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Diritto dell'economia Malvagna Università di Trento, Sbobinature di Diritto Dell'economia

Corso diritto dell'economia Ugo Malvagna Università di Trento a.a. 2022/2023

Tipologia: Sbobinature

2021/2022
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Scarica Diritto dell'economia Malvagna Università di Trento e più Sbobinature in PDF di Diritto Dell'economia solo su Docsity! DIRITTO DELL’ECONOMIA a.a. 2022-2023 Ugo Malvagna Perché il diritto regola il fenomeno economico, come lo fa, come lo Stato organizza le proprie funzioni di controllo e di regolazione dell’attività economica, anche dal punto di vista del diritto privato - Perché fissare un limite massimo al costo del credito e non al costo dell’energia o del pane? In Italia è regolamentato per come è strutturato il mercato del credito, infatti esso non è concorrenziale: la banca deve essere autorizzata dallo Stato, c’è una barriera d’accesso per poter prestare denaro (per una barriera normativa il mercato del credito è oligopolistico). - Se le scommesse autorizzate dallo stato sono lecite, perché la commercializzazione di criptovalute ai consumatori dovrebbe essere limitata? Il problema delle criptovalute è che esse non sono tracciate e riducono l’efficacia dei sistemi di controllo del riciclaggio; inoltre scardinerebbero il sistema monetario (non sono sostenute da banche centrali) e non promuovono il benessere economico. - E’ giusto erogare sussidi agli imprenditori per le perdite subite in conseguenza del lockdown? - Se una banca fallisce, è corretto tenere indenni i piccoli risparmiatori dalle perdite? - A quali condizioni lo sviluppatore dell’intelligenza artificiale risponde dei danni cagionati dai prodotti che se ne avvalgono? Incompletezza del diritto: non può trovare in sè le risposte alle esigenze sociali > Dalla centralità della legge alla centralità dei fenomeni economici e sociali Obiettivi: l’insegnamento si propone di consentire agli studenti di comprendere le coordinate fondamentali su cui si edifica l’architettura normativa relativa all’esercizio delle attività economiche. Il corso affronta sia gli istituti fondamentali di tratto pubblicistico (principi costituzionali e del diritto europeo; paradigma dello Stato regolatore; strumenti di intervento pubblico nell’economia; principio della concorrenza; disciplina dei servizi di interesse economico generale e di altri settori regolati), sia le regole privatistiche delle relazioni economiche nel mercato. Al termine dell’insegnamento lo studente dovrà essere in grado di riconoscere gli elementi essenziali dell’assetto normativo vigente in materia di regolazione delle attività economiche e degli assetti di mercato, inclusi gli istituti generali dell’impresa e del contratto, e i relativi rimedi (altro corso di finanza sostenibile; secondo semestre, 20 ore) Slide 13 > Smith e Marx il sabato sera L’attività economica per come la conosciamo noi oggi si connota come attività industriale, produzione di massa di beni e servizi. Individuiamo i modelli economici alternativi dopo la rivoluzione industriale. Nel contesto industriale (economia di scala, produzione di massa, tecnologia) ci sono due modelli fondamentalmente: (N.B: non è mai esistita un’applicazione piena di tali modelli) - modello dell’economia di mercato, capitalistico (anche se non c’è una perfetta coincidenza tra questi due concetti): sistema economico dove i singoli privati possono liberamente muoversi e liberamente contrattare; non è un stato naturale, non esiste nella natura delle cose, ma è una creazione giuridica in quanto esiste un dato modo di regolare gli scambi. 1 Per mercato in senso generale intendiamo la somma ideale di tutti gli scambi di tutti i beni e di tutti i servizi, in qualsiasi modo si svolgono i contratti (l’obiettivo è facilitare gli scambi = ridurre i costi transattivi per unire aspiranti acquirenti e aspiranti venditori, chi fa domanda e chi fa offerta) - modello dell’economia pianificata: vi è un centro decisionale che decide la quantità di beni da produrre (come si allocano le risorse scarse) per soddisfare al massimo le esigenze sociali. Come si può pianificare? Finchè esiste la proprietà dei mezzi di produzione, l’economia non può essere pianificata totalmente. PRO E CONTRO Smith: motivazione politico-filosofica > promette la libertà di attività economica che inerisce alla libertà dell’individuo; motivazione scientifica > “Mano invisibile”: autogestione dell’economia; il sistema economico nonostante non ci sia una direzione funziona autonomamente. Ogni individuo nel perseguire un proprio interesse egoistico, risulta perseguire involontariamente un interesse della comunità. Marx: “problema dell’appropriazione del plusvalore” > ingiustizia di fondo dovuta alla diseguaglianza che si crea tra il pagamento del dipendente e il profitto creatosi dal suo stesso lavoro. Tale disuguaglianza può essere eliminata solo tramite la centralizzazione del potere decisionale economico > nazionalizzazione dei mezzi di produzione e sostituzione del capitale col potere politico per evitare lo sfruttamento (alienazione) e per soddisfare i fini sociali e non l’interesse individuale. Il modello storicamente applicato più simile al modello dell’economia di mercato è quello instaurato nel Regno Unito degli anni ‘80 (“There is no such thing as society: there are individual men and women, and there are families.” M. Thatcher). Slide 16 ECONOMIA DI MERCATO ED ECONOMIA PIANIFICATA: LIBERALISMO E COLLETTIVISMO Liberalismo - Economica di mercato - Proprietà privata dei mezzi di produzione - Libertà di contratto (con i clienti e con i fornitori) - Impresa e suo finanziamento (capitale) Funzione “costituzionale” del diritto privato - Il mercato non è mai “spontaneo” Modelli “teorici” e modelli “reali” / Modelli “ibridi” Il diritto privato ha valore costituzionale poiché definisce le funzioni minime del libero mercato. Art. 832 c.c. “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico” Art. 42 Cost. (1948): “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti (funzionalizzazione della proprietà). La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sull’eredità” > sistema ibrido 2 Il prodotto migliore viene deciso liberamente dai consumatori che porteranno più ricavi ai produttori del prodotto stesso. Nel sistema capitalistico, il capitale quindi affluisce dove è meglio utilizzato > concetto di efficienza Questo meccanismo, centralizzato, si oppone al sistema centralizzato. Il capitalismo è quindi democratico? Da un lato sì poiché è un sistema che porta le imprese a produrre i beni che i consumatori ritengono soddisfi meglio i loro bisogni e anche dal lato dell’investitore privato, è un sistema che garantisce una partecipazione democratica all’attività economica. Invece quando si verificano situazioni di potere di mercato (si verifica solitamente dal lato dell’offerta ma non solo, si intende la capacità che ha un'azienda di vendere un prodotto ad un prezzo superiore rispetto al prezzo competitivo del mercato) tale sistema non funziona più in quanto il soggetto che ha potere di mercato lo può sfruttare per estrarre vantaggi ulteriori rispetto a quelli che sarebbero efficienti. Nel sistema capitalistico si cerca di mantenere la concorrenza, poiché dove c’è concorrenza il capitalismo dà il meglio di sè nell’allocamento delle risorse ma la concorrenza tende ad autodistruggersi poiché è effettivamente una gara in cui ci sarà comunque un vincitore (chi avrà il potere di mercato). Il problema del capitalismo è la sua fragilità poiché presuppone il mantenimento di condizioni reali (concorrenza) che la dinamica stessa del capitalismo porta a rimuovere (potere di mercato) > paradosso infinito. Definizione efficace di concorrenza: gara in cui non vi dovrebbe mai essere un vincitore; ciò è però impossibile da realizzare concretamente e inconveniente in alcune situazioni (es. “capital intensive” come le imprese chimiche: imprese che necessitano di un grande capitale; non è conveniente crearle se non vi è un efficace ma soprattutto sicuro vantaggio). In breve il capitalismo non impedisce al potere di mercato di formarsi > bisogna trovare una soluzione (I più grandi monopolisti odierni sono le imprese digitali che in un certo senso non sono “capital intensive”; ciò dipende da com’è fatto il mercato. Le imprese digitali del Web 2.0, i social, sono dei mercati a due lati, cioè mettono insieme 2 tipi di clienti. Si verifica il fenomeno di “esternalità di rete” = dove ci sono più persone, arriveranno sempre più persone e contrario). Effetti esterni dell'attività economica: l’obiettivo è lasciare all’impresa la decisione di come utilizzare le risorse. L’impresa è anche però caratterizzata dall’economicità, che lavora autonomamente. Nella realtà non esistono solo i contratti, nel senso di rapporti che legano due persone limitatamente a ciò che hanno previsto, esistono anche le esternalità dell’attività economica (es. inquinamento). Il problema è che il mercato non riesce a proteggere tutti gli interessi della società ma solo una parte perché porta le imprese che agiscono in maniera decentralizzata a ignorare alcuni costi che poi nella società si verificano inevitabilmente = il meccanismo economico non può tutelare gli interessi al di fuori di quelli strettamente economici degli agenti. Tale atteggiamento si è poi riflesso contro gli stessi agenti: da 50 anni ad oggi (dopo la nascita della teoria delle esternalità) infatti, l’impresa che contribuisce in maniera particolarmente negativa a creare esternalità è anche l’impresa che ha meno valore, poiché è meno capace nel futuro di creare valore (finanza sostenibile). Inoltre la teoria del capitalismo nonostante si presenti come una teoria per la società, non può essere l’unica teorica sociale/politica poiché il capitalismo produce l’accentramento del potere di mercato, l’accentramento delle risorse e di conseguenza la creazione di una fascia di povertà. 5 Problema dell’economia pianificata/collettivista Il sistema collettivista risponde meglio a quell’istanza di bisogni sociali su vasta scala ed è più probabile che elimini la disuguaglianza sociale. Ma il problema riguarda l’efficienza ed è duplice: -soltanto l’organizzazione politica decide in maniera vincolante i bisogni della società e come soddisfarli -la qualità imprenditoriale in un sistema collettivista e politicamente diretto si è dimostrata scadente (poiché non vi sono “incentivi morali”): le decisioni d’impresa sono assunte molto spesso per obiettivi politici poiché comandate da politici (problema: nesso tra la politica e l’attività economica; non viene orientato tutto al profitto, ma ha un concreto problema di efficienza) Come gli economisti tentano di dimostrare il sistema della mano invisibile? Il valore, cioè la ricchezza prodotta, non solo in termini monetari, parliamo quindi di unità ideale di maggiore ricchezza prodotta per la società, nella visione dell’economia di mercato non è oggettivamente sondabile e le viene data una visione oggettiva solo quando viene trasformata in termini monetari. Gli economisti definiscono il concetto di valore, cioè ciò a cui deve ambire il sistema economico (creazione del massimo valore possibile) come la visuale di incremento del benessere (welfare=punto felicità) del consumatore sulla base delle proprie preferenze > il valore è deciso quindi dai singoli attori economici e non vi è una visione oggettiva. Il benessere del consumatore è idiosincratico: ognuno ha preferenze diverse, “ognuno ha la sua fissa”. L’unico sistema razionale per raggiungere una situazione di efficienza (affinché i beni vadano dove sono più utili e soddisfano maggiormente) è creare un sistema di scambi, affinché siano i singoli consumatori in grado di decidere per sé tra una pluralità di offerte. Postulati per raggiungere l’equilibrio di mercato, cioè la massima efficienza possibile nell’allocazione delle risorse: 1° postulato: i consumatori sono razionali, conoscono bene le loro preferenze, riescono ad attribuire loro un valore monetario in relazione ai propri vincoli di bilancio e in relazione agli altri beni. Sanno scegliere in maniera razionale 2° postulato: il consumatore agisce in maniera da massimizzare la propria utilità, in maniera economicamente razionale: posta una spesa, vuole raggiungere il ricavo maggiore possibile nel limite delle risorse. Altre precondizioni: -perfetta libertà di entrata e uscita dal mercato (no autorizzazioni, vincoli, licenza etc.) -perfetta sostituibilità tra beni offerti (la concorrenza è sfrenata) -l'impossibilità degli attori economici di determinare autonomamente i prezzi -piena condivisione delle informazioni (decisione informate) Quali di queste situazioni sono reali? Nessuna di queste! Per esempio a causa di una differenza di conoscenza temporale: tali idee sono state ipotizzate 200 anni fa, solo 20 anni fa si è capito per es. che i consumatori non sono razionali. I consumatori infatti hanno dei difetti cognitivi (BIAS) che le imprese hanno capito e che sfruttano alterando il meccanismo virtuoso del mercato. Non esiste nessun mercato inoltre in cui i beni sono 6 perfettamente sostituibili e in cui l'uscita e l'entrata dai mercati stessi è libera e gratuita. Se fosse così, il mercato funzionerebbe perfettamente. Nelle situazioni in cui il mercato non funziona (com'è poi nella realtà di tutti i giorni) interviene anche l'ordinamento per correggerle. Il diritto nel sistema attuale dello stato regolatore ha fondamentalmente due funzioni: - garantire l'esistenza di un'economia di mercato - correggere le disfunzioni del mercato Considerando che il valore dei beni è deciso dai consumatori in quanto insondabile in maniera oggettiva, l'equilibrio di mercato coincide con il miglior equilibrio possibile/realizzabile che soddisfi le esigenze di tutti i consumatori, considerato il vincolo esterno dato dalle risorse a disposizione dei consumatori e dalle tecnologie di produzione. La logica del profitto è l'unica logica per misurare la soddisfazione degli interessi dei soggetti. MARGINALITA' L'equilibrio si ha quando, posto un prezzo di mercato, vi è equivalenza tra il costo marginale e il ricavo marginale > lo scopo dell'economia è aumentare la ricchezza complessiva; si vuole capire quali siano le condizioni per espandere il sistema economico. Bisogna capire quale sia il limite massimo della produzione efficiente e cioè quando aumentando l'offerta il prezzo si riduce e l'aumento di ricavo (il ricavo per quell'unità in più) è inferiore all'aumento di prezzo della produzione (al costo di produzione per quell'unità in più). Le due logiche di massimizzazione dell'utile (il benessere del consumatore, l'utilità personale e la massimizzazione del profitto dell'imprenditore) convergono nel punto dell'equilibrio di mercato > dimostrazione della teoria della mano invisibile. Il mercato consente di allocare le risorse nella maniera migliore perché confluiscono laddove e nella misura in cui possono avere un utilizzo efficiente e condurre alla massimizzazione del profitto (non esiste un modo per svolgere in maniera più produttiva quella data attività economica in quel momento); non c'è quindi bisogno della “direzione cognitiva” del mercato perché questo sistema porta le risorse a essere valorizzate in maniera adeguata grazie ad un test di mercato continuo. Tale discorso riguarda la materia macroeconomica. Il diritto dell'economia in realtà si basa su alcune nozioni in materia di microeconomia (rapporti tra i soggetti). Esse sono: - il concetto di ottimo paretiano - tema dei costi transattivi - i fallimenti del mercato TEORIA DELL'OTTIMO PARETIANO E' un tipo di equilibrio di mercato; indica una situazione in cui, posto un dato perimetro di soggetti che possono scambiarsi risorse, cioè dato un mercato di beni e di servizi, non sono più possibili transazioni volontarie in quanto non è più possibile mediante tali transazioni aumentare il volume complessivo di benessere. 7 Postulati: -i consumatori siano tutti razionali e conoscano le loro preferenze in maniera perfetta > perfetta razionalità dell’agente economico (solo negli ultimi decenni si è capito che in realtà esistono dei difetti cognitivi strutturali dei consumatori, per ragioni psicologici, temporali etc; sono difetti che le imprese hanno studiato e che sanno ora sfruttare a loro vantaggio. Es. portale di Amazon). -il consumatore agisce in maniera da massimizzare la propria utilità (cioè, a parità di condizioni, operare la scelta che aumenta di più il suo benessere, la sua soddisfazione individuale); -le imprese operano per massimizzare i propri profitti (che dipendono dai costi e dai ricavi) Vi sono però molteplici gap che portano a numerosi fallimenti del mercato: situazioni in cui il mercato fallisce nel suo scopo principale, cioè di realizzare l’efficienza allocativa e produttiva. Precondizioni > che situazione deve esistere nel mercato perché la concorrenza funzioni al meglio > concorrenza perfetta (presupposti che nella realtà non ci sono quasi mai) 1) perfetta libertà di entrata e di uscita dal mercato: non ci devono essere costi, barriere, frizioni che limitino la possibilità per nuove imprese di entrare o uscire dal mercato; per poter finanziare lo svolgimento dell’attività imprenditoriale, il capitale di rischio deve poter confluire dove sorge un’esigenza di mercato > in realtà i costi per l’entrata e l'uscita dai mercati sono, a seconda della tipologia di attività, più o meno elevati (es. attività riservate: relative al sistema finanziario; mercato bancario:oligopolistico) e l’imprenditore deve aggiungere tali costi di avvio dell’attività a quelli della sua stessa attività. Più i costi sono alti, più è ridotta la concorrenza e più sono ridotti i benefici che deriverebbero da un mercato libero. 2) perfetta sostituibilità dei beni offerti: riguarda l’idea che tutti i beni scambiabili sono fungibili e più un bene è specifico più aumenta per l’impresa la possibilità di operare sui prezzi 3) impossibilità degli attori economici di determinare autonomamente i prezzi: se ogni impresa ha la possibilità di decidere i prezzi dei propri prodotti, anche la differenza minima, es. 10 cent in meno, porta i consumatori a compiere scelte diverse 4)piena condivisione delle informazioni: tutte le transazioni vengono effettuate tra parti pienamente consapevoli; qualsiasi acquirente ha tutte le informazioni rilevanti rispetto al bene acquistato per compiere scelte pienamente informate. L’impresa, in assenza di obbligo di legge, non è tenuta a fornire tutte le informazione al consumatore. Altro problema: Costi transattivi: costi connessi con l’effettuazione di una transazione (es.l’avvio di una società). Più questi costi sono alti, più è probabile che alcune transazioni non vengano effettuate > ogni parte ha un prezzo di riserva (prezzo a cui si è disposti a offrire, prezzo a cui si è disposti a comprare) a cui devono essere aggiunti i costi ulteriori della transazione. Più i costi sono alti, più si riduce la possibilità di compiere la transazione. Es. un consumatore vuole comprare un motorino per cui spenderebbe da 100 a 500 euro. Se deve aggiungere 200 euro per l’assicurazione, il suo prezzo di riserva diminuirà. Per questo i costi transattivi sono un problema, perché impattano notevolmente sul sistema economico. Riassumendo: postulati delle teorie economiche sull’equilibrio del mercato e del welfare economics - Concorrenza perfetta - Sostituibilità dei beni - Perfetta razionalità - Piena informazione - No costi transattivi 10 I FALLIMENTI DEL MERCATO I fallimenti del mercato sono situazioni in cui il mercato non realizza i suoi scopi MONOPOLIO: situazione in cui vi è un solo produttore dal lato dell’offerta (vi sono poi situazioni “assimilabili” al monopolio in cui un’impresa ha un’elevata capacità di influenzare il mercato rispetto alle altre imprese con cui è in concorrenza > chiamato potere di mercato: non è monopolio, è una situazione di “posizione dominante”). Nei monopoli non vi è quindi un “vero” mercato; vi sono transazioni tra il singolo venditore e i consumatori ma è la singola impresa che decide il prezzo, non subendo la pressione competitiva, e quindi non si verifica la compressione dei prezzi fino al punto minimo possibile (costo marginale=ricavo marginale). L’unico offerente esistente decide dove collocarsi nella curva dell’offerta e di regola si pone nel punto esatto in cui produce di meno ad un prezzo superiore Non è però possibile vietare i monopoli (es. situazione in cui l’impresa è in posizione dominante, ha potere di mercato; oppure in caso di servizi pubblici > trasporti pubblici: le condizioni di erogazione del servizio/la tariffa è determinata dallo Stato ma i privati operano con metodo economico e c’è libertà di ingresso). -Restrizioni legali (monopolio legale); -Barriere tecnologiche (monopolio naturale): presenza di economie di scala che consentono a un'impresa di produrre tutto l'output di mercato a un costo minore di quanto non riesca a fare una moltitudine di