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Diritto del lavoro (rapporto di lavoro), Appunti di Diritto del Lavoro

Rapporto di lavoro, Lunardon, 2024.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 02/07/2024

marta205
marta205 🇮🇹

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Scarica Diritto del lavoro (rapporto di lavoro) e più Appunti in PDF di Diritto del Lavoro solo su Docsity! Diritto del lavoro Il rapporto di lavoro subordinato (Lezione 1. 22 febbraio) Il diritto del lavoro nasce per il lavoro subordinato: tutti gli istituti sono configurati per questo tipo di lavoro, anche se è vero che negli ultimi tempi (a partire dal 2010) la nostra materia ha iniziato a considerare il rapporto di lavoro autonomo, che è anch’esso meritevole di forme di tutela. Le due aree fondamentali che si contrappongono sono quelle della subordinazione e della autonomia; poi nel tempo, a complicare la situazione, è stata costruita una terza area, ad opera della dottrina e del legislatore a piccoli passi: la para-subordinazione. Quindi 3 categorie: - Subordinazione - Autonomia - Para-subordinazione Subordinazione Il lavoro subordinato spiega perché vi sia la necessità della tutela —> il lavoro subordinato “chiama” la tutela. C’è un’ asimmetria di poteri tale per cui le due parti del contratto, il datore di lavoro e il lavoratore, che prima di stipulare il contratto si trovano in una situazione di parità formale, dopo la stipulazione si trovano in uno stato di disparità sostanziale. La subordinazione, sottesa dall’art 2096 cc, fa sì che il lavoratore nell’eseguire la sua prestazione lavorativa è sottoposto al potere direttivo, tecnico, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro. Sottoposizione tecnica —> quella a cui è assoggettato il lavoratore Supremazia tecnica —> quella di cui gode il datore di lavoro Tale sottoposizione e supremazia sono circoscritte all’ambito contrattuale e quindi NON riguardano la persona del lavoratore o del datore di lavoro, ma SOLO la prestazione lavorativa. Il diritto del lavoro sia sviluppato con questo scopo: tutelare il lavoratore, considerato contraente debole —> per questo motivo si dice che il diritto del lavoro, seppur abbia una costola in comune col diritto civile, è però un diritto speciale rispetto al comune diritto dei contratti. Quando parliamo di specialità intendiamo questo obiettivo del diritto del lavoro di intervenire unilateralmente a favore del lavoratore —> il diritto del lavoro tende a compensare lo squilibrio dato dalla subordinazione: è una tutela unilaterale (es: statuto dei lavoratori, quando tratta del ddl, prevede per questo solo limiti all’esercizio del potere datoriale, mentre introduce diritti per il lavoratore). La specialità deriva dal fatto che il diritto dei contratti regolamenta determinate situazioni presupponendo la parità tra i contraenti. La nostra materia prevede specificità —> una delle quali è la deroga alla corrispettività: i contratti sinallagmatici hanno una disciplina tale per cui se viene meno una prestazione, anche la controprestazione cade (es: compravendita). Quando manca per esempio la prestazione lavorativa, la controprestazione viene garantita —> io lavoratore malato, il mio datore di lavoro mi paga comunque anche se non lavoro. Pagina di 1 87 Diritto del lavoro SE il rapporto di lavoro è subordinato automaticamente scatta l’applicabilità di tutte le tutele previste per quel rapporto —> QUINDI importante sapere quando sussiste la subordinazione. Per il lavoratore essere considerato subordinato è una garanzia (es: se è subordinato gli si applica il CCNL, ha diritto ai minimi, ha diritto alla proporzionalità della retribuzione, ha diritto alle ferie, ha diritto ai periodi di sospensione, ha diritto al pagamento dei contributi previdenziali, ha diritto all’assicurazione contro gli infortuni). Come si capisce se un rapporto di lavoro è subordinato? Art 2094 cc —> definisce il prestatore di lavoro subordinato. Ma prima del ’42 cosa c’era? Il problema si era posto ben prima dell’emanazione del codice civile, in particolare con la rivoluzione industriale del 1910-1920. Si erano formati i classici due orientamenti: 1. Riconduceva la prestazione di lavoro nello schema della compravendita, che ha alla base questo schema sinallagmatico tale per cui si diceva che il lavoratore cede all’imprenditore le proprie energie lavorative e in cambio riceve un compenso. Questa cessione è una sorta di compravendita —> questa ricostruzione non andava bene perché si diceva che il lavoratore non può mica vendere le sue energie, una parte di se stesso. 2. Orientamento più soft, che riconduce la prestazione lavorativa alla locazione, tale per cui si dice che c’è una semplice messa a disposizione, non una vendita; il lavoratore mette a disposizione le sue energie e il ddl in cambio gli versa un canone, cioè il salario —> impostazione migliore, perché la locazione coglie il profilo della durata (versamento del canone che è sistematico), tiene conto del profilo della durata. Ancora oggi qualche giudice individua la prestazione lavorativa in termini di locatio, ma locatio intesa in due modi: I. Operis = è ricondotta al rapporto di lavoro autonomo —> operis fa riferimento al nome opus, eris: opera, intesa come risultato; il lavoratore si impegna a raggiungere un risultato e per quel risultato viene ricompensato (es: chiamo idraulico a riparare rubinetto, lo pago per il risultato, ovvero la riparazione) II. Operarum = è ricondotta al rapporto di lavoro subordinato —> fa riferimento al nome operae, arum: intesa come energia, come la messa a disposizione delle energie, cioè esattamente quello che fa il lavoratore subordinato. Al lavoratore è corrisposto un compenso per l’attività, non per il risultato raggiunto. La sua attività può essere misurata secondo un criterio temporale —> hai lavorato 3 ore, ti pago 3 ore. A partire dal 1942, entrato in vigore il cc, viene inserito ART 2094: il prestatore di lavoro subordinato è colui che si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando la propria attività manuale o intellettuale, alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. “Si obbliga mediante retribuzione” —> l’onerosità è un elemento costitutivo della fattispecie, NON esiste il lavoro subordinato gratuito. Pagina di 2 87 Diritto del lavoro Il tipo “lavoro subordinato” (Lezione 2. 23 febbraio) La valutazione del giudice in ordine alla natura del rapporto di lavoro è una valutazione fattuale —> è un giudizio di fatto. NON si può ricorrere in cass proponendo una diversa valutazione degli elementi fattuali oggetto dell’indagine, perché è una valutazione discrezionale sul fatto e in Cass non arrivano i fatti —> MA si dice che se si ritiene che il giudice nell’esercitare la sua discrezionalità abbia violato i parametri normativi stabiliti per la valutazione del fatto allora si possa ricorrere. Il giudizio sul fatto è a posteriori: se il rapporto non ha ancora avuto inizio non è possibile valutarne la natura, perché viene valutata la concreta modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Gli indici visti vengono dalla giurisprudenza combinati tra di loro secondo un determinato metodo —> problema del metodo di utilizzazione degli indici da parte dei giudici. Classicamente ci sarebbero due metodi di combinazione degli indici fattuali: I. Metodo cd sussuntivo (mai seguito dai giudici) =la fattispecie concreta (il rapporto di lavoro) venga sussunto nella fattispecie astratta, che è, in materia di subordinazione, l’art 2094 cc —> il 2094 è il modello a cui va ricondotto il rapporto. MA la riconduzione richiede un giudizio di identità: il caso concreto deve presentarsi UGUALE in tutti i suoi elementi, rispetto alla fattispecie astratta —> deve presentare TUTTI gli indici di subordinazione: è più difficile la rappresentazione in termini di subordinazione. Questo metodo infatti è stato proposto prima degli anni ’90, quando la giuri, nei casi dubbi, tendeva a pronunciarsi a favore del lavoratore, mediante presunzione. Si è iniziato a dire, però, che non si poteva presumere, ma che ci volessero tutti gli indici. II. Metodo cd tipologico = es: modella Claudia Schiffer è alta bionda occhi azzurri ed è un tipo o potrebbe costituire un modello; per poter dire che una ragazza è quel tipo noi facciamo un giudizio di approssimazione, mica richiediamo che la ragazza sia uguale a Claudia —> è sufficiente che ci siano tanti e tali indici da far propendere per la qualificazione in termini di approssimazione —> è un giudizio quali-quantitativo. Per appartenere alla subordinazione basta avvicinarsi al tipo —> consente ampia discrezionalità. QUINDI anche se manca qualche indice il giudice può ritenere quelli che ci sono sufficienti a ritenere sussistente la subordinazione. È il metodo usato. Caso Pony Express e dei riders. I pony, così come fino a qualche tempo fa i rider, erano pagati a consegna. Con riferimento ai pony, c’era un orientamento giurisprudenziale compatto che propendeva per l’autonomia del rapporto, poi però nel ’87 uno di questi giovani ha avuto un incidente grave, per poi scoprire di non poter richiedere la rendita INAIL perché non subordinato —> il giovane fa causa contro ddl rivendicando la subordinazione e il tribunale di Milano riconosce la natura subordinata del rapporto, MA nel farlo ha dovuto superare certi problemi. Vediamo gli indici: 1. Inserimento —> i pony erano inseriti nell’attività produttiva? Se intendiamo l’inserimento con il collegamento con la centrale, allora magari sì. Pagina di 5 87 Diritto del lavoro 2. Sottoposizione al potere direttivo —> si diceva che non poteva esserci sottoposizione se il lavoratore era libero di presentarsi o meno a lavoro e questi soggetti non avevano l’obbligo di presentarsi (così come oggi i rider). Questo indice è fondamentale ed è questo che dava i maggiori problemi infatti. 3. Vincolo di orario —> liberi di presentarsi quando volevano quindi no 4. Assenza del rischio —> assenza di rischio in capo alla centrale, perché la centrale aveva negato la propria responsabilità in ordine all’infortunio, il rischio era in capo al lavoratore. 5. Retribuzione —> a risultato, non a tempo 6. Mezzo di produzione —> motorino/bici di proprietà del pony. QUINDI a parte l’inserimento, gli altri indici mancavano. MA si giudica in concreto il rapporto di lavoro, non astrattamente la figura del pony —> devo ricostruire il fatto. In considerazione di ciò, c’è stato solo il caso del tribunale di Milano dove il soggetto è stato riconosciuto subordinato, negli altri casi i soggetti venivano qualificati come autonomi. Oggi con i riders sembrava si potesse riproporre lo stesso tipo di valutazione, tanto che la prima sentenza pronunciatasi su essi è quella del tribunale di Torino, che ha negato la subordinazione, sulla base dell’elemento dell’assenza di un obbligo di presenza, che è un elemento fondamentale —> perché i riders sono liberi di non presentarsi e possono scegliere quando farlo. Indisponibilità del tipo = nessuno può definire A PRIORI un rapporto di lavoro come autonomo piuttosto che subordinato —> lo si può definire a posteriori. Questa regola vale anche per il legislatore. Es: legislatore emana legge sulle comunità montane, ma nell’ambito di questa legge egli aveva qualificato i dipendenti delle comunità montane come lavoratori autonomi. Come faceva il legislatore a dire ciò a priori? Non poteva, perché violava tale principio. Interviene corte cost infatti, che sancisce l’incostituzionalità della legge. Dlgs 81/2015 fa parte del cd Jobs Act ed è oggi considerata la bibbia in materia di tipologie flessibili di rapporto di lavoro. In questo decreto c’è anche molto importante l’ ART 3, che modifica il 2103 cc in materia di mansioni. Tribunale di Torino (sentenza foodora) argomenta dicendo che non si poteva qualificare come lavoro subordinato la prestazione dei riders poiché mancava l’etero-direzione, che mancava perché c’era la libertà del soggetto di scegliere se e quando presentarsi a lavoro. La sentenza è stata poi impugnata innanzi alla cda di Torino, la quale dichiara che non si possono qualificare come subordinati i riders, poiché manca l’etero-direzione, MA nemmeno come autonomi —> cda applica ART 2 dlgs 81/2015, che sancisce un altro concetto: etero-organizzazione = se il lavoratore ha un rapporto di collaborazione continuativa, ma se risulta che questa è etero-organizzata, ovvero rientra in una organizzazione nella quale quel soggetto NON ha alcun potere e rispetto alla quale deve soggiacere, più che coordinarsi, allora si dice che quel rapporto è etero-organizzata e in quanto tale, anche se NON è etero-diretta, le si applica la disciplina del lavoro subordinato. Pagina di 6 87 Diritto del lavoro A questo punto è come se il legislatore imponesse l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato a rapporti che non sono subordinati, perché sarebbero etero-organizzati —> è una via di mezzo. La cda in realtà l’unica cosa che ha fatto è stata applicare i minimi del CCNL, ma quale CCNL? I riders non lo hanno —> hanno preso il CCNL trasporto e logistica. La cda si è dovuta anche inventare il livello di inquadramento, prendendo in considerazione l’inquadramento dei fattorini del CCNL trasporto e logistica. Questa sentenza è stata impugnata di fronte alla corte di cassazione, che ha confermato la sentenza della corte d’appello, applicando questa nuova terza via. Si tratta di collaboratori coordinati e continuativi, etero-organizzati. Sentenza Tribunale di Torino (non quella di Foodora) invece propende per la subordinazione. MA quindi quale CCNL gli si applica? Quello trasporto e logistica. L’ultima parola in tema di subordinazione, quindi, spetta al giudice —> in particolare alla Cass, che può giudicare anche se si tratta di un giudizio sul fatto, perché si passa dalla violazione del 2094. Questa situazione, che persiste ancora oggi, ha portato, soprattuto negli anni ’80, fino all’inizio degli anni ’90, ad un allargamento dell’area del lavoro subordinato. Area grigia: sta tra la subordinazione e l’autonomia —> quando i giudici, facendo uso del metodo tipologico e della loro grande discrezionalità hanno iniziato a riconoscere la subordinazione è successo che gran parte di quest’area grigia è entrata nell’area del rapporto subordinato. Per porre rimedio a tale eccessivo allargamento si sono espressi i sostenitori del metodo sussuntivo, dicendo di cambiare metodo, perché lasciando i giudizi tipologico questo chiaramente prevedeva un allargamento eccessivo. Parte della giuri si è espressa, volendo comunque filtrare quest’area, facendo in modo che non tutte le ipotesi grigie andassero a finire nell’area del rapporto subordinato —> la giuri ha “recuperato” un indice, che però opera in via residuale, il quale, nei casi dubbi, dovrebbe servire a indirizzare la valutazione sulla natura del rapporto. Nei casi dubbi si deve valutare l’esistenza di questo indice, che è il cd “nomen iuris”, che non è altro che la qualificazione del lavoro operata dalle parti del contratto al momento dell’assunzione. Non è un vero indice, perché NON ha rilievo quando è smentito dalle concrete modalità di svolgimento del rapporto —> quindi quando il giudice arriva ad un punto cieco nella valutazione del rapporto, perché non è chiaro cosa esso sia, invece di dare per scontato che il rapporto è subordinato, il giudice dovrà recuperare il contratto, ovvero il nomen iuris e vedere cosa avevano deciso per parti —> residualmente rileva la volontà negoziale. A seguir questo nuovo orientamento (che oggi sembra essersi spento), il nomen iuris ha preso il posto della presunzione di subordinazione utilizzata dai giudici nei casi dubbi. 29 Febbraio (assente Fiorella) Pagina di 7 87 Diritto del lavoro un risultato. Il progetto era richiesto come prova dell’effettiva genuinità del co.co.co.pro. Il co.co.co.pro si può trasformare in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato nel caso in cui si abbiano queste situazioni: I. Progetto mancante (non indicato nel contratto) II. Progetto c’è ma si rileva una mera attività;  III. Progetto indicato, anche bene in termini di risultato ma, nei fatti, viene smentito perché attività totalmente diversa. Biagi quando ha fatto la riforma, voleva realizzare un meta-progetto cioè quello di introdurre uno Statuto dei lavori, che nulla ha a che vedere con quello dei lavoratori. Voleva essere una forma di regolazione delle 3 diverse fattispecie di lavori tali per cui si partiva dal lavoro autonomo, salendo al parasubordinato per concludere con la subordinazione. Adesso è molto più frammentato. Secondo questo progetto, tutti i tipi di lavoro, dovevano avere un minimum di tutela.  Jobs Act (2015) Renzi, consapevole che la disciplina del lavoro a progetto non piaceva alle imprese, decide di ELIMINARE la disciplina e, al suo posto, ha previsto le co.co.co. dell’art 2. Le nuove cococo sono quelle che si volevano prima del lavoro a progetto. Oggi manca il progetto, il minimo di disciplina ma c’è solo l’art 2. L’idea era: facciamo tornare le co.co.co ad essere una fattispecie di flessibilità. Il rischio era che venissero utilizzate indistintamente e senza regolazione. Renzi si pone lo scrupolo e perciò introduce il concetto di ETERO-ORGANIZZAZIONE. Se l’art 2094 cc prevede l’etero-direzione, l’art 2 prevede l’etero-organizzazione e la co.co.co non etero-organizzata, prevede il coordinamento: I. Eterodirezione = subordinazione II. Coordinamento = co.co.co genuina III. Etero-organizzazione = co.co.co etero-organizzata, cioè organizzata dal committente. Nella prima versione dell’art 2 si diceva che le co.co.co che risultano etero- organizzate dal committente, anche in relazione ai tempi ed al luogo di lavoro, sono soggette alla disciplina del lavoro subordinato. L’etero-organizzazione, secondo Renzi, dovrebbe nascere per evitare le operazioni fraudolente.  