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Figura Giuridica dell'Imprenditore: Piccolo Imprenditore, Società, Fine Attività, Sintesi del corso di Diritto Commerciale

La figura giuridica dell'imprenditore in nostro sistema legale, con un focus sulla distinzione tra piccolo imprenditore, impresa societaria, e la fine dell'attività. I criteri di distinzione, i poteri amministrativi, e i privilegi delle imprese sociali. Inoltre, viene discusso il concetto di esercizio dell'impresa tramite interposta persona e l'imprenditore occulto.

Tipologia: Sintesi del corso

2010/2011

Caricato il 17/01/2011

shinzo88
shinzo88 🇮🇹

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Scarica Figura Giuridica dell'Imprenditore: Piccolo Imprenditore, Società, Fine Attività e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! Diritto Commerciale Il diritto commerciale è quella parte di diritto privato che ha per oggetto l’attività e gli atti dell’impresa. Nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attività economiche ruota intorno alla figura dell’imprenditore; il codice civile distingue diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a tre criteri:  L’oggetto dell’impresa, che determina la distinzione fra imprenditore agricolo e imprenditore commerciale.  La dimensione dell’impresa, in base alla quale è individuato il piccolo imprenditore e l’imprenditore medio-grande.  La natura del soggetto che esercita l’impresa, che determina la tripartizione legislativa fra impresa individuale, impresa di società ed impresa pubblica. Tutti gli imprenditori sono assoggettati ad una disciplina base comune, ovvero lo statuto generale dell’imprenditore che comprende parte della disciplina dell’azienda , dei segni distintivi della tutela della concorrenza e del mercato. Rientrano nello statuto dell’imprenditore commerciale: l’iscrizione nel registro delle imprese, la disciplina della rappresentanza commerciale, le scritture contabili, il fallimento e le altre procedure concorsuali. 2. NOZIONE DI IMPRENDITORE Secondo l’art. 2082 << E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi >> Accanto a questa nozione giuridica vi è anche la nozione economica, secondo la quale <<è imprenditore colui che svolge una funzione intermediaria fra chi fornisce i fattori produttivi e chi domanda i prodotti finiti>>. Nello svolgimento di tale funzione l’imprenditore adotta infatti tutte le scelte tecniche ed economiche necessarie per il processo produttivo ( funzione organizzativa ) assumendosi il rischio di impresa, cioè il rischio che una scarsa domanda dei consumatori comporti un’ eccedenza dei costi sui ricavi e quindi una perdita. Sempre l’art. 2082 fissa i requisiti minimi che devono sussistere perche un dato soggetto sia qualificato come imprenditore e quindi che sia esposto all’applicazione delle norme del codice civile dettate per l’impresa e per l’imprenditore; e si ricava che l’impresa deve svolgere un’attività produttiva organizzata, svolta con metodo economico-professionale finalizzata alla produzione o lo scambio di beni e servizi. Per qualificare un’attività come produttiva è irrilevante la natura dei beni o servizi prodotti ed il tipo di bisogno che essi sono destinati a soddisfare, può perciò costituire l’attività d’impresa anche la produzione di servizi di natura assistenziale, culturale o ricreativa. Non è impresa però l’attività di mero godimento; cioè l’attività che non dà luogo alla produzione di nuovi beni e servizi (es. il proprietario di immobili che ne gode i frutti concedendoli in locazione). Mentre è attività di godimento e produttiva l’attività del proprietario di un immobile che adibisca lo stesso ad albergo. Anche l’impiego del proprio denaro nella compravendita di strumenti finanziario costituisce un’attività di produzione e di godimento. 