imprese es: servizi pubblici; -Esito della concorrenza (crescita endogena o acquisizioni) -Inefficienza del monopolio: il prezzo è troppo alto (l’impresa è price-maker e non price-taker) e la quantità offerta è troppo poca ESTERNALITA’ NEGATIVA > punto in cui casca l’idea della mano invisibile, cioè l’idea secondo cui ciascuno agisce per massimizzare il proprio profitto e da questo deriva il perfetto equilibrio di mercato. Con le esternalità negative tale discorso non regge. Le esternalità negative sono quelle conseguenze negative per i terzi che derivano dall’attività economica in cui effetti non sono in tutto o in parte sopportati da chi li causa (es. inquinamento). Vi è una dissociazione tra il costo marginale privato e il costo marginale sociale (il produttore deve tenere conto sia dei costi della produzione e sia degli effetti della produzione > inquinamento, bollette etc.) - Art. 1372, comma 2, c.c., relatività degli effetti ed effetti riflessi. - Esternalità negativa: i costi dello scambio ricadono su soggetti terzi (es: inquinamento). -Inefficienza dell'esternalità negativa quando vi è un’esternalità positiva, cioè un effetto su terzi dell’attività economica che non è totalmente internalizzato dall’agente, vi è una produzione eccessiva rispetto a quella ottimale, che terrebbe in considerazione complessivamente tutti gli aspetti della produzione e non solo l’arricchimento del produttore: colui che genera l'esternalità non deve pagare per il danno provocato e, perciò, è indotto a esercitare uno scarso autocontrollo e produrre di più (CMS: costo marginale sociale - CMP costo marginale privato) (?) BENI PUBBLICI I beni pubblici sono esternalità positive. Secondo una definizione giuridica i beni pubblici sono il demanio dello stato. Per gli economisti invece un bene pubblico è un bene il cui consumo da 11 parte di un soggetto non impedisce il consumo da parte di un altro soggetto, non diminuisce cioè l'ammontare disponibile per ogni altro soggetto (es.l’illuminazione pubblica). I beni pubblici sono quindi caratterizzati da: -Indivisibilità: il consumo da parte di un soggetto non ne impedisce il consumo da parte di un altro (non ne diminuisce l'ammontare disponibile per ogni altro consumatore); -Non-escludibilità: è impossibile (se non sopportando costi elevatissimi) escludere i terzi dai benefici del bene Inefficienza dei beni pubblici: i costi di esclusione dei beneficiari non paganti sono talmente alti da disincentivare la produzione del bene (underproduction) (c.d. Tragedia dei commons) > beneficio marginale sociale superiore al beneficio marginale privato: quando un imprenditore offre un bene pubblico, il beneficio che crea alla società non è integralmente remunerato da parte dei soggetti paganti (es. illuminazione pubblica supportata dai residenti della zona ma usufruibile anche da chiunque non paghi > free rider) > il problema è quindi che il bene pubblico, nella misura in cui non è escludibile e quindi crea un beneficio ai terzi, non avrà la produzione ottimale perchè non vi è l’incentivo del privato a produrlo in maniera pari all’interesse sociale. Riassumendo In quanto le imprese concorrono sul mercato, hanno un incentivo a ridurre il loro prezzo fino al minimo possibile, cioè fino al prezzo di mercato = il prezzo al di sotto del quale la produzione è antieconomica Gli economisti assumono ciò che devono dimostrare per descrivere un’economia perfetta: -no prezzi di mercato (no spese di entrata e di uscita dal mercato) -effettiva incapacità delle imprese di determinare il prezzo di mercato -che i consumatori siano pienamente razionali e che abbiano tutte le conoscenze possibile Nella prassi però questo non si verifica e bisogna quindi trovare il modo per correggere le disfunzioni del mercato, cioè i fallimenti del mercato. Il monopolio è l’esempio di fallimento del mercato per eccellenza poiché non essendoci concorrenza vengono prodotti meno beni e più scadenti. I monopoli però non possono essere sempre vietati per due motivi: - se un’impresa ha una crescita organica (cresce sempre più delle altre conquistando sempre più quote di mercato e diventando l’unica offerente di quel bene o servizio) non si può vietare questa attività perchè vorrebbe dire contraddire lo stesso presupposto del mercato, cioè la libertà d’impresa; si può però porre dei limiti alla condotta del monopolista o al soggetto che ha un potere di mercato (regola del diritto antitrust “divieto di sfruttamento di posizione dominante”); si possono inoltre controllare i fenomeni di aggregazioni tra le imprese (se Audi e Mercedes vogliono fondersi devono chiedere l’autorizzazione alla commissione europea) -monopoli naturali: vi sono tipologie di beni per cui è economicamente impossibile che non vi sia monopolio (presenza di economie di scala che consentono a un’impresa di produrre tutto l’output di mercato a un costo minore di quanto non riesca a fare una moltitudine di imprese; es. servizi pubblici). Le infrastrutture (strade pubbliche, ferrovie, la rete del gas e dell’energia elettrica, internet etc.) sono monopoli naturali. Essendo infrastrutturali, cioè essendo servizi che tutti quanti i concorrenti sul mercato devono utilizzare, se non vi fosse un unico monopolista, gli investimenti replicati che ciascun concorrente dovesse fare sarebbero economicamente impossibile e 12 che ci sia una domanda strutturale per gli investimenti da parte dello Stato e dobbiamo proteggere i lavoratori per garantire loro un potere di acquisto sufficiente”) 3) Epoca neo-liberale (privatizzazioni; stato regolatore) 1993-... (economica neoclassica): attualmente vige ancora l’idea dello stato regolatore, di un sistema privatizzato in cui il ruolo dello stato non è quello di svolgere l’attività economia né di pianificarla, ma ha il compito di promuovere l’innovazione e gli investimenti e di garantire le condizioni per una crescita economica 4) Stato “innovatore”? Stato “investitore”? Bisogna quindi analizzare parallelamente tre fonti che hanno una stratificazione storica: -Codice Civile (1942): promulgato in un contesto di stato totalitario, dittatoriale, con una forte visione dirigista (non è un'economia pianificata nel senso collettivista del termine ma riconosce un fondamentale spazio di autonomia all'imprenditore e ai contraenti); ampie parti dell'economia italiana erano sotto il controllo pubblico (es. IRI: centro di governo e di direzione delle attività economiche dello stato) -Costituzione repubblicana (1948): influenzata dal socialismo e dalla cultura popolare democratico-cristiana -Trattati europei: voce più ortodossa rispetto alla vicinanza con le dottrine economiche IL CODICE CIVILE -Codice Pisanelli (1965): è il codice dell'Unità d'Italia (1961); ricopia il codice francese che è il primo codice borghese, cioè che realizza le condizioni di unificazione ed uguaglianza formale dei soggetti; tali condizioni sono lo schema normativo necessario per gli scambi capitalistici. Il diritto dell'economia nell'epoca liberale è fondamentalmente la regolazione privatistica dei rapporti di proprietà e di contratto. In questa fase il codice civile è la vera costituzione; anche perché, come sappiamo, le costituzioni di questo periodo non sono gerarchicamente sovraordinate rispetto ai codici civili. Caratteristiche: -Autonomia privata -Libertà di contratto: esempio di libertà personale + limitazioni che derivano dall'espropriazione di pubblica utilità (nello Statuto Albertino infatti si dichiarava la proprietà privata inviolabile se non nei casi di espropriazione per pubblica utilità secondo la legge) In realtà già prima della codificazione lo Stato comincia ad assumere funzioni più strutturate nell'ambito dell'attività economica (monopoli naturali). Vi sono infatti materie con “riserva di attività”: la regola generale è che chiunque può iniziare un'attività d'impresa; se vi è una riserva di attività, la materia in questione è gestita dallo stato, anche se in concreto deve essere svolta mediante l'istituto dell'accessione, un rapporto contrattuale che regola la gestione dell'infrastruttura con riserva di attività da parte di un privato attraverso un bando/gara di appalto. La riserva di attività già esistente prima del codice civile riguarda l'infrastruttura a rete dei trasporti. In generale a livello europeo le riserve di attività sui servizi pubblici sono antecedenti all’affermazione dello stato sociale, sono cioè il primo momento in cui emerge l’idea che lo stato debba fare qualcosa in più della semplice garanzia dei diritti contrattuali e dei diritti di proprietà, a causa della carenza di capitale: non esisteva infatti in quel momento nessun soggetto che fosse in grado di svolgere un tale investimento di capitale per mettere insieme l’infrastruttura. 15 La disciplina del sistema bancario E’ un’infrastruttura essenziale, è cioè un sistema che trasferisce le risorse finanziarie tra i soggetti; serve però che tali risorse vengano dirottate dove servono. Senza un’adeguata fornitura di capitale non si può avviare un’attività economica > solitamente si deve ricorrere al finanziamento esterno. Già negli anni ‘30 l’attività bancaria non era lasciata alla libera contrattazione delle parti. Nel periodo precedente tutte le banche erano fallite perché prima della regolamentazione (1936: riorganizzazione della legislazione precedente) vigeva il modello della banca mista o banca universale: secondo tale modello una banca, non avendo vincoli alla sua operatività, poteva essere sia l’azionista di una società, cioè l’investitore a titolo di rischio, sia concedere finanziamenti alla stessa. Il problema di tale modello è che strutturalmente vi è un conflitto di interessi: se si presta del capitale alla società di cui si è soci non si è in grado di svolgere valutazioni oggettive. Il modello della banca universale ha fatto sì che tutte le banche principali dello stato fallissero o stessero per fallire (salvate eventualmente poi dallo Stato). Già prima del codice civile quindi abbiamo una regolamentazione dell'attività bancaria di stampo pubblicistico: questo non significa che una banca non possa essere di proprietà di privati, ma dal punto di vista oggettivo viene qualificata come un'attività di interesse pubblico ed è in una certa misura sottratta all'attività d'impresa. Vi è dunque un sistema di organismi pubblici che dirigono in maniera indiretta l'attività delle banche > si tratta di un modello ibrido tra la forma di pianificazione economica e l'economia di mercato. Esso è il primo modello di mercato regolato. Vi sono poi attività d'impresa direttamente svolte dallo stato (es. ente pubblico economico: insieme di più enti pubblici che erogano direttamente il servizio). La differenza tra la riversa di attività (+ concessione) e il mero esercizio diretto dell'attività economica da parte dello Stato consiste nel fatto che la riserva “chiude” il mercato, impedisce a qualunque altro soggetto di entrare nell’attività d’impresa (a parte lo stato) Attività d’impresa svolta dallo Stato: - Cassa depositi e prestiti (e annessa raccolta del risparmio postale): agisce per scopi di interesse pubblico; si finanzia col risparmio postale - Ferrovie dello Stato - Istituto nazionale delle assicurazioni - Banca nazionale del lavoro - Consorzio di credito per le opere pubbliche (banca) Il Codice Civile ha una visione generale sull’economia che lo pone alla base della regolamentazione dell’attività economica, essendo anche unito al codice del commercio (libro V “del lavoro” enuclea una definizione di imprenditore: la prospettiva dell’attività economica evidenzia il fatto che i singoli contratti siano strumentali allo svolgimento dell’attività organizzata, cioè una ripetizione seriale di condotte che si spiega nell’ottica dello svolgimento dell’attività economica). Viene regolata l’attività di produzione (dal momento statico della proprietà al momento dinamico dell’attività) Dall’attività d'impresa dipende il funzionamento di un sistema economico e di conseguenza di una società; vi è quindi un interesse pubblico al che il sistema economico funzioni correttamente; per questo non basta più la mera tutela dei privati, ma l’attività d’impresa viene considerata vicenda d’interesse nazionale, protetta nella sua funzionalità: per questo lo stato si riservava alcune prerogative. Si mantiene l’idea dell’autonomia contrattuale (art. 1322) ma sussiste anche l’interesse e la facoltà dello stato di svolgere alcune attività di ingerenza nell’attività economica. 16 Il codice civile ha quindi un’anima mista che rappresenta l’unione dell’idea del sistema economico proveniente dal fascismo (=tutto il sistema economico europeo dall’inizio degli anni ‘30 alla fine degli anni ‘80), cioè l’idea dello stato dirigista che possa orientare per fini sociali l’attività economica con una base liberale classica, data dalla tutela dell’autonomia privata, dalla libertà d’impresa, dall’autonomia contrattuale etc. Nel codice civile emerge inoltre l’idea della contrattazione di massa. Essa riguarda l’attività esterna dell’impresa, cioè l’erogazione ai consumatori dei beni e dei servizi > gli imprenditori offrono al mercato i loro prodotti in maniera sistematica e beneficiano dei vantaggi dati dall'attività seriale. La serialità della produzione porta alla produzione di massa, cioè all’erogazione di beni e servizi tutti uguali, al fine di ridurre il costo marginale ed espandere al massimo la produzione. La serialità della produzione porta alla standardizzazione della produzione. I contratti dei beni prodotti in massa sono tutti uguali poiché tutti i beni in questione sono uguali. Non converrebbe infatti per l'imprenditore negoziare individualmente con i singoli clienti. Il costo organizzativo sarebbe insensato, ingestibile. I clienti necessitano di conseguenza di una maggiore tutela poiché nei contratti standardizzati non possiamo dire ci sia un vero accordo: il singolo acquirente infatti non conosce sempre tutte le condizioni generali di contratto. Il codice di conseguenza disciplina ad hoc i “contratti con condizioni generali” per esigenze di tutela (es. impossibilità per il contraente di modificare il contenuto dei contratti). Il contratto standardizzato è la forma giuridica per eccellenza dell’attività economica. Nel Codice Civile inoltre emergono esempi di norme che rilevano l’idea del modello del sistema economico; dalla disciplina della proprietà, del contratto e dell’impresa emergono le coordinate del paradigma di mercato fissato. Proprietà Art. 722 (contenuto patrimoniale) Beni indivisibili nell'interesse della produzione nazionale. Lo stato nell’epoca fascista poteva, nell’interesse nazione, dichiarare un bene indivisibile; la divisione tra gli eredi di un bene facente parte di un patrimonio poteva essere lesiva per l’economia, potendo infatti privare il sistema economico di un complesso produttivo organizzato; la volontà politica era di tutelare l’interesse della produzione nazionale per promuovere uno sviluppo industriale in un paese arretrato Art. 844. Immissioni. «Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell’applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso». > se vi è un interesse di produzione deve essere tenuto in considerazione Art. 1615. Gestione e godimento della cosa produttiva. Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l'affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell'interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa» In generale quindi, dal punto di vista dei beni, vi è nel codice l’idea che tutti i singoli soggetti godano di una certa autonomia e a quali vengono applicate le stesse norme contrattuali in generale (privato che contratta = impresa che contratta) MA l’attività di alcuni soggetti o delle imprese viene presa maggiormente in considerazione dall’ordinamento proprio per il contributo economica che ne deriva 17 -Esistono delle norme che garantiscono la concorrenza, e che impediscono l’inserimento di clausole che la neghino. -E’ necessaria una doppia firma per l’adesione alle clausole vessatorie (anche dalla controparte). -Sussiste un onere di clare loqui > art. 35 codice del consumo “1. Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile 2. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore.” > Lo squilibrio informativo è espressamente previsto dall"art 35 del codice del consumo che impone, innanzitutto, al professionista l"obbligo di clare loqui, essendo tenuto, nella formulazione delle clausole contrattuale, a farlo in modo chiaro e comprensibile. Distinzione di massima tra concessione o autorizzazione e le altre condizioni Art. 2084 Codice Civile La legge determina le categorie d'imprese il cui esercizio è subordinato a concessione o autorizzazione amministrativa. Le altre condizioni per l'esercizio delle diverse categorie d'imprese sono stabilite dalla legge [e dalle norme corporative]. 1) Concessione > provvedimento amministrativo che concede ad un singolo soggetto (riserva > solo a lui) la facoltà di occuparsi di un’attività. 2) Autorizzazione > l’attività ad oggetto può essere esercitata in concorrenza, ma per esercitarla si deve precedentemente ottenere un’autorizzazione statale. È un controllo ex ante. È una barriera all’ingresso, che permette di garantire la sicurezza del servizio ad oggetto. Il problema del controllo ex ante è che non consente di attuare il mercato perfetto in cui vi è la possibilità di entrare e uscire liberamente. Il mercato, impostogli l’autorizzazione, si riduce inevitabilmente. Si attua una situazione di trade > imponendo una barriera all’entrata, si crea un mercato oligopolistico o monopolistico, che per definizione è un fallimento di mercato. 3) Altre condizioni > es. le licenze di commercio: consentono un controllo sulla destinazione delle attività. Oggi le licenze sono drasticamente diminuite. Art. 2085 Codice Civile Il controllo sull'indirizzo della produzione e degli scambi in relazione all'interesse unitario dell'economia nazionale è esercitato dallo Stato, nei modi previsti dalla legge [e dalle norme corporative] [2082]. La legge stabilisce altresì i casi e i modi nei quali si esercita la vigilanza dello Stato sulla gestione delle imprese [Cost. 41, 43]. >lo Stato dirigista. Definire gli scopi e i mezzi della attività economica. Il dirigismo si differenzia dall’attività di regolazione perché quest'ultima non detta gli scopi e i mezzi dell’attività economica. (Art. 209 e 2091 sono stati abrogati > obblighi imposti dall’ordinamento corporativo. Esercizio diretto dell’attività economica (stato imprenditore). La leva fiscale > norme che agevolano l’investimento in determinati ambiti. Art. 2450 è stato abrogato (in realtà è tornato con il Golden Power) > nomina di uno o più amministratori che devono essere scelti tra figure statali. Lo stato si riserva la possibilità di controllare l’attività d’impresa attraverso la nomina di amministratori. Gli amministratori nominati dallo stato non sono azionisti, non hanno concesso il capitale di rischio. Questo potere esercitato dallo stato deve essere riservato ad imprese che hanno un ruolo strategico a livello nazionale. -Il Golden Power ammette che in alcuni campi di interesse nazionale, lo stato possa bloccare o porre delle condizioni alla produzione) LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA (1948) -È un atto normativo del tutto peculiare, perché è espressione non di un normale potere legislativo, ma di un potere costituente 20 -Il potere costituente è la base del contratto sociale > la costituzione fonda il patto sociale -La forma repubblicana non può essere soggetta a revisione, allo stesso modo dei principi fondanti dell’ordinamento > I rapporti economici disciplinati dalla costituzione costituiscono la costituzione economica. -Dal disegno costituzionale emerge una visione sociale > strumentalità della libertà economica al fine di realizzare i bisogni sociali. -Il modello politico è quello ispirato ad un modello di cooperazione: ci si aspetta una cooperazione tra le parti contrattuali. >Emerge inoltre una visione solidaristica dell’economia, per esempio dall’art. 2 della Costituzione Art. 2 Cost. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” > idea della salvaguardia dell’interesse della controparte > Principio di solidarietà economica: considera immeritevoli gli scambi in cui si crea un dominio di una parte sull’altra. -Alcuni ordinamenti hanno una visione maggiormente legalistica, danno cioè maggiore rilievo alla certezza del diritto. -L’idea di un’economia sociale di mercato emerge anche dalle disposizioni dei Trattati dell’UE: l’unione europea crede nel mercato ma non gli concede la facoltà della assoluta autoregolazione. Il tema della uguaglianza Art. 3 Costituzione «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» Il postulato della teoria di contratto è che le parti sono uguali, poiché i soggetti, gli individui singoli sono uguali. Si parla dunque di uguaglianza formale. Quando però si considera la contrattazione di massa, l’uguaglianza formale non è assicurata: una sola delle parti decide le regole di contratto, l’altra le deve eseguire. In tali situazioni la posizione della parti è differente e si deve di conseguenza prevedere una sfera protettiva degli interessi della parte più debole, il consumatore > art. 3 “E’ compito della repubblica di rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza”: si parla di uguaglianza sostanziale (si deve passare dalla norma all’esercizio concreto di questa) - L’uguaglianza sostanziale consente di superare la concezione formale del «soggetto» propria dello stato liberale, per dare rilievo alle diversità socio-economiche delle parti coinvolte in una relazione economica Diritti e doveri dei cittadini nei rapporti economici Art. 41 «L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana=l’iniziativa economica è libera e privata, ma è limitata dall’utilità sociale. La differenza tra un’economia socialista e un’economia liberale consiste nel rapporto che c’è tra la libertà economica e l’utilità sociale: è diverso dire che lo scopo dell’impresa è quello di realizzare l’utilità sociale (economia sociale), dal dire che l’utilità sociale è il limite esterno che condiziona 21 l’imprenditore nella sua attività (economia basata sulla libertà d’impresa). L’imprenditore ha ancora come scopo quello di realizzare i propri interessi. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali» [conformazione esterna + dirigismo: cfr. artt. 2084 e 2085 c.c.] = C’è una possibilità di indirizzo dell’attività economica. Lo Stato ha la possibilità di indirizzare la vita economica della nazione attraverso due mezzi: i controlli e la pianificazione ex ante. L’economia nella costituzione repubblicana Alcune delle norme costituzionali che riguardano il modello economico sono individuate negli articoli 41-47 della Costituzione. -Art. 41 Cost: libertà dell’iniziativa economica privata, nei limiti dell’utilità sociale -Art. 42 Cost: «La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità» [funzionalizzazione della proprietà] > la proprietà è pubblica o privata. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, la quale prevede i modi di acquisto e di godimento della stessa. La proprietà ha una funzione sociale qualora abbia ricadute nell’ambito sociale > espropriazione della proprietà. -Art. 43 Cost: «A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale» [riserva o espropriazione in relazione a servizi pubblici o simili] > si tratta di un particolare modo di trasferimento della proprietà: l’espropriazione di imprese o di categorie di imprese il cui destinatario diventa lo stato o qualche istituzione pubblica; l’intento delle espropriazioni delle imprese è quello di renderle società cooperative. Nella storia italiana un’importante caso di espropriazione d’impresa è avvenuta nel 1962: la costituzione dell’ENEL, Ente nazionale per l’energia elettrica, ha dato il via al processo di nazionalizzazione dell’energia elettrica Fasi: - espropriazione, previo indennizzo, delle imprese elettriche; - disposizione di una riserva originaria a favore di ENEL; -preclusione dello svolgimento dell’impresa elettrica ad altri soggetti. N.B. Si tratta dell’unico caso di esercizio del potere previsto dall’art. 43 Cost. Le imprese considerate dall’art. 43 Cost. devono riguardare infrastrutture, materie prime o servizi essenziali, devono cioè essere rilevanti per un interesse generale. -Art. 44 Cost: «Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane» -Art. 45 Cost: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato» 22 - Art. 117 Cost (post-2001): «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato [70 e segg.] e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali»; C.Cost. 348- 349/2007: diritto europeo come parametro interposto del giudizio di costituzionalità Limiti: 1) Principio di attribuzione [Art. 5(1) TUE«La delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione»]: essendo l’UE un accordo tra stati, l’UE deve rimanere entro i limiti delle competenze attribuite dagli stati alla stessa 2) Controlimiti: nell’ipotesi di abusi dell’UE, le Corti costituzionali nazionali possono, nel caso di violazione dei principi fondamentali, non applicare le norme europee. La concorrenza, riassumendo, si lega allo sviluppo di uno spazio, politicamente non unitario, che deve funzionare come un mercato unico, privo di barriere, per aumentare la possibilità per le singole imprese di operare su tutto il territorio di riferimento, ampliando lo spazio di mercato > la maggiore dimensione territoriale del mercato favorisce la concorrenza, in quanto aumenta il numero degli attori sul mercato Strumenti (pilastri della creazione del mercato): 1. Libera circolazione delle merci, dei lavori, dei servizi e dei capitali (art. 26.2 TFUE)(level playing field: campo di gioco uguale per tutti) > no dazzi, no limitazioni quantitative o qualitative; le limitazione economiche sono costi transattivi da eliminare poiché limitano l’ingresso delle imprese nei mercati 2. Disciplina della concorrenza (art. 101-106 TFUE: DIVIETO DI ACCORDI RESTRITTIVI DELLA CONCORRENZA-DIVIETO DI ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE-CONTROLLO DELLE CONCENTRAZIONI-DIVIETO DI AIUTI DI STATO) 3. La limitazione degli aiuti di stato alle imprese (art. 107 TFUE “sono incompatibili con il mercato interno nella misura in cui (...) falsino o minaccino di falsare la concorrenza”) (non divieto in sé di avere imprese di proprietà dello stato, ma di erogazione di aiuti statali; alcuni stati non hanno lo spazio fiscale per sostenere le imprese nello stesso modo e non vi è per questo equilibrio di opportunità): divieto di alterare con erogazioni pubbliche la dinamica della concorrenza, indipendentemente dalla proprietà delle imprese (non devono essere per forza private). Tale concetto si può vedere anche da un altro punto di vista: è vero che esiste un mercato interno ma rimane la concorrenza tra Stati. L’integrazione europea si è sempre mossa su due binari: da un lato esistono regole/condizioni comuni a tutti gli ordinamenti che garantiscono la non-frammentazione dei mercati, dall’altro vi è concorrenza tra ordinamenti: anche le regole economiche possono essere merce da scambiare sul mercato > gli stati che hanno le migliori regole attireranno più imprese sul proprio territorio. Tale dinamica si fonda su due decisioni giurisprudenziali: - Sentenza Cassis de Dijon (cfr. per i servizi 52 TFUE) (giurisprudenza delle esigenza imperative): afferma che se vengono rispettate le regole di produzione di un bene o di un servizio dello stato dove è generato quel bene o servizio, esso può essere esportato ovunque senza che ci si conformi alle regole dello stato di esportazione (limiti: valori fondamentali. Es. salute). Di conseguenza gli stati sono incentivati ad attuare la legislazione più favorevole possibile (meno costosa) agli imprenditori per l’esercizio delle attività economiche, per attrarre le imprese nei loro territori. 25 Problema: tale sistema può portare ad una selezione avversa > alcuni stati possono porre regole che non tutelano in maniera sufficiente gli interessi degli imprenditori o dei consumatori. Per risolvere tale problema si arriva ad una maggiore uniformazione del diritto Riassumendo: Prima fase: principi minimi comuni (es. divieto di barriere) + gli stati possono diversificare la legislazione per farsi concorrenza = sistema super concorrenziale + problema di selezione avversa Seconda fase: si espande il concetto di unificazione del diritto - Centros (momento clou dell'approccio neoliberale): afferma che il diritto societario e il diritto collegato con la raccolta del risparmio è totalmente opzionale cioè non deve esserci un interesse economico nella scelta della sede (?) > caso concreto: molti imprenditori svedesi stabilirono la sede in Inghilterra chiedendo però di essere registrati nel registro delle imprese svedesi, diritto che gli venne negato. La Corte di giustizia affermò la possibilità per le imprese di essere registrate dei registri svedesi. La scelta libera del territorio dove stabilire la sede di un’impresa agevola la concorrenza tra gli ordinamenti >Principio dello «home country control» e concorrenza tra ordinamenti (mercato delle regole) >Rapporto tra concorrenza e uniformazione delle legislazioni: il level playing field L’evoluzione del ruolo della concorrenza accompagna l’evoluzione del «senso» dell’integrazione europea La garanzia della concorrenza non è più un fine in sé ma è identificata come lo strumento cardine per il perseguimento degli obiettivi pubblici in materia economica (a partire dal c.d. consumer welfare) >Trattato di Roma: tra gli obiettivi del Trattato realizzare «un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune» >Trattato sull’Unione europea (Lisbona 2009) art. 3(3), stabilisce: «L’Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela di di miglioramento della qualità dell’ambiente». Gli obiettivi centrali del mercato comune sono: -sostenibilità dello sviluppo: mantenimento delle condizioni per ripetere il ciclo produttivo -crescita economica -stabilità dei prezzi -economia sociale di mercato: economia di mercato (concorrenza intesa come l’insieme dei principi che garantiscono l'effettiva concorrenzialità del mercato) + sociale (concorrenza come strumento per la soddisfazione dei bisogni sociali): il mercato tollera delle correzioni/limitazioni per tutelare gli interessi sociali > rapporto di strumentalità della concorrenza a fini sociali (limitazioni del mercato molto visibili nei servizi pubblici) “Economia sociale di mercato” è un’espressione fortemente tedesca che deriva dalla dottrina politico-economica chiamata “Ordoliberismo” degli anni ‘20/’30 IL DIRITTO ANTITRUST La conseguenza è un’assoluta centralità del diritto antitrust, poiché tale diritto garantisce l’esistenza del mercato concorrenziale e il corretto funzionamento di esso. 26 Il diritto antitrust nasce negli Stati Uniti, prima dello sviluppo della scuola Ordoliberale in germania, come reazione al dominio dei TRUST, associazioni tra imprenditori che conferivano ad un fiduciario, cioè ad un soggetto terzo che gestiva nell'interesse comune tutte le partecipazioni delle imprese che avevano il controllo del settore, assumendo decisioni uniche e agendo nei fatti come monopolisti (anche se poi i profitti erano separati in base alle quote di partecipazione di ciascuno). Negli USA questa esperienza era considerata un vero e proprio problema politico: se si creano enormi concentrazioni di potere nelle mani di privati, la democrazia non funziona e gli stati dove sono collocati in prevalenza tali soggetti prenderanno il sopravvento a livello federale e non sarà garantita la fondamentale autonomia dei singoli stati > problema costituzionale Già nel 1890 dunque viene fatta la prima legislazione antitrust, cosiddetto Sherman act che pone il divieto di monopoli. Si basa sull’idea della “Democrazia economica”: promozione e tutela del pluralismo economico e contenimento del potere delle grandi corporations Scuola strutturalista/politiche neoliberiste (idea di base: necessità di una totale deregolamentazione delle attività economiche): Structure – Conduct – Performance [alla luce delle condizioni di base del mercato di riferimento]. Il diritto antitrust tradizionale (anni ‘50) si rifà alle idee della cosiddetta “Scuola di Harvard” che sosteneva il principio secondo cui si dovesse capire concretamente e caso per caso se una data condotta o un dato mutamento del mercato fosse positivo o negativo (negativo > intervento dell’autorità antitrust) > visione casistica, apprezzamento caso per caso della liceità delle singole condotte. L’autorità antitrust può intervenire se vi è un impatto negativo concreto sul mercato e si riduce il benessere del consumatore, consumer total welfare. Interviene dunque se vi è un cambiamento di struttura del mercato (aggregazione tra imprese) oppure un cambiamento di condotta (es. abbassamento di prezzi in maniera irragionevole) Tale scuola di pensiero cede il passo a partire dagli anni ‘70 alla Scuola di Chicago. Scuola di Chicago > esclusivo perseguimento dell’efficienza allocativa (più beni prodotti e più bisogni soddisfatti) e non di altri scopi (raccordo ideologico con il teorema di Coase) Le leggi quindi non devono valutare se una data scelta imprenditoriale è ottimale o no, se migliora i prodotti per i consumatori o meno (o altri scopi non sondabili e tangibili scientificamente); poiché il mercato si evolve, per esempio non si può misurare oggettivamente il miglioramento della qualità di un prodotto perchè non si conosce la reazione futura dei consumatori. Perciò l’unico metro oggettivo è l’efficienza allocativa e bisogna quindi preoccuparsi soltanto di creare le condizioni per l’aumento della produzione e lasciare alle parti la libertà di contrarre. Di conseguenza il perimetro della legislazione antitrust è limitato agli accordi di fissazione dei prezzi e alle concentrazioni monopolistiche. Tutte gli altri accordi restrittivi/forme di abuso di posizione dominante non vengono considerate preoccupanti dal punto di vista del diritto antitrust poiché, nella visione americana, esistendo il mercato dei capitali, se un’impresa assume una posizione di mercato da quasi-monopolista, si apre lo spazio per altri capitalisti concorrenti per contendere tale mercato. Il mercato dunque riuscirebbe, tramite la raccolta di capitali, a riequilibrarsi, senza preoccuparsi così profondamente della condotta delle singole imprese. Inoltre eliminerebbe i costi transattivi derivanti dall’eventuale applicazione di normative antitrust e non verrebbe limitata l’opportunità per i soggetti di porre in essere più operazioni economiche, creando quindi più valore derivante da attività che altrimenti sarebbero state vietate. > il mercato dei capitali è quindi il rimedio alle condotte che possono essere considerate abusive dal punto di vista del diritto antitrust perché costituiscono un abuso di posizione dominante 27 salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse e rispettando i principi di cui all'articolo 119. 2. I compiti fondamentali da assolvere tramite il SEBC sono quelli di definire e attuare la politica monetaria dell'Unione La Banca Centrale Europea determina i tassi ufficiali a cui avvengono le operazioni sul mercato finanziario (= determinazione del costo del denaro). Gli Intermediari finanziari si prestano denaro a vicenda e richiedono finanziamenti alla Banca Centrale per poter operare. Il tasso di interessi di tali finanziamenti viene poi trasferito all’economia reale, alla clientela. La Banca centrale inoltre NON può prestare denaro agli stati. Gli stati devono infatti comportarsi come se fossero imprese, hanno cioè un vincolo di bilancio. Questo perché la Banca Centrale crea/produce denaro dal nulla, al contrario di ogni altra banca; di conseguenza l’introduzione di più denaro prodotto dalla banca centrale comporterebbe il deprezzamento dello stesso > inflazione incontrollabile Art. 123 TFUE 1. Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni, organi od organismi dell'Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali. -Gli Stati non possono chiedere alla Banca Centrale di stampare denaro > inflazione > danneggiamento della capacità di risparmio e del potere di acquisto dei soggetti economici Come riesce lo Stato quindi, non potendo la Banca Centrale prestare denaro, a reperire risorse? Fonti statali di entrata del denaro - Buoni del tesoro: lo stato emette documenti cartacei che rappresentano prestiti che i privati fanno allo stato = indebitamento pubblico - Prelievo fiscale: tasse Lo stato quindi, non potendo ricevere finanziamenti dalla Banca centrale, se vuole aumentare la sua capacità di spesa, deve o aumentare il prelievo fiscale o ricorrere al debito pubblico, inteso come emissione di strumenti finanziari (obbligazioni), che fungono da mutuo richiesto al mercato. Lo stato quindi, dirigendo la propria politica economica, deve valutare come investire il denaro poiché nella misura in cui lo stato si indebita presso il mercato, esso è soggetto al giudizio del mercato stesso. Gli investitori privati di conseguenza giudicheranno lo stato nella prospettiva di capacità di rimborso del prestito che esso può offrire: se i soldi non vengono investiti efficientemente, i finanziatori pretenderanno alti tassi di interesse sui prestiti che lo stato non potrà soddisfare; se il mercato, inteso come l’insieme degli operatori economici, decide che un soggetto non è meritevole di credito, egli non potrà più ricevere finanziamenti per migliorare la propria politica economica. Esiste quindi un vincolo di fatto a come lo stato gestisce la propria politica economica che dipende dal divieto espresso dall’art. 123. Non è un vincolo formale (=non è esplicitato come lo stato debba gestire la propria politica economica) > limita la capacità di determinare le politiche economiche degli stati 30 Per definire meglio la disciplina della concorrenza bisogna chiarire due concetti di riferimento: -IMPRESA -MERCATO L'impresa è una qualsiasi organizzazione che agisce con metodo economico, cioè opera in maniera tale da raggiungere un profitto, che svolge professionalmente una produzione di beni o di servizi. Caratteristiche: -Irrilevanza della forma giuridica Forme possibili di impresa: imprenditore individuale, società capitalistica, società cooperativa etc. Si deve avere una visione funzionale dell’impresa > non interessa la forma giuridica dell’organizzazione; l’importante è che essa svolga attività d’impresa (si valutano gli interessi tutelati e non la forma giuridica) -Indipendenza: l’organizzazione deve avere una propria capacità autonoma di decisione di come operare sul mercato Con mercato si intendono le condizioni omogenee di concorrenza e pressioni concorrenziali (erogazione dello stesso bene o stesso servizio o beni simili o servizi simili) > possibilità per due imprese di produrre beni o servizi intrinsecamente diversi ma che soddisfino esigenze omogenee dei consumatori (es. birra e vino, burro e margarina: stesso mercato) Ci serve per capire per es, se una società ha una quota di mercato > per calcolare la quota dobbiamo di una società dobbiamo identificare il mercato rilevante -Criterio geografico: in certe condizioni possiamo definire che il mercato sia limitato in senso geografico (es. se il prodotto ha un basso valore intrinseco, le spese di trasporto hanno un’incidenza molto elevata sul costo finale del prodotto) -Criterio merceologico (sostituibilità e elasticità incrociata) Il legame tra mercato e impresa è evidente nell’art. 101 TFUE che vieta gli accordi tra imprese che impattano negativamente la dinamica concorrenziale sul mercato. Art. 101 TFUE (Divieto di accordi restrittivi della concorrenza) 1. Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese (=qualsiasi forma di organizzazione economica che agisce con scopo di profitto indipendentemente dalla forma giuridica), tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno [nozione generale (standard”: norma che non ha un contenuto di dettaglio) che fissa il principio che ogni forma di accordo, intesa, contratto, patto tra due o più imprese che abbia l’effetto di falsare la concorrenza in un mercato di riferimento identificato mediante criterio merceologico e geografico è vietata, poiché allontana il mercato reale dal modello di mercato ideale con livello elevato di concorrenzialità affinché la dinamica concorrenziale aumenti il benessere dei consumatori (mezzo migliore per raggiungere la massima produzione di beni al minimo prezzo possibile)] ed in particolare quelli consistenti nel (+ elenco di accordi sicuramente vietati): a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione > cartello: gli offerenti di un prodotto si accordano quantomeno sul prezzo minimo di un bene o di un servizio 31 b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti > si crea una situazione di scarsità/sovra produzione sul mercato (accordi di standardizzazione: accordi che le imprese concludono per produrre in maniera omogenea alcune parti dei loro prodotti; in alcuni casi sono vietati, in altri sono obbligatori: es. stesse prese per ogni tipologia di cellulare) c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza > boicottaggio: agire in maniera discriminatoria nei confronti delle controparti; gli accordi di boicottaggio sono nulli, poiché illeciti in quanto violano un principio di ordine pubblico del mercato; la conclusione di tali accordi comporta sanzioni amministrative e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi > limitazioni scelte e quindi benessere dei consumatori 2. Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto. A livello descritto si deve distinguere tra: -Intese orizzontali -Intese verticali Filiera produttiva o catena del valore: dalla materia prima al prodotto finale venduto al singolo consumatore si succede l’attività di una serie di imprese che svolgono le singole fasi della produzione >L’accordo è verticale quando investe imprese che svolgono attività in due fasi diverse della filiera produttiva: accordi generalmente tra produttori di beni e distributori (es. Gucci > negozianti). (Slide sulle intese verticali: Minor disvalore a livello generale / no collusione tra conc. / potenzialmente elevati effetti procompetitivi (sinergie) Sono ammesse intese verticali (Reg. 330/10) se nessuna delle parti ha una quota di mercato superiore al 30%, a meno che: - restrizione facoltà acquirente di determinare il prezzo di vendita (salvo prezzo massimo o prezzo consigliato) - restrizione al territorio o clientela cui rivendere: - restrizioni alla rivendita fuori dall'ambito della distribuzione selettiva e forniture incrociate tra distributori della distribuzione selettiva - obbligo di non concorrenza ultraquinquennale - obbligo post contrattuale all'acquirente di non produrre, acquistare o vendere - obbligo di distributori) In generale le intese verticali hanno un effetto restrittivo della concorrenza e riguardano soggetti che operano in fasi successive della filiera produttiva, ma, considerando che possono avere spesso effetti positivi favorendo investimenti nelle strategie di distribuzioni, sono tendenzialmente ammessi, salvo che non riguardino soggetti con un potere di mercato particolarmente significativo. >L’accordo è orizzontale quando investe due concorrenti nel medesimo mercato. (Slide sulle intese orizzontali: 32 Il diritto antitrust si basa dunque su tre principali regole rivolte alle imprese: 1. Divieto di accordi restrittivi della concorrenza 2. Divieto di abuso di posizione dominante 3. Controllo delle concentrazioni Esiste inoltre una quarta regola che non si rivolge alle imprese ma riguarda i limiti che lo stato deve porre nella gestione della propria politica economica. Per garantire una dinamica concorrenziale nel mercato interno europeo infatti lo stato ha il divieto di aiuti di stato. Gli stati, anche se avessero ipoteticamente i mezzi finanziari, non possono erogare aiuti di stato alle singole imprese collocate sul territorio, poiché l’eventuale erogazione altererebbe la dinamica concorrenziale. Art. 107 TFUE (Divieto di aiuti di stato) 1. Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri (se hanno quindi un impatto restrittivo o di alterazione della concorrenza), gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Lo Stato può dunque impiegare risorse mediante investimenti, mediante la leva fiscale (tassazione di favore), ma non può erogare aiuti in favore di imprese. Eccezioni: 2. Sono compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti (riduzione dei costi prevista per determinate categorie di soggetti); b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; 3. Possono (deve essere richiesta l’autorizzazione all’autorità antitrust europea: DG Comp) considerarsi compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione (aiuti per la coesione territoriale) b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro (spesso utilizzata poichè permette un margine di discrezionalità piuttosto ampio. Es. Covid, crisi energetica etc.) c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse; d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune; Sono tutte norme generali che lasciano ampio spazio di discrezionalità; il diritto antitrust è infatti basato su principi generali con clausole flessibili perché richiede l’apprezzamento degli interessi sociali coinvolti caso per caso. Precisazione: L’autorità antitrust, oltre ad occuparsi della disciplina della concorrenza, ha il compito di applicare la normativa di tutela dei consumatori. 35 Come sappiamo, l’applicazione della normativa antitrust è imperniata di politica, ma devono essere evidenziati dei limiti: essa infatti non può sostituirsi agli organi politici o porre in essere un bilanciamento rispetto alle esigenze della società ulteriori e diverse rispetto a quelle della concorrenza; essa deve mirare al consumer welfare, cioè al benessere del consumatore. Non possono essere fatte valutazioni di ordine distributivo,sociale,ambientale etc. > la tutela della concorrenza non è multi-purpose: non deve guidare il mercato alla luce dei bisogni sociali, ma ha lo scopo di promuovere il benessere del consumatore allocando le risorse, migliorando la qualità dei prodotti e progredendo a livello tecnologico. Come vengono quindi tutelati gli altri interessi sociali che convergono sull’attività d'impresa? Tali interessi vengono tutelati mediante l’attività di regolazione La regolazione è una parte della disciplina dell’attività economica che detta le regole oggettive di funzionamento dei mercati, cioè riguardo al comportamento delle imprese nell’esercizio della loro attività. Ha natura essenzialmente normativa: opera mediante norme generali ed astratte che valgono per tutte le imprese (parità di armi) Riassumendo: Nel modello dell’economia sociale di mercato -la politica economica è prerogativa dello stato (autorità politiche) -l’attività antitrust è in capo all’autorità antitrust che ha il compito di valutare esclusivamente la concorrenzialità del mercato alla luce del benessere del consumatore -set di regole oggettive riguardo all’attività d’impresa-regole di condotta che diano struttura al mercato per evitare i c.d. fallimenti del mercato “La nuova costituzione economica italiana” Riforma del Titolo V della Costituzione (2001). Art. 117, comma 2, lett. e), Cost.: «Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: ... e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario, sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie» Art. 117 Cost. («tutela della concorrenza») come disposizione non semplicemente attributiva della competenza (allo Stato anziché alle Regioni), ma avente valore di principio: i) Libertà «di» concorrenza: regime in cui la libertà di iniziativa economica è garantita a ciascun soggetto (profilo soggettivo) ii) Libertà «della» concorrenza: regime in cui è assicurata la presenza sul mercato di una pluralità di attori, nessuno dei quali in grado autonomamente di influenzare gli scambi (profilo oggettivo) Il modello statale è diverso dal modello di costituzione economica, dove esiste uno spazio per lo stato di pianificazione, controllo di coordinamento dell’attività economica. LO STATO REGOLATORE-Concorrenza e privatizzazioni A seguito della crisi fiscale del modello dirigista, si giunge alla conclusione di dover attuare alcuni cambiamenti. Leva centrale nel sistema del dirigismo economico era il possesso diretto delle imprese; era stato infatti costituito un ministero delle partecipazioni statali che controllava una serie di imprese di proprietà dello stato, società pubbliche Per passare ad un modello economico basato sul libero mercato e sul ruolo dello stato come regolatore occorre privatizzare le società Nel corso degli anni ‘90 dunque una serie di società strategiche sono state progressivamente trasformate da enti pubblici a enti privati. Il percorso è divisibile in due passaggi: Primo passaggio: 36 >Mutamento della forma giuridica: l’organizzazione che svolge l’attività di impresa deve trasformarsi da ente pubblico a società per azioni (forma dell’impresa privata, in particolare dell'impresa capitalistica) > privatizzazione formale (Banche, Enel, ENI, INA, IMI, IRI, FS, Poste) L’unico partecipante di tali società per azioni era però lo stato Secondo passaggio: >Dismissione/vendita delle partecipazioni: le quote vengono cedute; vi è la trasformazione in società quotate sul mercato dei capitali > privatizzazione sostanziale Accanto ai settori di impresa proprio oggetto della privatizzazione, si è parallelamente istituito un sistema di regolazione ad hoc che li ha trasformati in settori regolati > oltre ad applicarsi la disciplina antitrust vengono applicate regole precise che riguardano soltanto l'attività di tali soggetti. Sono ovviamente regole generali (non si tratta di attività di direzione) - ancora oggi esistono dei settori regolati che hanno una serie di regole specifiche che conformano l’attività d'impresa (i settori regolati sono: settore finanziario, servizi pubblici (gas, energia e servizio idrico), servizio dei trasporti, settore della comunicazione) Accanto alla privatizzazione delle imprese, vengono però mantenuti alcuni poteri speciali di prerogativa dello Stato (già previsti in linea generale dal Codice Civile del ‘42: art. 2445 cc.) > golden share: alcune società (in ambito di servizi pubblici o di interesse nazionale) potevano prevedere nei propri statuti che alcuni ruoli nei consigli di amministrazione fossero riservati allo stato, anche non proporzionalmente alla partecipazione azionaria dello stato stesso, per mantenere una forma di supervisione e di controllo, anche se non necessariamente vincolante, da parte dello stato. La Corte di giustizia dichiara che tale comportamento incide negativamente su un’economia concorrenziale > no potere sproporzionato rispetto alla partecipazione > il soggetto che ha l’interesse più genuino al corretto funzionamento dell’impresa è il colui che conferisce maggior capitale di rischio Vi sono però alcune situazioni in cui l’attività d’impresa in alcune società/settori ha un impatto enorme dal punto di vista strategico di uno stato (es. 5G). Per questo si mantiene una serie di prerogative statali > Golden Power: particolare forma di ingerenza dello stato (evoluzione della golden share) ed è l‘ultimo residuo di dirigismo economico e serve a tutelare il sistema di difesa e di sicurezza nazionale: lo stato non può intromettersi nella regolazione dell’attività economica, ma può intervenire sulle singole operazioni. Golden Power: (d.1. 21/12) con decreto vengono «individuate le attivita' di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ivi incluse le attivita' strategiche chiave, in relazione alle quali con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, da trasmettere tempestivamente e per estratto alle Commissioni parlamentari competenti, possono essere esercitati i seguenti poteri speciali in caso di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale: a) imposizione di specifiche condizioni relative alla sicurezza degli approvvigionamenti, alla sicurezza delle informazioni, ai trasferimenti tecnologici, al controllo delle esportazioni nel caso di acquisto, a qualsiasi titolo, di partecipazioni in imprese che svolgono attivita' di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale; b) veto all'adozione di delibere, atti od operazioni dell'assemblea o degli organi di amministrazione di un’impresa di cui alla lettera a), che abbiano per effetto modifiche della 37 Elementi che connotano un servizio pubblico: -Universalità (c.d. obblighi di servizio universale): tutti i soggetti devono poter essere raggiunti dal servizio; lo stato garantisce a tutti i soggetti l’accesso al servizio su tutto il territorio nazionale -Accessibilità: accessibilità dal punto di vista economico del servizio (deroga al principio del libero mercato: lo stato può regolare la tariffa) -Parità di trattamento: tutti i soggetti hanno diritto ad avere lo stesso servizio alle stesse condizioni Ragioni dell'assunzione di alcune attività economiche da parte dei pubblici poteri: - ragioni di carattere politico e sociale: - non maturità di un dato mercato (incapacità di offrire qualità e quantità adeguate); - ragioni tecniche intrinseche > le caratteristiche oggettive dell'attività la rendono poco appetibile per le imprese private (v. la non escludibilità nel caso di esternalità positive). Se non c'è possibilità di offerta concorrenziale, il servizio è reso a condizioni diverse da quelle che risulterebbero dal mercato e il costo non coperto dai ricavi dell'attività è compensato con risorse pubbliche, per lo più attraverso l'imposizione tributaria - Regolazione tariffaria (con o senza compensazioni, ad es. per obbligo di servizio pubblico universale) versus - Tributo legato a una prestazione Modalità di erogazione dei servizi pubblici 1) Servizi pubblici non economici: assenza di una dinamica di mercato all’interno (giustizia, sanità, istruzione etc.); è a carico della fiscalità (le tasse finanziano il servizio pubblico non economico) 2) Servizi pubblici economici -erogati mediante impresa pubblica: l’impresa pubblica opera con contratti di diritto privato -erogati mediante riserva (monopolio naturale: solo lo stato può svolgere una determinata attività) e mediante concessione a imprese private che agiscono per in carico del soggetto (infrastrutture, autostrade) > «Concorrenza per il mercato»: non può esservi una concorrenza “nel mercato”, ci deve essere un sistema di scelta del concessionario che diventi il monopolista del servizio che raggiunga gli effetti più vicini possibili ad un sistema concorrenziale (procedura competitiva>bando pubblico) -erogati in maniera totalmente concorrenziale (con regolazione quali-quantitativa: lo stato pone regole, essendo comunque un servizio pubblico, sulla qualità del prodotto): servizio pubblico erogato da più imprese che offrono liberamente i loro servizi al mercato in un sistema concorrenziale - senza obbligo di servizio universale - con obbligo di servizio universale: obbligo di contrarre di qualunque impresa a cui venga richiesta l’erogazione di un bene o servizio da parte di un soggetto (servizio delle Poste); per l’impresa il problema è che l’obbligo di servizio economico può essere antieconomico (si può far operare l'impresa potenzialmente in perdita) = una delle deroghe dell’applicazione della disciplina degli aiuti di stato è collegata alle compensazioni per l’obbligo di servizio universale Criterio: finché il mercato funziona, basta regolare il mercato; se il mercato non è in grado di soddisfare un’offerta concorrenziale, occorre centralizzare maggiormente la gestione. 40 3) Impresa pubblica in attività non di interesse economico generale [106 TFUE]: non vige il divieto, ma lo stato non può riservare alle imprese pubbliche una disciplina di favore (parità delle armi) proprietà - golden share - golden power (funzione «para direttiva» e non regolatoria) Impresa privata… 4) Riserve di attività superabili mediante autorizzazione (l’autorizzazione è radicalmente diversa dalla concessione con la quale non vi è un libero accesso al mercato; la concessione solitamente è fatta ad un solo soggetto o ad un solo soggetto per zona territoriale (monopolio naturale); la concessione ha un numero predeterminato di soggetti che possono svolgere l’attività; l’autorizzazione invece non ha un numero predeterminato, ma esclude semplicemente i soggetti che non possono svolgere alcune determinate attività) -autorizzazione a scopo precauzionale: al fine di tutelare gli interessi rilevanti in gioco nell’esercizio di tale attività -autorizzazione a scopo economico: l’amministrazione si riserva il potere di far entrare alcuni soggetti nel mercato ma la logica non è meramente precauzionale, ma ha l’obiettivo di migliorare il mercato (eliminata nei primi anni ‘90) 5) Controlli ex ante e licenze: caratteristiche che i soggetti devono avere per operare in determinati settori > crea barriere di accesso al mercato 6) Regolazione dell'attività (ulteriore rispetto alla normativa generale e trasversale di antitrust) e controlli ex post > non crea barriere di accesso al mercato (metodo più efficiente) -Regolazione economica c.d. condizionale (settoriale): serve a garantire le condizioni di corretto funzionamento concorrenziale del mercato> oltre alla disciplina antitrust, per alcuni settori, per i quali vi è un forte rischio di essere esposti ai fallimenti del mercato, esiste un set di regole aggiuntive per supplire a carenze intrinseche del mercato -Regolazione c.d. prudenziale (collegamento con riserva e autorizzazione): non solo regola la produzione del bene o del prodotto, volendo evitare il fallimento di determinate imprese, controlla all’interno l’organizzazione dell’impresa stessa (solo nel settore finanziario a causa dell'entità del rischio, chiamato “rischio sistemico” a effetto domino dell’uscita dal mercato di un soggetto economico in ambito finanziario) -Regolazione c.d. sociale: la regolazione sociale ha scopi ulteriori rispetto al funzionamento del mercato e all’offerta di servizi quantitamente e qualitativamente adeguati (es. tutela dell’ambiente) 7) Non regolazione dell’attività? Profili trasversali della regolazione -Antitrust (disciplina applicata a tutti i mercati, non si tratta di regolazione) e tutela del consumatore (AGCM) -Trattamento dei dati (Garante privacy) Diritto dell’impresa e dei contratti I settori regolati si caratterizzano per avere un’autorità amministrativa di riferimento: Mercati dei servizi di interesse economico generale SIEG (Servizi pubblici in senso oggettivo) - Autorità per energia reti e ambiente ARERA: elettricità, gas, telecalore, acqua - Autorità di regolazione dei trasporti - Autorità Comunicazioni AGCOM (comunicazioni radiotelevisive, comunicazioni elettroniche e servizi digitali, servizio postale) Mercati finanziari divisi concettualmente in 3 settori: - Banca d'italia [EBA] 41 - Consob [ESMA]: mercato di capitali, imprese di investimento - IVASS [EIOPA]: assicurazioni Autorità con competenze generali e trasversali - Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM: antitrust e tutela dei consumatori) - Garante per la protezione dei dati personali AUTORITA’ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI I settori regolati hanno a capo alcune autorità amministrative indipendenti; l’autorità antitrust è l’autorità amministrativa indipendente trasversale a tutti i settori, regolati e non. -L’autorità indipendenti sono consustanziali al modello dello stato regolatore; servono ad escludere le funzioni amministrative attribuite ad alcuni soggetti dal circuito politico-rappresentativo -Le autorità amministrative sono espressione della scelta legislativa di sottrarre la regolazione (cioè le regole oggettive che gli atti amministrativi stabiliscono riguardo lo svolgimento di un’attività) e/o vigilanza sul corretto funzionamento di determinati mercati ovvero la protezione di determinati diritti/interessi fondamentali ad un criterio di mediazione degli interessi in conflitto (la politica non agisce con metodo giuridico, ma agisce in maniera discrezionale) per affidarla a criteri di ordine essenzialmente tecnico (e non politico), nel perseguimento di un interesse pubblico individuato come esclusivo (single-mission authorities) -Indipendenza come estraneità al circuito politico-amministrativo; -«Neutralità» come aderenza a una visione di non direzione delle singole attività ma di azione «condizionale»: regole uguali per tutti, applicate in maniera uniforme e mantenimento della corretta funzionalità del mercato concorrenziale >Il problema delle autorità amministrative indipendenti è un problema di legittimazione democratica Fondamento costituzionale del modello: art. 94-95 Cost. vs. art. 97 Cost. Art. 94: «Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere» (Artt. 56 e 58: parlamentari «eletti a suffragio universale e diretto») Art. 95: «Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri» Art. 97: «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione» > l’esistenza di tali autorità amministrative indipendenti è giustificata dalle esigenze di “buon andamento e imparzialità dell’amministrazione”: posto che la legge determina alcune norme fondamentali riguardo alla regolazione dell’attività economica e ai limiti dello stato (stato regolatore), deve esservi per principio di coerenza un’amministrazione in grado di svolgere in maniera efficace le funzioni ad essa attribuite (“amministrazione autocefala”: fa capo a se stessa) Fondamento costituzionale del modello? Art. 95 Cost. versus art. 97 Cost. Vantaggi del modello giustificato dall’art. 97: -Idoneità a garantire livelli più elevati di coerenza e razionalità dell'azione pubblica e una miglior tutela del principio concorrenziale: le scelte regolatorie sono sottratte alla logica della 42 Indipendenza strutturale e funzionale di ARERA (energia, servizi a Rete e Ambiente) e AGCOM Art. 2, co. 7 e 8 l. 481/1995 7.Ciascuna Autorita' è organo collegiale costituito dal presidente e da due membri, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro competente. Le designazioni effettuate dal Governo sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari. In nessun caso le nomine possono essere effettuate in mancanza del parere favorevole espresso dalle predette Commissioni a maggioranza dei due terzi dei componenti (per poter nominare i capi delle autorità indipendenti deve esserci accordo politico tra maggioranza e opposizione). Le medesime Commissioni possono procedere all'audizione delle persone designate. In sede di prima attuazione della presente legge le Commissioni parlamentari si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta del parere; decorso tale termine il parere viene espresso a maggioranza assoluta. 