Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Dino Campana vita e opere, Sbobinature di Letteratura Italiana

Dino Campana è un uomo colto, un genio ma non un pazzo. Campana, nato nel 1885 in Toscana, nel 1918 venne internato in manicomio fino alla morte. La follia può essere ricondotta all’incapacità di compromessi sociali e dall’adesione alla figura del poeta maledetto. In Campana troviamo due tendenze: • Immediatezza nel rapporto con la realtà; • L’influenza di modelli letterari. Grazie a Fausto Curi , un critico della neo-avanguardia del gruppo dei ’63 , abbiamo un ritratto di Campana: Campana si è formato su Nietzsche, ed essersi formati su questo filosofo ad inizio 900 era uno sbaglio assurdo anche se Sanguineti di Campana ha una bellissima concezione, infatti Campana è un autore che porta a divisioni nella critica perché la sua interpretazione non è semplice: per alcuni era un poeta visionario, per altri visivo, due concezioni totalmente diverse ad esempio Govoni e Soffici, sono entrambi poeti visivi, ma in Campana c’è di più perché il limite tra visività e visionarietà è molto lab

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

In vendita dal 09/05/2023

reneemazza
reneemazza 🇮🇹

4.4

(31)

165 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Dino Campana vita e opere e più Sbobinature in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! DINO CAMPANA La vita Dino Campana è un uomo colto, un genio ma non un pazzo. Campana, nato nel 1885 in Toscana, nel 1918 venne internato in manicomio fino alla morte. La follia può essere ricondotta all’incapacità di compromessi sociali e dall’adesione alla figura del poeta maledetto. In Campana troviamo due tendenze:  Immediatezza nel rapporto con la realtà;  L’influenza di modelli letterari. Grazie a Fausto Curi , un critico della neo-avanguardia del gruppo dei ’63 , abbiamo un ritratto di Campana: Campana si è formato su Nietzsche, ed essersi formati su questo filosofo ad inizio 900 era uno sbaglio assurdo anche se Sanguineti di Campana ha una bellissima concezione, infatti Campana è un autore che porta a divisioni nella critica perché la sua interpretazione non è semplice: per alcuni era un poeta visionario, per altri visivo, due concezioni totalmente diverse ad esempio Govoni e Soffici, sono entrambi poeti visivi, ma in Campana c’è di più perché il limite tra visività e visionarietà è molto labile. Sanguineti apprezza proprio che Campana sia stato controcorrente ed abbia sabotato la letteratura, insomma Curi lo vede come un poeta un po’ tradizionale, vecchio, Sanguineti il contrario. Opere Nelle sue scrittore si percepisce un senso di esclusione e di disarmonia. Inoltre egli concepisce la poesia come momento assoluto di verità: questo è anche senso dell’aggettivo “orfico” nel titolo dell’unico libro pubblicato in vita “Canti orfici” (1914). Questo scenario si contrappone al degrado della figura del poeta, il quale viene espresso attraverso un lessico crudo e popolare, l’ambiguità della sintassi rappresenta il punto di vista alienato e incapace di rapporti logici. Per quanto riguarda il titolo: “canti” è la definizione che leopardi sceglie per le sue poesie dunque si ispira “orfici”: mistero, qualcosa che non si può spiegare, allude a qualcosa di mistero, di inspiegabile. Canti orfici: sceglie un titolo scelto da Leopardi, ci consegna un libro che non è fatto solo di poesie, anzi, è un prosimetro. Mescolanza di forme, molto moderno. Molto curati sotto il profilo retorico Pag. 1 a 20 lessicali, e molto coinvolgenti. Mito di campana nasce dal trattamento retorico del testo. Le caratteristiche principali della sua poesia sono:  Tratti carnali che non la rendono spirituale, anzi, molto attenta al dato visivo e testuale.  Non tendenza al sublime, se vi è, è resa impura dalla presenza della terrestrità.  