3. IMPRENDITORE AGRICOLO E IMPRENDITORE COMMERCIALE CAP II Il codice civile in base all’ oggetto dell’attività d’impresa, distingue tra :  imprenditore commerciale, art. 2195;  imprenditore agricolo, art. 2135. È imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse; si reputano connesse quelle attività dirette alla trasformazione o alla vendita dei prodotti agricoli. Connessione soggettiva: il soggetto che esercita attività connessa debba già essere qualificabile come imprenditore; Connessione oggettiva: le attività agricole essenziali devono prevalere su quelle connesse per il criterio della prevalenza, criterio per il quale è necessario che si tratti solo di attività aventi ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente da beni o servizi forniti mediante l’utilizzazione di attrezzature o risorse dell’azienda agricola. È imprenditore commerciale chi esercita:  un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi,  un'attività intermediaria nella circolazione dei beni,  un'attività di trasporto per terra, o per acqua o per aria;  un'attività bancaria o assicurativa;  altre attività ausiliarie delle precedenti, come: di agenzia, di mediazione, di spedizione. Gli elementi che individuano e distinguono l’impresa commerciale rispetto all’impresa agricola sono tutti racchiusi nel carattere industriale dell’attività di produzione dei beni o servizi o nel carattere intermediario dell’attività di scambio. 4. IL CRITERIO DIMENSIONALE. PICCOLO IMPRENDITORE La dimensione dell’impresa è il secondo criterio con cui il codice civile individua la figura del piccolo imprenditore in contrapposizione all’imprenditore medio - grande. Anche il piccolo imprenditore permette di limitare l’ambito di applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale, per questo è sottoposto soltanto allo statuto generale dell’imprenditore ed è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili, dall’assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali; però come l’imprenditore agricolo è obbligato all’iscrizione presso il registro delle imprese con la differente funzione di pubblicità notizia. Accanto a questa disciplina più favorevole e poi destinatario di una legislazione speciale, voluta dal legislatore per favorirne la sopravvivenza e lo sviluppo attraverso agevolazioni finanziarie, fiscali, tributarie. 5. IL PICCOLO IMPRENDITORE NEL CODICE CIVILE La nozione giuridica dettata dall'art. 2083 c.c. recita che: “è piccolo imprenditore il coltivatore diretto del fondo, l’artigiano, il piccolo commerciante, nonché colui che esercita un’attività professionale organizzata prevalentemente con il proprio lavoro e quello dei propri familiari”. Il piccolo imprenditore non è però disciplinato soltanto dal codice ma anche dalla legge fallimentare. La versione originaria dell'art.1 della legge fallimentare ha costituito per gli interpreti un vero e proprio rompicapo, tanto da essere stata più volte riformata. Con la riforma del 2006 e poi del 2007 si è allora proceduto ad innovare il contenuto dell’art. 1 della legge fallimentare al fine di prevedere e applicare una disciplina omogenea ed uniforme, tra codice civile e legge fallimentare. La nuova disposizione fallimentare non definisce più chi è il piccolo imprenditore ma semplicemente individua alcuni parametri dimensionali dell'impresa, al di sotto dei quali l'imprenditore commerciale non fallisce. In base alla attuale disciplina, dunque, non è soggetto a fallimento l'imprenditore che dimostri il possesso congiunto dei seguenti requisiti: 1 di aver avuto, nei tre esercizi antecedenti l'istanza di fallimento, un attivo patrimoniale non superiore a 300.000 €; 2 di aver realizzato, nei tre esercizi antecedenti l’istanza di fallimento, ricavi lordi non superiori a 200.000 €; 3 avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a 500.000 €. Basta aver superato anche solo uno degli indicati limiti dimensionali per essere esposti a fallimento. L’attività di impresa può essere svolta anche dallo Stato e dagli altri enti pubblici. E’ possibile distinguere 3 forme di intervento dei pubblici poteri nel settore dell’economia: 1 imprese organo, quando lo stato o altro ente pubblico svolgono un’attività d’impresa in via secondaria ed accessoria rispetto ai fini istituzionali dello stato o ente pubblico stesso. Esse sono implicitamente esonerate dallo statuto dell’imprenditore commerciale secondo quanto stabilito dall’art. 2201 che le sottrae all’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese e di conseguenza anche al fallimento. 