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Diritto Amministrativo - I PRINCIPI E IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO-LA COMUNICAZIONE DI AVVIO AL PROCEDIMENTO, Appunti di Diritto Amministrativo

LEZIONE 4:I PRINCIPI E IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO-LA COMUNICAZIONE DI AVVIO AL PROCEDIMENTO-LA FUNZIONE DEL PROCEDIMENTO CON RIFERIMENTI NORMATIVI.SINTESI PER SUPERARE UN ESAME

Tipologia: Appunti

2010/2011

Caricato il 09/02/2011

manuelap
manuelap 🇮🇹

4.4

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Scarica Diritto Amministrativo - I PRINCIPI E IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO-LA COMUNICAZIONE DI AVVIO AL PROCEDIMENTO e più Appunti in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! La funzione del procedimento amministrativo Sezione I. Sommario: Funzione del procedimento amministrativo e fondamento costituzionale della sua necessità. Funzione del procedimento amministrativo e fondamento costituzionale della sua necessità Il provvedimento amministrativo è l’atto giuridico attraverso il quale la p.a. esercita il potere che le è attribuito dalla legge, in modo da incidere unilateralmente sulla sfera giuridica dei destinatari, al fine di perseguire un interesse pubblico concreto. Mentre tale unilateralità è assoluta nel momento della decisione, nella fase di formazione della stessa, invece, va analizzato il tema della partecipazione da parte dei privati: in tale frangente, viene in evidenza la funzione caratteristica del procedimento amministrativo. Come ritiene la dottrina (Corso), il procedimento è espressione del principio costituzionale di imparzialità (art. 97 Cost.) il quale quindi non ha solo un rilievo formale (come fattispecie), ma anche sostanziale (come garanzia di una decisione partecipata). Infatti, il privato riguardato da un singolo episodio di esercizio del potere ha la possibilità di intervenire nel procedimento che porta all’adozione della relativa decisione, facendo emergere in quella sede i propri interessi, che l’amministrazione ha l’obbligo di prendere in considerazione. La legge 241 del 1990 ha “codificato” ed esteso i principi elaborati dalla giurisprudenza circa le modalità di esercizio dell’azione amministrativa (prima di tale legge, il g.a. aveva enucleato dal coacervo di leggi di settore disciplinanti singoli tipi di procedimento principi come l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, quello di motivare adeguatamente la decisione, quello della doverosità del procedimento). Altra esigenza sottesa alla procedimentalizzazione dell’azione amministrativa è quella di coordinare l’attività dei diversi centri decisionali. Si pensi, in questo senso, all’istituto della conferenza di servizi, che consiste nella “istituzione di un tavolo”, dove siedono i rappresentanti delle amministrazioni portatrici di interessi tra loro connessi in relazione al medesimo “problema amministrativo”. La funzione del procedimento amministrativo Sezione II. Sommario: • L’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso • I rimedi contro il silenzio-inadempimento. L’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso La legge del 1990 ha sancito chiaramente l’obbligo di chiudere il procedimento con una decisione espressa, sia che si tratti di procedimenti ad istanza di parte, che d’ufficio (art. 2, co. 1). La legge affida in primo luogo alle amministrazioni il potere di fissare i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza, tenendo conto della sostenibilità di tali termini e della natura degli interessi pubblici tutelati. Nel caso in cui non si provveda alla fissazione dei termini da parte delle amministrazioni, la legge prevede un termine suppletivo, da ultimo individuato in trenta giorni (prima della l. 69 del 2009, invece, il termine di conclusione era fissato in novanta giorni: art. 2, co. 2, l. 241 e ss. mm.). I rimedi contro il silenzio-inadempimento La giurisprudenza anteriore alla l. 241 del 1990 è stata impegnata nella individuazione di una sanzione per il caso in cui l’amministrazione non si pronunciasse, visto il silenzio della legge sul punto. Applicando estensivamente l’art. 25 del t.u. degli impiegati civili dello Stato, il g.a. affermò che, a fronte del silenzio della p.a. una volta che fossero trascorsi 60 gg. dall’istanza, il privato poteva diffidare l’amministrazione affinché esprimesse una decisione; trascorsi inutilmente 30 gg. dalla diffida, il privato poteva impugnare il silenzio formatosi sull’istanza. La decisione del g.a., tuttavia, poteva sostanziarsi esclusivamente nella dichiarazione dell’obbligo di emanare il provvedimento, senza pronunciarsi sulla “fondatezza dell’istanza”. In altri casi, la legge prese ad equiparare il silenzio della p.a. al rilascio di un provvedimento favorevole all’istante. L’art. 21-bis della l. TAR (introdotto con la l. 205 del 2000) confluito oggi nell’art. 31 del Codice del processo amministrativo, disciplina il rito accelerato da azionare (senza obbligo della previa diffida) in caso di silenzio-inadempimento della p.a.: il contenuto della decisione consiste nell’ordine di provvedere nei successivi 30 gg.; in caso di persistente inerzia, il giudice può direttamente nominare un commissario ad acta che provveda in luogo dell’amministrazione