acquisto in altri contesti.
La fase allenamento è quella che richiede una maggiore articolazione. Il termine intende
richiamare l'allestimento di ambienti di apprendimento funzionali a sviluppare le risorse
cognitive e i processi - cognitivi, metacognitivi, motivazionali e relazionali - implicati nella
competenza che si intende sviluppare.
Di grande importanza è infine il momento della valutazione, centrato su un accertamento del
livello di competenza sviluppato dai singoli allievi a conclusione del percorso didattico.
aspettative, delle valutazioni espresse. Gli strumenti utilizzati per questo tipo di
valutazione sono questionari, interviste, protocolli di osservazione rivolti agli altri attori
coinvolti (docenti, gruppo classe, genitori) nell’esperienza di apprendimento del soggetto.
Domanda: “Come viene visto l'esercizio della competenza del soggetto da parte degli attori
che interagiscono con lui"?
3. La dimensione oggettiva (istanza empirica), richiama le evidenze osservabili che
attestano la prestazione del soggetto e i suoi risultati in rapporto al compito affidato e alle
conoscenze e abilità che la manifestazione della competenza richiede. Per rilevarle ci si
può avvalere di strumenti di analisi delle prestazioni dell'individuo in rapporto allo
svolgimento di compiti operativi: prove di verifica, più o meno strutturate, compiti di
realtà richiesti dal soggetto, realizzazione di manufatti, ecc. Si tratta di dispositivi orientati
a documentare l'esperienza di apprendimento sia dal punto di vista processuale che
prestazionale. Domanda: “Quali evidenze osservabili dispongo per documentare la
competenza del soggetto in formazione”?
Fvidenze Compiti asteniici
cuservabili Prove di venifica
ISTANZA Selezione dei von .
EMPIRICA Documentazione dei provessi
AI centro delle tre prospettive possiamo collocare l'idea di competenza su cui si fonda la
valutazione, l'insieme di significati condivisi in merito alla competenza che si vuole rilevare da
parte dei diversi soggetti coinvolti e delle molteplici prospettive di analisi. Si tratta di una
condizione irrinunciabile per assicurare coerenza alla prospettiva trifocale, in grado di
ricomporre uno sguardo d'insieme e di restituire le diverse competenze richiamate nell'immagine
dell'iceberg, sia quelle visibili e manifeste, sia quelle implicite e latenti. Il rigore della valutazione
consiste proprio nella considerazione e nel confronto incrociato tra le diverse prospettive, in
modo da ricomporre l'immagine dell'iceberg nella sua complessità. Lo strumento centrale di
questo tipo di approccio valutativo è la rubrica valutativa attraverso la quale:
- Viene esplicitato il significato attribuito alla competenza oggetto di osservazione;
- Vengonoprecisatii livelli di padronanza attesi in rapporto ad un soggetto o più soggetti.
La rubrica valutativa costituisce il punto di riferimento comune ai diversi materiali a cui si è fatto
cenno in rapporto alle tre dimensioni di analisi e assicura unitarietà e coerenza all'intero impianto
di valutazione.
3 LA DIDATTICA IN AZIONE: STUDI DI CASO
Vengono qui proposti alcuni tra i più significativi approcci e metodologie didattiche che sono in
sintonia con l'idea di una didattica per competenze.
3.1 APPROCCIO INDUTTIVO
La metodologia. Si centra sulle modalità di processamento da parte del soggetto, proponendo un
insieme di dati empirici come materiale di partenza e stimolando l'elaborazione di concetti
organizzatori (metodo induttivo: dall'esperienza concreta a forme di concettualizzazione). Si
tratta di conferire allo studente una metodologia esperienziale dove dall’esplorazione della realtà
può elaborare dei concetti utili per leggerla. Si tratta di un metodo che può essere proposto in vari
ambiti disciplinari con i contenuti più differenti.
Esempio sul libro. Attività sulle parole e sulla comprensione del loro significato in base alla loro
“morfologia”.