Per quanto riguarda il luogo di lavoro, se il co.co.co dentro l'impresa ha una sua postazione, un computer ed uno smartphone fornito e pagato dall’impresa, in quel caso si ha l’inserimento nell’impresa che è uno degli indici della subordinazione. Quindi il legislatore voleva semplificare l’etero-organizzazione e un po’ l’ha fatto perché, quando si sono dovuti pronunciare sui riders, i giudici hanno detto che erano inseriti in un'organizzazione che era data dalla piattaforma digitale. Ciò era sufficiente per rilevare l’etero-organizzazione. Pagina di 10 87 Diritto del lavoro Art 2 dlgs 81/2015 (Lezione 4. 7 marzo) La co.co.co è autonoma, non le si applicano le discipline laburistiche, salvo quella previdenziale e quella processualistica speciale, perché in caso di controversie si applica il processo del lavoro —> art 409 ss cpc. L’etero-organizzazione è facile da provare, basta essere inserito in un’organizzazione che costituisce il contesto della mia prestazione (es: rider) —> se manca siamo di fronte a lavoro autonomo, se questo magari ha un vincolo di durata e un coordinamento, allora lì il coordinamento non è espressione del potere del committente, ma è un potere avente natura bilaterale, perché le due parti in posizione di parità si mettono d’accordo sui modi di esecuzione della prestazione. Etero-direzione —> art 2094 cc Etero-organizzazione —> art 2 dlgs 81/2015 Coordinamento —> art 409 cpc Lavoro autonomo (contratto d’opera) —> art 2222 cc Art 2 dlgs 81/2015 è una norma che non si pronuncia sulla fattispecie, dice che chi è etero-organizzato (anche se non è subordinato) è soggetto alla disciplina del rapporto subordinato. 3 posizioni (si va dalla meno credibile alla più credibile): I. Sostiene che è l’art 2 è una norma di fattispecie: perché da un modello cui fa seguire una determinata disciplina; per essere di fattispecie dovremmo dire o che è una norma che allarga l’art 2094 cc o che è lo ha sostenuto la Cass sentenza 2020 sui rider (anche se non ha sposato questa teoria) che dice che potrebbe essere un tertium genus, cioè una fattispecie che sta a metà tra autonomia e subordinazione —> MA se prendo gli etero-diretti e i lavoratori autonomi, allora le co.co.co sarebbero un quarto genere. Questa spiegazione non ha avuto seguito. II. Seconda int sostiene che l’art 2 è una norma di disciplina: perché il legislatore ha voluto introdurre un’altra fattispecie oltre a quelle che ci sono già? Ha previsto che le co.co.co che restano, se genuine, para-subordinate e nel caso in cui siano etero-organizzate allora, senza che nessuno si debba pronunciare su cosa sono, sono sempre co.co.co e si applica la disciplina del lavoro subordinato, senza bisogno di qualificarle. Interpretazione che fa acqua perché per dire che uno è etero-organizzato, ci vorrebbe un minimo di qualificazione. Questa seconda lettura è stata adottata dalla Cass quando ha detto che i rider non potevano essere considerati subordinati, poiché mancava l’obbligo di presenza, ma erano etero-organizzati, in quanto funzionalmente inseriti nell’organizzazione del lavoro dalla piattaforma. III. Terza int del nostro manuale dice che è una norma apparente, cioè né di fattispecie né di disciplina: apparente perché è impensabile che una norma sia solo di disciplina quando ti chiede di verificare e provare che ci sia l’etero- Pagina di 11 87 Diritto del lavoro organizzazione e in ogni caso l’etero-organizzazione non è altro che l’etero- direzione, perché la giuri, almeno finché non è arrivato l’art 2, non ha mai distinto tra etero-direzione e etero-organizzazione. Infatti, uno degli indici di subordinazione è l’inserimento del prestatore di lavoro nell’organizzazione produttiva del committente e l’inserimento è chiaro che è l’etero- organizzazione. Poi è arrivato l’art 2 e ha cominciato ad essere utile dire che in certi casi, se non si arriva alla subordinazione, diciamo che sono etero- organizzati, tanto gli si applica lo stesso la disciplina del lavoro subordinato. A questo punto quando un giudice è coinvolto nella questione dell’accertamento della subordinazione ha a disposizione l’art 2094 cc e l’art 2 dlgs 81/2015 e la norma sulle co.co.co genuine. Se un lavoratore vuole la tutela come lavoratore subordinato, cosa può fare? Cercare di dimostrare la sussistenza degli indici del 2094, quindi l’etero-direzione; oggi i lavoratori hanno optato, se non si fosse avuto il 2094, per chiedere in subordine l’art 2 —> così hanno fatto i riders, Tribunale di Torino (2018) nella motivazione si era pronunciato per l’autonomia del rapporto, dicendo che non c’era la subordinazione e nemmeno l’etero-direzione; poi la Corte d’Appello (febbraio 2019) dice che non c’è la subordinazione, ma accoglie la domanda in subordine e quindi la richiesta di riconoscimento dell’etero-organizzazione e finisce per dire che si applica lo stesso la disciplina del lavoro subordinato —> questione fa scalpore e sui giornali si dice “i riders hanno la subordinazione!”, eh no, hanno la disciplina della subordinazione, perché etero-organizzati. Cass (2020) passa in rassegna il tutto e poi conferma la corte d’appello. Va bene applicare la disciplina del lavoro subordinato, perché la norma lo esplicita, ma quale disciplina del lavoro subordinato? Inquadramento, orario di lavoro, retribuzione, disciplina sul licenziamento, sugli infortuni ecc… La Cass ha ignorato il problema, anche perché la domanda dei lavoratori riguardava il solo trattamento retributivo —> si intendevano i minimi, che sono una piccola parte della retribuzione e soprattutto del contratto collettivo. Se questi lavoratori sono sottoposti alla disciplina del lavoro subordinato allora devono avere lo stesso orario di lavoro degli altri ecc…Quindi il problema è: quale disciplina del lavoro subordinato si applica? Sia Cda che Cass hanno detto anche quanti minimi, cioè che contratto collettivo si applicava ai riders: c’erano quelli dei settori affini e in particolare hanno fatto riferimento a logistica e trasporto, il cui sistema di inquadramento prevede proprio i fattorini, cioè coloro che si occupano di trasporti da un posto all’altro. Il contratto collettivo da applicare si individua sulla base dell’attività esercitata dal datore di lavoro (trasporti). Nel 2020 i riders, ovvero Asso Delivery, che è l’associazione delle piattaforme dei riders, e i riders stessi rappresentati solo dalla UGL, hanno assicurato un contratto collettivo specifico solo per i riders —> contratto che non è piaciuto a nessuno. Pagina di 12 87 Diritto del lavoro Presunzioni di non subordinazione e lavoro agile (Lezione 5. 8 marzo) III. Lavoro dei religiosi = se il religioso presta la sua attività per la comunità cui appartiene, sfuma l’alterità degli interessi, necessaria x la subordinazione; MA se il religioso fosse coinvolto, avesse un contratto anche occasionale o di co.co.co. con un’emittente radio che non ha nulla a che fare con la comunità, si può configurare un rapporto di lavoro, perché quello che va provato con la subordinazione è la contrapposizione dell’interesse. IV. Volontariato e praticantato = fuori dall’ambito del diritto di lavoro —> infatti la prestazione del volontario è gratuita. Una volta c’era l. quadro ‘91 sul volontariato, ma è stata abrogata dalla riforma della normativa del cd. terzo settore (dlgs 117/2017). Il volontario è soggetto che presta la sua attività in maniera del tutto spontanea e gratuita: “in maniera spontanea” si dovrebbe concludere nel senso dell’insistenza di un contratto —> in ogni caso non sarebbe un contratto di lavoro. NON è detto: casi di volontari che avevano prestato la loro attività ed hanno chiesto riconoscimento della subordinazione perché tutto è possibile. Dlgs prevede a favore di chi presta la propria opera come volontario undiritto ai rimborsi spese riconosciuti dall’ente e anche il diritto ad essere assicurato contro gli infortuni —> oggi si tende a riconoscere a tutti, anche agli autonomi e a chi non ha un rapporto di lavoro, ma alternativo, la normativa anti-infortunistica (dovrebbe essere sempre applicata a prescindere dalla qualificazione del rapporto). LAVORO AGILE (smart working) Artt 18 a 23 l. 81/2017: NON è una vera e propria fattispecie, ma una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa subordinata —> è un modo di prestare la propria attività subordinata. Il lavoratore agile è un lavoratore subordinato, perché il legislatore lo ha configurato cosi. Si tratta di una modalità di lavoro resa in parte all'interno dell'impresa, in parte all’esterno, che ha una sua finalità. Creata nel 2017 con la finalità di facilitare la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. Es: mamma di famiglia ha possibilità alcuni gg della settimana di lavorare da casa. La prestazione NON deve essere tutta in smart, ma in parte e in parte —> per distinguere il lavoro agile dal telelavoro (solo nel pubblico impiego e che prevede anch’esso l'utilizzo di strumenti informatici e una prestazione di lavoro da casa o comunque in locali esterni all’azienda), perché questo è svolto TUTTO fuori dai locali dell'azienda. Art 18 prevede che la prestazione venga svolta in parte all'interno di locali aziendali, in parte all'esterno, senza una postazione fissa. Es: se Tizio decide di lavorare in montagna lo può fare. Pagina di 15 87 Diritto del lavoro N.B: esterno significa fuori da tutto quello che è impresa —> NON puoi uscire e andare in un’altra sede dell’azienda. Altri elementi costitutivi del modello di cui all’art 18: - Gli strumenti utilizzati per questo tipo di prestazione sono strumenti tecnologici (smartphone, computer…). - Flessibilità in relazione ai tempi di lavoro: la caratteristica della prestazione di lavoro subordinato è proprio quella di essere misurata in base al tempo che si lavora: lavoratore subordinato viene retribuito a tempo, non a risultato —> essendo nel lavoro subordinato non può venir meno il riferimento alla strutturalità dell'orario di lavoro —> l'orario di lavoro resta lo stesso, ma è la distribuzione di quell'orario che può essere flessibile. Es: lavoratore deve rendersi disponibile per 8 ore, se è da casa potrà cominciare alle 10 e finire alle 19 (8 ore + 1 di pausa). Attenzione: è essenziale per il ricorso al lavoro agile la stipulazione di un accordo individuale tra ddl e lavoratore. Questo accordo NON è il contratto di lavoro da cui nasce il rapporto. In questo accordo c'è anche la determinazione di quanta libertà può avere il lavoratore nel cambiare luogo. Questo perché il ddl continua ad essere responsabile della salute e sicurezza —> es: se io vado a farmi la mia prestazione di lavoro agile su in montagna camminando sull'orlo di un baratro, in quel caso il ddl, che resta sempre responsabile di quel che capita al lavoratore vorrà porre dei confini. Accordo sulle modalità di lavoro agile —> art 19: l'accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della prova (forma scritta ad probationem) e disciplina l'esecuzione dell'attività lavorativa all'esterno (N.B quella svolta all'interno è già disciplinata dal contratto con cui è nato il rapporto). Poi c'è una peculiarità notevole: le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che vengono concordate coinvolgono anche le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro. Potere direttivo = potere ddl, in quanto dal pdv contrattuale, visto che c'è la disparità della subordinazione, il ddl riveste una posizione di supremazia tecnica, che si esprime attraverso il potere direttivo. Diverse forme del potere direttivo: I. Potere di conformazione = potere di impartire ordini e direttive per l’esecuzione della prestazione lavorativa. Lavoratore subordinato mette a disposizione le proprie energie, il datore dà ordine su come dare forma a tali energie —> il lavoratore ha il dovere di obbedienza. È uno dei cd obblighi accessori: obbedienza, diligenza e fedeltà. Mentre l’obbligo principale è quello di prestare la propria attività. II. Ius variandi = potere di mutare le mansioni del dipendente o il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa —> se il lavoratore passa un anno in azienda e viene spostato in un’altra sede, sta eseguendo gli ordini. Pagina di 16 87 Diritto del lavoro III. Potere di controllo = se c’è subordinazione, il ddl può controllare l’attività lavorativa durante il suo svolgimento. IV. Potere disciplinare = esiste SOLO nel lavoro subordinato —> è la possibilità del ddl di reagire con una sanzione nei casi di inadempimento del lavoratore. Tutte queste manifestazione del potere direttivo hanno una caratteristica in comune —> il loro esercizio è perfettamente unilaterale: non è MAI richiesto il consenso del prestatore di lavoro. Ciò NON significa che i contratti collettivi quando cercano di migliorare a favore del lavoratore la disciplina possano introdurre elementi di consensualizzazione. Es: il trasferimento del lavoratore —> attraverso l’utilizzo dello ius variandi, il ddl potrebbe dire: “domani non lavori qui, ma a 3 km di distanza, perché qui non ho più bisogno delle tue mansioni, mentre là mi sei utile”; la legge garantisce questo. L’atto di trasferimento NON è necessario sia accettato dal lavoratore, perché è unilaterale. Come fanno i contratti collettivi a consensualizzare? Possono sempre derogare in mejus, quindi ad esempio inseriscono disposizioni secondo le quali se il trasferimento avviene oltre 50km di distanza, il ddl dovrà fare un’indagine per capire se ci sono dei volontari. QUINDI se l’esercizio del potere direttivo è strutturalmente unilaterale, perché quando il lavoratore chiede di stipulare l’accordo per lavorare da casa per il lavoro agile le parti concordano le modalità di esercizio del potere direttivo? La dottrina ha sollevato un dibattito —> qualcuno ha parlato di soggettivizzazione dell’esercizio del potere direttivo, nel senso che si riconduce al contratto individuale qualcosa che prima era risultata compatibile con la richiesta di un consenso. Secondo Fiorella è chiaro che il potere direttivo non perde la sua natura (resta unilaterale), ma quello che è richiesto è di specificare, ad esempio, la presenza del lavoratore e questo può essere concordato con il lavoratore. Se il datore dice “io voglio controllare la tua presenza al lavoro, cosa preferisci? Una telefonata o un messaggio o controllo se sei collegato passando dal server?” In questo modo il lavoratore può organizzarsi. É un’indicazione di carattere pratico che non incide per nulla sulla configurazione tradizionale del nostro potere direttivo —> non c’è soggettivizzazione, ma un mettersi d’accordo per rendere più praticabile un esercizio che altrimenti sarebbe più difficile. Qualcuno potrebbe dire “installiamo una telecamera” —> attenti, ci sono delle fonti, nello Statuto dei Lavoratori, che limitano determinate forme di controllo da parte del ddl. Lo Statuto parla dell’installazione di impianti audiovisivi, con la finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori —> MA questa installazione può avvenire solo ad alcune condizioni: es che ci sia un accordo sindacale che consenta l’installazione di questi strumenti. Il lavoro agile è stato valorizzato durante il covid. L’accordo individuale è indispensabile per il lavoro agile —> ddl e lavoratore devono concordare tra loro elementi importanti per lo svolgimento di tale attività, mentre durante il covid la Pagina di 17 87 Diritto del lavoro Il vincolo di forma ci indica che il contratto NON ha la forma standard, cioè quella del contratto a tempo pieno ed indeterminato —> IN QUESTO CASO il contratto può anche essere stipulato in forma orale. N.B: ciò NON vale anche nel settore pubblico, ma comunque il contratto è quasi sempre stipulato in forma scritta, perché semplifica la vita ad entrambe le parti. Il vantaggio più grande è del lavoratore —> egli senza documento NON è in grado di dimostrare la sussistenza del rapporto (potrebbe usare una prova testimoniale, o un’esibizione della busta paga, ma non sarebbe in grado di dimostrare che il rapporto di lavoro sussiste). QUINDI il principio di libertà della forma serve a favorire il lavoratore sul piano probatorio: perché anche senza il documento, si può dimostrare che il rapporto di lavoro c’è stato, e che quindi sono maturati a proprio favore determinati diritti. Clausola col termine è richiesta a forma scritta ab substantiam —> ratio: favorire il lavoratore, perché se il suo contratto non ha la clausola di scadenza del termine perché il ddl si è dimenticato di inserirla, il lavoratore può dire che il contratto è a tempo indeterminato. È il ddl che ha interesse che ci sia la clausola scritta col termine. É sempre prevista la forma scritta per le tipologie peculiari o flessibili —> in assenza di forma scritta quando questa è richiesta ab substantiam, si ricade nella fattispecie di lavoro a tempo indeterminato. A inizio secolo, subito dopo l’emanazione del cc, ci fu chi sostenne la tesi “acontrattualistica” o “istituzionistica” del rapporto di lavoro: rapporto nasceva non dal contratto, ma dal fatto materiale dell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione produttiva del ddl: si presentava in sede, usava le attrezzature, le materie prime... Il contratto si ritiene essere uno strumento che consente la definizione dei confini dei rapporti; viene difficile dare dei confini al comportamento del lavoratore —> QUINDI quando il ddl può dire che un lavoratore è inadempiente? Quali sono le mansioni del lavoratore? Proprio le mansioni vengono indicate nel contratto, perché sono un elemento essenziale dello stesso: rappresentano l’oggetto dell’obbligazione del lavoratore. Il fatto che esista un contratto va a tutela del lavoratore, perché il lavoratore è vincolato esattamente per quanto è indicato nel contratto. Es: ancora oggi ci chiediamo se il ddl può chiedere al lavoratore un comportamento conforme dal pdv dell’abbigliamento —> dipende dal tipo di prestazione, alcune richiedono una conformità in tema di abbigliamento, ma se questa non risulta dal contratto, non può essere intentata verso il lavoratore. Pagina di 20 87 Diritto del lavoro Si diceva che scaturisse anche un obbligo di fedeltà dal contratto di lavoro, imprecisato nel suo contenuto, che il ddl poteva riempire come preferiva —> NO, nel nostro ordinamento il contratto è la fonte essenziale del rapporto, ed anche il suo limite: individua