Titolo contraddetto infatti possiamo notare che l’opera, denominata canti, si apre con la prosa. musicalità e sensorialità  Ripetizione, ritorno, circolarità ed amplificazione, quasi una forma spiralica che aggiunge sempre provvedimenti  analogie che travalicano la logica, le connessioni logiche. LA NOTTE Si tratta di una prosa, ma sono presenti diverse insistenze foniche. ANALISI: La notte è il primo dei sette notturni :ci troviamo nel comune di Faenza i cui luoghi sono molto importanti in campana, poiché anche in lui è vivo quel mito del poeta viaggiatore vagabondo che abbiamo già visto in Soffici, eppur il suo è un girovagare più di natura maledetta. La presenza dell’uomo è importante perché il senso di estraneità è spesso veicolato da questa presenza. Sono infatti presenti vagabondi, ma anche prostitute dal fascino erotico perciò vediamo l’ Idea della marginalità che sempre presenta, così come grazie alle sagome di zingari nere immobili.  Un aspetto importante come abbiamo già detto sono le ripetizioni tra cui quella di “lontano”  Questi zingari sono dei ragazzetti e il dettaglio è colto in primo piano: la “barba giudaica” indica che non è vecchio ma ha comunque la barba.  Pausa ad effetto, due punti.  “e del tempo fu sospeso il corso”.  Insistenza sui mattoni, sul colore rosso. In quest’opera tutto è amplificato: richiami semantici e fonetici sono molto importanti e rendono il testo coeso ed unitario, nel suo procedere vago, poiché non si racconta nulla, sono ricordi. Non ci sono molti poeti che negli stessi anni scrivono Pag. 2 a 20 vagheggiato ma nella letteratura non è presente in questo modo: Indica una mancanza. La Chimera appare come una figura femminile ineffabile, ma che di sicuro non incarna il mostro della mitologia greca: se non per il lontano rapporto che si instaura tra il mito dei tempi remoti e una figura irraggiungibile. La Chimera risalta su uno sfondo di ombre e esaurisce ogni significato dell’esistenza: il poeta notturno per lei contempla le stelle vivide ,le mute fonti dei venti, l’immobilità dei firmamenti . Essa rappresenta lo scorrere perpetuo della vita, il simbolo del mistero e dell’illusione che permeano l’esistenza. Nella lirica si fondono e si confondono due diversi temi, che possono considerarsi il medesimo: la ricerca disperata della donna-Chimera l’elaborazione di una poesia pura. L’autore allude a suggestive immagini, che si arricchiscono di suoni e colori e questo dispiegarsi di sensazioni visive e sonore, sono una molteplicità di stati d’animo, resi ancor più evidenti dal ricco uso degli aggettivi.  uso della preposizione “per”, ricorda un uso analogo, quello di San Francesco nella cantica, e D’Annunzio nella sera fiesolana quando assume delle movenze francescane. È un per di difficile interpretazione, potrebbe voler essere un uso causale, finale o strumentale  “dolce vapore”, è una citazione dantesca, poesia molto intensa ma al tempo stesso molto strutturata.  Scivolamento finale senza virgole, cadenza che si accresce così tanto perché si chiude con un’invocazione.  Descrizioni che paiono davvero lo scontro di uno sguardo leonardesco, ricorda le vergini delle rocce ma anche la Gioconda: altro famoso quadro di Leonardo, quadro particolarmente misterioso, non ha un soggetto religioso.  Evocazione, quando si parla di un personaggio che non è in scena.  Suora: forma arcaica di sorella.  Regina adolescente: erotico.  Reggente: io ho vegliato, poeta notturno. Egli stesso si definisce poeta notturno, si allaccia ad una poesia simbolista.  “il tuo ignoto poema”: chimera immagine della poesia.  Fanciulla musica: forse musicista, musica come “un musico”; oppure sostantivo dominante “musica”; cambia che o domina la musica o la fanciulla che sa cantare. Pag. 5 a 20  “Segnato di linea di sangue”: fiorenza lo riferiva al cerchio delle labbra sinuose, le quali sono rosse.  “io, per il tuo docle mistero, per il tuo divenir taciturno”: vero problema di questo poeta è che ad un certo punto questa donna è diventata silenziosa, la poesia ha taciuto. Lui ha vegliato perché lei ha chinato il capo e si è messa silenziosa.  “sorriso di un volto notturno / dolce sul mio dolore”.  