8.I componenti di ciascuna Autorita' sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalita' e competenza nel settore; durano in carica sette anni e non possono essere confermati (non sono influenzati dalla possibilità o meno di rinnovo della carica > indipendenza dalla politica). A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attivita' professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati ne’ ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici ne' avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della medesima Autorità (principio di terzietà dai soggetti regolati). I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico > indipendenza strutturale Legge n. 481/1995 e s.m.i. «Art. 1 (Finalità) 1. Le disposizioni della presente legge (sui servizi pubblici) hanno la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza (regolazione tecnica-economica) nel settore dei servizi di pubblica utilità, di seguito denominati "servizi", nonché adeguati livelli di qualita' nei servizi medesimi in condizioni di economicità e redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale (definizione di servizio pubblico), definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo (>l’azione deve essere coerente con gli indirizzi di politica generale formulati dal governo; non vi è un’indipendenza “piena”). Il sistema tariffario deve altresì armonizzare gli obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti il servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse (regolazione sociale). 2. Per la privatizzazione dei servizi di pubblica utilita’, il Governo definisce i criteri per la privatizzazione di ciascuna impresa e le relative modalita' di dismissione e li trasmette al Parlamento ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari». Art. 2(5) «Le Autorita' operano in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione» > Il modello dell’autorità amministrativa indipendente da manuale ipotizzato negli anni ‘90 in realtà non esiste: l’attività amministrativa di regolazione non può essere sempre meramente tecnica, ma devono essere adottate una serie di scelte che possono avere una componente politica (attività di bilanciamento di interessi) 45 Riassumendo “l’indipendenza in senso strutturale e i suoi limiti”: -Nomine dei vertici delle autorità: i) coinvolgimento di Governo e Parlamento; ii) assenza di requisiti tecnici formali -Assenza di potere di revoca dei componenti e di potere direttivo specifico da parte degli organi politici Problema: Accountability > come assicurare la verifica della coerenza dell’azione delle autorità con gli obiettivi affidati loro? Strumenti: 1.Controllo svolto in sede parlamentare (poco efficace ed effettivo) 2.Inserimento delle autorità nazionali in reti europee di organi simili e la loro sottoposizione al coordinamento delle autorità o agenzie europee a verifica di eventuali deviazioni ingiustificate dagli orientamenti comuni e condivisi (più significativo) 3.Impugnativa degli atti di fronte al giudice amministrativo Ulteriore problema: Tecnocrazia > situazione in cui organi legittimati sulla base di argomenti tecnici, non collegati con il circuito politico, arrivano ad avere nelle proprie mani poteri talmente elevati che vi è la necessità di recuperare una qualche forma di principio democratico (è ancora da capire come) Poteri delle autorità indipendenti - Normativi (e conformativi dei contratti): possono dettare, con la propria attività regolamentare, alcune disposizioni di organizzazione (es. modalità di contratti, pubblicità, componenti delle tariffe) > possono creare regole generali ed astratte di attuazione della fonte superiore (perseguono gli obiettivi dettati dalla legge) - Di vigilanza: potere di verificare che le imprese esercitino correttamente la loro attività (funzione amministrativa in senso stretto); verificano il rispetto della normativa vigente da parte dei singoli soggetti; in caso di violazione, hanno potere sanzionatorio - Sanzionatori: potere di emettere provvedimenti che impongono l’obbligo di pagamento di una sanzione pecuniaria (al fine di punire/penalizzare, scopo sanzionatorio in senso stretto) o non pecuniaria (al fine di ripristinare la situazione precedente, ripristinatoria; es. ordine di cessione di un’attività) all’impresa che viola un precetto - Paragiurisdizionali: prendono decisioni in ordine al possibile conflitto tra due operatori economici in concorrenza in relazione ad una data vicenda o in merito a controversie tra la clientela e l’impresa > al fine di prevenire l’effettiva proposta dell’azione - Poteri strumentali ai poteri sopra elencati: -Informativi -Ispettivi Rapporti con il decisore politico e con gli interessi c.d. «extra concorrenziali» Slide “profili critici del modello delle autorità indipendenti”: affronta i problemi del rapporto ambiguo tra l’indipendenza delle autorità amministrative indipendenti e le decisioni politiche > non obbligatorio Bisogna capire fondamentalmente come nel modello delle autorità indipendenti ci possa essere un raccordo tra la garanzia dell’autonomia e della neutralità di tali autorità e la tutela di interessi extra concorrenziali Problemi principali: 46 •Autonomia piena [autonomia strutturale e funzionale da regolati] o spazi di discrezionalità per la politica [atti di indirizzo puntuali o generali di Parlamento o Governo] •Natura tecnica o politica delle decisioni •Spazio per la regolazione «non» indipendente >Bisogna rassegnarsi al fatto che non esiste la possibilità di limitare le decisioni che abbiano natura meramente tecnica; se vengono in gioco interessi extra concorrenziali si devono considerare due aspetti: 1.La rilevanza di tali interessi deve essere motivata in modo particolarmente analitico dall’autorità amministrativa 2.Mentre rispetto all’attività di regolazione tecnica in senso stretto vi è un'elevata indipendenza dal potere politico, se si tratta di tutelare interessi ulteriori, extra concorrenziali, l’autonomia e l’indipendenza delle autorità si riduce ed è d legittimo e doveroso che si tengano in considerazione gli indirizzi di politica generale del governo 3 linee di lettura/tesi differenti (fino alla slide n.16 “Autorità amministrative indipendenti” moodle): 1) Natura totalmente tecnica e indipendenza totale [separazione netta e radicale] 2) Diverse tipologie di regolazione [condizionale, finalistica o prudenziale], apprezzamenti anche complessi discrezionali in senso tecnico, ma mai scelte politico-discrezionali [no cura interesse pubblico mediante ponderazione di interessi in senso proprio] 3) Ruolo sempre politico delle autorità [natura mistificante dello stesso concetto di regolazione indipendente] Lezione 1 professor Stefano Vaccari (professore di diritti amministrativo, Uni. Sassari) “L’amministrare per servizi” Agire amministrativo come agire di prestazione: l’erogazione da parte dell’amministrazione di beni e servizi in un mercato o al di fuori, per realizzare un interesse pubblico, sociale, proprio di una comunità più o meno ampia a seconda del livello di erogazione di quel servizio (locale, territoriale, nazionale etc.) Bisogna partire dalla descrizione del ruolo dell’amministrazione nelle diverse forme di stato -Stato liberale: l’amministrazione, compatta e promanata dal centro (ministeri-prefetture), si occupava di poche funzioni ed essenzialmente funzioni d’ordine e funzione tributaria (prelievo fiscale) > epoca caratterizzata da una forma di stato minimo; dominava la teoria della mano invisibile (mercato che si autoregola) e non era considerato necessario l’intervento statale. -Stato sociale: nuove esigenze/nuovi obiettivi sociali del welfare state. Gli apparati amministrativi crescono di numero, si moltiplicano i modelli e svolgono nuove funzioni > aumento della spesa pubblica e della pressione fiscale. Nelle costituzioni del dopoguerra di conseguenza vengono sanciti nuovi diritti fondamentali (diritto alla salute, diritto all’istruzione etc.) > l’individuo non ha più soltanto la “libertà dallo stato”, dalle intrusioni del potere imperativo, ma inizia a vantare dei diritti di prestazione, delle pretese a contenuto positivo; vengono quindi istituiti i primi servizi pubblici (creazione di rete dei trasporti, poste, scuole, ospedali, rete idrica etc.). Tale fenomeno ha avuto un importante sviluppo a livello locale (comuni) mediante un movimento ispirato da Giolitti, chiamato “Socialismo Municipale”: ente locale che tutela e promuove gli interessi della propria comunità di riferimento che inizia ad assumere determinate attività come servizi pubblici, creando allo scopo nuove figure giuridiche, le aziende municipalizzate, per gestire, anche in forma di impresa pubblica, tali servizi. Nasce quindi una nuova forma di amministrazione che si affianca all’esercizio tradizionale: il servizio pubblico. Non esiste una nozione universale a priori di servizio pubblico; viene individuata in base a variabili storiche e di contesto socioeconomico. Il perimetro del servizio pubblico cambia a seconda del periodo storico, del territorio, delle caratteristiche della società e del mercato. 47 Esempio di legittima deroga giustificata dall’Art. 106 TFUE alle norme concorrenziali sancite dal Trattato: divieto di aiuti di stato vs. compensazione come elemento tipico del servizio pubblico Servizio Postale: se l’attività fosse lasciata al libero mercato, l'imprenditore razionale consegnerebbe la posta solamente nelle aree geografiche in cui il servizio è in grado quantomeno di essere svolto con economicità, escludendo per esempio i piccoli paesini sperduti sul territorio. Non ci sarebbe coesione sociale. L’imprenditore in perdita deve essere compensato attraverso l’erogazione di risorse pubbliche affinché consegni in tutto il territorio la posta, per l’obbligo di universalità. La compensazione tecnicamente è un aiuto di stato e dovrebbe essere vietata, MA grazie all’art.106 TFUE la si ammette: “consegnare la posta ovunque è una missione che realizza l’obiettivo proprio del servizio pubblico? Sì, allora lo stato membro può organizzare un sistema di compensazioni economiche che indennizzano le perdite subite dal gestore del servizio. Conclusioni della Corte di Giustizia - Caso Altmark Presupposti che legittimano le compensazioni di servizio pubblico in base alle deroghe dell’art. 106 TFUE > precedente giurisprudenziale “Nei limiti in cui l’intervento statale sia considerato compensazione diretta a rappresentare la contropartita delle prestazioni effettuate dalle imprese beneficiarie per assolvere obblighi di servizio pubblico (obbligo imposto dallo Stato), cosicché tali imprese non traggono, in realtà, un vantaggio finanziario e il suddetto intervento non ha quindi l'effetto di collocarle in una posizione concorrenziale più favorevole rispetto a quelle che fanno loro concorrenza. Dunque, affinché, in un caso concreto, una siffatta compensazione possa sottrarsi alla qualificazione di aiuto di Stato, devono ricorrere in via cumulativa quattro presupposti: 1.L'impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata di obblighi di servizio pubblico definiti in modo chiaro 2.I parametri economici di calcolo della compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente, al fine di evitare che essa comporti un vantaggio economico atto a favorire l'impresa beneficiaria rispetto a imprese concorrenti. 3.La compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi introiti agli stessi nonché di un margine di utile ragionevole per il suddetto adempimento 4.La scelta dell'impresa da incaricare dell'adempimento di obblighi di servizio pubblico deve essere effettuata nell'ambito di una procedura selettiva (di appalto pubblico) che consenta di selezionare il candidato in grado di fornire tali servizi al costo minore per la collettività. >L’Unione Europea, sulla scorta di tali principi che trovano fondamento nei Trattati, a partire dagli anni ‘90 ha sviluppato tali principi in una massa di regole attraverso diritto derivato, in particolare attraverso direttive di settore, relative ai diversi SIEG, imponendo agli stati membri di aprire i relativi mercati alla concorrenza Lezione 2 professor Stefano Vaccari L’Unione europea persegue 2 diverse concezioni di concorrenza: -Concorrenza nel mercato: situazione in cui all’interno di un dato mercato si confrontano due operatori, il mercato ospita più competitors in concorrenza tra loro, attraverso la battaglia dei prezzi, della qualità etc. Riguardo ai SIEG si ha concorrenza nel mercato per tutti quei SIEG che, date le caratteristiche strutturali del loro mercato di riferimento, possono essere erogati e gestiti da una pluralità di operatori in una situazione di concorrenza tra loro. E’ un passo importante in avanti rispetto alla vecchia impostazione di servizio pubblico in senso soggettivo, in quanto non vi 50 è nessuna incompatibilità tra la qualificazione di servizio pubblico e la situazione di concorrenza nel mercato. Questo primo modello è concepito come prioritario, come regola generale dalle istituzioni europee > quindi dove il mercato è in grado di ospitare più operatori, gli stati membri hanno l’obbligo, attraverso le politiche di liberalizzazione, di attuare tutte le misure necessarie che consentano di aprire alla massima concorrenza, fermo restando vigilanza e regolazione affinché gli operatori in concorrenza non siano distolti dalla missione, ma che questa sia compatibile con la concorrenza e con i loro obiettivi. Es. trasporto ferroviario, telefonia. -Concorrenza per il mercato: modello considerato “eccezionale”. Esistono situazioni in cui ragioni tecnico-economiche (es. fallimenti di mercato) non consentono l’effettiva concorrenza del mercato e l’applicazione del primo modello e di conseguenza impongono che vi sia un diritto di esclusiva (necessità di un monopolista legale) > il mercato stesso non consente che vi sia più di un concorrente. Problema: se vi è la necessità per determinati SIEG di avere un solo monopolista, come viene scelto tale soggetto esclusivo? La scelta del monopolista viene fatta attraverso lo strumento giuridica della gara > ecco perché la denominazione di concorrenza “per il mercato”: viene creato un mercato artificiale all’interno di un procedimento amministrativo di gara per dare la possibilità a tutti gli aspiranti interessati di poter ambire a ricoprire il ruolo di monopolista del servizio; verrà poi scelto il migliore tra gli operatori a cui poi l’amministrazione conferirà con il provvedimento di concessione il diritto esclusivo di gestire il servizio pubblico in questione alle condizioni fissate dagli atti di regolazione. Non deve essere una concessione perpetua, altrimenti si chiuderebbe il mercato: le gare devono essere periodiche (problema posto dall’UE per l’Italia: gestione delle spiagge). La procedura di gara nell’UE serve a creare un mercato artificiale che dovrebbe supplire alla mancanza di concorrenza che non esiste nel mercato: la sfida tra gli operatori economici all’interno della procedura dovrebbe andare a beneficio del consumatore finale. Come anticipavamo l’Unione Europea è indifferente alla natura proprietaria del gestore, non ha interesse se la società che gestisce il servizio sia di proprietà pubblica o sia interamente formata da quote di capitale privato; l’importante è che venga rispettato il principio. Anche una società pubblica deve partecipare alla gara sfidando gli operatori privati. Servizi di interesse economico generale a rete I servizi a rete sono servizi che per l’erogazione all’utenza richiedono determinate infrastrutture, spesso interconnesse tra loro (es. rete idrica, rete delle autostrade, rete di trasmissione dell’energia elettrica, delle telecomunicazioni etc.). Il problema è che la rete richiede un ingente capitale per la costruzione, per cui non sarebbe altrimenti profittevole l’investimento Come si può quindi assicurare la concorrenza nei servizi rete? In passato sia la gestione della rete sia l’erogazione del servizio che per il tramite della rete veniva svolto venivano gestiti da un solo operatore, da un monopolista unico: tutta le fasi della filiera industriale erano gestiti da un unico operatore che curava nella sua interezza il servizio (es.ENEL). Successivamente, in un contesto di progressiva liberalizzazione, si sono coniugati “concorrenza nel mercato” e “fallimento connesso all’esistenza della rete” mediante la distinzione delle varie fasi della filiera del servizio: un solo operatore non deve più gestire in toto il servizio. Avviene la distinzione tra: -Operatori della rete con il compito di curare la rete (es. manutenzione etc.) > monopolista che cura la rete in sé -Imprese che tramite la regolazione della rete possono in concorrenza gestire l’erogazione del servizio 51 Es. ENERGIA ELETTRICA: la gestione della trasmissione dell’energia elettrica è assicurata da un monopolista, scelto tramite gara. La produzione e la vendita di energia elettrica al cliente finale è effettuata da più operatori in concorrenza e al cliente finale è lasciata libera scelta (liberalizzazione). Fasi logico-giuridiche del servizio pubblico Quali sono i momenti essenziali, dal punto di vista giuridico, propri del servizio pubblico? Come si vanno a dislocare i compiti dei poteri pubblici rispetto ai servizi pubblici? Per ogni servizio vi sono 3 fasi essenziali: -Fase dell’assunzione: momento in cui una determinata attività viene qualificata come servizio pubblico; da questo momento tale attività è assoggettata alla disciplina propria dei servizi pubblici. -Fase della regolazione: qualificata un’attività come servizio pubblico, essa deve essere disciplinata. -Fase della scelta della forma di gestione: si dovrà poi scegliere, tra le varie alternative, la forma di gestione per la materiale erogazione del servizio Fase dell’assunzione Alla base, per ogni servizio pubblico, deve esserci stato un momento di assunzione, cioè un momento formale che segni la qualificazione di un'attività come servizio pubblico e non più come attività in regime di libero mercato > valutazione di natura politica poiché si lega ai bisogni della società. L’assunzione quindi avviene con una decisione politica veicolata in un atto giuridico: tramite una legge (servizi pubblici ex lege) o tramite un atto amministrativo. La difficoltà del momento dell’assunzione consiste nel fatto che non esiste una nozione giuridica, di diritto positivo, di servizio pubblico. Fase della regolazione In tale fase devono essere individuate una serie di regole specifiche, tecniche che disciplinano il nuovo servizio pubblico. Lo statuto generale del servizio pubblico si compone di alcuni principi giuridici generali che, è compito del regolatore (legislatore, amministrazione), calare in regole specifiche a secondo delle esigenze concrete del servizio. Principi propri del servizio pubblico: 1. Principio di doverosità (quantità e qualità) > erogazione doverosa in favore di tutti gli utenti e creazione di obblighi di servizio pubblico regolati da apparati sanzionatori appositi 2. Principio di continuità: obbligo di erogazione con continuità nel tempo; l’erogazione di un servizio pubblico non può essere temporaneamente interrotta VS. diritto allo sciopero: occorre coniugare il principio di continuità con il diritto allo sciopero costituzionalmente garantito. E’ stata istituita un’apposita pubblica amministrazione, la Commissione per lo Sciopero dei Servizi Pubblici Essenziali, che regoli l’esercizio del diritto di sciopero, equilibrandolo con il principio di continuità (es. sciopero dei trasporti pubblici con fasce d’orario garantite per limitare il disagio creato). (Art. 331 cp “Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità”: “Chi, esercitando imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità, interrompe il servizio, ovvero sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a euro 516. I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da tre a sette anni e con la multa non inferiore a euro 3.098.”) 