l’obbligazione, ponendo i confini ed i limiti alle richieste del ddl. Ecco perché noi aderiamo alla teoria contrattualistica. Ma come è possibile eventualmente accertare l’esistenza di un contratto di lavoro in assenza di un documento scritto? Accordo: incontro di due manifestazioni di volontà (datore e lavoratore), che possono essere esplicite (se sono scritte) o implicite (ed è qui che il giuslavorista può fare ricorso al comportamento concludente). Cos’è il comportamento concludente? Se un lavoratore si lega nell’impresa presta la sua attività, utilizza le attrezzature che gli vengono messe a disposizione, esegue gli ordini del datore; anche la retribuzione è un comportamento concludente, sulla base del quale possiamo dire che anche il ddl accetta —> e allora c’è un contratto, deducibile da manifestazioni del tutto implicite di volontà. Elementi essenziali e speciali del contratto —> essenziali: - Accordo - Oggetto - Causa - Forma —> nei modi previsti dalla legge. I. ACCORDO Essendo l’accordo dato dall’incontro di due manifestazioni di volontà, queste devono essere valide —> x ddl non ci sono regole particolari, se non quelle generali, cioè la maggiore età. Per il lavoratore minore c'è la capacità giuridica speciale —> legge sul lavoro dei minori (l. 877/1967) prescrive il momento di acquisto della cd capacità giuridica speciale al compimento del quindicesimo anno d’età, se il minore ha adempiuto all’obbligo scolastico [capacità giuridica speciale: capacità di essere parte di un rapporto di lavoro (essere retribuito, avere dei compiti)]. Man mano che si alza il limite dell’obbligo scolastico, che dovrebbe arrivare fino a 18 o 16, si alza anche per connessione il momento di acquisizione della capacità giuridica speciale: perché si fa davvero riferimento all’aver adempiuto all’obbligo scolastico. Questa legge può anche prevedere che il limite di 15 anni sia superiore, quando il tipo di lavoro è particolarmente pericoloso: ci possono essere delle indicazioni specifiche; o inferiore, in particolari settori: pubblicità e arte. Quando i bambini fanno pubblicità che tipo di rapporto giuridico hanno? Siamo nel settore artistico e pubblicitario —> si può abbassare il limite, MA sono necessarie: - Consenso ad esercitare una parte sul minore e l’altra sui genitori - Specifica autorizzazione da parte dell’ispettorato del lavoro. Pagina di 21 87 Diritto del lavoro Capacità di agire: capacità di essere parte di un rapporto di lavoro. Art 2 cc: il momento dell’acquisizione della maggiore età è fissato al compimento del diciottesimo anno di età. Sono fatte salve le leggi che fissano una diversa età in materia di capacità a prestare il proprio lavoro. Quando il minore acquisisce la capacità giuridica speciale è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che derivano dal contratto di lavoro —> QUESTA è la capacità di agire: di stipulare un contratto, di stare davanti al giudice, di esercitare i diritti e le azioni, come dice la norma. Art 2 è stato interpretato in due modi: I. Prima corrente dottrinale riteneva che il minore, che avesse acquisito la capacità giuridica speciale e fosse parte di un rapporto di lavoro, fosse abilitato ad esercitare i diritti e le azioni, come stare davanti al giudice, rivendicando il suo diritto; MA visto che la norma nulla dice sulla capacità di stipulare un contratto di lavoro, il contratto di lavoro deve essere assicurato dai genitori. II. Seconda corrente (nostra): la norma non menziona espressamente la capacità di stipulare il contratto di lavoro, ma dice che il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni —> si ritiene che il minore, nel momento in cui acquisisce la capacità giuridica speciale e diventa parte di un rapporto di lavoro, acquisisce anche la capacità di agire limitatamente al suo rapporto di lavoro. Il lavoro minorile è visto con sfavore dal nostro ordinamento e da quello comunitario —> INFATTI c’è l’apprendistato: oltre il professionalizzante, c'è anche quello per l’acquisizione dell’istruzione, riservato proprio ai minori. L'idea è quella di canalizzare le prestazioni dei minori verso figure o tipologie contrattuali che consentano loro sia di lavorare ma anche e soprattutto di acquisire un’istruzione. Tra l’altro la legislazione scolastica sta innalzando l'età dell’obbligo, quindi è chiaro che quando l’obbligo scolastico arriverà a 18 anni, non ci sarà più spazio per il lavoro minorile —> questa disposizione aveva altro significato quando la maggiore età veniva acquisita al compimento dei 21 anni: la norma sui diciotto è del 1975, ma prima del 1975 nel codice civile c'era scritto 21 anni. II. CAUSA É la funzione economico-sociale svolta da quel contatto all’interno dell’ordinamento —> NON è il motivo. É l'elemento che consente di qualificare il contratto stesso, infatti è uguale per tutti i contratti che appartengono allo stesso tipo. Es: compravendita ha come causa il consentire lo scambio tra trasferimento di proprietà e versamento del prezzo. La causa descrive il contratto. Qual’è la causa del contratto di lavoro? É lo scambio tra l’attività lavorativa e la retribuzione (attività lavorativa vs retribuzione) —> è sinallagmatico: a prestazioni corrispettive (due obbligazioni che si intrecciano). Pagina di 22 87 Diritto del lavoro L’eccezione riguarda tutti i contratti che NON sono “standard”. I patti devono essere stipulati per iscritto, ab substantiam —> patto di prova e il patto di non concorrenza. Nel dlgs 152/1997 è previsto che entro 30gg dall’assunzione del lavoratore, sia nel settore pubblico che nel settore privato, il ddl abbia l’obbligo di comunicargli per iscritto i cd elementi o condizioni essenziali del rapporto di lavoro: sede, l’azienda, l’orario, il livello di inquadramento, il tipo di contratto, il min. retributivo di riferimento, la durata delle ferie ecc… Questi sono gli elementi o le condizioni che caratterizzano il rapporto di lavoro —> ratio: normativa ue prevedeva che il lavoratore dovesse essere reso edotto, conoscere le caratteristiche del proprio rapporto. Allora, arriva il nostro dlgs 152/1997 che dice: “il ddl manda una comunicazione scritta al lavoratore in cui è tutto bello reso chiaro per iscritto”. In caso di inadempimento del ddl scatta una sanzione di carattere amministrativo. N.B NON È UN OBBLIGO DI FORMA MA È UN OBBLIGO DI INFORMAZIONE Le imprese dissero: “già facciamo il contratto per iscritto, dobbiamo fare pure questa lettera?” —> subentra il discorso della facilitazione, le imprese a questo punto preferiscono stipulare il contratto per iscritto e inserirvi gli elementi indicati nel decreto. Qualche impresa ha detto “io consegno il contratto collettivo ai lavoratori e bom” —> NO: è vero che si fa riferimento alla disciplina contrattuale per fornire tutte queste informazioni al lavoratore, ma queste devono essere sostanziali. Es: gli si dovrà dire livello di inquadramento suo. Comunque, quello che deve essere chiaro è che questa normativa non ha minimamente inciso sul principio di libertà della forma, x cui il lavoratore è sempre libero di dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro. Pagina di 25 87 Diritto del lavoro Contratto individuale di lavoro e patto di prova (Lezione 7. 15 marzo) Cosa succede se il rapporto di lavoro nasce da un contratto invalido? Dovremmo ritenere che non c’è rapporto —> art 2126 cc “prestazioni di fatto” = la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi da illiceità della causa o dell’oggetto. La norma regolamenta le situazioni in cui si è avuto un rapporto di lavoro ma si è scoperto che il contratto era nullo o annullabile —> il rigore giuridico esige che quel rapporto si consideri come non esistente. Rapporto e contratto devono sempre andare insieme, non possono essere separati. La norma serve a stabile le conseguenze quando vi è stata una prestazione di lavoro, sulla base di un contratto che poi si è rivelato nullo o annullabile. “Non producono effetto…esecuzione” —> es: giornalista svolge questo lavoro senza avere qualifica, ma egli ha lavorato sei mesi. La norma serve a disciplinare quei sei mesi di attività —> è una norma retrospettiva, a favore del lavoratore: per quel periodo il lavoratore matura i suoi diritti, come se avesse avuto un rapporto di lavoro, anche se in realtà non c’è mai stato. La norma disciplina le conseguenze di fatto che scaturiscono da un contratto invalido. “Salvo che…” —> qui la norma azzera la disciplina più favorevole, nel caso in cui l’invalidità derivi da un’illiceità pesante, ovvero quella dell’oggetto e della causa, allora anche quei sei mesi non sei mesi non si considereranno lavorati. Cos’è l’illiceità della causa e dell’oggetto? Illiceità della causa: la causa del contratto è lo scambio prestazione-retribuzione, quindi di fatto non esiste. Illiceità dell’oggetto —> es: soggetto che svolge attività di contrabbando. Se un soggetto svolge per sei mesi un’attività illecita, quello potrebbe dire che è vero, il contratto è invalido, ma che ha diritto ad essere retribuito. A quel punto si applica la seconda parte del 2126, dato che siamo in un’illiceità grave, essendo contrario all’oggetto, il soggetto non può rivendicare nulla. Tutto dipende dal modo in cui i giudici applicano la norma. Es: autista che guida senza patente. Che illiceità è? I giudici, per poter applicare il più possibile la norma a favore del lavoratore, hanno inteso la illiceità che neutralizza la norma come un’illiceità che NON deve scaturire solo dalla contrapposizione a norme di carattere amministrativo, ma come un’illiceità scaturente da un “contrasto con principi etici fondamentali dell’ordinamento giuridico”. Guidare senza patente è un contrasto con un principio etico fondamentale? Se il giudice ritiene di sì, azzera la norma e quei sei mesi non saranno riconosciuti, altrimenti applica la norma. Pagina di 26 87 Diritto del lavoro C’è anche un comma 2 = quando l’illiceità deriva dalla violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, allora si applica comunque il regime speciale di cui al primo comma. Es: prestazione di lavoro di un minore che non è stato autorizzato dall’ispettorato del lavoro, che è stato magari sfruttato —> a quel punto è chiaro che l’oggetto di quel contratto di lavoro è gravemente illecito. Allora bisognerebbe ritenere che il contratto sia nullo, MA in questo caso la norma violata è a favore del prestatore stesso, quindi anche in caso di gravissima illiceità, se quel soggetto ha lavorato sei mesi, allora avrà comunque diritto alla retribuzione e a quanto previsto dal contratto collettivo per la prestazione eseguita in quel lasso di tempo. Il 2126 è stato usato dai contrari alla teoria contrattualistica, che dicevano “se si applica lo stesso la retribuzione, allora non serve il contratto”. NO, il 2126 conferma la contrattualità del rapporto, perché conferma che senza un contratto valido il rapporto di lavoro non può esistere. Il 2126 tende a proteggere il lavoratore, per quel periodo lavorato: per questo è retrospettiva. Elementi accidentali del contratto di lavoro Sono elementi non essenziali, ovvero possono esserci o non esserci: la loro assenza non inficia la validità del contratto di lavoro: - Modo = non esiste nel diritto del lavoro —> è quell’onere di cui viene gravato un soggetto quando viene beneficiato da un atto gratuito. Es: regalo a mio nipote una villa in montagna, effettuo un atto gratuito, cioè la donazione e inserisco questa clausola chiamata modo nella quale gli chiedo di curare il mio cane per tutta la sua vita. In quanto elemento accessorio di un atto gratuito e non esistendo nel contratto di lavoro la gratuità, allora il modo non esiste. - Termine = il contratto di lavoro può essere a tempo indeterminato o determinato, in questo caso deve essere posta per iscritto ab substantiam la clausola con l’indicazione del termine e se questa non è inserita per iscritto il termine si dà per non apposto e il contratto rilavoro viene considerato a tempo indeterminato. Il termine è quell’elemento che deve essere certo nel se e nel quando. Es: il termine determinato è il più facile da individuare (es: il contratto scade il 4/03/2023); il termine indeterminato si ha quando nel contratto si fa riferimento ad un evento futuro, certo nel suo accadere, ma incerto nel quando. - Condizione = differisce dal termine perché è incerta nel suo accadere, nel suo se. Quindi un contratto di lavoro può essere condizionato? Sì, anche se nel diritto del lavoro non si parla di condizione, ma di patto di prova, che assorbe nel diritto del lavoro la condizione. Il patto di prova è quel patto che può essere, ma anche non essere, inserito nel contratto di lavoro, al positivo superamento del quale risulta condizionato il rapporto di lavoro stesso, nella sua prosecuzione come rapporto definitivo. Chiaramente viene posto a lavori a tempo determinato. Pagina di 27 87 Diritto del lavoro Patto di prova e contratto a termine (Lezione 8. 21 marzo) Attenzione alle mansioni, perché (al di fuori del recesso) l’esperimento che forma l’oggetto del patto di prova (art 2096 cc) viene effettuato con riguardo a determinate mansioni: importante che quelle mansioni vengano rispettate, in modo che il ddl non stipuli il contratto di prova sulle stesse mansioni —> non si può doppiare la prova. Su questo la giuri è particolarmente attenta: richiede l’indicazione specifica delle mansioni assegnate, perché solo il controllo che il giudice può fare sulle mansioni ci può permettere di capire come opera il divieto di apporre un secondo patto di prova. QUINDI: un secondo patto di prova potrebbe anche essere legittimo, ma su mansioni diverse. Il recesso dalla forma in prova è libero: entrambe le parti possono recedere senza giustificare (soprattutto per il ddl, perché tanto il lavoratore può dare le dimissioni sempre senza giustificare), e senza preavviso (questo vale per entrambi). Se il recesso è libero non dovrebbe rilevare il motivo: non dovrebbe essere consentito un controllo giudiziale sulle motivazioni che hanno portato al recesso. MA la giuri in pochi casi è riuscita ad aprirsi un varco per poter controllare la legittimità del recesso dal rapporto di prova. È vero che il motivo se il recesso è libero è irrilevante, però non è irrilevante il motivo illecito —> rileva il motivo illecito come causa di nullità dell’atto. I giudici hanno fatto uso delle presunzioni, presumendo il motivo illecito tutte le volte in cui la prova, cioè il rapporto di prova, è durato troppo poco per consentire al datore di lavoro la sua valutazione. Non è detto che se il patto di prova ha avuto un’esecuzione troppo breve allora il recesso automaticamente è nullo, MA essendo una presunzione si inverte l’onere della prova e quindi non spetta più al lavoratore dimostrare l’esistenza del motivo illecito, ma spetta al ddl provare l’inesistenza di un motivo illecito —> ddl potrà solo dimostrare che il suo recesso è stato motivato dal mancato superamento della prova. Il recesso può diventare da motivare sulla base del mancato superamento della prova, quindi non è più libero. Il lavoratore, da una dichiarazione di nullità del rapporto di prova, non ci guadagna l’esistenza del rapporto di lavoro definitivo —> la reintegra è solo ai fini dell’espletamento della prova; tutti gli altri casi sono stati risolti con un risarcimento del danno: il giudice condannerà il ddl a risarcire il danno al lavoratore, perché questo poteva aspettarsi di continuare il rapporto di lavoro fino alla scadenza della prova —> es: fossero mancati 3 mesi il ddl sarebbe stato condannato a versare al lavoratore 3 mensilità; quindi il lavoratore non si porta mai a casa il posto di lavoro in caso di illecito recesso del rapporto di prova. Durata max patto di prova è di 6 mesi, fissato dal decreto trasparenza (104/2022). Pagina di 30 87 Diritto del lavoro CONTRATTO A TERMINE Termine e prova sono due elementi accidentali del contratto. Il termine è un elemento che può essere apposto al contratto di lavoro subordinato: si parla di contratto di lavoro a tempo determinato, il che significa che nel contratto c’è una clausola che contiene una scadenza. Il contratto a termine ha avuto diverse regolamentazioni, fin dall’origine (art 2097 cc era il riferimento normativo) si era capito che il contratto a termine non potesse essere considerato libero come il contratto di lavoro a tempo indeterminato —> l’art 2097 cc (1942) richiedeva per la legittima apposizione del termine al contratto la coesistenza alternativa di uno dei due requisiti: 1. La forma scritta 2. L’esistenza di una causale (cd requisito di specialità [è la causa giustificatrice]) che giustificasse l’apposizione del termine Nel ’62 arriva la l. 230/1962 —> cd legge sul contratto di lavoro a tempo determinato (abbandonata nel 2001): irrigidisce la disciplina prevedendo non più “alternativamente”, ma “cumulativamente” la sussistenza dei requisiti: - Requisito di forma scritta ad substantiam della clausola col termine - Requisito di specialità o di sostanza = cioè l’esistenza di un motivo del ddl per poter stipulare il contratto di lavoro a tempo determinato —> indica 5 causali legittimanti l’apposizione del termine: A) Attività stagionali = collegate ad un determinato periodo dell’anno —> ancora oggi previste da un DM che le elenca tutte. B) Sostituzione di lavoratori assenti (ai sensi dell’art 2110 per malattia, infortunio, gravidanza… con diritto alla conservazione del posto di lavoro) —> problema scorrimento: il ddl assumeva a termine lavoratori che in realtà non andavano a svolgere le mansioni degli assenti, ma quelle di altri dipendenti che erano stati spostati sulle mansioni degli assenti; C) Esecuzione di opere o servizi definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario o occasionale = sembrava consentire al ddl di assumere per esigenze particolari —> inizialmente riconducibile alla “punta stagionale” (= io gestore di un albergo in una località balneare posso aspettarmi che a luglio e agosto si verifichi un’intensificazione dell’attività e sia necessario assumere del personale solo per quei due mesi): questa assunzione non era possibile ai sensi