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diritto commerciale unimi riassunto , Sintesi del corso di Diritto Commerciale

riassunto del libro diritto commerciale presti rescigno

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica diritto commerciale unimi riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! DIRITTO COMMERCIALE. LEZIONE 1 IL DIRITTO COMMERCIALE Caratteristiche costanti nel tempo del diritto commerciale sono la specialità rispetto al diritto privato e l'universalità. La specialità tende ad affrancare il diritto commerciale dal diritto privato e ad affermare il bisogno di regole particolari per la business community. L’universalità tende a rivendicare una legittimazione alternativa rispetto a quella statuale e a costruire regole che valgano a prescindere dalla specifica localizzazione dei rapporti sia per agevolare quelli con i mercati esteri, sia per cercare per ogni fase del ciclo economico il luogo più conveniente. La nascita del diritto commerciale è collocata sulla fine del XI secolo. Il quadro normativo dell’epoca non era infatti adatto all’attività del mercante. È così che proprio la classe mercantile forma un proprio codice, la lex mercatoria, che regola l’attività dei mercanti, sia perché da loro stessi creata, sia perché da loro stessi giudizialmente amministrata. È un diritto speciale basato sullo status di mercante che risponde non all’interesse particolare del singolo ma a quello generale della classe. Con l’affermazione poi dei codici napoleonici, il code du commerce rimane ma viene applicato non più allo status soggettivo di mercante ma in dipendenza della natura dell’atto compiuto anche se restano comunque commerciali gli atti compiuti dal commerciante nell’esercizio della sua attività. LEZIONE 2 L’IMPRENDITORE La nozione di imprenditore è dettata dall’art 2082 c.c., articolo che indica una fattispecie al fine di collegarvi una determinata disciplina. L’appartenenza al genere imprenditore, infatti, è presupposto necessario per rientrare in una delle specie in cui il genere si articola e in relazione alle quali viene dettata la gran parte della disciplina. Il c.d statuto dell’imprenditore, ovvero quello che si applica a qualunque imprenditore come definito nell’art 2082 non è particolarmente esteso e consiste nelle norme relative all’azienda e ai segni distintivi; a queste possono aggiungersi numerose regole fissate nella normativa di tutela dei consumatori. La figura dell’imprenditore si suddivide:  Sul piano dell’oggetto dell’attività esercitata: tra imprenditore commerciale e imprenditore agricolo;  Sul piano delle dimensioni dell’attività: tra piccolo e medio/grande imprenditore.  Sul piano della natura del soggetto che esercita l’attività: tra imprenditore individuale e collettivo e imprenditore privato e pubblico. L’art 2082 definisce “imprenditore è colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. La nozione è determinata per relationem all’attività svolta, quindi la norma definisce l’impresa. La norma limita l’applicazione di una determinata disciplina ai soli soggetti la cui attività economica abbia particolari caratteristiche. 1. primo elemento dell’impresa è lo svolgimento di un’attività: cioè di una serie di atti tra loro collegati da un fine unitario che, nella specie, è rappresentato dalla produzione o dallo scambio di beni o di servizi. Affinché vi sia imprenditore i beni prodotti devono essere oggettivamente destinati al mercato. 2. L’attività deve essere economica, tale aggettivo riguarda le modalità di attuazione. Si sostiene che un’attività può essere qualificata come impresa solo se svolta con metodo economico: con modalità cioè che, con giudizio preventivo e astratto, consentano almeno la copertura dei costi con i ricavi. 3. L’attività deve essere professionale: significa esercitare un’attività in modo abituale, non occasionale. Deve essere un’attività sistematica ripetuta nel tempo. 4. Deve essere organizzata: difficoltà di individuare quel minimo di organizzazione che la legge richiede per la qualificazione di una determinata attività come impresa. Organizzazione significa coordinamento dei fattori della produzione. 5. Dev'essere lecita: la qualificazione di una data attività come impresa prescinde dalla sua liceità. È pertanto imprenditore chi esercita un’impresa anche se in violazione di un obbligo. Le conseguenze dell’illiceità non si producono sul piano della qualificazione dell’attività: se così fosse, venendo meno la qualità di imprenditore, sarebbe preclusa dalla relativa disciplina con pregiudizio dei terzi che incolpevolmente siano con lui entrati in contatto. LE PROFESSIONI INTELLETTUALI. L’art 2238 stabilisce che “ai professionisti intellettuali (avvocati, architetti etc) si applicano le disposizioni in tema di impresa se l’esercizio della professione costituisce elemento di un’attività organizzata in forma di impresa”: quando cioè l’attività professionale è inserita in una più complessa per sé qualificabile come impresa. In quanto tale quindi la libera professione non è impresa; ne consegue che vengono esentate dalla disciplina codicistica sull’impresa. (posizione di privilegio). Uno dei problemi che vengono imputati all’impresa è la sua imputazione ad un soggetto piuttosto che a un altro, tale imputazione fa sorgere in capo al soggetto la qualità di imprenditore. L'IMPUTAZIONE DELL'IMPRESA. IMPRESA E SPENDITA DEL NOME. Il criterio generale del diritto privato è quello della spendita del nome, in base al quale un atto è imputato al soggetto in nome del quale è stato compiuto. Se colui che compie un atto non dichiara di agire in nome di un altro, l'atto gli è imputato; se invece spende il nome di un altro soggetto, l'atto sarà imputato a quest'ultimo a condizione che l'agente (rappresentante) abbia il potere di compiere atti in suo nome. Imprenditore è quindi colui che materialmente svolge l’attività qualora non lo faccia in nome altrui. Ci si chiede tuttavia se vi possono essere ulteriori criteri (c.d criteri aggiuntivi). Il problema si pone nei casi frequenti di soggetti nel cui nome l’attività viene svolta ma che non sono l’effettivo destinatario dei risultati dell’attività, ma solo un prestanome dietro il quale agisce l’effettivo interessato che, senza apparire formalmente quale titolare dell’impresa, fornisce i mezzi necessari, dirige l’attività e si appropria dei risultati. Il problema non si pone tanto nel caso in cui l’attività vada bene, ma nel caso in cui l’impresa vada male; in tal caso infatti il dominus, dopo essersi appropriato in passato dei profitti, avrà l’irresistibile tentazione di eclissarsi e lasciare i creditori alle prese con il prestanome; questi fallirà, ma trattandosi normalmente di soggetto nullatenente o quasi, i creditori otterranno ben poca soddisfazione. → il dominus scarica parte del rischio dell’impresa sui creditori. La situazione cambierebbe se fosse possibile imputare l’impresa anche a tale soggetto sulla base di un criterio diverso da quello della spendita del nome. Si è così tentato di fondare criteri aggiuntivi. Si è ad esempio sostenuto che il reale dominus dell’impresa sia da ritenersi imprenditore e responsabile delle obbligazioni contratte per il suo esercizio sulla base delle seguenti argomentazioni:  Il necessario collegamento tra potere e responsabilità;  La teoria del c.d imprenditore occulto: con tale teoria si prevede che il fallimento, nei casi di società con soci illimitatamente responsabili, si estenda sia ai soci noti (palesi) sia a quelli scoperti (occulti). A confutazione di tale teoria si è rilevato che sarebbe necessaria l’esistenza di una società e lo svolgimento dell’attività quindi in suo nome. Ma nel caso dell’imprenditore occulto non vi è società e l’attività viene svolta in nome del prestanome → non vi è identità giuridica tra le due fattispecie.  Il tentativo di generalizzare l’art 2208 in base al quale l’imprenditore risponde delle obbligazioni assunte dall’institore per atti pertinenti all’esercizio dell’impresa anche se questo omette di spenderne il nome. La giurisprudenza tuttavia non si è limitata a rifiutare l’applicazione di tali teorie, ma si è sforzata di dare comunque una risposta al problema pratico, sviluppando una particolare tecnica repressiva di tale fenomeno. Spesso, infatti, i giudici reputano che l’attività svolta dietro le quinte dal dominus sia essa stessa configurabile come impresa: si parla di impresa fiancheggiatrice la cui attività consiste nel finanziamento e nella direzione dell’impresa principale. Sulla base del criterio della spendita del nome il dominus potrà quindi essere dichiarato fallito in caso di insolvenza di questa impresa fiancheggiatrice. Limiti di tale tecnica è che non sempre al fallimento dell’impresa corrisponde il fallimento dell’impresa fiancheggiatrice e, nel caso di fallimento anche di questa, hanno titolo per partecipare solo quei soggetti che abbiano crediti nei confronti del dominus, non quelli che li abbiano semplicemente verso il prestanome. Il discorso è più complicato quando la veste di prestanome è assunta da una società (c.d società di comodo): normalmente una società di capitali. Oggi la legge consente sia la s.r.l che la s.p.a unipersonali: benchè la società abbia un unico socio, l'attività è imputata solo all'ente, solo la società fallisce in caso di dissesto e l'unico socio non risponde personalmente con il proprio patrimonio per i debiti sociali. LA CAPACITA' PER L'ESERCIZIO DELL'IMPRESA. L’esercizio dell’impresa può essere svolto anche da soggetti legalmente incapaci di agire. Salvo il caso del minore emancipato, la regola principale predispone che non può essere intrapresa una nuova attività ma si può solo continuare quella preesistente qualora il tribunale, sulla base dell’utilità dell’incapace, rilasci l’autorizzazione. In tal caso è il minore che acquista la qualità di imprenditore godendone i vantaggi e subendone le eventuali conseguenze negative sul piano patrimoniale, ivi compreso il fallimento. Si tende però a negare che il minore subisca anche gli effetti personali pregiudizievoli che possono discendere dalla qualità di imprenditore. L'INIZIO E LA FINE DELL'IMPRESA. Quando si acquista e quando si perde la qualità di imprenditore? Possono darsi due risposte:  Principio di effettività: si diventa imprenditori con l’effettivo inizio dell'attività e si smette di esserlo con la sua effettiva cessazione.  L’acquisto o la perdita della qualità di imprenditore si ricollega a dati formali quali l’iscrizione o la cancellazione del soggetto dal registro delle imprese. Per quanto riguarda l’inizio dell’impresa, l’applicazione del principio di effettività è pacifica solo con riguardo alle persone fisiche. Per le società è prevalente invece l’idea che esse siano impresa sin dal momento della costituzione giacchè queste nascono proprio per l’esercizio dell’impresa. Anche per quanto riguarda la cessazione vi è una distinzione tra: • imprenditori individuali : Per loro la cessazione dell’impresa coincide con la dissoluzione dell’apparato aziendale. Essa non coincide quindi con la decisione di chiudere e la messa in liquidazione, ma con l’effettivo compimento della liquidazione del suo nucleo essenziale. • e società: esse non si estinguono con la loro cancellazione dal registro delle imprese, ma rimangono in vita fino a quando residua un qualsiasi rapporto giuridico facente capo alla società: quindi anche un solo debito. LEZIONE 3 CATEGORIE DI IMPRENDITORI E NORMATIVE APPLICABILI L'OGGETTO DELL'IMPRESA: IMPRENDITORE AGRICOLO E IMPRENDITORE COMMERCIALE. Valenza della distinzione. 1. La prima differenziazione all’interno della figura dell’imprenditore riguarda la natura dell’attività esercitata: a seconda che sia commerciale o agricola cambia la disciplina applicabile. - All’imprenditore commerciale (art. 2195 c.c) si applica uno statuto speciale, dal quale è invece esentato l'imprenditore agricolo (art. 2135 c.c).  Il procuratore: è quel soggetto che in base a un rapporto continuativo ha il potere di compiere per l’imprenditore atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo a ciò preposto. È un funzionario munito di poteri decisionali autonomi in ambito limitato.  Il commesso: collaboratore meramente esecutivo dell’imprenditore. Salvo che non siano a ciò autorizzati, non possono: esigere il prezzo delle merci delle quali non facciano consegna, concedere dilazioni o sconti che non siano d’uso, derogare alle condizioni generali di contratto dell’impresa. LEZIONE 4 L’AZIENDA, I SEGNI DISTINTIVI E LA PROPRIETA' INTELLETTUALE L'AZIENDA. L’azienda secondo l’art 2555 c.c. è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa. Sulla sua natura giuridica nell’ambito della teoria dei beni si sono contrapposte due teorie:  C.d. Teoria unitaria: afferma la diversità del bene azienda rispetto alla semplice somma di quelli che lo compongono, giungendo a equipararla all’universalità di beni e in particolare di beni mobili.  C.d. Teoria atomistica: risolve l’azienda nei singoli beni che la compongono. Diviene così centrale l’identificazione degli elementi costitutivi della fattispecie azienda giacchè la rilevanza normativa del concetto si risolve nell’applicazione di un regime circolatorio speciale rispetto a quelli di diritto comune. Si può schematicamente osservare:  Il tenore dell’art 2555 c.c. valorizza come elemento qualificante dell’azienda la destinazione dei beni all’esercizio dell’impresa;  In astratto è concepibile anche un’azienda ove nessuno dei beni organizzati per l’esercizio dell’impresa appartenga, a titolo di proprietà o altro diritto reale, all’imprenditore. Quindi la nozione beni deve includere non solo i beni mobili e quelli immobili ma anche quelli immateriali (ES: i brevetti) e i contratti che l’imprenditore ha stipulato per l’esercizio dell’impresa e le situazioni soggettive che ne derivano (crediti e debiti). Non è però compreso il c.d avviamento: cioè il valore aggiunto dell’azienda rispetto a quelli della somma dei singoli beni aziendali che consiste nella capacità di attrarre la clientela e generare reddito ed è conseguenza dell’organizzazione dei fattori della produzione (avviamento oggettivo) e dell’efficienza dell’imprenditore nella gestione dell’impresa (avviamento soggettivo);  Non esiste un requisito dimensionale minimo o qualitativo dei beni che identificano un’azienda se non quello che deriva dal significato che si intenda dare al requisito dell’organizzazione nella definizione di impresa. La circolazione dell'azienda: principi generali e forma. Il nucleo centrale delle norme in tema di circolazione dell’azienda attiene alla sua vendita. Fondamento della disciplina dell’azienda è lo scopo di non disperdere il valore dell’organizzazione dei fattori della produzione in caso di circolazione. Il concetto di azienda consente di trasferire contestualmente tutti i beni e i rapporti che dell’azienda fanno parte senza bisogno di specificarli in dettaglio. Ai fini della circolazione la nozione di azienda può anche non identificarsi con l’intero complesso di beni organizzato dall’imprenditore, può essere ristretto a quel nucleo di attività la cui organizzazione è essenziale per l’esercizio dell’impresa. Ciò consente anche di identificare la nozione di ramo d’azienda in quel complesso di beni che, pur facendo parte di un insieme omogeneo più vasto, è idoneo a dar luogo a un’azienda oggettivamente autonoma sotto il profilo operativo. Il divieto di concorrenza a carico dell'alienante. L‘art 2557 vieta all’alienante di un’azienda, per un periodo di 5 anni dal trasferimento, l’inizio di una nuova impresa che sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta in ragione dell’oggetto, dell’ubicazione o di altre circostanze. → divieto di concorrenza. Quando infatti si trasferisce un’azienda, il valore decisivo ed essenziale nella valutazione dell’acquirente è il cd. avviamento e cioè la capacità di attrarre clientela in virtù delle sue caratteristiche oggettive e dell’efficienza della gestione. La tutela dell’acquirente alla ragionevole conservazione del valore di avviamento da lui pagato in occasione dell’acquisto di azienda va ovviamente contemperata con il principio di evitare una lesione eccessiva della libertà di iniziativa economica dell’alienante. Tale obiettivo viene perseguito anche mediante l’autonomia negoziale che viene lasciata ai due soggetti:  Le parti possono eliminare o rendere meno gravoso il divieto di concorrenza;  La durata del divieto non può mai eccedere i 5 anni e l’ampliamento dei limiti legali è ammesso solo ove ciò non comporti l’impedimento di ogni attività professionale dell’alienante. La successione nei contratti relativi all'azienda. La disciplina del trasferimento dell’azienda deve tenere conto dell’esigenza di preservare la continuità dei rapporti negoziali tramite i quali si esplica l’attività dell’impresa. Tale esigenza viene perseguita dall’art 2558 c.c. :  Salvo diversa pattuizione nel contratto di cessione, l'acquirente dell’azienda non subentra nei contratti stipulati per l’esercizio della stessa che abbiano carattere personale. Se il contratto ha natura personale il suo passaggio all’acquirente richiede sia l’espressa previsione nel contratto di trasferimento d’azienda, sia il successivo consenso del terzo contraente ceduto.  I contratti non personali invece passano all’acquirente senza bisogno di apposita pattuizione e senza bisogno di assenso del terzo contraente. La tutela di quest’ultimo è affidata alla possibilità di recedere, entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento dell’azienda, ove sussista una giusta causa. La successione nei crediti. L’art. 2559 disciplina la successione nei crediti inerenti all’azienda nel caso di suo trasferimento. L’acquirente subentra nei crediti come effetto del trasferimento d’azienda. L’art. si occupa soprattutto di agevolare il passaggio dei crediti con riferimento alla sua opponibilità al debitore ceduto. La cessione ha effetto nei confronti dei terzi dal momento in cui il trasferimento d’azienda è iscritto nel registro delle imprese, anche in difetto di notifica o accettazione della cessione al debitore. La successione nei debiti. La responsabilità verso i creditori per i debiti, invece, inerenti all’azienda ceduta è disciplinata dall’art 2560. Nel caso in cui il contratto nulla preveda, a differenza di quel che accade per i crediti, v’è maggior contrasto in dottrina sull’applicazione del principio del passaggio automatico, tuttavia questa è la soluzione preferita dalla giurisprudenza. Il legislatore si occupa invece espressamente della responsabilità verso i creditori. La liberazione dell’alienante dai debiti aziendali presuppone l’espressa dichiarazione in tal senso da parte di ogni singolo creditore. A loro tutela è disposto una sorta di accollo ex lege a carico dell’acquirente di azienda commerciale per tutti i debiti che risultino dalle scritture contabili obbligatorie. LA PROPRIETA' INDUSTRIALE. In materia di proprietà industriale il codice civile è stato accompagnato da una nutrita serie di leggi speciali che hanno rappresentato il vero cuore delle discipline di settore. Il D.Lgs. 30/2005 o codice della proprietà industriale è stato raggruppato in un testo normativo unitario che ha riordinato la materia nell’intento di semplificarne la disciplina. Le disposizioni generali. L’espressione proprietà industriale comprende: a) i marchi e gli altri segni distintivi; b) le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine; c) i disegni e i modelli; d) le invenzioni; sono tutti beni immateriali e) i modelli di utilità; f) le topografie dei prodotti a semiconduttori; g) le informazioni aziendali riservate; h) le nuove varietà vegetali; La protezione accordata a tali diritti è di tipo dominicale, cioè del diritto di proprietà. Fondamentale nell’ambito della proprietà industriale c'è la distinzione tra diritti titolati e non titolati. I primi si acquistano mediante brevettazione o registrazione, i secondi ricorrendone i presupposti di legge volta a volta indicati. I marchi. Il marchio appartiene alla famiglia dei segni distintivi, che identificano l’imprenditore e la sua azienda e servono così a distinguere i suoi prodotti e servizi da quelli dei concorrenti. Il marchio contraddistingue i prodotti e i servizi di un’azienda. Caratteristiche e requisiti di validità del marchio. Il sistema di tutela del marchio si fonda sull’attribuzione di un diritto al suo uso esclusivo in favore del soggetto che lo abbia registrato o, in misura minore, che lo abbia utilizzato in via di fatto pur senza registrarlo. Il marchio può contraddistinguere sia un bene sia un servizio e non vi sono limiti sull’attribuzione dello stesso marchio a più prodotti dell’impresa o a una diversificazione o uso commisto di marchi generali e specifici per designare prodotti. (“Piaggio” è marchio generale, “Vespa” marchio speciale). Il marchio può consistere in un qualsiasi segno suscettibile di essere rappresentato graficamente e atto a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Il marchio deve essere:  Lecito: non deve contenere segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume, ovvero lesivi di altrui diritti.  Vero: non deve contenere segni idonei a ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti e servizi.  Originale: deve avere la capacità distintiva del prodotto rispetto a quelli del medesimo genere. Tale originalità manca qualora il marchio si risolva nella denominazione generica del prodotto (come ad esempio Scotch drink per una bevanda alcolica a base di whisky)o meramente descrittiva delle sue caratteristiche o di uso comune. In base a questo requisito si distinguono marchi forti, e cioè significativamente distintivi, e marchi deboli.  Nuovo: non deve essere confondibile con un marchio altrui precedentemente registrato e neppure con un segno usato da altri come ditta. Bisogna fare distinzione tra marchi ordinari e marchi celebri. Per i primi la novità manca solo se sussiste il rischio di confusione per il fatto che il marchio è identico o simile a segni già noti; per i secondi invece è sufficiente che si tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore o si rechi loro pregiudizio. La mancata novità viene sanata dalla tolleranza protrattasi per un periodo di 5 anni consecutivi del titolare del marchio anteriore. Registrazione e uso del marchio: gli effetti. Il marchio che presenti i requisiti indicati di validità può essere registrato e, ottenuta la registrazione, acquisisce il diritto esclusivo all’uso del marchio su tutto il territorio nazionale. Tale diritto dura 10 anni dalla data di deposito della relativa domanda ed è rinnovabile per la stessa durata alla scadenza per un numero illimitato di volte. La perdita della tutela del marchio. La tutela assicurata al titolare del marchio registrato può venire meno per una serie di ragioni:  La dichiarazione di nullità per difetto iniziale dei requisiti essenziali;  La volgarizzazione che si ha quando il marchio sia divenuto tanto diffuso da indicare nel linguaggio comune il prodotto designato (l'esempio classico è biro);  Sopravvenuta ingannevolezza del marchio;  Mancato uso del marchio nei 5 anni dalla registrazione o per 5 anni, salvo legittimo motivo. La circolazione del marchio. Il marchio può essere liberamente trasferito a terzi. Esso può essere ceduto separatamente dall’azienda o dal suo ramo ove il prodotto era realizzato. Recenti riforme hanno poi ampliato la flessibilità di utilizzazione della licenza di marchio; oggi essa forma il nucleo centrale di taluni contratti come il franchising. La licenza può essere totale o parziale a seconda che concerna l’uso del marchio per tutti i prodotti o solo per una loro parte. Può essere esclusiva e non a seconda che il titolare si riservi la continuazione dell’uso e/o che il licenziatario sia unico o no. Gli altri segni distintivi: la ditta e l'insegna. La ditta. Ciascun imprenditore può scegliere un nome con il quale indicare la propria attività, la ditta. Essa si distingue in ditta originaria, che è quella prescelta dall’imprenditore per il suo diretto utilizzo, o derivata, che è quella che passa all’imprenditore in occasione di un trasferimento d’azienda. Secondo il principio di verità la ditta deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore. Deve inoltre rispettare il principio di novità, quando cioè la ditta è uguale a quella usata da altro imprenditore e può creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui è esercitata, deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla. La regola si applica solo quando tra le due imprese vi si una relazione di concorrenzialità tale per cui sia possibile sviare la clientela. L’insegna. L'insegna è il segno distintivo dei locali ove si svolge l’attività d’impresa. Le indicazioni geografiche e la denominazione di origine. Esse sono protette quando sono adottate per designare un prodotto che ne è originario o le cui qualità sono dovute esclusivamente o essenzialmente all’ambiente geografico d’origine, comprensivo di fattori naturali, umani e di tradizione. La protezione consiste nel divieto dell’uso di tali indicazioni e denominazioni qualora possa essere idoneo a ingannare il pubblico sulla provenienza dei prodotti o sulla loro qualità. Disegni e modelli. Sono definiti dall'art 31 c.p.i (codice della proprietà industriale) come l'aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte quale risulta in particolare dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale ovvero dei materiali del prodotto stesso ovvero del suo ornamento. Possono essere registrati i disegni e modelli nuovi con carattere individuale (non devono essere identici ad altri modelli o differenziarsene per dettagli irrilevanti, devono suscitare nell'utilizzatore informato impressioni generali differenti da quelle ispirate da qualsiasi altro modello diffuso). Si tratta del design industriale. Quando i disegni e i modelli presentino di per sé carattere creativo e valore artistico sono anche tutelati dal diritto d'autore. Spesso si richiede anche il brevetto per l'oggetto vero e proprio, a livello comunitario si protegge dal reg. CE del 2002 su disegni e modelli comunitari. Le invenzioni. Il brevetto per le invenzioni consiste nella concessione di un diritto di monopolio temporaneo ventennale in favore di chi abbia inventato un prodotto o un procedimento concorrendo al progresso tecnologico dell'intera comunità. Le fonti della disciplina del brevetto. Il brevetto è disciplinato oltre che nel c.p.i anche negli articoli 2584-2591 c.c e da una serie di trattati e convenzioni volti ad agevolare il riconoscimento internazionale dei brevetti rilasciati nei singoli paesi. Oggetto del brevetto e requisiti di brevettabilità. L'oggetto del brevetto sono le invenzioni nuove che implicano un'attività inventiva e sono atte ad avere un'applicazione industriale (si parla di c.d approccio funzionale). L'art 45 c.p.i esclude dal novero delle invenzioni i metodi per il trattamento chirurgico terapeutico del corpo umano e animale, ma non i medicinali. Le biotecnologie sono brevettabili solo se nuove, originali e suscettibili di applicazione industriale. I requisiti per la brevettabilità di un'invenzione sono:  L’industrialità, o l'attitudine dell'invenzione ad avere un'applicazione industriale;  La novità, cioè un invenzione non compresa nello stato della tecnica; non è quindi brevettabile, l'invenzione che prima della data di deposito della domanda di brevetto, sia già “accessibile al pubblico”;  L'originalità, indica che l'invenzione deve rappresentare un significativo progresso tecnico;  con durata non superiore a 5 anni. A questi principi vi sono poi delle eccezioni:  per i patti di esclusiva e di preferenza nel contratto di somministrazione;  per i patti di non concorrenza del dipendente o dell’agente per il periodo successivo alla cessazione del rapporto. LA CONCORRENZA SLEALE. Libertà di concorrenza non significa però che ogni condotta concorrenziale sia lecita. Vigono anche in questo campo i principi generali di lealtà e correttezza. L’art 2598 e ss. sono espressamente dedicati alla repressione degli atti di concorrenza sleale. L’art contiene un elenco di tali fattispecie, le prime due di queste sono tipiche, l’ultima è una clausola generale.  La confusione: compie atti di concorrenza sleale chiunque usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente.  La denigrazione e appropriazione di pregi altrui: è la diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti o sull’attività del concorrente idonei a determinarne il discredito, o l’appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa del concorrente. Non rientra in tale categoria la cd. Pubblicità comparativa e cioè quella che pone a confronto, al fine di evidenziarne la superiorità, il prodotto dell’imprenditore con quello dei suoi concorrenti. Tale pubblicità è lecita ove condotta in modo non ingannevole e utilizzando dati effettivamente comparabili e veritieri.  La contrarietà alla correttezza professionale: è la clausola generale, secondo cui sono concorrenza sleale tutti gli atti non conformi ai principi della correttezza professionale idonei a danneggiare l’altrui azienda. Per la loro pratica frequenza vengono in rilievo i seguenti casi: o lo storno dei dipendenti e dei collaboratori di un’impresa da parte di un concorrente quando ciò avvenga con mezzi scorretti; o il dumping cioè il praticare prezzi di vendita sotto costo al fine di espellere il concorrente dal mercato; o il boicottaggio: rifiuto di contrarre con altri imprenditori al fine di espellerli dal mercato; o la pubblicità ingannevole o menzognera; o la violazione di altrui legittime esclusive contrattuali; o la concorrenza parassitaria cioè lo sfruttamento a proprio vantaggio degli investimenti che un’altra impresa ha compiuto nella programmazione e nelle scelte di mercato, seguendone appunto parassitariamente le mosse. Le azioni repressive delle concorrenza sleale. Qualora uno di tali comportamenti di concorrenza sleale vengano commessi, l’imprenditore leso potrà ricorrere a due strumenti di tutela: 1. l’azione di inibitoria e di rimozione degli effetti: si richiede solo la prova dell’atto di concorrenza sleale, e quindi non l’elemento del dolo o della colpa. 