52 interessi pubblici, anche i vincoli posti alle parti per perseguire tali obiettivi corrispondono a un interesse pubblico. Riguardo al diritto privato dell’economia quindi, nella misura in cui la tutela dei consumatori è un interesse pubblico, per esempio anche i rimedi devono essere pensati ad hoc (es. nullità di protezione, vedi dopo) rispetto a quelli previsti dal codice civile (nullità e annullabilità). IL CONTRATTO D’IMPRESA Il contratto d’impresa si riferisce all’impresa, all’imprenditore. Nozione di imprenditore e di impresa nel codice civile: Art. 2082 c.c. «È imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi» L’impresa come realtà giuridica «complessa» o globale» è descritta come un’ attività stabilmente organizzata e svolta, connotata da economicità e professionalità; Esistono diverse categorie d’impresa. L’Art. 2195 cc riguarda il “Registro delle imprese”, che consiste in un enorme database pubblico che include informazioni su tutte gli imprenditori attivi in Italia. Nell’art. 2195 cc si parla di “tipologie di imprenditori” Si distingue in: 1) un’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi 2) un’attività intermediaria nella circolazione dei beni; 3) un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; 4) un’attività bancaria o assicurativa; 5) altre attività ausiliarie delle precedenti Rimane esclusa l’agricoltura e l'imprenditore agricolo. -Quando viene costituita un’impresa e viene iscritta nel registro delle imprese, deve dichiarare nell'atto costitutivo l’attività che ne costituisce l’oggetto sociale (art.2328 c.c.) -Il codice civile ci presenta l'imprenditore come un soggetto > soggettivazione dell’imprenditore e non dell’impresa. L’impresa è l’attività organizzata in senso oggettivo (=serie ripetuta di atti che professionalmente realizzano lo scopo economico) ma deve per forza far capo ad un soggetto, l’imprenditore. L’imprenditore non è un «organo» dell’impresa e può essere: 1.Imprenditore individuale 2.Imprenditore collettivo – società [o altri enti] L’impresa indica un organismo produttivo stabile “alienato” dalla persona fisica che ne esercita il potere; essa è indifferente alle persone fisiche che nel concreto la gestiscono rimanendo stabile e connotata da un agire oggettivo. Rispetto al diritto dei contratti quindi, che si basa fondamentalmente sulla volontà delle persone fisiche, vi è una dinamica molto più oggettivata, basata su regole predefinite, generali e che si ripetono con regolarità. Quando si analizza il contratto delle imprese bisogna dare rilevanza alla natura oggettiva dell’attività. >Strumentalità oggettiva del contratto d’impresa all’esercizio dell’attività – Prevale dato dell’oggettivazione dell’impresa: stabilità dell’organismo produttivo e «alienazione» dalla persona fisica che esercita il potere di gestione e di rappresentanza (imprenditore individuale o rappresentante/gestore) In questo caso l’ordinamento realizza l’insensibilità alla persona dell’imprenditore → «ambulatorietà» in sede di formazione ed esecuzione. 55 Nel Codice Civile: a) Art. 1330 c.c. [il «portafoglio ordini» esprime un valore oggettivo come il «magazzino merci»] – 1330 c.c. «La proposta o l'accettazione, quando è fatta dall'imprenditore nell'esercizio della sua impresa, non perde efficacia se l'imprenditore muore o diviene incapace prima della conclusione del contratto, salvo che si tratti di piccoli imprenditori o che diversamente risulti dalla natura dell'affare o da altre circostanze»; b) Art. 1406 c.c. «Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l'altra parte vi consenta»; art. 2558 c.c. «Se non è pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale» > Il codice non ha soggettivato l’impresa ma ha oggettivato il contratto d’impresa Sub-figure del contratto d’impresa: Possiamo distinguere l’attività dell'imprenditore secondo più tipologie di contrattazione -costituzione e organizzazione dell’impresa [acquisto/costruzione sede sociale e impianti produttivi] -coordinamento della sua attività con quella delle altre imprese [ad es., consorzi] -crisi dell’impresa [accordi di ristrutturazione del debito e concordati] -qualificativi (raccordo con gli artt. 2328 e 2195 c.c. e con l’oggetto imprenditoriale-sociale): il contratto qualificativo è il contratto il cui oggetto si identifica con l’oggetto sociale, cioè il contratto standardizzato con cui l'imprenditore vende i propri beni o servizi al mercato. Quest’ultima figura porta l’attività sul piano del singolo negozio: realizza l’attività d’impresa cioè l’offerta al mercato dei beni/servizi. Il contratto qualificativo è la veste giuridica del prodotto dell’impresa > per regolare il mercato, in un’economia basata sulla concorrenza e sul paradigma dello stato regolatore, si devono innanzitutto regolare i contratti con cui le imprese offrono ai clienti i propri beni e servizi, poiché, dato che il contenuto di tali contratti risponde ad una decisione generale dell’impresa (contratti uguali e standardizzati), se si regola tali contratti, si regola l’impresa e di conseguenza il mercato. Standardizzazione o rigidità dell’offerta Il contratto con cui l’impresa eroga al mercato i propri beni e servizi, siano essi intermediati (commercio) o siano essi prodotti (industria), deve avere determinate caratteristiche, che dipendono da vincoli economici e non da fattori estemporanei. Proprio in quanto l’impresa è una realtà giuridica economica, organizzata e professionale necessita che i contratti siano standardizzati. Perché l’impresa deve funzionare in maniera standardizzata? Perché l’offerta è rigida? Motivi: - Costi transattivi della negoziazione individuale: costi di redazione, di gestione del contratto etc. collegati alla singole stipula di un contratto, differente per ogni soggetto > se il contratto è di contenuto identico, standardizzato, i costi transattivi si riducono notevolmente. Così come la produzione in senso fisico dei prodotti è standardizzata, anche la produzione dei contratti, veste giuridica dei prodotti stessi, deve essere standardizzata. - Esigenze di controllo gerarchico delle attività dei sottoposti (costi transattivi sotto il profilo dell’agency): dal punto di vista interno, l’impresa, essendo un’organizzazione complessa, ha l’esigenza di prevedere i costi e i ricavi futuri e per questo è organizzata gerarchicamente, cioè le decisioni prese dall impresa vengono trasmesse gerarchicamente. Rischia di essere troppo costoso permettere modifiche/ differenziazioni interne per esempio riguardo al prezzo in maniera selettiva. Anche se fosse permesso, vi sarebbe un problema di controllo sui soggetti sottoposti: 56 per questo motivo si limita la discrezionalità dei singoli soggetti, anche se questo potrebbe dare maggiore profitto, poiché il costo di controllo nel concedere discrezionalità ai singoli soggetti è maggiore del beneficio eventualmente prodotto. Se il benessere dell’impresa dipende dall’agire del dipendente genera un problema di agency: l’agent avrebbe un incentivo ad agire per il proprio benessere al posto degli interessi dei clienti Il contratto «qualificativo» standard - Atto che presuppone ed esprime l’organizzazione dell’impresa: il contenuto di tale contratto esprime una serie di decisioni imprenditoriali - Momento oggettivo [oggettivazione dell’attività e rigidità dell’offerta; non legato alla volontà dei singoli] di realizzazione dell’attività di impresa i.e. di erogazione della prestazione tipica d’impresa (offerta sul mercato) e di imputazione dell’attività all’imprenditore (obbliga la società ad erogare il servizio) -Tale discorso di standardizzazione vale sia nella formazione che nell’esecuzione del contratto. Dunque anche le modalità di adempimento delle prestazioni sono decise «mediante» l’organizzazione, seriali e standardizzate. -Il concreto contenuto della prestazione dipende direttamente dalle modalità e dalle scelte di organizzazione dell’attività d’impresa operate all’interno dell’impresa – non è frutto della volontà di un soggetto Riassumendo: La standardizzazione del contratto esprime la standardizzazione organizzativa dell’impresa, per processi e funzioni > principio di inerenza > principio di specializzazione del lavoro: l’impresa è organizzata in modo tale che ogni singola divisione, ogni singolo ufficio svolge il proprio ruolo Questo permette di raggiungere le c.d. economie di scala ed economie di organizzazione > il costo marginale della produzione di un ulteriore bene o servizio è nullo; ciò porta ad un ampliamento della produzione Tale ragionamento vale sul piano dell’autonomia dell’imprenditore (come l'imprenditore determina i contenuti della propria offerta), ma anche sul piano dell’eteronomia: se l’ordinamento vuole modificare,correggere il contenuto di un’offerta per tutelare taluni interessi pubblici, deve intervenire sul contratto > per regolare il mercato, bisogna regolare le imprese - Strumentalità tra adempimento del contratto d’impresa (obblighi esecutivi) e organizzazione - Un dato obbligo attinente al contenuto contrattuale o alla fase esecutiva presuppone un dato adattamento organizzativo Contratto e accordo del destinatario dell’offerta Dal punto di vista dell’imprenditore: il contratto non è espressione della volontà dello stesso, ma è il frutto di un processo imprenditoriale predeterminato in maniera oggettiva. Dal punto di vista del consumatore: Art. 1341 c.c. «Le condizioni generali di contratto (per i contratti qualificativi standardizzati) predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza. In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria» 57 - le imprese che realizzano la compliance a costi inferiori possiedono una migliore posizione competitiva Dalla protezione del cliente al codice del consumo La disciplina del codice del consumo si applica indipendentemente dal settore di attività e indipendentemente dal tipo di attività di cui si parla. Le attività economiche soggiacciono a questa disciplina. Ci sono dei perimetri soggettivi di applicazione. Il consumatore è il perimetro soggettivo. In linea di massima la disciplina del codice di consumo non si applica se non ai consumatori. Il discrimine è tra i soggetti che agiscono per scopi estranei alla propria attività professionale e l’attività organizzata. I primi come privati, hanno una presunzione che non tollera prova contraria del fatto che siano estranei a questa materia, e che non abbia il tempo e le competenze necessarie per raccogliere le informazioni e per operare con il supporto della tutela della legge le proprie scelte. Invece nel caso dell’attività organizzata professionalmente, il contratto è concluso strumentalmente nell’esercizio dell’attività che viene svolto; allora implica che si disponga delle competenze e delle risorse organizzative al fine di tutela. In questo modo non c’è una sproporzione tra l’investimento di tempo e il beneficio che mi viene dato. Nei SERVIZI PUBBLICI c’è una disciplina di tutela degli utenti che include anche i soggetti non consumatori. Il servizio pubblico è ogni bene e servizio che l’ordinamento trasforma in un bisogno sociale. In questo caso ha senso produrre una regolamentazione oggettiva del servizio. I SERVIZI FINANZIARI invece hanno una disciplina di trasparenza e di tutela che si applica a tutti i soggetti. Se una società per azioni apre un conto corrente presso la banca, è beneficiaria di una disciplina di legge di tutela che non dipende dal suo essere consumatore o no. Servizi pubblici: tutelato l’utente. Servizi finanziari: tutelato il cliente. DIRITTI DEI CONSUMATORI: trasparenza e correttezza Trasparenza: obbligo di sopperire a quella naturale incompletezza dei contratti. La trasparenza serve a controbilanciare questo aspetto; il mercato non è in grado di raggiungere un livello di informazione che ha le caratteristiche necessarie per permettere al consumatore di scegliere e tale lacuna viene integrata con gli obblighi di legge. Diritti dei consumatori ART. 2, LETT. A) – G) Cod. Cons. a) alla tutela della salute; b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi; c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità; c-bis) all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; d) all'educazione al consumo; e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali [cfr. clausole abusive]; f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti; g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza [cfr. art. 101; regolamentazione estesa a tutti gli utenti] DIRITTO ALL’INFORMAZIONE «ARTICOLO 5 – Obblighi generali 1. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 3, comma 1, lettera a), ai fini del presente titolo, si intende per consumatore o utente anche la persona fisica alla quale 60 sono dirette le informazioni commerciali. 2. Sicurezza, composizione e qualità dei prodotti e dei servizi costituiscono contenuto essenziale degli obblighi informativi. 3. Le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto anche conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore». -Informazione → trasparenza del testo. Informazione, trasparenza e chiarezza vanno parametrate al grado effettivo di comprensione del consumatore. Obiettivo: consapevolezza del consumatore circa gli effetti economici e giuridici dell’atto che pone in essere. L’informazione diviene dunque anche, ma non solo, trasparenza e comprensibilità in senso sostanziale [cfr. art. 34 Cod. Cons. e sentenza 30 aprile 2014, Kásler, C-26/13]. -Sull’informazione corretta e adeguata rispetto al consumatore medio si regge la filosofia delle pratiche commerciali scorrette: è ingannevole la pratica commerciale che contiene informazioni non corrispondenti al vero oppure che omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno per prendere una decisione consapevole (artt. 21 e 22 Cod. Cons.) -Troppa informazione implica nessuna informazione – Overload informativo (costi di elaborazione delle informazioni). -Il diritto all’informazione assume una valenza concreta nel momento in cui si deve valutare il comportamento adottato da soggetti che possono ritenersi responsabili per quanto riguarda le modalità con cui hanno fornito le informazioni. > È necessario che il consumatore comprenda, non semplicemente che conosca L’informazione non è semplicemente trasmettere dei contenuti informativi ma vuol dire far comprendere il significato effettivo di quell’informazione. L’informazione è tutelata come interesse del singolo e come interesse del mercato di conseguenza. Le informazioni devono essere strutturate in maniera tale che il contenuto informativo possa essere assimilato in modo corretto dal consumatore. Nel diritto privato generale non esiste l’obbligo di dare all’altra parte le informazioni di cui ha bisogno per redigere il contratto > non c’è una responsabilità o un’invalidità per non avere dato alla controparte tutte le informazioni rilevanti ai fini della valutazione di economicità del contratto. N.B: Il dolo non è quasi mai un dolo omissivo > non posso incolpare l’altra parte per aver sottaciuto una circostanza. Non posso incolpare all’altra parte un comportamento doloso ai fini del risarcimento o richiedere l’invalidità del contratto. Dolo omissivo Cass. civ. n. 11009/2018 – “Il dolo omissivo rileva quale vizio della volontà, idoneo a determinare l'annullamento del contratto, solo quando l'inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l'inganno perseguito; pertanto, il semplice silenzio e la reticenza, anche su situazioni di interesse della controparte, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione di essa alla quale sia pervenuto l'altro contraente, non costituiscono causa invalidante del contratto”. L’informazione è un bene economico Perché i consumatori non negoziano l’acquisto delle informazioni? Se non c’è un obbligo di legge di dare le informazioni perché non si possono negoziare? Perché l’informazione è un bene pubblico nel senso economico del termine, è uno di quegli elementi che si presenta in automatico con esternalità POSITIVE. 61 Esternalità positiva = bene economico i cui costi sono sopportati da un soggetto ma i benefici invece sono condivisi con altri. Chi sono i destinatari dell’informazione? - I CONSUMATORI ma non necessariamente le controparti, perché potrebbe essere che i soggetti analizzino più offerte e poi scelgano. - IMPRESE CONCORRENTI > Se l’ordinamento comunica l'obbligo di pubblicità dei prezzi di un bene o servizio, le imprese hanno un parametro certo per sviluppare la concorrenza. - AUTORITÁ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI: esercitano il loro controllo per garantire che le condotte siano conformi alla legge. - GIUDICE che ex post ha un parametro certo e dettagliato per decidere riguardo ad una controversia. Informazione e «fasi» del contratto: · Pubblicità [comunicazione pubblicitaria non è offerta al pubblico ex art. 1336 c.c.] · Obblighi precontrattuali e adesione al contratto · Informazione in sede esecutiva (informazione periodica) · Informazione «postuma». Bisogna distinguere tra la pubblicità e l’informazione precontrattuale: o Pubblicità = messaggio pubblicitario, non è un'offerta contrattuale. o Informazione pre contrattuale = informazione che viene data in negozio prima dell’acquisto. INFORMAZIONE in sede PRECONTRATTUALE La legge – il Codice del Consumo – distingue tre macro categorie contrattuali a cui si associano obblighi informativi più o meno intensi per contenuto o modo di trasmissione: 1. CONTRATTI CHE RIGUARDANO TRANSAZIONI QUOTIDIANE: non c’è nessun obbligo precontrattuale, ma è necessario solo che la pubblicità sia corretta. L’esecuzione è immediata e non vi è il problema delle sopravvenienze dei contratti di durata. [bassi costi transattivi per asimmetria; elevatissimi costi transattivi marginali per la regolamentazione]. 2. CONTRATTI “NORMALI”: contratti conclusi all’interno di un negozio. All’interno del negozio c’è una diretta e personale visione del prodotto e il consumatore è nella migliore condizione di scegliere per sé stesso. Nel caso di vendite aggressive (ad esempio porta a porta) vi sono ulteriori disposizioni a tutela del consumatore > può recedere entro 14 giorni e vi sono degli obblighi aggiuntivi di trasparenza per il venditore. 3. Contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali: obblighi informativi di cui all’art. 49 Cod. Cons. [elevatissimi costi transattivi per asimmetria e minori costi transattivi marginali per la regolamentazione]. Articoli riguardanti gli obblighi di informazione Art. 48 [non a dist. / fuori dai loc. comm.] Prima che il consumatore sia vincolato da un contratto diverso da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali o da una corrispondente offerta, il professionista fornisce al consumatore le seguenti informazioni in modo chiaro e comprensibile, qualora esse non siano già apparenti dal contesto: a) le caratteristiche principali dei beni o servizi; b) l'identità del professionista, l'indirizzo geografico in cui è stabilito e il numero di telefono; 62 Pratiche commerciali scorrette. Fonti: direttiva 2005/29 e artt. 18-27 Nozione di pratica commerciale (art. 18, lett. d, Cod. Cons.) «Qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto posta in essere da un professionista in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori». Riassumendo: Pratica ingannevole: servono a indurre volontariamente in errore sul contenuto dell’offerta (es. frammentare il prezzo di un servizio in tante voci del contratto). Art. 21 Azioni ingannevoli – Induzione in errore su: - Caratteristiche del prodotto (ad es., pubblicità comparativa confusoria); - Recesso; - Diritti dei consumatori; - Prezzo (ad es., scomputo del prezzo in più componenti); - Garanzie; Art. 22 Omissioni ingannevoli – Omissione di informazioni RILEVANTI; Pubblicità occulta; Invito all’acquisto Art. 23 Black list ingannevoli Pratica aggressiva: nell’ottica civilistica della violenza. Si intende forzare un contratto tramite violenza, minaccia o coartazione. Artt. 24 e 25 – Pratiche che limitano e/o sono idonee a limitare la scelta del consumatore medio tramite: - indebito condizionamento; - violenza e minaccia; -Coercizione; Art. 26 Black list pratiche aggressive di per sé. N.B:Nozione di consumatore medio: “normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici e, soprattutto, dell’esistenza di gruppi di consumatori particolarmente vulnerabili per età, malattia o istruzione” La decisione del consumatore ha natura commerciale; è cioè «la decisione presa da un consumatore relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni , se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto; tale decisione può portare il consumatore a compiere un'azione o all'astenersi dal compierla» EQUILIBRIO DELLO SCAMBIO NEI RAPPORTI DI IMPRESA Alcune distinzioni preliminari: Equilibrio regolamentare: pattuizioni che non hanno a oggetto (immediato) una somma di denaro > la prospettiva di rilevanza è quella delle clausole. Equilibrio economico: guarda agli «oneri economici» pattuiti - prospettiva aggregata (l’intero negozio) - prospettiva disaggregata, riguardante le singole voci La distinzione tra contenuto economico e regolamentare è di contenuto giuridico: anche i diritti assegnati dalla legge o dal contratto hanno un valore economico poiché il loro rispetto pone dei costi sull’impresa LE CLAUSOLE VESSATORIE La disciplina delle clausole vessatorie è contenuta nel Codice del consumo: artt. 33 – 37. Si tratta di una disciplina di clausole vietate, o in assoluto o in relazione a un evento. Alcune clausole sono sempre nulle, altre solo se non sono state negoziate individualmente. 