2 enti pubblici economici quando invece lo stato e gli altri enti pubblici svolgono un’attività d’impresa in via esclusiva o principale. Sono sottoposti allo statuto generale dell’imprenditore se l’attività svolta non è commerciale, invece allo statuto dell’imprenditore commerciale se l’attività è commerciale, con la sola eccezione dell’esonero dal fallimento e dalle procedure concorsuali sostituiti dalla liquidazione coatta amministrativa o da altre procedure previste dalle leggi speciali. 3 società con partecipazione pubblica, quando lo stato e gli enti pubblici svolgono attività di impresa servendosi di strutture di diritto privato di cui hanno una partecipazione totalitaria, di maggioranza o di minoranza. In questo caso, l’impresa si presenta formalmente come un’impresa societaria privata ma le azioni o quote appartengono allo Stato o ad altro ente pubblico. Perciò sono soggetti allo statuto dell’imprenditore commerciale come ogni altra società. 10. L’IMPRESA SOCIALE “E’ impresa sociale ogni organizzazione privata che esercita in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale”. L’impresa sociale come le imprese collettive non ha quindi scopo di lucro ed è impresa in base all’art. 2082, in quanto attività produttiva organizzata, svolta con metodo economico e in modo professionale, diretta alla produzione e allo scambio di beni e servizi di natura sociale. La principale differenza, con le imprese collettive prima viste, è che in nessun caso è consentito distribuire gli utili eventualmente conseguiti fra soci, lavoratori, amministratori ecc. I cosiddetti avanzi di gestione verranno infatti destinati allo svolgimento dell’attività d’impresa o all’incremento del patrimonio dell’ente, sul quale grava un vincolo di indisponibilità, in quanto né durante l’esercizio dell’impresa né dopo lo scioglimento sarà possibile distribuire fondi o riserve a vantaggio di coloro che fanno parte dell’organizzazione, e in caso di cessazione dell’impresa il patrimonio residuo sarà devoluto ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale, associazioni, comitati, fondazioni, enti ecclesiastici ecc. Proprio per l’interesse generale che persegue il legislatore ha consentito loro alcuni privilegi:  potersi organizzare in qualsiasi forma di organizzazione privata, cioè l’impresa può optare liberamente per una delle forme societarie tipiche indipendentemente dallo scopo lucrativo, e possono anche formare fra loro un gruppo di imprese: holding.  poter limitare a certe condizioni la responsabilità patrimoniale dei partecipanti, anche quando si è scelta una forma giuridica che prevedrebbe la responsabilità personale illimitata di costoro. Più precisamente se l’impresa sociale è dotata di un patrimonio netto di almeno 20.000 €, dal momento dell’iscrizione nel registro delle imprese, risponde delle obbligazioni assunte soltanto l’organizzazione con il suo patrimonio; se però il patrimonio dovesse diminuire per perdite di oltre un terzo ( a meno di 13.333 euro), delle obbligazioni assunte ne rispondono personalmente e solidalmente anche e solo coloro che hanno agito in nome e per conto dell’impresa, escludendo gli altri soci. Le imprese sociali, in quanto imprese ex art. 2082, sono dunque soggette allo statuto dell’imprenditore commerciale, sia che l’attività abbia natura agricola sia commerciale dovendo:  iscriversi in un’apposita sezione del registro delle imprese;  redigere le scritture contabili;  in caso di insolvenza, essere assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa, invece che a fallimento, come gli enti pubblici economici. Devono inoltre costituirsi per atto pubblico, dovendo l’atto costitutivo contenere: 1 l’oggetto sociale; 2 l’assenza dello scopo di lucro; 3 la denominazione dell’ente, integrata dalla locuzione impresa sociale; 4 i requisiti e le regole per la nomina dei componenti delle cariche sociali; 5 i requisiti di ammissione ed esclusione dei soci; 6 una forma di controllo contabile affidato ad uno o più revisori contabili; 7 una forma di controllo di legalità della gestione e del rispetto dei principi di corretta amministrazione, riservato ad uno o più sindaci cui è riconosciuto il potere di ispezione, di controllo e di chiedere notizie agli amministratori. Le imprese sociali sono poi sottoposte a controlli esterni da parte del Ministero del Lavoro, che può procedere ad ispezioni e disporre la perdita della qualifica di impresa sociale nel caso in cui dovesse rilevare l’assenza delle condizioni per il riconoscimento di impresa sociale (natura di ente privato, attività in settori di utilità sociale, assenza dello scopo di lucro, indipendenza da enti pubblici o imprese lucrative) o la violazione della disciplina relativa se l’impresa non rimedia entro un congruo termine. Ne consegue la cancellazione dell’impresa dal registro e l’obbligo di devolvere il patrimonio ad altri enti non lucrativi. 