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DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA ( basi del diritto dell'unione europea con il professore Pesce), Appunti di Diritto dell'Unione Europea

Appunti di diritto dell'Unione Europea per studenti del secondo anno del corso di Servizio Sociale, Università di Genova. Appunti presi minuziosamente ad ogni lezione del semestre.

Tipologia: Appunti

2017/2018
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Scarica DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA ( basi del diritto dell'unione europea con il professore Pesce) e più Appunti in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! Diritto dell'Unione Europea L'Unione Europea ha avuto una storia molto particolare. Oggi è definita ORGANISMO SOVRANNAZIONALE, un fenomeno sui generis che occupa una posizione intermedia tra stato federale propriamente detto (come Stati Uniti, Germania) e organizzazione internazionale come le altre. Nacque come organizzazione internazionale, ma successivamente conobbe un fenomeno di specificazione. (sono un fenomeno differente perchè gli stati membri di una federazione non godono di autonoma sovranità, è la federazione che gode di sovranità nel suo complesso. L'unione europea si trova in una situazione a metà in quanto gli stati membri dell'unione hanno rinunciato ad alcuni segmenti della propria sovranità. Possiamo dire quindi che gli stati membri non sono più stati sovrani al 100 % perchè ad es. l'Italia non può legiferare in materia di libera concorrenza sui mercati – in quanto la libera concorrenza è materia esclusiva solo dell' U.E. L'Unione Europea nasce come Comunità Economica Europea (CEE), nasce come organizzazione internazionale avente taluni specifici obiettivi:  sviluppo economico degli stati membri  favorendo gli scambi intracomunitari Nel corso del tempo il fenomeno europeo conosce un'evoluzione profonda che ne muta radicalmente la natura e oggi l'Unione europea ha alcune caratteristiche peculiari che la distinguono sia da un qualunque stato federale sia da qualunque organizzazione internazionale.) I caratteri attuali che differenziano l'Unione Europea dalle altre organizzazione internazionali sono: 1. DEMOCRATICITA' 2. EFFICACIA DEGLI ATTI UE particolare 3. TUTELA GIURISDIZIONALE 1. DEMOCRATICITA' – perchè in seno all'unione europea rispetto a quanto avviene nelle altre organizzazioni internazionali vengono rappresentati i popoli degli Stati membri e non soltanto i governi. Il Parlamento Europeo (eletto a suffragio universale diretto) è rappresentate dei popoli degli stati membri dell' U.E. In seno alle altre organizzazioni internazionali sono per solito rappresentati solo i governi, il che vuol dire che le minoranze non trovano voce. Il Parlamento Europeo ha un regime democratico (a differenza dell'ONU, al cui interno NON risiedono rappresentanti dei popoli eletti democraticamente. Sono scelti e inviati dai governi e di conseguenza esprimono determinati orientamenti politici.) 2. EFFICACIA DEGLI ATTI - L'Unione Europea è composta da molti atti normativi che assumono la determinazione di regolamenti, direttive e decisioni. (atti= regolamenti e direttive) La caratteristica dell'efficacia degli atti dell'unione europea è che la maggior parte di essi è immediatamente vincolante e applicabile per ogni singolo cittadino all'interno dell'unione. I regolamenti devono gli Stati membri. Però dal punto di vista interno non possiamo riconoscere l'esistenza di una pari sovranità perchè ciò che manca è un governo capace di definire autonomamente le proprie competenze e promuovere autonomamente le proprie politiche a prescindere dai singoli Stati membri. Inoltre le istituzione dell'unione non possono modificare autonomamente i trattati ma è necessaria l'unanimità dei consensi degli Stati. L'Unione Europea NON può essere considerata Stato perchè non ha potere effettivo di governo, la sovranità interna è limitata a quanto i singoli stati hanno deciso di devolvere all'UE. Si può definire come un UNICUM, un soggetto peculiare diverso dagli altri. COME SI E' EVOLUTO IL FENOMENO EUROPEO: L'Unione Europea nasce dopo la Seconda