della lettera a e allora si pensa di ricondurla alla lettera c —> MA Cass: sostiene che la lett c si riferiva ad attività straordinarie (non prevedibili) ed occasionali. QUINDI chiaro che non posso aggiungere uno più camerieri ad agosto perché sarebbe già prevedibile a gennaio; mancando l’imprevedibilità, questa lettera c è diventata inutilizzabile. Dagli anni ‘70 fino al 1983 è intervenuto Pagina di 31 87 Diritto del lavoro il legislatore riconoscendo, inizialmente solo nei settori del commercio e del turismo, la possibilità di assumere la “punta stagionale” a condizione che: (1) le ipotesi fossero previste da parte dei sindacati maggiormente rappresentativi; (2) vi fosse autorizzazione dell’ispettorato del lavoro. Nel 1983 il legislatore ha ampliato a tutti i settori lavorativi la punta stagionale: D. Per i lavoratori nel settore della cantieristica navale; E. Per lavoratori nel settore radiofonico o televisivo, per specifici programmi o spettacoli —> sempre utilizzata dalla RAI. Di queste cinque causali ne bastava anche solo una, indicata dal ddl —> erano un requisito di sostanza, poi ci voleva comunque anche la forma scritta. Se mancava la forma scritta questo contratto a tempo determinato si trasformava in un contratto di lavoro a tempo indeterminato perché qui il requisito di forma è richiesto ab substantiam. ARRIVIAMO AL 2001 —> il legislatore è di nuovo intervenuto con dlgs 368/2001 emanato in attuazione di una Direttiva Ue 1999 sul contratto a termine. Il nostro legislatore ha abrogato la legge del ’62, riscritto la disciplina del contratto a termine e adesso dobbiamo sempre chiederci quando si parla di contratto a termine che fine hanno fatto i 2 requisiti: I. Requisito di forma = c'è: la clausola con la scadenza del termine continua ad dover essere assicurata per scritto ab substantiam. II. Requisito di sostanza —> sparivano le causali ed introdotto il cd clausolone: era possibile apporre un termine al contratto di lavoro subordinato in presenza di ragioni organizzative, produttive, sostitutive e comunque oggettive —> non c’erano più le ipotesi a, b, c e d —> ciò ha fatto sì che venisse chiesta NON solo la redazione in forma scritta della clausola col termine, ma anche la specificazione per iscritto nel contratto delle ragioni: cioè i motivi che sottostavano all’apposizione del termine —> ulteriore elemento formale. QUINDI si richiedeva una specificazione in termini molto precisi, perché se fosse stato solo genericamente indicato il motivo, la genericità per i giudici costituiva un difetto formale e il giudice trasformava il contratto. Stessa cosa per la causale sostitutiva (3 lavoratori a termine per sostituire i 3 assenti), bastava questo? NO, la giuri richiedeva nomi, cognomi e causa dell’assenza. Quindi sembrava che il dlgs avesse ampliato le maglie, acuendo il controllo del giudice. Requisito sostanziale: doveva esserci sempre la ragione organizzativa, tecnica, produttiva e sostitutiva —> MA il giudice ha chiesto che queste ragioni che dovevano specificare il termine fossero anche temporanee. Pagina di 32 87 Diritto del lavoro mesi, per una sola volta non prorogabile, ci poteva essere tra due soggetti un contratto a termine in forma scritta senza causale (il requisito della forma scritta è rimasto, ma senza l’indicazione della causa). Dire acausale non è corretto dal pdv giuridico perché la ragione che giustifica il termine non è la causa, la causa è la funzione economica obiettiva, cioè la ragione che giustifica il termine è il motivo, non è la causa. Quando arriva Renzi interviene nel 2014 con il decreto Poretti. Renzi elimina le causali, mantiene il requisito formale (forma scritta) e introduce un termine max di 36 mesi come durata complessiva e introduce un requisito quantitativo (c’era anche prima): un’impresa non può assumere a termine più del 20% della forza lavoro. Es: impresa ha 100 lavoratori, max assumibile a termine sono 20. L’idea di Renzi era quella di togliere il requisito causale (era quello qualitativo che generava più contenzioso) e di lasciare dei requisiti quantitativi, più facili da verificare. Quindi durata massima, numero massimo sull’organico, numero massimo di proroghe. Questa legislazione è transitata nel nostro dlgs 81/2015. Nel 2018 è poi arrivato il decreto dignità che reintroduce le causali. Pagina di 35 87 Diritto del lavoro Contratto a tempo determinato (Lezione 9. 22 marzo) Tipo di contratto che dà la maggiore flessibilità, perché NON si applica la disciplina sui licenziamenti e a un certo punto, visto che c’è un termine, il lavoratore sa che non avrà più un rapporto di lavoro —> artt 19 ss dlgs 81/2015, che è considerato quasi un TU dei contratti flessibili, perché tutti i contratti con qualche peculiarità sono disciplinati qui. Requisiti —> classici già illustrati di forma e sostanza. Forma riguarda la forma scritta, sostanza riguarda la causale. Vediamo la riforma che tramite il Jobs Act aveva cercato di eliminare definitivamente la causale, reintrodotta dal decreto Dignità. Forma: forma scritta ab substantiam della clausola che contiene il termine; chiaro che se devi mettere per iscritto la clausola, devi mettere per iscritto tutto il contratto. Si dice che il termine è determinato quando è fin dall’inizio certo nel quando. Es: se in un contratto a termine stipulato il 3/11/2019 inserisco come scadenza il 4/04/2020 questo è il termine determinato. Il termine però può essere indeterminato: la scadenza può essere anche indicata con riferimento a un evento futuro, ma certo —> es: se assumo a termine un lavoratore per sostituire una lavoratrice in gravidanza che ha diritto alla conservazione del posto; qui il ddl non è sicuro della data di rientro e quindi può indicare che la scadenza di quel contratto coinciderà con il rientro della lavoratrice, che è sicuro che ci sarà. Se manca la forma scritta —> art 19 comma 4 : “con l'eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l'apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione” Clausola con il termine non per iscritto —> contratto nasce come contratto a tempo indeterminato. Sostanza —> causalità: l’esistenza di una ragione giustificatrice. Se il contratto a termine è inferiore ai 12 mesi, l’indicazione della causale non è richiesta. É intervenuto il decreto Dignità: in certe ipotesi, la prima delle quali è il superamento dei 12 mesi, che può avvenire con proroga o un rinnovo, è necessaria la causale —> ritorna la causale sia che il contratto iniziale sia superiore ai 12 mesi / sia se viene effettuata una proroga che sommata al periodo iniziale porta al superamento dei 12 mesi / sia quando il contratto a termine viene rinnovato. N.B il rinnovo è una successiva stipulazione post Pagina di 36 87 Diritto del lavoro scadenza del contratto, proroga è una dilazione del termine di scadenza. Il rinnovo avviene quando il contratto è scaduto. Dal pdv delle causali il decreto Dignità ha previsto che se c’è un rinnovo è sempre necessaria la causale anche se non si superano i 12 mesi. QUINDI —> quando è necessaria la causale? 1. Quando il contratto supera i 12 mesi; 2. Quando c’è una proroga (che sommata al periodo iniziale del contratto mi fa superare i 12 mesi); 3. In tutti i casi di rinnovo. Quali sono queste causali? Decreto Dignità introduce 3 causali, che oggi non ci sono più essendo intervenuto il decreto 2023, di cui due risultavano praticamente impossibili, quindi solo una a cui avrebbero potuto far ricorso le imprese: 1. Esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività (straordinarie). Es: poste assume un postino a causale fino ai 12 mesi, se poi vuole superare i 12 mesi e prorogare, se usa questa causale non può più assumerlo come postino perché in una società come Poste si può ritenere che l’ordinaria attività sia proprio quella. 2. Esigenze con incrementi temporanei significativi e non programmabili dell’attività ordinaria: se si voleva assumere a termine superando i 12 mesi e lasciando il lavoratore alle sue mansioni ordinarie, bisognava dimostrare che ci sono incrementi temporanei non programmabili e quindi imprevedibili. 3. Esigenze di sostituzione di altri lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro. Nel 2023 quando il governo era già cambiato è stato emanato un dl che, nel tentativo di facilitare alle imprese il ricorso al lavoro a termine, ha eliminato queste causali e ne ha introdotte di nuove. Ora le causali possono essere previste dai contratti collettivi —> art 51 dlgs 81/2015: “tutte le volte che la legge fa un rinvio ai contratti collettivi, questi a prescindere dal livello sono stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi in ambito nazionale”. Questo ha scatenato una bufera perché è una chiara disposizione di deregolamentazione: dato che la legge assegna al CC il compito di autorizzare un’assunzione a termine individuando delle proprie ipotesi. Ulteriore ipotesi: se i contratti collettivi non prevedono nulla, si può assumere il termine oltre i 12 mesi, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate dalle parti del contratto individuale —> art 19 comma 1 dlgs 81/2015. Questa clausola di grande flessibilità vale solo fino alla fine di aprile 2024 (sta per scadere). Pagina di 37 87 Diritto del lavoro Quando il numero delle proroghe è superiore, ma anche quando una proroga superi i 12 e non ci sia la causale o anche quando superi i 24, il contratto si trasforma in un contratto a tempo indeterminato dal momento in cui si è verificata la violazione (non dall’inizio). Prosecuzione di fatto Implica che si sia verificata la scadenza —> es: contratto è scaduto il 4/04 e il contratto a termine non ha più copertura, il lavoratore il 5 si presenta in azienda e continua a svolgere le mansioni che svolgeva prima. Qui non c’è una proroga perché non c’è stato un accordo tra le parti prima della scadenza per spostare in avanti il termine, MA c’è una prosecuzione di fatto del rapporto, cioè il rapporto continua nonostante il contratto sia scaduto. Nel 1997 arriva il “Pacchetto Treu” che ha introdotto la disciplina odierna, che permette una continuazione di fatto, rendendola più gravosa per i ddl, ma senza l’immediata trasformazione. Oggi quindi per ogni giorno di lavoro oltre la scadenza, il ddl deve corrispondere al lavoratore una maggiorazione retributiva: - Pari al 20% fino al 10° giorno di prosecuzione - Oltre il 10° e fino al 30° giorno pari al 40% —> maggiorazione preventiva. - Oltre il 30° giorno in caso di un contratto a termine inferiore ai 6 mesi / oltre il 50° giorno nel caso del contratto a termine superiore ai 6 mesi —> si considera a tempo indeterminato rispetto al limite dal 30° o dal 50° giorno. Es: contratto di 5 mesi (non > ai 6 mesi) prosegue, arrivati al 30°gg il contratto si trasforma. Se fosse stato di 7 mesi, a partire dal 50°gg il contratto si trasforma. QUINDI NON conviene la continuazione di fatto, conviene mandare una lettera che riporta al lavoratore la scadenza del termine. Non è obbligato il datore di lavoro. Rinnovo Il rinnovo può anche essere definito successiva assicurazione. Anche qui disciplina diversa a seconda che il contratto sia o no superiore ai 6 mesi. Se la riassunzione avviene entro determinati intervalli di tempo, che invece devono essere rispettati, prima che inizi il nuovo rapporto a termine, il secondo contratto a termine si trasforma in contratto indeterminato: 1. Bisogna rispettare 10gg di tempo dalla scadenza di un contratto inferiore ai 6 mesi, oppure 20gg di tempo dalla scadenza di un contratto superiore ai 6 mesi; ATTENZIONE: bisogna rispettare l’intervallo che è di 10 o 20gg, MA, trattandosi di rinnovo, richiede a prescindere dai 12 mesi l’esistenza di una causale. Pagina di 40 87 Diritto del lavoro 24 mesi è la durata massima che si può calcolare in modo frazionato, con riferimento ai diversi periodi del contratto a termine. Il legislatore consente due eccezioni alla regola del massimo di 24 mesi: 1. Le stesse parti, per le stesse mansioni, possono assicurare tra di loro un altro contratto a termine, oltre i 24 mesi, MA devono andare presso la sede amministrativa (ispettorato territoriale del lavoro) e assicurare uno specifico accordo individuale alla presenza dell’ispettorato del lavoro, stipulano questo contratto a termine. Questo ulteriore contratto NON può avere una durata superiore ai 12 mesi. 2. Anche i contratti collettivi possono modificare questo termine massimo di 24 mesi, anche a favore del lavoratore: in questa ipotesi non ha diritto di 24 mesi, ma segue il termine previsto dalla contrattazione collettiva. È una disciplina specifica del termine, in tema di prosecuzione e rinnovo. Trattamento previsto per il lavoratore a termine è lo stesso previsto al lavoratore a tempo indeterminato —> art 25 principio di non discriminazione: lavoratore a termine ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo in atto per i lavoratori a tempo indeterminato. Lavoratori a tempo indet come lavoratori comparabili (= quello che svolge stesse mansioni per lo stesso tempo). Legge dice: intendendosi per tali quelli inquadrabili nello stesso livello, in forza di contrattazioni stabilite dal CC, e in proporzione al periodo lavorativo prestato —> proporzionalità —> es: lavoro 6 mesi —> non ho diritto a tfr, perché non c’è annualità; nemmeno alla 13esima intera, perché l'intera è x i lavoratori che hanno lavorato per 12 mesi; periodo ininterrotto di ferie retribuite solo dopo un anno di lavoro [diritto alle ferie matura di 1/12esimo al mese, quindi ha diritto alla metà]. QUINDI bisogna mantenere il principio di non discriminazione, ma anche quello di proporzionalità. Recesso Scadenza termine (NO licenziamento) —> il cd recesso ante tempus NON è consentito, sarebbe un inadempimento. Eccezione: giusta causa —> art 2219 cc: causa così grave che non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro, neppure episodica. Se c’è GC, NON è richiesto il preavviso. La giuri interpreta la GC in modo ancora più severo di quando l’ha interpretata sul versante del licenziamento: la GC senza preavviso è il classico recesso in tronco. In un rapporto a termine non può valere come causa di recesso il GMO o GMS (sono presupposti giustificativi del licenziamento individuale). Io preferisco la definizione del legislatore, che non consente la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro. Perché invece, la prosecuzione del rapporto può essere proseguita quando ti danno il preavviso. Il preavviso può essere anche previsto. Pagina di 41 87 Diritto del lavoro Lezione 10. 4 aprile NON OGGETTO DI ESAME Ospite professore di Lussemburgo Temi trattati: due importanti direttive europee recenti (di cui una ancora in fase di ultimazione), che rappresentano due istituti moderni di quella che viene comunemente chiamata “Europa Sociale”. Partendo da un confronto spazio-temporale tra due momenti molto importanti: • Spiaggia di Messina 1955 con ministri degli esteri dei 6 paesi membri fondatori dell’Unione Europei (Francia, Germania, Italia Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) : tra questi Henri Spaak, in quanto proprio a Messina gli viene commissionata la relazione di un rapporto che ha alla base le considerazioni di politica sociale e economica, che influenzerà tutto lo sviluppo del processo di integrazione europea a partire dai Trattati del 1957. Quindi la Dichiarazione di Roma del 1957 è in tutto e per tutto basata su questa discussione di Messina; • Goteborg novembre 2017: mentre la dichiarazione di Messina voleva il processo di integrazione europea mirato specialmente da considerazioni economiche, e quindi alla costruzione del “mercato unico”, a Göteborg viene invece proclamato il così detto Pilastro europeo dei diritti sociali, il quale non è una carta sovranazionale dei diritti, ma un documento di politica, che in 7 anni ha guidato la politica sociale dell’ue. Le due direttive di cui tratteremo oggi (la prima sui salari minimi adeguati del 2022 e la seconda sul lavoro tramite piattaforma del 2024) sono figlie di questo momento: della svolta attuata con il Pilastro Eu dei diritti sociali. Prima direttiva: DIRETTIVA 2022 - SUI SALARI MINIMI Stupisce il nome usato per questa direttiva, osservando una disposizione presente nel TFUE la quale esclude la competenza dell’Unione in materia salariale, ci sorprende vedere come in realtà l’UE sia intervenuta su una materia per la quale sembrerebbe non competente. Tutte le volte che la Commissione interviene in materia sociale deve prima fare almeno due giri di consultazione con le parti sociali: il primo per capire la direzione verso la quale una certa misura deve andare e la seconda per capire la sostanza della misura —> MA le parti sociali non hanno voluto andare avanti con la negoziazione, lasciando la Commissione a condurre il processo legislativo. La Commissione aveva almeno 3 problemi sul tavolo: 1) Insufficienza dei salari minimi: in Italia l’insufficienza è cronica, il minimo salariale è inadeguato; 2) Alcuni paesi, quelli dell’Est, vivono con molta urgenza la scarsa copertura della contrattazione collettiva 3) Aumento dei livelli di povertà lavorativa: chi, pur lavorando, non arriva ad un tenore di vita dignitoso. Il quadro giuridico di riferimento è un molto composito: vi sono fonti sovranazionali di diritto internazionale (es: Convenzione OIL sui salari minimi), fonti europee (Trattati sull’Unione e sul funzionamento) e il quadro costituzionale (cedu). Pagina di 42 87 Diritto del lavoro N.B questo articolo si applica soltanto agli Stati membri dotati di salario minimo legale. Cosa serve per sconfiggere la povertà lavorativa? Un salario minimo adeguato. È una risposta che politicamente funziona, senonché a livello empirico fino a un certo punto, nel senso che è vero da un lato che un salario minimo adeguato è una condizione necessaria per cercare di contrastare la povertà lavorativa, al tempo stesso però, incrementi del salario minimo non possono essere visti in maniera lineare come riduzioni dei tassi di povertà lavorativa. È stato dimostrato che il salario minimo, pur essendo condizione necessaria, non è sufficiente a combattere la