E poi c’è la pittura finale che è uno slancio vitale ma anche una disperata richiesta affinché questa chimera smetta di stare in silenzio. Non sono gli uomini, ma le ombre del lavoro umano. Primo piano donne col volto chiaro, dietro i campi, le colline, una prospettiva tutta rinascimentale. Passaggio alla seconda persona, affermazione diventare taciturno, passaggio a suo, chiusura affettivo con la doppia vocazione.  Differenza tra l’uso dell’arte rinascimentale che ne faceva D’annunzio e quello che ne fa Dino. Questo quadro non è usato per descrivere un’altezza di gusto, anzi, è descritto in tutti i suoi aspetti problematici. La poesia è pallida come il volto delle vergini, ma assimilabile ad una sorta di divinità, alta ma molto materiale. Tende ad un sublime che però non prescinde dalla sofferenza, e parla di sangue. L’INVETRIATA La sera fumosa d’estate Dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra E mi lascia nel cuore un suggello ardente. Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha 5A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha acceso la lampada? — c’è Nella stanza un odor di putredine: c’è Nella stanza una piaga rossa languente. Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto: E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c’è 10Nel cuore della sera c’è, Sempre una piaga rossa languente. STRUTTURA: L’invetriata è un opera scritta da Campana nel 1914 che vede la contemplazione di un tramonto estivo, l'emozione, intensissima del contatto con i colori della sera e della notte e la ferita sempre aperta nel cuore dell'esistenza umana.E’ composta in versi liberi. Il testo s'intesse su poche parole, che Campana cerca di dilatare sfruttando le varie figure retoriche basate sulla ripetizione; esse coinvolgono sia le Pag. 6 a 20 forme minime del discorso sia porzioni più estese del verso .Il discorso poetico fa un uso sapiente degli aggettivi, così da mettere in risalto le sfumature psicologiche e i sentimenti dell'io poeta. La percezione del poeta non è esprimibile se non per mezzo di simili immagini, ai limiti dell'allucinazione onirica. ANALISI: Possiamo suddividere il componimento in tre parti: PARTE 1:vv. 1-3 Il poeta è turbato da inquietanti presagi che gli si presentano nell’ombra di una stanza, a Marrani, il suo paese, mentre osserva il tramonto di una sera estiva dalla vetrata di un’alta finestra. Il poeta osserva il calare della sera, fino al buio della notte; rappresenta anche le reazioni interiori che tale contemplazione gli suscita. Egli si sente ferito nel cuore dall'impronta ardente del sole; poco dopo qualcuno accende una lampada e allora l'io poeta rivolge a sé stesso domande senza risposta. La sera muore entrando nella nuova dimensione della notte; a ricordare il passato fulgore della sera è solo il rosso della ferita nel cuore dell'io poeta. Nell'ombra della stanza dove si trova il poeta egli si sente inspiegabilmente piagato, nel suo cuore, dalla luce color del sangue che invade la stanza. PARTE 2: vv. 4-7: ormai è buio, l'accendersi improvviso di un lampione sconvolge le tenebre; nascono, nello spirito eccitato del poeta, inquieti interrogativi: chi è chi è che ha acceso la lampada? Il semplice avvenimento esplode nel mistero. Il turbamento si espande, contagiando la stanza in cui si trova il poeta che sembra caricarsi degli estremi bagliori del tramonto (una piaga rossa languente). PARTE 3:vv. 8-11vi è il momento della notte; le stelle brillano quali bottoni di madreperla, nel cielo buio, che pare dolce e morbido come una scura stoffa di velluto. Campana sottolinea però la natura tremola di questa bellezza: essa è destinata a svanire con il ritorno del giorno. Non svanirà però sempre una piaga rossa languente, ovvero la nota di tristezza che si è destata nell'animo del poeta nell'ora iniziale del tramonto: essa, ora, pervade sia il suo cuore sia il cuore della sera. CONCLUSIONE: La poesia è originata dal parallelismo tra la ferita (piaga) del tramonto e