Fasi di lavoro. Questo metodo si basa su una sequenza di passaggi che richiamano il metodo
scientifico classico (di stampo galileiano):
1. Identificazione del problema da affrontare (stabilire focus, confini dell'indagine, traguardi
formativi) da parte del docente;
2. Raccolta, presentazione ed enumerazione dei dati di realtà da parte del docente;
3. Osservazione della realtà (esame dei dati e dei loro attributi) da parte degli alunni;
4, Elaborazione di ipotesi e formazione di concetti per la classificazione in categorie dei
risultati;
5. Generazione e verifica delle ipotesi tra studenti e insegnante;
6. Sintesi e consolidamento dei concetti elaborati e trasferimento in altri contesti di realtà.
Ruolo del docente. Si caratterizza come guida allo sviluppo del processo di elaborazione
concettuale attraverso: la preparazione del materiale, l'indicazione dei passaggi dell'analisi, la
conduzione del confronto sociale e lo stimolo a trarre conclusioni, fare collegamenti e trasferire i
concetti appresi ad altri contesti di realtà.
Elementi critici. Tempo necessario per sviluppare l’intera attività che può andare a scapito
dell'elaborazione dei contenuti.
3.2 APPRENDIMENTO COOPERATIVO
La metodologia. Si tratta di una metodologia dove i processi di apprendimento avvengono
all'interno del gruppo e attraverso l'interazione sociale. I principi base sono:
- Il valore motivazionale dell'interazione sociale nel gruppo e del lavoro collaborativo;
- La maggior efficacia dell'apprendimento tra pari;
- L'incremento di complessità sociale e cognitiva favorito dalla interazione e da modalità di
costruzione sociale della conoscenza;
- Ricadute positive dell'esperienza di cooperazione sull'autostima, la responsabilità,
l'accettazione dell'altro e delle sue idee e la tolleranza verso la diversità;
Ad ogni alunno infatti durante l’attività viene assegnato un ruolo ben preciso e univoco, in modo
che egli sia considerato dal gruppo indispensabile alla costruzione della conoscenza e allo stesso
tempo si senta motivato, attivo e responsabile per la buona riuscita del compito comune.
L'esperienza risponde all'esigenza di apprendere a cooperare, tramite un percorso strutturato e
progressivo (da coppie a gruppi, da compiti semplici a compiti più complessi, da tempi limitati a
periodi più lunghi, da ruoli rigidi e precisi a ruoli più flessibili, ecc.). Lo sviluppo di gruppi
cooperativi avviene nel momento in cui le persone sono tenute insieme da un compito comune
che porta allo sviluppo dei seguenti tratti distintivi: interdipendenza positiva tra i membri,
responsabilità condivisa sui risultati, capacità di operare “gomito a gomito”, opportunità di
autoverifica del proprio lavoro tramite il continuo e reciproco confronto.
Esempio sul libro. Attività di geografia a gruppi sulla conoscenza delle caratteristiche socio-
economiche di quattro regioni italiane del Meridione.
Fasi di lavoro. I passaggi chiave di tale metodologia sono:
1. Identificazione del focus di lavoro e strutturazione dei gruppi;
2. Organizzazione del compito dei gruppi (definire i ruoli, analizzare i materiali e le risorse
disponibili, organizzare il lavoro dei gruppi);
3. Studio autonomo e lavoro di gruppo;
4. Analisi del progresso e del processo (presentazione del lavoro dei gruppi e valutazione da
parte dell'insegnante dei risultati e del processo);
5. Verifica dell'attività svolta definendo eventuali azioni correttive e di miglioramento.
Ruolo del docente. L'insegnante si caratterizza per una posizione esterna e di supporto al
funzionamento del gruppo. Per una buona riuscita dell'esperienza lavorativa prende alcune
decisioni preliminari (numero, dimensione, composizione e compiti dei gruppi), definisce compiti
e regole di lavoro, monitora e supporta il lavoro dei gruppi, verifica e valuta il lavoro svolto.