inadempiente. La norma va coordinata con quella dell’art. 2, co. 8, della l. 241 (introdotto dalla l. 80 del 2005, di conversione del d.l. 35 dello stesso anno), che riconosce al g.a. il potere di pronunciarsi sulla fondatezza dell’istanza. La norma ha sollevato notevoli questioni interpretative, in parte ancora irrisolte. La giurisprudenza tuttavia è incline a ritenere che giudizio di spettanza possa riguardare solo i procedimenti vincolati, dove non residuano margini di apprezzamento discrezionale in capo alla p.a.. I rimedi contro il silenzio-inadempimento Tale orientamento sembra aver trovato conferma nel terzo comma dell’art. 31 del Codice del processo amministrativo, secondo cui “Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione”. Il legislatore ha di recente introdotto anche una misura di natura risarcitoria quale rimedio all’inadempimento da parte della p.a. dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso: si tratta dell’art. 2-bis della l. 241 del 1990, a tenore del quale, a fronte della “violazione colposa o dolosa dei termini di conclusione del procedimento”, la p.a. è tenuta a risarcire il danno ingiusto subito dal privato. Dalle prime applicazioni giurisprudenziali della norma emergono due diversi orientamenti. Secondo il primo, la risarcibilità del danno da ritardo riguarderebbe anche il ritardo “mero”, cioè anche quei casi in cui l’amministrazione non si sia pronunciata su di un’istanza infondata. In altre parole, la risarcibilità del danno da ritardo prescinderebbe da una valutazione di “spettanza” del provvedimento richiesto e non ottenuto. Secondo una diversa ricostruzione, la formulazione dell’art. 2-bis non sarebbe inequivocabile nel senso di determinare il superamento del consolidato orientamento pretorio per cui il danno da ritardo può essere risarcito solo a condizione che il provvedimento richiesto e non ottenuto spettasse effettivamente al privato (Cons. St., Ad. Pl., n. 7/2005). termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l’immigrazione (5). 5. Fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni normative, le autorità di garanzia e di vigilanza disciplinano, in conformità ai propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza (6). 6. I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte. 7. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14, comma 2. 8. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini per la conclusione del procedimento, il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, ai sensi dell’articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai commi 2 o 3 del presente articolo. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. Art. 2-bis Conseguenze per il ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento (1) Art. 2-bis. 1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. [2. Le controversie relative all'applicazione del presente articolo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni.] (2) (1) Articolo inserito dall'articolo 7, comma 1, lettera c), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (2) Comma abrogato dall'articolo 4, comma 1, punto 14), dell'Allegato 4 al D.Lgs.2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo amministrativo). L’art. 133 c.p.a. contiene l’indicazione di tutte le controversie devolute al g.a. come giudice esclusivo e riproduce al comma 1, lett. a), n. 1), il contenuto del previgente comma 2 dell’art. 2 l. 241. Art. 31 Codice del processo amministrativo Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità Art. 31 1. Decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, chi vi ha interesse puo' chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere. 2. L'azione può essere proposta fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. E' fatta salva la riproponibilita' dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. 3. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione. 4. La domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni. La nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal giudice. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle nullità di cui all'articolo 114, comma 4, lettera b), per le quali restano ferme le disposizioni del Titolo I del Libro IV. Ricorsi avverso il silenzio Art. 117 Codice processo amministrativo 1. Il ricorso avverso il silenzio è proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all'amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all'articolo 31, comma 2. 2. Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all'amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni. 3. Il giudice nomina, ove occorra, un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata. 4. Il giudice conosce di tutte le questioni relative all'esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario. 5. Se nel corso del giudizio sopravviene il provvedimento espresso, o un atto connesso con l'oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l'intero giudizio prosegue con tale rito. 6. Se l'azione di risarcimento del danno ai sensi dell'articolo 30, comma 4, e' proposta congiuntamente a quella di cui al presente articolo, il giudice può definire con il rito camerale l'azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria.
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