11. ESERCIZIO DIRETTO DELL’ATTIVITA’ DI IMPRESA CAP III L’individuazione del soggetto cui è applicabile la disciplina dell’attività di impresa non solleva problemi quando gli atti di impresa sono compiuti direttamente dall’interessato o da un terzo che agisce come suo rappresentante. È infatti principio generale della spendita del nome, che gli effetti degli atti giuridici ricadono sul soggetto il cui nome è stato validamente speso nel traffico giuridico. Questo principio si ricava dalla disciplina de mandato. Il mandato (art. 1703) è quel contratto con il quale una parte, detta mandatario, si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto di un’altra parte, detta mandante. Fondamentale distinzione è quella tra:  mandato con rappresentanza, quando il mandatario è legittimato ad agire non solo per conto ma anche in nome del mandante; quindi tutti gli atti posti in essere dal mandatario, con i terzi, automaticamente si riflettono sulla persona del mandante il cui nome è stato speso. Perché ciò si verifichi è però necessaria un’espressa manifestazione di volontà del mandante che abiliti il mandatario ad agire: la procura;  mandato senza rappresentanza, quando invece il mandatario è legittimato ad agire solo per conto del mandante ma in nome proprio; quindi tutti gli atti posti in essere dal mandatario, con i terzi, automaticamente si riflettono sulla sua persona il cui nome è stato speso (non su quella del mandante sconosciuta ai terzi). E’ questa l’ipotesi di applicazione del principio della spendita del nome. In entrambi i casi il reale interessato è sempre il mandante. Si vengono a creare così due diverse situazioni: 1 se il mandatario agisce con rappresentanza l’attività d’impresa è formalmente e sostanzialmente imputata al mandante, quale reale interessato e colui che acquista la qualità d’imprenditore; 2 se invece il mandatario agisce senza rappresentanza l’attività d’impresa è formalmente imputata al mandatario, il cui nome è stato speso e che per questo acquista la qualità d’imprenditore, mentre è sostanzialmente imputata al mandante, che resta il reale interessato. 12. ESERCIZIO INDIRETTO DELL’ATTIVITA’ Di IMPRESA E LA TEORIA DELL’ IMPRENDITORE OCCULTO. In virtù di questa seconda situazione si viene a determinare una dissociazione fra il soggetto cui è formalmente imputabile la qualità di imprenditore ed il reale interessato, fenomeno detto esercizio dell’impresa tramite interposta persona. Si hanno due soggetti: 1 il soggetto che compie in nome proprio i singoli atti di impresa, detto imprenditore palese o prestanome; 2 il soggetto che somministra al prestanome i mezzi finanziari necessari, dirige di fatto l’impresa e fa propri i guadagni, detto imprenditore occulto o indiretto. Questo modo di operare solleva dei seri problemi quando gli affari dell’impresa vanno male e il prestanome sia nullatenente o abbia un capitale irrisorio (etichetta o società di comodo) tale da non potere soddisfare i creditori e creare su di loro notevoli ripercussioni. In questo caso infatti i creditori potranno solo provocare il fallimento del prestanome ma non potranno rifarsi sull’imprenditore occulto, che di fatto e per legge è rimasto estraneo ai rapporti giuridici sorti. Parte della dottrina ha ritenuto di poter ovviare a questi pericoli applicando un ulteriore principio e introducendo un’apposita teoria quella dell’imprenditore occulto che consentirebbe di imputare anche all’imprenditore occulto i debiti contratti dall’imprenditore palese, e quindi sottoporlo con esso al fallimento (principio della responsabilità cumulativa dell’imprenditore palese e dell’imprenditore occulto, che si basa sulla cosiddetta inscindibilità del rapporto del rapporto potere- responsabilità: chi ha il potere di gestione di un’impresa ne ha automaticamente e necessariamente anche la responsabilità). L’art 147 della legge fallimentare prevede innanzitutto 2 ipotesi:  