65 La visione ottocentesca è volta a valorizzare l’autonomia privata (visione liberale del contratto): è molto rispettosa dell'autonomia privata e non vuole esercitare un controllo sugli scambi. Nel secondo dopoguerra vi è una generale revisione e rivalutazione di tale idea, in coerenza con l'adozione della Carta costituzionale. Se noi leggiamo il codice civile nella prospettiva dell’esistenza della Costituzione si può giungere a conclusioni diverse. > Impostazione tradizionale: l’equilibrio tra il dare e l’avere in un contratto è quello liberamente raggiunto dall’accordo tra le parti. L’equilibrio oggettivo coincide con quello soggettivo («qui dit contractuelle dit juste»). C’è l’esigenza di tutelare solo la corretta formazione del consenso EQUILIBRIO NELLO SCAMBIO = principio di proporzionalità, giustizia commutativa > tendenziale parità dare/ricevere, reciprocità nei valori e nelle regole del contratto. Si parla dell’equilibrio in senso regolamentare > condizioni normative dello scambio. Sono le condizioni che non hanno direttamente un oggetto monetario o fisico (clausole di esonero della responsabilità, termini di decadenza, recessi, clausola di foro > la disciplina strettamente giuridica). Quando si parla di EQUILIBRIO ECONOMICO invece si parla di equilibrio in senso strettamente economico. La visione che emerge dal codice civile napoleonico/tedesco > base del modello dello stato liberale: le parti hanno preferenze idiosincratiche e l’unico modo per valutare le preferenze delle parti è l’accordo. Non è possibile definire un equilibrio oggettivo dello scambio ma solo un equilibrio SOGGETTIVO stabilito in base ai singoli contratti. FORMAZIONE DEL CONSENSO = disciplina dell’errore/dolo > vizi di annullabilità del contratto > garantiscono che ciascuna parta effettui le proprie valutazioni in maniera moderata. La tutela della corretta formazione del consenso e la volontà di contrarre fanno sì che il sistema si automantenga. LA RESCISSIONE = fattispecie di invalidità. La rescissione del contratto è un istituto disciplinato dal nostro codice civile, che ha come obiettivo quello di far venire meno gli effetti del contratto nel caso in cui si verifichi una delle ipotesi previste dal legislatore. Se c’è una sproporzione tra le prestazioni ed essa è dipesa dallo stato di bisogno di una parte di cui l’altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può chiedere la rescissione. L’azione non è ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto. Requisiti per le rescissione: - Squilibrio - Stato di bisogno - Approfittamento dello stato di bisogno Di conseguenza a questi requisiti si trae un argomento a contrario, ovvero non esiste un principio generale di equilibrio dei contratti. Non esiste al di fuori dell’ipotesi specifica di approfittamento del bisogno un principio di non eccessiva sproporzionalità dei valori. La rescissione è vista come «quarto vizio del consenso». Lo stato di bisogno della parte deve essere un elemento che coarta la libera formazione della volontà > l’ordinamento non sta tutelando l’equilibrio oggettivo dello scambio ma vuole reprimere una condotta in cui lo stato di bisogno ha portato il soggetto ad accettare un contratto squilibrato. Si ha sempre un’ottica soggettiva di corretta formazione del consenso. 66 *visione tradizionale liberale dello stato borghese ottocentesca che si scontra con la Costituzione che invece impone un dovere di solidarietà politica economica e sociale. L’evoluzione del sistema privatistico, soprattutto attraverso la legislazione speciale, mostra una attenzione crescente al tema dell’equilibrio contrattuale. Disciplina sull’eccessiva onerosità sopravvenuta Siamo nell’ambito della RISOLUZIONE. Si vuole privare di efficacia un contratto quando c’è un fattore esterno che incide sul contratto alterandone l’economicità (ad es. inflazione). L’oggetto resta possibile ma è antieconomico > si parla di rischio economico e non giuridico. Questi fattori che alterano l’economicità hanno comportato un’eccessiva onerosità sopravvenuta. Si parla di equilibrio INTERNO del contratto, non esterno. La norma non dice nulla sui contratti. Se sono mutate le circostanze di fatto, mutua il contratto > non è un rimedio che giudica l’autonomia privata. Non è un tema di valutazione di equilibrio eteronoma. CLAUSOLA PENALE = valutazione delle parti con la quale liquidano ex ante il danno risarcibile. La clausola penale è una particolare clausola del contratto. Rappresenta l'espressione del patto con il quale in via forfettaria e preventiva, si determina l'ammontare del risarcimento del danno che causano l'inadempimento delle obbligazioni o il ritardo nell'adempimento. Si ha una rilevanza dello squilibrio. Siamo legittimati dal punto di vista giuridico a considerare uno scambio non legittimo se c’è asimmetria informativa e se non c’è concorrenza perfetta. Autonomia privata e autonomia d’impresa - Differente fondamento costituzionale e diversa funzione - Differenti logiche di esplicazione, valutazione e controllo/limitazione (non necessariamente «un potere più esteso ed energico») Uno strumento che l’ordinamento ha sviluppato nel corso del tempo per dare una valutazione di equilibrio economico e normativo dei contratti si individua nella valutazione causale. Esistono alcune fattispecie di contratti – contratti di impresa – che l’ordinamento considera non validi perché sono talmente “opachi” o squilibrati nel rapporto tra le prestazioni che di conseguenza vengono considerati immeritevoli di tutela. Anche se non c’è una specifica norma che li vieta. Rilevanza specifica della causa e del giudizio di meritevolezza nei contratti di impresa: non bisogna usare come parametro il singolo atto ma l’attività di riferimento. - Garantievertrag - Titoli di credito atipici - Lease-back - Myway: prodotto finanziario che vendeva un’antica marca italiana. - Derivati finanziari -Nel diritto vivente, la causa del contratto serve anche a reprimere forme di espressione dell’autonomia d’impresa opache e squilibrate (spesso sussiste un nesso tra i due piani). -Codice civile: 1341 e 1342 c.c. «doppia sottoscrizione» -Codice del Consumo: superamento di un’impostazione formale di protezione attraverso la disciplina delle clausole vessatorie del passaggio dall’uguaglianza formale all’uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost) 67 b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista; c) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto. Negli altri casi si può dare una prova contraria di non vessatorietà se si dimostra che sono state fatte oggetto di trattativa individuale, anche se è molto difficile.” Limiti della vessatorietà Art. 34.3. Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell'Unione europea o l'Unione europea. Art. 34.4. Non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale. Art. 34.5. Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore. Perché non basta il binomio trasparenza e concorrenza? - I consumatori sostengono costi transattivi troppo elevati per l’elaborazione delle informazioni e per la determinazione di ciò che massimizza la propria utilità - Conseguentemente il processo competitivo si concentra sulle clausole economiche primarie (corrispettivo della prestazione principale) [questo spiega perché l’art. 34 esclude dalla valutazione della vessatorietà l’adeguatezza del corrispettivo] Le imprese sono incentivate ad abbassare il livello di tutela offerto ai clienti nelle clausole normative ed economiche secondarie (es., spese, costi di riparazione o penali per ritardo) per una corsa al ribasso (race-to-the-bottom i.e. selezione avversa) > questo comporta fallimento del mercato. Art. 34, comma, 2. Cod. Cons. Accertamento della vessatorietà delle clausole «La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile». Ratio della norma o L’insindacabilità in via di principio del corrispettivo individuato in modo trasparente risponde alla possibilità, che al consumatore è offerta dal mercato concorrenziale, di acquistare il medesimo bene ad un prezzo più basso (al contrario, se è individuato in modo «opaco» manca in concreto questa possibilità); o La norma presuppone che vi siano alternative sul mercato, cioè la concorrenza; o Il giudizio in merito al carattere vessatorio della clausola per l'inadeguatezza del corrispettivo può darsi: i) elementi individuati attraverso una modalità non chiara e non comprensibile (cfr. decisione Kasler). Clausole floor e clausole di indicizzazione [anche fuori dei rapporti con consumatori] ii) se non sono reperibili sul mercato delle alternative [abuso di posizione dominante]. ____________________________________________________________________ Modificazione e cessazione dell’offerta dei beni e servizi IUS VARIANDI E RECESSI Rapporto tra contenuto dei contratti di impresa e il tempo > come il tempo incide dal punto di vista economico e giuridico sul contenuto e l'economicità dei contratti. 70 Tutti i contratti che hanno un orizzonte temporale di riferimento nell’esecuzione, fissano delle condizioni economiche normative in cui le parti si impegnano implica delle previsioni futuri. Formulano delle previsioni circa l’andamento dei valori economici sottostanti al contratto. Tutti i contratti di durata implicano dal punto di vista delle parti un’attività previsionale sull’andamento futuro anche solo in termini di convenienza, di quanto profitto potrebbero trarre. Gestione delle sopravvenienze contrattuali: Il contratto, come stabilito dall’art. 1372, non può essere sciolto in base alle sopravvenienze contrattuali: Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge. Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge. Sopravvenienze contrattuali: eventi esogeni che si verificano tra il momento della stipulazione e il momento della cessazione del rapporto in grado di alterare l’originaria valutazione costi-benefici operata dalle parti à rapporti di durata. Le sopravvenienze rimangono a capo di chi le istituisce. Pluralità di strutture volte alla loro gestione: § Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta § Rinegoziazione (art. 1375 c.c.) § Recesso § Ius variandi Il problema delle sopravvenienze nel contratto d’impresa «qualificativo»: tutta l’attività diventa in perdita. Di conseguenza il bilancio viene chiuso con la perdita. Se si perde l’equilibrio economico del singolo contratto di impresa tutta l’operatività va in perdita > tutta l’attività va in perdita (es contratto di trasporto merci: passaggio x canale di Suez: 1956 chiuso canale di Cipro necessario per il trasporto: devo fare un passaggio più lungo = minore profitto). In questo caso, se il contratto è qualificativo, dunque standard per tutti i clienti e strumentale allo svolgimento dell’attività economica, tutta l’attività dell’impresa va in perdita, perché tutti i contratti sono uguali, se uno dei contratti perde quell’equilibrio economico, tutta l’operatività va in perdita. Art 1372 c.c: “il contratto ha forza di legge tra le parti e non può essere modificato se non d’accordo tra le parti. Il principio di vincolatività è la regola di fondo di come gestire le eventuali sopravvenienze, cioè il mutamento delle circostanze di fatto che incidono economicamente sul contratto.” L’art. 1372 dà la regola di default > considerando le circostanze di fatto che incidono dal punto di vista economico…la regola generale è che le sopravvenienze restano a carico della parte che le subisce. Se vi è dunque un evento sopravvenuto che incide su una parte, quella parte non ha il diritto di trasferire nemmeno in parte il peso dell’evento sulla controparte. Però, l’autonomia privata potrebbe trovare dei meccanismi al momento della stipula del contratto per rimediare a questo tipo di problema, che si verifica quando durante la durata del contratto, cambiano i prezzi che avevano determinato le condizioni iniziali (es cambia il prezzo delle materie prime). IUS VARIANDI Attribuzione a una parte (per legge o contratto) del potere di modificare unilateralmente il contenuto negoziale > diritto potestativo a cui corrisponde lo stato di soggezione. 71 Natura eccezionale delle disposizioni che lo accordano in quanto deroganti dei principi dell’accordo (1321 c.c.) e della vincolatività del contratto (1372 c.c.). Assenza di una disciplina generale > in alcuni contratti tipici: es. artt. 1664 c.c., 2103 c.c. > struttura più diffusa nelle legislazioni c.d. speciali. = vessatorie le clausole che permettono al professionista di variare il contenuto del contratto senza giustificato motivo. Problema di capire come adeguare il contratto o se scioglierlo ai fini di una gestione efficiente. 1) Indicizzazione 2) Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta Ci sono 3 sopravvenienze che incidono nel contratto: 1. Inadempimento imputabile: lo scioglimento del vincolo e la risoluzione perché la parte che ha promesso di effettuare la prestazione non lo fa. 2. Impossibilità sopravvenuta della prestazione: non è possibile eseguire una prestazione (rischio giuridico della impossibilità della prestazione). 3. Eccessiva onerosità sopravvenuta: la prestazione continua ad essere possibile, ma tuttavia i costi per l’adempimento e/o il beneficio dovuto all’adempimento sono alterati (rischio economico della impossibilità della prestazione). Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta Impossibilità sopravvenuta: quando le condotte necessarie a superare la sopravvenienza che comporta la difficile esecuzione, sono tali da non potere essere ritenute condotte a cui il debitore è obbligato sulla base del contratto. ● Art. 1467 c.c. «Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall'articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell'alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto» Solo la parte avvantaggiata dalla prestazione troppo onerosa può offrire la modifica delle condizioni del contratto. Il giudice non può cambiare il contratto né può imporre una modifica delle condizioni del contratto. ● Art. 1468 c.c. «Nell'ipotesi prevista dall'articolo precedente se si tratta di un contratto nel quale una sola delle parti ha assunto obbligazioni, questa può chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità» ● Art. 1469 c.c. «Le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contratti aleatori per loro natura o per volontà delle parti» La norma ha come scopo quello di limitare le condizioni per avvalersi del rimedio, che nasce per essere eccezionale. L’evento deve essere straordinario ed imprevedibile: il rapporto tra gli artt. 1372 (forza di legge del contratto) e 1469 è tale per cui, anche se la sopravvenienza è enorme, comunque se ne sarebbe dovuto tenere conto al momento della negoziazione. Equità : ripristinare l’assetto di interessi sostanziale ed originario del contratto, che può essere fatto solo dalla parte avvantaggiata. Mentre nel caso delle obbligazioni unilaterali, la parte debitrice 72 Copre i casi in cui il recesso non è in grado in sé di tutelare il consumatore, perché lo priverebbe di una reale alternativa nei casi dei mercati monopolistici e oligopolistici: impone un onere procedurale al professionista. Ius variandi nei rapporti bancari 1. Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà̀di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà̀ di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. 2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: ‘Proposta di modifica unilaterale del contratto’, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate. 2-bis. Se il cliente non è un consumatore né una microimpresa ... nei contratti di durata diversi da quelli a tempo indeterminato di cui al comma 1 del presente articolo possono essere inserite clausole, espressamente approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto. Giustificato motivo È importante l’esistenza di un giustificato motivo inserito in una lista predeterminata: clausola generale, cioè il significato di base che sta nel controllo delle ragioni che sorreggono un comportamento; significato puntuale, cioè quello innervato dai valori costituzionali. ● Il giustificato motivo non appartiene ad una lista determinata, ma è determinata caso per caso dalla banca. ● Il giustificato motivo è una clausola generale che ha come significato di base un controllo delle ragioni che sorreggono un comportamento, mentre come significato puntuale, è un comportamento innervato da valori costituzionali. ● Il giustificato motivo è una circostanza sopravvenuta fuori dall’ambito di previsione dell’impresa, e in quanto esiste il giustificato motivo, c’è anche un rapporto di congruità tra giustificato motivo e modifica (ci deve essere proporzione, non posso modificare il contratto in modo sproporzionato rispetto al motivo). ● Rapporto con la clausola generale di buona fede oggettiva la diversità tra le clausole impone che l’atto di esercizio del diritto sia conforme al portato di entrambe le clausole. ● Onere di allegazione del giustificato motivo ● Funzione: i) tutela della concorrenza ii) verifica della congruità tra variazione e motivazione addotta. ● Necessaria specificità dei motivi allegati in funzione del giudizio di congruità censura dell’ABF riguardo alla prassi di eccessiva genericità dei motivi: “andamento del mercato dei tassi”, Ius variandi nel codice delle comunicazioni elettroniche ● Art. 98 septies decies, comma 5, (L. 108 del 2021): «Gli utenti finali hanno il diritto di recedere dal contratto ovvero di cambiare operatore, senza incorrere in alcuna penale ne' costi di disattivazione, al momento dell'avvenuta comunicazione di modifiche delle condizioni contrattuali 75 proposte dal fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico diversi dai servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero, tranne nel caso in cui le modifiche proposte siano esclusivamente a vantaggio dell'utente finale, siano di carattere puramente amministrativo e non abbiano alcun effetto negativo sull'utente finale o siano imposte direttamente dal diritto dell'Unione o nazionale. I fornitori informano gli utenti finali, con preavviso non inferiore a trenta giorni, di qualsiasi modifica delle condizioni contrattuali e, al contempo, del loro diritto di recedere dal contratto senza incorrere in alcuna penale né ulteriore costo di disattivazione se non accettano le nuove condizioni. Il diritto di recedere dal contratto può essere esercitato entro sessanta giorni dall'avvenuta comunicazione di modifica delle condizioni contrattuali.L'Autorità provvede affinché la comunicazione sia effettuata in modo chiaro e comprensibile su un supporto durevole». Considera il mercato delle comunicazioni elettroniche caratterizzato da una forte elasticità, nel quale vi è un costante aggiornamento tecnologico e un flusso di proposte contrattuali il diritto di recesso favorisce un’asta continua tra le offerte stimolando la concorrenza e consentendo all’utente di tutelarsi concretamente mediante il cambio dell’operatore – questa tesi non tiene conto degli switching costs. Profilo problematico tra le due normative di settore. Applicazione congiunta o alternativa delle due disposizioni? La struttura del mercato di riferimento è la ragione della diversità dei paradigmi regolatori di tutela del consumatore. 5) Recesso (art. 1375 c.c.) Diritto di recesso: diritto potestativo, di fonte legale o convenzionale (art. 1373), che attribuisce a una parte (o entrambe) il potere di sciogliersi dal vincolo. Diverse funzioni del recesso: a) recessi «di liberazione»: scioglimento dal vincolo che, in mancanza di questo potere, comprimerebbe in modo intollerabile la sua libertà di una delle parti (contratti di durata a tempo indeterminato; es: 1569 c.c. 1596 c.c.) b) recessi «di autotutela»: reazione contro eventi sopravvenuti che alterano gli interessi originari, servono presupposti giustificativi (Es: inadempimento di controparte 1385 c.c. o altri «giustificati motivi) - anche quello di reazione al ius variandi può essere inteso come recesso di autotutela c) recessi «di pentimento»: consentire a una parte, in una logica di speciale protezione, di cambiare idea rispetto al contratto già concluso. - Nel Codice civile obbligano all’indennizzo o risarcimento della controparte [ad es., 2237 c.c. «Il cliente puo' recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d'opera le spese sostenute e pagando il compenso per l'opera svolta. Il prestatore d'opera puo' recedere dal contratto per giusta causa»] - Nella legislazione speciale: contratti negoziati fuori dai locali commerciali o a distanza (art. 45 ss. cod. cons.), credito al consumo (art. 125-ter TUB), contratti bancari a tempo indeterminato (art. 120-bis TUB) precisano che il consumatore non è tenuto a corrispondere nulla per il recesso [gratuità del recesso; funzionalmente simile al recesso è l’estinzione anticipata senza oneri (art. 120-quater TUB e art. 125-sexies t.u.b.)] Funzione dei recessi di pentimento (ius poenitendi): rafforzare il consenso e aumentare la concorrenza. IL SISTEMA FINANZIARIO Il sistema finanziario è un sistema di intermediazione. I soggetti che prestano servizi finanziari svolgono un’attività di intermediazione nella distribuzione/passaggio/trasferimento da un soggetto 76 a un altro delle risorse finanziarie, ovvero del denaro. Nell’espressione mercato dei capitali si fa riferimento al fatto che anche il denaro nel sistema attuale e in maniera sempre crescente è anche un mercato. Quando si parla di mercato al singolare si intende l’insieme di tutti gli scambi che hanno a che fare con questa attività. Efficienza allocativa: le risorse vanno verso chi le utilizza di più. Il mercato dei capitali serve a far fluire le risorse da chi ne ha di più di quelle che servono – in surplus > soggetto che in un dato momento ha più denaro di quello che serve – a chi ne ha meno. Nel sistema degli scambi da un lato ci sono le unità in surplus (investono il denaro) e dall’altro le unità in deficit (necessitano di risorse finanziarie). Il sistema finanziario è una struttura globale immateriale di rapporti giuridici (CONTRATTI) e mercati che serve a realizzare l’efficienza allocativa dei materiali, trasferendo le risorse da chi non le sta usando a chi ha bisogno. Componenti del mercato finanziario: in questo modo il capitale va da una parte all’altra. o Intermediari finanziari: banche, fondi comuni di investimento, contratti ad uno a uno, fondi comuni. o Mercati finanziari: borse > strumenti che servono per negoziare a costi minori gli strumenti finanziari emessi dalle imprese. o Istituzioni «facilitanti»: agenzie di rating, revisori, analisti finanziari. Evitano eccessivi costi transattivi. Si assicurano che i bilanci siano veri, c.d. revisori legali. Le società di rating danno dei voti alle imprese assegnando un posto in graduatoria. Sono sistemi a basso costo che verificano le informazioni. La banca aiuta a trovare l’impresa – mittente – sul mercato al cliente > la banca opera come un consulente. Non prende i soldi per sé, incide sulle scelte di investimento ma non prende i soldi per sé > è un mediatore per l’investitore. Opera per 1. obbligazioni 2. azioni *capitale di rischio e capitale di debito vanno distinti 3. investitori istituzionali (fondi comuni di investimento). I fondi comuni di investimento (anche l’INPS) raccolgono il denaro > quote in fondi comuni - con cui comprano sul mercato dei capitali. Invece di andare a comprare tanti singoli titoli sul mercato vengono dati ad un intermediario che poi li investe > più affidabile il lavoro di un professionista. Riassumendo: Esistono 3 modelli diversi che fanno in modo che il capitale (cash) vada da una parte all’altra, da chi lo vuole investire a chi lo vuole ricevere. La principale funzione del mercato dei capitali è quella di collegare le unità in surplus con le unità in deficit. FUNZIONI DEL MERCATO FINANZIARIO a) Sistema dei pagamenti b) Trasmissione della politica monetaria c) Mobilizzazione dei capitali dalle unità in surplus alle unità in deficit i) Selezione dei progetti da finanziare ii) Monitorare le performance dei finanziati d) Gestione dei rischi finanziari Il mercato seleziona i progetti che vanno investiti e che sono più meritevoli di tutela. 