2. l’azione di risarcimento del danno: richiede invece la prova del dolo o della colpa e del danno patrimoniale. LEZIONE 10 I CONTRATTI DEL MERCATO MOBILIARE. CONTRATTI E IMPRESE DI INTERMEDIAZIONE MOBILIARE. Tutela del mercato e vigilanza sugli intermediari. Il D.lgs 58/1998 TUF, è volto alla costruzione di un efficiente mercato mobiliare la cui parte essenziale sono regole di tutela dell'investimento del risparmio. Il destino della normativa in materia è quello di una continua rincorsa e ricerca di strumenti efficienti di prevenzioni delle situazioni di rischio e di repressione dei comportamenti illeciti. È bene ricordare che la disciplina primaria e secondaria è figlia dell'unificazione del mercato comunitario volta a incrementare la concorrenza fra gli operatori (direttiva 39/2004, Mifid). La materia è complessa e non sistematica. Si enucleano tre grandi tematiche: a) vigilanza sui mercati e sugli intermediari (appello al pubblico risparmio); b) risparmio individuale disciplinato da regole generali e specifiche per i singoli contratti; c) gestione collettiva del risparmio. Il TUF è un provvedimento legislativo che si occupa in un unico contesto della disciplina degli intermediari, dei mercati e dei soggetti emittenti. Gli intermediari vengono regolamentati come canale privilegiato di raccolta del risparmio ai fini del successivo investimento in strumenti finanziari, i mercati come i luoghi in cui avviene lo scambio di strumenti; gli emittenti sono coloro che direttamente o indirettamente (e quindi tramite intermediari) si rivolgono al pubblico risparmio per finanziare, attraverso capitale di rischio o di credito, la propria attività economica. Non c'è distinzione tra mercati e intermediari (gli intermediari sono soci di società di gestione di mercati regolamentati ed è loro riservata l'attività di gestione di sistemi multilaterali di negoziazione, sia perché a certe condizioni gli intermediari non sono tenuti a svolgere l'attività per i clienti sui mercati, ma possono procedere all'esecuzione diretta delle operazioni in contropartita dei clienti). Anzitutto per lo svolgimento di servizi e attività di investimento nei confronti del pubblico è previsto un rigoroso sistema di “riserve” in favore di imprese specificamente autorizzate (c.d soggetti abilitati), tra cui si segnalano:  Banche e imprese di investimento che esercitano professionalmente per il pubblico servizi e attività di investimento;  società di gestione del risparmio italiane e comunitarie, che prestino il servizio di gestione collettiva del risparmio e gestione di portafogli. Queste SGR possono svolgere servizio di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la commercializzazione di quote e azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR);  Le società di investimento a capitale variabile o SICAV, autorizzate dalla Banca d'Italia, svolgono attività di investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante offerta al pubblico delle proprie azioni;  Gli intermediari finanziari scritti nell'elenco dell'art 107 del testo unico delle banche. Le regole per la concessione dell'autorizzazione hanno come nucleo centrale: a) la necessità da parte dell'impresa dell'adozione di una specifica forma (s.p.a.) e di un capitale minimo previsto; b) la presenza di requisiti di professionalità e onorabilità dei soci di riferimento e degli esponenti aziendali; c) una struttura del gruppo di appartenenza tale da non impedire l'effettivo esercizio della vigilanza da parte degli organi competenti. Tali organismi sono sottoposti a vigilanza informativa, ispettiva e regolamentare da parte della Banca d'Italia e della Consob, sia sull'impresa sia sul gruppo del quale fa parte. Tale vigilanza ha per obiettivi:  la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario;  la tutela degli investitori;  la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario;  la competitività del sistema finanziario;  l'osservanza delle disposizioni in materia finanziaria (art 5 TUF). Le competenze tra Banca d'Italia e Consob sono tendenzialmente ripartite per finalità:  alla Banca d'Italia spetta la vigilanza in ordine al contenimento del rischio, alla stabilità patrimoniale e alla sana e prudente gestione degli intermediari;  alla Consob spetta la vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti. Banca d'Italia e Consob stipulano un protocollo d'intesa, per informarsi e regolarsi. L'offerta al pubblico di prodotti finanziari. La Consob vigila anche i soggetti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati e in materia di appello al pubblico risparmio. Si distinguono:  l'offerta al pubblico di prodotti finanziari, che consiste in ogni comunicazione rivolta a persone in qualsiasi forma, che presenti sufficienti informazioni da porre un investitore in grado di decidere se acquistare o sottoscrivere prodotti finanziari, e che trova la sua disciplina nelle norme sull'offerta al pubblico di sottoscrizione e vendita, che regolano il comportamento di chi offre prodotti finanziari in cambio di denaro.  l'offerta pubblica di acquisto o di scambio, che consiste nell'offerta di denaro o prodotti finanziari in cambio di prodotti finanziari ed è soggetta a regole a volte analoghe, a volte differenti rispetto a OPV e OPS. Per procedere a un'offerta al pubblico di sottoscrizione e di vendita ci sono regole finalizzate all'unificazione del mercato comunitario, quindi sono diversificate a seconda che oggetto ne siano:  strumenti finanziari comunitari (cioè valori mobiliari o quote di fondi chiusi) o prodotti finanziari diversi da quote o azioni di OICR aperti;  quote o azioni OICR aperti. Prima di iniziare a offrire bisogna stipulare un prospetto, la pubblicazione del prospetto serve:  per gli strumenti finanziari comunitari, l'approvazione della Consob;  per le quote o azioni di fondi aperti e per le azioni SICAV, la preventiva comunicazione alla Consob;  per tutti gli altri strumenti finanziari l'approvazione della Consob. Il prospetto autorizza all'offerta in tutti i paesi UE; per potervi procedere è necessario che l'ultimo bilancio approvato e il bilancio consolidato redatto dall'emittente siano stati sottoposti al giudizio del revisore contabile, per le quote o azioni di OICR aperti è richiesto anche il requisito del giudizio positivo del revisore contabile (il prospetto deve esporre informazioni necessarie, e la nota di sintesi, con rischi e caratteristiche dell'offerta). Il regolamento Consob 14 maggio '99 n. 11971 contiene la disciplina specifica del contenuto del prospetto, delle modalità di comunicazione e pubblicazione, dell'attività istruttoria della Consob e degli adempimenti volti ad assicurare la parità di trattamento dei destinatari dell'offerta. Per quanto concerne gli strumenti finanziari comunitari e i prodotti finanziari diversi da quote o azioni OICR aperti, la Consob può richiedere all'offerente informazioni aggiuntive, mentre i fatti nuovi significativi e sopravvenuti e gli errori rilevati fra l' approvazione del prospetto e la chiusura dell'offerta, devono venir menzionati in un supplemento al prospetto. La pubblicazione del prospetto comporta la soggezione degli emittenti ai seguenti doveri: • obblighi di comunicazione alla Consob e di informazione al mercato; • per l'anno successivo all'acquisto o alla sottoscrizione, l'obbligo di ottemperare alle richieste di informazioni della Consob; • la sottoposizione al giudizio di un revisore contabile dei bilanci approvati o redatti durante l'offerta. Disciplina analoga vale per gli offerenti quote o azioni di OICR aperti. Gli annunci pubblicitari concernenti le offerte sono soggetti a regole particolari di coerenza e correttezza. La Consob può vietare o sospendere cautelarmente l'offerta, quando tema o sia certa della violazione di norme o regolamenti. Si ricerca trasparenza e completezza delle informazioni al mercato, con la supervisione e il controllo della Consob. Se le informazioni contenute nel prospetto si rivelano false o incomplete, l'investitore che vi abbia fatto ragionevole affidamento può agire in giudizio per il risarcimento dei danni subiti sulla base della c.d responsabilità da prospetto, dalla discussa natura ma probabilmente di tipo precontrattuale. Tale responsabilità può essere fatta valere contro l'emittente, l'offerente, il garante e le persone responsabili per le informazioni contenute nel prospetto, e si afferma anche la responsabilità della Consob verso gli investitori per la negligenza nell'espletamento dei suoi compiti. L'art 100 TUF elenca casi di inapplicabilità delle disposizioni sull'offerta al pubblico di sottoscrizione e vendita: essi si applicano quando si supera una soglia di rilevanza sia per il numero di soggetti sollecitati sia per ammontare complessivo dell'operazione (150 persone e 5.000.000 euro in un anno); le regole non si applicano se gli strumenti finanziari abbiano particolari caratteristiche di affidabilità (strumenti finanziari non di capitale assistiti dalla garanzia di uno stato UE) oppure quando i destinatari dell'offerta sono investitori qualificati. I SERVIZI E LE ATTIVITA' DI INVESTIMENTO. Servizi di investimento e servizi accessori; strumenti e prodotti finanziari. Il TUF e il regolamento Consob del '98 dettano una serie di norme che si applicano in via generale alla prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessorie alla stipulazione dei relativi contratti. Tali disposizioni sono state recentemente oggetto di un complesso procedimento di revisione con l'attuazione della direttiva Mifid. Oltre alla Mifid, di primo livello, esistono varie misure di esecuzione e regolamenti. I servizi e le attività di investimento, indicati all'art 1 comma 5 TUF, sono oggetto di riserva in favore dei soggetti abilitati sopra indicati e comprendono queste operazioni (rivolte al pubblico): a) negoziazione per conto proprio; b) esecuzione di ordini per conto dei clienti; c) il collocamento; d) la gestione di portafogli; e) la ricezione e trasmissione di ordini; f) la consulenza in materia di investimenti; g) la gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. I servizi accessori possono essere svolti da chiunque, ma se sono prestati da soggetti abilitati sono sottoposti alle stesse regole generali dei servizi di investimento. Il loro elenco comprende:  custodia e amministrazione di strumenti finanziari;  locazione di cassette di sicurezza;  concessione di finanziamenti agli investitori per operazioni relative a strumenti finanziari tramite il soggetto che concede il finanziamento;  consulenza finanziaria alle imprese;  servizi come emissione o collocamento di strumenti finanziari (costituzione di consorzi di garanzia e collocamento);  ricerche in analisi finanziaria;  intermediazione in cambi. Gli strumenti finanziari sono elencati dall'art 1 comma 2 TUF, e includono per primi i valori mobiliari (definiti dall'art 1 comma 1 bis TUF come le “categorie di valori che possono essere negoziati sul mercato dei capitali”, poi si passa ad un elenco non tassativo che annovera azioni e obbligazioni di società, titoli equivalenti rappresentativi di capitale di rischio e debito, valori mobiliari derivati). Poi esistono gli strumenti finanziari, ove rientrano:  strumenti del mercato monetario (buoni del tesoro, certificati di deposito);  quote di organismi di investimento collettivo in valore mobiliare;  strumenti finanziari derivati. Gli strumenti finanziari derivati sono contratti con i quali le parti pongono in essere un'attività speculativa sulle variazioni di prezzo di determinati beni o strumenti finanziari, ovvero sulle variazioni dei tassi di interesse dei cambi o di determinati indici di borsa. Sono contratti a termine, nei quali le parti si impegnano (fino a una determinata scadenza):  o ad acquistare beni e strumenti finanziari a un prezzo prefissato (c.d futures);  o a concedere opzione di acquisto (call) o vendita (put);  o ad acquistare una certa quantità di una valuta a un determinato tasso di cambio o ad effettuare un prestito a un tasso di interesse prefissato (swap);  a versare un certo importo in conseguenza della variazione del valore dell'indice di riferimento assunta. Sono contratti che se non coperti nei rischi assumono carattere speculativo di altissimo rischio che può superare anche di molto il capitale investito. La liquidazione avviene per differenza al posto dell'effettivo trasferimento di beni oggetto dei contratti, e nell'ambito della prestazione di servizi di investimento i derivati sono sottratti alla disciplina del gioco e delle scommesse per disposto dell'art 23 TUF. A volte il legislatore non basa la disciplina sulla nozione di strumenti finanziari ma su quella di prodotti finanziari: tali sono gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria (salvo depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari). Le definizioni normative di servizi e attività di investimento e accessori nonché di strumenti e prodotti finanziari sono molto ampie, le regole generali del TUF tendono ad applicarsi a ogni operazione di intermediazione sul mercato mobiliare. Forma e contenuto dei contratti. Come i contratti bancari, anche quelli relativi alla prestazione dei servizi e attività di investimento (ad eccezione della consulenza) vanno stipulati per iscritto a pena di nullità, e un esemplare degli stessi deve essere consegnato ai clienti. Il reg. intermediari nel fissare il contenuto minimo del contratto con gli investitori sancisce che esso deve prevedere le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni. Ciò chiarisce che il requisito della forma scritta riguarda il contratto col ogni misura ragionevole per identificare i potenziali conflitti di interesse col cliente e porre in essere le misure idonee a gestirli per evitare conseguenze pregiudizievoli per i clienti. Il soggetto abilitato è tenuto a dare un'informativa preventiva su supporto durevole sulla natura e sulle fonti del conflitto sufficientemente dettagliata da consentire al cliente di assumere una decisione consapevole. Tra le ipotesi di conflitto si evidenziano quelle in cui l'intermediario o soggetto ad esso collegato realizzino un guadagno o evitino una perdita a spese del cliente, o abbiano nell'operazione un interesse distinto da quello del cliente. Si prevede che le imprese di investimento adottino politiche che permettano di individuare le situazioni a rischio di conflitto e predefiniscano le procedure da adottare e le misure da seguire per gestire il conflitto. Al fine di assicurare un comportamento corretto, equo e professionale da parte degli intermediari, la disciplina regolamentare pone limiti stringenti agli incentivi, a quelle voci di remunerazione dell'intermediario diverse dalle commissioni pagate dal cliente: le commissioni pagate da un terzo sono lecite solo se accompagnate da una adeguata informativa al cliente e qualora siano volte a accrescere la qualità del servizio fornito. Altra regola di condotta che l'intermediario è tenuto a tenere è quella della cd best execution, cioè adottare tutte le misure ragionevoli e mettere in atto meccanismi efficaci per ottenere il miglior risultato possibile per i loro clienti: ciò sia con riguardo al prezzo e ai costi, sia con riguardo alla rapidità ed efficienza dell'esecuzione e del regolamento e in genere a ogni elemento rilevante. Per raggiungere questo risultato, l'intermediario deve tenere conto delle caratteristiche del cliente, dell'ordine, degli strumenti finanziari e delle possibili sedi di esecuzione. Deve anche individuare per ogni categoria di strumenti finanziari le sedi che permettono di ottenere in modo duraturo i migliori risultati per il cliente. Se si tratta di cliente al dettaglio l'intermediario, nell'individuazione della miglior sede, deve tenere in considerazione primaria l'elemento del prezzo e dei costi (anche i propri); il cliente va informato della “strategia dell'esecuzione”. Le regole qui illustrate concretizzano i principi dell'art 21 TUF. L'insufficiente illustrazione della rischiosità degli investimenti proposti, l'eccessiva frequenza delle operazioni, la mancata considerazione della situazione patrimoniale del cliente e delle sue esigenze appartengono ai classici motivi di doglianza dei risparmiatori che si considerano lesi; la loro individuazione come violazione di norme regolamentari agevola l'investitore in sede di azione risarcitoria. La violazione delle regole di condotta da parte dell'intermediario, lo espone a responsabilità nei confronti dei clienti. Il vantaggio più significativo che la legge assicura in tal caso all'investitore è dato dall'inversione dell'onere della prova (sarà l'investitore a dover provare di aver agito con la diligenza richiesta). La separazione patrimoniale. L'art. 22 TUF prevede la regola della separazione patrimoniale, per cui gli strumenti finanziari e il denaro dell'investitore sono un patrimonio distinto da quello dell'intermediario e da quello degli altri clienti: tale patrimonio non sarà oggetto di azioni esecutive da parte di creditori dell'intermediario, del depositario, degli altri clienti... In sede concorsuale le pretese degli investitori sono separate da quelle dei creditori dell'intermediario: gli investitori hanno diritto alla restituzione degli strumenti finanziari e del denaro. L'offerta fuori sede e il trading online. Quando l'attività di promozione e collocamento di strumenti finanziari o di servizi e attività di investimento viene effettuata in luogo diverso dalla sede dell'emittente, del proponente l'investimento, del soggetto incaricato della promozione o del collocamento o di chi presta, promuove o colloca il servizio, c.d offerta fuori sede, vi è il rischio che il cliente possa essere indotto a investire ove, non sollecitato, non avrebbe investito. Gli intermediari devono avvalersi di promotori finanziari, che devono essere iscritti in apposito albo al quale si accede possedendo specifici requisiti. Il trading online è l'invio di ordini di negoziazione in strumenti finanziari tramite la rete, eseguiti in tempo reale e che consentono a risparmiatori sofisticati di sfruttare le oscillazioni di valore dei titoli che si verificano in breve lasso di tempo. LA GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO. Profili generali. Ai contratti finora esaminati si affiancano le forme di gestione collettiva del risparmio: il gestore raccoglie il risparmio di una pluralità di investitori e lo investe collettivamente in strumenti finanziari. Questa forma di investimento, consente una diversificazione del rischio. Tale attività può essere svolta solo tramite organismi di investimento collettivo del risparmio, cioè dalle SGR o società di gestione del risparmio (nella forma di fondi comuni di investimento) e dalle società di investimento a capitale variabile o SICAV. Nei fondi pensione l'attività di gestione viene svolta sul risparmio di lavoratori dipendenti o autonomi con finalità di previdenza integrativa. I fondi comuni di investimento. Nella regolamentazione di fondi comuni di investimento, la forma più diffusa di gestione collettiva del risparmio, è composta da vari soggetti: la SGR incaricata della gestione del fondo, costituito dai versamenti di denaro e di strumenti finanziari dei partecipanti; la banca depositaria, soggetto diverso dal gestore, la cui funzione è custodire gli strumenti finanziari e le disponibilità liquide del fondo comune nonché di svolgere compiti indicati nell'art 48 TUF. La legge prescrive la redazione di un regolamento del fondo, elaborato dalla SGR e sottoposto ad approvazione della Banca d'Italia. I fondi si distinguono: • a seconda di beni e strumenti in cui si investe (fondi azionari, monetari, obbligazionari, specializzati, etici, immobiliari); • a seconda delle modalità di partecipazione e uscita dal fondo; • a seconda delle forme di godimento dei risultati della gestione (fondi ad accumulazione, garantiti); • a seconda dei soggetti che possono aderirvi. Si sottoscrive una quota di partecipazione, rappresentata da certificati nominativi o al portatore, il fondo è patrimonio autonomo diverso dal patrimonio delle SGR e dagli altri fondi gestiti dalla SGR, da quello della banca depositaria e da quello dei singoli partecipanti al fondo. (Art 36 TUF) Tutti i soggetti coinvolti devono agire in modo indipendente e nell'interesse dei partecipanti. Le regole di comportamento sono analoghe ai gestori di portafogli individuali. Oltre all'obbligo di rispettare le regole generali del TUF, il regolamento del fondo e gli obiettivi indicati nel reg. intermediari, anche tramite rinvio alle disposizioni del reg 231/2013 UE, sono previsti anche: • il dovere di agire in modo indipendente in coerenza con quanto indicato nel documento di offerta o nel regolamento di gestione del fondo; • il dovere di parità di trattamento fra i vari patrimoni gestiti; • il dovere di acquisire conoscenze adeguate sui beni nei quali si investe; • il dovere di acquisire conoscenze adeguate sui beni nei quali si investe; • il dovere di contenimento dei costi, etc. Le società di investimento a capitale variabile. Le società di investimento a capitale variabile (SICAV) raccolgono versamenti in denaro o strumenti finanziari degli investitori, i quali diventano azionisti della SICAV. Essi potranno monetizzare il loro investimento e trarne le relative utilità, o alienando le azioni, o ottenendone il rimborso. La SICAV è una s.p.a. a oggetto esclusivo in cui, proprio per la finalità di investimento dell'acquisto delle azioni, l'investitore può liberamente accedere e uscire, ottenendo sempre il rimborso. Il patrimonio della SICAV, costituito dai versamenti degli investitori e dagli investimenti effettuati, coincide col capitale sociale; le regole per la determinazione del patrimonio sono fissate dalla Banca d'Italia. Nello statuto della SICAV (approvato dalla Banca d'Italia) sono previste le caratteristiche della gestione del patrimonio sociale, con le stesse funzioni svolte dal regolamento del fondo comune di investimento. La disciplina specifica della SICAV si risolve in una serie di deroghe alla disciplina generale delle S.p.A. I fondi pensione. Con il D.Lgs 124/1993 sono stati introdotti anche in Italia i c.d fondi pensione, oggi regolati dal D.Lgs 252/2005. Tramite i fondi pensione si attuano le forme pensionistiche complementari collettive e individuali, tra le quali il lavoratore sceglie, anche trasferendo la sua posizione da una forma pensionistica complementare all'altra. Quelle collettive possono essere istituite tra l'altro: 1) Tramite: • contratti e accordi collettivi; • accordi tra lavoratori autonomi o liberi professionisti; • regolamenti aziendali di imprese estranee alla contrattazione collettiva; • accordi tra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro. Nel caso di lavoratori dipendenti i fondi possono essere solo a contribuzione definita (è predeterminato quanto deve essere versato dagli aderenti mentre la rendita pensionistica che verrà erogata al raggiungimento dell'età pensionabile dipende dal rendimento ricavato dalla gestione finanziaria dei contributi versati). Se i lavoratori sono autonomi e liberi professionisti si può anche scegliere la prestazione definita (predeterminando l'obiettivo pensionistico, per poi adeguare i contributi da versare). 2) Da banche, SIM, SGR e imprese di assicurazione. Esiste un’apposita authority, la commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip). Il patrimonio dei fondi è costituito dai contributi previdenziali versati dagli aderenti ed eventualmente dai datori di lavoro nonché da quote degli accantonamenti annuali destinati al trattamento di fine rapporto. Normalmente gli aderenti possono scegliere all'interno di un fondo tra più linee di investimento. La tutela degli aderenti è affidata alla perfetta autonomia del patrimonio del fondo, sia dalla società che dovrà erogare il trattamento pensionistico sia dalla società di gestione, con la conseguente non distraibilità dalle finalità previdenziali. LEZIONE 18 SOCIETÀ E FIGURE AFFINI LE LINEE DI SVILUPPO DEL DIRITTO SOCIETARIO. La società è la principale forma giuridica di esercizio collettivo dell’impresa; più coerentemente si deve dire che è una delle forme giuridiche che l’ordinamento appresta per l’esercizio di un’attività economica. Ai primordi si trovano forme di società che si risolvono in una comproprietà dei soci su beni destinati allo svolgimento di un affare senza autonomia né patrimoniale né organizzativa. Nel corso del tempo a essa si affianca una società che si configura come soggetto dotato di autonomia patrimoniale e dunque titolare di diritti e obblighi come tale e non come riflesso dei suoi soci. Autonomia della società significa destinazione esclusiva del suo patrimonio alle esigenze dell’impresa comune. L’esigenza di favorire l’afflusso verso l’attività economica anche dei capitali detenuti dalle classi abbienti, ma non interessate o impossibilitate al commercio, dà la spinta per la ricerca di strumenti che consentano l’impiego di tali risorse senza esporre i loro titolari al rischio integrale d’impresa. Accanto ai c.d soci imprenditori che gestiscono e rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali, convivono soggetti che restano estranei alla gestione, ma limitano il loro rischio al capitale apportato all’impresa comune (la commenda). L’idea della responsabilità limitata si rivelò in tutta la sua genialità. L’attività in regime di responsabilità limitata si propaga quindi dalle grandi imprese che fanno appello al risparmio anonimo a quelle piccole e medie. Di qui, poi, l’ultimo passaggio: l’estensione della responsabilità limitata anche alle iniziative economiche individuali purchè si assoggettino alle regole societarie che, quindi, diventano norme di disciplina dell’attività economica più che dei rapporti fra soci. Gli elementi essenziali del contratto di società. L’art 2247 introduce la disciplina delle società: con il contratto di società due o più persone conferiscono beni e servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Il contratto di società al quale partecipano almeno due soci viene pacificamente ricondotto alla categoria dei contratti plurilaterali con comunione di scopo. Il contratto di società si connota inoltre per essere di tipo associativo, aperto e di organizzazione. Con riguardo ai soci il profilo organizzativo si traduce nel riconoscimento, in forme diverse a seconda dei tipi sociali, di una serie di diritti esercitabili durante la vita della società. Diritti che non hanno natura individuale. La tutela di fronte a possibili comportamenti abusivi della maggioranza sta nel dovere che grava su ciascun socio di eseguire il contratto sociale secondo buona fede e correttezza e nel tendenziale principio di parità di trattamento. I conferimenti: capitale e patrimonio. I soci nel costituire una società devono conferire beni o servizi. La concretizzazione e la rilevanza dell’obbligo di conferimento variano a seconda del tipo di società. Il conferimento consiste nell’apporto effettuato dai soci e determina la formazione del capitale sociale. Il capitale sociale, c.d nominale, non può essere superiore alla somma dei conferimenti effettuati dai soci. Esso rappresenta ciò che non può essere distolto dall’esercizio dell’attività fino all’estinzione della società o alla sua formale riduzione tramite modifica contrattuale. Il capitale sociale ha anzitutto una funzione di garanzia, come si comprende se lo si confronta con il concetto di patrimonio netto delle società. Questo rappresenta la differenza tra attività e passività della società ed è continuamente in divenire giacchè dipende dall’evoluzione della gestione sociale; il capitale sociale, invece, è un’entità formale fissa determinata nell’atto costitutivo. Il capitale sociale ha anche la funzione di rappresentare l’entità numerica complessiva sulla quale si calcolano i diritti patrimoniali e organizzativi spettanti ai soci. Un soggetto partecipa a una società per una percentuale del capitale sociale. Questa funzione, non è però assoluta in quanto la regola di proporzionalità è derogabile nel contratto così come derogabile è anche quella di proporzionalità tra misura della partecipazione e spettanza dei diritti sociali. Il capitale ha infine una funzione produttiva giacchè rappresenta ciò che i soci destinano all’esercizio dell’attività. Esercizio in comune. Esercizio in comune significa che l’attività economica va svolta in modo tale che l’imputazione dei suoi risultati sia riferibile alla società e non si risolva nella somma di attribuzioni individuali in capo a più soggetti. L'attività economica. L’art 2247 non richiede particolari connotazioni dell’attività oggetto di esercizio comune. Il raffronto con la definizione di impresa, per la quale occorrono i requisiti dell’organizzazione e della professionalità, pone l’interrogativo se la società possa esercitare un’attività economica non imprenditoriale. Per quanto concerne il requisito dell’organizzazione è diffusa l’opinione che esso sia di per sé integrato nella fattispecie societaria. Riguardo alla professionalità non può escludersi, invece, che essa manchi: si pensi al caso di una società che venga costituita per lo svolgimento di un unico affare a carattere non complesso. Si ha in questo caso la cd. Società occasionale. Particolare è l’ipotesi della società tra professionisti, atteso che l’attività professionale intellettuale non è