socio occulto di società palese la dichiarazione di fallimento di una società, con soci a responsabilità illimitata produce anche il fallimento di tali soci, illimitatamente responsabili; se dopo la dichiarazione di fallimento della società emerge l’esistenza di altri soci occulti illimitatamente responsabili, il tribunale dichiara anche il fallimento di essi;  socio occulto di società occulta la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, la cui attività d’impresa risulta essere riferibile ad una società – occulta – di cui il fallito è a sua volta socio occulto illimitatamente responsabile, comporta anche il fallimento della società occulta e di tutti gli altri soci occulti, la cui esistenza è emersa dopo la dichiarazione di fallimento stessa; 13. CRITICA. L’IMPUTAZIONE DEI DEBITI Di IMPRESA. Vediamo quindi di capire perché la teoria dell’imprenditore occulto, che poggia sul criterio sostanziale della responsabilità cumulativa e di inscindibilità del potere–responsabilità, e che si giustifica sulla base dell’art. 147 della legge fallimentare, non può essere accettata.  La legge fallimentare da un lato lega le due ipotesi previste tramite il criterio della “partecipazione a società di persone” il che comporta che tutti i suoi soci sono illimitatamente responsabili per le obbligazioni assunte sia in nome della società che in nome dei soci. Se quindi i soci vogliono limitare la loro responsabilità non principale della loro attività.  sezioni speciali, dove sono iscritti gli imprenditori cui l’obbligo di iscrizione è stato esteso successivamente, con effetti di pubblicità notizia, cioè: 1 gli imprenditori agricoli individuali; 2 i piccoli imprenditori e gli imprenditori artigiani qualificabili come piccoli imprenditori; 3 le società semplici; 4 le società tra professionisti come le società fra avvocati; 5 le società o gli enti che esercitano attività di direzione e coordinamento su altre società e quelle che vi sono soggette; 6 le imprese sociali, anche se ancora manca il regolamento attuativo. Gli atti e i fatti da registrare sono specificati da una serie di norme e sono diversi a seconda della struttura soggettiva dell’impresa, riguardan gli elementi di individuazione dell’imprenditore e dell’impresa, nonché la struttura e l’organizzazione delle società. Le iscrizioni devono essere fatte nel registro delle imprese della provincia in cui l’ impresa ha sede e sono eseguite su domanda dell’interessato ma possono avvenire anche d’ufficio se l’iscrizione è obbligatoria e l’interessato non vi provvede. D’ufficio può essere disposta anche la cancellazione di un’iscrizione avvenuta senza che esistano le condizioni richieste dalla legge oppure dell’impresa che ha cessato l’attività e l’imprenditore non vi ha provveduto. In ogni caso, l’ufficio del registro, prima di procedere all’iscrizione, deve provvedere al cosiddetto controllo di legalità formale, cioè deve controllare che il fatto o l’atto sia effettivamente soggetto ad iscrizione, che la documentazione relativa sia formalmente regolare, nonché l’esistenza e la veridicità dell’atto o del fatto. È controverso invece se il controllo dell’ufficio possa investire anche la validità dell’atto e quindi possa rilevare cause di nullità dell’atto stesso oppure no, cosiddetto controllo di legalità sostanziale; si stabilisce però che l’ufficio del registro può e deve verificare solo la regolarità formale della documentazione presentata. Una volta accertata la regolarità dell’atto o del fatto l’iscrizione deve essere eseguita e resa pubblica mediante inserimento dei dati relativi nella memoria informatica; nel caso invece di eventuale provvedimento motivato di rifiuto dell’iscrizione, il richiedente potrà ricorrere al giudice del registro, e contro l’ulteriore rifiuto potrà presentare ricorso al tribunale il quale disporrà definitivamente l’iscrizione o la cancellazione di ufficio. L’inosservanza dell’iscrizione al registro delle imprese è punita con sanzioni amministrative pecuniarie e con sanzione indirette (come l’impossibilità di applicare l’art. 10 della legge fallimentare per la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’attività). Per quanto riguarda gli effetti dell’iscrizione, questi variano a seconda che l’iscrizione avvenga nella sezione ordinaria o nelle