Guerra Mondiale, fondata da 6 stati, si chiamava Società Economica Europea. Il primo fenomeno da ricondurre all'attuale UE risale al 1951, alla nascita di una prima comunità che porta il nome di Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA), nata con la conclusione del Trattato di Parigi chiamato appunto Trattato CECA, in vigore dal 1952 – questo trattato viene concluso al fine di provvedere ad una gestione comune della questione siderurgica tra i sei stati europei originali all'interno dei quali si stava sviluppando una forte industria siderurgica e che volevano garantire la libera circolazione di queste risorse. I sei Stati che formano la CECA sono:  l'Italia  Francia  “Germania” Repubblica Federale Tedesca  Belgio  Olanda  Lussemburgo Nel 1957 viene concluso un nuovo trattato molto più ampio, il Trattato di Roma ed è il trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE) il cui obiettivo generale era quello dello sviluppo dell'economia nel suo complesso. Il Trattato era fondato sulla libera circolazione di tutti i fattori della produzione: merci, capitali, lavoratori e servizi. Quindi il mercato diventa senza barriere interne, senza dazi, senza visti, senza controllo sistematico. Tutto ciò che c’era prima comprometteva una comunità economica libera, ecco perché viene fondata. A Roma viene ratificato un altro trattato, molto più dettagliato, il Trattato EURATOM relativo alla comunità europea per l'energia atomica – il cui obiettivo era quello di sviluppare le politiche sullo sviluppo dell'energia atomica nell'unione come fonte di sostentamento. Questi due trattati entrano in vigore nel 1958. Comunità Europee per i futuri 50 anni: CECA, CEE, EURATOM. Con la CEE si ha un trattato molto esteso che prevede la libera circolazione dei lavoratori, le libertà fondamentali dal punto di vista economico che caratterizzano il fenomeno europeo vengono definite nel trattato del 1957 – Trattato di Roma – quindi la libera circolazione dei lavoratori, la libera circolazione dei servizi, la libera circolazione dei capitali. Gli Stati membri sono soddisfatti dei risultati raggiunti con l'istituzione della CEE perchè finalmente ad es. si aboliscono i dazi alle frontiere. La CEE si ingrandisce nel corso del tempo perchè gli Stati che ne rimangono al di fuori rilevano che si tratta di un fenomeno interessante e vantaggioso. Per questo abbiamo determinate tappe che segnano vari fasi dell'allargamento dell'unione europea fino ad oggi → 28 Stati membri:  1973 : 9 Stati membri (Regno Unito, Danimarca e Irlanda - Trattato di Bruxelles)  1981 : 10 Stati membri (Grecia - Trattato di Atene)  1986: 12 Stati membri (Portogallo e Spagna - Trattato di Madrid)  1995: 15 Stati membri (Austria, Finlandia e Svezia - Trattato di Corfù)  2004 : 25 Stati membri (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia,Slovenia, Ungheria - Trattato di Atene) Tappa del 2004 importante perchè entrano in una sola volta 10 stati nell'Unione Europea e si passa da 15 a 25 stati membri; in particolare si ha avuto il primo grande allargamento ad est dell'Europa prima era un fenomeno limitato all'Europa occidentale.  2007 : 27 Stati membri (Romania e Bulgaria - Trattato di Lussemburgo)  2013 : 28 Stati membri (Croazia - Trattato di Bruxelles) Ci sono ancora due Stati in lista per entrare all'interno dell'Unione Europea – Macedonia e la Turchia – ma non sono ancora stati completati l'iter per l'ingresso. I Paesi (membri) devono condividere una serie di principi base e valori per poter accedere all'unione e affinché uno Stato possa accedere all'unione deve essere votato positivamente ad unanimità da tutti gli stati membri. (COMPETENZE ATTRIBUITE ALLA COMUNITA ECONOMICA EUROPEA, ALLA COMUNITA EUROPEA POI E ALL'UNIONE EUROPEA OGGI. Si parte da un obiettivo di cooperazione economica mercantilistica, dopo la fine della seconda guerra mondiale esistono delle istanze di condivisione e tutela dei diritti fondamentali. Dagli anni '50 la tutela dei diritti fondamentali viene canalizzata verso un'altra istituzione: il Consiglio d'Europa, si avvia dunque, da una parte, il percorso della CECA, CEE e poi EURATOM mentre, dall'altra, si