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Digital advertising 3.0. Il futuro della pubblicità digitale, Sintesi del corso di Semiotica della Pubblicità

Riassunto completo del libro Digital advertising 3.0. Il futuro della pubblicità digitale di Paolo Mardegan, Giuseppe Riva, Sofia Scatena Materia: Pubblicità e strategie di comunicazione integrata

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

In vendita dal 17/03/2019

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Scarica Digital advertising 3.0. Il futuro della pubblicità digitale e più Sintesi del corso in PDF di Semiotica della Pubblicità solo su Docsity! Digital advertising 3.0. Il futuro della pubblicità digitale Capitolo 1 Verso l’advertising 3.0: dall’informazione, alla persuasione alla narrazione e all’esperienza Nel 1957 la Rai decide si mandare in onda un miniprogramma dedicato all’advertising chiamato Carosello. Era costituito da 4 episodi, ciascuno di durata di 2,15 minuti che raccontavano una breve storia che si concludeva con il cosiddetto “codino” con durata massimo di 35 secondi che costituiva il vero e proprio messaggio pubblicitario. Aveva una struttura rigida e veniva trasmesso alla fine del telegiornale, dalle 20:50 alle 21:00. Anche se cambiano i formati e i limiti di orario Carosello rappresenta ancora oggi il prototipo di un ceto tipo di pubblicità che ha il suo principale strumento nell’uso persuasivo della narrazione al fine di modificare le abitudini dell’utente. Tuttavia, il mondo oggi è cambiato e l’advertising con esso. Il cambiamento della pubblicità è un fenomeno globale legato maggiormente alla nascita e alla diffusione delle nuove tecnologie digitali che hanno reso possibile raggiungere il proprio target in ogni momento senza limiti temporali né grafici, e misurare in modo estremamente preciso investimenti e risultati. Internet e i nuovi media, infatti, hanno modificato le abitudini dei consumatori e quindi anche il loro modo di fruire i messaggi pubblicitari. Si fa strada un nuovo approccio alla comunicazione pubblicitaria sempre più svincolato dalla qualità e dal prezzo del prodotto e sempre più focalizzato sull’esperienza che ogni singolo utente fa del prodotto stesso; esperienza che viene poi condivisa con la propria rete sociale. Ecco allora che la pubblicità dell’era 3.0 il prodotto è sempre meno rilevante perché è più importante la somma dei valori che questo rappresenta per il fruitore e che l’azienda produttrice afferma. In questo contesto il protagonista è il concetto di branding, ovvero tutte le attività che le aziende mettono in atto per identificare e affermare una serie di valori che possono influenzare le decisioni di acquisto. Pertanto, l’Advertising 3.0 ha delle caratteristiche radicalmente diverse dal passato: • Trasformazione del concetto di valore: la definizione economica di valore come “utilità”, oggettiva e assoluta, viene affiancata dalla definizione psicologica di “opportunità”, soggettiva e strettamente legata alle caratteristiche dell’esperienza e delle relazioni. • Evoluzione della tecnologia: grazie all’evoluzione tecnologica sono disponibili nuovi strumenti per comprendere il consumatore, aprire con lui un canale di comunicazione biunivoca e misurare efficacemente i risultati. La conseguenza di questi processi è quindi l’Advertising 3.0: un nuovo modello di advertising che propone contenuti fruibili grazie alle nuove tecnologie per monitorare le intenzioni e le pratiche dei consumatori e fornire loro prodotti e servizi percepiti come vere opportunità. Il valore del marketing Il marketing è l’insieme di attività, istituzioni e processi volti alla creazione, alla comunicazione e allo scambio di offerte che hanno valore per acquirenti, clienti, partener e la società in generale. In questa definizione l’elemento chiave è il concetto di valore. Da una parte l’impresa deve creare valore attraverso la sua offerta e comunicarla al consumatore, dall’altra il consumatore deve riconoscere nell’offerta un valore in modo da essere spinto ad acquistarla. Tutto questo avviene attraverso il marketing mix cioè attraverso l’uso strategico di 4 elementi: prodotto, distribuzione, prezzo e promozione. In particolare, la promozione indica tutte le forma di comunicazione volte ad avvicinare il prodotto al target di utenti potenziali consumatori come ad esempio le pubbliche relazioni, eventi, sponsorizzazioni e pubblicità. Secondo l’approccio classico del marketing il valore riflette il rapporto tra benefici (tangibili e intangibili) e costi. Pertanto, ho un