77 -Lunedì nero – 1987 -Crisi finanziaria asiatica – 1997 -Bolla dot.com – 2000 -Crisi finanziaria globale – 2007 -Crisi pandemica, inflazione, guerra: quali effetti? 2022 -Crisi delle criptovalute – 2022 Il sistema finanziario se funziona bene è fondamentale per la crescita del Paese; se funziona male può creare danni e disordini sociali. Cosa genera le crisi finanziarie? Cos’è il rischio sistemico? RAGIONI DELLA CRISI DI UN SINGOLO INTERMEDIARIO: •Scarsa qualità della gestione •Conflitti di interessi •Eccessiva assunzione del rischio •Shock esogeni Il fattore principale è la REGOLAMENTAZIONE Le regole fanno la differenza in modo radicale. Altri motivi possono essere: gestione inefficiente delle imprese, conflitti di interessi, scelte non fatte nell’interesse dei clienti, eccessiva assunzione del rischio, shock esogeni etc. La regolamentazione può essere efficace per contrastare questi rischi. L’interconnessione tra gli attori del mercato pone il rischio che dalla crisi di un attore del mercato venga attivato un diffuso effetto contagio RISCHIO SISTEMICO = è il rischio di collasso di un intero sistema finanziario o di un intero mercato, in contrapposizione al rischio associato a qualsiasi singola entità, gruppo o componente di un sistema, che può essere contenuto, senza danneggiare l'intero sistema. Può essere definita come "instabilità del sistema finanziario, potenzialmente catastrofica, causata o aggravata da eventi o condizioni idiosincratiche negli intermediari finanziari". Si riferisce ai rischi imposti da interconnessioni e interdipendenze in un sistema o mercato, in cui il fallimento di una singola entità o gruppo di entità può causare un fallimento a cascata, che potrebbe potenzialmente mandare in bancarotta o far crollare l'intero sistema. L’interconnessione tra gli attori del mercato pone il rischio che la crisi di un attore del mercato attivi un diffuso effetto contagio. Perché abbiamo bisogno dell’intermediazione finanziaria? 1) Costi transattivi connessi con la messa in contatto diretta dei finanziatori e dei finanziati. I costi transattivi vengono gestiti dagli intermediari professionali a costi marginali inferiori perché hanno delle economie di scala. - Identificazione della controparte [agency costs: il creditore non ha informazioni sulla situazione patrimoniale e finanziaria del debitore] - Redazione dei contratti: economie di scala (standardizzazione); i costi marginali tendono a zero - Monitorare e gestire la relazione tra unità in surplus e unità in deficit nel tempo: economie di scala (professionalità); i costi marginali tendono a zero 80 2) Asimmetria informativa 3) Differenza nelle preferenze a) sull’orizzonte temporale [breve i.e. liquido versus lungo i.e. illiquido] b) sul livello di rischio [avversione al rischio versus propensione al rischio] Le imprese finanziate hanno bisogno di stabilità nel finanziamento. Gli investitori invece vogliono un investimento liquido con il minor rischio possibile e ottenendo rendimento Come si possono conciliare queste esigenze? La banca raccoglie il risparmio e lo presta. La banca sta in piedi in quanto i depositanti hanno fiducia che i soldi verranno sostituiti. I soldi dati alla banca sono liquidi e vengono ridati alla richiesta: sono sicuri, non rischiosi > garantita massima liquidità dell’investimento. La banca riesce a soddisfare entrambe le richieste contrapposte. Invenzione del TITOLO DI CREDITO: il titolo di credito è un documento che prova l’esistenza di un diritto di esigere una somma di denaro o altra prestazione (per esempio, consegna di merce), assicura la possibilità di farlo valere direttamente, e ne consente il trasferimento ad altre persone. Pertanto, il titolo di credito è un documento costitutivo, non semplicemente probatorio, nel quale la connessione fra diritto e documento è così stretta che il primo segue le sorti del secondo, ciò che si suole esprimere dicendo che il diritto è ‘incorporato’ nel documento. Qual'è la differenza tra un mutuo e un titolo di credito? La differenza sta nel fatto che il titolo di credito sia frazionato in tante unità; è un bene che posso vendere sul mercato. Nei rapporti tra chi sottoscrive e l’emittente non c’è differenza; la differenza è nel fatto che i titoli di credito circolano nel mercato come un bene. INTERMEDIAZIONE DIRETTA v.s. INTERMEDIAZIONE INDIRETTA Intermediazione indiretta: intermediario come controparte - Costi transattivi (professionalità) di ricerca della controparte, superamento asimmetrie, contrattazione, monitoraggio > i costi sono convenienti, è meglio affidare ad un terzo il compito di ricerca perché il costo è inferiore a quello che si sosterrebbe occupandosene in proprio. La tecnologia può aiutare a migliorare queste dinamiche riducendo l’intermediazione perché si creano contatti più diretti. - Differenze nelle preferenze temporali e nel rischio (raccolta: liquida e debitore affidabile; impieghi: illiquidi e debitore meno affidabile) Intermediazione diretta: mercato dei capitali e servizi d’investimento - costi transattivi: mercato + servizi d’investimento - differenze nelle preferenze temporali e nel rischio: liquidità (titoli di credito – strumenti finanziari) e diversificazione di portafoglio Il mercato ha un rischio intrinseco: se c’è una recessione globale, investe il mercato in senso stretto. Il rischio riguarda tutto il sistema economico. Se uno strumento finanziario è quotato nel mercato ed è sufficientemente liquido, questo vuol dire che il prezzo di mercato di quello strumento finanziario è il prezzo giusto. In un mercato libero, tutte le informazioni che vengono diffuse vengono incorporate nel prezzo immediatamente > l’investitore al dettaglio è un free rider da questo punto di vista, beneficia del lavoro degli altri . Lo strumento quotato è garanzia di affidabilità dell’investimento. 81 LA TUTELA DEL FRUITORE DI SERVIZI FINANZIARI L’efficienza informativa del mercato dei capitali (ECMH) - Varie forme (forte, semi forte, debole) In sintesi, il mercato incorpora le informazioni disponibili nel mercato - Costi transattivi: trasferimento netto tra investitori informati e non informati; bid-ask spread (causato dall’asimmetria informativa); di conseguenza, riduzione della liquidità (investitori non informati non investiranno). Molto più costoso, se ogni partecipante al mercato dovesse investire in parallelo nella ricerca di informazioni (costi di azione collettiva). Informazione pubblica (cioè al mercato) deve essere generata. Informazione come bene pubblico Chi ha l’incentivo di generare delle informazioni di cui tutti beneficiano e di supportare le spese? Caratteristiche dell’informazione: - Costi privati per generare l’informazione (R&D); beneficio pubblico quando è resa pubblica (free-rider); fornitura subottimale - Contenuto dell’informazione deve essere standardizzato – diversamente non c’è comparabilità. -Costi transattivi sarebbero altrimenti eccessivi per negoziare le informazioni adeguate. -Obblighi informativi sugli emittenti (bilanci, prospetti, informazione continua) Tendenzialmente è l’impresa interessata che si occupa di questo. C’è l’obbligo dell’informazione continua. INFORMAZIONE CONTINUA = ogni volta che una società quotata viene a conoscenza di un’informazione che può avere un impatto sui prezzi la deve comunicare subito. Come assicurare che le informazioni siano prodotte, verificate e aggiornate correttamente? Gli investitori vogliono l’assicurazione che le informazioni siano vere e il venditore è più incentivato a dire cose false per ricavare un guadagno. Tanto più l’investitore ha il sospetto che le informazioni sono false, tanto posso chiedere un tasso di interesse superiore considerando che le informazioni potrebbero essere scorrette > aumenta lo spread > si ritorna al problema dei costi transattivi che limitano il mercato. >La SOLUZIONE sono gli intermediari. Questi soggetti dovrebbero ridurre i costi transattivi poiché svolgono il lavoro a costi minori. >Intermediari (underwriters, analisti > studiano il mercato e danno informazioni dietro pagamento, CRAs) [funzioni di gatekeeper: intermediation «reputazionale»]. Questi soggetti dovrebbero ridurre i costi transattivi perché creano fiducia cosicché i consumatori possano fidarsi. Dai mercati ai servizi L’accesso al mercato dei capitali è protetto da «guardiani», cioè non è direttamente accessibile agli investitori finali («al dettaglio» / intermediazione obbligatoria) – ragioni storiche e ragioni di policy. Caratteristiche comportamentali (razionalità limitata) diventano rilevanti: Errori nell’assunzione di decisioni – i consumatori sono spesso incapaci di tutelare i loro propri interessi: entrano in transazioni con alte asimmetrie informative, scegliendo prodotti finanziari inappropriati per via dei bias (in particolare procrastination, instantaneous gratification, reference dependence, overconfidence, rischio idiosincratico > singolo investitore si fissa su un titolo e investe solo su quello). 82 C.d. «Know your merchandise rule» – serve ad assicurare la conformità dell’agire del cliente al dovere generale di agire nell’interesse del cliente. Informazione attiva Art. 24. 3. Tutte le informazioni, comprese le comunicazioni di marketing, indirizzate dalle imprese di investimento a clienti o potenziali clienti sono corrette, chiare e non fuorvianti. Le comunicazioni di marketing sono chiaramente identificabili come tali. Art. 24.4. Ai clienti o potenziali clienti sono fornite tempestivamente informazioni appropriate sull’impresa di investimento e i relativi servizi, gli strumenti finanziari e le strategie di investimento proposte, le sedi di esecuzione e tutti i costi e oneri relativi. Informazione passiva (c.d. know your customer rule) Art. 25(2) «Quando effettua consulenza in materia di investimenti o gestione di portafoglio, l’impresa di investimento ottiene le informazioni necessarie in merito alle conoscenze ed esperienze del cliente o potenziale cliente in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio, alla sua situazione finanziaria, tra cui la capacità di tale persona di sostenere perdite e ai suoi obiettivi di investimento, inclusa la sua tolleranza al rischio, per essere in grado di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari che siano adeguati al cliente o al potenziale cliente e siano in particolare adeguati in funzione della sua tolleranza al rischio e della sua capacità di sostenere perdite». Art. 25(3) «Gli Stati membri si assicurano che, quando prestano servizi di investimento diversi da quelli di cui al paragrafo 2, le imprese di investimento chiedano al cliente o potenziale cliente di fornire informazioni in merito alle conoscenze ed esperienze di tale persona in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio proposto o chiesto, al fine di determinare se il servizio o il prodotto in questione è appropriato per il cliente». Serve a condurre i testi di adeguatezza e appropriatezza. Regimi nella prestazione dei servizi >Suitability (adeguatezza): consulenza e gestione di portafogli su base individuale i. Conoscenza ed esperienza ii. Situazione finanziaria inclusa la capacità di sostenere le perdite inclusa: quanti soldi puoi perdere, qual è la perdita che l’investitore può sopportare. iii. Obiettivi di investimento inclusa la tolleranza al rischio. [test negativo: divieto di contrarre] >Appropriateness (appropriatezza): altri servizi i. Conoscenze ed esperienze di tale persona in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio proposto o chiesto. [test negativo: obbligo di avviso]. Si tratta quando si parla di esecuzione degli ordini da parte dei clienti. >Execution only: esecuzione e ricezione di ordini, quando si riscontrano specifiche circostanze i. strumenti non complessi ii. iniziativa del cliente *la valutazione di adeguatezza alla fine è fatta dall’impresa: i soldi sono dell’investitore ma la banca ha un ruolo di “tutore” che decide l’investimento. Nonostante la teoria dell’efficienza informativa del mercato dei capitali (un mercato produce le informazioni per la valutazione delle prospettive di produttività futura dello strumento finanziario) c’è bisogno della tutela per i singoli. 85 Gli strumenti quotati non sono l’unico strumento: sono la frazione più ampia del portafoglio dei clienti, ma non sono l’unico tipo di investimento finanziario che può essere quotato. Rimane il problema di un ausilio di chi investe al dettaglio rispetto alla scelta di questi strumenti. C’è un tema di diversificazione > questo è lo strumento che permette la riduzione del rischio perché consente la diffusione tra più emittenti cosicché il rischio idiosincratico (fallimento del singolo soggetto) diventi insolvente e rimanga solo il rischio sistemico. Il problema riguarda la capacità del portafoglio rispetto il tema di diversificazione. Per avere una diversificazione adeguata devo fare in modo che il mio portafoglio me lo consenta. *se va male il mercato di un continente, non è detto che vada male in un altro, non c'è correlazione neanche all’interno di vari settori. La diversificazione serve a fare in modo di salvaguardare gli investimenti. LA BANCA La disciplina dei servizi di investimento è riservata: banche, imprese di investimento (SIM = società di intermediazione mobiliare). La banca fa una cosa che né le SIM né i fondi comuni di investimento > l’INTERMEDIAZIONE redditizia o bancaria.. -L’unico ente che nel nostro ordinamento può raccogliere il risparmio in forma di deposito o altre forme e può impiegare quei soldi per fare finanziamenti e non solo è la banca. -La banca inoltre fa SERVIZI CONNESSI CON I PAGAMENTI, cioè servizi che riguardano lo spostamento di denaro (contante (banconote e monete) e i sistemi alternativi ad esso: assegni, bonifici, addebito diretto, carte di pagamento, servizi di pagamento via internet e su dispositivi portatili). La banca nel nostro ordinamento è il soggetto che ha la funzione più ampia possibile: - Può raccogliere fondi - Può fare i servizi di pagamento (anche se non è l’unico soggetto) - Può fare l’esercizio del credito - Può fare l’intermediazione bancaria L’art. 1 del Testo unico bancario elenca tutte le attività che può fare la banca. Gli utenti che entrano in contatto con la banca sono molto diversi tra loro e vengono eseguiti tanti servizi diversi. La disciplina di legge segue questa varietà di servizi e tutela il cliente in relazione al servizio specifico. TRASPARENZA BANCARIA Come disciplina generale la legge contiene una serie di norme di trasparenza: TRASPARENZA BANCARIA – forma di protezione C’è una disciplina di trasparenza generale e una disciplina di trasparenza specifica. La banca è destinataria di una serie di discipline articolate legate al suo capitale e ai rischi in cui può incorrere, inoltre c’è bisogno di un’autorizzazione per la sua costituzione. Le norme di trasparenza si applicano indipendentemente dal soggetto, a tutti i clienti della banca = non c’è distinzione tra consumatore e finanziatore. ESERCIZIO DEL CREDITO = attività riservata agli istituti bancari, consistente nella raccolta di fondi (definiti depositi) e nella concessione degli stessi ai soggetti privati o pubblici secondo diverse modalità, attraverso contratti di credito tipici (tipicamente, contratto di conto corrente; ma anche apertura di credito bancario, anticipazione bancaria su pegno di titoli o merci, sconto bancario), ovvero in altra forma atipica. Con tali forme si attua un fenomeno giuridico per cui la banca diviene debitrice della somma 86 depositata dal soggetto risparmiatore-creditore, che ne vanta la restituzione di medesima somma eventualmente maggiorata degli interessi per il godimento concesso all'istituto. L’esercizio di credito ha delle problematiche gestite dalla trasparenza à 1. Costo del credito > sappiamo che nel nostro ordinamento non esiste un principio generale che impone ai nostri contratti di essere giusti, importante solo che ci sia il consenso (salvo vizio di rescissione). C’è una differenza nel caso del credito bancario perché residua una forma di controllo pubblicistico sui prezzi, non è possibile per la banca o il cliente negoziare a qualsivoglia tasso di interessi. I costi d’accesso al mercato dei capitali rendono difficile l’accesso alle società più piccole – le società italiane tendenzialmente sono piccole – si crea un OLIGOPOLIO dipeso molto dalle banche. L’ordinamento ha dei presidi: fissano un costo massimo del credito oltre il quale non si può pattuire. Temi importanti: - La TRASPARENZA è intesa come completezza dei contratti - USURA come equilibrio economico del rapporto di credito - MERITO DEL CREDITO: le imprese e i consumatori se non protetti da sé stessi potrebbero tendere ad assumere debiti eccessivi rispetto le loro capacità di rimborso, non tengono in considerazione alcuni eventi che potrebbero succedere in futuro > si vuole limitare l’accesso irresponsabile al credito. Si cerca il principio di ADEGUATEZZA =la banca deve valutare se l’investimento che il cliente vuole fare è coerente con il suo profilo e quando la banca opera come finanziatore deve verificare che il finanziamento che eroga sia coerente con la situazione economica del creditore. ____________________________________________________________________ Art. 117 t.u.b. «1. I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. 2. Il CICR può prevedere che, per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma. 3. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo. 4. I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora. 5. (Abrogato) 6. Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati. 7. In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano [tassi bot]; 8. La Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia» La forma ha una funzione significativamente diversa rispetto quella ab substantiam del codice civile che invece ha l’interesse che gli accordi delle parti siano espliciti in un documento ma che non hanno lo scopo di garantire a una delle due parti l’accesso al documento. La forma è solo a scopo informativo > strumento per dare un’informazione. I contratti per le esigenze quotidiane: Art. 23 t.u.f. «1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori, sono redatti per iscritto, in conformità a quanto previsto dagli atti delegati della direttiva 2014/65/UE, e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d'Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma, assicurando nei confronti dei clienti al dettaglio appropriato livello di garanzia. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. 2. È nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto 87
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