sezioni speciali. L’iscrizione nella sezione ordinaria, che abbiamo detto ha sempre funzione di pubblicità legale, può avere efficacia dichiarativa, costitutiva o normativa. Si ha efficacia dichiarativa quando gli atti o i fatti registrati sono opponibili a chiunque ne eccepisca l’ignoranza o la non conoscenza e lo sono immediatamente, dal momento stesso della loro registrazione - efficacia positiva immediata. Viceversa l’omessa iscrizione impedisce che il fatto o l’atto possa essere opposto ai terzi - efficacia negativa - e in questo caso l’imprenditore dovrà dimostrare che, nonostante l’omessa registrazione, i terzi hanno avuto ugualmente conoscenza effettiva del fatto o dell’atto (prova chiaramente più difficile da ottenere). Si ha poi efficacia costitutiva quando l’iscrizione è presupposto affinché produca i suoi effetti, sia fra le parti che nei confronti dei terzi - efficacia costitutiva totale, oppure solo nei confronti dei terzi - efficacia costitutiva parziale. Si ha infine efficacia normativa quando l’iscrizione nella sezione ordinaria è presupposto per l’applicazione di un determinato regime giuridico. Le società di persone come la s.n.c. e la s.a.s. vengono ad esistenza anche se non registrate (società irregolari), ma la mancata registrazione impedisce che su di esse operi il regime di autonomia patrimoniale proprio e venga invece applicato il regime più gravoso. L’iscrizione nelle sezioni speciali del registro invece ha solo funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, tranne che per gli imprenditori agricoli, anche piccoli e per le società semplici esercenti attività agricola, la cui iscrizione ha invece efficacia di pubblicità legale, proprio come l’imprenditore commerciale. Infine per quanto riguarda la pubblicità delle società di capitali e le società cooperative vigono due differenze:  gli atti iscritti non sono immediatamente opponibili ai terzi ma lo diventano solo dopo 15 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese.  per alcuni atti è prevista la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale anziché nel registro delle imprese. 19. L’OBBLIGO DI TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI Le scritture contabili sono documenti importanti nella vita di un’impresa perché permettono di conoscere ed accertare in qualsiasi momento la qualità e la quantità del patrimonio del’imprenditore, ovvero conoscere e accertare periodicamente la consistenza quantitativa del patrimonio attraverso le attività e passività, nonché la consistenza monetaria attraverso i costi e i ricavi realizzati nello stesso periodo, al fine di verificare quale risultato sia stato conseguito: un utile o una perdita. 20. LE SCRITTURE CONTABILI OBBLIGATORIE. REGOLARITA’ E CONTROLLLO Le scritture necessarie per un’ordinata contabilità variano a seconda del tipo di attività, delle dimensioni e dell’articolazione territoriale dell’impresa. L’art. 2214 al riguardo stabilisce che: “l’imprenditore deve tenere tutte le scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’ impresa. In ogni caso devono essere tenuti il libro giornale, il libro degli inventari e gli originali della corrispondenza commerciale inviata e ricevuta”. Nello specifico  il libro giornale è un registro cronologico - dettagliato in cui sono indicate giorno per giorno tutte le operazioni compiute inerenti all’esercizio d’impresa . Non è necessario che le operazione siano registrate nel giorno preciso in cui sono compiute, basta che seguano l’ordine in cui vengono compiute;  il libro degli inventari è un registro periodico – sistematico, che deve essere redatto all’inizio dell’impresa e successivamente ogni anno. L’inventario ha infatti la funzione di fornire il quadro completo della situazione patrimoniale dell’imprenditore. Si chiude con il bilancio e con il conto economico, che rispettivamente rappresentano lo stato patrimoniale e il risultato economico dell’impresa alla chiusura dell’esercizio finanziario, e che devono dimostrare gli utili conseguiti o le perdite subite. In base alla natura e alle dimensioni dell’impresa, l’imprenditore è obbligato poi alla tenuta di altre scritture contabili come il libro mastro, libro cassa, libro magazzino, ecc. Per garantire invece la veridicità delle scritture contabili è imposta l’osservanza