povertà lavorativa. Quali sono dunque le misure che possono aiutare a ridurre i tassi di povertà? Ce ne sono tante, come quelle dirette a ridurre l’intermittenza dei rapporti di lavoro, quelle dirette a ridurre i nuclei familiari a bassa intensità di lavoro, specialmente i part-time involontari. Il punto più critico della direttiva, oltre alla sua efficacia che si vedrà nel tempo, è la base giuridica, la questione della competenza —> la questione è attualmente pendente davanti alla CGUE (caso 1923): si tratta di un ricorso per annullamento, la Danimarca si è rivolta alla corte x per fare annullare la direttiva per mancanza di competenza. Tutto si giocherà su questo fragile equilibrio sul quale la direttiva si fonda: da un lato la carenza di competenza ai sensi dell'art 153 comma 5 e dall'altro l'atteggiamento molto leggero delle previsioni della direttiva che non mirano mai ad analizzare i livelli salariali. In prospettiva italiana, cosa deve fare l’Italia se qualcosa deve essere fatto? Dibattito politico che scaturì a marzo 2023 quando uno dei partiti di opposizione mise la questione sul tavolo del Governo. Sapete come è stato percepito nel dibattito politico? Finto dialogo, nel senso che i partiti di opposizione spingono da allora in maniera molto decisa per l'introduzione del salario minimo sulla base di due argomenti: la povertà di salari italiani e la perdita del potere d'acquisto degli ultimi due decenni e l’imposizione di ciò da parte della direttiva europea —> dal pdv giuridico non un argomento quest’ultimo. Il Governo si difende dicendo che la contrattazione collettiva in Italia funziona molto bene e quindi la direttiva europea non ci obbliga a fare nulla, il che è in effetti un buon argomento dal pdv tecnico, ma al tempo stesso sembra nascondere che vi sono sacche non marginali di lavoratori e/o interi settori che non sono coperti da contratti collettivi oppure che hanno contratti collettivi al ribasso. Ad ogni modo gli Stati membri stanno aspettando che la domanda di annullamento della direttiva venga decisa dalla CGUE. Il termine finale per l'adozione delle discipline nazionali di recepimento è novembre 2024, poi scattano le procedure di infrazione e quindi credo che la CGUE farà di tutto per arrivare ad una decisione. La seconda direttiva ha ad oggetto il lavoro tramite piattaforme digitali. Viene da chiedersi quale sia lo scopo dell’Ue per intervenire su un soggetto come questo. Questa seconda direttiva non è ancora stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue e quindi non ha ancora ottenuto una sua numerazione. Pagina di 45 87 Diritto del lavoro Il fenomeno è relativamente nuovo, pensate che le piattaforme più importanti non solo sono nuove, ma presentano un modello di business che di per sé è molto nuovo, ha meno di 10 anni. É emerso che non solo l'economia delle piatteforme ha modificato il nostro modo di vivere, ma dietro questa economia ci sono anche una serie di persone che lavorano. Secondo la Commissione ci sono veramente tantissime persone che lavorano tramite piattaforma online. Nel 2021 sembrava fossero 28 milioni con una proiezione di 43 milioni entro il 2025. É importante perché una parte più o meno grande di questi lavoratori delle piattaforme in realtà non erano lavoratori autonomi come avrebbe voluto l'apparenza contrattuale negli accordi stipulati fra lavoratori e la piattaforma, ma si trattava di lavoratori nella sostanza subordinati. La risposta legislativa a ciò fu che lo strumento per rispondere al bisogno di tutele dei lavoratori tramite piattaforma era la loro riqualificazione in termini di lavoro subordinato, che nella proposta iniziale era attuata introducendo una presunzione di subordinazione affidata a una lista di 5 indici e che nella proposta finale ha poi cambiato veste. La Commissione voleva disciplinare in un qualche modo la cd gestione algoritmica del rapporto di lavoro; quindi le due anime della proposta di direttiva erano la presunzione da un lato e la gestione algoritmica dall’altro. Il cammino della proposta iniziale della commissione è stato particolarmente difficile, perché le direttive in materia sociale sono affidate al co-legislatore europeo, quindi un procedimento giuridico, che impone una proposta della commissione e un ruolo più o meno paritario tra Parlamento europeo e Consiglio. In questo dialogo i punti di forza si sono un po’ mescolati, normalmente il Parlamento europeo è il più debole dei due durante la procedura legislativa. Invece in questa proposta di direttiva il Parlamento europeo ha fatto la parte del leone, montando sulla proposta iniziale una serie di disposizioni ulteriori, che però hanno rischiato di fare naufragare tutto perché il Consiglio si è da subito mostrato molto reticente ad approvare la proposta. La vicenda si è risolta in modo positivo perché nel marzo 2024 il Consiglio ha approvato una proposta che si distanzia moltissimo sia da quella iniziale, sia dal testo uscito dal Parlamento europeo. 3 punti fondamentali di questa direttiva: 1. La base giuridica, ancora una volta la competenza; 2. La presunzione; 3. La gestione algoritmica. Qui non è in discussione l'incompetenza, ma la direttiva ha doppia base giuridica, che significa doppia giustificazione legale ai sensi del diritto europeo. Da un lato è una base giuridica di politica sociale: all’art153 comma 1 lett b si parla di condizioni di lavoro; dall’altro lato è una base giuridica che non c’entra nulla con il diritto del lavoro: art 16 TFUE che si occupava di privacy e di protezione dei dati personali (la stessa base giuridica che è stata utilizzata nel GDPR). Come si snodano queste due basi giuridiche? Dando luogo a due capitoli distinti della direttiva. Perché è importante rimarcare che vi sia questa doppia base giuridica? Perché la stessa interpretazione di questa direttiva sarà influenzata per un capitolo da considerazioni di politica sociale, per l’altro di protezione di Pagina di 46 87 Diritto del lavoro dati personali; quindi, ci si aspetta di vedere nella sua applicazione concreta una doppia logica. La doppia base giuridica si riflette nei preamboli, dove si vede non solo il contesto della singola previsione, ma anche l'obiettivo specifico che quella vuole raggiungere —> la direttiva vuole da un lato migliorare le condizioni di lavoro e dall’altro proteggere i dati personali. Database di Eurofound, agenzia dell'Ue, serve a dotare la Commissione di sufficienti dati empirici per potere porre in essere delle iniziative legislative. Di cosa parliamo quando citiamo la presunzione (primo pilastro)? Di subordinazione, anche se non sarebbe tecnicamente corretto. Art 5 dispone che si presume che il rapporto contrattuale tra una piattaforma di lavoro digitale e una persona che svolge il lavoro mediante quella piattaforma sia un rapporto di lavoro subordinato. Questo è il primo corpo della presunzione. Ciò alla condizione che si riscontrino elementi fattuali che indichino l’esercizio di un potere di controllo o di direzione della piattaforma, in una dinamica di apprezzamento di questi fatti che indicano il potere, che si basa tanto sul diritto nazionale quanto sulla giuri CGUE. L’art 5 comma 1 si chiude dicendo che in caso spetta alla piattaforma dimostrare che il rapporto contrattuale di cui si tratta non è in verità un rapporto di lavoro. Elemento caratterizzante della presunzione: il potere esercitato nei confronti della piattaforma dalla persona che lavora, che deve essere un potere di direzione o controllo, cioè “l’alpha” e “l’omega” del test di subordinazione nazionale (non soltanto in Italia ma anche negli altri Stati membri). Vera questione è: come fanno i giudici a capire quanto potere di direzione e controllo una piattaforma di lavoro digitale esercita nei confronti di un lavoratore tramite piattaforma, posto che normalmente la piattaforma non esercita proprio in senso stretto potere di controllo e direzione, piuttosto ne esercita uno di coordinamento, organizzazione? É una presunzione generale, si applica a tutte le situazioni a parte per tre eccettuazioni (per procedimenti che riguardano questioni penali, fiscali e sociali), che per molti Stati membri non hanno molto significato (l’Italia è uno di questi). Queste eccettuazioni significano che qualora ci fossero delle ispezioni da parte di ispettori del lavoro e della previdenza sociale, la presunzione non si applica, se l’Italia recepisce in maniera minimale questa direttiva —> non significa che lo Stato membro non possa applicare la presunzione, ma che il livello minimo imposto dalla direttiva è che non si applichi. Si tratta di una presunzione non retroattiva, che si applica ai rapporti che accadono dopo che la norma viene implementata nel diritto nazionale. Inoltre, è relativa nel senso che spetta alla piattaforma l’onere di dimostrare che il rapporto di lavoro è autonomo e non subordinato. L’Italia non ha una presunzione generale di subordinazione: il 2094 funziona non in base alla subordinazione. Tuttavia, l’Italia ha in essere una sorta di presunzione specifica, l’art 2 comma 1 dlgs 81/2015, e quindi si tratterà di capire nel dibattito tecnico politico italiano se tale articolo sia già di per sé un’attuazione ante litteram della presunzione o se l’Italia avrà bisogno di fare altro. Ultima caratteristica della presunzione è che per mezzo di essa la contrattazione Pagina di 47 87 Diritto del lavoro Il legislatore per evitare queste irrazionalità applicative a partire dal 2015 applica una nuova regola, in caso di violazione del requisito quantitativo non si trasforma più il contratto, ma si applica una sanzione di carattere amministrativo —> art 23 dlgs 81: pagamento di una sanzione amministrativa di importo pari al 20% o al 50% della retribuzione per ciascun mese di durata del rapporto di lavoro a seconda che il numero di lavoratori assunti in violazione sia pari o superiore a 1. Es: 1 lavoratore assunto in violazione applichi importo pari al 20%, se più di uno applichi importo pari al 50%, entrambi calcolati sulla retribuzione. Decadenza In passato non esistevano termini di decadenza per l’impugnazione del contratto a termine, i lavoratori impugnavano per nullità del termine e i giudici dichiaravano la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dall’inizio della costituzione del rapporto a termine: gli anni attesi prima dell’impugnazione erano ricompresi nella base di calcolo del risarcimento il che comportava risarcimenti di una certa entità —> per evitare ciò è stato introdotto un termine di decadenza dalla l.183/2010, per cui se un lavoratore assunto a tempo determinato vuole impugnare il suo contratto perché ritiene che il termine sia nullo lo deve fare entro 180gg dalla scadenza del contratto stesso ed entro altri 180gg, contati dal momento in cui il contratto a tempo determinato è stato impugnato, il lavoratore deve proporre ricorso al Giudice. Art 34 l. 183/2010, per evitare liquidazioni di danni ingenti, ha previsto che nei casi di conversione al lavoratore è dovuto un risarcimento che viene forfettizzato e quindi che viene limitato dalle 2,5 fino alle 12 mensilità; la somma viene ridotta alla metà qualora l’impresa abbia provveduto a stabilizzare i lavoratori a termine. CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO Ha una disciplina vicina a quella del contratto a termine. Bisogna partire da una legge, oggi abrogata, che è la 1369/1960: sancisce il divieto di intermediazione di manodopera per combattere il fenomeno del caporalato —> questa si verifica attraverso una triangolazione: tre soggetti (il contratto di lavoro normalmente è bilaterale), di cui due sono i ddl, perché uno è formale, cioè quello con cui viene stipulato il contratto di lavoro, che ti assume e ti paga, poi c’è il quello sostanziale, che è l’utilizzatore della prestazione lavorativa e poi c’è il lavoratore. Il lavoratore viene assunto da un soggetto che non utilizza la sua prestazione, perché manda il lavoratore a eseguire la sua prestazione a favore del datore sostanziale. Questa triangolazione la troviamo nella somministrazione, nell’appalto e nel distacco. Perché si realizza ciò? Perché a volte chi utilizza la prestazione non ha l’interesse e non vuole figurare come ddl. Quando si parla di caporalato si fa riferimento al fatto che il ddl formale è colui che sta nel mezzo e può essere utilizzato come Pagina di 50 87 Diritto del lavoro intermediario… quando questo è debole e non ha capitali, liquidità diventa strumentalizzato x assumere i lavoratori, mandarli a lavorare e poi eventualmente sparire o anche rimanere con la sua assenza di liquidità senza poter garantire ai lavoratori una retribuzione e tutti i diritti che spettano. QUINDI la legge poneva un divieto di intermediazione di manodopera, dicendo che non era possibile appaltare da altri soggetti mere prestazioni di manodopera. In caso di violazione del divieto, la sanzione era quella della costituzione del rapporto di lavoro in capo al soggetto che effettivamente utilizzava le prestazioni. Il diritto del lavoro ha sempre vietato dal 1960 la scissione tra la titolarità formale del rapporto e l’effettiva utilizzazione della prestazione —> MA se io ho bisogno di rivolgermi a un’impresa di pulizie, posso appaltare il servizio e rivolgermi all’impresa, che mi manderà i suoi dipendenti ad effettuare le prestazioni; io non pagherò direttamente i dipendenti, ma l’impresa.. In molti casi questi tipi di appalti non diventano un’intermediazione illecita. Come si fa a distinguere? In questa triangolazione la figura che sta nel centro è il ddl formale, allora è quel datore che va aiutato (vale anche per gli appalti). Il ddl di lavoro che assume e retribuisce deve organizzare capitali e mezzi di produzione, assumersi il rischio della attività stessa: deve essere un imprenditore. Se l’intermediario è un genuino imprenditore, NON si cade nella intermediazione illecita, perché i lavoratori possono considerarsi garantiti dal loro formale ddl. La legge del 1960 conteneva una presunzione: si considerava pseudo imprenditore colui che utilizzava capitali, macchine e attrezzature fornite dal tipo di prestazione. Quindi qualora questo soggetto avesse utilizzato capitali, macchine e attrezzature non proprie, ma fornite dal datore sostanziale, non poteva considerarsi un vero imprenditore e si applicava la sanzione. Questo ci permette di distinguere tra appalto lecito e intermediazione illecita. Se l’ipotesi è lecita derivano due regole: 1. Parità di trattamento tra lavoratori appaltati e lavoratori dell’utilizzatore: si applica il contratto collettivo dell’utilizzatore. Si tratta di lavoratori comparabili. 2. Responsabilità solidale: i due ddl nel caso di appalto lecito sono considerati in solido per tutte le obbligazioni che scaturiscono dal contratto di lavoro. Viene poi emanata la l.196/1997 cd Pacchetto Treu —> legge di flessibilità, che ha introdotto la disciplina dell’allora chiamato “contratto di lavoro interinale”. Questa legge o abrogava il divieto della legge 1960 o introduceva una deroga —> la legge 1960 è stata mantenuta in vigore e lo è rimasta fino al 2003. La scelta era di consentire il lavoro interinale: lavoro dei soggetti che venivano assunti dall’agenzia, che manda i propri lavoratori a lavorare presso l’impresa Pagina di 51 87 Diritto del lavoro utilizzatrice —> le agenzie devono essere iscritte in un apposito albo presso il Ministero del Lavoro e l’iscrizione la possono ottenere solo se in possesso di particolari requisiti come: un consistente capitale e una somma ingente versata presso l’istituto bancario del territorio. Le agenzie sono molto controllate. Le agenzie impongono all’utilizzatore un sovrapprezzo, l’utilizzatore si serve del lavoratore perché questo il contratto lo ha con l’agenzia, che paga il lavoratore. Il lavoratore ha diritto ad essere trattato come i dipendenti dell’utilizzatore, i lavoratori interinali non percepiscono meno, ma vengono retribuiti sulla base del contratto collettivo dell’utilizzatore. Il margine di guadagno è che l’agenzia impone il sovrapprezzo e viene pagata dal ddl. Il quid pluris che dovrebbe dare l’agenzia è la formazione dei lavoratori e l’impresa sa benissimo che i lavoratori somministrati costano di più in quanto all’agenzia deve essere somministrato il corrispettivo del lavoro che fa, ossia il lavoro di mediazione. La somministrazione è uno dei rapporti più atipici. Il vantaggio dei lavoratori interinali è sicuramente quello di farsi conoscere presso l’impresa, per eventualmente farsi assumere in futuro a tempo indeterminato direttamente dall’utilizzatore. Quando è stato introdotto il Pacchetto Treu bisognava scegliere tra due modelli: - Tedesco = prevede che il contratto di lavoro tra agenzia e lavoratore sia a tempo indeterminato, il lavoratore viene assunto dall’agenzia stabilmente a tempo indeterminato e nei periodi in cui va in missione viene retribuito attraverso l’utilizzatore mentre quando resta in attesa viene comunque retribuito con una indennità. - Francese = prevede che l’agenzia assuma a tempo determinato, per quel periodo di tempo che serve per mandare i lavoratori in missione; l’agenzia prima deve stipulare il contratto con l’utilizzatore e poi assume a tempo determinato. Non abbiamo optato per nessuno dei due, da noi il contratto di lavoro può essere a tempo indeterminato o a tempo determinato. Tra l’agenzia, l’impresa e il lavoratore ci sono due contratti: I. Contratto di lavoro che abbiamo già affrontato II. Contratto che non è di lavoro, ma è commerciale, di somministrazione, stipulato tra agenzia e impresa utilizzatrice. Questi contratti sono stesi in modo molto puntuale e dettagliato. Tra lavoratore e utilizzatore non c’è contratto, si dice che il rapporto di lavoro è regolato a valle dai due contratti stipulati dall’agenzia, sia sulla base del contratto di lavoro, sia sulla base del contratto di somministrazione. Poi il dlgs 276/2003 cd Riforma Biagi abroga la legge del 1960 e parte del pacchetto Treu ed introduce la somministrazione di manodopera. Dlgs 81/2015 riscrive tutta la disciplina della somministrazione e abroga la parte corrispondente della