prodotto di elevato valore se offre molti benefici e costi bassi. Il nostro sistema cognitivo (composto da due sistemi di elaborazione separati ovvero intuizione e ragionamento) influenza il modo in cui definiamo il concetto di valore: • La valutazione del valore non è assoluta ma relativa • La valutazione del valore avviene in maniera comparativa • La valutazione del valore include sia il costo economico sia il costo psicologico associato alla scelta In quest’ottica, la principale sfida che l’advertising 3.0 deve affrontare è identificare nuove modalità di trasmissione del valore. Il termine affordance nasce all’interno delle intuizioni dello psicologo cognitivo Gibson: prende le mosse con una nuova definizione di che cosa sono valore e significato. La percezione di un’affordance è un processo di percezione di un oggetto ecologico ricco di valore. Ogni sostanza, ogni superficie, ogni layout ha qualche affordance che può avere effetto positivo o negativo su qualcuno. L’affordance quindi può essere considerata una specie di “invito” dall’ambiente, colto intuitivamente dal soggetto a essere utilizzato in un certo modo. Per esempio, un terreno piano e liscio offre l’opportunità di camminarci sopra, mentre questo non avviene con una parete verticale piena di spuntoni. È possibile definire quindi le affordance come un’opportunità di azione che il soggetto coglie intuitivamente all’interno dell’ambiente. Il processo di creazione dell’impressione può essere diretto o immediato. Le opportunità non sono tutte uguali, variano di importanza a seconda dell’intenzione che le guida, a sua volta diretta da un bisogno o da un valore psicologico specifico. Bisogni e valori psicologici Il concetto di bisogno nasce dalle analisi dello psicologo americano Maslow che li dispone secondo una gerarchia di importanza: 1. Bisogni fisici: sono i bisogni fondamentali connessi all’esistenza 2. Bisogni di sicurezza: devono garantire all’individuo protezione e tranquillità 3. Bisogni associativi: è la necessità di sentirsi parte di un gruppo, di essere amato e di amare, e di cooperare con gli altri 4. Bisogno di autostima: è il bisogno di essere rispettato, apprezzato e approvato, di sentirsi competente e produttivo 5. Bisogno di auto realizzazione: è l’esigenza di realizzare la propria identità e di portare a compimento le proprie aspettative, nonché di occupare una posizione soddisfacente nel proprio gruppo. l’esperienza dei consumatori, sia individuale che all’interno del gruppo di riferimento. Per capire come un marchio diventa una “marca da amare” bisogna capire come le esperienze siano in grado di influenzare il soggetto, attraverso le pratiche (individuali) e le comunità di pratiche (di gruppo). A lungo il marketing ha usato la televisione come principale strumento di creazione e condivisione di nuove pratiche legate ai propri prodotti. Le tre caratteristiche rendono questo medium efficace sono: • È il mass media per eccellenza: ancora oggi la televisione rappresenta la principale fonte di informazione per gli italiani; • La televisione svolge un ruolo di ricostruzione retorica dando un senso a personaggi e eventi: raccontando storie la televisione è in grado di associare significati a aventi e personaggi all’interno di un tema specifico. Spiega gli eventi inquadrandoli in una cornice di senso; • La televisione attiva meccanismi cognitivi di simulazione intuitiva: l’alto grado di coinvolgimento generato dalla televisione nasce dalla sua capacità di attivare, in maniera inconsapevole al soggetto, processi simulativi necessari per comprendere quanto sta succedendo sullo schermo. Questo spiega anche l’intensità delle risposte emotive che possono essere suscitate da un programma televisivo. Pertanto, la televisione è stata a lungo in grado di imporre pratiche e significati attraverso una struttura narrativa pervasiva in grado di coinvolgere sia lo spettatore, sia la rete sociale che lo circonda. Il risultato di tale processo è la sensazione di “presenza” che sperimenta lo spettatore e che grazie allo spot pubblicitario è un potentissimo strumento di condivisione di pratiche e visioni del mondo. Tutto questo ha permesso ai brand, negli scorsi decenni, di usare la televisione come principale strumento per la creazione e la condivisione di nuove pratiche legate ai propri prodotti. Tuttavia, con il tempo la televisione sta perdendo il suo potere persuasivo, a causa della natura transitoria degli spot televisioni e di elementi che tendono a distrarre lo spettatore. L’elevato numero di comunicati pubblicitari o che