impresa, ammetterne l’esercizio in forma societaria equivarrebbe a riconoscere un caso di società senza impresa. Il requisito dell’attività economica fissa la differenza tra società e comunione. Società e comunione si distinguono per la diversa funzione dei beni che costituiscono rispettivamente il patrimonio della società e l’oggetto della comunione. Nelle società i beni vengono conferiti dai soci come strumento, al fine del loro uso nell’esercizio di un’attività economica; nella comunione invece i comproprietari si limitano a fruire direttamente dei beni in modo immediato o mediato. Alla differente funzione corrisponde una sensibile diversità di trattamento: nelle società poteri e responsabilità sono regolati in conformità alle esigenze di tutela della dinamica degli affari e dei terzi; nella comunione coerentemente al fine della conservazione dei diritti proprietari. Nella comunione d'impresa o di azienda, se oggetto della comproprietà è un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa ci si chiede come deve essere qualificata la fattispecie: come società o come comunione? La risposta si base su caratteri oggettivi del comportamento dei comunisti: a) se i comproprietari con l’azienda o i beni produttivi comuni esercitano l’impresa deve ritenersi che fra loro sorga una società di fatto; b) se invece non esercitano direttamente l’attività economica ma godono del complesso di beni comuni i loro rapporti sono disciplinati dalle regole sulla comunione. Le c.d società immobiliari di comodo sono quelle società costituite al fine dell'intestazione di beni immobili che vengono goduti direttamente dai soci ovvero semplicemente locati agli stessi soci o a terzi, limitandosi i soci a percepirne l'affitto, sia pur tramite la società. In tali ipotesi, il contratto sociale indica come suo oggetto lo svolgimento di un'attività economica di trading immobiliare che poi non viene in concreto svolta. Lo scopo di lucro. Dalla formula dell’art 2247 il perseguimento dello scopo di lucro e della ripartizione tra i soci dell’utile conseguito sembra essenziale al contratto di società. natura dei beni conferiti. Il contratto può essere quindi scritto o verbale. Deve assumere una forma solo quando è previsto il conferimento di beni per la cui disposizione il diritto comune prescrive regole formali a pena di nullità. L’oggetto della società semplice è solo l'attività agricola. Per la s.n.c. e la s.a.s. il legislatore prevede che il contratto di società debba essere adottato con scrittura privata autenticata, tramite redazione di un atto costitutivo il cui contenuto è fissato nell’art 2295. Nell’atto deve esservi: a) le generalità dei soci e per la s.a.s i nomi degli accomandatari e degli accomandanti; b) la ragione sociale; c) i soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società; d) la sede della società e le eventuali sedi secondarie; e) l’oggetto sociale: la descrizione dell’attività economica; f) conferimenti di ciascun socio; g) le prestazioni a cui sono obbligati gli eventuali soci d’opera; h) le regole sulla ripartizione degli utili e la quota di ciascun socio; i) la durata della società. Se le società s.n.c. e la s.a.s. non provvedono all’iscrizione sono irregolari e subiscono l’applicazione della disciplina della società semplice per quanto concerne i rapporti con i terzi. Con tre eccezioni: a) in ogni caso i soci rispondono illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali; b) in ogni caso si presume che i soci che agiscono per la società abbiano i poteri di rappresentanza salvo effettiva loro conoscenza; c) resta salva la responsabilità limitata dei soci accomandanti che non abbiano partecipato alle operazioni sociali. L'invalidità del contratto. La legge non regola l’invalidità del contratto di società di persone. Si ritiene che le cause di invalidità coincidono con quelle di nullità e annullabilità. Ovviamente si deve distinguere fra l’invalidità che colpisce l’intero contratto sociale e quella che riguarda la partecipazione del singolo socio. Le modifiche del contratto e il trasferimento della quota. La regola generale delle società personali è che ogni modifica del contratto sociale richiede il consenso di tutti i soci. GLI OBBLIGHI DEI SOCI. L'obbligo generale di collaborazione. Il contratto di società di persone è caratterizzato dal c.d intuitus personae: la persona del socio assume cioè carattere essenziale nell’assetto dei rapporti sociali. Il socio concorre a determinare le scelte gestionali della società e risponde per le obbligazioni sociali da chiunque dei soci siano state assunte. Sul socio grava quindi un generale obbligo di collaborazione verso la società. Conferimenti e capitale. I soci sono tenuti a effettuare in favore della società i conferimenti ai quali si sono obbligati con il contratto sociale. Non vi sono limitazioni in ordine all'entità conferibile. Il capitale non è menzionato espressamente come elemento del contratto di società di persone ma tale concetto emerge in almeno due luoghi: nel divieto della distribuzione di utili se si è verificata una perdita nel capitale sociale non reintegrata, e nella regolazione della riduzione del capitale al fine di tutelare i creditori. Ne discende quindi che il capitale è elemento della società. La disciplina legale dei singoli conferimenti è così sintetizzabile:  nel silenzio del contratto sociale i conferimenti devono essere effettuati in denaro;  i beni in natura possono essere conferiti in proprietà o godimento, nel primo caso si applica la disciplina della vendita alle garanzie che il socio deve prestare alla società e al passaggio dei rischi sulla cosa, nel secondo caso il rischio resta a carico del socio;  Il conferimento di credito implica a carico del socio la garanzia della solvenza del debitore ceduto;  Il conferimento d’opera può anche non essere capitalizzato. Divieto di uso delle cose sociali e obbligo di non concorrenza. L’art 2256 pone a carico dei soci il divieto di servirsi delle cose appartenenti alla società per fini estranei a quelli sociali senza il consenso degli altri soci. Nelle società che possono svolgere attività commerciale è posto a carico dei soci il divieto di concorrenza nei suoi confronti. La violazione dell’obbligo espone il socio sia alla sanzione dell’esclusione, sia al risarcimento del danno eventualmente provocato alla società. I RAPPORTI PATRIMONIALI. Autonomia patrimoniale e responsabilità per le obbligazioni sociali. Le società di persone sono dotate di autonomia patrimoniale: il loro patrimonio, cioè, è distinto da quello dei soci ed è destinato al conseguimento dell’oggetto sociale e all’adempimento delle obbligazioni contratte per la società. Le società di persone sono quindi centri autonomi di imputazione di diritti e obblighi. Attorno a questo principio generale ruotano le regole che disciplinano i rapporti patrimoniali facenti capo alla società. Per le obbligazioni sociali le società di persone rispondono verso i terzi con il proprio intero patrimonio, alla loro responsabilità si affianca inoltre quella illimitata e solidale dei soci o di taluno di essi. • Nella società semplice sono sempre illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali i soci che hanno agito in nome e per conto della società. I soci non amministratori possono limitare la loro responsabilità con un apposito patto il quale è opponibile a terzi solo se viene portato a loro conoscenza con mezzi idonei. In caso contrario il patto di limitazione della responsabilità ha efficacia solamente interna. • Nella s.n.c. invece tutti i soci sono sempre illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali nei confronti dei terzi ai quali non è opponibile nessun patto limitativo della responsabilità. • Nella s.a.s. illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali sono solo gli accomandatari, in ragione dell’attribuzione esclusiva in loro favore del potere di gestione della società; gli accomandanti invece sono sottratti alla responsabilità illimitata e rischiano solo quanto conferito. Tuttavia anche a loro si estende la responsabilità illimitata in due casi: - quando si siano inseriti nella gestione sociale compiendo atti di amministrazione; - quando abbiano consentito che il loro nome fosse inserito nella ragione sociale. La responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali è illimitata e solidale, ma connotata dalla c.d sussidiarietà. Infatti il socio al quale il creditore sociale chiede il pagamento può invocare il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale. Nella società semplice è il socio che, per evitare il pagamento, ha l’onere di indicare al creditore i beni della società sui quali egli può agevolmente soddisfarsi. Nella s.n.c. e nella s.a.s. regolari è invece il creditore che, per potersi rivolgere al socio, deve dimostrare di avere preventivamente escusso il patrimonio sociale. Il socio che entra a far parte di una società di persone risponde illimitatamente di tutte le obbligazioni sociali, anche per quelle sorte precedentemente al suo ingresso. Il socio che, invece, esce dalla società rimane comunque responsabile per tutte le obbligazioni sociali sorte o esistenti al momento dello scioglimento del rapporto. La responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali è non solo illimitata ma anche solidale: ciò significa che il creditore può rivolgersi a ciascun socio per ottenere il pagamento dell’intero credito vantato verso la società. Sarà poi il singolo socio a potersi rivalere nei confronti degli altri soci. Il creditore particolare del socio. L’autonomia patrimoniale delle società di persone impedisce che vi sia confusione fra patrimonio delle società e patrimonio dei soci; i creditori del socio non possono vantare diritti verso la società per il soddisfacimento del loro credito. Il creditore particolare del socio, avendo come unica garanzia il suo patrimonio personale, dovrebbe poter agire sulla quota di partecipazione del socio nella società. Ma non potendo nelle società personali mutare il socio senza il consenso di tutti gli altri, è impossibile al creditore compiere atti esecutivi sulla quota che conducano alla sua vendita forzata. La legge allora riconosce al creditore particolare il diritto, a certe condizioni, di ottenere la liquidazione della quota del socio. In particolare:  nella società semplice il creditore particolare del socio se dimostra che gli altri beni personali sono insufficienti a soddisfare il suo credito, può chiedere alla società la liquidazione della quota, che va effettuata entro tre mesi dalla domanda.  Nella s.n.c. e nella s.a.s., limitatamente agli accomandatari vige il divieto di richiedere la liquidazione della quota del socio durante tutta la vita della società. Diritto agli utili e partecipazione alle perdite. I soci hanno il diritto di partecipare agli utili generati dall’attività sociale; allo stesso tempo sono chiamati a sopportarne le perdite. Se il contratto sociale nulla dispone, l’art 2263 prevede che le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti e se il valore dei conferimenti non è determinato nel contratto esse si presumono uguali; se è determinata solo la parte di ciascun socio nei guadagni in egual misura si presume la partecipazione alle perdite. Un limite all’autonomia negoziale è rappresentato dal divieto del c.d patto leonino, con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite. Il diritto agli utili matura in capo ai soci quando viene approvato il rendiconto che nella s.n.c. e nella s.a.s assume la forma di vero e proprio bilancio di esercizio. La partecipazione alle perdite invece si concretizza nella perdita di valore della quota per effetto del minor valore del patrimonio della società. LEZIONE 20 LE SOCIETA' DI PERSONE: ORGANIZZAZIONE E SCIOGLIMENTO. PROFILI GENERALI. Nelle società personali i soci sono liberi di determinare come meglio ritengono la struttura organizzativa societaria, cioè le regole sull'adozione delle decisioni e l'amministrazione delle società. I vincoli derivano dalla stessa personalità: la naturale coincidenza tra qualità di socio e potere di concorrere alle scelte di amministrazione della società. La disciplina legale delle società personali è assai leggera al riguardo e si caratterizza per la presenza di norme destinate a operare se i soci non dispongono nel contratto sociale. L'AMMINISTRAZIONE. Gli amministratori: requisiti, nomina, revoca. L'art. 2257 dice che “l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri” (c.d amministrazione disgiuntiva); nella s.a.s la norma si applica solo ai soci accomandatari. Le parti possono attribuire il potere di amministrare a taluni dei soci, sino a concentrarlo nelle mani di uno solo (ma non può essere esterno alla società). Nella s.a.s. il potere di amministrare non spetta agli accomandanti: l'esercizio in via di fatto non ne rende di per sé invalidi gli atti, ma comporta l'assunzione della responsabilità illimitata per tutte le obbligazioni sociali. È consentito senza la perdita del beneficio della responsabilità limitata che l'accomandante: a) compia specifici atti sulla base di una procura speciale; b) presti la propria opera sotto la direzione degli amministratori; c) se l'atto costitutivo lo prevede abbia poteri di autorizzazione o di preventiva consultazione per determinate operazioni, nonché poteri di ispezione e sorveglianza. L'atto costitutivo non può conferire questi poteri ad un accomandante, spostando poteri dove non dovrebbero essere. Oggi socio amministratore può essere anche una persona giuridica, la quale esprimerà la sua volontà tramite il proprio rappresentante. Tale possibilità deriva dall'ammissione della partecipazione di società di capitali a società di persone, anche in assenza di alcun socio persona fisica. La nomina ad amministratore ha base volontaria; può avvenire: a) direttamente nell'atto costitutivo; b) ove l'atto lo consenta, con atto separato da parte dei soci. Per quanto concerne la revoca, invece, se la nomina è effettuata nell'atto costitutivo, la revoca è possibile solo per giusta causa, giacché la designazione contrattuale assume carattere essenziale per la partecipazione alla società; invece la revoca dell'amministratore nominato con atto separato è regolata dalle norme sul mandato, può intervenire anche per volontà dei soci. Si discute se il rapporto di amministrazione abbia natura di mandato o trovi fonte nella stessa legge, integrando poi un contratto autonomo (contratto di amministrazione) con disciplina tipica. Si preferisce la seconda tesi, e ci sono analogie con alcune regole del mandato. I modelli di amministrazione: l'amministrazione disgiuntiva. Nel silenzio dell'atto costituivo il potere di amministrare spetta disgiuntamente a ciascun socio: la regola dispositiva del potere disgiunto si applica anche ove l'atto costitutivo attribuisca solo ad alcuni dei soci il potere di amministrare. Il socio può decidere e porre in essere atti di gestione, può impegnare la società verso terzi. Questa autonomia gestionale è temperata dal potere di veto spettante agli altri soci amministratori: ovviamente il veto deve intervenire prima del compimento dell'operazione. Il potere di decidere sull'opposizione (non sul compimento dell'atto) si trasferisce a tutti i soci, che decidono a maggioranza calcolata secondo la rispettiva quota di partecipazione agli utili. In caso di conflitto fra gli amministratori sulle scelte di gestione il contratto sociale può rimettere a un terzo la decisione: il terzo arbitratore non può assumere autonomamente la decisione, deve scegliere fra le due. L'amministrazione congiuntiva. L'atto costitutivo può prevedere che l'amministrazione spetti congiuntamente a più soci: in tal caso il potere di gestione dev'essere esercitato in accordo fra i soci amministratori. In difetto di diversa previsione, la regola è quella dell'unanimità: è però possibile che le decisioni siano assunte a maggioranza, calcolata in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione agli utili. Al fine di evitare una controproducente rigidità, la legge consente che anche in regime di amministrazione congiuntiva, ciascun amministratore possa compiere da solo atti di gestione nel caso in cui vi sia urgenza di evitare un danno alla società. Le amministrazioni disgiuntiva e congiuntiva non sono da intendersi come limitazioni dell'autonomia negoziale: i soci possono scegliere a seconda della tipologia di atti, se attribuire agli amministratori poteri disgiunti o congiunti. La rappresentanza. Al potere di amministrazione corrisponde quello di rappresentanza anche processuale della società (spendita del nome, far acquisire diritti e obblighi verso terzi). Nel silenzio del contratto sociale, chi amministra rappresenta. Il potere si estende a tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale: la legge non distingue tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. Il parametro utilizzato per valutare se un atto di gestione sia estraneo all'oggetto sociale è la formulazione più o meno ampia di questo, contenuta nel contratto sociale. La corrispondenza fra potere di gestione e di rappresentanza può essere spezzata dal contratto sociale o attribuendo il potere solo a taluni soci amministratori e non ad altri, così che a questi ultimi spetti solo il potere di gestire sul piano interno, ovvero attribuendo il potere di rappresentanza in modo diversificato a seconda degli atti. Ogni limitazione del potere di rappresentanza pone il problema della sua opponibilità ai terzi: in generale, se il terzo stipula un contratto con chi non è amministratore si applicano le regole generali in tema di rappresentanza, la carenza di poteri rappresentativi è pienamente opponibile al terzo. Il discorso è diverso se la controparte è amministratore con poteri limitati: il legislatore tiene conto del generico affidamento dei terzi sulla sussistenza del potere di rappresentanza. Si deve distinguere tra limiti legali e limiti convenzionali al potere di rappresentanza: i limiti legali (quelli cioè che hanno fonte normativa) nella società di persone sono sempre opponibili al terzo, i limiti convenzionali (quelli cioè che sono tratti dal contratto sociale e che possono essere specifici al potere di rappresentanza oppure derivano da limiti al potere di gestione) sono invece trattati diversamente a seconda dei tipi sociali: in s.n.c. e s.a.s. l'art 2298 afferma che “le limitazioni del potere di rappresentanza che risultano dall'atto costitutivo o dalla procura sono opponibili ai terzi se iscritte nel registro delle imprese o ove se ne provi la conoscenza da parte del terzo”; nelle società semplici invece l'art 2266 afferma che “le modificazioni e i limiti al potere di rappresentanza sono regolati dall'art 1396 in base al quale sono opponibili solo ove portati a conoscenza del terzo con mezzi idonei salvo che se ne provi l'effettiva conoscenza al momento della conclusione del contratto”. Doveri e responsabilità degli amministratori. Gli amministratori hanno il dovere generale di gestire la società con la diligenza del mandatario: valgono qui i principi che si ritrovano nelle società di capitali: l'operato degli amministratori va valutato sulla base non del risultato positivo o negativo delle scelte gestionali, ma del loro comportamento al momento dell'assunzione delle scelte (lo standard dell'avveduto amministratore). Il metro di conflitto deve ritenersi legittimo il recesso per giusta causa; • decisione unanime dei soci (il contratto può prevedere la maggioranza); • venir meno di una pluralità di soci (se entro 6 mesi non viene ricostituita); • ogni altra causa prevista nell'atto costituitivo. Le s.n.c. e s.a.s si sciolgono inoltre per le seguenti ulteriori ragioni: • fallimento e provvedimenti dell'autorità governativa nei casi stabiliti dalla legge; La s.a.s. Si scioglie per un ulteriore ipotesi: • venir meno di una delle due categorie di soci (accomandanti e accomandatari), salvo che in 6 mesi non ne venga ricostituita la pluralità. Le cause di scioglimento operano di diritto non appena si verificano i presupposti. La liquidazione è il procedimento volto al soddisfacimento dei creditori prima di procedere alla divisione del patrimonio sociale fra i soci. Essa non può essere disattesa volontariamente. I soci possono non seguire lo schema procedimentale della legge (possono ad esempio procedere direttamente alla liquidazione senza nominare i liquidatori, stabilire che il pagamento dei creditori avvenga con modalità diversa dalla liquidazione dell'attivo). Gli effetti ex lege sono: • Gli amministratori, sino all'adozione dei provvedimenti necessari per la liquidazione, possono solo compiere solo affari urgenti; • Salvo che il contratto sociale o i soci all'unanimità non provvedano diversamente, la liquidazione va svolta da uno o più liquidatori, anche non soci, nominati all'unanimità dai soci o dal presidente del tribunale su istanza di uno di loro; • Gli amministratori consegnano ai liquidatori i beni e i documenti sociali e presentano il conto della gestione successiva all'ultimo rendiconto o bilancio. Nominati i liquidatori, questi ultimi devono compire gli atti necessari per la liquidazione del patrimonio sociale (si applicano le norme valide per gli amministratori). I loro poteri tuttavia non possono essere esercitati in modo non funzionale allo svolgimento della procedura, è vietato il compimento di operazioni di gestione. I liquidatori devono vendere i beni sociali e con il ricavato pagare i creditori. Questi atti non contravvengono al divieto di nuove operazioni. C'è anche il divieto di ripartire beni ai soci se non si sono estinti tutti i debiti o accantonate le somme per pagarli. Pagati i creditori si può distribuire il patrimonio fra i soci: i soci che hanno conferito beni in godimento possono riottenerli; bisogna separare due distinte quote: la prima sono i conferimenti che vanno restituiti ai soci in base al loro valore, la seconda attiene all'eventuale surplus che va ripartito secondo le rispettive quote di partecipazione agli utili. Terminata la liquidazione, nella società semplice non sono previste regole procedimentali particolari a carico dei liquidatori per segnare la chiusura della procedura; deve però ritenersi che dovranno rendere ai soci il conto dell'attività. Per quanto riguarda la s.n.c. e la s.a.s i liquidatori devono redigere un bilancio finale di liquidazione e di un piano di riparto del patrimonio dei soci. Cancellazione ed estinzione. Chiusa la fase di liquidazione, i liquidatori devono procedere alla cancellazione della società dal registro delle imprese (art 2312); a tanto deve provvedere il curatore, una volta chiuso il fallimento nelle ipotesi in cui non residui alcun attivo: la società dunque in tal caso non sopravvive neppure in stato di liquidazione. Decorso un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, la società non può più essere dichiarata fallita. Solo in caso di cancellazione di ufficio è fatta salva la facoltà di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine annuale. Una volta cancellata la società i creditori che non siano stati pagati possono sempre agire nei confronti dei soci e dei liquidatori, se responsabili. Ovviamente i soci illimitatamente responsabili rispondono con tutto il loro patrimonio, gli altri in relazione e nei limiti della quota di liquidazione percepita. LEZIONE 21 LE SOCIETÀ DI CAPITALI. INTRODUZIONE. Nelle società di capitali la libera trasferibilità della qualità di socio implica la tendenziale anonimità degli investimenti. Il beneficio della responsabilità limitata ha attratto non solo grandi progetti economici, ma anche quelli di piccole dimensioni svolte da un gruppo di soci legati da un forte rapporto fiduciario o addirittura familiare. Anche la posizione dei creditori è differente: la regola della responsabilità limitata dei soci per le obbligazioni sociali circoscrive la loro garanzia al patrimonio della società. LE TIPOLOGIE DI CONFLITTI. Responsabilità limitata: Soci vs creditori. La responsabilità limitata dei soci per le obbligazioni sociali è un forte incentivo allo sviluppo di nuove iniziative economiche. La traslazione di parte del rischio di impresa a carico dei creditori è implicita nella responsabilità limitata, viene poi amplificata dal pericolo di comportamenti opportunistici da parte dei soci (che sono protetti). La pretesa dei soci alla restituzione del capitale è di rango subordinato alle pretese creditorie: in sede di liquidazione si tratta di una postergazione effettiva (nel corso della vita della società è una postergazione ideale, possono essere distribuiti utili solo se le attività della società superano le passività); esiste quindi una pretesa residuale, che può spingere i creditori a privilegiare iniziative ad alto rischio. Si dice poi che i creditori si possono tutelare da sé, non contrattando con società il cui patrimonio sia inadeguato... ciò è vero solo in parte, poiché esistono creditori deboli; gli unici veramente in grado di tutelarsi da sé sono creditori forti come le banche. Investitori vs gestori. Le società di capitali sono basate sul principio maggioritario: le decisioni dei soci sono assunte a maggioranza, a volte particolarmente qualificata calcolata secondo quote (principio plutocratico). Tutte le società sono dotate di una leadership stabile, talvolta da parte di un socio che detiene la maggioranza di capitale, a volte mediante alleanze tra soci che consentono loro di esercitare stabilmente il controllo dell'impresa sociale. La stessa distinzione tra maggioranza e minoranze è in sé fuorviante se presa alla lettera: l'esercizio del controllo sull'impresa sociale non richiede necessariamente il possesso della partecipazione maggioritaria al capitale. I soci di minoranza hanno scarsi stimoli a esercitare i diritti amministrativi di loro spettanza, consci della normale irrilevanza delle loro opinioni e dei voti espressi, inoltre nell'ordinamento vi sono strumenti che consentono di ridurre l'investimento necessario per esercitare il controllo: ne segue che la maggioranza non corrisponde a chi ha effettuato la maggioranza dell'investimento in capitale di rischio nella società. La distinzione non corre tra maggioranza e minoranza ontologicamente intese, ma tra soci che hanno il controllo dell'impresa sociale e quelli che si limitano a finanziarla con capitale di rischio. Il gruppo di comando ha un interesse meno forte alla massimizzazione degli utili e alla loro ripartizione (possono appropriarsi dei benefici privati del controllo senza spartirli con altri soci; e quindi sono più interessati all'incremento della dimensione dell'impresa, inoltre la ripartizione dell'utile diminuisce la ricchezza della società, e come amministratori non sono interessati perché hanno a disposizione una fonte di reddito). Si parla di public company quando il capitale sociale è altamente frazionato così che nessun socio, da solo o tramite patti di sindacato, può esercitare controllo sull'impresa sociale. Gli amministratori hanno un elevato margine di manovra. Il risparmio diffuso. Per risparmio diffuso si intendono gli interessi degli investitori o del mercato. I soggetti attivi nel mercato dei capitali valutano le opportunità di investimento in relazione alla coppia rischio/rendimento. In base alla convenienza decidono se investire in azioni (divenendo soci) o in obbligazioni (divenendo creditori) della società. Dal punto di vista azionario è chiaro che tanto maggiori sono i possibili benefici privati dei controllori (soci di comando o amministratori) e inferiori gli strumenti di tutela dei soci di minoranza, tanto più alta sarò il rischio dell'investimento e più elevato il rendimento atteso. Le corporate governance sono insiemi di regole e istituzioni volte a conciliare l'interesse alla certezza del controllo da parte dei soggetti che lo esercitano con quello degli investitori a una sorveglianza continua e idonea a assicurare che il controllo sia allocato e gestito con efficienza. Interesse generale al corretto funzionamento delle società. L'intera collettività ha interesse sia di carattere produttivo che finanziario: i maggiori complessi industriali del paese sono società di capitali, da loro dipende il benessere di vasti strati della popolazione. Gli Stakeholders sono coloro che hanno interesse al corretto funzionamento della società, pur non essendone soci. I gruppi. I gruppi sono insiemi di società sottoposte a direzioni unitarie. I creditori temono la ancor maggiore segmentazione della responsabilità: ciascun settore se soggettivizzato in società diviene un compartimento stagno. Nei rapporti tra soci di comando e soci investitori ci sono vistose differenze: più è estesa la catena di controllo, più i soci della controllante si allontanano dalla gestione delle società che sono poste alla base del gruppo. I soci di minoranza delle controllate tendono a subire il comportamento della maggioranza volto a perseguire l'interesse complessivo del gruppo (non quello della società). LE SOCIETA' DI CAPITALI PRIMA DELLA RIFORMA. Profili generali. La disciplina della società di capitali contenuta nel codice civile del 1942 era basata su: • tendenziale inderogabilità delle norme di legge; • scarsa diversificazione tra tipi; • modello della società monade. La disciplina della s.p.a. era unitaria e connotata da una quasi assoluta inderogabilità non solo della responsabilità patrimoniale e delle regole di tutela del patrimonio e del capitale sociale, ma anche di quella inerente agli assetti organizzativi. Tale impostazione era mantenuta anche per la s.r.l. Questo tipo sociale era concettualmente pensato per la piccola o media impresa, e dunque per le società a base familiare o comunque con ridotto numero dei soci, onde consentire anche a queste iniziative economiche l’accesso alla responsabilità limitata a costi inferiori rispetto alla