la ferita che Campana sente nel proprio animo. L'autore tenta così di comunicare l'esistenza di una realtà interiore che non è percepibile dai sensi, e che si manifesta attraverso segni quotidiani che si trasformano in elementi turbanti. Il testo s'intesse su poche parole, che Campana cerca di dilatare sfruttando le varie figure retoriche basate sulla ripetizione; esse coinvolgono Pag. 7 a 20  la visione-ricordo di Marradi e della stazione all'arrivo della notte. Ogni cosa viene osservata e ritratta come nel dormiveglia notturno: le sensazioni normali della vita (suoni e colori) si trasformano in altre percezioni, solo sognate. Mancano rapporti logici o di consequenzialità fra le varie immagini. Alla fine giunge il particolare più inquietante: lo sdoppiamento dell'io; l'io poeta vede se stesso in sogno, rapito dal treno in corsa nella notte. Ciò che all'inizio era musica celestiale si muta adesso in inquietudine, in un urlo, quello della figura a braccia levate sulla carrozza del treno. Tra i colori, emerge un contrasto tra il viola (due volte ripetuto) della notte al di fuori della cella e il colore bianco all'interno di essa (dentro, più volte ripetuto). Al centro del testo i bianchi della cella si trasformano in altri bianchi (la neve sui monti, le strade, le chiese). Infine al nero del cimitero e della notte si oppone il rosso fuoco dei treni e delle caldaie, che paiono occhi spalancati nel buio. Tra i suoni, spicca il canto celestiale dell'inizio, capace di trasformare la realtà (anche i giacigli diventano angelici). Subentra poi il silenzio del buio e della notte, interrotto dal canto di Anika. Poi la scena cambia e con la stazione ritorna il silenzio: anche il treno giunge senza fare rumore, come sgonfiandosi. Viene poi l'improvviso rombo di un treno in movimento che, rombando come un demonio nel buio, si porta via l'immagine (appena intravista) di sé. In conclusione possiamo dire che molto labile, quasi inesistente, abbiamo solo alcune descrizioni dettagliate si suoni e colori :Campana è stato sul serio in prigione. IL CANTO DELLA TENEBRA La luce del crepuscolo si attenua: Inquieti spiriti sia dolce la tenebra Al cuore che non ama più! Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare, 5Sorgenti, sorgenti che sanno Sorgenti che sanno che spiriti stanno Che spiriti stanno a ascoltare...... Ascolta: la luce del crepuscolo attenua Ed agli inquieti spiriti è dolce la tenebra: 10Ascolta: ti ha vinto la Sorte: Ma per i cuori leggeri un’altra vita è alle porte: Pag. 10 a 20 Non c’è di dolcezza che possa uguagliare la Morte Più Più Più Intendi chi ancora ti culla: 15Intendi la dolce fanciulla Che dice all’orecchio: Più Più Ed ecco si leva e scompare Il vento: ecco torna dal mare Ed ecco sentiamo ansimare 20Il cuore che ci amó di più! Guardiamo: di già il paesaggio Degli alberi e l’acque è notturno Il fiume va via taciturno...... Pùm! mamma quell’omo lassù! STRUTTURA: I verbi usati prima con la terza persona singolare (ascolta, intendi), divengono poi sentiamo, guardiamo; ciò che prima il poeta indicava al lettore, ora il poeta condivide come destino. ANALISI: Tra noi e le sorgenti c’è una sorte di corrispondenza fraterna: loro emettono incessantemente la loro materia fluente così come il poeta emette il suo respiro poetico. Tutto questo ha un momento privilegiato: la notte. Il silenzio e la notte sono la culla in cui nasce il pensiero: il pensiero, atto di vita superiore a qualsiasi altro atto, il pensiero, pura coscienza del sé. Quando si spegne lentamente la luce del crepuscolo e la tenebra ci avvolge dolcemente, allora fra il nostro spirito inquieto e l’acqua non c’è più diversità: siamo due cose in ascolto reciproco. Un battesimo ci attende: quello di entrare in un’altra vita; il cuore di chi è poeta, ancor più quando è buio, si alleggerisce del corpo e di ogni cosa di questo mondo ed è pronto per accogliere quella dimensione che non ha durata e lunghezza: l’eternità. Non più il tic-tac del pendolo del tempo, ma un