esulano dalla programmazione televisiva genera la conseguenza che i consumatori tendono ad ignorare o dimenticare gli spot. Ad indebolire ulteriormente l’influenza della televisione è il ruolo centrale assunto oggi dalle nuove tecnologie digitali e sociali nei processi di creazione e condivisione di pratiche, valori e contenuti. La diffusione crescente dei media digitali e dei social media ha offerto nuovi strumenti e strategie di comunicare con il consumatore, modificandone il ruolo: lo spettatore da consumatore passivo di informazioni, si è trasformato in “spettAutore” che crea o modifica contenuti esistenti secondo i propri bisogni comunicativi e/o in “commentAutore”, che discute i contenuti e li condivide con gli amici. In questo contesto si colloca la sfida dell’advertising 3.0 che definisce strategie e strumenti intorno ai seguenti nuclei tematici: • La creazione del valore del prodotto all’interno di esperienze in grado di coinvolgere le dimensioni di identità, di senso e di appartenenza ad una comunità; • L’utilizzo della tecnologia per pianificare le campagne, gestire gli investimenti e le logiche di rientro finanziario ma anche per comprendere e raggiungere il consumatore. • La dimensione di comunicazione multicanale ed esperenziale. Capitolo 2 Il branding nell’advertising 3.0 Il primo elemento che caratterizza l’advertising 3.0 è un nuovo approccio al branding. È possibile identificare 5 fasi del processo di branding, caratterizzate da diversi significati associati ai prodotti: 1. Il prodotto e le sue caratteristiche: il brand deve evidenziare le caratteristiche peculiari del prodotto e renderle immediatamente visibili al consumatore; 2. Il prodotto è ciò che fa: il brand deve evidenziare quello che è in grado di fare e come può essere utile al consumatore; 3. Il prodotto è ciò che ti fa sentire: il brand deve evidenziare le emozioni che è in grado di far provare al consumatore; 4. Il prodotto è ciò che ti fa diventare: il brand deve evidenziare i modelli identitari che ne incarnano l’uso; 5. Il prodotto è ciò che condivide con te: il brand deve creare conversazioni ed esperienze con i propri consumatori per generare somiglianza e coinvolgimento. Il punto di arrivo è l’“attraction economy” per cui il brand diventa “una marca da amare” (un lovemark) attraverso la creazione di un rapporto fortemente emozionale e di lunga durata. Una strategia utilizzata per rendere il brand universale è includere nei significati i valori appartenenti a quattro dimensioni: empatia e intimità, performance e sensualità, innovazione e mistero, reputazione e onestà. Il branding nell’advertising 3.0: reputazione e ascolto Nell’era digitale l’obiettivo delle aziende dell’advertising 3.0 è quello di trasformare il brand in una “marca da amare” (un lovemark) attraverso la creazione di un rapporto fortemente emozionale e di lunga durata tra brand (e i suoi prodotti) e il consumatore. L’evoluzione di Internet e dei social media ha allargato i confini delle comunità di appartenenza, permettendo la nascita di un vero e proprio luogo digitale: l’interrealtà. L’interrealtà unisce alcune caratteristiche delle reti sociali tradizionali (interazione, supporto e controllo) con le caratteristiche del Web (multimedialità, creazione e condivisione di contenuti). Alcune ricerche hanno evidenziato che esistono alcuni “bisogni digitali” molto diversi tra loro, che i digital media e i luoghi virtuali da essi creati, sono in grado di soddisfare: • Il bisogno di relazione: uso dei digital media e dei luoghi digitali per comunicare e creare relazioni; • Il bisogno di esplorazione: uso dei digital media e dei luoghi digitali per esplorare il mondo; • Il bisogno di controllo: uso dei digital media come strumento per aumentare il senso di ordine e l’organizzazione del proprio tempo (es: agende digitali, sistemi di banking); • Il bisogno di autoaffermazione: uso dei digital media come strumento per capire chi sono e cosa posso fare (blog, profili social). Questa situazione introduce una nuova variabile, la reputazione, di importanza centrale per l’efficacia delle politiche di comunicazione aziendale. Nel mondo della pubblicità, infatti, la reputazione è sempre stato parte delle politiche di “marca” attraverso l’integrazione tra caratteristiche materiali e immateriali dell’azienda. Se nell’approccio tradizionale alla marca, l’azienda è protagonista con le sue azioni a definire il proprio valore nella speranza di convincere gli utenti della bontà dello stesso, nel nuovo scenario delineato dai digital media assume un