Elementi critici. Tra i membri dei gruppi vi devono già essere dei prerequisiti di competenza
sociale e una predisposizione alla collaborazione. Richiede di essere ben pensata, pianificata e
preparata. Come insegnante bisogna trovare un continuo equilibrio tra l'autonomia da conferire
ai gruppi e la gestione delle dinamiche relazionali.
3.3. DIDATTICA PER PROGETTI
La metodologia. La didattica per progetti si può considerare un processo sistematico di
acquisizione e di transfert di conoscenze nel corso del quale lo studente anticipa, pianifica e
realizza, in un tempo determinato, solo o insieme a dei pari e sotto la supervisione di un
insegnante, un'attività osservabile che risulta, in un contesto pedagogico, un prodotto finito
valutabile. In particolare quest’ultimo possiede enormi potenzialità in quanto, oltre a porsi come
prodotto per la valutazione, funge da traino dal punto di vista motivazionale e fornisce un ponte
di collegamento tra scuola e vita, tra saperi formalizzati e realtà.
Lo studente è chiamato a farsi carico della realizzazione del progetto, fornendo il proprio
contributo all'interno di un disegno collettivo, assumendosi le sue responsabilità in rapporto agli
impegni assunti e rinforzando la propria autonomia nella gestione e realizzazione del progetto.
La didattica per progetti è una metodologia di apprendimento ben mirata allo sviluppo e al
consolidamento di competenze:
4. Offre rappresentazioni multiple della realtà, la cui complessità prende forma tramite i
molteplici percorsi individuabili (apprendimento come processo non lineare);
5. Promuove la costruzione attiva della conoscenza (apprendimento come processo
costruttivo e intenzionale);
6. Sostienela costruzione collaborativa della conoscenza, attraverso la negoziazione sociale
(apprendimento come processo sociale);
Ruolo del docente. In questo tipo di attività l'insegnante assume una pluralità di funzioni che
qualificano il suo ruolo di mediazione tra contenuti culturali e soggetto che si possono riassumere
nei seguenti punti:
18. Modelling, fornisce un modello esperto allo studente di una determinata prestazione,
mostrando come affronterebbe un determinato compito complesso;
19. Scaffolding, fornisce una “impalcatura” base allo studente per esercitare autonomamente
la propria competenza (passaggi chiave, schema di base, ecc.);
20. Tutoring, assiste lo studente nella sua prestazione;
21. Fading, attenua progressivamente il suo supporto, in modo da consentire lo sviluppo di
una maggiore autonomia da parte dello studente;
22. Monitoring, monitora l’attività dello studente e fornisce un feedback sulla prestazione.
Elementi critici. Rischio da parte dello studente di compiere un'imitazione passiva senza riuscire
a superare la fase di mera riproduzione di un modello. Può inoltre risultare problematico
trasferire quanto appreso in altri contesti.
3.6 APPROCCIO METACOGNITIVO
La metodologia. Si tratta di un approccio orientato a promuovere nell'allievo una maggiore
consapevolezza della sua esperienza di apprendimento, sia in rapporto a quanto acquisito, sia in
rapporto a come lo ha acquisito.
Possiamo suddividere la metacognizione in due aree distinte:
23. Conoscenza metacognitiva, distinta in consapevolezza della conoscenza (ciò che si sa, non
si sa e che si vuole sapere), del pensiero (compiti cognitivi) e delle strategie di pensiero
(approcci utili a dirigere l'apprendimento);
24. Regolazione metacognitiva, dove il soggetto una volta presa consapevolezza sul proprio
pensiero (conoscenza metacognitiva) è nelle condizioni di dirigerlo e regolarlo per il
proprio apprendimento. Esistono 3 modalità di regolazione: pianificare l'approccio al
compito, monitorare il proprio apprendimento e verificare i risultati.
I buoni pensatori cognitivi sono anche capaci di apprendere in modo intenzionale, ovvero di
dirigere il proprio apprendimento in modo adeguato per sviluppare una comprensione profonda.