fluido continuo “più nulla”: un nulla che si aggiunge al nulla nell’ambiguità stessa del “più”: Qualcosa di spirituale avviene; sorge quasi improvviso un soffio di vento che passa e subito scompare. Così noi siamo finalmente accanto a quella nostra origine dal nulla che è pronta a riprenderci. Brevemente ci ha amato la madre alla nostra nascita; più a lungo ci amerà la Morte che ci genererà all’eternità. E’ giunto il momento: la notte è piena la stessa acqua non più le riflette; anche il fiume ha perso la sua voce e si adegua con il silenzio al nulla imperante. Pag. 11 a 20 VIAGGIO A MONTEVIDEO Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell’ale Varcaron lentamente in un azzurreggiare:… Lontani tinti dei varii colori Dai più lontani silenzii Ne la celeste sera varcaron gli uccelli d’oro: la nave Già cieca varcando battendo la tenebra Coi nostri naufraghi cuori Battendo la tenebra l’ale celeste sul mare. Ma un giorno Salirono sopra la nave le gravi matrone di Spagna Da gli occhi torbidi e angelici Dai seni gravidi di vertigine. Quando In una baia profonda di un’isola equatoriale In una baia tranquilla e profonda assai più del cielo notturno Noi vedemmo sorgere nella luce incantata Una bianca città addormentata Ai piedi dei picchi altissimi dei vulcani spenti Nel soffio torbido dell’equatore: finché Dopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto, Dopo molto cigolìo di catene e molto acceso fervore Noi lasciammo la città equatoriale Verso l’inquieto mare notturno. Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le navi Gravi di vele molli di caldi soffi incontro passavano lente: Sì presso di sul cassero a noi ne appariva bronzina Una fanciulla della razza nuova, Occhi lucenti e le vesti al vento! ed ecco: selvaggia a la fine di un giorno che apparve La riva selvaggia là giù sopra la sconfinata marina: E vidi come cavalle Vertiginose che si scioglievano le dune Verso la prateria senza fine Deserta senza le case umane E noi volgemmo fuggendo le dune che apparve Su un mare giallo de la portentosa dovizia del fiume, Del continente nuovo la capitale marina. Limpido fresco ed elettrico era il lume Della sera e là le alte case parevan deserte Laggiù sul mar del pirata De la città abbandonata Tra il mare giallo e le dune… STRUTTURA: Sul piano formale questa duplicità si esprime nello scontro tra la vocazione espressionistica dello stile e la ricerca di una musicalità .C’è un’ ossessione analogica , una incompiutezza del testo (e del viaggio) e il tipico procedimento simbolistico. I toni sono ricchi , ci sono molto variazioni cromatiche, soprattutto nei primi versi. Pag. 12 a 20 STRUTTURA: Il componimento di versi liberi intitolato “Genova” rappresenta l’ultima poesia della raccolta “Canti Orfici”, si trova in particolare nell’ultima sezione “Varie e frammenti”. Costruzione vertiginosa, divisa in strofe totalmente diverse tra loro (libere, tradizionali, ipermetre). Il testo quasi si avvolge a spirale su se stesso ed è un trionfo di colori e di immagini. ANALISI: Come si deduce facilmente da titolo, è dedicato alla città di Genova come luogo emblematico e mistico, simboleggia infatti il luogo delle partenze e degli arrivi, un porto storico dove si procede per un viaggio sia reale, come nel caso degli emigranti, che simbolico, con la possibilità di raggiungere una conoscenza profonda della verità. Il porto rappresenta inoltre il luogo degli incontri, degli scambi relazionali tra persone sconosciute, che apparentemente non hanno nulla da darci e compaiono quasi casualmente ma in realtà ogni incontro può lasciare qualcosa di importante. Nel componimento inoltre la visione di Grazia, e questi versi appaiono probabilmente i più innovativi e sono la visione nei “vichi marittimi” della città di sera, alla luce tenue delle stelle e dei lampioni che comportano quindi in lui un’illusione fantasmagorica che si materializza davanti ai suoi occhi. Questa apparizione diventa per Dino Campana il punto più alto dell’opera: Nonostante