s.p.a. Le società con azioni quotate. Il trattamento normativo delle società quotate e la sua evoluzione meritano un discorso a parte. La compresenza di norme societarie e norme di mercato è tipica di tali società. Le prime definiscono i contenuti dei diritti spettanti ai soci e le regole organizzative dell’ente; le seconde invece fissano le regole attinenti alla circolazione di tali diritti e delle informazioni relative. Nel 1974 venne emanata la c.d. mini-riforma delle s.p.a. con la quale si posero le prime basi di un moderno ordinamento del mercato. Fu istituita la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (consob), organo che aveva funzioni di eterotutela degli investitori. Il baricentro della disciplina venne spostato sul mercato: ma in assenza di un mercato mobiliare liquido, efficiente e articolato il risultato non fu troppo positivo. Fu solo nel 1980 che si giunse all’emanazione di regole tese a: a) introdurre e disciplinare i soggetti intermediari necessari per la crescita del mercato; b) a reprimere il fenomeno dell’abuso di informazioni privilegiate; c) a disciplinare le offerte pubbliche di acquisto e di vendita e i trasferimenti dei pacchetti azionari di controllo; d) a centralizzare il deposito dei titoli azionari quotati per renderne più veloce e sicuro il trasferimento. Si forma così una disciplina che offre strumenti adeguati a consentire agli investitori un’adeguata sorveglianza sull’operato dei gestori (voice) senza interferire eccessivamente sulla loro discrezionalità e meccanismi idonei a permettere la rimozione dei gestori inefficienti o infedeli o comunque una rapida ed efficace liquidazione dell’investimento azionario (exit). Nasce il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria il tuf, che si occupa in un unico contesto della disciplina degli intermediari, dei mercati e dei soggetti emittenti. • gli intermediari sono regolamentati come canale privilegiato di raccolta del risparmio ai fini del successivo investimento in strumenti finanziari; • il mercato è il luogo in cui vengono scambiati tali strumenti; • gli emittenti sono i soggetti che, direttamente o indirettamente tramite gli intermediari, si rivolgono al pubblico risparmio per finanziare, attraverso capitale di rischio o di credito,la propria attività economica. LA RIFORMA DELLE SOCIETA' DI CAPITALI. La riforma generale delle società di capitali (D.Lgs. 6/2003) ha integralmente modificato il quadro normativo fin qui tratteggiato. All’uniformità si è sostituita una marcata differenziazione tra s.p.a. e s.r.l. La tendenziale inderogabilità del passato ha ceduto il passo al riconoscimento e alla valorizzazione dell’autonomia privata con limitazioni crescenti all’aumentare del tasso di apertura al mercato del capitale di rischio. La società per azioni. L’attuale disciplina delle s.p.a. è segnata dalla distinzione tra s.p.a. chiuse e s.p.a. aperte basata sull’assunto che quando le azioni siano destinate alla diffusione fra il pubblico la disciplina di base debba essere rafforzata da un maggior tasso di imperatività e integrata con disposizioni che tutelino l’interesse del risparmio diffuso. La distinzione tra s.p.a chiuse e aperte è stata concretizzata nella riforma dell’art 2325 bis che distingue tra le s.p.a. di base (che sono quelle chiuse) e quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio; queste ultime sono a loro volta individuate nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati e quelle con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante. Queste ultime sono quelle: • che abbiano azionisti diversi dai soci di controllo in numero superiore a 500 che detengano complessivamente una percentuale di capitale sociale almeno pari al 5%; • che non abbiano la possibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata; • le cui azioni alternativamente: 1. abbiano costituito oggetto di un’offerta pubblica di sottoscrizione e vendita, o corrispettivo di un'offerta pubblica di scambio; 2. abbiano costituito oggetto di un collocamento, in qualsiasi forma realizzato; 3. siano negoziate su sistemi di scambi organizzati con il consenso dell’emittente o del socio di controllo; 4. siano emesse da banche e siano acquistate o sottoscritte presso le loro sedi o dipendenze. Per quel che riguarda la disciplina: • norme che si applicano a tutte le s.p.a.; • norme che si applicano solo alle s.p.a. aperte o a quelle chiuse; • norme che si applicano o non applicano solo alle società con azioni quotate; • norme differenti per s.p.a. chiuse, società con azioni quotate e società ad azionariato diffuso. Le peculiarità normative della s.p.a. aperta rispetto a quella chiusa si riassumono: • nel rafforzamento della tutela dei diritti spettanti alle minoranze; • della protezione degli interessi connessi all’appello al pubblico risparmio; • nell’impossibilità di fruire appieno della personalizzazione e semplificazione degli assetti organizzativi e di partecipazione concesse alle società chiuse. La società a responsabilità limitata. Con la riforma il legislatore non si è limitato ad ampliare i margini di libertà nella s.p.a., graduandoli in relazione al grado di apertura della struttura finanziaria al mercato, ma ha altresì offerto agli operatori un tipo di società di capitali, la s.r.l, mediante il quale i soci possono liberamente modellare l’esercizio comune dell’attività economica e in particolare le regole organizzative, senza alcun costo in termini di perdita del beneficio della responsabilità limitata. I gruppi. Infine la riforma ha definitivamente abbandonato l’approccio basato sul modello della società monade. IL NUOVO QUADRO GENERALE. mezzo di una banca o di un intermediario autorizzato; e) in mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare decaduto il socio trattenendo le somme riscosse; f) le azioni invendute non possono essere rimesse in circolazione dopo la decadenza del socio moroso. I conferimenti di beni in natura e di crediti. I conferimenti di beni in natura sono soggetti a un procedimento di stima così articolato: • il conferente deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal tribunale. Tale relazione deve contenere la descrizione dei beni o dei crediti conferiti, l’attestazione del loro valore. • Entro 180 giorni dall’iscrizione della società gli amministratori devono controllare le valutazioni contenute nella relazione; • Finchè la valutazione non è stata effettuata, le azioni corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili. • Se risulta che il loro valore è superiore o inferiore entro il limite di 1/5 a quello per cui avvenne il conferimento, non vi sono conseguenze. • Se risulta invece che il valore era inferiore di oltre 1/5 la società deve proporzionalmente ridurre il capitale sociale, annullando le azioni che risultano scoperte salvo che il socio conferente versi la differenza, o il socio receda dalla società ottenendo la restituzione del conferimento. Gli acquisti potenzialmente pericolosi. Le prestazioni accessorie. Infine è concesso che l’atto costitutivo preveda che il socio, oltre al conferimento, sia tenuto a eseguire prestazioni accessorie. La modalità di tali prestazioni sono stabilite nell’atto costitutivo, la loro variazione segue le regole formali previste per le modificazioni statutarie. Tuttavia, per questa ipotesi, se non è diversamente disposto dall’atto, la modificazione è possibile solo con il consenso di tutti i soci: è l’unico caso di decisione all’unanimità prevista dalla disciplina delle s.p.a. LEZIONE 23 S.P.A.: LE AZIONI L'AZIONE COME UNITA' DI PARTECIPAZIONE AL CAPITALE. Di azioni può parlarsi in duplice senso: in quanto misura unitaria di partecipazione alla s.p.a. intorno alla quale è strutturata la disciplina organizzativa; e in quanto documento nel quale tale partecipazione può essere incorporata. Le azioni hanno diverse caratteristiche: • indivisibilità: significa che l’azione rappresenta l’entità unitaria minima di partecipazione alla società; non può essere frazionata. Può essere modificata tramite la modificazione dello statuto: sia tramite frazionamento che mediante raggruppamento. Nel caso di comproprietà di un’azione i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune nominato secondo le regole della comunione e cioè a maggioranza calcolata per quote. • autonomia: ogni singola azione rappresenta una partecipazione unitaria e compiuta alla società. Quindi anche quando al socio appartengono più azioni, tendenzialmente ciascuna di esse può vivere vicende proprie. Varie sono le accezioni in cui si parla di valore delle azioni: • valore nominale: corrisponde al valore del capitale sociale fratto il numero delle azioni; • valore di emissione: corrisponde a quello per cui le azioni vengono offerte in sottoscrizione in sede di costituzione della società. • Valore contabile: corrisponde al valore ottenuto dividendo il patrimonio netto per il numero delle azioni in circolazione. • Valore di scambio (o di mercato): rappresenta il valore al quale effettivamente le azioni possono essere scambiate. • Standardizzazione: significa anzitutto che ogni azione ha identico valore nominale, e in secondo luogo, che ciascuna azione attribuisce: a) il diritto a una parte proporzionale degli utili netti e del patrimonio netto risultante dalla liquidazione; b) il diritto di voto. I DIRITTI SOCIALI. I diritti derivanti dalle azioni sono i diritti sociali: I diritti sociali secondo le modalità di attribuzione. Bisogna distinguere:  diritti che spettano a ciascuna azione in quanto tale. (es. Partecipare all’assemblea….)  Diritti che spettano a un numero di azioni tali da raggiungere una certa frazione del capitale sociale. Es: a) Il diritto di chiedere giudizialmente l’annullamento delle deliberazioni assembleari invalide; b) di esercitare l’azione sociale di responsabilità; c) di denunciare il fondato sospetto di irregolarità da parte degli amministratori.  I diritti che spettano in misura proporzionale. (Es: Diritto di voto, diritto agli utili, etc). I diritti che sono attribuiti solo ai possessori di una determinata aliquota del capitale, sono chiamati diritti della minoranza. In una posizione particolare si colloca la c.d. golden share cioè i poteri speciali che, in base al d.l 21/2012 sono attribuiti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'adozione di decisioni da parte degli organi di società che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema della difesa e della sicurezza nazionale. Tra questi poteri vi sono: a) il diritto di veto su alcune delibere o decisioni “sensibili” come il trasferimento d'azienda, o di rami di essa, le fusioni o scissioni di società, il mutamento dell'oggetto sociale etc; b) il potere di opposizione o di imposizione di specifiche condizioni per l'acquisto di partecipazioni in imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale c) il potere di imporre condizioni per l'acquisto di partecipazioni di controllo in società che detengano attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni e in casi eccezionali il potere di opposizione all'acquisto. I diritti sociali secondo il loro contenuto. I diritti sociali possono distinguersi secondo il loro contenuto in: a) diritti amministrativi: cioè quelli che riguardano la c.d voice all’interno della società; b) diritti patrimoniali: riguardano il ritorno finanziario dell’investimento effettuato sottoscrivendo o acquistando le azioni; c) diritti misti: cioè che hanno una doppia componente: amministrativa e patrimoniale. TECNICHE RAPPRESENTATIVE DELL'AZIONE E SUA CIRCOLAZIONE. L'azione come documento e le tecniche alternative. Le azioni alludono anche ai titoli, in cui possono essere incorporate le partecipazioni sociali; quindi i titoli possono, a scelta del socio, essere nominativi o al portatore. In ogni caso le azioni non possono essere al portatore:  finchè non siano interamente liberate;  se si tratta di azioni con prestazioni accessorie;  qualora lo statuto ponga limiti alla loro circolazione. Il giratario che si dimostri possessore in base a una serie continua di girate è comunque legittimato a esercitare diritti sociali. I titoli azionari devono indicare: 1) la denominazione e la sede della società; 2) la data dell’atto costitutivo e della sua iscrizione; 3) il loro valore nominale o il numero complessivo delle azioni emesse; 4) l’ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non interamente liberate; 5) i diritti e gli obblighi particolari a essi inerenti. La circolazione delle azioni. La trasferibilità libera è carattere naturale delle azioni. Azioni non emesse. Nel caso di mancata emissione dei titoli azionari il trasferimento delle azioni ha effetto nei confronti della società dal momento della sua iscrizione nel libro dei soci. Azioni incorporate in titoli. I titoli azionari sono titoli di credito o quantomeno, circolano come i titoli di credito. Quindi le azioni al portatore si trasferiscono con la consegna del titolo. Per quelle normative il meccanismo circolatorio differisce da quello di diritto comune poiché per le azioni è sufficiente la consegna accompagnata da girata autenticata dal notaio. Sulla sola base di consegna e girata il giratario che si dimostri possessore in base a una serie continua di girate è comunque legittimato a esercitare i diritti sociali; ha il diritto di ottenere l'annotazione del trasferimento nel libro dei soci e la società ha l'obbligo di provvedervi. Azioni dematerializzate. Qualora le azioni siano obbligatoriamente o volontariamente dematerializzate il trasferimento si opera mediante scritturazione sui conti destinati a registrare i movimenti degli strumenti finanziari. La scritturazione sul conto equivale alla girata. I vincoli sulle azioni. I vincoli sulle azioni (pegno, usufrutto, pignoramento etc) si attuano nelle forme previste per i titoli di credito o per gli strumenti finanziari dematerializzati. La legge si preoccupa però di stabilire l'assegnazione dei diritti sociali, derogando alla regola per cui normalmente essi rappresentano un fascio unitario non frazionabile. Nel caso di pegno o usufrutto sulle azioni, il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o all'usufruttuario, nel caso di sequestro al custode giudiziario. Nell'aumento di capitale a pagamento il diritto di opzione spetta al socio e al medesimo sono attribuite le azioni in base a esso sottoscritte. Se il socio non provvede almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo, dev'essere alienato per suo conto a mezzo di banca o di altro intermediario autorizzato alla negoziazione nei mercati regolamentati. Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di pegno il socio deve provvedere al versamento delle somme necessarie almeno tre giorni prima della scadenza. Se dal titolo o dal provvedimento del giudice non risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi da quelli sopra indicati spettano sia al socio sia al creditore pignoratizio o all'usufruttuario, nel caso di sequestro dal custode. Il diritto di recesso non è un diritto amministrativo fatto e finito, il diritto spetta al socio, ma deve essere coerente al comportamento del titolare del diritto minore. I limiti legali alla circolazione. I casi più importanti di circolazione delle azioni sono: a) azioni liberate con conferimenti in natura: fin quando non sia completata la procedura di controllo della valutazione, sono inalienabili; b) azioni con prestazioni accessorie: il cui trasferimento è subordinato al consenso degli amministratori; c) le azioni di società fiduciarie e di revisione che sono trasferibili solo col consenso degli amministratori. Altre limitazioni sono previste per società operanti in settori particolari. I limiti convenzionali alla circolazione. Qualora le azioni siano nominative o non siano state emesse, lo statuto può: a) vietarne il trasferimento per un periodo non superiore a 5 anni; b) sottoporre il trasferimento delle azioni a particolari condizioni. Le particolari condizioni si concretano in clausole denominate: • Clausole di gradimento: che subordinano il trasferimento delle azioni al gradimento di organi sociali o di altri soci. In caso di mancato gradimento, l’atto di disposizione è valido inter partes ma non nei confronti della società. Le clausole possono essere di mero gradimento o non mero gradimento. Non mero gradimento: sono caratterizzate dalla predeterminazione nella clausola stessa dei criteri oggettivi ai quali il soggetto cui è rimesso il placet deve attenersi. Mero gradimento: sono svincolate dalla predeterminazione di criteri oggettivi. Il rifiuto può essere immotivato. • Clausole di prelazione: si prevede che il socio che intende vendere le proprie azioni debba preventivamente offrirle in prelazione agli altri soci. • Clausole di riscatto: consentono alla società stessa oppure ad alcuni soci la facoltà di riscattare (di acquistare coattivamente) le azioni di altro socio. LE OPERAZIONI SULLE PROPRIE AZIONI. La sottoscrizione. Viene vietata la sottoscrizione di azioni proprie da parte della società. Le azioni sottoscritte in violazione del divieto si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai promotori e dai soci fondatori. L'acquisto e il trading. Diverso dal caso della sottoscrizione è quello dell’acquisto di azioni proprie. Limiti all’acquisto: • l’acquisto deve avvenire nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio; • Possono essere acquistate solo azioni liberate interamente; • L'acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea; • Solo per le società con azioni quotate è previsto il principio di parità di trattamento tra i soci. Per le sole società aperte è previsto che il valore nominale delle azioni proprie, non può eccedere la quinta parte del capitale sociale. In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate può eccedere la decima parte del capitale sociale. La sanzione di tale acquisto è non la sua invalidità ma l’obbligo di venderle entro un anno. Disciplina delle azioni proprie in portafoglio. Per le azioni proprie che la società abbia in portafoglio vale una disciplina particolare: • gli amministratori non possono disporre delle azioni proprie se non previa autorizzazione dell’assemblea; • Il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni; • Il diritto di voto è sospeso; • Le azioni proprie in portafoglio non vanno appostate nell’attivo del bilancio. L'assistenza finanziaria sulle proprie azioni. L’assistenza finanziaria sulle proprie azioni è permessa quando ricorrono queste condizioni: a) il progetto di fusione deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione; b) la relazione degli amministratori deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione e deve contenere un piano economico e finanziario con menzione della fonte delle risorse finanziarie; c) La relazione degli esperti deve attestare che l'operazione ha luogo a condizioni di mercato; d) l'importo complessivo dei prestiti o delle garanzie non può eccedere i limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato tenuto conto anche dell'eventuale acquisto di azioni proprie. LEZIONE 24 S.P.A. CATEGORIE DI AZIONI, OBBLIGAZIONI, STRUMENTI FINANZIARI E PATRIMONI DESTINATI. INTRODUZIONE. I diritti derivanti dalle azioni (i diritti sociali) possono essere modulati dalla volontà dei soci creando speciali categorie di azioni in sede di atto costitutivo. In linea di principio le azioni rappresentano una partecipazione al capitale di rischio e conferiscono ai loro possessori una duplice posizione:  Quella di detentori della c.d pretesa residuale in quanto da un lato non hanno un credito nei confronti della società e dall’altro sono i beneficiari di tutto ciò che eventualmente residua dopo il soddisfacimento integrale dei creditori;  Quella di detentori del potere di assumere le scelte fondamentali in tema di esercizio dell’attività. • non può essere adottata se il capitale sociale non sia stato interamente versato; • deve determinare il rapporto di cambio e il periodo e le modalità della conversione. Operativamente avviene nel seguente modo: a) nel primo mese di ciascun semestre gli amministratori provvedono all’emissione delle azioni spettanti agli obbligazionisti che hanno chiesto la conversione nel semestre precedente; b) entro il mese successivo gli amministratori devono depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese un’attestazione dell’aumento del capitale sociale in misura corrispondente al valore nominale delle azioni emesse. Punto cruciale delle obbligazioni convertibili è quello del rapporto di cambio cioè di quante azioni spetteranno per ciascuna obbligazione qualora l’obbligazionista decida di convertire. Si tratta di un rapporto che viene fissato nel regolamento del prestito obbligazionario. Dal momento in cui la situazione della società non rimane la stessa dal momento in cui l’obbligazionista compie l’obbligazione, la legge prevede che: a) alcune operazioni non possono essere effettuate se ai possessori di obbligazioni convertibili non viene data la facoltà di esercitare il proprio diritto nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione; b) altre operazioni sono consentite dalla legge, ma producono automaticamente una modificazione proporzionale del rapporto di cambio: l’aumento nominale del capitale mediante imputazione di riserve a capitale e la riduzione del capitale per perdite; c) altre operazioni ancora sono consentite, ma ai possessori di obbligazioni convertibili spettano gli stessi diritti degli azionisti. GLI ALTRI STRUMENTI FINANZIARI PARTECIPATIVI. La sua nozione è di carattere residuale rispetto alle azioni e alle obbligazioni e serve per definire:  quegli strumenti rappresentativi di apporti di vario tipo che, pur non imputabili o comunque non imputati a capitale sociale, rappresentano, in tutto o in parte, un investimento di rischio non avendo diritto al rimborso del capitale condizionato all’andamento economico della società;  quegli strumenti che pur non conferendo la qualità di socio tuttavia assegnano al sottoscrittore uno o più diritti di amministrazione. L’istituto è così disciplinato:  la società a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o di servizi, può emettere strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti.  L’assemblea straordinaria può deliberare l’assegnazione ai dipendenti della società o di società controllate gli strumenti finanziari, diversi dalle azioni, forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto.  Gli strumenti finanziari di cui sopra possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati.  La legge concede loro la possibilità di fare assemblee speciali.  La disciplina delle obbligazioni si applica anche agli strumenti finanziari.  Salvo che non si tratti di strumenti finanziari assegnati ai dipendenti l’emissione di questi titoli richiede l’esecuzione di un apporto da parte del sottoscrittore.  L’apporto può consistere anche in un’opera o servizio.  Gli apporti non vengono imputati a capitale e i loro sottoscrittori non acquistano la qualità di soci.  Non si esclude che tali apporti possano essere caratterizzati dal rischio d’impresa anche per il capitale. I PATRIMONI DESTINATI. Sono patrimoni destinati a uno specifico affare. In base all’art 2447 – bis la società può:  costituire un patrimonio destinato unilaterale cioè un patrimonio destinato in via esclusiva a uno specifico affare. È di carattere economico e dà luogo a un autonomo complesso di beni organizzato per lo svolgimento di una specifica attività all’interno della società in regime di tendenziale separazione rispetto al residuo patrimonio della società.  Un patrimonio destinato contrattuale cioè la società può convenire che nel contratto relativo al finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell’affare stesso o parte di essi. È di carattere schiettamente finanziario. I patrimoni destinati “unilaterali”. Questo tipo di patrimonio destinato può essere istituito con una deliberazione adottata dall’organo amministrativo a maggioranza assoluta dei suoi componenti. La deliberazione deve indicare: • l’affare al quale è destinato il patrimonio; • I beni e i rapporti giuridici compresi in tale patrimonio; • Il piano economico finanziario da cui risulti la congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell’affare, le modalità e le regole offerte ai terzi; • Gli eventuali apporti di terzi, le modalità di controllo sulla gestione e di partecipazione degli affari; • La possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione all’affare con la specifica menzione dei diritti che attribuiscono; • La nomina di una società di revisione per il controllo contabile sull’andamento dell’affare; • Le regole di rendicontazione dello specifico affare. I patrimoni destinati non possono essere costituiti: 1) per un valore complessivamente superiore al 10% del patrimonio netto della società; 2) per l’esercizio di affari attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali. La deliberazione deve essere depositata e iscritta nel registro delle imprese e nel termine di 60 giorni dall’iscrizione i creditori sociali anteriori all’iscrizione possono opporsi. Gli effetti della creazione di una patrimonio destinato sono: • I creditori della società non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato né sui frutti o proventi da esso derivanti, salvo che per la parte spettante alla società; • Nei confronti dei creditori aventi titolo in obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare la società risponde nei limiti del patrimonio a esso destinato. Quando l’affare per cui il patrimonio destinato è stato istituito si realizza o è divenuto impossibile, gli amministratori redigono un rendiconto finale che, accompagnato da una relazione dei sindaci e del revisore, deve essere depositato presso il registro delle imprese. Il patrimonio destinato contrattuale. La sua funzione è quella di rappresentare una speciale forma di garanzia c.d flottante cioè il cui oggetto non è cristallizzato al momento della sua costituzione ma viene determinato con riguardo alla generica categoria dei suoi proventi. Caratteristiche essenziali:  Impedisce ai creditori sociali di agire sui proventi dell’affare finanziato e sui beni strumentali allo svolgimento dell’affare;  Limita le pretese del finanziatore ai predetti proventi realizzati fino a una certa data predeterminata nel contratto. Il contratto deve contenere: 1. una descrizione dell’operazione che individui lo specifico oggetto, le modalità i tempi di realizzazione; 2. il piano finanziario dell’operazione; 3. i beni strumentali necessari alla realizzazione dell’operazione; 4. le specifiche garanzie che la società offre in ordine all’obbligo di esecuzione del contratto; 5. i controlli che il finanziatore può effettuare sull’esecuzione dell’operazione; 6. la parte dei proventi destinati al rimborso del finanziamento; 7. il tempo massimo di rimborso. La copia del contratto deve essere depositata presso il registro delle imprese. Rispettate tali condizioni, i creditori sociali non possono agire in alcun modo sui proventi, sui frutti di essi e degli investimenti eventualmente effettuati in attesa del rimborso al finanziatore. LEZIONE 25 S.P.A. L’ASSEMBLEA NEL SISTEMA TRADIZIONALE. L'ORGANIZZAZIONE CORPORATIVA E I SISTEMI DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO. Il legislatore all’interno delle s.p.a. limita la liberà dei soci di progettare come meglio credono la struttura organizzativa della loro società. Il beneficio della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali ha comportato che l’organizzazione societaria, e cioè le regole, e i meccanismi attraverso i quali viene gestita l’impresa, fosse in linea generale imperativamente stabilita dalla legge. Tipica della s.p.a è sempre stata la previsione inderogabile di una pluralità di organi sociali, ciascuno dei quali con una sua specifica competenza c.d organizzazione corporativa. Nel sistema originario del codice civile questa linea si traduceva nell’imprescindibile esistenza di tre organi: a) l’assemblea, composta dai soci e chiamata a decidere sulle modificazioni del contratto sociale nonché sulla nomina di amministratori e sindaci e sull’approvazione del bilancio; b) l’organo amministrativo, competente per la gestione dell’impresa sociale; c) il collegio sindacale, chiamato a vigilare sull’operato dell’organo amministrativo. L’assemblea è organo sovrano solo nel senso che nomina gli altri organi. La collettività dei soci non può sostituirsi agli amministratori nella gestione né esautorare i sindaci nella funzione di controllo. I compiti dei sindaci e degli amministratori erano determinati direttamente dalla legge. La riforma ha confermato questa impostazione. Al tradizionale sistema latino di amministrazione e controllo che non è più imperativo si sono affiancati altri due sistemi:  quello dualistico, di origine germanica, in cui l’assemblea nomina un organo che, oltre a esercitare le funzioni tipiche del collegio sindacale, provvede anche a eleggere i componenti dell’organo di gestione e ad approvare il bilancio;  il sistema monistico, di origine anglosassone, in cui l’assemblea elegge un consiglio di amministrazione al cui interno è costituito un apposito comitato per il controllo sulla gestione. L’ASSEMBLEA NEL SISTEMA TRADIZIONALE. L'assemblea è l’unico organo presente con la stessa denominazione e le stesse regole di funzionamento in tutti e tre i sistemi di amministrazione e controllo. Cambiano solo le specifiche competenze. Nozione e classificazioni. L’assemblea rappresenta la collettività dei soci. La legge distingue tra assemblea ordinaria e straordinaria. L’assemblea ordinaria (art 2364):  approva il bilancio;  nomina e revoca gli amministratori, i sindaci e il presidente del collegio sindacale;  determina il loro compenso  delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;  delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assemblea;  approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari. L’assemblea straordinaria:  delibera sulle modificazioni dello statuto;  sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori;  su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza. L’organo è in realtà il medesimo e la diversa denominazione serve solo a richiamare l’applicazione di discipline diverse. Il tipo di assemblea dipende quindi dall’ordine del giorno e nulla vieta che una stessa assemblea sia in parte ordinaria e in parte straordinaria. Ulteriore distinzione di assemblee è quella tra l’assemblea generale (a cui hanno diritto di partecipare tutti i soci aventi diritto di voto) e assemblea speciale (intervengono e votano i portatori di categorie speciali di azioni). 