Le parole chiave dell'approccio metacognitivo si possono riassumere in:
25. Consapevolezza, caratteristica principale della metacognizione. Lo studente va oltre
l’esperienza di apprendimento e promuove una riflessione su di essa, in modo da
sviluppare una piena coscienza del suo lavoro;
26. Documentazione, per avere una comprensione profonda del proprio sapere e ritornare sul
proprio percorso;
27. Responsabilità, in quanto presupposto dei processi metacognitivi e consiste in un
atteggiamento più attivo da parte del soggetto in merito al proprio apprendimento, in
modo da farsi carico di esso e dei propri successi e insuccessi;
28. Autonomia, un processo che è conseguenza della responsabilità ma che non può che essere
progressivo e che deve essere curato e seguito anche dall'insegnante;
29. Condivisione, in quanto il senso ultimo del processo metacognitivo è una sorta di alleanza
tra insegnante e allievo, attraverso una comune responsabilità.
Le strategie autovalutative rappresentano uno dei dispositivi più potenti con cui sviluppare
l'approccio metacognitivo: la connessione tra apprendimento e valutazione occorre essere
valorizzato, dando l'occasione allo studente di farsi carico della propria esperienza di
apprendimento e dei propri risultati.
Esempio sul libro. Calcolo dell'area della sezione trasversale di una pista da skateboard con
rampe attraverso il processo metacognitivo (applicando le conoscenze insite negli allievi).
Fasi di lavoro. Si può sintetizzare l'approccio metacognitivo nei seguenti passaggi chiave:
1. Chiarezza sul significato e sui traguardi formativi del percorso;
. Focalizzazione sui processi cognitivi chiave connessi allo sviluppo della competenza;
3. Sviluppo di modalità di documentazione del lavoro fatto che facilitino una sua
rivisitazione in una fase successiva (sia collettive sia nel lavoro individuale);
4. Sollecitazione di modalità autovalutative e valutative sul processo di apprendimento e sui
suoi risultati, rintracciabile nel continuo confronto tra il proprio lavoro e quello degli altri
e nel feedback fornito dall'insegnante;
5. Confronto e condivisione in classe delle riflessioni compiute;
6. Utilizzo da parte dell'insegnante del processo riflessivo per rivedere la propria azione e
per riprogettare.
Ruolo del docente. Deve lavorare sul senso dell'esperienza di apprendimento per l'allievo,
sollecitare la sua assunzione di responsabilità e autonomia, promuovere un atteggiamento
riflessivo e critico.
Elementi critici. Sicuramente si pone la variabile tempo. Un altro rischio è quello di ridurre a
mera tecnica l'approccio metacognitivo.
3.7 STUDIO DI CASO
La metodologia. Si tratta di una metodologia di ricerca sociale che si qualifica per la sua
connotazione idiografica, ovvero attenta ad esplorare un singolo fenomeno nella sua singolarità,
allo scopo di comprenderne in profondità i tratti distintivi ed analizzarne criticamente pregi e
difetti (simile anche al “Capitolo” fatto in Clan). Lo studio di caso può essere definito come “la
presentazione ai partecipanti all'attività di una situazione, attorno alla quale sviluppare,
alternativamente o congiuntamente, operazioni di analisi (“osservare”), di diagnosi delle cause
(“dedurre”) e di presa di decisione (“agire”)”.
Il riferimento ad un'esperienza reale favorisce un approccio concreto al contenuto di
apprendimento, che muove da una riflessione da un contesto pratico per orientarsi
successivamente ad eventuali generalizzazioni e formalizzazioni. Per tale caratteristica, lo studio
di caso tende a ribaltare la logica tipica dell'insegnamento scolastico, tesa a definire il quadro
teorico e a svilupparne successivamente le implicazioni o applicazioni pratiche.