ruolo centrale l’esperienza del prodotto o dell’azienda sperimentata dal consumatore. Oggi, l’utente di un prodotto non all’altezza delle aspettative non si limita più a non comprare il prodotto, ma diventa “commentAutore” esprimento le proprie lamentele nelle comunità virtuali in un passaparola digitale che, potenzialmente, può acquisire risonanza mondiale. Inoltre, un altro elemento che caratterizza le esperienze negative raccontate su Internet, è la loro permanenza. La Rete è, infatti, un archivio di informazioni dalla memoria illimitata dove una volta inserita un’informazione in un determinato sito internet essa viene replicata in altri siti creando un circolo vizioso senza confini. Pertanto, anche se l’autore può cambiare idea, le sue parole rimarranno online pronte ad essere indicizzate dai motori di ricerca. In questo modo verranno trovate, anche a distanza di anni, da consumatori sempre più curiosi di sapere in anticipo che cosa pensano di un prodotto altri utenti. In particolare, sono i commenti negativi ad avere maggior effetto sulla reputazione: a volte è sufficiente anche un solo commento negativo tra dieci positivi per compromettere la reputazione di un marchio. In realtà, oggi diventa indispensabile per le politiche di comunicazione aziendale riuscire a monitorare il passaparola digitale, individuando e analizzando i giudizi e le opinioni relativi all’azienda presenti in rete. Per svolgere questo compito è nata una nuova figura professionale, molto ambita dalle aziende: il brand reputation manager, di solito collocato all’interno dell’area di comunicazione e marketing. Il suo principale compito è quello di analizzare quanto detto sull’azienda in Rete, o sui suoi prodotti o servizi. Accanto a questo compito ha anche quello di definire le strategie da intraprendere per risollevare o incrementare ulteriormente la reputazione aziendale. In questo contesto assume rilevanza anche il ruolo del brand manager, che è quello di co-costruire il prodotto e i valori che incarna, all’interno di una relazione continua e bidirezionale con il consumatore e la sua comunità di riferimento. È da tale relazione che l’azienda definisce la strategia di marketing e le diverse politiche di branding che vanno dal posizionamento, alla definizione dei valori di riferimento del marchio, alla scelta delle politiche di advertising che possono essere sia online che offline. Più precisamente il processo di co-costruzione avviene in due fasi: l’ascolto e l’interazione con le comunità sociali. Il branding advertising 3.0: targeting ed engagement Attraverso le analisi delle comunità è possibile comprendere bisogni, valori e pratiche e identificare le caratteristiche del prodotto o del brand che sono rilevanti per tali comunità. Nel contesto dell’advertising 3.0 il consumatore non compra un prodotto perché viene persuaso da una buona comunicazione, ma lo compra perché “vale”, dove il valore nasce all’interno di esperienze positive abbraccia le dimensioni di identità, di senso e di appartenenza a una comunità. Le esperienze che permettono di dare valore al prodotto sono due: la più importante è l’esperienza di consumo, seguita poi dall’esperienza d’acquisto. Per questo motivo una componente chiave dell’advertising 3.0 è l’analisi, pianificazione e realizzazione di tutti gli aspetti che caratterizzano la costumer experience. Il passaggio successivo è la creazione di comunicazioni e di esperienze in grado di dare valore e di coinvolgere (engagement) i membri della comunità. Nel 2015 Microsoft ha effettuato una ricerca sui digital trend, identificando diverse tipologie di utenti caratterizzati da valori e bisogni differenti, a cui l’advertising 3.0 applica strategie personalizzate: in tempo reale i risultati delle campagne ed eventualmente modificarle per ottenere risultati migliori; • È personalizzabile: non si rivolge alla “massa” ma mira a consumatori specifici con messaggi dedicati; • È engaging: è in grado di coinvolgere il consumatore, tanto nell’interesse verso il brand quando nel processo di acquisto. Nello specifico è capace di creare affordance per l’utente, profondamente radicate nei suoi bisogni e nelle sue intenzioni reali. Il digital advertising è basato sui dati Caratteristica della pubblicità tradizionale era il rischio, poiché si spendevano capitali più o meno ingenti per farla, ma non si poteva essere sicuri della sua efficacia. Fare pubblicità per strada, sulla stampa o in televisione ha sempre significato acquistare uno spazio, sapendo che quello spazio poteva essere visto da un certo