sviluppa il Consiglio individuo, per il semplice fatto di far parte dell'Unione Europea, ne acquisisce la cittadinanza (=diritto alla libera circolazione automatico). Nasce il Trattato dell'Unione Europea: gli Stati membri sono disposti a collaborare anche per la giustizia e la sicurezza. Si instaurano le basi per realizzazione di una moneta unica (2000). L'Unione Europea viene descritta come una “struttura a tempio greco con 3 colonne” - ossia l'UE si basa su 3 pilastri principali (con metodi decisionali differenti) :  I PILASTRO → ci sono le comunità originarie degli anni '50 : CECA, CEE (che diventa CE dal '92), EURATOM. Tutto quello che è stato fatto fino al 1992 rientra all'interno del primo pilastro. Questo primo pilastro è caratterizzato dal metodo comunitario → differenzia le comunità dalle altre organizzazioni internazionali (grazie al metodo comunitario ad es. dagli anni'80 si può votare a maggioranza anziché a unanimità, prevede un ruolo per il Parlamento europeo ..).  II PILASTRO → viene individuato con l'acronimo PESC – Politica Estera in Sicurezza Comune – dopo che, nel 1986, si era ipotizzato di iniziare ad affrontare in modo comune le politiche estere, nel 1992 si prevede che proprio che uno dei pilastri su cui si regge l'unione si occupi della politica estera. (Introduzione nuove tematiche) . Si viene quindi a creare anche un nuovo rappresentante per la politica estera dell'UE.  III PILASTRO → viene denominato GAI – Giustizia Affari Interni - è un nuovo settore poiché la CEE fino al 1992 non si era occupata di giustizia, di cooperazione giudiziaria civile, sono tutte materie che vengono incluse nel terzo pilastro. Però il II e il III pilastro non sono caratterizzati dal metodo comunitario come il primo ma dal metodo intergovernativo cioè quel metodo proprio delle organizzazioni internazionali (non si può deliberare a maggioranza, si ha diritto di veto, le politiche comuni sono solo le politiche condivise da tutti ..) e non possono essere adottati degli atti immediatamente vincolanti così come succede nel primo. Nel 1997 : TRATTATO DI AMSTERDAM Entra in vigore nel 1999, e 3 sono gli elementi da ricordare:  alcune politiche che erano state incluse all'interno del III pilastro (GAI) vengono trasferite nel I pilastro relativo alla comunità europea – tutta la cooperazione giudiziaria civile passa come competenza alle Comunità cambiando anche metodo e l'ente governativo comunitario. Da questo momento in avanti la Comunità può adottare atti immediatamente vincolanti nel settore della cooperazione giudiziaria civile (a partire dal 1999). A questo punto il III pilastro non si chiama più Giustizia e Affari Interni ma diventa Cooperazione di Polizia e Giudiziaria in Materia Penale.  nel Trattato di Amsterdam si aumentano i casi in cui è prevista per l'approvazione degli atti la procedura di CODECISIONE nell’ambito del procedimento legislativo dell’UE → approvazione norme e decisione condivisa tra Consiglio e Parlamento, che hanno lo stesso ruolo e lo stesso peso nella decisione degli atti. Prima con la consultazione il Consiglio chiedeva il parere del Parlamento, il Parlamento esprimeva la propria opinione, ma comunque e in ogni caso il Consiglio poteva approvare o non approvare l'atto secondo la propria volontà. Era obbligatorio chiedere il parere del Parlamento ma l'opinione non era vincolante per l'approvazione. Con la codecisione, che oggi riguarda quasi tutti gli atti, sia il Parlamento che il Consiglio devo approvare entrambi lo stesso atto normativo affinché possa questo possa essere pubblicato ed entrare in vigore. Con l'introduzione della codecisione si sono limitati i casi in cui le decisioni vengono prese all'unanimità. Sono necessarie però una particolare maggioranza in Parlamento e una particolare maggioranza al Consiglio. Nel 2001 : TRATTATO DI NIZZA Nasce per preparare la comunità europea al grande allargamento che avrà luogo nel 2004 (+ 10 paesi). Con il Trattato di Nizza si adotta per la prima volta una Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea – Carta di Nizza. Con l'adozione della Carta di Nizza è evidente che l'aspetto economico ormai è soltanto