1) La convocazione. La deliberazione assembleare è il frutto di un complesso procedimento che prende avvio dalla convocazione che di regola è fatta dagli amministratori. Per assicurare ai soci conoscenza dell’avviso questo deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale almeno 15 giorni prima della data. Le assemblee delle società con azioni quotate debbono essere convocate con un preavviso: a) di 30 giorni per la generalità delle delibere; b) di 40 giorni quando all'ordine del giorno vi è l'elezione degli organi di amministrazione o di controllo mediante voto di lista; c) di 21 giorni quando all'ordine del giorno vi è la riduzione del capitale o la nomina dei liquidatori; d) di 15 giorni quando all'ordine del giorno vi sono atti od operazioni di contrasto con un' o.p.a. L’ordine del giorno deve essere formulato con un grado di analiticità sufficiente a consentire ai soci di scegliere consapevolmente se intervenire o no all’assemblea. L’ordine del giorno fissa la competenza della specifica assemblea. Gli amministratori possono convocare l’assemblea ogni volta che lo ritengano necessario. In certi casi però la convocazione è obbligatoria:  una volta l’anno;  senza ritardo quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno 1/20 del capitale sociale delle società aperte e 1/10 del capitale sociale nelle società chiuse o la minor percentuale prevista nello statuto;  senza indugio, quando risulta che il capitale è diminuito di oltre 1/3 in conseguenza di perdite;  contestualmente all’accertamento di una causa di scioglimento per deliberare sulle modalità della liquidazione. 2) Lo svolgimento. Il presidente. Seconda fase della deliberazione assembleare è lo svolgimento. L’assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o eletta con il voto della maggioranza dei presenti. Il presidente è assistito da un segretario designato nello stesso modo. Al presidente spetta verificare la regolarità della costituzione dell’assemblea, accertare l’identità e la legittimazione dei presenti, dirigere lo svolgimento dei lavori e accertare i risultati delle votazioni. I quorum costitutivi e deliberativi. L’assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l’intervento di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta. In seconda convocazione delibera sugli oggetti che avrebbero dovuto essere trattati nella prima qualunque si la parte rappresentata dai soci partecipanti. Anche in seconda convocazione si delibera a maggioranza del capitale presente. L’assemblea straordinaria invece delle s.p.a. chiuse delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale a meno che lo statuto non richieda una maggioranza più elevata. Nelle s.p.a. aperte l’assemblea straordinaria è invece regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale. Per tutte le s.p.a. in seconda convocazione l’assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Per talune delibere è prevista una maggioranza rafforzata in ogni convocazione: a) introduzione e soppressione di clausola compromissoria, richiede i due terzi del capitale sociale; b) trasformazione eterogenea: due terzi degli aventi diritto. L'intervento. All’assemblea non possono intervenire tutti i soci, ma solo quelli titolari di azioni con diritto di voto in quell’ assemblea. I requisiti per la partecipazione variano a seconda che si tratti di società chiuse o aperte, e a seconda che si tratti di società in cui le azioni sono o no in gestione accentrata o dematerializzata. Nelle società le cui azioni non sono ammesse alla gestione accentrata (e cioè di norma, tutte le società chiuse e le società aperte non soggette a obbligo di dematerializzazione delle azioni) se lo statuto nulla prevede è sufficiente che il socio depositi, o quantomeno esibisca all’ingresso in assemblea il titolo azionario. Lo statuto tuttavia può prevedere il deposito preventivo dei titoli presso la sede della società o in banche indicate, fissando il termine entro il quale debbono essere depositati ed eventualmente prevedendo che non possono essere ritirati prima che l’assemblea abbia avuto luogo. La partecipazione in absentia. portatori degli strumenti finanziari;  la possibilità che lo statuto conferisca allo Stato o all'ente pubblico che sia azionista della società la possibilità di nominare uno o più amministratori. La durata della carica richiede, oltre alla nomina, l’accettazione da parte dell’eletto. Entro 30 giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono chiederne l’iscrizione nel registro delle imprese. Cessazione e sostituzione. Gli amministratori cessano dalla carica:  per decorso del termine;  per morte;  per decadenza: qualora sopravvenga una causa di ineleggibilità;  per revoca da parte dell’assemblea che può intervenire in qualunque tempo salvo il diritto dell’amministratore al risarcimento dei danni, se avviene senza giusta causa;  per rinunzia all’incarico;  negli altri casi previsti dallo statuto: il più noto è la clausola simul stabunt, simul cadent, cioè quella clausola con cui si prevede che, in caso di cessazione dalla carica di uno o più amministratori, automaticamente decada l’intero consiglio e si debba provvedere alla sua integrale sostituzione. La cessazione per qualsiasi causa deve essere iscritta entro 30 giorni nel registro delle imprese. La sostituzione degli amministratori cessati dalla carica prima della scadenza per decorso del periodo di nomina segue regole particolari: 1. se nonostante la cessazione, la maggioranza è sempre costituita da amministratori nominati dall’assemblea, sono questi che provvedono a sostituire i componenti cessati con deliberazione approvata dal collegio sindacale; 2. se invece viene meno la maggioranza degli amministratori nominati dall’assemblea, quelli rimasti in carica devono convocarla perché provveda alla sostituzione dei mancanti. 3. qualora operi la clausola simul stabunt, simul cadent, l'assemblea per la nomina del nuovo consiglio è convocata d'urgenza dagli amministratori rimasti in carica; 4. se vengono a cessare l’amministratore unico o tutti gli amministratori l’assemblea deve essere convocata d’urgenza dal collegio sindacale. Gli emolumenti. L’incarico di amministratore è per sua natura oneroso:  i compensi spettano ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo e sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea;  la rimunerazione è stabilita invece dal consiglio di amministrazione e spetta agli amministratori investiti di particolari cariche. FUNZIONAMENTO DELL'ORGANO AMMINISTRATIVO. Il consiglio di amministrazione. In caso di amministrazione affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione e sono inderogabilmente vincolate al rispetto del metodo collegiale. Il consiglio di amministrazione sceglie tra i suoi componenti il presidente se questi non è già stato nominato dall’assemblea. Il consiglio provvede alla gestione dell’impresa sociale. La legge consente che deleghi proprie attribuzioni a un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti. Gli organi delegati. La delega di attribuzioni può avvenire solo in favore di componenti del consiglio e può essere: a) in favore di un organo delegato collegiale (comitato esecutivo); b) in favore di un organo delegato monocratico (amministratore o consigliere delegato). Contenuto, limiti ed eventuali modalità di esercizio della delega sono determinati dal consiglio. Al consiglio residua un potere-dovere di vigilare sul generale andamento della gestione. Netta distinzione va fatta tra amministratori esecutivi e quelli non esecutivi, i primi sono impegnati giorno per giorno nella gestione aziendale, i secondi sono reclutati per dare un contributo su aspetti specifici della gestione.  gli organi delegati devono curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa e riferire al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione;  il consiglio valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sulla base delle informazioni ricevute, esamina i piani strategici industriali e finanziari della società e valuta il generale andamento della gestione sulla base della relazione degli organi delegati;  tutti gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato;  il presidente del consiglio di amministrazione ha un ruolo di cerniera di garanzia tra amministratori esecutivi e non esecutivi. Effetto della delega di attribuzione è una modifica nel regime della responsabilità degli amministratori. Mentre in assenza di deleghe vige il principio per cui tutti gli amministratori sono solidalmente responsabili. In caso di deleghe, la responsabilità è diversificata: a) per le violazioni relative ad attribuzioni proprie del comitato esecutivo o a funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori rispondono solo costoro; b) gli amministratori non esecutivi sono solidalmente responsabili con gli esecutivi se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose; c) sono inoltre responsabili in caso di inosservanza del dovere di vigilare e valutare, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione. Le deliberazioni consiliari. La legge non prevede un’analitica regolamentazione dell’iter procedurale per le decisioni consiliari. Le riunioni possono svolgersi anche con mezzi di telecomunicazione, è invece vietato il voto per rappresentanza. • Il quorum costitutivo per le delibere consiliari: è rappresentato dalla maggioranza degli amministratori in carica; • il quorum deliberativo: è rappresentato dalla maggioranza assoluta degli amministratori presenti. Entrambi i quorum possono essere aumentati dallo statuto. Le deliberazioni prese non in conformità dello statuto o della legge possono essere impugnate:  dal collegio sindacale e dagli amministratori assenti o dissenzienti entro 90 giorni dalla data della deliberazione;  dai soci, ma solo se si tratta di deliberazioni lesive dei loro diritti; si applica in tal caso la disciplina dell’annullabilità delle deliberazioni assembleari. In ogni caso sono fatti salvi i diritti acquisiti da terzi in buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione. LA RAPPRESENTANZA. Il potere di rappresentare la società spetta solo a chi abbia avuto la specifica attribuzione di tale potere. Il potere di rappresentanza della società spetta all’amministratore a cui è stato assegnato nell’atto costitutivo, nel silenzio dell’atto si ritiene che competa a ogni amministratore. Entro 30 giorni dalla nomina, gli amministratori devono provvedere alla relativa iscrizione nel registro delle imprese e, in quella sede, specificare a chi spetta la rappresentanza. I terzi vengono tutelati dalla previsione dell’inopponibilità della cause di nullità o annullabilità della nomina degli amministratori che hanno la rappresentanza della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese. Inoltre il soggetto che entra in contatto con la società non ha bisogno di controllare che l’amministratore che ne spende il nome abbia specificatamente i poteri per compiere quel particolare atto; basta verificare che tale soggetto sia munito della rappresentanza legale che, nei rapporti con i terzi, ha portata generale. La società può liberarsi del contratto solo se dimostra che il terzo in questione ha agito intenzionalmente ai danni della società. L’amministratore invece potrà essere revocato dalla carica per giusta causa ed essere tenuto al risarcimento del danno se l’atto è pregiudizievole per la società. GLI INTERESSI DEGLI AMMINISTRATORI. Gli amministratori sono tenuti a perseguire gli interessi della società. Egli deve, in caso di conflitto tra i propri interessi e quelli della società, darne comunicazione ai colleghi e ai sindaci. L’informazione non può essere generica ma deve precisare natura, termini, origine e portata dell’interesse. L’esistenza di un interesse personale incide sull’operatività dell’eventuale delega di attribuzioni poichè in tale ipotesi l’amministratore delegato deve astenersi dal compiere l’operazione, investendo della stessa l’organo collegiale. I DOVERI E LA RESPONSABILITA' DEGLI AMMINISTRATORI. Gli amministratori devono adempiere ai doveri a essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Lo standard quindi è duplice: quello generale valevole per ogni amministratore e quello rafforzato previsto per i soggetti dotati di particolari competenze che proprio in virtù di queste sono nominati amministratori. I doveri degli amministratori possono distinguersi in generici e specifici. Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato e devono adempiere i loro doveri con diligenza: il che significa che è certamente sindacabile il modo in cui gli amministratori prendono le decisioni e che anche lo stesso merito della decisione può essere censurato quando esso sia manifestamente imprudente o irrazionale. Per il loro operato gli amministratori non rispondono solo verso la società ma anche verso i creditori e il singolo socio o terzo direttamente danneggiato. L'azione sociale di responsabilità. Nei confronti della società gli amministratori rispondono solidalmente per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti. Anche gli amministratori non esecutivi sono sempre responsabili se non hanno osservato gli obblighi di esame e valutazione prescritti. In mancanza di organi delegati la solidarietà è esclusa solo per l’amministratore che: a) sia immune da colpa; b) abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio; c) e ne abbia data immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale. L'azione sociale deliberata dall'assemblea. L’azione di responsabilità è promossa in seguito a deliberazione dell’assemblea ordinaria. Gli amministratori che siano soci non possono votare sulla loro responsabilità. La deliberazione dell’azione di responsabilità implica l’automatica revoca degli amministratori contro cui è proposta qualora sia presa a voto favorevole di almeno 1/5 del capitale sociale. L’azione potrà essere deliberata anche con una maggioranza inferiore ma in questo caso gli amministratori contro cui è deliberata restano in carica: il tribunale nominerà, allora, un curatore speciale perché, nell’interesse della società, eserciti l’azione giudiziale contro di loro. L’azione si prescrive in 5 anni dalla cessazione dell’amministrazione dalla carica. L'azione di responsabilità dei creditori. Gli amministratori rispondono poi verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. Il presupposto dell’azione è quindi un minus compreso nell’ambito dell’azione sociale.  la rinuncia dell’azione da parte della società non impedisce l’esercizio da parte dei creditori di questa.  La transazione la impedisce, ma può esser impugnata dai creditori sociali con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi.  In caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria le azioni di responsabilità spettano congiuntamente al curatore del fallimento, al commissario liquidatore e al commissario straordinario. L'azione di responsabilità del socio o del terzo. L'azione di responsabilità del socio o del terzo, si fonda invece sul compimento di atti colposi o dolosi degli amministratori che abbiano provocato danno diretto al patrimonio. Quest'azione si può sempre esercitare, anche in caso di fallimento. Si prescrive in cinque anni. L'amministratore di fatto. Le azioni di responsabilità contro l’amministratore si compiono non solo verso l’amministratore regolarmente nominato ma anche contro colui che si comporta come tale, cioè che pur senza nomina abbiano svolto in modo continuativo e sistematico le funzioni tipiche dell’amministratore. Il direttore generale. Le stesse regole si applicano anche ai direttori generali, cioè ai vertici dell'organizzazione aziendale che operano in rapporto diretto con gli amministratori e che hanno ampi poteri decisionali, nominati dall'assemblea o per disposizione statutaria, in relazione ai compiti affidati loro, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società. Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. Le società con azioni quotate devono nominare un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari (previo parere dell'organo di controllo); tale soggetto (detto direttore finanziario) ha il compito di predisporre le procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario. Tutti gli atti e le comunicazioni societarie previsti dalla legge o diffusi dal mercato e relativi all'informativa contabile sono accompagnati da una dichiarazione scritta del direttore generale e del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari che ne attestano la corrispondenza alle risultanze documentali, libri e scritture contabili. LEZIONE 27 S.P.A.: I CONTROLLI NEL SISTEMA TRADIZIONALE IL SISTEMA DEI CONTROLLI. Il corretto funzionamento delle s.p.a. non può prescindere da un accurato sistema di controlli interni ed esterni sulla gestione e sull’affidabilità delle informazioni. È quindi necessario che la funzione di controllo sulla correttezza dell’operato dei gestori e sulla sua corrispondenza all’interesse dei soci venga assegnata a un organo a ciò specificatamente deputato.  il collegio sindacale. A fianco di tale controllo è poi rimasto quello dell’autorità giudiziaria. IL COLLEGIO SINDACALE. Le funzioni. Funzione specifica del collegio sindacale è di vigilare: a) sull’osservanza della legge e dello statuto; b) sul rispetto dei principi di corretta amministrazione; c) in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adattato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Nelle sole s.p.a che non siano qualificate come enti di interesse pubblico, che non siano controllate da o non controllino enti di interesse pubblico e in quelle che non siano sottoposte con questi ultimi a comune controllo, lo statuto può prevedere che il collegio sindacale eserciti anche il controllo contabile. Anche in caso contrario, tuttavia, il collegio sindacale non è del tutto estraneo alla materia giacchè deve sempre verificare l’assetto contabile della società e il suo concreto funzionamento. Il cuore delle funzioni del collegio sindacale è rappresentato dal controllo sull’osservanza della legge e dello statuto e dalla vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione. In entrambi i casi si tratta di un controllo sintetico sull’attività. Composizione e nomina. Il collegio sindacale si compone di 3 o 5 membri effettivi, soci o non soci; devono inoltre essere nominati due sindaci supplenti. Almeno un membro effettivo e uno supplente devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il ministero dell'economia. I restanti membri devono essere scelti fra gli iscritti agli albi professionali. Non possono essere eletti alla carica di sindaco e se eletti decadono d’ufficio, secondo l'art 2399: Il tribunale sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci può ordinare l’ispezione dell’amministrazione della società a spese dei soci richiedenti. Per evitare l’ispezione, l’assemblea può sostituire gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità che si attivino senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per eliminarle, riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute. Se le violazioni sussistono il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l’assemblea per le conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi il tribunale può giungere fino a revocare gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci e a nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata. Prima della scadenza dell’incarico l’amministratore giudiziario rende conto al tribunale che lo ha nominato; convoca e presiede l’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci o per proporre, se del caso, la messa in liquidazione della società o la sua ammissione ad una procedura concorsuale. LEZIONE 28 S.P.A.: I SISTEMI ALTERNATIVI DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO IL SISTEMA DUALISTICO. Lo statuto può prevedere che l’amministrazione e il controllo siano esercitati invece che da organo amministrativo e collegio sindacale, da un consiglio di gestione e da un consiglio di sorveglianza. Essenza di questo sistema è la nomina di secondo grado dei componenti del consiglio di gestione che permette una migliore specializzazione dei ruoli. Comporta anzitutto una modifica nelle competenze dell’assemblea ordinaria, e quindi: a) nomina e revoca i consiglieri di sorveglianza; b) determina il compensi a essi spettanti se non stabilito dallo statuto; c) delibera sulla responsabilità dei consiglieri di sorveglianza; d) nomina il revisore; inoltre l’assemblea ordinaria: e) delibera l’azione di responsabilità contro i gestori; f) stabilisce il compenso dei gestori; g) approva il bilancio d’esercizio in caso di sua mancata approvazione da parte del consiglio di sorveglianza o qualora lo richieda almeno un terzo dei componenti del consiglio di gestione o di quello di sorveglianza; h) tutte gli altri casi in cui l’assemblea ordinaria è competente anche nel sistema tradizionale. Per quanto riguarda invece l’assemblea straordinaria non vi sono differenze. Il consiglio di gestione. Il consiglio di gestione è disciplinato dalle stesse disposizioni che si applicano agli amministratori nel sistema tradizionale. Se non diversamente disposto, le norme del codice che fanno riferimento agli amministratori trovano applicazione, in quanto compatibili, anche ai componenti del consiglio di gestione. Il consiglio di gestione rappresenta nel sistema dualistico ciò che rappresenta l’organo amministrativo in quello tradizionale. La gestione dell’impresa quindi spetta esclusivamente al consiglio di gestione. È organo necessariamente collegiale: i suoi componenti, anche non soci, devono essere almeno due. All’interno del consiglio non sembra possa essere costituito un comitato esecutivo. Le regole sulla nomina sono analoghe a quelle del sistema tradizionale. Alle cause di ineleggibilità degli amministratori si aggiunge quella ulteriore data dalla carica di consigliere di sorveglianza della società. La durata della carica non può eccedere i tre esercizi. Come la nomina dei gestori spetta al consiglio di sorveglianza così anche la loro revoca. Può avvenire in qualunque tempo, ma se manca la giusta causa il gestore revocato ha diritto al risarcimento del danno. La responsabilità dei componenti del consiglio di gestione è regolata come quella degli amministratori. Il consiglio di sorveglianza. Il consiglio di sorveglianza è l’organo che caratterizza il sistema dualistico, in quanto concentra le competenze che nel sistema ordinario spettano al collegio sindacale con parte di quelle dell’assemblea. Il consiglio di sorveglianza:  nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione; ne determina anche il compenso;  approva il bilancio di esercizio;  esercita le funzioni di cui all’art 2403 cioè: vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo, e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento;  promuove l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione;  presenta la denunzia al tribunale;  riferisce per iscritto almeno una volta all’anno all’assemblea sull’attività di vigilanza svolta, sulle omissioni e i fatti censurabili;  se previsto dallo statuto, delibera in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione;  non può mai esercitare il controllo contabile che è sempre svolto dal revisore esterno. Il consiglio di sorveglianza è disciplinato: a) da disposizioni specifiche che in parte derogano e in parte ripetono quanto previsto nel sistema ordinario in tema di collegio sindacale; b) da disposizioni che operano specifici rinvii alla disciplina del collegio sindacale o del consiglio di amministrazione; c) da norme del codice civile che fanno riferimento ai sindaci e trovano applicazione, in quanto compatibili, anche ai componenti del consiglio di sorveglianza. Composizione, nomina e durata. Il numero dei componenti è determinato dallo statuto e non può comunque essere di numero inferiore a tre. Questa spetta all’assemblea. I soci che siano componenti del consiglio di gestione non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza. La durata è sempre di 3 esercizi e sono rieleggibili. Almeno un componente del consiglio deve essere eletto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili. Non può essere eletto chi:  si trova nelle condizioni previste dall’art 2382;  è componente del consiglio di gestione;  è legato alla società o alle società da questa controllate o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o prestazione d’opera retribuita che ne comprometta l’indipendenza. Non possono quindi essere eletti solo se tale rapporto ne comprometta l’indipendenza. Il funzionamento. Il consiglio di sorveglianza opera secondo il metodo collegiale. Il suo presidente è eletto dall’assemblea e lo statuto ne determina i poteri. Il consiglio deve riunirsi almeno ogni 90 giorni anche utilizzando mezzi di telecomunicazione. È regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei membri. Per le impugnazioni si applicano le norme previste per le decisioni del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale, possono dunque essere impugnate dai consiglieri di sorveglianza assenti o dissenzienti. La deliberazione di approvazione del bilancio di esercizio può essere impugnata anche dai soci. Poteri e doveri. I componenti del consiglio possono assistere alle adunanze del consiglio di gestione e devono partecipare alle assemblee. Non è richiamata la decadenza sanzionatoria. Il consiglio di sorveglianza:  può chiedere ai gestori notizie anche con riferimento a società controllate sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Può anche scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate;  in caso di omissione o di ingiustificato ritardo da parte dei gestori il consiglio deve convocare l’assemblea ed eseguire le pubblicazioni prescritte dalla legge. La responsabilità. I componenti del consiglio devono svolgere i loro doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. Sono inoltre responsabili solidalmente con i gestori per i fatti o le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica. Il consiglio di sorveglianza nelle società con azioni quotate. Come nel modello tradizionale, il consiglio di sorveglianza subisce variazioni in relazione alla società con azioni quotate. Non possono essere eletti:  coloro che si trovano nelle condizioni previste all’art 2382;  il coniuge, i parenti e gli affini entro il 4 grado degli amministratori della società e gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini degli amministratori delle società da questa controllate;  coloro che sono legati alla società da rapporti di lavoro autonomo o subordinato o da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza. Alle ordinarie competenze del consiglio si aggiunge quella di vigilare sull’adeguatezza delle disposizioni impartite alle società controllate per rispettare gli obblighi informativi. Nelle società con azioni quotate il consiglio di sorveglianza è tenuto a comunicare senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza e a trasmettere i relativi verbali delle riunioni e degli accertamenti svolti. I gestori devono riferire tempestivamente al consiglio di sorveglianza sull’attività svolta e sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale, effettuate dalla società. IL SISTEMA MONISTICO. Caratteristica di questa struttura organizzativa è la nomina di secondo grado dei componenti del comitato di controllo che vengono scelti dal consiglio di amministrazione nel suo ambito tra coloro che sono in possesso di determinati requisiti. L'assemblea. L’assemblea non presenta alcuna particolarità rispetto al modello tradizionale. Il consiglio di amministrazione. All’organo amministrativo si applicano le disposizioni che fanno riferimento agli amministratori; ai suoi componenti, se non diversamente disposto, si applicano le norme del codice che fanno riferimento agli amministratori. Tipica dell’organo amministrativo nel sistema monistico è la sua pluripersonalità: è infatti necessariamente un collegio composto da almeno tanti membri quanti sono i componenti del comitato di controllo più uno. Almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci. Il comitato di controllo sulla gestione. La determinazione del numero e la nomina dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione spetta al consiglio di amministrazione. Nelle s.p.a. aperte il numero dei componenti del comitato non può essere inferiore a tre. Componenti del comitato possono essere solo gli amministratori:  in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dallo statuto e dei requisiti di indipendenza;  che non siano membri del comitato esecutivo e ai quali non siano attribuite deleghe o particolari cariche e comunque non svolgano, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell’impresa sociale o di società che la controllano e ne sono controllate. Almeno uno dei componenti deve essere scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili. Le funzioni. Il comitato per