Riforma Biagi. Oggi la disciplina della somministrazione è in questo decreto —> artt da 30 a 40. Pagina di 52 87 Diritto del lavoro QUINDI: I. Ci vuole la forma scritta II. È necessario un determinato contenuto Questi contratti normalmente sono standardizzati, ma ci devono essere comunque questi requisiti elencati. Per poter svolgere l’attività di somministrazione di manodopera, l’agenzia deve possedere tutta una serie di requisiti, che le permettano di avere l’autorizzazione di cui alla lett. a —> troviamo dei riferimenti a riguardo nel dlgs 276/2003 artt 4 e 5: I. Le agenzie devono avere un capitale interamente versato presso un istituto bancario con sede in Italia di almeno 60.000 euro = tanta attenzione sull’agenzia perché è quell’intermediario di cui parlavamo in riferimento alla legge del 1960 —> è il soggetto che garantisce il lavoratore ed è responsabile per tutte le obbligazioni che scaturiscono dal contratto di lavoro, quindi se non è capiente e non ha nulla, lascia i lavoratori senza soddisfazione dei loro crediti. II. Ci vogliono circa 350.000 euro versati a titolo di garanzia; III. I soggetti che dirigono queste agenzie non devono aver riportato condanne penali per reati contro la PA, devono essere di rispettata onestà; IV. L’agenzia deve avere un raggio di azione interregionale (se l’agenzia dovesse agire soltanto all’interno del Piemonte, già mancherebbe un requisito, si vuole che sia presente in più Regioni); L’agenzia, una volta ottenuta l’autorizzazione, viene iscritta in un albo, con dei numeri che sono “gli estremi di iscrizione”, i quali devono essere indicati nel contratto di somministrazione. Altro elemento da considerare è il numero di lavoratori da somministrare, nella somministrazione. Altro elemento: l’indicazione di eventuali rischi, sicurezza ecc —> lett. c. La data di inizio e la durata prevista della somministrazione del lavoro —> lett d: è fondamentale! Soprattutto la durata, perché da questa si capisce se la somministrazione è a tempo determinato o indeterminato. Se è a tempo determinato è necessario che ci sia una data di scadenza, per iscritto. Se ho un contratto di somministrazione che ha una durata di 3 mesi, per cui scade il 10/04, il lavoratore fino al 10/04 è somministrato, ma se si reca in azienda e va lavorare anche l’11/04 è fuori data e non avrebbe più la copertura del contratto per cui il suo rapporto di lavoro diventa un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Pagina di 55 87 Diritto del lavoro Luogo, orario di lavoro e il trattamento economico e normativo dei lavoratori —> lett. f. Il trattamento economico e normativo dei lavoratori non lo determina l’agenzia, ma viene determinato sulla base della disciplina applicabile dall’utilizzatore. Ecco ecco perché in questa norma si dice che con il contratto di somministrazione, l’utilizzatore si assume l’obbligo di comunicare al somministratore il trattamento economico e normativo applicabile ai lavoratori suoi dipendenti —> l’utilizzatore deve comunicare all’agenzia, qual è la retribuzione che spetta ai lavoratori (l’orario ecc…), l’agenzia lo viene a sapere e su quella base corrisponderà la retribuzione al lavoratore, perché il lavoratore viene appunto pagato dall’agenzia. QUINDI viene pagato in primis dall’agenzia e poi l’agenzia si fa rimborsare dall’utilizzatore quello che ha pagato per la prestazione + il compenso per la somministrazione stessa. All’utilizzatore il lavoratore somministrato costa di più: se avesse assunto direttamente il lavoratore gli avrebbe dovuto soltanto il trattamento economico normativo, mentre l’agenzia quando poi fa pagare l’utilizzatore deve contare il trattamento economico normativo + il costo del servizio di somministrazione. Sanzioni L’art 33 deve essere letto insieme all’art 38, perché qualora venga meno il rispetto di questi requisiti / nel contratto non siano indicati gli elementi che abbiamo visto, allora parliamo di somministrazione irregolare. L’art 38 ci dice: - In mancanza di forma scritta il contratto di somministrazione è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti dipendenti dell’utilizzatore —> nullità radicale che comporta ope legis la costituzione del rapporto in capo all’utilizzatore. - Se la somministrazione avviene al di fuori dei limiti quantitativi (20 e 30 percento che abbiamo detto) causali e di durata —> il lavoratore può chiedere la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore, non è ope legis. Nel primo caso —> pronuncia del giudice è dichiarativa. Nel secondo caso —> è costitutiva, perché riconosce il rapporto. DIFFERENZE CON IL CONTRATTO A TERMINE Non si applica la disposizione di cui agli artt 21 comma 2, 23 e 24: - Proroga: nella somministrazione non si applica la proroga prevista dal contratto a termine, ma si applica la disciplina della proroga prevista dai contratti collettivi delle agenzie di somministrazione, che possono arrivare a prevedere un numero di proroghe superiore a 4 (che sono quelle del contratto a termine). Qua a differenza del contratto a termine la legge non ci dice niente, ma rinvia al Pagina di 56 87 Diritto del lavoro contratto collettivo dell’agenzia —> il numero delle proroghe in questo caso arriva a 6. - Altra norma che non si applica è quella relativa al numero complessivo di contratti a tempo determinato: per la somministrazione a tempo indeterminato vale il 20%, mentre per quella a tempo determinato vale il 30%. POTERI UTILIZZATORE SUL LAVORATORE Nella somministrazione, essendoci due datori, i poteri vengono distribuiti tra i due. Abbiamo 4 poteri, che si sintetizzano in quello che viene chiamato il POTERE DIRETTIVO: - Potere di conformazione = l’essenza della subordinazione è il mettere a disposizione le proprie energie lavorative (locatio operarum). Se il datore di lavoro nulla dicesse al lavoratore riguardo alle mansioni che deve svolgere viene pagato lo stesso e matura lo stesso il suo diritto al compenso anche se non ha lavorato e questo perché è stato a disposizione. L’oggetto della sua obbligazione è lo stare a disposizione. Queste energie prendono una forma nel lavoro subordinato solo attraverso gli ordini e le direttive del datore di lavoro. Quindi è il potere di impartire ordini e direttive. Si chiama così perché l’ordine impartito fa si che l’energia lavorativa assuma un forma e che diventi un qualcosa che si vede. Rispetto a questo potere di conformazione, il lavoratore, si trova in una posizione di soggezione —> perché il reciproco del potere di conformazione è l’obbligo di obbedienza: di seguire le direttive impartite dal datore di lavoro. Il potere di conformazione non trova una disciplina specifica perché è un potere che costituisce lo stesso DNA della posizione di supremazia tecnica del datore di lavoro. Nella somministrazione chi ha il potere di conformazione? Chi è che da gli ordini e le direttive? L’utilizzatore. - Ius variandi = art 3 dlgs 81/2015, che ha sostituito l’art 2103 cc. Fino ad oggi ci sono state 3 discipline diverse dello ius variandi: I. La prima è del 2103 cc previgente allo statuto dei lavoratori —> è la disciplina dello ius variandi dal ’42 al 1970. II. La seconda versione è quella modificata nel 1970 dall’art 13 dello statuto dei lavoratori —> va dal 1970 al 2015 III. La terza è sempre nel 2103 cc, così come modificato dall’art 3 del Jobs Act nel 2015. Vediamo le prime due discipline. La prima versione del ’42 sembrava garantista, perché già allora la norma cominciava dicendo: “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto” oppure diceva: “a mansioni equivalenti o mansioni superiori”. Qui le direzioni in cui poteva operare lo ius variandi erano 3: Pagina di 57 87 Diritto del lavoro Ius variandi (Lezione 13. 12 aprile) La disposizione del 1970 conteneva un concetto fondamentale: l’equivalenza delle mansioni —> lo spostamento a mansioni diverse poteva avvenire orizzontalmente, che nel 1970 significava spostamento a mansioni equivalenti. Poteva avvenire anche in verticale, cioè a mansioni superiori. Era vietato verso il basso: demansionamento —> anche nel caso in cui vi fosse stato il consenso del lavoratore.nConcetto di equivalenza: consentiva di valutare le mansioni a cui risultava spostato il lavoratore, cioè quelle di destinazione che dovevano essere equivalenti a quelle di provenienza —> quelle di provenienza dovevano rispettare le indicazioni del contratto, per il principio di contrattualità delle mansioni. Cosa significa mansioni equivalenti? Si va a vedere quali sono i compiti concreti affidati al lavoratore. Si è sempre detto che l’equivalenza ha due accezioni: statica e dinamica. La norma diceva: “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza riduzione della retribuzione” —> equivalenza statica: consiste nell’equivalenza retributiva; es: se il lavoratore prima guadagnava 1000 e dopo lo spostamento, ha cominciato a guadagnare 800. L’equivalenza dinamica o professionale è creata dalla giuri: può riguardare il bagaglio di competenze e capacità acquisite del lavoratore, la coerenza con il suo titolo di studio e le prospettive di carriera —> ci potevano essere mansioni equivalenti dal pdv retributivo, che non lo erano invece dal pdv professionale, perché davano meno possibilità. La giuri era molto rigorosa nell’applicare questo criterio, infatti i lavoratori facevano cause di demansionamento dicendo di essere stati assunti per possesso della laurea in lingue e di essere stati adibiti all’ufficio import/export, per poi essere stati poi spostati ad altra mansione nell’ufficio amministrativo. I lavoratori o lamentavano il danno da mancata equivalenza, cioè il demansionamento, oppure facevano valere anche il danno biologico (cioè alla salute), il danno esistenziale (alla vita di relazione: es i litigi con la moglie) e anche il danno morale. I due concetti di equivalenza dovevano essere compresenti, perché l’equivalenza consentiva ai giudici di valutare il contenuto delle mansioni e dava loro grandissima discrezionalità —> se valutava come non equivalente la mansione, si aveva demansionamento e, di conseguenza, scattava il danno patrimoniale e tutto il danno che si articola in biologico, morale ed esistenziale. Infatti c’erano tante cause e a queste si dovevano aggiungere anche quelle sul diritto all’adibizione a mansioni superiori. Ancora oggi la giuri ritiene che vi sia demansionamento in caso di svuotamento delle mansioni: lavoratore resta inquadrato al suo vecchio livello, ma non gli si dà Pagina di 60 87 Diritto del lavoro più niente da fare. Quindi, lo svuotamento delle mansioni va provato ed è anche strumentale alla dimostrazione del mobbing. Per capire se c’è demansionamento, bisogna andare a capire qual è la mansione indicata nel contratto, ma non basta. Es: macchinista di ferrovia è inquadrato al livello B, in cui ci sono tante altre categorie professionali (non solo il macchinista). Il macchinista svolgeva delle mansioni, nella descrizione dei fatti era presente che era un soggetto nervoso che fumava 2/3 pacchi di sigarette al giorno e doveva affrontare orari duri. Egli fornì un certificato medico al ddl che constatava che non fosse più possibile adibirlo alla mansione di macchinista. Il ddl mantiene il livello (il minimo è lo stesso), spostandolo dalla mansione di macchinista a quella di segretario amministrativo. Problema: nel passaggio il macchinista, che ha tante indennità, le perdeva —> retribuzione dimezzata. Fece causa alle ferrovie dicendo che il comportamento illecito del ddl era di utilizzare fuori orario, quando non consentito, la sua prestazione di macchinista e che lui si era troppo affaticato. Chiedeva riconoscimento del danno patrimoniale, le differenze retributive che non aveva percepito e diceva che il comportamento illecito del ddl gli aveva causato una patologia grave. Il giudice ha dovuto valutare —> non c’era il problema dell’equivalenza, secondo la versione del 2103 del 70’ la mansione di macchinista difficilmente avrebbe potuto essere considerata equivalente a quella del segretario amministrativo. Una delle novità più importanti della riforma del 2015 è non si deve più fare il giudizio sull’equivalenza —> conta appartenenza allo stesso livello. Le cause in tema di mansioni infatti sono calate, perché a parte lo svuotamento (ipotesi estrema), se i lavoratori oggi mantengono lo stesso livello, ai sensi della nostra terza versione (dlgs 81/2015 che ha modificato l’articolo 2103) lo spostamento è legittimo. QUINDI anche i giudici hanno perso parte del loro potere di controllo, perché si devono limitare a valutare l’appartenenza al livello. Nuova normativa —> art 3 (che è in realtà l’art 2103 modificato): I. Viene meno l’equivalenza e resta invece il riferimento al livello professionale rivestito II. Vengono disciplinate per la prima volta nel 2103 le ipotesi di demansionamento III. Viene riscritta, in parte, anche la disciplina dell’adibizione a mansioni superiori. Comma 1 nuovo 2103: “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto” —> questo è rimasto così, è la contrattualità delle mansioni. “O a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento” —> vecchia disposizione diceva: ovvero a mansioni equivalenti alle ultimamente svolte, senza diminuzione della retribuzione. Quindi è tutto semplificato, ci sono 2 effetti: Pagina di 61 87 Diritto del lavoro I. Il concetto di equivalenza diventa molto più facile: semplice verifica dell’ appartenenza allo stesso livello II. Si riduce la discrezionalità del giudice e il contenzioso —> ratio: aumentare la certezza del diritto; si dice: se sai già quali sono le conseguenze, intanto eviti di fare causa se riesci a capire che hai perso, mentre prima con l’equivalenza si faceva valutare ecc… N.B senz’altro è meno garantistica nei confronti del lavoratore. La stessa cosa ha dovuto fare un’altra parte del jobs act (dlgs 23/2015): la disciplina del licenziamento per i lavoratori assunti a partire dal 7 marzo del 2015 —> non rientrano più nel 18 dello statuto. Poi vedremo. Possibilità di demansionamento —> grande novità, abbiamo 3 ipotesi di demansionamento (commi 2, 4 e 6). Il precedente 2103 non contemplava la possibilità di addizione a mansioni inferiori ed era inderogabile —> tra il ‘70 e il 2015 qualcosa è successo: la giuri aveva a poco a poco introdotto qualche flessibilità a favore del lavoratore, perché capitava che diventasse incapace di svolgere le precedenti mansioni (x incidente, malattia o altre cause). Se si applicava il 2103 il ddl non poteva più dare mansioni al lavoratore neanche equivalenti, perché se sono equivalenti richiedono le stesse capacità. QUINDI vero che la versione del 2015 è meno garantista, ma la precedente versione del ‘70, nel caso dei lavoratori inabili non dava soluzioni: non potevi essere spostato a mansioni superiori, perché se non potevi svolgere quella attuale non saresti stato in grado di svolgere quelle superiori e quindi quel lavoratore che destino poteva avere in azienda? In questo caso vengono proprio meno le mansioni e nemmeno per colpa del lavoratore. Non si può parlare di licenziamento disciplinare perché quando vengono meno le mansioni si parla di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Soluzione? Se il lavoratore è d’accordo può stipulare col ddl un patto di demansionamento in cui accetta le mansioni inferiori e mantiene il posto di lavoro. MA nel 2103 del ‘70 non c’era questa possibilità, perché quel patto comunque sarebbe stato nullo. Quindi il ddl doveva licenziare. QUINDI i giudici sono stati i primi ad aprire il 2103, a farlo diventare un po’ più flessibile, essendo la ratio del 2103 garantistica e di tutela del lavoratore. Interpretando la norma secondo ratio i giudici, prima del 2015, hanno legittimato i patti di demansionamento nell’interesse del lavoratore. 3 ipotesi di demansionamento oggi: I. Il ddl può spostare il lavoratore a mansioni appartenenti a livello inferiore, rispettando la categoria, in caso di modifica degli assetti organizzativi Pagina di 62 87 Diritto del lavoro produttiva a un’altra se non per comprovate ragioni organizzative, tecniche e produttive”. Questo vuol dire che il trasferimento deve essere giustificato, ovvero deve avvenire in base a ragioni oggettive, che riguardano l’impresa. Qui ci sono due problemi: 1. Il trasferimento può essere interno, quando il lavoratore non cambia indirizzo (quindi la sede di lavoro è sempre allo stesso indirizzo, ma magari a un altro piano) —> qui deve essere giustificato il trasferimento? C’è chi dice di no perché la norma fa riferimento al cambiamento da un’unità produttiva a un’altra. La norma vale per il trasferimento che impone di cambiare l’unità produttiva. Devono sussistere queste ragioni organizzative e, se il lavoratore dubita della loro esistenza, può portarle in giudizio. Es: lavoratore dichiara che il trasferimento è nullo (= nullo perché è una norma imperativa) perché non è supportato da ragioni organizzative; il ddl deve provare l’esistenza delle ragioni, ovvero che la prestazione del lavoratore è utile nella sede in cui lo manda. La dimostrazione è molto rigorosa. 2. La norma dice qualcosa sulla comunicazione scritta del trasferimento? No, legalmente parlando il trasferimento potrebbe non essere comunicato per iscritto. I CC hanno lavorato su questa norma, cercando di renderla più favorevole al lavoratore, prevedendo l’obbligo di motivazione scritta; secondo altri un obbligo di preavviso soprattutto con trasferimenti che comportano un cambio di sede significativo. Queste ulteriori disposizioni sono previste nel contratto collettivo, che ha cercato, in determinati casi, di consensualizzare la disciplina del trasferimento del lavoratore —> es quando il trasferimento prevede uno spostamento di più di 30 km dalla sede originaria, il ddl, prima di esercitare il suo potere, deve fare un’indagine in azienda per valutare la presenza di volontari. Il consenso continua a non valere. Ma se ad essere trasferito è un rappresentante sindacale? Il ddl non può farlo direttamente, ma deve chiedere l’autorizzazione di nulla osta al sindacato esterno. L’obiettivo è evitare che il trasferimento sia antisindacale.