di alcune regole formali e sostanziali la cui violazione rende le scritture irregolari e quindi giuridicamente irrilevanti. In base all’attuale disciplina il libro giornale e il libro degli inventari devono essere numerati progressivamente in ogni pagina prima di essere messi in uso. Le scritture contabili e la corrispondenza devono infine essere conservati per 10 anni e qualora vengano tenute con sistemi informatici è necessario che sia garantita la corrispondenza delle registrazioni ai documenti e che in ogni momento possano essere rese leggibili. L’eventuale violazione da parte dell’imprenditore di tale obbligo non comporta inoltre nessuna sanzione generale e diretta, salvo quelle previste dalla legislazione tributaria, mentre non mancano quelle eventuali ed indirette come quella che impedisce all’imprenditore irregolare di utilizzarle come mezzo di prova a suo favore. Di regola le scritture contabili non sono soggette a controllo esterno anche se a partire dal 1975 è stato previsto un controllo esterno di apposite società di revisione. 21. LA RILEVANZA ESTERNA DELLE ED EFFICACIA PROBATORIA. Le scritture contabili sono destinate in via di principio a restare nella sfera interna dell’imprenditore; fanno eccezione il bilancio delle società di capitali e delle società cooperative che devono essere resi pubblici mediante deposito presso l’ufficio del registro delle imprese. Nelle imprese soggette al controllo pubblico, come le società con azioni quotate in borsa, imprese bancarie,ecc. il diritto al segreto non sussiste nei confronti dell’organo pubblico preposto alla vigilanza. L’ipotesi più significativa di rilevanza esterna delle scritture contabili si ha sul piano processuale, potendo le stesse essere utilizzate come mezzo di prova sia a favore che contro l’imprenditore che le tiene; infatti le scritture contabili, anche se non tenute regolarmente, potranno essere utilizzate dai terzi come mezzo processuale di prova contro l’imprenditore che le tiene, il quale a sua volta potrà dimostrare con qualsiasi mezzo che le proprie scritture non rispondono a verità. Affinché l’imprenditore possa usare le proprie scritture contabili come mezzo processuale di prova contro i terzi è però necessario che ricorrano tre condizioni: 1 le scritture devono essere regolarmente tenute; 2 la controparte sia a sua volta un imprenditore; 3 la controversia sia relativa a rapporti inerenti l’esercizio dell’impresa. In ogni caso, è rimesso all’apprezzamento del giudice riconoscere valore probatorio alle scritture contabili, il giudice può chiedere, di ufficio o su istanza di parte, solo l’esibizione di singole scritture contabili, o di tutti i libri contabili, ma solo per estrarne le registrazioni concernenti la controversia in esame. In soli tre casi il giudice può invece ordinare la comunicazione alla controparte di tutte le scritture contabili. Per controversie relative: 1 allo scioglimento della società, 2 alla comunione dei beni, 3 alla successione per causa di morte. 22. AUSILIARI DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE E RAPPRESENTANZA Nello svolgimento della propria attività l’imprenditore può avvalersi della collaborazione di altri soggetti, quali: 1 soggetti intern con un rapporto di lavoro subordinato che li lega all’imprenditore, detti ausiliari interni o subordinati; 2 soggetti esterni che collaborano con l’imprenditore in modo occasionale o stabile, detti ausiliari esterni o autonomi. In entrambi i casi la collaborazione può riguardare anche la conclusione di affari con terzi in nome e per conto dell’imprenditore. Il fenomeno della rappresentanza è regolato sia da:  norme generali sulla rappresentanza in generale, con gli art. 1387 - 1400 del codice civile;  norme speciali sulla rappresentanza commerciale quando si tratta di alcune figure di ausiliari interni, quali institori, procuratori e commessi. In merito alle prime, il potere conferito al rappresentante di compiere uno o più atti materiali e in virtù di tali mansioni viene loro riconosciuto un potere di rappresentanza dell’imprenditore. Salva espressa autorizzazione, i commessi: a. non possono concedere dilazioni o sconti non in uso; b. non possono derogare alle condizioni generali di contratto predisposte dall’imprenditore; c. se preposti alla vendita nei locali dell’impresa, non possono esigere il prezzo fuori dei locali stessi. L’imprenditore potrà limitare o ampliare tali poteri senza che sia necessaria la conseguente registrazione e pubblicazione. 26. LA NOZIONE DI AZIENDA. ORGANIZZAZIONE ED AVVIAMENTO CAP.V Secondo l’art. 2555: “l'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l' esercizio dell'impresa”.  l’azienda è:  il mezzo attraverso cui si può esercitare l’impresa,  l’elemento statico dell’impresa,  rappresentata da beni strumentali, organizzati funzionalmente dall’imprenditore per lo svolgimento della propria attività;  l’impresa è invece:  l’organizzazione e il compimento coordinato degli atti d’impresa, tramite i beni che rappresentano l’azienda,  è l’elemento dinamico dell’attività produttiva. L’azienda è un insieme coordinato e organizzato di beni eterogenei, che subisce modificazioni qualitative e quantitative nel corso dell’attività, finalizzato ad un’unitaria destinazione e ad uno specifico fine produttivo. Essa va valutata sia per il valore dei singoli beni che la compongono sia per il valore che nel complesso unitario fornisce all’impresa, un maggior valore di scambio che viene definito avviamento. L’avviamento di un’azienda è sostanzialmente rappresentato dalla sua capacità di realizzare un profitto e dipende da fattori sia oggettivi che soggettivi.  l’avviamento oggettivo, dipende da fattori oggettivi indipendenti dalla persona dell’imprenditore.  l’avviamento soggettivo, dipende invece da fattori soggettivi dipendenti alle abilità dell’imprenditore sul mercato ed in particolare alla sua abilità nel formare, conservare e accrescere la clientela. Sotto l’aspetto normativo, l’unità economica e funzionale dell’azienda non trova una specifica disciplina, per questo ci si rifà alla disciplina dettata dal codice civile per il trasferimento dell’azienda, cioè il passaggio dell’azienda da un soggetto ad un altro che comporta determinati effetti ex lege finalizzati alla conservazione dell’unità economica e funzionale nonché del valore di avviamento dell’azienda. 27. LA VENDITA DELL’AZIENDA. IL DIVIETO DI CONCORRENZA DELL’ALIENANTE L’alienazione dell’azienda produce ex lege degli effetti che riguardano: 1 il divieto di concorrenza dell’alienante, art. 2557 ; 2 la successione nei contratti, art. 2558; 3 la cessione dei crediti, art. 2559; 4 i debiti aziendali, art. 2560. Divieto di concorrenza: “chi vende un’azienda commerciale deve astenersi, per un periodo massimo di 5 anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che possa per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze, sviare la clientela dall’azienda ceduta. Se l’azienda è agricola, il divieto opera solo per le attività connesse. La norma permette di soddisfare due esigenze opposte:  quella dell’acquirente dell’azienda, di trattenere la clientela dell’impresa e quindi di godere dell’avviamento soggettivo;  quella dell’alienante, di non comprimere la propria libertà di iniziativa economica oltre un certo periodo (5 anni), ritenuto sufficiente per consentire all’ acquirente di consolidare la propria clientela. Il divieto di concorrenza non è però un divieto assoluto bensì derogabile ed ha carattere relativo, nel senso che parti possono anche ampliare la portata dell’obbligo di astensione purché non sia impedita ogni attività professionale dell’alienante oltre un lasso di tempo considerato eccessivo, infatti è vietato prolungare oltre i cinque anni la durata del divieto. Il divieto di concorrenza oltre che in caso di vendita volontaria si applica anche in caso di vendita coattiva gravando sul fallito e in caso di usufrutto e di locazione gravando in capo al nudo proprietario e al locatore. L’applicazione del divieto di concorrenza è, invece, controverso: 1 nella divisione ereditaria con assegnazione dell’azienda, caduta in successione, a uno degli eredi; 2 nello scioglimento di una società con assegnazione dell’azienda sociale ad uno dei soci quale quota di liquidazione; 3 vendita della partecipazione sociale, totale o parziale, di controllo in una società di persone o di capitali. Il divieto di concorrenza spesso non è rispettato, come quando si vende l’azienda e se ne apre un’ altra concorrente avvalendosi di un prestanome.
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