il controllo sulla gestione: a) elegge al suo interno, a maggioranza assoluta dei componenti, il presidente; b) vigila sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile; c) svolge gli ulteriori compiti affidatigli dal consiglio di amministrazione. Ha pertanto compiti di vigilanza ridotti rispetto a quelli degli organi di controllo negli altri due sistemi. Il comitato non può esercitare il controllo contabile che è sempre affidato a un revisore esterno. Delle norme sul collegio sindacale sono espressamente dichiarate applicabili in quanto compatibili solo:  l’art 2404 in tema di frequenza delle riunioni, dei quorum e verbalizzazione;  l’art 2405 in tema di partecipazione alle riunioni degli altri organi sociali;  l’art 2408 in tema di denunzia di irregolarità da parte dei soci. Per tutti gli altri aspetti la disciplina va rinvenuta tra quella degli amministratori e quella dei sindaci. Il comitato di controllo nelle società con azioni quotate. Nelle società con azioni quotate, l’atto costitutivo deve stabilire limiti al cumulo degli incarichi e contenere le clausole necessarie ad assicurare che un membro effettivo sia eletto dalla minoranza. Le cause di ineleggibilità ricalcano quelle dell’art 2399 salvo la lettera c) che è stata così riformulata: coloro che sono legati alla società od alle società da questa controllate od alle società che la controllano od a quelle sottoposte a comune controllo da rapporti di lavoro autonomo o subordinato o da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza. In sostanza l’ineleggibilità scatta anche se il rapporto non è continuativo. Il comitato di controllo è tenuto a comunicare senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza e a trasmettere i relativi verbali delle riunioni e degli accertamenti svolti e ogni altra utile documentazione. Gli organi delegati devono riferire tempestivamente e con periodicità trimestrale, al comitato di controllo sull’attività svolta e sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale, effettuate dalla società. I componenti del comitato di controllo possono anche individualmente chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Può procedere inoltre in qualsiasi momento ad atti di ispezione o di controllo. Possono, infine, chiedere al presidente la convocazione del comitato, indicando gli argomenti da trattare; la riunione deve essere convocata senza ritardo. LEZIONE 29 S.P.A. LE MODIFICAZIONI STATUTARIE. LA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA PER AZIONI. PROCEDIMENTO, PUBBLICITA' ED EFFETTI DELLE MODIFICAZIONI STATUTARIE. La modificazione dello statuto è rimessa alla volontà della maggioranza qualificata delle parti. Competente a modificare lo statuto è l’assemblea straordinaria. Eccezionali sono le ipotesi in cui può provvedere un organo diverso:  lo statuto può attribuire alla competenza dell’organo amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le deliberazioni concernenti la fusione, l’istituzione o la soppressione di sedi secondarie;  lo statuto può attribuire agli amministratori la facoltà di emettere in una o più volte obbligazioni convertibili o di aumentare il capitale;  è prevista una competenza eccezionale a deliberare la riduzione obbligatoria per perdite rilevanti del capitale sociale in favore dell’organo deputato all’approvazione del bilancio. La delibera di modificazione statutaria deve essere verbalizzata da notaio il quale, entro 30 giorni, ne richiede l’iscrizione al registro delle imprese. Il notaio, mentre in sede di atto costitutivo deve procedere contestualmente al controllo di legalità dell’atto, riguardo alle La riduzione per perdite. Le perdite che una società eventualmente subisca erodono il patrimonio netto a cominciare dalla sua parte disponibile e solo dopo avere consumato tutte le riserve intaccano il capitale della società. Ogni qual volta il capitale sia in parte perso è possibile la riduzione del capitale sociale: riduzione che serve ad allineare la misura nominale del capitale a quella effettivamente esistente. La riduzione è obbligatoria nel caso in cui risulti che, in conseguenza a perdite, il capitale è diminuito di oltre un terzo. Tale riduzione obbligatoria può essere anche deliberata dal consiglio di amministrazione nel caso in cui le azioni siano senza valore nominale e gli amministratori abbiano tale potere sulla base dello statuto o di una deliberazione dell’assemblea adottata con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria. Per la perdita oltre un terzo gli amministratori devono convocare senza indugio l’assemblea, questa non può prendere tempo e deve deliberare immediatamente la riduzione del capitale e il suo contemporaneo aumento a una cifra non inferiore al minimo previsto oppure può deliberare la trasformazione della società in altro tipo che non richieda un minimo di capitale o ne richieda un inferiore. Caso particolare di riduzione del capitale al disotto del minimo legale si ha quando il capitale è integralmente perso o addirittura il patrimonio netto della società è negativo. In tal caso si applica la regola appena vista tenendo conto che la ricostituzione del capitale in misura pari al minimo legale deve essere preceduta dall’integrale copertura delle perdite. LA SOCIETA' IN ACCOMANDITA PER AZIONI. La società in accomandita per azioni è un modello la cui disciplina è pressoché interamente mutuata da quella delle s.p.a. L’elemento differenziale consiste nella presenza di una categoria di soci, gli accomandatari, ai quali è riservato per legge il potere di amministrazione e che rispondono illimitatamente o solidalmente per le obbligazioni sociali, alla quale si contrappone la categoria degli accomandanti, che sono invece integralmente assimilabili ai soci di s.p.a. In sostanza può dirsi che la s.a.p.a. è una s.p.a. nella quale gli amministratori rispondono personalmente per le obbligazioni sociali. La disciplina è così sintetizzabile: a) la denominazione sociale deve contenere, oltre all’indicazione di s.a.p.a. il nome di almeno uno degli accomandatari; b) l’atto costitutivo deve indicare i nomi degli accomandatari; c) gli accomandatari sono amministratori di diritto della società e sono soggetti agli obblighi degli amministratori di s.p.a. Il potere di gestire la società non può essere disgiunto dalla qualità di accomandatario e viceversa; d) la revoca degli accomandatari è ammessa solo se deliberata con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria della s.p.a e se avviene senza giusta causa l'accomandatario ha diritto al risarcimento danno; e) la sostituzione o la nomina di un nuovo accomandatario implica la modificazione dell’atto costitutivo e va approvata da tutti gli accomandatari. f) qualora venga meno una delle due categorie di soci la società si scioglie se nel termine di 180 giorni essa non viene ripristinata; g) sono ammissibili sia il sistema di amministrazione tradizionale che quelli alternativi; h) le modificazioni dell’atto costitutivo vanno deliberate dall’assemblea straordinaria e approvate da tutti i soci accomandatari; i) i soci accomandatari rispondono personalmente e solidalmente versi i terzi delle obbligazioni sociali. Essi godono tuttavia del beneficio della preventiva escussione così che il creditore prima di poter aggredire il patrimonio personale dell’accomandatario deve avere infruttuosamente escusso la società. LEZIONE 30 S.R.L.: COSTITUZIONE E STRUTTURA FINANZIARIA INTRODUZIONE. Con la società a responsabilità limitata i soci possono organizzare la propria attività economica accedendo al beneficio della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali a costi inferiori rispetto alla s.p.a., sotto il profilo sia finanziario sia dei vincoli organizzativi. Il capitale minimo richiesto è di soli 10.000 € e viene lasciata ai soci ampia autonomia contrattuale. La disciplina legislativa della s.r.l. si connota per delineare il carattere maggiormente chiuso della società, per la spiccata attenzione a diritti e poteri dei soci come fissati nel contratto sociale e per una marcata semplificazione di molti adempimenti organizzativi, motivo di ulteriore riduzione di costi. All’apertura all’autonomia negoziale corrisponde, non di rado, una disciplina legale lacunosa. Ove i soci non si avvalgano del potere di riempire i vuoti normativi tramite l’atto costitutivo il compito passa all’interprete. LA COSTITUZIONE. Forma e fasi. La costituzione della s.r.l. si articola in due fasi:  la stipulazione dell’atto costitutivo: va redatto nella forma di atto pubblico, l’unica modalità di costituzione è quella simultanea in cui le pari compaiono contestualmente innanzi al notaio incaricato di rogare l’atto.  la sua iscrizione nel registro delle imprese: il notaio deve procedere entro 20 giorni al deposito dell’atto costitutivo presso il registro delle imprese. Atto costitutivo, iscrizione e nullità. Gli elementi necessari dell’atto costitutivo sono:  i dati anagrafici di ciascun socio, la sede e la denominazione sociale che deve contenere l’indicazione di s.r.l.;  l’attività che costituisce l’oggetto sociale che deve essere lecito, possibile e sufficientemente determinato. Vanno identificati i settori specifici;  l’ammontare del capitale sociale, il cui importo minimo è di 10.000 €, con la specifica indicazione dell’ammontare sottoscritto e di quello effettivamente versato all’atto della costituzione;  la quota di partecipazione di ciascun socio;  le norme relative al funzionamento della società indicando quelle concernenti l’amministrazione e la rappresentanza, nonchè le persone cui è affidata l’amministrazione e gli eventuali soggetti incaricati del controllo contabile. (durata della società, cause di scioglimento, modalità delle decisioni…);  l’importo globale delle spese per la costituzione poste a carico della società. La disciplina della s.r.l. non fa menzione dello statuto. Quanto invece all’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese e ai suoi effetti, la disciplina della s.r.l. richiama integralmente quella delle s.p.a.  l’omessa indicazione di taluno degli elementi dell’atto costitutivo comporta solo la necessità di integrarlo o, se possibile, di applicare in via suppletiva la disciplina normativa. I patti parasociali. La s.r.l. non contiene alcuna disciplina dei c.d patti parasociali. Nella s.r.l. peraltro l’apertura all’autonomia statutaria consente di inserire nell’atto costitutivo molte delle previsioni che, in precedenza, erano avvolte nelle penombre del parasociale. Anche nelle s.r.l. vale il limite generale di validità dei patti parasociali, cioè che le loro previsioni non urtino con norme inderogabili. CAPITALE E CONFERIMENTI. Il capitale svolge una funzione analoga a quella delle s.p.a., il suo importo globale non può essere superiore al valore dei conferimenti e il principio di proporzionalità della partecipazione al conferimento è derogabile. Le entità conferibili. Tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica possono essere conferiti. È tuttavia controverso se la formula data dalla legge valga a superare nella s.r.l. gli ostacoli che nelle s.p.a. tuttora sussistono con riguardo ai c.d conferimenti atipici. Varie sono le tesi: 1) alcuni ritengono che si debba equiparare la disciplina delle s.r.l. a quella della s.n.c.: sarebbero così conferibili e imputabili a capitale tutti i beni per i quali sia possibile dare una valutazione economica obiettiva; 2) altri subordinano l’ammissibilità dei conferimenti atipici all’applicazione analogica dell’intera disciplina dei conferimenti d’opera e di servizi; 3) altri infine, tendono a riallineare la disciplina della s.r.l. a quella delle s.p.a. sulla base della persistente funzione di garanzia dell’integrità del capitale sociale. I conferimenti in denaro. Se l’atto costitutivo non prevede diversamente i conferimenti vanno effettuati in denaro; al momento della sottoscrizione almeno il 25% dei conferimenti in denaro e l’intero sovrapprezzo devono essere versati in una banca. I conferimenti di beni in natura e di crediti. Se l’atto costitutivo lo prevede è possibile conferire beni in natura o crediti. La legge prevede che il conferimento sia effettuato integralmente al momento della sottoscrizione. Il procedimento di stima dei beni presenta delle differenze rispetto alla s.p.a.:  l’esperto che deve predisporre la relazione giurata di stima non viene nominato dal tribunale, ma scelto direttamente dal conferente tra le persone fisiche e le società di revisione iscritte nel registro dei revisori contabili;  non sono applicabili alla s.r.l i casi di esenzione dalla stima recentemente previsti per la s.p.a;  nulla è previsto per la verifica della valutazione, posta nelle s.p.a. a carico degli amministratori e da cui discendono una serie di conseguenze per la società e per il socio nel caso di uno scarto di oltre un quinto rispetto al valore di conferimento. Qualora gli amministratori accertino che il valore del bene è inferiore a quello attribuitogli dall’esperto, è persuasiva la tesi che la disciplina dei conferimenti in natura implichi la garanzia del socio sulla corrispondenza tra valore del bene e ammontare del capitale liberato con il conferimento: egli sarà dunque tenuto a corrispondere la differenza in denaro. La posizione del socio appare più onerosa rispetto alle s.p.a. il quale non soffre il pregiudizio nel caso di scarto di valore nei limiti del quinto e ha la possibilità, ove non intenda versare la differenza di recedere dalla società. I conferimenti d'opera e di servizi. La conferibilità delle prestazioni d’opera o di servizi è subordinata, oltre che alla previsione statutaria, alla prestazione da parte del socio conferente di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l’intero valore a essi assegnati, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d’opera e di servizi a favore della società. La polizza o la fideiussione possono, in ogni momento, essere sostituiti dal versamento a titolo di cauzione della corrispondente somma di denaro. La mancata esecuzione dei conferimenti. I soci devono eseguire i conferimenti nel termine prescritto che varia in relazione alle caratteristiche del singolo conferimento e alle varie pattuizioni tra socio e società. Se nulla è previsto gli amministratori possono richiedere ai soci, in ogni momento, l’immediato versamento di quanto ancora dovuto. Se il socio non esegue il conferimento gli amministratori lo devono diffidare a eseguirlo entro 30 giorni. In difetto di ottemperanza gli amministratori possono: a) agire per l’adempimento in forma coattiva; b) venderne, a suo rischio, la quota agli altri soci per il valore risultante dall’ultimo bilancio approvato o alienarne la quota. In mancanza di compratori il socio viene escluso trattenendo quanto già versato e il capitale va corrispondentemente ridotto. I finanziamenti dei soci. Il denaro o i beni conferiti dai soci per la liberazione del capitale sociale rimangono vincolati alla loro destinazione in favore della società: i soci non hanno alcun diritto, sino allo scioglimento e liquidazione della società, alla restituzione del valore di quanto conferito, salvi i casi in cui sia possibile procedere alla riduzione del capitale o al recesso. Si tratta cioè del c.d capitale di rischio, il cui ritorno nel patrimonio dei soci conferenti dipende dalle sorti dell’iniziativa economica svolta in società. Gli ulteriori apporti dei soci possono essere a titolo di capitale di rischio oppure a titolo di finanziamento, in tal caso i soci assumono la posizione di creditori della loro società. Sono finanziamenti critici quelli in qualsiasi forma effettuati che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto. A tutela degli altri creditori è previsto che il rimborso di tali finanziamenti è postergato rispetto al soddisfacimento dei creditori terzi: gli altri creditori, cioè, devono essere pagati prima dei soci. LE PARTECIPAZIONI. Caratteri generali. Il carattere chiuso e la rilevanza della persona del socio nella s.r.l. trovano espressione e conferma nella disciplina delle quote di partecipazione. L’art 2468 segna il distacco dalla s.p.a. vietando che le partecipazioni dei soci siano rappresentate da azioni e che esse formino oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari. Nella s.r.l. ogni socio è titolare di un’unica quota che rappresenta una % di partecipazione al capitale sociale. Non è previsto alcun limite minimo al valore della quota. L’ammontare della quota è determinato in misura proporzionale al conferimento, salvo che non sia previsto diversamente nell’atto costitutivo. I diritti particolari di singoli soci. In linea generale i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta. La circolazione. Le partecipazioni sono liberamente trasferibili per atto tra vivi o a causa di morte: l’unitarietà della quota non ne impedisce inoltre il trasferimento parziale. Questi principi generali sono tuttavia derogabili dall’autonomia statutaria. L’atto costitutivo può infatti, prevedere sia l’intrasferibilità assoluta della partecipazione sia la subordinazione del trasferimento al gradimento di organi sociali, soci o terzi. Il limite di questa assoluta libertà sta nel diritto di recesso concesso in favore del socio o dei suoi eredi che spetta qualora l’atto costitutivo:  preveda l’intrasferibilità della partecipazione;  subordini il trasferimento al mero gradimento e questo venga rifiutato;  ponga condizioni o limiti che impediscano il trasferimento a causa di morte. Le limitazioni al trasferimento possono essere introdotte anche tramite modificazione dell’atto costitutivo: deve ritenersi che in tal caso il socio non consenziente possa recedere. L’atto di trasferimento va depositato entro 30 giorni presso l’ufficio del registro delle imprese. Riguardo al conflitto tra acquirenti: se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, quella fra esse che per prima ha effettuato in buona fede l’iscrizione nel registro delle imprese è preferita alle altre anche se il suo titolo è di data posteriore. Il trasferimento non produce effetti nei confronti della società fin quando non viene iscritto nel libro dei soci. I vincoli. La partecipazione può essere oggetto sia di diritti reali limitati o di garanzia, come l’usufrutto e il pegno, sia di vincoli conservativi, come il sequestro, sia di pignoramento. Regole espresse vi sono solo per il pignoramento che si esegue con notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese: gli amministratori procedono poi all’annotazione nel libro dei soci. IL RECESSO E L'ESCLUSIONE. del danno in mancanza di giusta causa; b) gli amministratori designati nella parte duratura dell’atto costitutivo sono, come nelle s.n.c., revocabili solo per giusta causa; c) gli amministratori la cui nomina è riconducibile al diritto particolare di un singolo socio sono revocabili dal socio stesso. Gli effetti della cessazione dalla carica e le modalità di sostituzione degli amministratori cessati non sono regolati dalla legge. Il potere di amministrare si concentra in capo agli amministratori restanti, senza un dovere di convocare i soci per la sostituzione, salvo che ciò non sia desumibile dalle regole dell’atto costitutivo o dalla nomina degli stessi. I modelli di gestione. Quando l’amministrazione è affidata a più persone esse costituiscono il consiglio di amministrazione. In caso di amministrazione pluripersonale quindi il metodo è quello collegiale. L’art. 2475 tuttavia consente all’atto costitutivo di prevedere un sistema di assunzione delle decisioni più agile che in parte sacrifica il principio di collegialità: le decisioni del consiglio possono essere adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto e dai documenti sottoscritti dagli amministratori devono risultare con chiarezza l’argomento oggetto della decisione e il consenso alla stessa. Ci si può chiedere se nella s.r.l. siano adottabili il sistema dualistico o monistico: la risposata sembra dovere essere negativa per il sistema dualistico in quanto nella s.r.l. l’approvazione del bilancio e le decisioni che incidono sui diritti dei soci sono riservate inderogabilmente alla loro decisione e non potrebbero quindi essere affidate al consiglio di sorveglianza o agli amministratori. È espressamente previsto sempre dallo stesso articolo la possibilità di amministrazione disgiuntiva o congiuntiva. Nell’ipotesi di amministrazione disgiuntiva ciascun amministratore può liberamente compiere atti di gestione. Nel caso invece dell'amministrazione congiuntiva, nel silenzio dell’atto costitutivo è necessario il consenso di tutti gli amministratori per il compimento dell'atto di gestione, salvo che vi si urgenza di evitare un danno alla società. La rappresentanza. Il potere di rappresentanza, cioè la possibilità di spendere il nome della società impegnandola nei confronti dei terzi, è sempre regolato dall’art 2475 che prevede che gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società. La limitazione ai poteri degli amministratori che risultano dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina non sono opponibili ai terzi, salvo che questi non abbiano agito intenzionalmente a danno della società. Il potere di rappresentanza spetta quindi a ciascun amministratore disgiuntamente. Gli amministratori hanno il dovere di non compiere e di non concorrere a decidere atti per i quali essi hanno un interesse in conflitto con quello della società. Il conflitto di interessi. L’amministratore che violi tale disposizione è esposto, nel caso in cui il suo comportamento provochi danno alla società, ad azione di responsabilità risarcitoria. Per quel che riguarda invece l’atto adottato:  nel caso in cui non sia stato preceduto da una delibera del consiglio di amministrazione e sia concluso dall’amministratore in conflitto di interessi, è annullabile dalla società nel termine di 5 anni provando che il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo;  nel caso in cui invece ci fosse stata una delibera l’atto vincola la società salvo che non intervenga l’annullamento della delibera consiliare. Ciò è possibile solo se: ◦ è stata assunta con voto determinante dall’amministratore in conflitto di interessi; ◦ cagioni alla società un danno patrimoniale; ◦ sia stata impugnata entro 90 giorni dagli amministratori o dai sindaci o dal revisore. I controlli sulla gestione. Il controllo dei soci. Nella s.r.l. il controllo sulla gestione è affidato ai soci. I soci che non partecipino all’amministrazione hanno il diritto di avere dagli amministratori notizia sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione. Il collegio sindacale e il revisore. Nell’ipotesi in cui il capitale sociale sia pari o superiore a quello minimo, per le s.p.a. diviene obbligatoria la nomina del collegio sindacale. Composizione, compiti, doveri, responsabilità del collegio sono interamente modellati sulla disciplina delle s.p.a. Se l’atto costituivo nulla dispone, compete al collegio sindacale anche il controllo contabile. Nel caso in cui non sia obbligatoria la formazione del collegio ma l’atto costitutivo lo preveda, le sue competenze sono rimesse interamente all’autonomia negoziale. La responsabilità da gestione. La responsabilità verso la società: profili sostanziali. L’art 2476 regola la responsabilità degli amministratori di s.r.l. Il principio generale è che sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei loro doveri. La gestione della società deve essere svolta almeno con la diligenza del buon padre di famiglia. La responsabilità è solidale fra tutti gli amministratori, anche quelli che non hanno partecipato all’atto o alla decisione. Sono immuni però gli amministratori esenti da colpa che, essendo a conoscenza che l’atto stava per compiersi, abbiano fatto constare del proprio dissenso. Anche i soci rispondono qualora abbiano deciso o autorizzato intenzionalmente il compimento di atti dannosi per la società, soci o terzi. La responsabilità verso la società: profili procedimentali. Ciascun socio è legittimato a promuovere l’azione sociale di responsabilità verso gli amministratori e soci gestori. La società, in caso di esito vittorioso, deve rimborsare ai soci che l’hanno promossa le spese legali, potendosi poi rivalere sugli amministratori condannati. I singoli soci e i terzi possono agire nei confronti degli amministratori e dei soci gestori per il risarcimento dei danni direttamente subiti a causa di fatti dolosi o colposi degli amministratori: la fattispecie è regolata in modo identico alle s.p.a. L'azione individuale dei soci o dei terzi. Nelle s.r.l. è tuttavia presente una peculiarità: non v’è nessuna norma specifica in ordine all’azione di responsabilità dei creditori sociali. Si potrebbe perciò ritenere che nonostante il silenzio della legge si possa applicare analogicamente la disciplina delle s.p.a., L’alternativa consiste nell’equiparare i creditori sociali ai terzi e che possano agire quindi in via extracontrattuale contro gli amministratori. LE MODIFICAZIONI DELL'ATTO COSTITUTIVO. Le modifiche dell’atto costitutivo devono essere deliberate dall’assemblea dei soci. Il verbale deve essere redatto da notaio e sul deposito delle delibere, sull’iscrizione, sulla pubblicazione ed efficacia si applica integralmente la disciplina delle s.p.a. Regole particolari sono dettate per le delibere di aumento e riduzione del capitale.  L’aumento di capitale: l’art 2481 consente che l’atto costitutivo attribuisca agli amministratori la facoltà di decidere l’aumento di capitale. Devono indicarsi un termine e un ammontare massimo. Due sono le forme di aumento di capitale previste dalla legge: quello a pagamento e quello nominale tramite imputazione di riserve a capitale. Quest’ultimo è disciplinato in modo identico alle s.p.a. Il primo invece è particolare. In linea di principio la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale è riservata ai soci in proporzione delle partecipazioni possedute, sì da mantenere inalterato il peso dei soci nella società. L’aumento di capitale poi può essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi escludendo quindi il diritto di opzione. L’unica tutela posta in favore dei soci non consenzienti sta nel diritto di recesso. La delibera di aumento del capitale deve indicare l’eventuale sovrapprezzo, i termini e le modalità di sottoscrizione. L’apertura all’autonomia negoziale è ampia anche in questo caso. Unico limite è la fissazione di un termine non inferiore a 30 giorni per la sottoscrizione. Le modalità di sottoscrizione delle partecipazioni variano a seconda del tipo di conferimento: a) se si tratta di conferimento in denaro i sottoscrittori dell’aumento devono versare il 25% della parte di capitale sottoscritta e l’intero sovrapprezzo; il conferimento deve essere integralmente versato se la società ha un socio unico. b) In caso di conferimenti in natura di beni o di crediti e in caso di conferimenti di opera la disciplina è identica alle s.p.a.  La riduzione di capitale: come nelle s.p.a. può assumere due forme: reale e nominale. La competenza a ridurre spetta in esclusiva ai soci. Gli unici caratteri differenziali rispetto alle s.p.a. consistono: a) nella possibilità che l’atto costitutivo esoneri gli amministratori dal deposito della relazione sulla situazione patrimoniale almeno 8 giorni prima dell’assemblea; b) nella circostanza che, in ipotesi di obbligo di riduzione non osservato dai soci, la richiesta al tribunale sia doverosa non solo per gli organi sociali elettivi ma anche, se esistente, per il revisore. c) la riduzione di capitale sociale per perdite non può comportare alcuna modificazione alle quote di partecipazione dei soci. LEZIONE 32 LE SOCIETÀ COOPERATIVE E LE MUTUE ASSICURATRICI LO SCOPO MUTUALISTICO. Caratteristica funzionale precipua delle società cooperative è il perseguimento dello scopo mutualistico, cioè della finalità di fornire beni e servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che potrebbero ottenere sul mercato. Lo scopo è quindi quello di consentire ai soci di acquistare i beni a condizioni più convenienti di quelle di mercato in considerazione della mancanza di intermediazione capitalistica: in ciò consiste la c.d gestione di servizio. Sullo base dello scopo mutualistico si devono distinguere due categorie di cooperative:  le cooperative a mutualità prevalente: sono le uniche destinatarie delle agevolazioni fiscali previste nella legislazione tributaria. Devono possedere due requisiti: a) requisito gestionale: è di natura operativa e consiste nella prevalenza della gestione di servizio con i soci rispetto all’attività con i terzi. A seconda dei casi consiste nello svolgere l’attività prevalentemente a favore dei soci o nell’avvalersi prevalentemente, nello svolgimento dell’attività, delle prestazioni lavorative o degli apporti di beni dei soci. La prevalenza si misura sui dati di bilancio: 1. in quelle di consumo: ricavi delle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci superiori al 50% del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni; 2. in quelle di lavoro: costo del lavoro dei soci superiore al 50% del totale del costo del lavoro; 3. in quelle di produzione e trasformazione: costo della produzione per servizi ricevuti da soci o per beni conferiti dai soci superiori al 50% del totale dei costi dei servizi. b) requisito statutario: è basato sulla presenza nello statuto di particolari clausole restrittive del lucro. Tali clausole devono prevedere: 1. il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato; 2. divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; 3. divieto di distribuire le riserve tra i soci; 4. obbligo di devoluzione dell’intero patrimonio sociale, in caso di scioglimento, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.  