uno dei tanti aspetti di cui si occupa l'Unione Europea, perchè nel momento in cui si conclude il Trattato è evidente che si sta andando nella direzione di un'organizzazione che si occupa anche dei diritti fondamentali dell'individuo, che fino a quel momento erano stati tutelati solo dalle Costituzioni nazionali. La Carta di Nizza nel 2001 viene proclamata come un carta in cui vengono raccolti i principi ispiratori che sono comuni a tutti gli stati membri, ma non ha alcun valore giuridico vincolante – nel 2001 è una semplice enunciazione di principio, una ricognizione di valori a cui tutti gli stati membri si ispirano e che ritengono inviolabile e insormontabile. Questi valori vengono in gran parte ripresi dalla CEDU (1950) – testo innovativo con una formulazione molto ampia che è poi stata adattata al contesto culturale con il variare del tempo. Con la conclusione del Trattato di Nizza i vari stati dell'Unione Europea iniziano a pensare che forse era giunto il momento della realizzazione di una Costituzione per l'Europa – perchè non vi erano più solo le problemi economici possono ricadere su tutte le altre economie degli stati membri: se non si agisce, la crisi di uno può riversarsi su tutti gli altri. In passato ogni stato aveva la propria moneta, risultava quindi possibile valutare e svalutare momenti di inflazione o deflazione. Attualmente (con l'euro) ciò non è più possibile. Non rimodula / non ridefinisce le competenze dell'Unione o il suo funzionamento, è un trattato che risponde ad un'esigenza precisa, segnalatasi con la crisi del 2008, un meccanismo per salvaguardare la stabilità finanziaria degli Stati euro. E' un'organizzazione internazionale nata come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro, è istituita dalle modifiche al Trattato di Lisbona. E' regolato dalla legislazione internazionale e ha sede a Lussemburgo, il fondo emette prestiti per assicurare assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà e acquista titoli sul mercato primario, ma a condizioni molto severe. E' detto anche Fondo salva-Stati, interviene per salvare Stati in grande difficoltà economiche e finanziarie, concede prestiti o acquista titoli. Rischio concreto = impossibilità di ripagare). LE ISTITUZIONI DELL'UNIONE EUROPEA  1. Corte di Giustizia  2. Banca Centrale Europea (BCE)  3. Commissione  4. Consiglio dell'Unione Europea  5. Parlamento Europeo  6. Consiglio Europeo  7. Corte dei Conti e poi vi sono organi ad una portata più ridotta con delle competenze minori che sono:  Comitato Economico Sociale  Comitato delle Regioni Si possono operare varie suddivisioni/categorizzazione tra le istituzioni dell'Unione Europea:  ISTITUZIONI POLITICHE → Parlamento Europeo, Consiglio Europeo, Consiglio dell'Unione europea e la Commissione – sono le istituzioni che definiscono, orientano ed attuano le politiche dell'unione europea. É possibile individuare un'altra categorizzazione:  ORGANI DI INDIVIDUI → il Parlamento e la Commissione : soggetti che operano come singoli rappresentanti di loro stessi, autonomi, non sono rappresentati da governi internazionali, non rappresentano il governo del Paese da cui provengono. ORGANI DI GOVERNI → il Consiglio Europeo e il Consiglio: individui in quanto rappresentanti dei governi nazionali.  ISTITUZIONI DI CONTROLLO → Corte di Giustizia (di natura giurisdizionale) e la Corte dei Conti (di natura contabile). Si occupa di controllare la corretta attuazione del diritto dell'Unione Europea.  ISTITUZIONI CONSULTIVE → Comitato Economico e Sociale e il Comitato delle Regioni.  ISTITUZIONI POLITICHE E FINANZIARIE → Banca Centrale Europea. COMPOSIZIONE E FUNZIONI DELLE ISTITUZIONI DELL'UNIONE EUROPEA: ART. 13 T. UE (https://eur-lex.europa.eu/resource.html? uri=cellar:2bf140bf-a3f8-4ab2-b506- fd71826e6da6.0017.02/DOC_1 & format=PDF) (I voti espressi devono rappresentare almeno il 75% della popolazione dell’UE. Questa regola è stata introdotta dalle grandi potenze. In questo senso, non bastano i 16 Paesi, in quanto si necessita della doppia maggioranza dei voti. Da questa regola ne consegue che i voti corrispondenti al 35% possono rappresentare un blocco: almeno il 35% della popolazione fa sì che si possa arrivare a bloccare una delibera de consiglio ma in questo caso vige una regola per la quale questo 35% deve comprendere sennò 4 Paesi. Ciò è tuttavia sfavorevole si piccoli pesi dell’Unione perché Italia, Francia e Germania, insieme hanno il 41% della popolazione dell’UE, perciò non basta l’opposizione di questi 3 paesi per bloccare una delibera. Quindi si necessita di: 1. Una doppia maggioranza 2. 