Gli scopi formativi di questa attività sono essenzialmente lo sviluppo di apprendimenti che
possono essere impiegati in situazioni analoghe o simili a quella studiata oltre che il
potenziamento delle capacità di analisi e di decisione in situazioni complesse.
Esempio sul libro. Analisi del problema generale dello smaltimento dei rifiuti facendo
riferimento ad un caso concreto di un Comune.
Fasi di lavoro. Possiamo distinguere principalmente i seguenti passaggi:
1. Fasedi ricostruzione dell'esperienza, volta a consentire ai partecipanti di farsi un’idea del
caso presentato (documentazione e testimonianza diretta);
2. Comprensione del caso da parte del gruppo e analisi critica dell'esperienza,
riconoscendone punti di forza e punti debolezza;
3. Individuazione da parte del gruppo di azioni di miglioramento o comportamenti
alternativi in relazione all'esperienza analizzata (come agirebbero loro in situazioni
simili);
4. Generalizzazione dei contenuti emersi e sintesi degli apprendimenti conseguiti.
Ruolo del docente. Preparazione del caso su cui impegnare il gruppo, attraverso la ricerca di
fonti documentali e la loro organizzazione, gestione dell'attività didattica in generale con
particolare attenzione nell'aiutare il gruppo ad avere consapevolezza delle differenze tra fase di
ricostruzione, di analisi critica e di proposta.
Elementi critici. Possono riguardare la capacità del gruppo di immergersi nell'esperienza
presentata e la difficoltà di distanziarsene, ovvero di soffermarsi sul caso singolo senza riuscire a
generalizzare o trasferire i concetti appresi.
3.8 APPROCCIO DIALOGICO-FILOSOFICO
La metodologia. Questo tipo di approccio raccoglie un insieme di metodologie e di tecniche
didattiche accumunate dalla valorizzazione della discussione in classe 0 nel piccolo gruppo come
opportunità di apprendimento,
La discussione è caratterizzata da una relazione didattica di tipo circolare, attenta al ruolo del
gruppo, all'interazione reciproca dei suoi componenti e dove l'insegnante ne è parte integrante
con un ruolo di conduttore, di moderatore del contenuto e di gestione delle regole di interazione.
La cura della dimensione relazionale da parte dell'insegnante è fondamentale per consentire un
apprendimento produttivo e di co-costruzione della conoscenza in chiave socio-costruttivista, in
una prospettiva quindi di apprendimento condiviso e di organizzazione die processi di pensiero.
Esempio sul libro. Discorso dialogico-filosofico strutturato in più incontri su “linguaggio e
comunicazione”.
Fasi di lavoro. Possiamo distinguere i seguenti passaggi chiave:
1. Impiego di stimoli narrativi, esperienziali, sonori che aiutino a introdurre il tema della
discussione;
2. Messaa fuoco delle domande attorno cui sviluppare il confronto;
3. Sviluppo del confronto all’interno del gruppo dove l'insegnante ne valorizza le risorse €
rilancia le domande emergenti;
4. Sintesi degli elementi emergenti o condivisi da parte del gruppo e dell'insegnante;
5. Eventuale rielaborazione individuale del contenuto della discussione attraverso la
scrittura, il disegno, altre forme espressive e comunicative.
Ruolo del docente. Tra i compiti del docente:
30. la gestione e sollecitazione dell’interazione sociale nel gruppo;
31. funzione di scaffolding, ovvero di fornire una struttura concettuale e procedurale su cui
sviluppare l'argomentazione sociale;
32. funzione di fading, ovvero la progressiva riduzione del proprio intervento attivo a favore
di un incremento dell'autonomia del gruppo a gestire il confronto collettivo;
33. “abitare la domanda", ossia esplorare tutti i significati possibili allo scopo di ampliare e
approfondire la riflessione del gruppo.
Elementi critici. Situazioni di difficoltà possono essere la scarsa condivisione del gruppo, la
gestione delle modalità di confronto, in particolare in presenza di opposizione di punti di vista 0
di giustificazioni per una determinata presa di posizione.