Le cooperative altre: sono quelle che non hanno i requisiti appena visti. Hanno agevolazioni di varia natura ma non di natura fiscale. Per il resto la disciplina è sostanzialmente omogenea fra le due categorie. LE CARATTERISTICHE FONDAMENTALI. Capitale variabile e voto capitario. Connotati strutturali tipici sono:  La variabilità del capitale: significa che l’atto costitutivo non contiene l’indicazione di un importo nominale fisso prestabilito. In ogni momento le cooperative possono far entrare nuovi soci senza che ciò comporti la necessità di una modifica statutaria di aumento del capitale.  Il voto capitario: secondo tale regola in assemblea ciascun socio ha un voto, qualunque sia il valore della quota o il numero delle azioni possedute. Rappresenta il caposaldo della democrazia cooperativa. La recente riforma ha ridotto l'imperatività di tale principio, prevedendo che l’atto costitutivo: a) può attribuire ai soci persone giuridiche più voti, ma non oltre 5, in relazione all’ammontare della quota, oppure al numero dei membri; b) può prevedere, nelle cooperative in cui i soci realizzano lo scopo mutualistico attraverso l’integrazione delle rispettive imprese o di talune fasi di esse, che il diritto di voto sia attribuito in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico; c) può attribuire il diritto di voto nell’elezione dell’organo di controllo proporzionalmente alle quote o alle azioni possedute o in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico. Rapporto mutualistico e parità di trattamento. Tipico delle cooperative è il doppio rapporto tra soci e società:  il rapporto sociale;  il rapporto mutualistico che si sostanzia negli scambi attraverso i quali si realizzano i vantaggi per i soci. Cooperative s.p.a e cooperative s.r.l. La disciplina espressa delle cooperative non è esaustiva; essa ha perciò bisogno di appoggiarsi per colmare le lacune a quella delle società lucrative. Alle cooperative quindi si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni. In sostanza per le cooperative grandi e piccole si applicano rispettivamente le regole delle s.p.a. o delle s.r.l. LA COSTITUZIONE. La costituzione di una cooperativa deve avvenire per atto pubblico. L’atto deve contenere:  l’identificazione specifica dell’oggetto sociale con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci;  se il capitale è ripartito in azioni, il loro valore nominale;  i requisiti e le condizioni per l’ammissione dei soci e il modo e il tempo in cui devono essere eseguiti i conferimenti;  le condizioni per l’eventuale recesso o per l'esclusione dei soci;  le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per quella dei ristorni. Per la sua costituzione sono necessari almeno 9 soci o almeno 3 purchè persone fisiche; qualora il numero scenda dopo la costituzione al di sotto di tali soglie deve essere integrato entro un anno. L’iscrizione e i suoi effetti sono come nelle s.p.a. LA STRUTTURA FINANZIARIA. Azioni e quote dei soci cooperatori. Le partecipazioni dei soci cooperatori possono essere rappresentate da azioni o da quote: la prima ipotesi presuppone che il modello di riferimento sia quello della s.p.a., la seconda ammette sia la s.r.l. sia la s.p.a. A questi soci sovventori l'atto costitutivo può attribuire più voti (non oltre 5); i soci sovventori possono essere nominati amministratori ma la maggioranza di questi deve essere costituita da soci assicurati. LEZIONE 33 LE SOCIETA' CON AZIONI QUOTATE IN MERCATI REGOLAMENTATI. PROFILI GENERALI. Definizioni e fonti di disciplina. Società con azioni quotate possono essere sia s.p.a., sia s.a.p.a., sia cooperative con azioni emesse a quotazione dalla società di gestione del relativo mercato, fin quando lo sono. Il venire meno della quotazione può dipendere da esclusione disposta dalla società di gestione del mercato anche su richiesta della stessa società emittente. La società può richiedere l'esclusione dalla negoziazione dei propri strumenti finanziari a condizione che sia stata ottenuta l'ammissione in altro mercato regolamentato italiano o comunitario che garantisca una tutela equivalente degli investitori. Condizione minima è la presenza di una disciplina dell'offerta pubblica d'acquisto obbligatoria in caso di trasferimento di partecipazioni di controllo. Soggetti emittenti non sono solo società che hanno azioni quotate in un mercato regolamentato, ma anche quelle che hanno emesso obbligazioni o altri strumenti finanziari quotati. L'art 2-bis del regolamento emittenti definisce gli “emittenti strumenti finanziari diffusi in maniera rilevante presso il pubblico”, cioè gli emittenti italiani dotati di un patrimonio netto non inferiore a 5.000.000 € e con un numero di obbligazionisti superiore a 200. Le fonti della disciplina sono oltre alla legge, i regolamenti Consob (in particolare il regolamento emittenti) e il regolamento della società di gestione del mercato regolamentato ove gli strumenti sono quotati. Si aggiunge su base volontaria, il codice di autodisciplina redatto dal comitato per la corporate governance delle società quotate su iniziativa di Borsa Italiana s.p.a.. In base all'art 123-bis del TUF le società devono informare il pubblico non solo sull'adesione o no a un codice di comportamento in materia di governo societario promosso da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, ma anche sulle motivazioni della mancata adesione a una o più disposizioni. Il collegio sindacale vigila sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste nei codici di comportamento. I poteri della Consob e la parità di trattamento. Il TUF individua le scelte generali di politica del diritto, delegando alla Consob il compito di dettare la regolamentazione specifica. Tutti i poteri devono essere esercitati dalla Consob avendo riguardo alla tutela degli investitori nonché all'efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali. Gli emittenti quotati assicurano il medesimo trattamento a tutti i portatori degli strumenti finanziari che si trovino in condizioni identiche. La definizione di controllo. La definizione di controllo è ricalcata da quella che il legislatore aveva già utilizzato per il bilancio consolidato. L'INFORMAZIONE. Introduzione. L'esigenza di informazione riguarda ogni notizia che possa influenzare il corso degli strumenti finanziari a prescindere dalla natura giuridica del soggetto emittente, sia gli assetti proprietari delle società con azioni quotate. Recente è la previsione della relazione sul governo societario e gli assetti proprietari (relazione di corporate governance): quest'ultima rappresenta una specifica sezione della relazione sulla gestione. La relazione sul governo societario e gli assetti proprietari. Il contenuto della corporate governance è funzionale a fornire non solo ai soci, ma a tutti gli investitori, le notizie interessanti per valutare, gli elementi utili per prendere le decisioni di investimento e disinvestimento. Alcune informazioni dettagliate riguardano: • dati che risultino da statuto o deliberazioni assembleari, tra cui: - struttura del capitale sociale; - restrizioni al trasferimento dei titoli; - norme applicabili a nomina e sostituzione degli amministratori e dei componenti del cds e cdg, nonché alla modifica dello statuto se diverse da quelle legislative); • dati extra-statutari se e nella misura in cui sono noti alla società: - partecipazioni rilevanti dirette o indirette nel capitale; - i possessori di ogni titolo che conferisce diritti speciali di controllo e una descrizione di questi diritti, se noti; - il meccanismo di esercizio dei diritti di voto previsto in un eventuale sistema di partecipazione azionaria dei dipendenti; - qualsiasi restrizione al diritto di voto; • i contratti di cui la società è parte e che possono rilevare per l'effettiva contendibilità del suo controllo: - gli accordi significativi; - accordi tra la società e gli amministratori o componenti del cds o cdg. Per altre informazioni la legge non specifica che esse siano dettagliate. Si tratta di quelle riguardanti: a) adesione ad un codice di comportamento; b) le principali caratteristiche dei sistemi di gestione dei rischi e di controllo interno; c) meccanismi di funzionamento dell'assemblea e i suoi poteri; d) la composizione e il funzionamento degli organi di amministrazione e controllo dei loro comitati. L' informazione sugli assetti proprietari. Le partecipazioni rilevanti. Chiunque partecipi in una società con azioni quotate in misura superiore al 2% deve darne comunicazione alla società partecipata e alla Consob, che può, con provvedimento motivato da esigenze di tutela degli investitori nonché di efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali, prevedere soglie inferiori al 2% per società ad elevato valore corrente di mercato e ad azionariato particolarmente diffuso. La commissione deve stabilire i casi in cui la comunicazione sia dovuta anche dai possessori di strumenti finanziari dotati dei diritti particolari previsti nell'art 2351 comma 5, nonché di strumenti derivati e di fissare altri obblighi di comunicazione in caso di variazione della misura della partecipazione. Per il calcolo della partecipazione rilevante si considerano solo le azioni con diritto di voto (anche quella per cui spetta al soggetto il diritto di voto pur non essendo proprietario dell'azione). Il registro emittenti stabilisce l'obbligo di comunicazione a carico dei soggetti che siano titolari di strumenti finanziari che da soli attribuiscano potere di nomina di uno o più amministratori. All'obbligo di comunicazione delle partecipazioni in società quotate si affianca quello di comunicare alla società partecipata e alla Consob, le partecipazioni delle società quotate in società con azioni non quotate o in s.r.l. in misura superiore al 10%. Il TUF non vieta i patti parasociali in società quotate, ma semplicemente crea una disciplina incentrata su obblighi di trasparenza, limiti di durata e neutralizzazione della loro forza di resistenza alle scalate ostili. Le partecipazioni reciproche. Art. 121 TUF. • Se la società A, quotata, partecipa per oltre il 2% nella società quotata B, quest'ultima non potrà partecipare nel capitale della prima per più del 2%; • Se la società A, quotata, partecipa per oltre il 10% nella società non quotata C, quest'ultima non potrà partecipare nel capitale della prima per più del 2%; • Se la società C, non quotata, partecipa per oltre il 2% nella società quotata A, quest'ultima non potrà partecipare nel capitale della prima per più del 10%. La società che supera il limite non potrà esercitare il diritto di voto per quelle azioni o partecipazioni eccedenti il limite. Deve alienare azioni o quote entro 12 mesi; in caso di mancata alienazione è negato in toto il diritto di voto. Se entrambe superano il limite e non si riesce a stabilire l'ordine temporale, si applicano la sospensione del diritto di voto e l'obbligo di alienazione. La sospensione del voto è corredata dalla sanzione dell'annullabilità delle deliberazioni eventualmente prese col voto determinante delle azioni “congelate”. I limiti possono essere elevati se il superamento della soglia ha luogo a seguito di un accordo preventivamente autorizzato dall'assemblea di entrambe le società. L'informazione sui fatti “price-sensitive”. Oggetto e soggetti. L'informazione sui fatti price-sensitive è l'informazione su tutti quei fatti e quelle notizie che possono influenzare il corso e il valore degli strumenti finanziari. L'art 114 TUF obbliga l'emittente strumenti finanziari quotati e gli eventuali soggetti (anche non quotati) che lo controllano a rendere note al pubblico senza indugio le informazioni privilegiate che riguardino emittente e società controllate. Per informazione privilegiata si intende un'informazione precisa, non di pubblico dominio, che concerna direttamente o indirettamente uno o più emittenti di strumenti finanziari e che se non resa pubblica potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari. L'informazione riguarda quindi anche tutti gli eventi price-sensitive relativi al gruppo al quale il soggetto emittente appartiene. L'informazione al pubblico deve avvenire senza indugio mediante l'invio di un comunicato alla società di gestione del mercato. Il legislatore ha recentemente istituito un registro, da tenersi a cura degli emittenti quotati, delle persone che hanno accesso a informazioni privilegiate; e ha inoltre previsto a carico dei soggetti rilevanti e dei loro congiunti l'obbligo di comunicazione delle operazioni dagli stessi poste in essere su azioni dell'emittente o altri strumenti finanziari a esse collegate. I poteri della Consob. La Consob può stabilire che siano resi pubblici anche ulteriori notizie e documenti necessari per l'informazione al pubblico. La Consob può: 1) chiedere la comunicazione di ulteriori notizie e documenti ai soggetti emittenti, a chi li controlla o ha partecipazione rilevante in questi; 2) assumere notizie da amministratori, sindaci, società di revisione e dirigenti di questi soggetti; 3) eseguire ispezioni presso soggetti emittenti o gruppi; 4) esercitare poteri previsti dall'art 187-octiesTUF. Bisogna comunicare alla Consob riguardo a: • operazioni straordinarie (come fusioni, scissioni, acquisizioni e cessioni, operazioni con parti correlate, modificazioni statutarie...); • informazione periodica (bilancio di esercizio e relazione sulla gestione, relazione semestrale e trimestrale...); • altre informazioni (art 84 ss reg. emittenti). Le s.p.a. quotate sono tenute a pubblicare entro 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio la relazione finanziaria annuale, che comprende bilancio di esercizio, l'eventuale bilancio consolidato, la relazione sulla gestione e l'attestazione del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. Entro sessanta giorni dalla chiusura del primo semestre le s.p.a. quotate devono pubblicare una relazione finanziaria semestrale, comprendente il bilancio semestrale abbreviato, la relazione intermedia sulla gestione e l'attestazione del dirigente. Entro 45 giorni dalla chiusura del primo e del terzo trimestre di esercizio le s.p.a. quotate devono pubblicare un resoconto intermedio di gestione nel quale sono indicati: a) una descrizione generale della situazione patrimoniale e dell'andamento economico dell'emittente e delle sue imprese; b) un'illustrazione di eventi rilevanti e operazioni avvenute e la loro incidenza sulla situazione patrimoniale. Informazione, riservatezza e pregiudizio dell'emittente. L'interesse pubblico alla divulgazione delle informazioni rilevanti è prevalente sull'interesse dell'emittente alla riservatezza. L'obbligo di comunicazione è sospeso solo quando l'emittente o soggetto controllante assuma con reclamo motivato che dalla comunicazione al pubblico possa derivargli un grave danno. Entro 7 giorni la Consob decide, ma può sospendere la pubblicazione solo se il pubblico non è così indotto in inganno. Gli emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico. Gli emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico hanno una disciplina solo parzialmente coincidente con quella degli emittenti quotati: il cuore delle disposizioni loro destinate riguarda l'informazione al pubblico dei fatti price-sensitive e le comunicazioni alla Consob, libera di dispensare gli emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati UE o extracomunitari in considerazione di questi obblighi. LE OFFERTE PUBBLICHE DI ACQUISTO E DI SCAMBIO. Introduzione. Le offerte pubbliche di acquisto e di scambio (o.p.a. e o.p.s.) e cioè ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma effettuati, finalizzati all'acquisto o allo scambio di prodotti finanziari e rivolte a un numero di soggetti non inferiore a 100, diversi dagli investitori qualificati, e di ammontare complessivo superiore a 2.500.000 €, costituiscono, assieme alle offerte al pubblico di sottoscrizione e di vendita, una species del genere “appello al pubblico risparmio”. Le relative norme non riguardano solo azioni ma qualsiasi prodotto finanziario, collochiamo o.p.a e o.p.s nella disciplina delle s.p.a quotate perché la gran parte di tali operazioni ha per oggetto azioni, e influiscono sul governo complessivo delle società con azioni quotate. Nelle società il cui capitale è altamente frazionato presso il pubblico (e quindi è più elevato il pericolo di assenza di controlli sull'operato degli amministratori, in quanto i soci non hanno incentivi per intraprendere una problematica azione collettiva) proprio il rischio di un'offerta pubblica ostile può rappresentare un efficace meccanismo di mercato per indurre preventivamente gli amministratori di una società quotata a gestirla per massimizzare il valore delle azioni, osservando l'interesse dei soci. Spieghiamoci meglio: se una gestione inefficiente porta delle azioni a essere fortemente svalutate, uno “scalatore” (o “raider”) può lanciare un'o.p.a., chiedendo di comprare molte azioni svalutate, magari a un prezzo superiore all'attuale quotazione; gli azionisti vendono, il raider ottiene la maggioranza del capitale e sostituisce gli amministratori e il management con altri individui più capaci. Quindi se gli amministratori vogliono restare tali devono perseguire diligentemente l'interesse sociale. Un'o.p.a. può essere lanciata per mera volontà di un soggetto su qualsiasi prodotto finanziario, quotato o non quotato su un mercato regolamentato. L'obbligo di o.p.a scatta quando a seguito di acquisti si detenga una partecipazione superiore al 30% (per partecipazione qui si intende una quota detenuta anche indirettamente tramite fiduciari o per interposta persona, per titoli emessi da una società che attribuiscono diritti di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti nomina o revoca di amministratori o consiglio di sorveglianza; per titoli si intendono gli strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto nell'assemblea ordinaria o straordinaria, anche solo su specifici argomenti; i titoli sono sempre dematerializzati). Le regole del TUF riguardanti o.p.a. e o.p.s. sono divise in due capi: il primo riguarda disposizioni generali che si applicano a qualsiasi offerta, volontaria od obbligatoria che sia, al fine di assicurare rispetto dei principi di correttezza, trasparenza e parità di trattamento tra destinatari dell'offerta; il secondo si occupa di specificare l'ipotesi in cui l'offerta è obbligatoria. Le disposizioni generali. La fase di avvio. La decisione di promuovere un'o.p.a. o il sorgere dell'obbligo di lanciarla dev'essere senza indugio comunicato alla Consob (prima comunicazione); l'offerta va promossa tempestivamente, e comunque non oltre 20 giorni dopo la prima comunicazione, mediante presentazione alla Consob del documento d'offerta destinato alla pubblicazione. L'inosservanza del termine rende il documento d'offerta irricevibile. Le caratteristiche dell'offerta. I dettagli devono essere allegati nel relativo documento, che deve contenere anche delle informazioni sull'offerente, sui prodotti finanziari oggetto dell'operazione e su chi li ha emessi. L'offerta dev'essere irrevocabile, ogni clausola contraria è nulla. Sono ammesse condizioni, purché non meramente potestative. L'offerente deve indicare il quantitativo di prodotti finanziari per cui l'offerta è lanciata, oltre a questa soglia può anche indicare il quantitativo minimo al di sotto del quale non accetterà le adesioni. Il corrispettivo può essere costituito da denaro (o.p.a.) o da altri prodotti finanziari (o.p.s.) oppure entrambi (o.p.a.s.); nell'o.p.a. volontaria non ci sono vincoli sulla determinazione quantitativa del corrispettivo offerto. Altre ipotesi in cui si è esonerati anche se esistono tutti i presupposti sono: a) partecipazione oltre la soglia, ma minoritaria, quando esiste un altro socio che controlla; b) operazioni di salvataggio quando la partecipazione oltre la soglia è acquisita tramite la sottoscrizione di un aumento di capitale in esecuzione di un piano di ristrutturazione del debito diretto al salvataggio di una società in crisi; c) trasferimenti infragruppo che non fanno mutare il soggetto economico che detiene il controllo. d) mancanza di volontà dell'acquirente se l'acquisto dipende dall'esercizio di dritti di opzione, di sottoscrizione o conversione; e) operazioni a carattere temporaneo (trading: compro per rivendere, ma non posso comunque superare il 3% e in un anno devo vendere); f) fusione e scissione purché approvate con delibera della società le cui azioni dovrebbero essere oggetto di offerta. g) acquisti a titolo gratuito, h) ipotesi residuale. L'o.p.a. incrementale. Il secondo caso di o.p.a. Obbligatoria riguarda l'incremento di una partecipazione superiore al 30% ma inferiore a quella che dà diritto all'esercizio della maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea: cioè il passaggio dal controllo di fatto a quello di diritto, ovvero un “consolidamento della partecipazione”. Colui che abbia da solo o di concerto con altri una partecipazione superiore al 30% senza essere tenuto all'o.p.a. totalitaria può aumentare la sua partecipazione nella società, ma se in un anno l'incremento netto è superiore al 5% delle azioni con diritto di voto scatta l'obbligo di o.p.a. totalitaria. L'o.p.a incrementale serve a rallentare il controllo di diritto, pur mantenendo intatto il controllo di fatto. L'o.p.a. residuale. Quando a seguito di un'o.p.a. totalitaria l'offerente detenga una partecipazione almeno pari al 95% del capitale rappresentato da titoli, scatta l'obbligo di acquistare i residui titoli da chi ne faccia richiesta. Vale anche l'ipotesi di controllo concertato da parte di più soggetti. Il diritto di acquisto. Conseguenza di un'offerta pubblica totalitaria che abbia assicurato all'offerente più del 95% del capitale rappresentato da titoli è il suo diritto di acquistare coattivamente (cd squeezeout) i titoli residui, entro 3 mesi dalla scadenza del termine per l'accettazione dell'offerta e purché abbia dichiarato nel documento d'offerta dell'o.p.a. originaria l'intenzione di avvalersi di tale diritto. Le sanzioni. La violazione dell'obbligo di lanciare un'o.p.a. obbligatoria oltre a sanzioni amministrative previste nel TUF comporta: a) la sospensione del diritto di voto inerente all'intera partecipazione detenuta; b) l'obbligo di vendere i titoli eccedenti la soglia rilevante entro un anno; c) l'annullabilità delle delibere assunte con voto determinante di chi avrebbe dovuto astenersi. La Consob può imporre la promozione dell'offerta totalitaria al prezzo da essa stabilito. In ogni caso i soggetti che avrebbero avuto diritto a ricevere l'offerta possono agire per il risarcimento del danno. LEZIONE 34 SOCIETÀ DI CAPITALI: LIBRI SOCIALI E BILANCIO; SCIOGLIMENTO. PREMESSA . I libri sociali, il bilancio e lo scioglimento sono disciplinati nello stesso modo per tutte le società di capitali. I LIBRI SOCIALI. Le s.p.a., oltre che i libri sociali e le altre scritture contabili prescritti nell’art 2214, devono tenere i seguenti libri che vanno progressivamente numerati in ogni pagina e bollati in ogni foglio: a) il libro dei soci, nel quale devono essere indicati distintamente per ogni categoria il numero delle azioni, il cognome e il nome dei titolari, i trasferimenti e i vincoli; tenuto dagli amministratori; b) il libro delle obbligazioni, nel quale vanno indicati l’ammontare delle obbligazioni emesse e di quelle estinte; il cognome e il nome dei titolari delle obbligazioni nominative e i trasferimenti e i vincoli a esse relativi, tenuto dagli amministratori; c) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee; tenuto dagli amministratori; d) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione; tenuto dagli amministratori; e) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale; tenuto dal collegio stesso. f) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo; tenuto dal comitato esecutivo; g) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee degli obbligazionisti; tenuto dal loro rappresentante comune; h) il libro degli strumenti finanziari; tenuto dagli amministratori. Per le s.r.l. l’art 2478 richiede: a) il libro delle decisioni dei soci; b) il libro delle decisioni degli amministratori; c) il libro delle decisioni del collegio sindacale. IL BILANCIO. Introduzione. È l’insieme di documenti contabili intorno ai quali ruota la disciplina delle società di capitali. Le funzioni sono: a) strumento per l’accertamento della consistenza del patrimonio sociale, unica garanzia dei creditori per le obbligazioni sociali; b) strumento esclusivo per la determinazione dell’esistenza di utili e riserve distribuibili tra i soci; c) presidio dell’effettività delle norme a tutela dei creditori sociali; d) documento informativo principe; e) base per la tassazione delle società di capitali. Le regole in materia di bilancio sono organicamente dettate in relazione alle s.p.a., e sono richiamate per le s.r.l. integralmente. Grandi innovazioni in materia sono state apportate con l’introduzione degli International Accounting Standards (IAS) e International Financial Reporting Standards (IFRS). Il consiglio dei ministri nel 2004 ha approvato uno schema di decreto legislativo nel quale si prevede:  per quanto riguarda il bilancio consolidato, cioè il bilancio dell’insieme di società sottoposte a comune direzione e coordinamento, l’applicazione obbligatoria degli IAS e IFRS dall’esercizio 2005, oltre che per le società con strumenti finanziari quotati, anche per quelle con strumenti finanziari diffusi.  Per quanto concerne il bilancio d’esercizio l’adozione degli IAS e IFRS è facoltativa nel 2005 ma obbligatoria nel 2006 per le società con strumenti finanziari quotati o diffusi. Chiarezza e rappresentazione veritiera e corretta. Il bilancio deve essere redatto dagli amministratori con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società. Per rappresentazione veritiera e corretta si intende che le voci di bilancio devono essere basate su dati veri ed esprimere valutazioni condotte secondo i criteri di legge e quelli professionali. Chiarezza significa che il bilancio deve essere esposto in modo da consentire al lettore di comprendere la situazione patrimoniale della società. I principi di redazione del bilancio. Alle clausole generali fanno poi contorno alcuni principi:  la prudenza: la valutazione delle singole voci deve essere fatta con prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo considerato. Gli amministratori nella redazione del bilancio dovranno tenere conto delle attività, solo se e nella misura in cui sono certe, e delle passività, anche se e nella misura in cui sono probabili.  la competenza: nella redazione del bilancio si possono indicare solo gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio, tenendo conto dei proventi e degli oneri di sua competenza, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento, e dei rischi e delle perdite di competenza, anche se conosciuti dopo la chiusura dell’esercizio. Tipiche espressioni del principio di competenza in relazione a costi e proventi comuni a più esercizi sono le voci patrimoniali denominate ratei e risconti. In esse devono essere iscritti i proventi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi (ratei attivi), i costi sostenuti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi (risconti attivi), i costi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi (ratei passivi) e i proventi percepiti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi (risconti passivi).  