numero di persone. Quanto però questo spazio fosse effettivamente visto, o se i suoi contenuti fossero ascoltati, erano dati quasi impossibili da ottenere, se non sulla base di ipotesi statistiche. Di conseguenza, era impossibile anche attribuire alle campagne pubblicitarie un preciso effetto in termini di impatto sulle condotte di acquisto e misurare la loro efficacia persuasiva. Il digital adversiting oggi funziona diversamente, perché la sua caratteristica principale è proprio la misurabilità in termini di spazio, tempo e denaro. Gli inserzionisti possono ora spendere solo per ciò che vogliono ottenere. Il marketing online è misurabile, quantitativo e dati-centrico: ciò ha permesso che le sue attività diventassero performance based, ovvero un insieme di iniziative volte a generare risultati concreti e misurabili sui quali vengono applicati i costi corrispettivi. Le campagne si possono monitorare sulla base di dati certi e reali. I modelli di pricing Di norma, un inserzionista paga un publisher (editore che mette a disposizione spazi pubblicitari) a seconda dell’effetto che vuole ottenere in termini di diffusione della sua campagna. Le principali modalità di princing del digital advertising, o meglio, quelle più tradizionali, e tuttora in uso, sono il CPM e il CPC: • CPM (cost per mille): costo per impressioni, ovvero visualizzazioni del messaggio pubblicitario da parte dell’utente; • CPC (cost per click): interazioni dirette dell’utente che fa click sul link o banner, per esempio per essere rimandato alla pagina del prodotto. L’emergere di canali multimediali sempre più vari e l’affinarsi delle tecnologie di tracciamento, ha fatto emergere sullo scenario del marketing modelli di pricing sempre più innovativi, tra cui i seguenti: • CPE (cost per engagement): attività di interazione con il servizio/prodotto effettivamente completate dall’utente; • CPF (cost per follower/fan/friends): quanti utenti, nel contesto di uno o più social media, si sono inscritti alla pagina del prodotto; • CPV (cost per viewing): numero di utenti che hanno visualizzato un contenuto video; • CPI (cost per install): numero di utenti che hanno scaricato/installato un software promozionale; • CPA (cost per action/acquisition): costo per singola operazione dell’utente, a volte realizzato a seconda dello specifico focus interattivo della campagna; • CPL (cost per lead): ovvero l’interesse di un consumatore rispetto a un’iniziativa promozionale. Il modello di pricing più efficace e funzionale dipende da ciò che desidera ottenere un advertiser dalla sua campagna e più direttamente con i suoi prodotti. Search Engine Marketing Il Search Engine Marketing (SEM), ovvero il marketing applicato ai motori di ricerca, si basa oggi su piattaforme dedicate che permettono all’advertiser di pagare per ogni singolo click che la sua pagina riceve grazie agli annunci. Il principale strumento per fare SEM è sicuramene Google AdWords. Google, infatti, è il primo motore di ricerca nel mondo. Una fase determinate nella creazione di una campagna di advertising di Google AdWords è la scelta delle keyword. Questo, è un processo delicato, da condurre con razionalità, tenendo presente le intenzioni e gli interessi degli utenti in relazione al servizio/prodotto che si vuole reclamizzare. Le keyword sono quelle parole che l’advertiser ritiene possano essere cercate dagli utenti del motore di ricerca e siano legate al suo annuncio. È importante ricordare che grazie al modello CPC (cost per click), l’adversiter paga soltanto per gli annunci che vengono effettivamente cliccati, non per ogni visualizzazione. Una strategia differente di marketing legato ai motori di ricerca è costituita dal cosiddetto SEO o Search Engine Optimization. Il SEO si riferisce alla creazione ottimale di un sito internet allo scopo di acquisire una maggiore probabilità che esso compaia tra i primi risultati non pubblicitari di una ricerca (chiamati “risultati naturali”). Per molti versi, l’attività di SEO è molto più importante della SEM. Le attività di SEO possono essere divise in due tipologie: • on-site: inerenti alla struttura e ai contenuti del sito, e a come questi vengono comunicati ai software che i motori di ricerca utilizzano per analizzare e valutare la qualità di un sito; • off-site: legate all’aumento della link popilarity, cioè nella valutazione di un sito, Google considera quanto esso è popolare. Es: se è linkato da altri siti e blog autorevoli e affidabili. Programmatic buying, real-time bidding e retargeting Grazie ai modelli di princing, un advertiser “sa per cosa paga”, nel senso che impegna le proprie risorse per raggiungere una precisa quantità di interazioni tra gli utenti e la sua campagna. Oggi un advertiser può pagare soltanto per una campagna che viene effettivamente realizzata, sapendo che andrà a colpire i consumatori desiderati, attraverso due sistemi: real time bidding e programmatic buying. • Real time bidding: è l’acquisto, da parte degli adversiter che vogliono mostrare la loro pubblicità agli utenti potenzialmente interessati, di singole impression, ovvero di casi individuali in cui il loro contenuto pubblicitario viene mostrato al consumatore. Tale acquisto avviene attraverso un meccanismo di asta. Ogni advertiser punta una determinata quantità di denaro per pagare un certo numero di impression agli utenti a cui è interessato. Mentre la pagina di un sito che pubblicità si carica perché un utente la sta visitando, l’asta tra gli advertiser interessati si attiva, e l’offerta più alta vince ottenendo il dispaying del proprio ad. sulla pagina. • Programmatic buying: è l’insieme di tecniche e strumenti che include nuove possibilità di mediazione tra inserzionisti e editori. È l’insieme delle tecnologie che automatizzano la compra vendita, la segmentazione dell’audience e l’ottimizzazione degli spazi pubblicitari digitali. • Retargeting: è quel processo grazie al quale è possibile raggiungere un certo sito in precedenza, mentre ne stanno visitando un altro. In questo modo, ci si assicura di inviare un messaggio pubblicitario non solo a un consumatore potenzialmente interessato, ma anche a un utente che ha già concretamente pianificato (o addirittura iniziato) delle attività di ricerca di informazioni o di acquisto nei confronti dei prodotti o servizi reclamizzati. Questa, è una tecnica molto potente, solitamente utilizzata per suggerire agli utenti di finalizzare i gesti d’acquisto. Il digital advertising è personalizzabile Come abbiamo visto la pubblicità analogica era diretta alla “massa”. I metodi tradizionali, infatti, non erano in grado di raggiungere un pubblico specifico. Il digital advertising è invece personalizzabile, non solo nel senso che può raggiungere uno specifico pubblico ma, ancora meglio, nel senso che può raggiungere uno specifico consumatore in un preciso momento, basandosi su dati ragionevoli i quali indicano il suo un pre-esistente interesse per il prodotto o addirittura la sua propensione all’acquisto. Tutto questo permette di evitare, rispetto alla pubblicità tradizionale, la dispersione, in quanto i messaggi pubblicitari possono modificarsi o diventare pubblicità “su misura”. Infatti, sono intrinsecamente basati sulle caratteristiche, gli interessi, il contesto e le intenzioni degli utenti che li visualizzano. Inoltre, il digital advertising dispone di risorse del tutto nuove per catturare l’attenzione e coinvolgerle nella relazione con il brand, con il prodotto o con l’azienda. Il digital advertising propone la possibilità per il consumatore di interagire direttamente con chi il prodotto lo crea e lo comunica. Questa relazione diretta con il consumatore costituisce un’opportunità concreta per l’azione pubblicitaria. Direct e-mail marketing Il primo esempio di come, grazie alle tecnologie del web è possibile fare marketing diretto è quello della posta elettronica. L’email infatti costituiscono ancora oggi un elemento insostituibile per le campagne di marketing, in particolare per acquisire nuovi clienti. Ciò che è importante capire è che il Direct E-mail Marketing (DEM) non è spam. Quando si parla di e-mail di marketing non ci si riferisce a quei messaggi di posta di provenienza incerta, a volte alla base di vere e proprie truffe, che riempiono le caselle di posta di utenti ignari. L’email marketing è, invece, diretto, ovvero viene • Analizzare l’engagement cognitivo significa valutare quanto una campagna di advertising modifica le idee, le convinzioni e la prospettiva dei consumatori. Gli strumenti principali dell’analisi sono i questionati e le interviste. • Analizzare l’engagement emotivo significa valutare le emozioni e le sensazioni suscitate nei consumatori da una campagna, di solito per comprendere quanto queste sono legate a intensità e piacevolezza. Lo strumento principe per l’analisi di tale fattore sono ancora i questionari, ma in alcuni casi specifici anche le risposte psicologiche. • Analizzare l’engagement comportamentale significa analizzare quanto e come le persone interagiscono con la campagna, in modo diretto (per esempio cliccando il banner su Internet) o indiretto (per esempio parlandone ad altre persone). Lo strumento principe per l’analisi di tale fattore sono le analitiche del web e, in alcuni casi, altri metodi legati alla ricerca di laboratorio. In conclusione, la misurazione dell’engagement come concetto di multi-componenziale costituisce il gold standard della valutazione dell’efficacia delle campagne di advertising digitale del futuro. Progettare, realizzare e potenziare una campagna di advertising significherà sempre di più mettere a punto strumenti adeguati non solo per comprendere se il prodotto “vende bene” o se il brand è percepito generalmente in maniera positiva. Al contrario, studiare e rilevare l’engagement dei consumatori significa perseguire una visione sistematica e complessa della relazione “a lungo termine” degli utenti rispetto ai valori, ai significati e alle opportunità concrete legate a un marchio e ai suoi prodotti, attività e servizi. Dunque, il digital advertising è una disciplina applicativa unitaria corredata di particolari tecniche, approcci e strumenti che la rendono irriducibilmente differente dalle attività di marketing effettuate su canali più tradizionali. Le caratteristiche del digital advertising che mettono in luce i vantaggi rispetto all’advertising più tradizionale sono: • Wide reach: Internet permette di superare le barriere geografiche, raggiungendo consumatori che sarebbero normalmente al di fuori del target raggiungibile tramite media tradizionali; • Target oriented: l’advertising può raggiungere una specifica nicchia di interesse; • Quick conversion: nella maggior parte dei casi, i consumatori che ricevono pubblicità online hanno la possibilità di completare l’acquisto di prodotti e servizi nell’immediato; • Misurabile: il digital advertising è sempre corredato di metriche e tecniche che consentono di misurare la sua efficacia; • Highly informative: il consumatore non ha soltanto la possibilità di vedere una pubblicità, ma anche di accedere a tutti i dettagli dell’offerta di cui intende metterlo al corrente; • Cost effective: grazie alle modalità di pricing, l’advertiser paga soltanto per gli effetti che riesce ad ottenere, e, a monitorali in tempo reale. Capitolo 4 Mobile digital advertising Il digital advertising ha conosciuto importanti evoluzioni quando ha incontrato le tecnologie mobili. Le opportunità offerte dalla tecnologia mobile permettono di sfruttare al massimo le peculiarità del digital marketing. Una delle definizioni più note e condivise del mobile marketing è: “il mobile marketing è qualsiasi attività di marketing svolta attraverso una rete onnipresente in cui i consumatori sono costantemente collegati con un dispositivo mobile personale”. Le strategie di marketing infatti, fanno un uso sapiente delle proprietà delle tecnologiche mobili di ultima generazione, specialmente gli smartphone. Lo smartphone è un telefono mobile che integra le funzioni di un personal computer connesso alla rete. Nella quasi totalità dei casi, uno smartphone: • è basato su un sistema operativo specifico; • è un dispositivo multimediale in grado di scattare foto, girare e riprodurre video, registrare suoni e riprodurre musica; • permette la connessione al Web tramite browser; • è caratterizzato dalla possibilità per l’utente di scaricare e installare agevolmente funzionalità aggiuntive dette app, scaricate dal proprio market ufficiale. Lo smartphone oggi, è la tecnologia più personale che possediamo. Contiene i nostri dati, le nostre informazioni personali e un gran numero di dati sulle nostre abitudini e i nostri interessi. Differentemente da altre tecnologie lo smartphone è tendenzialmente sempre con noi. Questo, ha due conseguenze principali: • le comunicazioni potenzialmente istantanee: ciò significa che il consumatore non deve prendersi un momento preciso nell’arco della giornata per accedere e utilizzare il dispositivo, ricevendo così i messaggi di advertising; • l’ubiquità della tecnologia mobile permette di pensare ai messaggi pubblicitari come contestualizzati a specifici momenti della giornata e potenzialmente a specifiche azioni. Inoltre, gli smartphone costituiscono nidi di affordance multiple rappresentate dalle funzioni di telefonia e di localizzazione, dalla navigazione in internet e soprattutto dalle numerose app che i consumatori possono aver scaricato sul proprio dispositivo. Questo vuol dire che ormai il consumatore è abituato a possedere uno strumento sempre a portata di mano, che garantisce una molteplicità di risorse atte a rispondere immediatamente a una molteplicità di bisogni