 Pagina di 65 87 Diritto del lavoro Potere disciplinare (Lezione 14. 18 aprile) Potere disciplinare —> caratteristico del lavoro subordinato, tant’è che per il lavoratore dimostrare di essere stato sanzionato in qualche modo è una prova della sussistenza della subordinazione, perché solo nel lavoro subordinato è consentito al ddl di reagire all’inadempimento da parte del lavoratore, attraverso l’applicazione di una sanzione. Per poter esercitar il potere disciplinare il ddl deve rispettare due tipi di presupposti: 1. Sostanziali —> art 2106 cc (esistono quindi dal ’42); fino al 1970, anno di emanazione dello stato dei lavoratori, i presupposti sostanziali sono stati gli unici a disciplinare l’esercizio di questo tipo di potere da parte del ddl; poi nel ’70 l’art 7 ha procedimentalizzato l’esercizio del potere disciplinare, introducendo requisiti che vanno rispettati da parte del ddl affinché la sanzione sia legittima. Ne abbiamo due di sostanziali: la sussistenza e l’imputabilità del fatto —> il fatto addebitato al lavoratore deve sussistere e deve essere imputabile al lavoratore. Altro requisito è la proporzionalità: è il nesso che riguarda la pena in correlazione con la infrazione, inteso come fatto illecito o inadempimento. Agli inizi degli anni ’50 il ddl poteva anche trovarsi solo nell’applicare la sanzione e quindi la proporzionalità in quel caso se la doveva inventare il datore, MA grazie all’art 7 e ad un’evoluzione del contenuto del CC ci sono parametri da seguire. Nel CC ci sono norme sulla disciplina (codice disciplinare [stanno nel CC]) che per ogni infrazione individuata richiama una sanzione —> anche le sanzioni vanno graduate. Le infrazioni però, spesso, risultano formulate in modo molto ampio. I CC con i codici disciplinari realizzano il principio di proporzionalità. Altro requisito: rilevanza —> deve essere un fatto illegittimo, che viene punito dalla legge. 2. Procedimentali —> nel ’70 arriva l’art 7 statuto che porta alla procedimentalizzazione e realizza uno stretto controllo dell’esercizio del potere disciplinare del ddl, perché la procedimentalizzazione impone un percorso. Art 7 è norma imperativa inderogabile. I presupposti sono: • Preesistenza del codice disciplinare = nullo crimen, nulla pena sine lege: ddl non può applicare una sanzione prima che il lavoratore si sia reso colpevole di un fatto e quel fatto non sia stato previsto da un codice disciplinare. Il lavoratore deve essere consapevole di quali comportamenti non può porre in essere. Il codice disciplinare è inserito nel CC, se questo manca, primo comma dell’art 7 parla di “codice disciplinare contenuto nei contratti collettivi, ove esistano” —> se il ddl non può fare riferimento su di un codice disciplinare elaborato nel CC, dovrà dotarsi di un regolamento, unilaterale, in quanto costruito dallo stesso ddl, che deve essere preesistente. Se il fatto addebitato al dipendente è un reato e quindi già previsto dal cp, non serve che sia inserito nel codice disciplinare. Pagina di 66 87 Diritto del lavoro • Affissione del codice disciplinare in un luogo accessibile a tutti i lavoratori = all’interno dell’impresa o dell’unità produttiva —> è il modo per dare pubblicità al codice. Questo requisito si pensava potesse essere soddisfatto tramite mezzi equipollenti (es: caso ddl che non aveva affisso codice disciplinare, essendo dentro al CC applicato, poiché il ddl al momento dell’assunzione consegnava una copia del CC e tale consegna funzionava da pubblicità del codice disciplinare —> la giuri ha poi ribaltato questo orientamento minoritario, ribadendo che è necessario affiggere il codice disciplinare). N.B conoscenza ≠ conoscibilità. Inoltre, deve essere affisso non in qualsiasi luogo, ma in un luogo accessibile a tutti (es: non nell’ufficio del direttore). • Previa contestazione dell’addebito = la contestazione è una lettera che il ddl deve inviare al dipendente, nella quale si trova l’indicazione del fatto o del comportamento per cui il ddl intende procedere disciplinarmente. Deve essere molto puntuale e ha la funzione di avviso di garanzia: con essa i lavoratore viene edotto che il ddl gli sta addebitando un’infrazione. I fatti contestati sono immutabili: puoi essere sanzionato SOLO per gli addebiti indicati in contestazione —> né per altri fatti precedenti né successivi; al max se il ddl vuol contestare un altro fatto, quei fatti verrano considerati come evenienze successive alla contestazione. • Tempestività o immediatezza = ddl nel redigere ed inviare la lettera di contestazione non deve lasciar passare troppo tempo tra il momento in cui ha avuto conoscenza del fatto e il momento in cui viene spedita la lettera di contestazione (anche se poi quello che conta è la data di consegna). I ddl se lascia passare troppo tempo rende difficile per il lavoratore la difesa e poi può ingenerare nel lavoratore un affidamento nel fatto che il ddl possa aver rinunciato ad esercitare il potere disciplinare • Termine a difesa —> dal momento in cui il lavoratore riceve la contestazione, il ddl non può applicare la sanzione se non sono passati 5gg dalla ricezione della contestazione stessa. In questi giorni il lavoratore può inviare memorie difensive ecc… Il lavoratore a quel punto è chiamato ad esercitare il proprio diritto di difesa e può farsi assistere da una rappresentate dell’associazione a cui conferisca mandato e può chiedere di essere sentito; può anche esserci solo l’invio di una memoria scritta, che può essere fatta predisporre da un avvocato —> le modalità di esercizio del diritto di difesa sono libere, ma deve essere esercitato in questi 5gg. Se il lavoratore dopo aver ricevuto la lettera di contestazione, si discolpa il 3gg, il ddl deve lo stesso aspettare gli altri 2 prima di applicare la sanzione? Se la funzione è solo consentire la difesa del lavoratore allora non avrebbe senso —> parte della giuri dice che questi 5gg devono considerarsi strumentali al solo esercizio del diritto di difesa per cui una volta che il lavoratore sia discolpato non è necessario aspettare che si consumi tutto questo periodo. Lo stesso orientamento dice che questi 5gg Pagina di 67 87 Diritto del lavoro Articolo 4: nella sua ultima versione ha fatto discutere. Non c’è più il divieto con eccezione di casi in cui era necessario —> oggi il ddl può procedere, ma deve: I. Chiedere il consenso al sindacato (accordo sulle modalità di installazione) II. Se non si raggiunge un accordo con il sindacato si va alla sede dell’ispettorato di lavoro con il sindacato per cercare di arrivare ad un punto di intesa Oggi la norma dice che il divieto non c’è più, ma rimane la procedura. “Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale”. QUINDI non possono mai direttamente essere installati per controllare i lavoratori mentre svolgono la loro attività. Es: settore nucleare, le telecamere sono necessarie, ma per la sicurezza del lavoro, per esigenze organizzative e produttive. Questi strumenti, quindi, possono essere installati solo per queste finalizzazioni, in più c’è una procedura da seguire, il ddl non può unilateralmente decidere —> ci va previo accordo collettivo stipulato dalla RSU o dalle RSA / previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. Comma 2 —> tale procedura NON si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per svolgere l’attività lavorativa, nonché agli strumenti usati per registrare le presenze. Es: oggi il lavoratore che usa il computer può essere controllato dal ddl a distanza, perché resta il momento di accesso, di uscita, i dati, la cronologia. Ma anche coloro che usano gli smartphone, la macchina con il gps ecc… Se non ci fosse stato questo comma 2 tutti questi strumenti, con cui è possibile il controllo a distanza, avrebbero dovuto sottostare alla procedura. Sono strumenti di controllo che nel ’70 non potevano essere previsti. Questa disposizione è stata molto contestata —> la norma dice che se il mezzo con cui è possibile controllare a distanza il lavoratore è uno strumento di lavoro, non è necessario né l’accordo con il sindacato né l’autorizzazione. N.B se lo strumento di lavoro è indispensabile allo svolgimento dell’attività lavorativa allora il ddl non deve sottostare alla procedura del comma 1; se lo strumento non è indispensabile, il ddl deve sottostare alle procedure e alle condizioni richieste. Es: gps sui veicoli non è un elemento indispensabile. Es: presenze e assenze sono ritenute fondamentali per capire se il lavoratore adempie alla sua obbligazione: ritenuto legittimo il controllo da parte del ddl. Inoltre, il controllo di presenze e assenze è un controllo palese (es: bollare cartellino). Problema: quando il ddl raccoglie informazioni sul lavoratore, a distanza (es: con telecamera, pc, gps), queste possono essere utilizzate in sede disciplinare? Vecchio art 4 nulla diceva in merito —> oggi comma 3: “le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”. Pagina di 70 87 Diritto del lavoro Si intendono finalità di natura disciplinare, volte a punire l’inadempimento del lavoratore. Il ddl può utilizzare queste informazioni a una duplice condizione: I. Al lavoratore deve essere data adeguata informazione sulle modalità d’uso degli strumenti e dell’effettuazione dei controlli; II. Ddl deve rispettare le disposizioni della normativa sulla privacy nell’utilizzo dei dati raccolti; QUINDI: l’installazione dello strumento deve essere legittima, il ddl deve dimostrare che il lavoratore è stato informato prima della possibilità di essere controllato e che sono state rispettate le disposizioni sulla privacy. Ci vogliono, in ogni caso, i requisiti di necessità e trasparenza, per poter trattare con i dati personali. Articolo 5: riguarda l’eventuale utilizzo, da parte del ddl, di quelli che una volta erano definiti medici di fabbrica, utili a controllare lo stato di salute del dipendente o il motivo delle assenze —> Statuto interviene in modo rivoluzionario: vieta che il ddl, direttamente o attraverso i suoi medici o persone da lui scelte, possa controllare le condizioni del lavoratore. Non può, cioè, trattarsi di soggetti privatamente scelti —> questo controllo può essere fatto solo attraverso i servizi degli istituti previdenziali competenti (es: asl, con i loro ispettori). Questo articolo è stato integrato dalla l. 638/1983 che riguarda le fasce orarie di reperibilità (10-12, 17-19) —> QUINDI il ddl fa richiesta e la asl è obbligata a mandare l’ispettore. Comma 3 —> sono possibili le cosiddette visite di pre-assunzione per controllare l’identità fisica del lavoratore? “Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico". Quindi lo può fare, ma l’importante è che sia fatto da un ente pubblico. Articolo 6: riguarda le perquisizioni, che nello statuto dei lavoratori sono chiamate visite personali di controllo. Qui si ha ancora la vecchia impostazione, cioè la norma parte con un divieto derogabile. La norma dice: “Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate, fuorché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti”. Comma 2 —> precisa quando possono essere effettuate: I. All’uscita dei luoghi di lavoro; II. Con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori; III. Salvaguardando la dignità e la riservatezza del lavoratore. Pagina di 71 87 Diritto del lavoro Anche qui procedura che prevede accordo con il sindacato / autorizzazione ispettorato del lavoro / autorizzazione del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale [≠ art 4, qui la norma non è stata cambiata]. Articolo 8: divieto generale al ddl per quanto riguarda il controllo sulle opinioni personali, politiche, religiose, sindacali del lavoratore e in generale su tutto quello che riguarda la persona del lavoratore con la sola eccezione dei profili che concernano la valutazione dell’attitudine professionale ovvero l’idoneità del lavoratore allo svolgimento delle mansioni affidate. Sorta di antenato dell’attuale normativa della privacy e protegge direttamente la persona —> inserisce un principio di spersonalizzazione del rapporto di lavoro nella misura in cui impone al ddl di non invadere la sfera privata e delle opinioni dei suoi dipendenti. Questa norma oggi risulta meglio specificata dalla normativa sulla privacy, che però non si rivolge solo ai lavoratori, ma a tutti i cittadini; quindi, ha un ambito di applicazione molto più vasto. Torniamo alla somministrazione e vediamo chi esercita i poteri Potere di conformazione —> in capo all’utilizzatore, perché è colui che dice al lavoratore ciò che deve fare, l’agenzia non ne sa nulla. Ius variandi —> può esercitarlo l’utilizzatore? - Mansioni dello stesso livello: non c’è problema. - Mansioni inferiori: l’utilizzatore può inquadrare il lavoratore a mansioni inferiori nei limiti dell’art 2103 cc. - Mansioni superiori: problema —> si può fare, ma ha obbligo di comunicare all’agenzia lo spostamento a mansioni superiori perché è l’agenzia ad essere, in primis, obbligata a retribuire il lavoratore somministrato; quindi, se vi è una promozione a mansione superiore, scatta il diritto del lavoratore alle maggiorazioni retributive. La norma infatti afferma che se l’utilizzatore non informa resta lui responsabile del pagamento delle differenze retributive per aver inquadrato in mansioni superiori il lavoratore somministrato. Potere di controllo —> del tutto in capo all’utilizzatore. Potere disciplinare —> viene distribuito, perché è vero che il lavoratore potrà rendersi responsabile di una violazione o di un inadempimento presso l’utilizzatore (anche perché il lavoratore in agenza non ci va praticamente mai), ma l’utilizzatore dal pdv disciplinare non può far niente, se non segnalare e informare l’agenzia la quale dovrà farsi carico del procedimento disciplinare. L’agenzia deve sentire il lavoratore a difesa e concedergli i 5 giorni, poi può irrogare la sanzione. Pagina di 72 87 Diritto del lavoro quindi l’impresa trarrà il beneficio dal fatto che l’altra impresa sia riuscita a portare a termine le sue lavorazioni. Nei gruppi di imprese il distacco è abbastanza libero —> presunzione: si presume, se le due imprese fanno parte dello stesso gruppo, la sussistenza del requisito dell’interesse. II. Temporaneità = il distacco non può mai essere perpetuo, non si può dire al lavoratore domani vai e stai fino alla fine del tuo rapporto di lavoro. La temporaneità NON coincide con la brevità: può essere molto lungo, l’importante è che non sia a tempo indeterminato, deve avere una scadenza. Anche per il distacco, abbiamo disposizioni di cui siamo già a conoscenza: è responsabile del pagamento il distaccante —> il ddl originario. Comma 3 ha previsto altre due situazioni: I. Il distacco che comporta innovamento di mansioni deve ottenere il consenso del lavoratore prestato —> il distacco non ha bisogno del consenso, perché distaccare fa parte del potere direttivo; il consenso c’è in caso di mutamento di mansioni, perché bisogna rispettare l’art 2103. Perché è richiesto il consenso? L’elemento del consenso noi non lo abbiamo detto quando abbiamo spiegato il 2103 —> novità, è richiesto solo per: • Addizione a mansioni superiori, per la promozione automatica —> perché il lavoratore può dire no, non voglio essere promosso • Patto di demansionamento: accordo che deve essere raggiunto in sede protetta Negli altri casi il consenso non è richiesto. II. Quando il distacco comporti un trasferimento a più di 50km di distanza, può avvenire solo per comprovate ragioni tecniche organizzative e produttive o sostitutive —> riferimento alla disciplina del trasferimento; ma nel distacco le ragioni produttive ecc… non sono già prese in considerazione nel requisito dell’interesse? Se chiedi il requisito dell’interesse del distaccante, perché anche le ragioni? Le ragioni sono la stessa cosa dei requisiti dell’interesse. Pagina di 75 87 Diritto del lavoro Licenziamenti (Lezione 16. 2 maggio) Il licenziamento deve essere giustificato se no è illegittimo —> ci sono diverse forme di illegittimità; se illegittimo, scattano delle tutele a favore del lavoratore. Queste tutele sono state modificate dal legislatore —> se ci fossimo fermati allo statuto del ’70, come tutela per le imprese di grandi dimensioni bastava studiare il 2118 cc. Con la riforma Fornero (l.92/2012) ci sono state delle modifiche. Dopo, c’è stato il Jobs Act (con il dl 23/2015), che ha modificato le tutele in caso di licenziamento illegittimo con il provvedimento “il contratto di lavoro a tutele crescenti”, che NON è un contratto, ma una disciplina delle conseguenze del licenziamento illegittimo. Presupposti giustificativi Per spiegarli si usa una chiave evolutiva e si inizia dal codice civile: 1. Disciplina codicistica originale = c’era solo la disciplina del recesso da rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La differenza è: • Se il recesso è del datore si chiama licenziamento • Se il recesso è del lavoratore, si chiama dimissione. Nel codice NON si distingueva tra licenziamento e dimissioni —> disciplinati allo stesso modo dagli artt 2118 e 2119 (questi due articoli ci sono ancora). Art 2118: “ciascuna delle pareti può recedere da un contratto di lavoro a tempo indeterminato dando il preavviso all’altra parte”. Qui si parla sia di recesso del datore che del lavoratore —> l’unico onere se ddl o lavoratore voleva recedere, era il preavviso. Questa norma è chiamata ”recesso ad nutum”. Preavviso = nella sua durata NON è determinato dalla legge, il 2118 rinvia ai contratti collettivi e agli usi —> i termini di preavviso possono cambiare, perché dipendono da che livello è inquadrato il lavoratore e dall'anzianità maturata. Il preavviso implica che se il ddl comunica il licenziamento (per forza con forma scritta), il recesso produce effetto dal momento in cui il lavoratore giunge a conoscenza del licenziamento da parte del lavoratore —> cioè da quando il lavoratore riceve la busta con il licenziamento e non vale la data di spedizione della raccomandata (normalmente si fa la raccomandata R/R, con la raccomandata di ritorno, così so da quanto il lavoratore l’ha ricevuta e da li partono i termini di licenziamento). Indennità di mancato preavviso = ratio preavviso: concedere al lavoratore tempo per trovarsi un altro impiego. Con l’indennità di mancato preavviso si compensa il mancato preavviso, è un caso regolato dall’art 2121 cc. Si fa riferimento a tutto quello che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato. Il datore può avere interesse a pagargli i mesi e a lasciarlo a casa —> glieli paga come se avesse lavorato, con tutto quello che ricomprendeva la retribuzione: qui il lavoratore è licenziato ma ha 3 mesi di lavoro pagato. Quindi il preavviso: o viene pagato, o viene lavorato. Se il lavoratore dà le dimissioni: o dà il preavviso (e deve lavorare in Pagina di 76 87 Diritto del lavoro quel periodo) o deve corrispondere al datore l’indennità del preavviso —> 2118:  “chi recede deve dare il preavviso”. Preavviso natura reale: una volta si diceva che il preavviso ha natura reale. Es: recesso ddl —> se anche il ddl avesse pagato il preavviso e quindi il lavoratore fosse stato a casa subito, quei 3 mesi di tempo avrebbero avuto rilievo come se ci fosse stato il rapporto di lavoro. Per cui se il mese dopo i minimi aumentano, ecco che il lavoratore, anche se era a casa, avrebbe avuto diritto a quegli aumenti. Questa è la teoria della realità del preavviso: il rapporto non spirava fino alla scadenza del termine del preavviso —> oggi si dice che il preavviso ha natura obbligatoria: se il ddl paga il preavviso, il rapporto cessa quando viene comunicato il recesso —> nei 3 mesi successivi il rapporto non c’è più e quello che succede dopo non conta più. Art 2119: “Qualora sussista una causa così grave da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro, non è dovuto il preavviso” —> contiene il concetto di giusta causa. Nel 1942, essendo il recesso libero, questo articolo non serviva a giustificare, ma ad escludere il preavviso —> se c’era una causa giusta (la più grave), non era dovuto il preavviso —> cd recesso in tronco. Se c’è la giusta causa il rapporto si interrompe subito (dal momento in cui il lavoratore/ddl riceve la comunicazione scritta). Stessa cosa vale per le dimissioni —> MA se sono le dimissioni ad essere per giusta causa, non solo il lavoratore non deve dare il preavviso ma ha anche diritto a ricevere l’indennità di mancato preavviso dal datore. Questa è la disciplina codicistica. 