La continuità: i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro. La loro continuità consente di comparare bilanci diversi dando corpo alla clausola di generale chiarezza. Lo stato patrimoniale. Introduzione. Lo stato patrimoniale offre l’istantanea, alla data della chiusura dell’esercizio, della situazione patrimoniale e finanziaria della società; da esso si accerta se e quanti sono gli utili distribuibili tra i soci. Si compone di due colonne contrapposte: quella dell’attivo e quella del passivo. Le singole voci di cui il patrimonio netto si compone specificano il grado di disponibilità dei relativi importi da parte dei soci:  il capitale sociale: è quella parte di patrimonio netto indisponibile;  la riserva legale: è alimentata con parte degli utili d’esercizio ed è soggetta allo stesso regime di indisponibilità del capitale;  la riserva da soprapprezzo: non deriva dagli utili ma dalle somme percepite dalla società per l’emissione di azioni a un prezzo superiore al loro valore nominale;  le riserve di rivalutazione: originate dalla facoltà di rivalutare in sospensione di imposta il valore monetario dei beni iscritti in bilancio;  le riserve statutarie: sono disponibili dai soci solo modificando lo statuto;  le riserve facoltative e gli utili portati a nuovo: sono quegli utili disponibili di cui i soci non hanno deciso la distribuzione, ma l’accantonamento come forma di autofinanziamento della società;  ulteriori poste. La struttura. Lo schema legale di stato patrimoniale si articola in: A) sezioni indicate da lettere maiuscole; I) voci indicate da numeri romani; 1) sottovoci indicati da numeri arabi; a) dettagli indicati da lettere minuscole. Le sezioni dell’attivo sono rappresentate da: A) crediti verso i soci per versamenti ancora dovuti; B) immobilizzazioni; C) attivo circolante; D) ratei e risconti attivi. Le sezioni del passivo sono rappresentate da: A) patrimonio netto; B) fondi per rischi e oneri; C) trattamenti di fine rapporto dei dipendenti; D) debiti; E) ratei e risconti passivi. In calce allo stato patrimoniale devono risultare una serie di voci che rappresentano beni di terzi, rischi e impegni: a) gli impegni derivanti da contratti in corso ancora ineseguiti da entrambe le parti; b) rischi derivanti dalle garanzie reali e personali prestate direttamente o indirettamente per debiti altrui; c) i beni di terzi presso la società. I criteri di valutazione. I criteri di valutazione sono prescritti nell’art 2426: • le immobilizzazioni (beni immobili, impianti, macchinari, partecipazioni): vanno iscritte al costo di acquisto o di produzione (c.d costo storico); • le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono essere valutate con il criterio del costo storico o con quello del patrimonio netto; • i costi di impianto e di ampliamento nonché i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo e vanno ammortizzati in un periodo non superiore a 5 anni; • l’avviamento può essere iscritto nell’attivo solo se acquisito a titolo oneroso nei limiti del costo per esso sostenuto e con il consenso del collegio sindacale, anch’esso deve essere ammortizzato in 5 anni; • i crediti devono essere iscritti al presumibile valore di realizzazione; • le attività e le passività in valuta devono essere iscritte al tasso di cambio e pronti alla data di chiusura dell’esercizio. • Le rimanenze, i titoli, e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni vanno iscritte al minore tra costo di acquisto o di produzione e valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato. Il conto economico. Il conto economico offre la rappresentazione dinamica dell’attività svolta nell’esercizio. La sezione A) riporta le voci che compongono il valore della produzione; la B) riporta le componenti del costo della produzione. A- B è il risultato della c.d gestione caratteristica della società. La C) contiene i proventi e gli oneri finanziari: il loro saldo indica il risultato della gestione finanziaria della società; la D) le rettifiche di valore delle attività finanziarie; la E) proventi e oneri straordinari. La somma algebrica di A-B+-C+-D+-E costituisce il risultato della società prima delle imposte. Detraendo le imposte si ottiene l’utile (o la perdita) dell’esercizio. La nota integrativa e la relazione sulla gestione. La nota integrativa è il documento nel quale vanno forniti chiarimenti, spiegazioni e integrazioni rispetto ai dati numerici contenuti nello stato patrimoniale e nel conto economico. Tali chiarimenti sono contenuti nell’art 2427. Documento distinto che non fa parte del bilancio ma vi è allegato, è la relazione sulla gestione predisposta dagli amministratori. In essi si da conto della situazione alla società e dell’andamento della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato. Il bilancio in forma abbreviata. La complessità del bilancio e delle informazioni che in esso devono essere fornite al pubblico è notevolmente alleggerita per le società che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati e che, nel loro primo esercizio o per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti: a) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 €; b) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 €; c) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità. Queste società possono redigere il bilancio in forma abbreviata che si sostanzia:  in uno stato patrimoniale tendenzialmente comprensivo delle sole voci contrassegnate da lettere maiuscole e numeri romani;  in un conto economico ove alcune voci possono essere raggruppate;  in una nota integrativa semplificata;  nella mancanza della relazione sulla gestione. Gli utili. Sia nelle s.p.a. che nelle s.r.l. spetta ai soci decidere sulla destinazione degli utili. La decisione non è priva di vincoli: Tale disciplina è volta a evitare gli effetti distorsivi che possono derivare dalle partecipazioni reciproche sul piano patrimoniale e amministrativo: • il c.d annacquamento patrimoniale, per cui tra due società collegate nessuna di esse ha un patrimonio reale a causa di una partecipazione reciproca integrale; • l’intreccio amministrativo, che si verifica quando la società controllante a mezzo dell’intervento dei suoi amministratori nell’assemblea della controllata, ne nomina l’organo gestorio, ma se la controllata acquista una partecipazione nella controllante toccherebbe ai suoi organi prendere parte alla relativa assemblea e contribuire a scegliere i gestori e gli organi di controllo della controllante. La disciplina delle partecipazioni reciproche è così sintetizzabile: a) la società controllata può acquistare azioni o partecipazioni nella controllante solo: - nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato; - se sono interamente liberate; - purchè vi sia l’autorizzazione dell’assemblea di durata non superiore a 18 mesi; - se la partecipazione detenuta non è superiore al decimo del capitale sociale della controllante; b) la controllata non può esercitare il diritto di voto nell’assemblea della controllante; c) nel bilancio della controllata deve essere appostata una riserva indisponibile pari all’importo delle partecipazioni nella controllante; d) le partecipazioni acquistate in violazione di detti limiti vanno alienate entro un anno dal loro acquisto; e) i limiti dell’acquisto sono superabili ove ciò avvenga a titolo gratuito; f) è vietata la sottoscrizione da parte della controllata di azioni o quote della controllante. Informazione e bilancio. Il rapporto di controllo fa sorgere una serie di obblighi informativi al fine di raffigurare fedelmente l’andamento della gestione e mettere gli organi di controllo in grado di svolgere la loro funzione consapevolmente. Con riferimento alla redazione del bilancio valgono i richiami normativi fatti per le società collegate. Il bilancio consolidato. Il bilancio consolidato invece viene redatto dagli amministratori della società controllante e deve fornire con chiarezza una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria. I principi sono i medesimi già visti per il bilancio di esercizio della singola società. Soggette all’obbligo della redazione del bilancio consolidato sono:  le s.p.a., le s.a.p.a. e le s.r.l. che controllano un’impresa di qualunque natura;  gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo un’attività economica, le cooperative, le mutue assicuratrici;  le società di persone interamente possedute da società di capitali che controllano un’impresa di qualunque natura. Si considerano in ogni caso controllate: a) le imprese su cui un’altra ha il diritto di esercitare un’influenza dominante; b) le imprese in cui un’altra controlla da sola la maggioranza dei diritti di voto. In alcune ipotesi le imprese controllate devono o possono essere escluse dall’area del consolidamento: • L'esclusione è obbligatoria verso quelle imprese controllate la cui attività abbia caratteri tali che la loro inclusione impedirebbe il fine di fornire con chiarezza una rappresentazione della situazione finanziaria e patrimoniale. • L’esclusione è invece facoltativa : a) quando l’inclusione sarebbe irrilevante ai fini appena indicati; b) quando l’esercizio effettivo dei diritti della controllante è soggetto a gravi e durature restrizioni; c) quando non è possibile ottenere tempestivamente le necessarie informazioni; d) quando le loro azioni o quote sono possedute esclusivamente allo scopo della successiva alienazione. Talvolta la legge esonera la controllante dall’obbligo di redigere il bilancio consolidato:  nel caso in cui il complesso di controllante e controllata non superi per almeno due esercizi due dei seguenti parametri: a) 17.500.000 € di attivo degli stati patrimoniali; b) 35.000.000 € di ricavi dalle vendite; c) 250 occupati in media durante l’esercizio.  Nell’ipotesi del controllo a catena. In tal caso l'esonero è soggetto a due condizioni: a) che la controllante sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato secondo il diritto di uno stato membro dell’unione europea; b) che la sub-holding non abbia emesso titoli quotati. Il bilancio consolidato si compone di stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa: a) vanno elise tutte le poste relative ai rapporti interni fra le imprese interessate; b) i dati contabili delle imprese controllate vanno riprese integralmente; c) data di riferimento del bilancio è quella di chiusura d’esercizio della controllante o della maggior parte delle imprese che vi sono comprese: d) gli elementi dell'attivo e del passivo vanno valutati con criteri uniformi che devono essere quelli utilizzati dalla controllante nel suo bilancio di esercizio; e) le imprese controllate sono obbligate a trasmettere tempestivamente alla controllante le informazioni da questa richieste ai fini della redazione del bilancio; f) capitale e riserve delle imprese controllate per la parte corrispondente a partecipazioni di terzi vanno iscritti in una voce apposita di patrimonio netto denominata capitale e riserve di terzi. Il bilancio consolidato ha una funzione meramente informativa; non è rilevante ai fini dell’accertamento dell’utile distribuibile né è rilevante fiscalmente. DIREZIONE E COORDINAMENTO DI SOCIETA'. Si presume che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla. Dalla ricorrenza di uno di tali presupposti consegue l’applicazione delle norme che vanno dall’art 2497 all’art 2497 quinquies. L'art. 2497 sexies traduce giuridicamente la normale relazione che intercorre fra il rapporto di controllo dell’appartenenza delle società interessate a un gruppo: quest’ultimo si caratterizza per la direzione unitaria delle società che lo compongono. La nozione. Struttura dei gruppi. Perché vi sia un’attività di controllo e coordinamento è sufficiente che nelle mani di un capogruppo vi siano le scelte di gestione strategiche e che queste scelte condizionino l’andamento della società nei suoi settori chiave. La struttura dei gruppi può essere di diverso tipo: a) a catena: nei quali una società ne controlla una seconda la quale a sua volta ne controlla una terza e così via; b) a stella: in cui la capogruppo controlla direttamente tutte le altre; c) piramidale: la capogruppo controlla direttamente una serie di sobholding ordinate per settori di attività che a loro volta controllano le società che svolgono le attività di quel particolare settore. La disciplina: trasparenza e informazione. La società deve indicare negli atti e nella corrispondenza la società o l’ente alla cui attività di direzione e coordinamento è soggetta, i suoi amministratori devono iscrivere una dichiarazione in apposita sezione del registro delle imprese dedicata alle società che esercitino attività di direzione e di coordinamento e a quelle che vi sono soggette. Gli oneri informativi a carico delle società controllanti e controllate sono: a) la società eterodiretta deve esporre, nella nota integrativa al bilancio, i dati essenziali dell’ultimo bilancio della capogruppo; b) nella relazione sulla gestione vanno riportati i rapporti intercorsi con chi esercita l’attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette nonché l’effetto che tale attività ha avuto sull’esercizio dell’impresa sociale e sui suoi risultati; c) le decisioni delle società che siano state effettivamente il frutto dell’attività di direzione e coordinamento della capogruppo devono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazioni delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione. La disciplina: le tutele. La responsabilità da direzione unitaria. La responsabilità da non corretto esercizio dell’attività di direzione e coordinamento colpisce in via solidale: a) la società o gli enti che la esercitano; b) chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo; c) chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio. Tra i partecipi al fatto lesivo si annoverano normalmente gli amministratori della capogruppo e della controllata. Legittimati a far valere la responsabilità sono: 1. i soci: la responsabilità della società capogruppo e di chi abbia preso parte al fatto lesivo nei confronti del socio è commisurata al pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della partecipazione sociale; l’azione giova direttamente al socio che agisce, ottiene quindi il risarcimento nei limiti del danno da lui subito; 2. i creditori: la responsabilità della capogruppo riguarda la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Per quanto riguarda la responsabilità di chi abbia consapevolmente tratto beneficio dall’abuso di direzione unitaria è limitata al vantaggio conseguito. Il diritto di recesso del socio. La tutela risarcitoria è affiancata dalla possibilità di recesso del socio:  in seguito a mutamenti strutturali della capogruppo, cioè: - delibera una trasformazione che implica il mutamento del suo scopo sociale; - delibera un mutamento dell’oggetto sociale consentendo l’esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali della società soggetta ad attività di direzione.  l’ingresso o l’uscita in un gruppo qualora non venga promossa un’offerta pubblica di acquisto. A ciò deve però concorrere l’alterazione delle condizioni di rischio di investimento;  nell’ipotesi di condanna esecutiva della capogruppo in favore del socio per non corretto esercizio dell’attività di direzione e coordinamento. Le modalità del diritto di recesso sono regolate per rinvio alla disciplina delle s.p.a. e s.r.l. a seconda del tipo di società in quanto compatibili. I soci di minoranza della capogruppo. Solo il socio della società sottoposta ad attività di direzione e coordinamento può fruire degli strumenti di tutela previsti nell'art. 2497 ss. La direzione unitaria può anche essere svolta in modo da favorire le società del gruppo a scapito della capogruppo. Con riguardo al corretto esercizio dell'attività di direzione e coordinamento la tutela del socio della capogruppo è affidata alle regole sulla responsabilità degli amministratori: questi rispondono verso la società dei danni che la capogruppo abbia subito per effetto di un negligente esercizio di tale attività. Con riferimento alla tutela legata al descritto allontanamento dei soci di minoranza dal controllo, si è a lungo discusso se prevedere il diritto di votare nell'assemblea della società controllata, o meglio in apposita assemblea della capogruppo, riguardo alle operazioni della controllata per le quali avrebbero diritto di voto se effettuate dalla capogruppo. Non ci sono norme in merito, ma si possono estendere per analogia. CONTROLLO E COLLEGAMENTO CON SOCIETA' DI STATI “A RISCHIO”. Le società con sedi in Stati esotici è caratterizzata da una disciplina societaria e fiscale non trasparente e completa. Gli art 165-ter ss TUF prevedono un'articolata disciplina dei rapporti con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscano la trasparenza societaria. Se una società italiana quotata in cui i titoli siano diffusi fra il pubblico in maniera rilevante, controlla una o più società aventi sede in Stati a rischio è tenuta a osservare obblighi informativi (allegare al bilancio quelle dello società controllate, redatto in base a principi contabili applicabili per le società italiane). Analogo obbligo è previsto per le società collegate con società aventi sede in Stati “a rischio” e per quelle controllate da queste. Il revisore della società italiana deve procedere direttamente o tramite altro revisore responsabile in solido con lui, a verificare il bilancio della società controllata estera anche se non v'è obbligo di revisione in base alla legge. LEZIONE 36 TRASFORMAZIONE, FUSIONE E SCISSIONE. PROFILI DI DIRITTO INTERNAZIONALE. LA TRASFORMAZIONE. Nozione e tipi. La trasformazione è l’istituto che consente a un ente giuridico di modificare il proprio codice organizzativo conservando i diritti e obblighi e proseguendo in tutti i rapporti, anche processuali, senza soluzione di continuità. Sono possibili: • la trasformazione tra diversi tipi di società lucrative (c.d trasformazione omogenea); • la trasformazione di società di capitali in consorzi, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni riconosciute e fondazioni… (c.d trasformazione eterogenea). Procedimento ed effetti. Qualora la trasformazione abbia come esito una società di capitali, essa è in certa misura parificata alla costituzione dell’ente. Quindi, occorre l’atto pubblico, il quale: a) deve contenere le indicazioni previste dalla legge per l’atto costitutivo del tipo adottato; b) è soggetto alla disciplina prevista per il tipo adottato e alle relative forme di pubblicità, nonchè la pubblicità richiesta per la cessazione dell’ente che effettua la trasformazione. La tutela dei terzi è assicurata dalla decorrenza degli effetti della trasformazione e dall’esecuzione di entrambi gli adempimenti pubblicitari. Nella trasformazione omogenea, una volta eseguita la pubblicità, non può più essere pronunciata l’invalidità dell’atto, e la tutela dei partecipanti all’ente trasformato e dei terzi si converte nel diritto al risarcimento del danno per il pregiudizio loro eventualmente cagionato dai vizi della trasformazione. In caso di trasformazione eterogenea l’effetto sanante non è immediato, in ragione della tutela dei creditori. La trasformazione eterogenea: a) ha effetto solo dopo 60 giorni dall’ultimo adempimento pubblicitario, salvo che consti il consenso dei creditori o il pagamento di quelli che non lo hanno dato; b) entro il suddetto termine i creditori possono fare opposizione. La trasformazione omogenea. La trasformazione di società di persone in società di capitali. La trasformazione di società di persone in società di capitali è decisa con il consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili; in ogni caso al socio che non ha concorso alla decisione spetta il diritto recesso. Nei confronti dei terzi la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali sorte prima dell’iscrizione della decisione di trasformazione, se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione. Tuttavia il consenso si presume se i creditori, ai quali la deliberazione è stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento, non lo hanno espressamente negato nel termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione. La trasformazione di società di capitali in società di persone. La trasformazione di società di capitali in società di persone viene denominata trasformazione regressiva. Le particolarità dell'operazione consistono: a) almeno 30 giorni prima dell’assemblea, gli amministratori devono predisporre e depositare presso la sede sociale una relazione che illustri motivazioni ed effetti della trasformazione; dei soci non consenzienti di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo determinato come per il recesso). Il progetto di scissione va depositato e reso pubblico come quello di fusione con medesimo apparato documentale e di corredo. La relazione dell'organo amministrativo deve illustrare anche i criteri di distribuzione delle azioni o quote e indicare il valore effettivo del patrimonio netto assegnato alle società beneficiarie e di quello che eventualmente rimanga nella società scissa. Col consenso unanime dei soci e dei possessori di strumenti finanziari che danno diritto di voto nelle società partecipanti alla scissione, l'organo amministrativo può essere esonerato dalla relazione. Anche la scissione ha effetto dall'ultima delle iscrizioni dell'atto di scissione presso il registro delle imprese in cui sono iscritte le società beneficiarie, ma se si costituisce una nuova società scissa si può stabilire data soggettiva. La legge non pone limiti alla composizione delle parti di patrimonio attribuite a ciascuna beneficiaria o eventualmente destinate a rimanere alla scissa; come tutela è previsto che ciascuna società sia responsabile nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto a essa assegnato o rimasto dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico. SOCIETA' E DIRITTO INTERNAZIONALE. Le regole del diritto societario coinvolgono il principio della libertà di stabilimento degli operatori economici nel territorio dell'unione europea. Si apre così la strada alla concorrenza fra ordinamenti. Il diritto societario è uno dei settori dove più ampiamente si è sperimentata l'armonizzazione comunitaria. Recentemente ha poi visto la luce un ambizioso progetto: il regolamento sulla società europea, che offre agli operatori un modello comunitario di s.p.a. Sovranazionale. Ancora più recente è il regolamento sulla cooperativa europea, che persegue analoghe finalità. Un'importante strumento di integrazione fra società in ambito comunitario è la fusione transfrontaliera delle società di capitali. IL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO DELLE SOCIETA'. Le società estere extracomunitarie. Le società costituite in Stati esteri extracomunitari sono sottoposte alla legge del luogo di incorporazione; se la sede o l'oggetto principale è italiano la società sarà regolata dalla legge italiana e in base a queste massime sono regolati: a) la natura giuridica; b) la denominazione o ragione sociale; c) la costituzione, la trasformazione e l'estinzione; d) la capacità, e) la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi; f) la rappresentanza dell'ente; g) l'acquisto e la perdita della qualità di socio e i diritti e gli obblighi inerenti; h) la responsabilità per le obbligazioni dell'ente; i) le conseguenze della violazione della legge e dell'atto costitutivo. Il criterio della sede effettiva deve intendersi in senso rigoroso, qualitativamente e quantitativamente. Affinché si applichi la legge italiana devono trovarsi nel territorio dello Stato sia il luogo ove gli organi assumono le decisioni attinenti alla gestione dell'ente sia quello dove si svolge l'attività economica oggetto della società. In ogni caso si ricordi che vanno rispettate le norme di applicazione necessaria dell'ordinamento italiano e la legge straniera va disapplicata se produce effetti contrari all'ordine pubblico. Gli art 2508 ss, regolano aspetti particolari delle società costituite all'estero. Una società costituita all'estero, qualora istituisca in Italia una sede secondaria con rappresentanza stabile, deve adempiere alle regole pubblicitarie previste, con l'indicazione delle generalità e dei poteri dei soggetti che la rappresentano in Italia. Le pubblicità italiane prevalgono su quelle del paese d'origine, negli atti e nella corrispondenza delle sedi secondarie, devono sottostare all'art 2250. Finché non si fa così si risponde illimitatamente e solidalmente con essa per le obbligazioni sociali. L'art 2509 prevede che le società estere con tipologie non previste nell'ordinamento sono soggette alle norme pubblicitarie delle s.p.a. Le società estere comunitarie. Quando una società estera è costituita in uno Stato dell'Unione, le norme analizzate devono essere interpretate alla luce dei principi dell'ordinamento comunitario: c.d libertà di stabilimento. I casi (centros, uberseering, inspire art) hanno affrontato il problema se sia compatibile con il principio della libertà di stabilimento la disciplina dei singoli stati UE. Le conseguenze di queste sentenze sono: a) l'applicazione dell'art 25 L. n° 218/1995 nella parte in cui prevede la sottoposizione alla legge italiana delle società costituite all'estero sulla base della sede effettiva; b) si esclude l'applicazione delle disposizioni contenute negli art 2508 ss, che si risolvono in regole incompatibili con la libertà di stabilimento comunitario in ingiustificate duplicazioni di oneri e che non appaiono fondate su ragioni imperative di interesse generale. LA SOCIETA' EUROPEA. Forma, costituzione, pubblicità e sede. La società europea (SE) è una società dotata di personalità giuridica, con capitale minimo di 120.000 € e retta dalle norme sulla s.p.a. in vigore nello Stato comunitario dove la SE stabilisce la sua sede. La SE è costituibile mediante: a) la fusione di due s.p.a. o di s.p.a. e SE di cui almeno due delle partecipanti, aventi sede in Stati differenti dell'Unione. Si tratta di una forma perfettamente coerente con l'esigenza di consentire processi di integrazione fra imprese in ambito comunitario: può avvenire sia secondo lo schema della fusione per incorporazione, sia tramite fusione in senso stretto; b) la costituzione di una holding tramite conferimento alla SE da parte delle società promotrici, delle azioni o quote di s.p.a. o s.r.l. aventi sede in Stati membri differenti, in misura tale da assicurare alla SE una percentuale superiore al 50% del capitale sociale con diritto di voto; c) la costituire un'affiliata da parte di più società che abbiano le caratteristiche già descritte per poter costituire la SE holding, adottando regole proprie dello Stato membro ove avrà sede l'affiliata SE; d) la trasformazione di una s.p.a. che abbia da almeno un biennio un'affiliata in altro Stato UE, tramite un procedimento che prevede un progetto di trasformazione redatto dagli amministratori, reso pubblico, accompagnato da una perizia di stima del patrimonio. La SE va iscritta nel registro delle imprese dello Stato della sede che deve coincidere col luogo ove è amministrata la società. Tale determinazione è rilevante in quanto identifica il diritto applicabile alla SE per le parti non disciplinate dal regolamento. Gli organi. Gli organi della SE sono l'assemblea, e, a seconda della scelta tra sistema dualistico e sistema monistico, un organo di direzione affiancato da uno di vigilanza oppure un unico organo di amministrazione. L'assemblea nomina l'organo di vigilanza nel sistema dualistico e dell'organo di amministrazione in quello monistico, e approva il bilancio; è comunque competente a deliberare in tutte le materie previste dalle norme sulle s.p.a. dello Stato della sede. Tale legge regola anche funzionamento dell'assemblea. Nel sistema dualistico all'organo di direzione spetta la gestione della società e all'organo di vigilanza il controllo della gestione senza diritto di prendervi parte, ma lo statuto può sottoporre il compimento di alcuni atti di gestione alla preventiva autorizzazione dell'organo di vigilanza. Nel sistema di tipo monistico esiste solo l'organo di amministrazione: si applica il sistema di controllo previsto dalla disciplina delle s.p.a. dello Stato della sede. L'organo amministrativo deve riunirsi almeno trimestralmente per deliberare sull'andamento degli affari della SE e sulla loro evoluzione. In entrambi i sistemi la durata massima dell'incarico è di sei anni. È possibile che una persona giuridica sia componente dell'organo, ma deve nominare un rappresentante. Il coinvolgimento dei dipendenti. In alcuni ordinamenti, ad es. in Germania, è previsto un sistema di cogestione della società, col quale ai lavoratori subordinati spettano diritti di informazione sulla e di partecipazione alla gestione anche tramite l'attribuzione del potere di nomina di componenti degli organi sociali. Il legislatore comunitario tiene presente che questo modello è sconosciuto a vari ordinamenti; e ha raggiunto un compromesso. Bisogna che gli Stati trovino un accordo; anche in mancanza di accordo gli Stati membri sono impegnati a introdurre disposizioni che assicurino un livello minimo di informazione e consultazione dei lavoratori. La fusione transfrontaliera. La volontà di rendere più agevole l'integrazione fra imprese comunitarie ha condotto la CE all'emanazione della direttiva 56/2005 poi attuata col D.Lgs. 108/2008. La fusione transfrontaliera è l'operazione di cui all'art. 2501, realizzata fra una o più società italiane e una o più società di altro stato membro, dalla quale risulti una società italiana o di altro stato membro. La sede sociale finale o l'amministrazione centrale o il centro di attività principale deve essere stabilita nella CE. Si cerca di applicare la normativa italiana alla fusione, e se è in contrasto prevale la legge applicabile alla società risultante dalla fusione. Sono previste ipotesi particolari di inammissibilità della fusione transfrontaliera: una cooperativa a mutualità prevalente non può partecipare alla fusione, questo divieto si estende a tutti i tipi societari per i quali la legge vieta la fusione (si possono fondere invece le SICAV). L'iter di formazione è simile a quello del codice civile, con alcuni adattamenti. Il procedimento si apre col progetto di fusione transfrontaliera che deve prevedere le indicazioni previste all'art 6 del D.Lgs. N°108/2008, tra quelle più peculiari si segnalano: a) la legge regolatrice delle società partecipanti alla fusione e di quella che ne risulta; b) le modalità particolari relative al diritto agli utili; c) nel caso in cui ne ricorrano i presupposti le informazioni sul coinvolgimento dei lavoratori; d) le ripercussioni della fusione sull'occupazione; e) le informazioni ulteriori. Il progetto va pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, poi sottoposto all'approvazione dell'assemblea. Al riguardo, l'efficacia della delibera può essere subordinata all'approvazione da parte dell'assemblea della società risultante dalla fusione, delle modalità di partecipazione dei lavoratori; l'assemblea è chiamata a deliberare anche sulla possibilità che i soci delle società facciano ricorso a eventuali procedure di modifica o controllo del rapporto di cambio previste dalla legge. Assunta la delibera di fusione il notaio rilascia il certificato preliminare che attesta l'adempimento degli atti e delle formalità preliminari alla realizzazione della fusione. Il certificato va trasmesso all'autorità competente designata dallo stato (in Italia è il notaio stesso). Espletato tale controllo il notaio redige l'atto di fusione. Se la società risultante è italiana, l'atto è depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese, dove hanno sede le società italiane partecipanti alla fusione e in quello ove ha sede la società risultante dalla fusione. Gli effetti sono indicati nell'art 2504-bis, ma la società italiana risultante dalla fusione, sarà tenuta ad adempiere le formalità previste dalle diverse leggi applicabili alle società di altri stati comunitari per l'opponibilità ai terzi dei trasferimento dei beni, diritti e obbligazioni inclusi nel patrimonio di tali società.
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