e intenzioni: trovare informazioni, lavorare, pianificare attività, combattere la noia. SMS e MMS Marketing Un SMS consiste in un messaggio di solo testo che arriva su un dispositivo mobile. Ormai gli SMS sono diventati una funzione fondamentale dei cellulari e continuano ad esserlo per gli smartphone. Se oggi i programmi di messaggistica come WhatsApp e Viber hanno in parte sostituito gli SMS soprattutto nella comunicazione quotidiana, gli SMS restano una funzione presente in tutti i dispositivi dotati di una scheda SIM. Gli SMS, infatti, costituiscono una risorsa di marketing da non sottovalutare: numero esperti di marketing sostengono che i messaggi di testo su cellulare vengono aperti e letti molto più spesso delle e-mail, e sono anche più efficaci nel promuovere azioni nei consumatori. Il marketing tramite SMS è sicuramente ancora funzionale e attuale; ha un costo basso rispetto a quelle campagne che richiedono l’utilizzo di creatività grafiche o animate, ed è uno strumento adeguato tanto per le grandi compagnie quanto per le piccole aziende che sono interessate a creare e a mantenere attiva una base utenti più o meno ridotta. Gli SMS costituiscono una strategia di marketing efficace per quanto riguarda alcune precise situazioni, e per essere utili devono rispondere ad alcune caratteristiche. Il primo passo per utilizzare gli SMS nell’advertising consiste nel fare adeguati ragionamenti di targeting; in secondo luogo, l’advertising tramite SMS è connesso ad alcune best practice. Per quanto uno slogan possa essere divertente ed efficace, un breve messaggio di testo che arriva al consumatore rischia di passare facilmente inosservato tra le varie attività e impegni della giornata, o anche di risultare fastidioso. Ben diverso è il caso in cui il messaggio si fa portavoce di un’opportunità concreta che corrisponde alle intenzioni dell’utente. Per questo motivo, gli SMS di advertising contengono inviti all’azione legati a specifiche attività, eventi, occasioni. Un SMS può essere anche personalizzato e basato su dati del consumatore; in questo caso può essere inviato in periodi o giorni specifici di importanza per l’individuo e costituire una risorsa importante di fidelizzazione (es: compleanno). Se gli SMS costituiscono un importante risorsa per il marketing, lo stesso può dirsi degli MMS, composti da immagini o video. L’efficacia di un’immagine è infatti intrinsecamente più comunicativa e capace di generare emozioni rispetto al solo testo. Molte strategie vincente nella storia del digital advertising hanno visto una felice combinazione di SMS e MMS, volta a massimizzare l’efficacia delle campagne e a sopperire ai limiti di entrambi gli strumenti. Targeting Il concetto di targeting si riferisce all’individuazione delle caratteristiche demografiche e psicologiche dei destinatari dei messaggi di una campagna, e delle strategie messe in atto per raggiungere il segmento di consumatori individuato con la massima precisione possibile. Applicare il targeting al contesto del marketing mobile significa prendere in considerazione gli elementi demografici più immediati come il genere, l’età e o status socioeconomico ma anche, e soprattutto, caratteristiche più fini e sofisticate dei consumatori stessi e della loro esperienza nel momento presente, in quanto si ha la possibilità di intervenire in un contesto di interazione straordinariamente variegato in termini di attività e potenzialmente distribuito lungo l’arco di tutta la giornata. In sostanza, bisogna prestare particolare attenzione alle motivazioni, gli atteggiamenti e alle abitudini con cui gli utenti si approcciano quotidianamente all’utilizzo della loro tecnologia mobile. Sono state individuate cinque tipologie di utenti di tecnologia mobile, caratterizzati da specifiche abitudini d’uso che li rendono più o meno suscettibili a diverse tipologie di advertising: 1. gli user “up-to-date”: sono gli utenti che cercano online ogni tipo di informazione. La strategia migliore per rivolgersi a questo segmento è quella di fornire loro risorse che si aggiornano rapidamente con contenuti sempre nuovi. 2. Gli user “busy and productive”: sono gli utenti che utilizzano la tecnologia solo per fini lavorativi. La strategia migliore per questo tipo di segmento è quella che punti sull’efficienza per le loro attività. 3. Gli user “social and curious”: sono interessati a tutto ciò che è nuovo. La strategia migliore per questo tipo di utenti deve avere come focus la condivisione e i contenuti virali.
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