 Questi due articoli si sono dovuti coordinare con le successive modifiche intervenute —> dopo l’emanazione della costituzione si è cominciato a dire che la normativa era "mistificante" perché equiparava perfettamente il recesso del datore e il recesso del lavoratore; una cosa è che receda il ddl, perché resti senza occupazione (e il lavoro serve a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa) —> si ritiene troppo importante la retribuzione per accontentarsi di una disciplina che dice che il recesso del datore è uguale a quello del lavoratore. 
 
 Interviene la legge 604/1966: ha introdotto il principio di giustificatezza del licenziamento. Questa legge ci consente di dire che il licenziamento è legittimo se è giustificato. Le dimissioni sono rimaste regolate dagli artt 1218 e 1219 cc (ancora oggi non devono essere giustificate). Introduce i presupposti giustificativi del licenziamento individuale: - Giusta causa: se c’è la giusta causa, non c’è preavviso. La legge non parla della giusta causa, ma recupera il 2119 cc e gli dà un contenuto, che è poi stato individuato dalla giurisprudenza —> è la giuri a dirci cos’è la giusta causa. - Giustificato motivo soggettivo Pagina di 77 87 Diritto del lavoro - Sospensione - Licenziamento con preavviso - Licenziamento senza preavviso. Il ddl che vuole irrogare un licenziamento disciplinare, deve tener conto, in ogni caso, di quel che dice il contratto collettivo —> in sede di legittimazione del licenziamento dovrà giustificare. La prima cosa che guarda il giudice nel valutare è la sussistenza del fatto, e poi la proporzionalità: qui il giudice non è obbligato ad applicare le disposizioni del contratto collettivo, può valutare il licenziamento anche solo alla luce del 2119 e dell’art 3 l.604/1966 (norma che contiene la definizione di giustificato motivo soggettivo). GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO Definito dall’art 3 l. 604/1966: “il giustificato motivo soggettivo è un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali." Ci sono due ordini di distinzione: - Differenza quantitativa = la GC è un gravissimo inadempimento / il GMS è un notevole, oppure grave —> se c'è GC non è necessario il preavviso, con il GMS ci vuole preavviso. - Differenza qualitativa = nella GC sono presenti anche i comportamenti che non sono inadempimenti / nel GMS ci sono solo gli inadempimenti —> devo avere un inadempimento, se gravissimo vale come GC, se è notevole vale come GMS e devo dare il preavviso. La differenza è nel grado: gravissimo e notevole. Come si valuta la gravità? Due orientamenti: A. Gravità dell’inadempimento può essere dedotta dalla gravità del danno inflitto al datore o all’impresa —> no B. Il danno può essere anche tenue, a contare è l’elemento soggettivo con cui ha agito il lavoratore —> colpa / dolo / colpa grave. Es: lavoratore addetto ad uno sportello bancario, qualcuno mi viene a chiedere di fare un prelievo —> mi distraggo e i 1500 euro vengono rubati —> danno è di 1500 euro, ma non c’è intenzionalità. Es 2: commessa di supermercato si porta a casa un paio di calze che vale 4 euro: danno è tenue, ma c’è dolo. Sappiate che la gravità viene giustificata in alcuni casi. GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO Il licenziamento è dovuto a ragioni organizzative-produttive inerenti all’impresa —> non c’è alcuna colpa del lavoratore. Es: ristrutturazioni delle organizzazioni, soppressione dei reparti, introduzione di tecnologie… Sopra ai 5 dipendenti licenziati si parla di licenziamento collettivo. Es: ddl ha un’impresa che si articola in tre reparti, tutti i reparti vanno male, ma decide di sopprimerne uno —> i 4 lavoratori dipendenti di quel reparto possono essere Pagina di 80 87 Diritto del lavoro licenziati? Sì, se il licenziamento resta individuale, perché se collettivo il datore se la deve vedere con i sindacati. GMO e licenziamento collettivo sono i cd licenziamenti economici, cioè dovuti all’impresa. QUINDI se vengono meno le mansioni e al ddl è impossibile collocare proficuamente quel lavoratore nell’impresa, è consentito il recesso. Licenziare per GMO non è facile, ci sono 3 passaggi da rispettare —> lavoratore, può sempre impugnare entro 60gg e il giudice controllerà la legittimità di quel recesso nei 3 passaggi: I. Dovrà verificare l’effettiva sussistenza del fatto che il ddl fa valere come GMO. Es: se ddl dice di aver introdotto 3 robot che svolgono le mansioni di 4 lavoratori, deve essere vera la loro introduzione e il fatto che svolgano le mansioni di quei 4 lavoratori —> si verifica la sussistenza e la non pretestuosità del fatto. N.B giudice NON può entrare nel merito della decisione del ddl —> ratio: art 41 comma 1 cost: “l’iniziativa economica privata è libera”. II. Dovrà verificare il nesso di causalità tra il GMO e la scelta del lavoratore da licenziare —> se sopprimo un reparto e lì ci sono 3 lavoratori, i licenziati sono quelli di quel reparto, non è che io 5gg prima sposto in quel reparto tutti i sindacalisti e poi sopprimo il reparto: a quel punto sarebbe anche discriminatorio. III. Obbligo di repechage (o di ripescaggio) = il ddl non può licenziare, se non prova che gli è impossibile collocare quei lavoratori su altre posizioni lavorative all’interno dell’impresa. All’inizio si diceva che il datore doveva dimostrare che non poteva spostarli altrove, ma con riferimento all’equivalenza delle mansioni. Adesso l’equivalenza non c’è più e qualcuno dice che visto che il nuovo art 2103 dice che in certi casi il ddl può anche adibire i lavoratori a mansioni di livello inferiore purché lasci l’inquadramento precedente e la stessa retribuzione di base. A quel punto qualcuno ha detto che la prova dell’impossibilità del repechage va fatta non solo sulle mansioni dello stesso livello, ma anche sulle mansioni dei livelli inferiori. Se l’impresa ha più unità produttive, la prova va fatta con riferimento a tutte le unità produttive. Qui c’è una lotta serrata tra altri due orientamenti: (1) orientamento dice che il ddl fornisce la prova perché in base all’art 5 l.604 è onerato della prova della sussistenza del presupposto giustificativo —> è un’inversione dell’onere della prova perché se impugna il lavoratore dovrebbe dimostrare lui che non c’è, invece l’onere grava sul ddl; (2) orientamento dice che l’onere spetta al lavoratore.  Pagina di 81 87 Diritto del lavoro Licenziamenti (Lezione 17. 3 maggio) Ci iscriviamo all’appello del 10 e poi non è necessario iscriversi all’appello del 14 maggio, per registrare il voto ci dobbiamo iscrivere in uno qualsiasi degli appelli successivi (tutta la sessione estiva, fino a settembre). Nel campo note bisogna scrivere “registrazione voto”, non bisogna presentarsi. Nella l. ’66 ci sono le nozioni di GMO e GMS (art 3); ma c’è anche una forma di tutela, cioè la sanzione che l’ordinamento prevede nel caso in cui il licenziamento sia dichiarato illegittimo. Ci sono diversi tipi di invalidità del licenziamento già contemplati dalla stessa legge del ’66 —> importante perché con la riforma Fornero bisogna distinguere tra il tipo di invalidità per vedere quali sono le conseguenze: 1. Licenziamento nullo = non produce alcun tipo di effetto perché discriminatorio / dettato da motivo illecito determinante / nullo perché previsto dalla legge. Es: quando è intimato in violazione di un divieto di licenziamento: come la lavoratrice madre che non può essere licenziata, il divieto va dal momento in cui è iniziata la gravidanza (anche se la dipendente non lo sa) fino al primo anno di vita del bambino; oppure il divieto di licenziamento per causa di matrimonio. Licenziamento ritorsivo: non sorretto da alcun motivo, giustificazione ma è una ritorsione —> se il lavoratore riesce a dimostrare la ritorsione, allora è nullo. 2. Licenziamento annullabile: (maggioranza delle ipotesi); annullabile quando è privo della giustificazione. Se in giudizio il ddl non dimostra GC, GMS, GMO, il licenziamento è annullabile. 3. Licenziamento inefficace: l’inefficacia deriva da vizi di forma —> oggi con la legge Fornero se il licenziamento è privo della forma scritta viene dichiarato nullo, però ci sono altri vizi. Ci possono essere altri difetti di forma. La legge del ’66 ha introdotto una tutela cd obbligatoria (art 8 l.604, detta anche tutela debole) —> prevede che il giudice, qualora ritenga illegittimo il licenziamento, condanni il ddl: a riassumere il dipendente (riassunzione) o a versare un’indennità che va da 2,5 fino a un massimo di 6 mensilità —> la scelta spetta al ddl. Le mensilità possono essere aumentate a seconda delle dimensioni dell’impresa, dell’anzianità di servizio del lavoratore o altri criteri—> può essere maggiorata fino a 10 per il lavoratore con anzianità > a 10 anni; fino a 14 se anzianità > 20 anni. NB è chiamata tutela obbligatoria perché il licenziamento anche se illegittimo produce i suoi effetti, cioè interrompe il rapporto di lavoro —> se il giudice condanna il datore a riassumere o a pagare, già il termine riassunzione implica che il rapporto di lavoro riparte da capo (ma comunque il ddl può scegliere di pagare). In ogni caso NON è una reintegra. Pagina di 82 87 Diritto del lavoro Il legislatore è intervenuto per evitare il decentramento fraudolento, perché le imprese potevano dire di avere un’unità produttiva con 20 dipendenti, avvalersi di due unità produttive da 10 dipendenti ciascuna collocate in due comuni diversi (es. Torino e Brescia) —> l’impresa era la stessa, quindi si sommava il numero dei lavoratori e se si restava sotto i 60 non si applicava la tutela reale. I 60 si calcolavano tenendo conto di tutte le unità produttive dislocate sul territorio. La tutela obbligatoria è disciplinata dall’art 8 e si applica in tutti gli altri casi. Non c’è più il 2118 —> la tutela obbligatoria ha assorbito la precedente area del recesso ad nutum che riguarda le imprese con meno di 35 dipendenti. Il 2118 però NON è sparito del tutto —> esiste ancora per: - Dimissioni - I licenziamenti dei dirigenti - Lavoratori ultra 60enni che hanno maturato i requisiti pensionistici - Lavoratori domestici - Lavoratori in prova fino a 6 mesi L’articolo 18 è sempre stato oggetto di un acceso dibattito perché fa paura alle imprese in quanto deprime le assunzioni —> impresa prima di assumere il lavoratore a tempo indeterminato ci pensa due volte. Dopo tutta una serie di sollecitazioni da parte dell’Europa perché avevamo una legge troppo rigida in materia di licenziamenti, con il governo Monti viene emanata la l. 92/2012 che prevede una riscrittura dell’articolo 18 —> abbiamo 4 livelli di tutela contro i licenziamenti illegittimi: 1. La tutela reintegratoria piena (del vecchio 18) o tutela forte = in caso di licenziamento illegittimo il lavoratore ha diritto ad essere reintegrato, nonché a percepire un’indennità commisurata a tutte le retribuzioni globali e di fatto perse dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione e, comunque, della misura minima di 5 mensilità —> lavoratore può optare per sostituire la reintegrazione con un’indennità di 15 mensilità. Chiaro che, essendo il rapporto di lavoro mai stato interrotto, il ddl deve anche pensare ai contributi previdenziali e assistenziali. Allora il ddl deve una indennità commisurata alle retribuzioni globali di fatto, che vuol dire onnicomprensive: l’indennità è calcolata sulla retribuzione con tutti i suoi elementi continuativi. Globale di fatto vuol dire onnicomprensiva: nel fare il calcolo di quanto è dovuto bisogna prendere in considerazione tutte le voci retributive. N.B se il ddl riesce a dimostrare che in quel periodo il lavoratore ha trovato un’altra occupazione, allora quello che il lavoratore ha percepito per questa altra occupazione viene chiamato “aliunde perceptum” —> il ddl può chiedere al giudice di sottrarlo da quello che deve pagare. Ratio: il lavoratore dichiara di aver subito un danno, che la legge parametra alle retribuzioni perse, ma se ha lavorato altrove il danno sarà minore. Questo si chiama detraibilità della Pagina di 85 87 Diritto del lavoro “aliunde perceptum”. In ogni caso questa indennità risarcitoria non potrà essere inferiore a 5 mensilità. Questa tutela si applica: • Licenziamenti nulli perché discriminatori o intimati in violazione dei divieti di licenziamento o determinati da motivo illecito • Licenziamenti nulli perché carenti della forma scritta —> se è orale è nullo. L. 183/2010 stabilisce che, anche in caso di nullità del licenziamento, sia prevista la decadenza per le impugnazioni —> devi impugnare il licenziamento entro i 60gg, per iscritto. II. Abbiamo la reintegra, con l’indennità limitata alle 12 mensilità: è il secondo livello di reintegra, un po' più debole della prima. Qui NON c'è il minimo di 5 mensilità, quindi il lavoratore può anche percepire solo 2 o 3 mensilità a titolo di risarcimento. Questa tutela si applica • Licenziamenti disciplinari: per GC, GMS • Licenziamenti per GMO Si applica ai disciplinari quando il licenziamento è stato intimato: - Per un fatto che non sussiste - Per un fatto che sussiste, ma che è previsto dai contratti collettivi come passibile di sanzione solo conservativa —> si guarda alla gravità [se nullo si applica la reintegra classica, se annullabile applichi questa forma attenuata di reintegra]. Es: se licenzio un lavoratore per motivi disciplinari perché è arrivato un giorno in ritardo di 10 minuti, il fatto sussiste, ma i contratti collettivi per un ritardo di 10 minuti non prevedono un licenziamento, ma un’ammonizione scritta a dir tanto. In questo caso il giudice deve dichiararlo illegittimo e condannerà il datore a reintegrare il lavoratore e a versargli l'indennità, la quale non potrà essere superiore alle 12 mensilità. Qui la giuri ha aggiunto dicendo che ci vuole l'elemento della rilevanza disciplinare. In giudizio, visto che è il ddl che deve provare, questo dovrà dimostrare, se vuole che il suo licenziamento non sia dichiarato illegittimo, che il fatto sussiste anche giuridicamente: che è un fatto che merita di essere sanzionato con licenziamento. III. Tutela indennitaria forte = sparisce la reintegra, ecco la novità della Fornero. Ci sono casi in cui il licenziamento è sanzionato con il versamento di un’indennità —> licenziamento illegittimo non perché il fatto non sussiste, ma per altri motivi che sono meno gravi. Siamo in ipotesi in cui il licenziamento è illegittimo, ma il fatto sussiste ed è previsto nel contratto collettivo come Pagina di 86 87 Diritto del lavoro passibile di sanzione espulsiva —> il giudice condanna ddl al versamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva che va dalle 12 alle 24 mensilità. Il giudice nel decidere utilizza dei criteri in relazione: • All’anzianità del lavoratore • Alle dimensioni dell’impresa • Al comportamento delle parti. IV. Tutela indennitaria ridotta = il licenziamento è dichiarato illegittimo, ma il ddl è condannato a versare solo da 6 a 12 mensilità. Si applica quando il licenziamento è viziato formalmente. N.B non quando manca la forma scritta (si applica il 1 liv), ma quando presenta altri difetti formali —> es: mancata osservanza dell’art 7 statuto, oppure nella lettera di licenziamento non c’è l’elencazione dei motivi ecc… Dlgs 23/2015 “contratto di lavoro a tutele crescenti”: non è un contratto, ma una disciplina sul licenziamento. Questa disciplina, si applica a coloro che sono stati assunti dopo il 7 marzo 2015 —> anche qui 4 livelli di tutela: I. Tutela forte = tutela reintegratoria piena o classica —> x licenziamenti nulli, perché discriminatori, in violazione di divieti... non c’è più l’espressione determinati da motivo illecito, e negli altri casi di nullità espressamente prevista dalla legge. Interviene Corte Cost eliminando l’espressione “espressamente”, per eccesso di delega. Questo 1° livello è uguale a quello della Fornero e si applica sempre in caso di mancanza di forma scritta. II. Reintegra con indennità limitata fino alle 12 mensilità = novità —> si applica solo più ai licenziamenti disciplinari che sono stati dichiarati illegittimi per insussistenza materiale del fatto. Quindi in pratica tutti i licenziamenti per GMO, anche se illegittimi per insussistenza del fatto, non sono più puniti con la reintegra, vanno tutti nell’indennitaria. Pagina di 87 87
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