infatti l’autore cerchi di descrivere al meglio delle sue possibilità l’immagine che gli si propone davanti agli occhi , rimane comunque una visione e quindi i suoi tratti appaiono confusi e sfocati come se davanti a loro la parola dell’autore si smaterializzasse e non riuscisse più a proferire niente. Sembra che Campana rimanga condizionato dal clima artistico del primo novecento, come se il suo stile letterario fosse ispirato dalla pittura, in particolare quella cubista, tipicamente scomposta e quindi la visione diventa per lui sia “bianca”, che “lieve”, “querela”, “rossa”, “tremula”, “lontana”, “attonita”. In Genova la descrizione è diversa rispetto alla Chimera: è Campana che parla alla città, la invita a cantare il suo canto. Descrive il porto di Genova con tutti i suoi rumori, poesia molto tesa in cui il linguaggio di Campana è più in senso espressionista. Descrizione della città, seppur straordinaria, è solo un pretesto.  “corrusche sue statue superbe”: corrusche è un termine antico, aggettivo dopo il sostantivo, eppure non sembra un verso vecchio. Pag. 15 a 20 2) Strofa più portata ai suoni, è una sinfonia, una città che risuona. Antropomorfizzazione, ride il palazzo. Gioca con le allitterazioni. Costruito come un’esaltazione dell’orecchio. 3) Usa “dentro del cielo stellare”: Abbandonare la lingua dei grandi padri e creare una poesia nuova, pur usando materia che è stata messa lì dai grandi padri. Vertiginosa la costruzione di Campana che si avvolge a spirale e sale in alto, vi è una sorta di impennata del suono e della visione. Ha udito il canto. Sotterraneamente in questa poesia si parla anche di poesia. Ricca dal punto di vista ritmico  4) 5) e 6) Si chiude con questa immagine di donna, con questa notte mistica (occhiuta, dai mille occhi). “vegliato dalle lune elettriche”: sintagma tipicamente futurista.  “il vasto porto si addorme”: ricordo di poesia antica  “s’addorme” è una forma un po’ antiquata che contrasta con le lune elettriche. Pag. 16 a 20 A UNA TROIA DAGLI OCCHI FERRIGNI Coi tuoi piccoli occhi bestiali Mi guardi e taci e aspetti e poi ti stringi E mi riguardi e taci. La tua carne Goffa e pesante dorme intorpidita Nei sogni primordiali. Prostituta.... Chi ti chiamò alla vita? D’onde vieni? Dagli acri porti tirreni, Dalle fiere cantanti di Toscana O nelle sabbie ardenti voltolata Fu la tua madre sotto gli scirocchi? L’immensità t’impresse lo stupore Nella faccia ferina di sfinge L’alito brulicante della vita Tragicamente come a lionessa Ti disquassa la tua criniera nera E tu guardi il sacrilego angelo biondo Che non t’ama e non ami e che soffre Di te e che stanco ti bacia. STRUTTURA: Questa poesia non fa parte dei canti orfici ma viene pubblicata dopo perché curando i suoi taccuini sono venute fuori alcune poesie che non erano presenti. Questa poesia è stata pubblicata soltanto dopo la morte di Campana. Il tema è quello della femminilità, considerata nel suo aspetto animalesco e primordiale, come equivalente del mistero stesso della vita e delle sue forme oscure. Lo stile espressionistico valorizza soprattutto le parti verbali del discorso, mentre il lessico punta sulla crudezza e sulla violenza del realismo e della distorsione. Il tema della prostituta è ricorrente nella poesia moderna da Baudelaire in poi: il poeta si riconosce nella condizione della prostituta, dovendo come lei vendere una merce che non sarebbe vendibile (la poesia, come lei l’amore). ANALISI: La donna scelta per un impossibile dialogo è una prostituta, dominata da una carnalità inconsapevole e del tutto estranea alle domande del poeta, ruotanti attorno a questioni esistenziali. In tal modo la problematica della poesia si allarga a considerare anche l’incomunicabilità tra il poeta e la donna. La scelta di un simile interlocutore in questo testo non è dunque casuale :mentre il poeta rivela l’ambivalenza di chi si identifica in una condizione (cfr. «soffre / di te»: Pag. 17 a 20
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved