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Distinzione tra Imprenditore Agricolo e Imprenditore Commerciale, Dispense di Diritto Commerciale

Diritto dell'ImpreseDiritto Delle SocietàDiritto Tributario

Sulla distinzione legale tra imprenditore agricolo e imprenditore commerciale in base all'oggetto dell'attività economica. Esplora le differenze nella disciplina, la natura del soggetto titolare e i requisiti per acquisire la qualifica di imprenditore. Il documento inoltre introduce la figura dell'impresa sociale.

Cosa imparerai

  • Che cosa distingue un imprenditore agricolo da un imprenditore commerciale?
  • Quali sono le figure contemplate dal legislatore per l'impresa?
  • Quali sono le differenze nella disciplina per imprenditore agricolo e imprenditore commerciale?
  • Che cos'è un'impresa sociale?
  • Come si acquisisce la qualifica di imprenditore?

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 14/04/2019

NicolaT8
NicolaT8 🇮🇹

4

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Scarica Distinzione tra Imprenditore Agricolo e Imprenditore Commerciale e più Dispense in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! Riassunto Manuale di Diritto Commerciale Gian Franco Campobasso Settima edizione Esonero Parte prima Capitolo 1 L’imprenditore Il sistema legislativo e nozione generale di imprenditore: Requisiti giuridici per essere imprenditore, sanciti dall’articolo 2082 cod. civ; “E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” È questa nozione quella che traccia la linea di confine fra la figura dell’imprenditore e quella del semplice lavoratore autonomo. Il codice civile distingue infatti diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a 3 criteri: • L’oggetto dell’impresa : che determina la distinzione fra imprenditore agricolo e imprenditore commerciale • La dimensione dell’impresa : in base al quale viene individuato il piccolo imprenditore e l’imprenditore medio-grande • La natura del soggetto che esercita l’impresa : che fa una distinzione legislativa fra impresa individuale, impresa pubblica e impresa costituita in forma di società Tutti gli imprenditori (Agricoli, Commerciali, Piccoli o grandi, privati o pubblici) sono assoggettati ad una disciplina base comune. La nozione generale di imprenditore. Requisiti minimi necessari e sufficienti che devono ricorrere perché un dato soggetto sia esposto alla disciplina dell’imprenditore: L’imprenditore Art.2082 c.c.: è imprenditore colui che esercita: • Professionalmente: l’attività economica deve essere svolta in modo professionale, cioè in modo stabile, anche se non continuativo; esercizio sistematico di un’attività economica • un’attività: comportamento positivo diretto a creare nuova ricchezza e nuova utilità (scopo di lucro od obiettiva economicità) • economica: soggetto attivo dell’impresa e del sistema economico, concorre all’organizzazione della produzione e alla distribuzione di ricchezza • organizzata: l’attività economica deve essere conseguenza dell’organizzazione dei fattori produttivi; ( o Impresa senza organizzazione: artigiano come imprenditore o lavoratore autonomo come imprenditore o Organizzazione senza impresa: libero professionista - art. 2238.) • di beni o servizi. Sussistono altri requisiti non direttamente menzionati ma comunque di rilevante importanza: • al fine della produzione o dello scambio: a. Intermediaria tra offerta di capitale, domanda di lavoro e domanda di beni e servizi b. Dirigenziale in quanto rischia di non coprire il costo dei fattori produttivi impiegati e detiene il potere economico L’attività produttiva: L’impresa è attività finalizzata alla produzione e allo scambio di beni o servizi. In sostanza è l’attività produttiva di nuova ricchezza. Irrilevante è invece la natura dei beni o servizi prodotti o scambiati. Non è impresa l’attività di mero godimento; ad’esempio; il proprietario di immobili che ne gode i frutti concedendoli in locazione. Egli non è imprenditore perché non produce nuove utilità economiche, ma si limita a godere i frutti dei propri beni. È ormai opinione decisamente prevalente che la qualità di imprenditore deve essere riconosciuta anche quando l’attività produttiva svolta è illecita. Però chi svolge attività di impresa violando la legge non potrà avvalersi delle norme che tutelano l’imprenditore nei confronti dei terzi. Del resto non si è mai visto uno spacciatore o un contrabbandiere che si rivolge al tribunale per regolare i conti con un concorrente. L’organizzazione. Impresa e lavoro autonomo: Non è concepibile attività di impresa senza l’impiego coordinato di fattori produttivi, senza l’impiego cioè di capitale e lavoro proprio e/o altrui. L’imprenditore crea un complesso produttivo formatto da persone e da beni strumentali. Il legislatore qualifica l’impresa come attività organizzata, solo quando disciplina il lavoro e l’organizzazione del lavoro nell’impresa; quando definisce l’azienda come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa. È imprenditore anche chi opera senza utilizzare altrui prestazioni lavorative autonome e subordinate. Si pensi ad’esempio a una gioielleria gestita dal solo titolare o le lavanderie automatiche a gettoni. Quindi possiamo affermare che l’organizzazione imprenditoriale può essere anche organizzazione di soli capitali e del proprio lavoro intellettuale e/o manuale. È vero che non vi può essere impresa senza l’impiego di mezzi materiali ma questi possono anche essere mezzi finanziari propri o altrui come ad’esempio nelle attività di finanziamento o investimento. Economicità dell’attività e scopo di lucro : L’impresa è attività economica. Nell’art. 2082 l’economicità è un requisito in aggiunta allo scopo produttivo dell’attività. Il metodo economico: per aversi un impresa è essenziale che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico, ovvero la copertura dei costi con i ricavi garantendo cosi un autosufficienza economica. Altrimenti si ha consumo e non produzione di ricchezza. Non è perciò imprenditore chi produce beni o servizi che vengono erogati gratuitamente. Perché l’attività possa dirsi economica (che segue il metodo economico) non è essenziale che sia caratterizzata anche dall’intento dell’imprenditore di conseguire un guadagno o profitto personale, ovvero dallo scopo di lucro. L’impresa pubblica è tenuta a operare secondo criteri di economicità ma non è necessaria la realizzazione di un profitto. Le società cooperative invece sono caratterizzate dallo scopo mutualistico e non da scopo lucrativo. La differenza verrà approfondita in seguito. L’impresa sociale è un impresa che esercita un attività di interesse generale senza scopo di lucro. L’impresa pubblica, l’impresa cooperativa e l’impresa sociale dimostrano che requisito minimo essenziale dell’attività di impresa è l’economicità della gestione e non lo scopo di lucro. Seconda categoria di attività agricole. Significativo ampliamento: 1. dirette alla trasformazione o all’alienazione di prodotti agricoli che rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura 2. tutte le altre attività esercitate in connessione con la coltivazione del fondo, la sivicultura e l’allevamento del bestiame. 3. attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente da un’attività agricola essenziale 4. attività dirette alla fornitura di beni e servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata. L’imprenditore commerciale È imprenditore commerciale l’imprenditore che esercita una o più delle seguenti categorie di attività elencate nell’art. 2195 1° comma. • Attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi. È il vasto ed articolato settore delle imprese industriali (automobilistiche, tessili, edili, chimiche ecc ecc) • Attività intermediaria nella circolazione dei beni. Altrettanto vasto settore del commercio • Attività di trasporto. • Attività bancaria o assicurativa. L’impresa bancaria, in particolare ha per oggetto la raccolta del risparmio fra il pubblico e l’esercizio del credito. • Altre attività ausiliarie delle precedenti. (Agenzie, pubblicità ecc ecc) Ma come vanno qualificate le imprese che non sono ausiliare rispetto ad altre attività commerciali o che comunque non rientrano nell’elenco del art 2195? Dovrà essere considerata commerciale ogni impresa che non sia qualificabile come agricola. B)Piccolo imprenditore e Impresa familiare Il criterio dimensionale. La piccola impresa. La dimensione dell’impresa è il secondo criterio di differenziazione della disciplina degli imprenditori. Al riguardo il codice civile individua la figura del piccolo imprenditore, contrapponendola a quella dell’imprenditore medio-grande. Il piccolo imprenditore è sottoposto allo statuto generale dell’imprenditore ed’è invece esonerato, anche se esercita attività commerciale dalla tenuta delle scritture contabili, è altresì esonerato dal fallimento de dalle altre procedure concorsuali dell’imprenditore commerciale, potendo usufruire solo delle procedure concorsuali da sovraindebitamento. Il piccolo imprenditore nel codice civile Nozione di piccolo imprenditore secondo l’art. 2083 cod. Civ Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. L’articolo 2083 va letto come se dicesse: “la prevalenza del lavoro proprio e familiare costituisce il carattere distintivo di tutti i piccoli imprenditori.” Per avere una piccola impresa è perciò necessario che a. L’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa b. Il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che collaborano nell’impresa prevalgano sia rispetto al lavoro altrui sia rispetto al capitale proprio o altrui investito nell’impresa. (Non è perciò piccolo imprenditore chi investe ingenti capitali ( gioielliere ), anche se non si avvale di un collaboratore) È inoltre necessario che l’apporto personale dell’imprenditore e dei suoi familiari caratterizzino i beni o servizi prodotti. Esempio sarto su misura Il piccolo imprenditore nella legge fallimentare Oggi la disposizione fallimentare individua alcuni parametri dimensionali dell’impresa, al di sotto dei quali l’imprenditore commerciale non fallisce. Secondo l’attuale disciplina, dunque, non è soggetto a fallimento l’imprenditore commerciale che dimostri il possesso congiunto dei seguenti requisiti: • Aver avuto nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 300 000 Euro • Aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, ricavi lordi per un ammontare complessivo anno non superiore a 200 000 Euro • Avere un ammontare di debiti non scaduti non superiore a 500 000 Euro Basta aver superato anche solo uno degli indicati limiti dimensionali per essere esposto a fallimento. Anche le società commerciali possono essere esonerate dal fallimento, se rispettano i limiti dimensionali sopra indicati. L’impresa artigiana Fra i piccoli imprenditori rientra anche l’impresa artigiana. La legge 860 del 1956 la definiva con una serie di criteri al fine di individuare i destinatari di una disciplina di favore sotto il profilo creditizio, lavoristico e tributario. La c.d. legge quadro sull’artigianato (l. n. 443 del 1985) ha modificato la nozione di impresa artigiana ma, soprattutto, non è più dettata “ a tutti gli effetti di legge”. Perciò il riconoscimento della qualifica artigiana in base alla legge sull’artigianato non basta per escludere il fallimento: occorrerà valutare se sia rispettato il requisito della prevalenza dettato dall’art. 2083. L’impresa familiare E’ impresa familiare l’impresa in cui lavorano e collaborano il coniuge, i parenti entro il 3° grado e gli affini entro il 2° grado dell’imprenditore: FAMIGLIA NUCLEARE. Il legislatore riconosce e tutela determinati diritti patrimoniali e amministrativi: • mantenimento, • partecipazione agli utili, • prelazione sull’azienda. Sul piano gestorio poi è previsto che le decisioni in merito alla gestione straordinaria dell’impresa e talune altre decisioni di particolare rilievo “sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all’impresa stessa”. C. Impresa collettiva e impresa pubblica Il terzo criterio di differenziazione della disciplina delle imprese è rappresentato dalla NATURA GIURIDICA DEL SOGGETTO TITOLARE. Tre sono le figure contemplate dal legislatore: • impresa individuale • impresa societaria • impresa pubblica L’impresa societaria Le società diverse dalle società semplici si definiscono tradizionalmente società commerciali e possono essere imprenditori agricoli o imprenditori commerciali a seconda dell’attività esercitata. Statuto dell’impresa commerciale: L’imprenditore commerciale segue regole parzialmente diverse da quelle valide per l’imprenditore individuale. Tali regole possono essere cosi sintetizzate. a. Parte della disciplina propria dell’imprenditore commerciale si applica alle società commerciali qualunque sia l’attività svolta. b. Esonero dal fallimento e dalle altre procedure concorsuali per società commerciali che gestiscono un impresa agricola agricola. Dopo la riforma del 2006 anche le società commerciali che esercitano impresa commerciale sono esonerate dal fallimento se non superano le soglie dimensionali di fallibilità. c. Il fallimento della società comporta il fallimento dei singoli soci a responsabilità illimitata Le imprese pubbliche L’attività di impresa può essere anche svolta dallo Stato e dagli altri enti pubblici. Vi sono tre forme di intervento possibili per lo Stato: a. Innanzi tutto lo stato e gli altri enti pubblici possono svolgere attività di impresa servendosi di strutture di diritto privato, attraverso la costituzione o la partecipazione in società, generalmente per azioni. Una partecipazione che può essere totalitaria, di maggioranza o di minoranza. In tal caso l’impresa si presenta formalmente come un’impresa societaria. b. La pubblica amministrazione può dar vita ad enti di diritto pubblico il cui compito istituzionale esclusivo o principale è l’esercizio di attività di impresa. Sono i cosiddetti enti pubblici economici che, almeno fino al 1990 che costituivano il nucleo delle imprese pubbliche. Gli enti pubblici economici sono sottoposti allo statuto generale dell’imprenditore e invece se l’attività è commerciale allo statuto proprio dell’imprenditore commerciale viene fatta una sola eccezione: l’Esonero dal fallimento e dalle procedure concorsuali minori, sostituiti pero dalla liquidazione coatta amministrativa o da altre procedure previste in leggi speciali. c. Lo stato o altro ente pubblico territoriale possono infine svolgere direttamente attività di impresa avvalendosi di proprie strutture organizzative prive di distinta soggettività, ma dotate di una più o meno ampia autonomia decisionale e contabile. Si parla perciò di L’individuazione del soggetto cui è applicabile la disciplina dell’attività di impresa non solleva problemi quando gli atti sono compiuti direttamente dall’interessato o da un terzo che agisce come suo rappresentate e quindi in nome dello stesso. Il principio della spendita del nome: E’ principio generale del nostro ordinamento che gli effetti degli atti giuridici ricadono sul soggetto e solo sul soggetto il cui nome è stato validamente speso nel traffico giuridico. In altre parole; obbligato e responsabile è solo colui che ha agito in proprio nome. Il mandatario è un soggetto che agisce nell’interesse di altro soggetto e può porre in essere i relativi atti giuridici sia spendendo il proprio nome (mandato senza rappresentanza) oppure spendendo il nome del mandante se questo gli ha conferito il potere di rappresentanza ( mandato con rappresentanza. Per poter affermare che un dato soggetto è diventato imprenditore è necessario che l’esercizio dell’attività d’impresa sia a lui giuridicamente riferibile, ovvero sia a lui imputabile. Esercizio Indiretto dell’attività di impresa L’esercizio di attività di impresa può dar luogo ad un fenomeno particolare; può cioè dar luogo a dissociazione fra il soggetto cui è formalmente imputabile la qualità di imprenditore ed il reale interessato. Altro è il soggetto che compie in proprio nome i singoli atti di impresa: il cosiddetto Prestanome o Imprenditore Palese. Chi ha bisogno di un prestanome non vuole palesarsi di fronte a terzi è il cosiddetto Imprenditore indiretto o occulto. Dominus dell’impresa In tal fine si costituisce una società dotandola di un modesto capitale tutto in proprie mani. In tale situazione gli atti di impresa saranno formalmente decisi dagli amministratori della società e posti in essere in nome della società (imprenditore palese), ma è evidente che nella sostanza ogni decisione sarà adottata dal socio che ha la quasi totalità delle azioni (imprenditore occulto). Questo modo di operare non solleva particolari problemi fin quando gli affari prosperano e i creditori sono regolarmente pagati dal prestanome. Cominciano a crearsi problemi e anche gravi quando gli affari vanno male ed il prestanome è nulla tenente o nel caso di una società per azioni con capitale irrisorio (Società di comodo). I creditori potranno provocare il fallimento del prestanome in quanto ha agito in proprio nome ed ha perciò acquistato la qualità di imprenditore commerciale. Ma i creditori ricaveranno ben poco dal fallimento del prestanome. Quali rimedi? La Teoria dell’imprenditore occulto: Chi esercita il potere di direzione di un impresa se ne assume necessariamente anche il rischio e risponde delle relative obbligazioni con la conseguenza che, quando l’attività di impresa è esercitata tramite prestanome, responsabili verso i creditori sono sia il prestanome sia il reale dominus dell’impresa. La teoria dell’imprenditore occulto ha pero incontrato scarsi consensi. Infatti non sono non ha un fondamento normativo, ma è smentita proprio dai principi che regolano le società di capitali. L’impresa fiancheggiatrice È frequente che il socio di comando di una società di capitali non si limiti ad esercitare i poteri sociali riconosciutigli dalla legge, ma tratti la società come cosa propria e ne disponga a suo piacimento, con assoluto disprezzo delle regole societarie, attraverso una serie di comportamenti tipici: sistematico finanziamento della società con prestiti o con la concessione di garanzie a suo favore, direzione di fatto secondo un disegno unitario di una o più società paravento ecc ecc. La giurisprudenza ritiene che questi comportamenti possono dar vita ad’un autonoma attività di impresa. Pertanto il socio che ha abusato dello schermo societario risponderà come titolare di un’autonoma impresa commerciale individuale per le obbligazioni da lui contratte nello svolgimento dell’attività fiancheggiatrice della società di capitali ed in quanto tale potrà fallire sempre che si accerti l’insolvenza della sua impresa. B. Inizio e Fine Dell’Impresa L’inizio dell’impresa La qualità di imprenditore si acquista con l’effettivo inizio dell’esercizio dell’attività di impresa. Non è invece sufficiente l’intenzione di dare inizio all’attività di impresa, anche se manifestata con la richiesta delle eventuali autorizzazioni amministrative necessarie o con l’iscrizione in albi o registri. È da tenere presente poi che l’effettivo inizio dell’attività di impresa è spesso preceduto da una fase preliminare di organizzazione più o meno lunga e complessa (affitto di locali, acquisto macchinari ecce ecc). Si puo affermare che si diventa già imprenditori nella fase preliminare di organizzazione e prima del compimento del primo atto di gestione. Lo possiamo affermare in quanto l’attività di organizzazione è attività indirizzato ad un fine produttivo. Anche gli atti di organizzazione fanno perciò acquistare la qualità di imprenditore quando per il loro numero e/o per la loro significatività manifestano in modo non equivoco lo stabile orientamento dell’attività verso un determinato fine produttivo. Un singolo atto di organizzazione non sarà di regola sufficiente per una persona fisica diventi imprenditore. Ed anche più atti potrebbero non bastare se inespressivi (esempio affitto di un locale, acquisto automobile) o non coordinati funzionalmente. La valutazione puo essere diversa quando gli atti stessi vengono compiuti da una società. Anche solo un atto di organizzazione imprenditoriale, soprattutto se particolarmente qualificato, potrà essere sufficiente per affermare che l’attività di impresa è iniziata. La fine dell’impresa L’imprenditore individuale: la giurisprudenza afferma che la fine dell’impresa era dominata dal principio di effettività: la qualità di imprenditore si perdeva solo con l’effettiva cessazione dell’attività. L’imprenditore commerciale. Ciò in quanto l’art. 10 legge fall. prevede che lo stesso può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’attività. La fine dell’impresa è di regola preceduta da una fase di liquidazione. Perciò la qualità di imprenditore si perde solo con la chiusura della liquidazione. La fase liquidativi potrà ritenersi chiusa solo con la definitiva disgregazione del complesso aziendale. Non è necessario che siano stati riscossi tutti i crediti e siano stati pagati tutti i debiti relativi. Per le società l’anno per la dichiarazione di fallimento decorre dalla cancellazione dal registro delle imprese. C. Capacità e impresa Incapacità e incompatibilità La capacità dell’esercizio di attività di impresa si acquista con la piena capacità di agire e quindi al compimento del diciottesimo anno di età. Si perde in seguito ad interdizione o inabilitazione. Il minore o l’incapace che esercita attività di impresa non acquista la qualità di imprenditore. La violazione di tali dividenti non impedisce l’acquisto della qualità di imprenditore commerciale, ma espone solo a sanzioni amministrative e ad un aggravamento delle sanzioni penali per bancarotta in caso di fallimento. L’impresa commerciale degli incapaci E’ possibile l’esercizio di attività di impresa per conto e nell’interesse di un incapace (minore e interdetto) o da parte di soggetti limitatamente capaci di agire (inabilitato e minore emancipato) , con l’osservanza delle disposizioni al riguardo dettate. L’amministrazione del patrimonio degli incapaci è regolata in modo da garantirne la conservazione e l’integrità. Il rappresentante legale del minore o dell’interdetto è legittimato a compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre quelli di straordinaria amministrazione possono essere compiuti solo in caso di necessità o di utilità evidente. Principi identici reggono il compimento i atti giuridici da parte dell’inabilitato o del minore emancipato che agiscono personalmente , ma con ò l’assistenza di un curatore. Il legislatore pone un divieto assoluto di inizio di impresa commerciale per il minore , l0’’interdetto e l’inabilitato. Salvo che per il minore emancipato, al quale è consentita solo la continuazione dell’esercizio di una impresa commerciale preesistente, purché la continuazione sia autorizzata dal tribunale. Minore In nessun caso è consentito l’inizio di una nuova impresa commerciale in nome e nell’interesse del minore Quando questi acquista una preesistente azienda commerciale, può essere autorizzato dal tribunale a continuare l’esercizio dell’impresa, sia pure con procedure e cautele diverse a seconda che il minore sia sottoposto a potestà familiare o a tutela (art. 320, 5°comma, 371, 2°comma). Intervenuta l’autorizzazione definitiva, il genitore o il tutore è legittimato a compiere tutti gli atti che rientrano nell’esercizio dell’impresa, siano essi di ordinaria o di straordinaria amministrazione. Interdetto Valgono le stesse regole dettate per il minore sottoposto a tutela. L’autorizzazione ala continuazione può riguardare anche l’impresa iniziata dallo stesso interdetto prima dell’interdizione. Inabilitato E’ un soggetto la cui capacità di agire è limitata agli atti di ordinaria amministrazione. La sua posizione è tuttavia parificata a quella degli incapaci assoluti per quanto concerne l’esercizio di impresa commerciale: è possibile solo la continuazione di un’impresa preesistente, non l’ inizio ex novo. Intervenuta l’autorizzazione alla continuazione , l’inabilitato eserciterà personalmente l’impresa , sia pure con l’assistenza del curatore e con il consenso di questi per gli atti di impresa che eccedono l’ordinaria amministrazione.Il tribunale può tuttavia subordinare l’autorizzazione alla nomina di un direttore generale ;nomina che sarà fatta dallo stesso inabilitato col consenso del curatore. Minore emancipato Può essere autorizzato dal tribunale anche ad iniziare una nuova impresa commerciale. Con l’autorizzazione il minore emancipato acquista la piena capacità di agire, senza l’assistenza di un curatore. L’esercizio autorizzato dell’impresa determina l’acquisto della qualità di imprenditore commerciale da parte dell’incapace. Acquistando tale qualità all’incapace ricadranno gli effetti patrimoniali del fallimento; al minore imprenditore non possono invece essere reputati reati commessi da altri e che egli non poteva impedire. D’altro canto, nei confronti del genitore o del tutore è (probabilmente) applicabile l’art. 277 legge fallimentare che punisce i reati fallimentari dell’institore in qualità di legale rappresentante. In alcune ipotesi l’iscrizione produce effetti ulteriori e più rilevanti. E’ anche presupposto perché l’atto sia produttivo di effetti, sia fra le parti che per i terzi (efficacia costitutiva totale), o solo nei confronti dei terzi (efficacia costitutiva parziale). In altri casi, l’iscrizione nella sezione ordinaria è presupposto per la piena applicazione di un determinato regime giuridico. E’ questo il caso della società in nome collettivo e della società in accomandita semplice. L’iscrizione nelle sezioni speciali del registro ha solo funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia. Eccezione:con il d.lgs 228/2001 per l’imprenditore agricolo l’iscrizione nella sezione speciale ha oltre che efficacia di pubblicità notizia, anche di pubblicità legale. B. Le scritture contabili L’obbligo di tenuta delle scritture contabili Le scritture contabili sono documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e/o monetari, dei singoli atti di impresa della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta. Le scritture contabili contribuiscono a rendere razionale ed efficiente l’organizzazione e la gestione dell’impresa è perciò sono di regola spontaneamente tenute da qualsiasi imprenditore. Le scritture contabili obbligatorie Art. 2214 L’imprenditore deve tenere tutte le scritture contabili “che siano richieste dalla natura e dalle dimensione dell’impresa”. Stabilisce che in ogni caso devono essere tenuti determinati libri contabili: il libro giornale e il libro degli inventari. Infine devono essere ordinamento conservati, per ciascun affare, gli originali della corrispondenza commerciale ricevuta e le copie di quella spedita. Il libro giornale è un registro cronologico-analitico. In esso devono essere indicate giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio dell’impresa. Il libro degli inventari à un registro periodico-sistematico. Deve essere redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno. L’inventario ha la funzione di fornire un quadro della situazione patrimoniale dell’imprenditore. Deve perciò contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività1\1\12 dell’imprenditore, anche estranee all’impresa. L’inventario si chiude “con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite” Il bilancio è un prospetto contabile riassuntivo dal quale devono risultare “con evidenza e verità” la situazione complessiva del patrimonio alla fine di ciascun anno( Stato Patrimoniale), nonché gli utili conseguiti o le perdite sofferte nel medesimo arco di tempo ( Conto Economico). Nel rispetto del principio dell’art 2214, la tenuta di altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. Esempio libro mastro, nel quale le singole operazioni sono registrare non cronologicamente ma sistematicamente. Libro cassa che contiene le entrare e le uscire di denaro. Libro magazzino che registra le entrate e le uscite di merci. Regolarità delle scritture contabili. Efficacia probatoria. Per garantire la veridicità delle scritture contabili ed in particolare per impedire che le stesse siano successivamente alterare, è importa l’osservanza di determinate regole formali e sostanziali nella loro tenuta. Le regole formali sono state tuttavia progressivamente ridotte. Il libro giornale e il libro degli inventari devono essere solo numerati progressivamente pagina per pagina prima di essere messi in uso. Tutte le scritture contabili devono essere poi tenute “secondo le norme di un ordinata contabilità”; senza spazi in bianco, senza interlinee, senza abrasioni e in modo che le parole cancellate restino leggibili. L’inosservanza di tali regole rende le scritture irregolari e quindi giuridicamente irrilevanti. Le scritture contabili e la corrispondenza commerciale devono essere conservati per 10 anni. La conservazione può avvenire anche su supporti informatici. Sanzioni: l’imprenditore che non tiene regolarmente le scritture contabili non può utilizzare come mezzo di prova a suo favore. È inoltre assoggettato alle sanzioni di bancarotta semplice o bancarotta fraudolente in caso di fallimento. Le informazioni sulla vita dell’impresa non sono accessibili ai terzi. Le eccezioni sussistono per il bilancio delle società di capitali e delle società cooperative (ma non quelle degli imprenditori individuali e delle società di persone) deve essere reso pubblico mediante deposito presso l’ufficio del registro delle imprese. L’ipotesi più significativa di rilevanza esterna delle scritture contabili si ha tuttavia sul piano processuale. Potendo le stesse essere utilizzate come mezzo di prova sia a favore, sia contro l’imprenditore. C. La rappresentanza Commerciale Nello svolgimento della propria attività l’imprenditore può avvalersi e di regola si avvale di collaborazione di altri soggetti. Di soggetti stabilmente inseriti nella propria organizzazione aziendale per effetto di un rapporto di lavoro subordinato che li lega all’imprenditore (ausiliari interni, ausiliari subordinati). In entrambe i casi la collaborazione può riguardare anche la conclusione di affari con terzi e per conto dell’imprenditore: l’agire in rappresentanza dell’imprenditore. Nella rappresentanza commerciale institori, procuratori, e commessi sono automaticamente investiti del potere di rappresentanza dell’imprenditore e di un potere di rappresentanza ex legge per la posizione rivestita nell’organizzazione e dal tipo di mansione che la qualifica comporta. Infatti, chi conclude affari con uno di tali ausiliari dell’imprenditore commerciale, dovrà solo verificare se l’imprenditore ha modificato – con atto espresso e reso pubblico – i loro poteri rappresentativi. Non dovrà invece verificare se la rappresentanza è stata loro conferita. L’Institore E’ institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio dell’impresa o di una sede secondaria o di un ramo particolare della stessa. E’ nel linguaggio comune, il direttore generale dell’impresa o di una filiale o di un settore produttivo. L’institore è al vertice della gerarchia del personale , in virtù di un atto di preposizione dell’imprenditore. Vertice assoluto se l’institore è preposto all’intera impresa ed in tal caso dipenderà solo dall’imprenditore ; solo da lui riceverà direttive .Vertice relativo se è preposto ad una filiale o a un ramo dell’impresa;ed in tal caso potrà eventualmente trovarsi in posizione subordinata anche rispetto ad un altro institore (ad esempio, il direttore generale dell’intera impresa). La delineata posizione comporta innanzitutto che l’institore è tenuto ,congiuntamente con l’imprenditore, all’adempimento degli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili dell’impresa o della sede cui è preposto. Ed in caso di fallimento dell’imprenditore troveranno applicazione nei confronti dell’institore le sanzioni penali a carico del fallito; fermo restando che solo l’imprenditore potrà essere dichiarato fallito e solo l’imprenditore sarà esposto agli effetti personali e patrimoniali del fallimento. Anche in mancanza di espressa procura, l’institore può compiere in nome dell’imprenditore tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (rappresentanza sostanziale). E’ comunque certo che l’institore non è legittimato a compiere atti che esorbitano dall’esercizio (gestione) dell’impresa quali, la vendita o l’affitto dell’azienda, il cambiamento dell’oggetto dell’attività. Inoltre gli è vietato alienare o ipotecare i beni immobili del proponente, se non è stato a ciò espressamente autorizzato. Caratterizza l’institore anche una eventuale rappresentanza processuale, in quanto l’institore può stare in giudizio, sia come attore (rappresentanza processuale attiva), sia come convenuto (rappresentanza processuale passiva) per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui è preposto. I poteri rappresentativi dell’institore possono essere ampliati o limitati dall’imprenditore. Le limitazioni saranno però opponibili ai terzi solo se la procura originaria o il successivo atto di limitazione siano stati pubblicati nel registro delle imprese. Mancando tale pubblicità legale, la rappresentanza si reputa generale. Infine dobbiamo ricordare che l’institore deve rendere palese al terzo con cui contratta tale veste, affinché l’atto compiuto e i relativi effetti ricadano direttamente sul rappresentato; e deve renderla palese spendendo il nome del rappresentato. Il rappresentante che non osservi tale regola obbliga solo se stesso ed il terzo non si può rivolgere al rappresentato. I Procuratori Art. 2209 I Procuratori sono coloro che in base ad un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad esso. I procuratori non sono posti a capo dell’impresa o di un ramo o di una sede secondaria; il loro potere decisionale è circoscritto ad un determinato settore operativo (ad esempio il direttore del settore acquisti, il dirigente del personale, il direttore nel settore pubblicità). I procuratori sono investi di un potere di rappresentanza generale dell’imprenditore; generale, però, rispetto alla specie di operazioni per le quali essi sono stati investiti di autonomo potere decisionale(ad esempio il dirigente del settore acquisti potrà compiere in nome dell’imprenditore tutti gli atti tipicamente rientrano in tale funzione, ma non ha né potere decisionale né potere di rappresentanza. Per quanto riguarda il settore pubblicità o il settore del personale. Il procuratore non ha la rappresentanza processuale; non è soggetto agli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e l’imprenditore non risponde per gli atti, pur pertinenti all’impresa, compiuti da un procuratore senza spendita del nome dell’imprenditore stesso. I Commessi Ai commessi sono affidate mansioni esecutive e materiali; a loro è riconosciuto potere di rappresentanza dell’imprenditore anche in mancanza di specifico atto di conferimento; potere però più limitato rispetto a quello degli institori e dei procuratori. (Esempio commesso di negozio, cameriere, impiegato di banca ecc ecc) Il legislatore muove dalla premessa che l’acquirente dell’azienda ha interesse a subentrare in contratti relativi all’azienda e tale interesse il legislatore lo tutela introducendo significative deroghe alla disciplina generale della cessione dei contratti. Infatti secondo l’art. 2558, se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale. Al terzo contraente è riconosciuto il diritto di recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa ,salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante;il recesso determina i non l ritorno del contratto in testa all’alienante bensì la definitiva estinzione dello stesso. Il sub-ingresso dell’acquirente nei contratti in corso di esecuzione prescinde da un’esplicita manifestazione di volontà nell’atto di alienazione dell’azienda. Per diritto comune la cessione del contratto non può avvenire senza il consenso del contraente ceduto e un’espressa pattuizione fra alienante ed acquirente (art. 1406) se si tratta di prestazioni di carattere personale; se invece l’oggetto delle prestazioni non è personale, il consenso del terzo contraente non è più necessario e l’effetto successorio si produce dal momento stesso in cui diventa efficace il trasferimento dell’azienda. I crediti e i debiti aziendali La disciplina esposta nel paragrafo precedente (la successione nei contratti aziendali) si applica ai contratti non integralmente eseguiti da entrambe le parti (imprenditore alienante e terzo contraente) al momento del trasferimento dell’azienda Se invece l’imprenditore ha già adempiuto le obbligazioni a suo carico residuerò un credito a suo favore nei confronti del terzo. Viceversa residuerà un debito qualora il il terzo contraente abbia integralmente eseguito le proprie prestazioni. In tali casi in sede di vendita dell’azienda troverà applicazione la disciplina dettata dagli art 2559 e 2560 per i crediti e i debiti aziendali. Crediti: La notifica al debitore ceduto o l’accettazione da parte di questi, è sostituita da una sorta di notifica collettiva: l’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel registro delle imprese. Da tale momento la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta ha effetto nei confronti dei terzi anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione. Questa disciplina è circoscritta alle imprese soggette a registrazione con effetti di pubblicità legale. Debiti: Per quanto riguarda i debiti inerenti all’azienda ceduta sorti prima del trasferimento; Al fine di evitare che la modificazione, quanto meno qualitativa del patrimonio dell’alienante pregiudichi le aspettative di soddisfacimento aziendale; è mantenuto fermo il principio generale per cui non è ammesso il mutamento del debitore senza il consenso del creditore, ed infatti l’alienante non è liberato da tali debiti se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Per le sole aziende commerciali, “nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”. Perciò anche se manca un patto di accollo, l’acquirente di un azienda commerciale risponde in solido con l’alienante nei confronti dei creditori che non abbiano consentito alla liberazione di quest’ultimo. Debiti di lavoro: Di questi l’acquirente dell’azienda risponde, in solido con l’alienante, anche se non risultano dalle scritture contabili e anche se l’acquirente non ne ha avuto conoscenza all’atto del trasferimento. Usufrutto e affitto dell’azienda L’azienda può formare oggetto di un diritto reale o personale di godimento. Usufrutto:La costituzione in usufrutto di un complesso di beni destinati allo svolgimento di attività di impresa comporta il riconoscimento in testa all’usufruttuario di particolari poteri-doveri. È ciò sia per consentire all’usufruttuario la libertà operativa necessaria per gestire proficuamente l’impresa, sia per tutelare l’interesse del concedente a che non sia meno anta l’efficienza del complesso aziendale, che dovrà a lui tornare alla fine del rapporto. L’usufruttuario deve condurre l’azienda senza modificarne la destinazione ed in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte. La violazione di tali obblighi o la cessazione arbitraria della gestione dell’azienda determinano la cessazione dell’usufrutto per abuso del usufruttuario. L’usufruttuario ha il potere di disporre dei beni aziendali nei limiti segnati dalle esigenze della gestione. L’usufruttuario potrà acquistare ed immettere nell’azienda nuovi beni, beni che diventano di proprietà del nudo proprietario. Al termine dell’usufrutto l’azienda risulterà composta in tutto o in parte da beni diversi da quelli originari. È pertanto previsto che venga redatto un inventario all’inizio ed alla fine dell’usufrutto e che la differenza fra le due consistenze venga regolata in denaro. Affitto: L’affitto di azienda è contratto nel quale l’oggetto è un complesso di beni organizzati, eventualmente comprensivo dell’immobile. Per quanto riguarda usufrutto ed affitto di azienda si applicano ad entrambi il divieto di concorrenza previsto dall’art.2557 e la disciplina della successione nei contratti aziendali art.2558. Dei debiti aziendali anteriori alla costituzione dell’usufrutto o dell’affitto risponderanno esclusivamente il nudo proprietario o il locatore, salvo che per i debiti di lavoro espressamente accollati anche al titolare del diritto di godimento Capitolo sesto I Segni Distintivi Il sistema dei segni distintivi Ciascun imprenditore utilizza di regola uno o più segni distintivi che consento di individuarlo sul mercato e distinguerlo dagli altri imprenditori concorrenti. La Ditta: Contraddistingue le persone dell’imprenditore nell’esercizio dell’attività di impresa. L’Insegna: Individua i locali in cui l’attività di impresa è esercitata. Il Marchio: Individua e distingue i beni o servizi prodotti. Crescente rilievo va acquistando, il nome a dominio che individua un sito internet usato nell’attività economica. Pur avendo un proprio specifico ruolo, ditta, insegna e marchio assolvono una funzione comune nell’economia di mercato: favoriscono la formazione ed il mantenimento della clientela in quanto consentono al pubblico ed in particolare ai consumatori di distinguere fra i vari operatori economici e di operare scelte consapevoli. A.LA DITTA Formazione e contenuto del diritto sulla ditta. La ditta è il nome commerciale dell’imprenditore; lo individua come soggetto di diritto nell’esercizio dell’attività di impresa. Ed’è segno distintivo necessario, nel senso che in mancanza di diversa scelta essa coincide col nome civile dell’imprenditore. Nella scelta della propria ditta l’imprenditore incontra pero due limiti rappresentati dal rispetto dei principi della verità e della novità. Viene conferito all’imprenditore il potere di impedire a altri di utilizzare quel segno distintivo ma anche il diritto di pretendere che qualcuno possa utilizzare legittimamente un segno distintivo che possa creare confusione è obbligato a cambiarlo. Se ad’esempio ci sono due ditte “Mario rossi” e una opera nel campo della ristorazione e l’altra nel campo immobiliare non ci sono problemi in quanto non crea confusione. Ma nel caso in cui tutti e due operano nel campo della ristorazione chi ha registrato prima il nome della ditta può chiedere al secondo Mario rossi di cambiare il nome della ditta in quanto crea confusione o per lo meno aggiungere un tratto distintivo esempio “Spaghetteria Mario Rossi”. Questo viene fatto in modo tale che non si crea un danno alla propria azienda. Principio della verità della ditta Art. 2563: ha un contenuto differente a seconda che si tratti di una ditta originaria o di ditta derivativa Ditta originaria: è quella formata dall’imprenditore che la utilizza. Deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore. Esempio: “salumeria G.E” oppure “salumeria Giovanna Esposito” Non è imposta la sua corrispondenza all’attuale nome civile dell’imprenditore, che può aver subito con il tempo mutamenti. Ditta Derivata: La ditta derivata è quella formata da un dato imprenditore e successivamente trasferita a d’altro imprenditore insieme all’azienda. E nessuna disposizione impone a chi utilizza una ditta derivata di integrarla col proprio cognome o con la propria sigla. Il nome usato per la formazione della ditta non è quella del proprietario effettivo. Vendita ristorante Principio della novità Art. 2564: La ditta non deve essere uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e tale creare confusione per l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui questa è esercitata. Chi ha adottato per prima una data ditta ha perciò diritto all’uso esclusivo della stessa. Chi successivamente adotti ditta uguale o simile può essere perciò costretto ad integrarla o modificarla con indicazioni idonee a differenziarla. Per le imprese commerciali trova tuttavia applicazione il criterio della priorità dell’iscrizione nel registro delle imprese. L’obbligo di integrare o modificare la ditta spetta infatti a chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle imprese in epoca posteriore. L’obbligo di differenziazione sussiste pero solo se i due imprenditori sono in rapporto concorrenziale fra loro e quindi possa determinarsi confusione per l’oggetto dell’impresa e/o per il luogo in cui questa è esercitata. Perciò è possibile l’omonimia fra ditte che non creano confusione sul mercato il diritto all’uso esclusivo è quindi diritto relativo. Il diritto della novità opera anche nei rapporti con altri segni distintivi come adottare il marchio altrui come propria ditta sussiste pericolo di confusione fra i segni. B.Il marchio Nozione e funzione del marchio La stessa azienda può essere titolare di più marchi, ad’esempio per ogni classe di prodotti. Il marchio è il segno distintivo dei prodotti o dei servizi dell’impresa. Esistono tre tipi di marchio: marchio nazionale, marchio comunitario e marchio internazionale, disciplinati da diverse normative imperniate sull’istituto della registrazione che riconoscono al titolare del marchio il diritto all’uso esclusivo dello stesso. Il marchio ha la funzione di differenziare i prodotti di un certo imprenditore da quelli della concorrenza, è indicatore della provenienza del prodotto da una fonte unitaria di produzione, tuttavia non garantisce la qualità dei prodotti. Il marchio nazionale è regolato dagli art. 2569 a 2574 e dal codice della proprietà industriale che ha sostituito la vecchia disciplina. La disciplina dei marchi è stata piu volte modificata in attuazione di direttive comunitarie di armonizzazione e di accordi internazionali in materia piu volte modificata in attuazione di direttive comunitarie di armonizzazione e di accordi internazionali in materia. trasferimento dell’azienda. È possibile la contitolarità del marchio. Lo stesso marchio può essere utilizzato contemporaneamente dal titolare originario e da uno o più concessionari (licenza di marchio non esclusiva); da questa però non deve derivare inganno nei caratteri dei prodotti o servizi essenziali nell’apprezzamento del pubblico. C. L’Insegna Nozione e disciplina Chi adotta per secondo l’insegna ha l’obbligo di differenziarla L’insegna contraddistingue i locali dell’impresa o l’intero complesso aziendale. Essa non potrà essere uguale o simile a quella già utilizzata da altro imprenditore concorrente, con conseguente obbligo di differenziazione. L’insegna dovrà essere lecita, veritiera e originale. Nulla è disposto per il trasferimento dell’insegna, ma è pacifico che il diritto può essere trasferito. Capitolo Ottavo La disciplina della concorrenza Concorrenza Perfetta e monopolio In un regime di concorrenza gli imprenditori sono in conflitto tra di loro per aggiudicarsi la clientela. La concorrenza obbliga l’imprenditore a lottare per sopravvivere, quindi essere sempre all’avanguardia. Molte volte gli imprenditori anziché mettersi in concorrenza si spartiscono il mercato secondo determinate specifiche. Creando tra dei loro dei cartelli. Esempio negli anni 50-60 le compagnie aeree si erano messe d’accordo di mettere tutti prezzi alti, con una determinata soglia minima. Da li nasce l’espressione jet set perché era molto caro partire. Il modello ideale di mercato, detta concorrenza perfetta: • Contemporanea presenza sul mercato di numerose imprese in competizione fra loro, nessuna delle quali sia singolarmente in grado di condizionare il prezzo delle merci vendute. • Piena mobilità dei fattori produttivi e corrispondente piena mobilità della domanda da parte dei consumatori, liberi di orientare le proprie scelte verso i prodotti più convenienti per qualità e prezzo. • Assenza di ostacoli all’ingresso di nuovi operatori in ogni settore della produzione e della distribuzione, nonché di accordi fra le imprese che falsino la libertà di competizione economica. Modello ideale e perfetto in quanto la concorrenza spinge verso una generale riduzione sia dei costi di produzione sia dei prezzi di vendita. Le sole armi di cui le singole imprese dispongono per conquistare la clientela e sopravvivere in una situazione in cui l’offerta globale e i prezzi non sono da loro ne condizionabili ne condizionati. Modello che assicura la naturale eliminazione del mercato delle imprese meno competitive, stimola il progresso tecnologico e l’accrescimento dell’efficienza produttiva delle imprese. La realtà è diversa e spesso radicalmente diversa. Nei settori strategici della produzione la tendenza è verso un regime di mercato sempre più lontano dalla concorrenza perfetta. La non omogenea distribuzione territoriale delle risorse naturali, l’impossibilità in certi settori di produrre a costi competitivi se non raggiungono dimensioni imprenditoriali cospicue, sono tutti fattori che, per un verso, limitano vistosamente la libertà di accesso al mercato di nuovi operatori e spingono le imprese già operanti ad accrescere le proprie dimensioni e concentrarsi ed a collegarsi. Le imprese dedite alla produzione industriale di massa diventano perciò sempre meno numerose e sempre più grandi dando cosi vita in taluni settori a situazioni di oligopolio, un mercato cioè caratterizzato dal controllo dell’offerta da parte di poche grandi imprese. Il sistema italiano: Il principio guida della libertà di concorrenza, art 41 costituzione, il legislatore italiano: a. Consente limitazioni legali della stessa per fini di utilità sociale ed anche la creazione di monopoli legali in specifici settori di interesse generale. b. Consente limitazioni negoziali della concorrenza c. Assicura l’ordinato e corretto svolgimento della concorrenza attraverso la repressione degli atti di concorrenza sleale ( art. 2598-2601 ) Il sistema italiano della concorrenza si era contraddistinto per una vistosa lacuna: la mancanza di una normativa antimonopolistica. Esigenza colmata in pressoché tutti i paesi ad economia industriale avanzata. Negli Stati Uniti d’America dispongono da oltre un secolo di una legge federale contro i monopoli, Sherman Act del 1890. A.La legislazione antimonopolistica La libertà di iniziativa economica e la competizione fra imprese non possono tradursi in atti e comportamenti che pregiudicano in modo rilevante e durevole la struttura concorrenziale del mercato. Disciplina Comunitaria È questo il principio cardine della legislazione antimonopolistica dell’unione europea introdotta dal art 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’unione europea. Disciplina Italiana È questo il principio cardine oggi recepito anche dalla legislazione antimonopolistica italiana generale. La legge 10-10-1990 è volta a preservare il regime concorrenziale del mercato nazionale e a reprimere i comportamenti anti concorrenziali. Vengono istituite cosi varie autorità amministrative indipendenti come AGCM, Banca d’Italia, Ivass (assicurazioni) con lo scopo di vigilare sul rispetto della normativa antimonopolistica. Le singole fattispecie Tre sono i fenomeni rilevanti per la disciplina antimonopolistica nazionale e comunitaria 1. Le intese restrittive della concorrenza 2. L’abuso della posizione dominante 3. Le concentrazioni 1. Le Intese (o cartelli): Sono comportamenti concordati fra imprese, anche attraverso organismi comunitari (associazioni, consorzi…) volti a limitare la libertà di azione sul mercato. Esempio accordi con cui si fissano prezzi uniformi o si contingenta la produzione. Non tutte le intese concorrenziali sono pero vietate. Vietate sono solo le intese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenziale. Sono lecite le intese minori, quelle intese cioè che per la struttura del mercato interessato, le caratteristiche delle imprese operanti e gli effetti sull’andamento dell’offerta non incidono in modo rilevante sull’assetto concorrenziale del mercato. Le autorità possono concedere esenzioni temporanee se si tratta di intese che migliorano le condizioni di offerta e producono un sostanziale beneficio per i consumatori. Le intese vietate sono nulle a ogni effetto. Chiunque può agire in giudizio per farne accertare la nullità. Qualsiasi danneggiato dal l’attuazione di un intesa vietata può agire per il risarcimento davanti alla magistratura ordinaria. La violazione del diritto antimonopolistico si ritiene definitivamente accertata quando il provvedimento dell’autorità garante che la constata diventa incontestabile. Ciascuna parte può chiedere al giudice di ordinare alla controparte o ad un terzo l’esibizione delle prove rilevanti di cui dispone. Il diritto al risarcimento si prescrive in 5 anni dal momento della cessazione del comportamento illecito, ma al termine inizia a decorrere solo dopo che il danneggiato sia venuto a conoscenza del fatto lesivo e dell’identità dell’autore della violazione. 2. Abuso della posizione dominante Il secondo fenomeno preso in considerazione dall’ordinamento nazionale e comunitario è l’abuso di posizione dominante da parte di una o più imprese. (Art. 3 legge 287 del 1990 e 102 TFUE) Eccezione fatta per il settore dei mezzi di comunicazione di massa, vietato non è il fatto in se dell’acquisizione di una posizione dominante sul mercato (nazionale o comunitario), o in una parte rilevante dello stesso; con posizione dominante si intende che un impresa sia in grado di esercitare un influenza preponderante sul mercato e di agire senza dover tener conto delle reazioni dei concorrenti. Vietato è solo lo sfruttamento abusivo di tale posizione con comportamenti capaci di pregiudicare la concorrenza effettiva. Ad un’impresa in posizione dominante è vietato di : C.La concorrenza sleale La libertà di concorrenza e disciplina della concorrenza sleale Nel caso della concorrenza sleale, si è colpevoli fino a prova contraria. Quindi è l’imputato che deve dimostrare di essere in una buona fede. E’ interesse generale che la competizione fra imprenditori si svolga in modo corretto e leale, quindi la necessità di distinguere comportamenti leciti e leali da comportamenti sleali e vietati. In generale, nello svolgimento della competizione fra imprenditori concorrenti è vietato servirsi di mezzi e tecniche non conformi ai principi della correttezza professionale. I fatti, gli atti e i comportamenti che violano tale regola sono atti di concorrenza sleale. Tali atti sono repressi e sanzionati anche se compiuti senza dolo o colpa e anche se non hanno ancora arrecato un danno ai concorrenti. Basta il cosiddetto danno potenziale. La disciplina della concorrenza sleale è una disciplina speciale rispetto a quella dell’illecito civile. I consumatori sono i soggetti che non devono essere tratti in inganno e perciò devono essere tutelati. Tuttavia, questi sono tutelati in maniera mediata e riflessa perché i soggetti legittimati a reagire contro atti di concorrenza sleale sono SOLO gli imprenditori concorrenti e le loro associazioni di categoria. Ambito di applicazione della disciplina della concorrenza sleale La disciplina della concorrenza sleale regola i rapporti di coesistenza sul mercato fra imprenditori concorrenti. Per la sua applicazione, sono necessari due presupposti: 1. la qualità di imprenditore sia del soggetto che pone in essere l’atto di concorrenza vietato, dia del soggetto che ne subisce le conseguenze. Il soggetto passivo dell’atto di concorrenza sleale può essere esclusivamente un imprenditore. 2. L’esistenza di un rapporto di concorrenza economica fra i medesimi. I soggetti attivo e passivo devono offrire nello stesso ambito di mercato beni o servizi destinati a soddisfare lo stesso bisogno dei consumatori o bisogni similari o complementari. Denigrazione e appropriazione di pregi altrui Comune a entrambe le figure è la finalità di falsare gli elementi di valutazione del pubblico. Gli atti di denigrazione , consistono nel diffondere notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei e determinare il discredito. Con la denigrazione di tende a mettere in cattiva luce i concorrenti danneggiando la loro reputazione commerciale (esempio pubblicità iperbolica). Con la vanteria si tende invece ad incrementare artificiosamente il proprio prestigio attribuendo ai propri prodotti o alla propria attività pregi e qualità che in realtà appartengono a uno o più concorrenti. La pubblicità ingannevole e comparativa Punti salienti della disciplina legislativa in tema di pubblicità ingannevole: la pubblicità deve essere palese, veritiera, corretta, nonché chiaramente riconoscibile come tale. È ingannevole qualsiasi pubblicità che in qualunque modo indice in errore o può indurre in errore le persone alle quali è rivolta e possa pregiudicare il loro comportamento economico o ledere un concorrente. Ogni interessato può chiedere che siano inibiti gli atti di pubblicità ingannevole o di pubblicità comparativa ritenuta illecita e che ne siano eliminati gli effetti. Gli altri atti di concorrenza sleale È atto di concorrenza sleale ogni atto idoneo a creare confusione con i prodotti o con l’attività di un concorrente (art. 2598) Tra gli altri atti di concorrenza sleale rientrano: • Pubblicità iperbolica: Ogni pubblicità che si estende ad accreditare l’idea che il proprio prodotto sia il solo a possedere specifiche qualità o determinati pregi, che invece vengono implicitamente negati ai prodotti dei concorrenti. Esempio il caffè decaffeinato X è l’unico che non fa male al cuore) • Pubblicità comparativa: non sempre costituisce atto di concorrenza sleale. Ogni pubblicità che identifichi in modo esplicito o implicito un concorrente, ovvero beni o servizi offerti da un concorrente. La comparazione è lecita quando è fondata su dati veri ed oggettivamente verificabili. • Pubblicità menzognera: falsa attribuzione ai propri prodotti di qualità o pregi non appartenenti ad alcun concorrente. Illecita è anche la pubblicità menzognera non specificamente lesiva di un determinato concorrente. • Concorrenza parassitaria: sistematica imitazione delle altrui iniziative imprenditoriali. • Boicottaggio economico: rifiuto ingiustificato di un’impresa in posizione dominante di fornire i propri prodotti a determinati rivenditori, in modo da escluderli dal mercato. • Dumping: è la vendita sottocosto finalizzata alla eliminazione dei concorrenti • Storno di dipendenti: la sottrazione ad un concorrente di dipendenti o collaboratori autonomi qualificati attuata con mezzi scorretti. • Violazione di segreti aziendali: rivelazione a terzi delle informazioni aziendali segrete. Le sanzioni La repressione degli atti di concorrenza si fonda su due tipi di sanzioni: 1. l’inibitoria: diretta ad ottenere una sentenza che accerti l’illecito concorrenziale, ne inibisca la continuazione per il futuro e disponga a carico della controparte provvedimenti reintegrativi necessari per far cessare gli effetti della concorrenza sleale. 2. Risarcimento dei danni: il concorrente leso potrà anche chiedere il risarcimento dei danni. La colpa del danneggiante si presume una volta accertato l’atto di concorrenza sleale. Ci può essere la pubblicazione della sentenza in uno o più giornali a spese del soccombente. L’azione per la repressione della concorrenza sleale può essere promossa dall’imprenditore o dagli imprenditori lesi. I singoli consumatori o le associazioni che li rappresentano NON sono legittimari a promuovere la repressione della concorrenza sleale. Parte Quinta Le procedure Concorsuali Capitolo quarantaquattresimo La crisi dell’impresa commerciale Crisi dell’impresa e procedure concorsuali Si ricorda che: Decreto legge: è uno strumento utilizzato dal governo in caso di emergenza. Il decreto legge entro 60 giorni deve essere convertito in legge. Legge delega: Il governo chiede al parlamento a legificare in un determinato settore. Il parlamento autorizza il governo a operare secondo alcune regole. Dopo di che il governo emette i decreti delega, che sono gli atti con i quali il governo opera. Nel 1942 il legislatore , rispettando la nostra tradizione storica, ritenne operare una distinzione nelle crisi di impresa. Nel 1942 nacque la legge fallimentare I principi cardine della legge del 1942 sono: Se un azienda fallisce l’imprenditore è considerato responsabile. La legge fallimentare regola questo aspetto. Se è iniziata una procedura di fallimento verso un imputato e c’è il pericolo che non si presenti o scappi, possono essere applicate procedure cautelari come l’arresto. Principio della mela marcia: “se avete un cestino di mele e lo lasciata all’aria e c’è una mela marcia, la mela marcia comincia a contagiare anche le altre.” Questo principio viene applicato alle imprese, tutte le imprese sono collegate (fornitura, credito ecc ecc). Se una di queste imprese non assolve ai propri obblighi può contagiare le altre. Se una azienda compra una fornitura da un'altra azienda e la seconda non viene pagata perché la prima fallisce, l’impresa fornitrice potrebbe trovarsi in difficolta. Quindi un impresa che sta per fallire deve essere tirata fuori dal mercato il prima possibile. Quindi un giudice che venga a sapere in qualunque modo che un impresa è in una situazione prossima al fallimento, il giudice può prendere immediatamente provvedimenti, quindi è importante un tempestivo intervento Per il dissesto dell’imprenditore commerciale non piccolo furono previste speciali procedure, diversamente articolate denominate procedure concorsuali. Invece per la sistemazione del disseto degli imprenditori agricoli e dei piccoli imprenditori commerciali restava affidata agli strumenti di diritto comune ed in particolare alla procedura eserciti a individuale. Nel 2012 sono state introdotte specifiche procedure concorsuali utilizzabili dai debitori, imprenditori agricoli, ma anche professionisti e consumatori. Le procedure concorsuali: Per quanto riguarda le procedure concorsuali dell’imprenditore commerciali, sono previste dal c.d legge fallimentare 1942 e sono: il fallimento, il concordato preventivo, l’accordo di ristrutturazione dei debiti e la liquidazione coatta amministrativa. Una quinta procedura concorsuale, l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza è stata introdotta dalla legge 3-4-1979 poi piu volte rivisitata e infine convertita in legge 18-2-2004, ha aggiunto alla lista una speciale amministrazione straordinaria accelerata per le imprese di maggiori dimensioni. Con la riforma del fallimento del 2006 è stata invece soppressa l’amministrazione controllata. Le procedure concorsuali riservate ai debitori diversi dall’imprenditore commerciale non piccolo sono invece regolate dalla legge 27-1-1012 esse sono, la procedura di liquidazione, l’accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore. Caratteri comuni e tratti distintivi: Le procedure concorsuali condividono alcuni caratteri costanti e comuni che è bene evidenziare subito. Esse sono tutte procedure generali e collettive. Sono procedure generali perché coinvolgono tutto il patrimonio dell’imprenditore e non solo i singoli beni. Sono procedure collettive perché coinvolgono tutti i creditori dell’imprenditore alla data in cui il dissesto è accertato e mirano ad assicurare, in via di principio, la parità di trattamento degli stessi. Le singole procedure concorsuali Capitolo quarantacinquesimo Il Fallimento I presupposti per la dichiarazione di fallimento: A. La qualità di imprenditore commerciale del debitore B. Lo stato di insolvenza dello stesso C. Il superamento di almeno uno dei limiti dimensionali fissati dall’art 1, comma 2 legge fallimentare D. La presenza di inadempimenti complessivamente superiori al l’importo fissato dalla legge Presupposto soggettivo Il fallimento subisce alcune limitazioni in questi casi 1. Il fallimento è sostituito dalla liquidazione coatta amministrativa per alcune categorie di imprenditori commerciali individuate da leggi speciali 2. Il fallimento cede il passo all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in caso di insolvenza quando ricorrono i presupposti specifici per l’applicazione di tale procedura. 3. Gli enti pubblici sono esonerati dal fallimento restando alla liquidazione coatta amministrativa in base a leggi speciali 4. Le start up innovative sono soggette solo alle procedure concorsuali delle crisi da sovraindebitamento disciplinate dalla legge 28-1-2012 Il piccolo imprenditore: il piccolo imprenditore non può fallire. Art. 1 legge fallimentare: Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attivita' commerciale, esclusi gli enti pubblici. Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: 1. aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attivita' se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila. 2. aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attivita' se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; 3. avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila. I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.)) Primo presupposto oggettivo del fallimento è l’insolvenza Art 5 legge fallimentare L’imprenditore versa in stato di insolvenza quando non è piu in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Si tratta quindi di una situazione irreversibile (e non temporanea come un momento di difficoltà) che coinvolge l’intero patrimonio dell’imprenditore e non gli consente di soddisfare a tempo debito e con mezzi normali le obbligazioni assunte. L’insolvenza si può manifestare anche indipendentemente dagli inadempimenti; come ad esempio tramite pagamenti con mezzi anormali, fuga o latitanza dell’imprenditore, ricorso a prestiti usurai, vendite sotto costo, sono tutte azioni dirette a mascherare l’insolvenza. Questi espedienti aggravano il dissesto e sono puniti come reati di bancarotta semplice. L’insolvenza è diverso dall’inadempimento in quanto; A. L’insolvenza è una situazione del patrimonio del debitore. Un imprenditore può aver soddisfatto tutti i suoi debiti e essere insolvente se lo ha fatto con mezzi anormali diretti a mascherare l’insolvenza. È importante che l’adempimento sia fatto con l’oggetto che è stato pattuito con il contratto. Esempio se un imprenditore ha un debito di 1 milione e al momento del pagamento offro un appartamento per estinguere il mio debito (una novazione, cambio oggetto del contratto) in quanto non ha disponibilità economica, viene reputato insolvente. A. L’inadempimento è un fatto che rileva come uno dei possibili indici dello stato di insolvenza. Un imprenditore può essere inadempiente senza essere insolvente. La dichiarazione di fallimento Il fallimento può essere dichiarato 1. Su ricorso di uno o piu creditori: è l’ipotesi piu frequente. Il processo di fallimento è un processo a carattere inquisitorio; il giudice non incontra limitazioni nell’acquisizione delle prove relative. 2. Su richiesta del debitore: l’imprenditore può avere interesse a provocare il proprio fallimento per sottrarsi ad una serie di azioni esecutive individuali in atto. La richiesta di fallimento diventa un obbligo, penalmente sanzionato, quando l’inerzia provoca l’aggravamento del dissesto. 3. Istanza del pubblico ministero: il pubblico ministero ha il potere dovere di chiedere il fallimento quando l’insolvenza risulti da fatti che configurano reati fallimentari. Competente per la dichiarazione di fallimento è il tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa. Il tribunale può emettere provvedimenti cautelari o conservativi volti a tutelare il patrimonio o l’impresa del debitore. Se il tribunale ritiene di non dover accogliere la domanda di fallimento provvede con decreto motivato. La riforma del 2006 ha introdotto una piu dettagliata disciplina dell’istruttoria prefallimentare che mira a contemperare la necessaria speditezza del rito con il pieno rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di prova Reclamo.La revoca del fallimento Art.18 legge fall Possono proporre reclamo contro la dichiarazione di fallimento il fallito e qualsiasi interessato, anche se portatore di un semplice interesse morale. Esempio figli del fallito. Il ricorso deve essere depositato presso la corte di appello entro 30 giorni, dalla data di notificazione della sentenza che dichiara il fallimento. L’impugnazione non sospende gli effetti della dichiarazione di fallimento. La corte di appello può tuttavia disporre la temporanea sospensione della liquidazione dell’attivo quando sussistono gravi motivi e glie ne faccia richiesta il curatore. Con la sentenza che accoglie il reclamo il fallimento è revocato. Essa è perciò pubblicata nel registro delle imprese. Ma sul piano patrimoniale ciò che è stato è stato. All’ex fallito non resta che rivolgersi nei confronti del creditore per ottenere la condanna al risarcimento dei danni. Gli organi del fallimento 1. Tribunale fallimentare: art 23 legge fall: il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dall’intera procedura fallimentare e sovraintende al corretto svolgimento della stessa. Il tribunale fallimentare nomina il giudice delegato e il curatore, ne sorveglia l’operato e può sostituirli. Sostituisce i componenti del comitato dei creditori in caso di controversie, può in ogni momento chiedere chiarimenti ed informazioni al curatore, al fallito ed al comitato dei creditori. 2. Il Giudice Delegato: il giudice delegato vigila sulle operazioni del fallimento e controlla la regolarità della procedura. Con la riforma del 2006 ha perduto la funzione di dirigere le operazioni del fallimento. Il giudice delegato in particolare: nomina e revoca i componenti del comitato dei creditori, forma lo stato passivo del fallimento e lo rende esecutivo con proprio decreto, autorizza il curatore a stare in giudizio, decide sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori, emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio. I provvedimenti del giudice delegato sono adottato con decreto motivato. 3. Il curatore: è l’organo preposto all’amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la vigilanza del giudice delegato e dal comitato dei creditori. Ricopre la carica di pubblico ufficiale per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni. I creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti possono chiederne la sostituzione, tramite mozione motivata. Il curatore può essere revocato in ogni momento dal tribunale, quindi è sua premura agire sempre con il consenso del giudice delegato. 4. Il comitato dei creditori: il comitato dei creditori è composto da 3 o 5 membri scelti fra i creditori in modo da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità dei crediti ed al soddisfacimento dei crediti stessi. L’organo è nominato dal giudice delegato entro 30 giorni Programma di liquidazione:è una novità che prevede che tutta questa attività dev’essere programmata dal curatore. Una volta individuata la massa attiva il curatore deve provvedere alla liquidazione. Il legislatore nel 2006 ha indicato la necessità che nel procedere alla vendita dei beni sia garantito che ci sia una competizione, devono essere attuate procedure competitive. Il meccanismo di asta è proposto come meccanismo di default. La norma prevede impone che i beni devono essere venduti il piu possibile unitariamente, sia per un discorso di tempi, sia perché si vuole salvaguardare il valore aggiunto dell’azienda. Il conto è intestato al fallimento e le somme devono essere versate entro 3 giorni in quel conto. Il curatore deve fare delle relazioni semestrali periodiche con le quali aggiorna gli organi della procedura. Il fallimento si conclude con l’intera liquidazione dei beni aziendali. Le ipotesi di chiusura anticipata del fallimento sono 5 2 per mancanza di attivo 1. Quando risulti che l’attivo è talmente povero da non consentire neanche le spese di procedura o i crediti prededucibili allora non si va avanti. 2. La seconda ipotesi è che tutto l’attivo è stato distribuito. Quindi non c’è piu attivo 2 per mancanza di passivo 1. Quando nessun creditore abbia fatto istanza per la domanda di ammissione al passivo. 2. Prima che la liquidazione sia stata ultimata tutti i creditori sono stati pagati. Quindi è inutile continuare a liquidare l’attivo. La quinta è il concordato fallimentare Procedura diretta a abbreviare i tempi della procedura principale. Facendo raggiungere un accordo tra il debitore fallito e i creditori sulle modalità con cui deve essere liquidato il patrimonio. Il debitore ha delle condizioni I creditori o anche un terzo possono assumere l’iniziativa di proporre un accordo con il quale si definisce la procedura con l’attribuzione a certi creditori di vantaggi patrimoniali. Esempio: viene fatta un ipoteca su un immobile, il mercato immobiliare crollla e il prezzo dell’immobile arriva a 300000. Viene fatta una proposta in cui Posso dividere i creditori in classi omogenee per posizione e per interessi, e posso proporre un trattamento differenziato per classi. Con l’omologazione definitiva il fallimento si chiude, ma bisogna ancora eseguire il concordato quindi si chiude il fallimento ma gli organi continuano a funzionare. Da approfondire. Esdebitazione: Quando almeno una parte dei creditori è stata soddisfatta si può fare luogo a una esdebitazione. L‘ esdebitazione è un provvedimento con il quale il tribunale ritiene chiuso il fallimento. Le condizioni per essere esdebitato sono : art 142 legge fallimentare 1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all'accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; 2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare (3) lo svolgimento della procedura; 3. non abbia violato le disposizioni di cui all'articolo 48; 4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta; 5) non abbia distratto l'attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito; 5. non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all'esito di quello penale.Comunque deve essere reputato una brava persona, gli viene affidata una fiducia. Quindi gli viene concesso che i creditori non possono piu agire nei suoi confronti. Il tribunale fa un decreto di esdebitazione. Ma ci sono dei debiti che non possono essere esdebitati. Le obbligazioni Quelli derivanti da atti illeciti (metti sotto una persona) Debiti che hanno a oggetto i debiti di mantenimento (i figli vanno mantenuti lo stesso) Anche le sanzioni di carattere amministrativo (multe ammende) Il creditore se non partecipa all’esdebitazione può richiedere l’ammontare percentuale di denaro che avrebbe ricavato se avesse partecipato. Principi cardine legge fallimentare a. Ogni credito (salvo prededucibili non contestati) deve essere accertato giuridicamente nell’ambito del fallimento, secondo le norme fissate per la formazione dello stato passivo. b. Dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione esecutiva individuale può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento. (Art. 52 legge fall) Eccezioni 1. I creditori garantiti da pegno o assistiti da privilegio speciale su mobili con diritto di ritenzione, possono essere autorizzati dal giudice delegato alla vendita dei beni vincolati, una volta ammessi al passivo con prelazione. 2. I creditori garantiti da pegno mobiliare non possessorio possono escutere la garanzia nelle forme previste dalla legge speciale doppio l’ammissione al passivo con prelazione. 3. Le banche possono iniziare o proseguire l’azione esecutiva individuale sugli immobili ipotecati a garanzia di operazioni di credito fondiario, di credito alle opere pubbliche e di credito agrario. Compensazione La scadenza anticipata dei crediti verso il fallito si riflette poi sulla disciplina della compensazione in sede fallimentare. Art 56 Resta fermo il diritto dei creditori del fallito di far valere la compensazione coi loro debiti verso lo stesso (cosi sottraendosi al concorso). È ammessa anche se il credito verso il fallito non è scaduto prima della dichiarazione di fallimento. Effetto del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori Di regola intercorre un certo intervallo di tempo fra il momento in cui si manifesta lo stato di insolvenza e quello in cui il fallimento è dichiarato. In tale periodo l’imprenditore, nel tentativo di far fronte alla crisi o di mascherarla, può aver compiuto una serie di atti di disposizione che alterano l’integrità del proprio patrimonio ed arrecano pregiudizio ai creditori Il principio generale ispirato alla revocatoria fallimentare è che tutti gli atti posti in essere dall’imprenditore in stato di insolvenza si presumono pregiudizievoli per i creditori perché idonei quanto meno ad alterare la par condicio creditorium. Revoca ordinaria: art 2901 l’azione revocatoria ordinaria è esercitabile anche in caso di fallimento di un imprenditore ed è esercitata dal curatore nell’interesse di tutti i creditori. Chi tratta con l’imprenditore che è in stato di insolvenza verrà sanzionato. Revoca fallimentare: In caso di fallimento pero con la disciplina della revocatoria ordinaria concorre anche la specifica disciplina della revocatoria fallimentare. Si fonda su presupposti parzialmente diversi, Presupposti per la revoca fallimentare sono: A. Lo stato di insolvenza dell’imprenditore ( presupposto oggettivo ) B. La conoscenza dello stato di insolvenza a da parte del terzo ( presupposto soggettivo ) Nella revocatoria fallimentare la posizione del curatore è agevolata sotto un duplice aspetto: A. Gli atti posti in essere dall’imprenditore in un certo periodo anteriore alla dichiarazione (6 mesi o 1 anno) si presumono compiuti in stato di insolvenza B. È posta una relativa conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo, che dovrà provare in concreto che non era a conoscenza dello stato di insolvenza dell’imprenditore Chi tratta con l’imprenditore che è posto in stato di insolvenza viene sanzionato sempre per il principio della mela marcia. Infatti, se i presupposti sono validi il terzo che ha subito la revocatoria dovrà restituire al fallimento quanto in precedenza ricevuto dal fallito o l’equivalente in denaro se la restituzione in natura è impossibile. Decadenza: sia la revoca ordinaria che quella fallimentare, devono essere esercitate entro 3 anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque non oltre cinque anni dal compimento dell’atto. Revocatoria di diritto: Sono Atti privi di effetti nei confronti dei creditori: 1. Gli atti a titolo gratuito compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento (donazioni, garanzie concesse dal fallito a titolo gratuito…). Sono esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblicità utilità, purché proprorzionati al patrimonio del donante. 2. I pagamenti di debiti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o successivamente, anch’essi se compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. È evidente infatti la lesione della par condicio creditorum: se il pagamento non fosse stato anticipato, quei creditori sarebbero stati pagati in moneta fallimentare e non per l’intero. Revocatoria giudiziale: Tutti gli altri atti sono revocabili in seguito ad azione giudiziaria promossa dal curatore. La disciplina di tale azione ha subito rilevanti modifiche con il decreto legge 14-3-2005 in seguito convertito con modifiche in legge 14-5-2005 allo scopo di temperarne il rigore. La riforma del 2005 ha dimezzato i termini entro cui le azioni revocatorie retroagiscono, e nel contempo ha moltiplicato le ipotesi di atti non revocabili. La risposta che la legge da al problema non è percio unitaria. Le soluzioni prescelte possono tuttavia raggrupparsi in 3 categorie. 1. Un gruppo di contratti che si scioglie di diritto a seguito della dichiarazione di fallimento, con conseguente definizione delle posizioni reciproche a tale momento. Rientrano in tale categoria: a)i contratti di borsa a termine su merci o titoli, quelli aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati ed il riporto. Il loro carattere speculativo potrebbe infatti comportare situazione pregiudizievoli per il patrimonio fallimentare. b)l’associazione in partecipazione, in caso di fallimento dell’associante. Sia perché l’attività di impresa dell’associante di regola cessa col fallimento sia perché anche tale contratto presenta profili speculativi. c)i contratti di conto corrente ordinario e bancario, commissione e mandato nel caso di fallimento del mandatario. Fra i contratti che si sciolgono di diritto c’è anche l’appalto. Con una particolarità pero: entro 60 giorni dal fallimento il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può dichiarare di voler subentrare nel contratto offrendo idonee garanzie. 2. Il subingresso automatico è il secondo gruppo di contratti che continua nonostante il fallimento di una delle parti in quanto per legge tali contratti sono ritenuti vantaggiosi per la massa dei creditori. Perciò il curatore subentra ex legge nel contratto e dovrà adempiere per l’intero e in pre deduzione le relative obbligazioni. a. Il contratto di locazione di immobili. In caso di fallimento del conduttore il curatore può pero recedere in ogni momento dal contratto corrispondendo al locatore un giusto indennizzo per l’ anticipato recesso. In caso di dissenso delle parti, ‘indennizzo è determinato dal giudice delegato. b. L’affitto di azienda. Entrambe le parti possono recedere entro 60 giorni corrispondendo un equo indennizzo. c. Il contratto di assicurazione contro i danni i in caso di fallimento dell’assicuratore, salvo patto contrario. L’assicuratore può recedere dal contratto adducendo che dal fallimento deriva un aggravamento del rischio. d. Il contratto di edizione che pero si risolve se entro un anno il curatore non continua l’esercizio dell’impresa editoriale o non la cede ad altro editore. e. Il contrato di cessione di crediti di impresa, in caso di fallimento del cedente. Il curatore può recedere dal contratto, ma il recesso opera solo per i crediti non ancora sorti alla data della dichiarazione di fallimento. In caso di recesso il curatore dovrà restituire al cessionario quanto da questi già pagato per tali crediti. f. Il leasing finanziario, in caso di fallimento del concedente 3. La sospensione del contratto è il terzo gruppo di contratti la cui sorte non è prefissata dalla legge. Essi restano sospesi in seguito al fallimento di una delle parti e sarà il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, a decidere se sciogliere il contratto o no. Nel caso in cui si scegliesse di continuarlo sarà il curatore ad’adempiere. Rientrano in questa terza categoria: a) la vendita a termine o a rate con riserva di proprietà. Ma con una significativa eccezione, il fallimento non comporta lo scioglimento del contratto. b) i contratti ad esecuzione continuata o periodica come la somministrazione. c)il preliminare di vendita di immobili, fermo restano che per essere opponibile al fallimento il contratto deve essere stato trascritto e la trascrizione deve essere ancora efficace alla data di apertura della procedura. Regole speciali valgono per il preliminare di acquisto di un immobile destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti. d)il leasing finanziario in caso di fallimento dell’utilizzatore e) il mandato in caso di fallimento del mandante ma con una peculiarità. Se il curatore subentra nel contratto, i crediti del mandatario sono si da soddisfare in prededuzione, ma solo per l’attività compiuta dopo il fallimento. L’esercizio provvisorio dell’impresa Con la dichiarazione di fallimento l’attività di impresa si arresta ed i beni aziendali sono destinati ad essere liquidati per soddisfare i creditori. Si può tuttavia avere una continuazione sia pure provvisoria dell’attività quando ciò è funzionale ad una migliore liquidazione del complesso aziendale o si spera di venderlo in blocco. Due sono le ipotesi previste dall’art 104 legge fallimentare Esercizio provvisorio 1. Il tribunale nella sentenza che dichiara il fallimento può disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda solo se “dall’interruzione può derivare un danno grave, purché non arrechi pregiudizio ai creditori” 2. La seconda interviene dopo che è stato nominato il comitato dei creditori. Questo deve infatti pronunziarsi sull’opportunità di continuare o di riprendere in tutto o in parte l’esercizio dell’impressa fissandone anche la durata. Solo se il parere è favorevole il giudice delegato su proposta del curatore può disporre la continuazione o la ripresa dell’attività. La continuazione dell’esercizio di impresa è provvedimento che richiede particolare cautela date le conseguenze che la stessa produce per i creditori concorsuali e per l’imprenditore fallito. Durante l’esercizio provvisorio tutti i contratti pendenti proseguono salvo che il curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli. Affitto dell’azienda La conservazione del complesso aziendale in vista di una vendita in blocco può essere realizzata anche attraverso il non facile affitto dell’azienda. In tal caso l’attività di impresa è imputabile all’affittuario, mentre dovrà corrispondere al fallimento il canone pattuito. L’affitto dell’azienda o di specifici rami di essa è autorizzato dal giudice delegato, su proposta del curatore e previo parere favorevole del comitato dei creditori. Per non ostacolare la liquidazione, il contratto deve prevedere fra l’altro il diritto del curatore di recedere corrispondendo all’affittuario un giusto indennizzo, da soddisfare in prededuzione. Il fallimenti non assume però alcuna responsabilità per i debiti sorti durante l’affitto, nemmeno per i debiti di lavoro. L’accertamento del passivo L’accertamento del passivo costituisce la fase centrale e piu delicata della procedura fallimentare. È la fase diretta ad accertare quali creditori hanno diritto di partecipare alle ripartizioni dell’attivo, l’ammontare dei loro crediti e le eventuali cause di prelazione. Con l’ammissione al passivo i creditori da concorsuali diventano concorrenti. Prima fase, le domande di ammissione dei creditori: I titolari di crediti prededucibili hanno l’onere di presentare domanda di insinuazione al passivo, salvo che la loro pretesa non sia contestata né per ammontare né per collocazione. La domanda si presenta con ricorso, da trasmettere all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore almeno 30 giorni prima della data dell’udienza. Deve essere accompagnata dai documenti giustificativi del credito vantato. Deve essere comunicato inoltre l’indirizzo di posta elettronico dove ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura. Seconda fase, il progetto di stato passivo Il curatore predispone un progetto di stato passivo nel quale deve indicare: a. I crediti ammessi b. I crediti non ammessi in tutto o in parte c. I crediti ammessi con riserva Per ciascun diritto riconosciuto o non riconosciuto il curatore deve motivare le proprie conclusioni. Il progetto è depositato in cancelleria e trasmesso ai creditori almeno 15 giorni prima la udienza di esame. Terza fase, l’esame dello stato passivo Si apre cosi la fase di esame dello stato passivo che coinvolge il curatore e tutti i creditori che desiderano parteciparvi. Il fallito può chiedere d’essere sentito. Ogni decisione spetta al giudice delegato, nei limiti elle conclusioni formulate. Quarta fase, lo stato passivo definitivo Ultima fase, Esaurite le operazioni di esame, il giudice delegato forma lo stato passivo definitivo. Lo dichiara esecutivo con proprio decreto e lo deposita in cancelleria. In mancanza di opposizioni o di impugnazioni dinanzi al tribunale, il decreto di esecutività preclude infatti ogni ulteriore questione in merito ai crediti verificati, sia pure solo nell’ambito della procedura fallimentare. Resta pero sempre la possibilità di proporre un istanza di revocazione se si scopre che l’ accoglimento o il rigetto di una domanda è stato determinato da falsità,dolo,errore. Domande tardive: il decreto di esecutività dello stato passivo non prelude la possibilità di presentare nuove domande di ammissione, che vengono esaminate con lo stesso procedimento previsto per le domande tempestive. Sono considerate tardive le domande trasmesse al curatore oltre il termine di 30 giorni prima dell’udienza. Le domande tardive possono essere presentate entro 12 mesi dal deposito del decreto che rende esecutivo lo stato passivo. Opposizioni, impugnazioni, revocazione: Le opposizioni possono essere proposte dai creditori esclusi contro il curatore, al fine di ottenere l’ammissione del loro credito o il riconoscimento di una causa di prelazione disconosciuta dal giudice delegato. Le impugnazioni: possono essere invece proposte dai creditori ammessi, dai titolari di diritti su beni della massa, nonché dallo stesso curatore e sono dirette ad ottenere l’eliminazione della massa passiva di uno o piu crediti o della relativa causa di prelazione. Le Opposizioni, impugnazioni e istanze di revocazione devono essere proposte con ricorso al tribunale fallimentare entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito dello stato passivo. Liquidazione e ripartizione dell’attivo Il programma di liquidazione dell’attivo: è rivolta a convertire in denaro i beni del fallito per soddisfare i creditori. Il curatore entro 180 giorni della sentenza di fallimento, predispone un programma di liquidazione ove si pianificano le modalità e i termini previsti per la realizzazione dell’attivo. Lo sottopone all’approvazione del comitato dei creditori. Le fasi essenziali sono: la proposta, l’approvazione della maggioranza dei creditori, ‘omologazione da parte del tribunale. 1. La proposta di concordato: può essere presentata da 1 o piu creditori,da un terzo, o anche dal fallito. Il fallito può proporre il concordato prima che sia trascorso un anno dalla dichiarazione di fallimento e dopo che siano trascorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. Contenuto della proposta: il contenuto della proposta è stato ampliato con la riforma del 2006. L’ipotesi più frequente nella pratica è tuttavia l’offerta di un pagamento in percentuale o dilazionato. Si possono tuttavia proporre altre forme di soddisfazione diverse dall’adempimento (obbligazioni, partecipazioni sociali ecc ecc) Si può proporre la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei offrendo trattamenti differenziarti fra i creditori appartenenti a classi diverse, purché non si alteri l’ordine delle cause legittime di prelazione. L’assuntore del concordato: la proposta presentata da i creditori o da un terzo può ulteriormente prevedere che persone diverse dal fallito assumano la veste di obbligato principale per l’adempimento del concordato. In questo caso si ha la figura dell’assuntore del concordato. Come rispettivo dell’accordo all’assuntore viene di regola ceduto tutto l’attimo fallimentare. 2. L’approvazione dei creditori: La proposta del concordato è soggetta al preventivo esame del giudice delegato tenuto a richiedere il parere vincolante del comitato dei creditori e quello non vincolante del curatore. Quest’ultimo riferisce sui presumibili risultati della liquidazione e sulle garanzie offerte dal proponente. La proposta che prevede la suddivisione in classi dei creditori richiede un controllo piu penetrante per evitare abusi. Se sono state presentate piu proposte viene sottoposta all’approvazione dei creditori solo quella prescelta dal comitato dei creditori. I creditori che tacciono si ritengono consenzienti. Nel caso in cui vogliano dichiarare il dissenso hanno un periodo non inferiore a 20 giorni ma non superiore a 30 giorni. Diritto di voto: hanno diritto di voto tutti i creditori chirografi ammessi al passivo anche se con riserva. Non possono invece votare i creditori privilegiati, se ad essi si offre l’integrale pagamento, a meno che non rinunciano al privilegio. Per l’approvazione della proposta del concordato è richiesto il consenso anche tacito dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Se sono previste diverse classi di creditori è necessario il consenso della maggior parte delle classi. 3. Omologazione del concordato da parte del tribunale:viene valutata la regolarità della procedura e non al merito. Viene valutata cioè la regolarità della procedura e l’esito della votazione, non invece la convenienza per i creditori della proposta. Il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. Anche a quest’ultimi quindi è dovuta la percentuale del concordato ma non si estendono a loro favore le garanzie date nel concordato da terzi. L’annullamento: l’annullamento del concordato è disposto dal tribunale su istanza del curatore o di qualsiasi creditore, quando si scopre che il passivo era stato dolosamente esagerato o che una parte rilevante dell’attivo era stata sottratta o dissimulata. Il fallimento della società Dichiarazione di fallimento: La legge fallimentare non specifica a chi, nell’ambito della società, compete l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento su richiesta del debitore. Preferibile è l’opinione che ritiene legittimati gli amministratori sia nelle società di persone che nelle società di capitali. Effetti del fallimento: ogni qual volta che la legge richiede che sia sentito il fallito, dovranno essere sentiti gli amministratori o i liquidatori della società fallita. Nei confronti di amministratori,sindaci,direttori generali e liquidatori sono poi applicabili le sanzioni penali per i reati di bancarotta semplice e fraudolenta. Concordato fallimentare: è espressamente sancito che , salva diversa disposizione dell’atto costitutivo o dello statuto, la proposta e le condizioni del concordato fallimentare devono essere approvate: • Nelle società di persone: dai soci che rappresentano la maggioranza del capitale. • Nelle società cooperative e in quelle di capitali: dagli amministratori con decisione verbalizzata da notaio e dallo stesso iscritta nel registro delle imprese dopo averne verificato la legittimità. Il concordato fallimentare, salvo patto contrario, ha efficacia anche per i soci e fa chiudere anche i loro fallimenti. Chiusura del fallimento: in caso di chiusura del fallimento per integrale ripartizione dell’attivo o insufficienza della massa, il curatore deve chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese . Anche per la chiusura del fallimento per mancata presentazione di domanda di insinuazione al passivo o per integrale soddisfacimento dei creditori e delle spese di procedura, comporta la chiusura del fallimento del socio. Effetti sui soci del fallimento: il fallimento della società ma gli effetti cambiano a secondo del tipo di società: • Nelle società a responsabilità limitata: per i soci a responsabilità limitata il fallimento della società comporta che il giudice delegato puà ingiungere loro di eseguire conferimenti ancora dovuti, anche se non è ancora scaduto il termine fissato dall’atto costitutivo per il relativo versamento. • Nelle società a responsabilità illimitata: il fallimento della società produce anche il fallimento dei soci a responsabilità illimitata, senza che sia necessario accertare la loro personale insolvenza. Il fallimento della società comporta non solo il fallimento dei soci noti al momento della dichiarazione di fallimento della società, ma anche quelli la cui esistenza è successivamente accertata ( soci occulti ). Cioè non falliscono solo i soci palesi ma anche quelli occulti. L’estensione del fallimento ai soci occulti può essere richiesta dai cosi già dichiarati falliti, dai creditori o dal curatore. Fallimento dell’ex socio: I soci illimitatamente responsabili falliscono anche se hanno cessato di far parte della società per morte recesso o esclusione, dato che in tal caso persiste la responsabilità illimitata per le obbligazioni anteriori. Il fallimento può essere dichiarato solo se non è trascorso piu di un anno da quando sono state realizzate le formalità necessarie per rendere noti ai terzi tali fatti. È inoltre necessario che lo stato di insolvenza della società attenga, in tutto o in parte a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata. Trasformazione, fusione, scissione: il fallimento entro un anno della pubblicazione è applicabile anche quando i soci hanno perso la qualità di soci illimitatamente responsabili anche in conseguenza di trasformazione, fusione o scissione della società. Fallimento della società e dei soci: il tribunale nomina un solo giudice delegato e un solo curatore per i diversi fallimenti, ma possono essere nominati distinti comitati di creditori. Masse passive: Al fallimento della società participano solo i creditori sociali. Nel fallimento dei singoli soci concorrono invece sia i creditori sociali sia i rispettivi creditori particolari. Vendono conseguentemente formate distinte masse passive. Masse attive: distinte restano pure le masse attive dei diversi fallimenti, formate rispettivamente dai beni della società e dei beni di ciascun socio. I creditori sociali hanno diritto di partecipare alle ripartizioni dell’attivo di tutti i fallimenti fino all’integrale pagamento. Fallimento e patrimoni destinati Regole applicabili alle società per azioni che hanno patrimoni destinati. Le conseguenze sono diversa e a seconda del tipo di patrimonio destinato e a seconda che sia divenuto incipiente il patrimonio destinato oppure sia quello generale a cadere in stato d’insolvenza. 1. Prima ipotesi è che la società abbia costituito un patrimonio destinato operativo . Qualora il patrimonio destinato non consenta di soddisfare integralmente le relative obbligazioni, ma il patrimonio generale è in bonus, non viene dichiarato il fallimento e non è prevista alcuna procedura concorsuale a tutela dei creditori separatisti. I creditori potranno richiedere la liquidazione del patrimonio destinato, ma la legge puntualizza che la liquidazione avverrà osservando esclusivamente le disposizioni sulla liquidazione delle società di capitali, in quanto compatibili. 2. Ipotesi inversa è il patrimonio destinato operativo capiente, patrimonio generale insolvente, viene dichiarato invece il fallimento della socità e la gestione del patrimonio destinato compete al curatore. I creditori del patrimonio destinato operativo non possono perciò insinuarsi al passivo del fallimento, se non nei limiti in cui la società fallita ha prestato garanzia con il suo patrimonio generale a loro favore. Capitolo quarantaseiesimo allegati richiesti. Insieme alla domanda con riserva devono essere depositati solo i bilanci relativi agli ultimi 3 esercizi Istruttoria: Ricevuta la domanda il tribunale svolge un controllo preliminare volto ad accertare se ricorrono i presupposti richiesti dalla legge per l’ammissione alla procedura. Se l’accertamento ha esito negativo, il tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato. Se invece ritiene ammissibile (decreto di ammissione) la proposta, il tribunale, con decreto dichiara aperta la procedura di concordato preventivo. Con lo stesso provvedimento il tribunale designa gli organi della procedura: un commissario giudiziale, con funzioni di vigilanza e controllo. Il decreto è pubblicato nel registro delle imprese. Effetti per il debitore: l’ammissione alla procedura di concordato incide sia sulla posizione del debitore sia su quella dei creditori anteriori. Il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e ,se previsto nella proposta, continua l’esercizio dell’impresa. In caso di concordato preventivo con continuità aziendale, il tribunale può altresì autorizzare il debitore a pagare i crediti per prestazioni di beni e servizi anteriori alla prestazione della domanda. Effetti per i creditori: dalla fata del ricorso nel registro delle imprese i creditori anteriori non possono, a pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato diventa definitivo. Contratti pendenti: il concordato preventivo non incide sui rapporti contrattuali pendenti alla data di presentazione alla domanda, dato che l’imprenditore conserva il potere di amministrare il suo patrimonio. Il debitore può chiedere di essere autorizzato a sciogliersi da tali contratti, oppure a sospenderli per un periodo massimo di 60 giorni. Lo svolgimento della procedura Intervenuta l’ammissione alla procedura, la procedura di concordato preventivo si articola in due fasi; l’approvazione della proposta da parte dei creditori e la successiva omologazione del concordato da parte del tribunale. Proposte concorrenti: l’attuale disciplina consente ai creditori che rappresentano al neo il 10% dei crediti di avanzare proposte di concordato alternative a quella del debitore, quando l’offerta di quest’ultimo non contempla percentuali rilevanti di soddisfacimento. La proposta dei creditori deve essere corredata dal piano concordatario, mentre l’attestazione del professionista è necessaria solo se il piano dei creditori prevede aspetti la cui fattibilità non è stata già verificata da commissario. Adunanza dei creditori:l’approvazione del concordato preventivo avviene in apposita adunanza dei creditori, presieduta dal giudice delegato. Diritto di voto di maggioranza: come per il concordato fallimentare vengono esclusi dal voto i creditori privilegiati e i soggetti legati da speciali rapporti con il debitore ( parenti, società controllanti ecc ecc) sono inoltre esclusi i crediti derivanti da finanziamenti concessi in funzione della prestazione del concordato in quanto tali pretese sono considerate crediti della massa in caso di fallimento. I creditori sono chiamati a votare su tutte le proposte del concordato, prima su quella del debitore e poi sulle proposte concorrenti secondo l’ordine di prestazione. Come per il concordato fallimentare, in sede di omologazione il tribunale si limita a controllare la regolarità della procedura e l’esito della votazione. Ma può spingersi ad un controllo di merito sulla convenienza del concordato quando sul punto è stata sollevata un’opposizione da parte dei creditori appartenenti ad una delle classi dissenzienti. Effetti del concordato: il concordato preventivo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione della domanda nel registro dell’impresa. Restano impregiudicati i diritti dei creditori concordati verso i coobbligati, i fedeiussori e gli obbligati in via di regresso. Nel caso di società con soci a responsabilità illimitata, il concordato della società ha salvo patto contrario, efficacia anche per i soci, che restano perciò liberati nei confronti dei creditori sociali per la parte eccedente la percentuale concordataria. Esecuzione. Risoluzione ed annullamento del concordato. Il concordato viene eseguito sotto la sorveglianza del commissario giudiziale, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione. Il concordato preventivo può essere risolto do annullato negli stessi casi previsti per il concordato fallimentare. Con la riforma del 2012 si può affermare che nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, i termini delle revocatorie decorrono sempre alla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese. Gli atti legalmente compiuti in esecuzione del concordato preventivo non sono soggetti a revocatoria, e cosi pure i pagamenti di servizi strumentali all’accesso al concordato. Il legislatore ha di recente stabilito che “ i crediti sorti in funzione o in esecuzione della procedura di concordato preventivo hanno il rango di crediti prededucibili in caso di successivo fallimento.” Sono qualificati come prededucibili: 1. I crediti derivanti da atti legalmente compiuti dal debitore nella fase di apertura della procedura 2. I crediti derivanti da finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura 3. I crediti derivanti da finanziamenti contratti in pendenza della procedura concordataria con l’autorizzazione del tribunale 4. I crediti derivanti da finanziamenti Gli accordi di ristrutturazione dei debiti Sono accordi stipulati fra l’imprenditore ed una maggioranza qualificata di creditori, una volta pubblicati nel registro delle imprese e ottenuta l’omologazione del tribunale, essi consentono di porre gli atti compiuti in esecuzione dagli stessi al riparo dall’azione revocatoria fallimentare e non configurano il reato di bancarotta, qualora la crisi non sia superata. Distinzione tra ristrutturazione dei debiti e concordato preventivo Vanno distinti dal concordato preventivo in quanto non costituiscono un concordato giudiziale e di massa. Non sono concordati giudiziali! Perché non sono raggiunti per il tramite di organi giudiziali. Bensì raggiunti mediante trattative fra il debitore e i creditori. Non sono concordati di massa! Perché parte dell’accordo sono esclusivamente i creditori che lo accettano. Inoltre le categorie di imprenditori che possono accedere agli accordi di ristrutturazione sono piu ampie di quelle ammissibili al concordato preventivo, anche gli imprenditori agricoli in crisi possono presentare accordi di ristrutturazione. Vanno distinti anche dai piani di risanamento I piani di risanamento hanno l’effetto di esentare da revocatori gli atti,pagamenti,garanzie posti in essere in esecuzione degli stessi. Pero ottengono questo risultato senza bisogno di preventivo accordo con i creditori e senza essere sottoposti al previo controllo omologatorio del tribunale. All’accordo di ristrutturazione devono aderire almeno il 60% dei crediti. Nulla stabilisce l’art 182 buia riguardo al contenuto dell’accordo. L’imprenditore è quindi libero di pattuire con i creditori aderenti le modalità piu opportune di ristrutturazione dei debit (dilazione, rateizzazione ecc ecc) Creditori non aderenti Ai creditori che non aderiscono all’accordo deve essere di regola assicurato l’integrale pagamento, con una duplice precisazione: 1. È possibile dilazionare l’adempimento nei loro confronti fino ad un massimo di 120 giorni dall’omologazione, per i crediti già scaduti 2. A partire dal 2015, quando l’indebitamento è costituito per oltre metà da debiti verso banche ed intermediari finanziari, è possibile estendere gli effetti dell’accordo a questo tipo di creditori anche se dissenzienti Protezione anticipata dai creditori Durante la fase di trattativa l’imprenditore può pero richiedere al tribunale di essere posto al riparo dalle azioni cautelari o esecutive individuali dei creditori. A tal fine deve presentare un’apposita istanza al tribunale, che viene pubblicata nel registro delle imprese. Pubblicazione Dopo la stipulazione dell’accordo il debitore ne deve chiedere l’omologazione al tribunale, corredando al ricordo con la stessa documentazione richiesta per l’ammissione al concordato preventivo. L’accordo viene pubblicato nel registro delle imprese. Effetto per i creditori Dalla pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione scatta anche il divieto per i creditori anteriori di intraprendere azioni cautelari o esecutive individuali, nonché di acquistare titoli di prelazione non concordati con il debitore, per un periodo di 60 giorni. Omologazione I creditori ad ogni altro interessato possono presentare opposizione contro l’omologazione entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’accordo. Il diritto di opposizione si giustifica perche, in caso di fallimento, i creditori estranei sarebbero pregiudicati dall’irrevocabilità degli atti esecutivi e dalla prededucibilità accordata ad alcuni crediti. Capitolo quarantaseiesimo L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi Caratteri generali Il fallimento, il concordato preventivo e la liquidazione coatta amministrativa sono procedura concorsuali che di regola conducono alla disgregazione del complesso aziendale con conseguente perdita dei posti di lavoro per i dipendenti. Da qui nasce l’esigenza negli anni 70 di una nuova procedura concorsuale idonea a conciliare il soddisfacimento dei creditori dell’imprenditore insolvente con il salvataggio del complesso produttivo in cresi e la conservazione dei posti di lavoro. È a questo punto che nasce l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Finalità È la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente “con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali” Struttura L’attuale amministrazione straordinaria si atteggia infatti come una procedura concorsuale nel contempo giudiziaria ed amministrativa, articolata in due fasi: 1. La dichiarazione dello stato di insolvenza da parte dell’autorità giudiziaria 2. La successiva eventuale apertura della procedura di amministrazione straordinaria vera e propria subordinata all’accertamento delle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico dell’attività imprenditoriale. Presupposti. Dichiarazione di insolvenza. La nuova procedura di amministrazione straordinaria è riservata alle imprese commerciali, anche individuali, soggette a fallimento, che rispondono ai requisiti ed alle condizioni fissati dagli articoli 2 e 27 de d.lgs 1999: A. Hanno un numero di dipendenti non inferiore a duecento da almeno un anno. B. Hanno debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi del totale dell’attivo dello stato patrimoniale C. Sono in stato di insolvenza D. Presentano concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico Nella prima fase il tribunale si limita ad accertare lo stato di insolvenza e in presenza dei primi 2 requisiti si astiene da dichiarare il fallimento. E in un secondo momento verifica se ci sono concrete prospettive di riequilibrio. Dichiarazione di insolvenza Competente a dichiarare lo stato di insolvenza è il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale. La sentenza è comunicata e resa pubblica con le stesse modalità previste per la dichiarazione di fallimento. Con la dichiarazione di insolvenza il tribunale nomina il giudice delegato e i commissari giudiziali. Effetti L’imprenditore insolvente conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa che continua se pure sotto la vigilanza del commissario giudiziale e con le limitazioni esposte in sede di concordato preventivo. Il tribunale può tuttavia affidare la gestione dell’impresa al commissario giudiziale. Solo in tal caso l’imprenditore perde l’amministrazione e la disponibilità di tutto il suo patrimonio, cosi come accade nel fallimento. Come nel concordato i creditori non possono iniziare o proseguire azioni individuali. Società Se è dichiarata insolvente una società con soci a responsabilità illimitata gli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza si estendono ai soci illimitatamente responsabili, compresi i soci receduti,esclusi o defunti. Gli effetti si estendono anche a soci la cui esistenza è accertata dopo la dichiarazione di insolvenza (soci occulti). Apertura dell’amministrazione straordinaria L’ammissione alla procedura di amministrazione è subordinata all’accertamento che ricorrano concrete prospettive di recupero dell’equilibro economico dell’attività imprenditoriali. Tale risultato deve potersi realizzare attraverso a. Programma di cessione di complessi aziendali: Cessione dei complessi aziendali sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno b. Programma di ristrutturazione: Ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni Se si ritiene che sussistono concrete prospettive di risanamento, con decreto motivato si apre la procedura di amministrazione straordinaria. Altrimenti sempre con decreto motivato, dichiara il fallimento. Organi L’amministrazione straordinaria si svolge ad opera di uno o tre commissari straordinari nominati dal ministro dello sviluppo economico e che sono sottoposti alla vigilanza dello stesso. Il ministro dello sviluppo economico nomina anche un comitato di sorveglianza composta da tre o 5 membri, di cui rispettivamente uno o due creditori chirografari. Effetti Si producono percio per l’imprenditore, i creditori e i terzi gli stessi effetti della dichiarazione di fallimento che conseguono alla liquidazione coatta amministrativa. Sia pure con alcune significative differenze determinate dalla finalità conservativa dell’amministrazione straordinaria e della conseguente esigenza di salvaguarda L’Unità operativa del complesso aziendale. Contratti Tutti i contratti continuano ad avere esecuzione fino a quando il commissario straordinario non decide se subentrare nel contratto o scioglierlo. Crediti I crediti che derivano dalla prosecuzione della gestione (contratti in corso) sono soddisfatti in prededuzione anche se la procedura si converte in fallimento. Lo svolgimento della procedura Con l’attuale disciplina, la continuazione dell’esercizio dell’impresa è automatica (e non rimessa alla valutazione dell’autorità amministrativa) in quanto essenziale per la conservazione del complesso aziendale. Programma: Il commissario straordinario deve predisporre e presentare al ministero dello sviluppo economico un programma per il recupero dell’equilibro economico delle attività imprenditoriali. Optando per uno degli indirizzi alternativi previsti per legge: Programma di cessione dei complessi aziendali da realizzare entro un anno, programma di ristrutturazione da attirare entro due anni. L’esecuzione del programma è autorizzato dal ministero dello sviluppo economico, sentito il comitato di sorveglianza, entro 30 giorni dalla presentazione. Nel corso della procedura il programma può essere modificato o sostituito. Vendita di aziende: Il trasferimento in blocco dei beni aziendali è inoltre agevolato sotto piu profili. Può essere concesso un consistente sconto sul valore del complesso aziendale a chi acquista aziende non ancora risanate e che per ciò continuano a produrre perdite. Ripartizione dell’attivo L’attuale disciplina dell’amministrazione straordinaria regola anche la ripartizione dell’attivo prevedendo due forme di distribuzione: gli acconti e i riparti • Acconti: possono essere disposti dal commissario straordinario in qualsiasi momento della procedura, hanno carattere provvisorio e sono ripetibili. • I riparti: possono essere effettuati solo dopo che lo stato passivo è stato reso esecutivo, con l’osservanza della disciplina al riguardo dettata dalla legge fallimentare. Sono definitivi e non revocabili. Cessazione della procedura L’amministrazione straordinaria termina per conversione in fallimento o con la chiusura della procedura. Il gruppo insolvente Dichiarata insolvente e sottoposta a amministrazione straordinaria un impresa facente parte di un gruppo, alla stessa procedura sono sottoposte le altre imprese del gruppo, come individuate dall’art.80 che si trovano in stato di insolvenza. E ciò anche quando tali imprese non ricorrano agli specifici requisiti richiesti per l’ammissione all’amministrazione straordinaria, purchè le stesse presentino concrete prospettive di recupero all’equilibrio economico o comunque risulti opportuna la gestione unitaria dell’insolvenza nell’ambito del gruppo. Anche se sia stato già dichiarato il loro fallimento che si trasforma in amministrazione straordinaria. Autonomia patrimoniale È sempre necessario un distino accertamento dello stato di insolvenza delle singole imprese del gruppo, condotto con esclusivo riferimento alla propria situazione patrimoniale. L’amministrazione straordinaria speciale del d.l 347/2003 (decreto Marzano) Le procedure concorsuali regolavano solo l’insolvenza dell’imprenditore commerciale non piccolo. La composizione della crisi degli altri debitori restava invece affidata esclusivamente agli strumenti di diritto comune, e in particolare all’esecuzione forzata individuale. Il sistema delle procedure Una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento è stata introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento con il d.l 22-12-2011. Il testo della legge è stato in seguito in gran parte modificato dal decreto legge 18/10/2012. Il sistema delle procedure concorsuali destinate ai soggetti non fallibili si articola perciò in 3 istituti: una procedura di liquidazione giudiziaria di tutti i beni del debitore; una procedura in cui la crisi viene superata mediante un piano predisposto dal debitore ed accettato dalla maggioranza dei creditori. Lo stato di sovraindebitamento Presupposto oggettivo comune a tutte queste procedure è che il debitore si trovi in stato di sovraindebitamento. Vale a dire che si trovi in situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficolta di adempiere regolarmente. Potere di impulso Altra caratteristica comune alle procedure in esame è che esse sono concepite come un beneficio concesso al debitore. Solo il debitore pertanto può dare impulso ad un procedimento da sovraindebitamento, i creditori non sono legittimati a chiederne l’apertura,sebbene in teoria possano avere interesse alla composizione concorsuale della crisi A.La procedura di liquidazione del patrimonio. Apertura ed effetti della procedura Con la procedura di liquidazione del patrimonio il debitore in stato di sovraindebitamento chiede la liquidazione giudiziale di tutti i suoi beni affinché il ricavato sia distribuito ai creditori secondo il principio del parcondicio creditorium. Ambito di applicazione Possono presentare domanda di liquidazione del patrimonio i debitori non soggetti ad altre procedure concorsuali fuorché quelle disciplinate dalla legge: consumatori, professionisti, start up, imprese commerciali che non superano soglie di fallibilità, imprenditori agricoli. Domanda di ammissione La domanda si propone con ricorso al tribunale del luogo dove il debitore ha residenza o la sede principale. Ad essa vanno allegati una serie di documenti: l’inventario di tutti i beni del debitore, l’elenco dei creditori, l’elenco degli atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni, le dichiarazioni dei redditi negli ultimi 3 anni, la certificazione del nucleo familiare del debitore con l’elenco delle spese correnti necessarie per il sostentamento della famiglia. Nella presentazione della domanda il debitore deve farsi assistere da un organismo di composizione della crisi iscritto nell’apposito albo tenuto dal ministero della giustizia. L’organismo di composizione della crisi deve verificare la veridicità dei dati contenuti nella domanda di ammissione e negli allegati e riferire in un spostiamo relazione sulle cause della crisi, sulla diligenza del debitore nell’assumere le obbligazione, capacità di adempiere. Apertura della procedura Se ritiene validi i requisiti il giudice ammette con decreto il debitore alla procedura e nomina contestualmente il liquidatore, prescelto fra i professionisti in possesso dei requisiti per la nomina come curatore fallimentare. Può essere nominato liquidatore anche l’organismo di composizione della crisi. Effetti patrimoniali per il debitore L’apertura della procedura di liquidazione determina per il debitore effetti patrimoniali analoghi a quelli del fallimento. La liquidazione ha ad oggetto l’intero patrimonio del debitore salvo alcune eccezioni, in larga parte coincidenti dallo spossamento fallimentare. Beni sopravvenuti La liquidazione si estende ai beni che prevengono al debitore nei 4 anni successivi al deposito della domanda di ammissione Durante la procedura il patrimonio oggetto di liquidazione è amministrato dal liquidatore, salvo che il giudice non ritenga, in presenza di gravi ragioni di autorizzare il debitore ad utilizzare alcuni beni. A carico del debitore ammesso alla procedura di liquidazione non si producono invece gli effetti personali e quelli penali del fallimento. Effetti per i creditori. Divieto di azioni individuali È invece dettata una disciplina sia pur lacunosa, degli effetti della procedura per i creditori, ispirata ai principi della disciplina fallimentare. I creditori per titolo a casuale anteriore al decreto di apertura di liquidazione devono far valere le loro pretese esclusivamente nell’ambito della procedura concorsuale, al fine di consentire l’attuazione del principio della par condicio creditorium. Liquidazione del patrimonio ed esdebitazione Programma di liquidazione Il liquidatore deve formare l’inventario dei beni da liquidare ed elaborare entro i successivi trenta giorni, un programma di liquidazione, che comunica al debitore ed ai creditori e deposita presso la cancelleria del tribunale. Procedure di vendita Le vendite devono essere effettuate dal liquidatore mediante procedure competitive adeguatamente pubblicizzate e lo stesso può avvalersi di soggetti specializzati per lo svolgimento della procedura di vendita. Chiusura della procedura La procedura Romande aperta sino alla completa esecuzione del programma di liquidazione, per una durata minima di 4 anni successivi al deposito della domanda di ammissione. Esdebitazione Al termine della procedura, il debitore persona fisica è ammesso al beneficio dell’esdebitazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali. Non è meritevole il debitore al quale è imputabile lo stato di sovraindebitamento per aver fatto ricorso al credito in modo colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali Procedimento In presenza dei sopra indicati requisiti, l’esdebitazione viene concessa dal giudice su richiesta del debitore, da presentare entro un anno dalla chiusura della procedura. Per effetto del decreto di esdebitazione, tutti i crediti concorsuali ancora insoddisfatti sono dichiarati inesigibili. B.le procedure di composizione della crisi di sovraindebitamento L’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento: proposta ed effetti: Sotto il nome di procedure di composizione delle crisi di sovraindebitamento la legge 3/2012 raggruppa due procedure – l’accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore L’accordo deve essere raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 60 % dei crediti. Per facilitare l’approvazione della proposta, opera un meccanismo di silenzio-assenso. Omologazione In sede di omologazione, il giudice verifica il raggiungimento della necessaria maggioranza, l’idoneità del piano ad assicurare il pagamento integrale dei crediti per i quali non è ammessa riduzione. L’accordo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità del decreto di ammissione. Liquidatore Intervenuta l’omologazione, si passa alla fase di esecuzione, alla quale provvede il debitore stesso oppure un liquidatore nominato dal giudice fra soggetti in possesso dei requisiti per la nomina come curatore fallimentare. Nella fase di esecuzione l’organismo di composizione della crisi vigila sull’esatto adempimento dell’accordo, segnalando ai creditori ogni irregolarità riscontrata. Revoca e annullamento L’accordo raggiunto con i creditori può essere revocato, risolto o annullato. È revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frondare le ragioni del creditore. Risoluzione dell’accordo La risoluzione può avvenire a. Quando il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti b. Per il mancato pagamento di crediti per i quali non è consentito proporre l’adempimento parziale. I creditori possono domandare la risoluzione dell’accordo anche quando l’esecuzione dello stesso è diventata impossibile per ragioni non imputabili al debitore. Conversione della procedura È possibile la conversione della procedura di composizione della crisi in una procedura di liquidazione del patrimonio. La conversione è esclusa in caso di risoluzione dell’accordo per causa non imputabile al debitore Il piano consumatore In alternativa alla proposta di accordo di composizione della crisi, il consumatore che versi in stato di sovraindebitamento può regolare i rapporti con i creditori mediale la piu agevole procedura, il piano del consumatore introdotta dalla legge 27/1/2012. Per consumatore si intende la persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. A differenza dell’accordo di composizione della crisi, la presentazione della proposta non comporta la sospensione automatica delle azioni esecutive individuali dei creditori prima dell’omologazione salvo che sia diversamente disposto dal decreto di apertura.
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