55% dei voti 3. 65% della popolazione ) CONSIGLIO EUROPEO (ART.15 T. UE) a. Ruolo: definisce la direzione e le priorità generali dell'Unione europea, rappresenta il più alto livello di cooperazione politica tra gli Stati membri. b. Membri: composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri dell'UE, dal presidente del Consiglio europeo e dal presidente della Commissione europea. c. Presidente: Donald Tusk d. Anno di istituzione: 1974  fissa i criteri di ammissione per nuovi Stati nell'unione europea  nomina il presidente della Commissione (oltre al proprio)  nomina l'intera Commissione  nomina l'Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza  decide quali sono le formazioni del Consiglio  decide quanti seggi spettano a ciuscun Stato  può eventualmente modificare il numero di commissari  fissa il sistema di rotazione nella presidenza del Consiglio dell'Unione Europea. Interviene in tutti i momenti più importanti dell UE e si pronuncia per consenso. CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA (ART.16 T.UE) a. Ruolo: voce dei governi dei paesi dell’UE, adotta gli atti normativi dell’UE e ne coordina le politiche b. Membri: i ministri dei governi di ciascun paese dell’UE competenti per la materia in discussione c. Presidente: ciascun paese dell’Unione europea esercita la presidenza, a rotazione, per un periodo di 6 mesi d. Anno di istituzione: 1958 (come Consiglio della Comunità economica europea) e. Sede: Bruxelles (Belgio) Istituzione da sempre stata prevista dai trattati istitutivi, attualmente è disciplinato nella sua composizione dall'art. 16 del Trattato sull'Unione Europea. Il Consiglio dell'Unione subito dopo la sua istituzione operava come una sorta di legislatore dell'unione – adottava gli atti vincolanti dell'unione europea. Il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati, oggi Parlamento e Consiglio cooperano su un piano di parità a svolgere il ruolo di legislatore dell'unione europea. Il Consiglio dell'Unione Europea è formato dai rappresentanti degli Stati membri, la peculiarità del C.U.E è che non è un organo permanente, non è insediato in un determinato luogo in termini permanenti e non svolge continuativamente la propria attività ma bensì tiene delle riunioni periodiche e ha una composizione variabile – non è possibile dire chi è il soggetto rappresentante dell'Italia che siede nel C.U.E perchè questo soggetto varia a seconda delle occasioni. Il rappresentante degli Stati membri varia a seconda delle occasioni questo perché il C.U.E ha varie formazioni a seconda dei temi di cui si occupa → le formazioni sono attualmente 10 (formazioni ordinarie) + 2 che vengono previste direttamente dai trattati e che non possono essere modificate:  Consiglio Affari Generali : partecipano i capi di stato o di governo (stessa composizione del Consiglio Europeo)  Consiglio Affari Esteri: partecipano i ministri degli affari esteri, è presieduto dall'alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza (ora= Federica Mogherini, italiana). La funzione di presidenza del Consiglio dell'Unione Europea è esercitata secondo un sistema i turnazione – esistono dei turni semestrali di presidenza in modo da garantire l'alternanza di tutti e 28 i paesi membri. PARAMETRI PER L'APPROVAZIONE DI UNA DELIBERA (come vota?) : Dal 1 aprile 2017 è stato introdotto un nuovo sistema di votazione, volto a dare a tutti gli Stati lo stesso numero di voti, poichè prima si tendeva a dare maggior peso a determinati paesi piuttosto che ad altri. Il C.U.E delibera con un sistema a DOPPIA MAGGIORANZA QUALIFICATA ?? – cioè le delibere devono essere approvate dalla maggioranza dei Paesi membri (15 paesi) inoltre i voti favorevoli espressi devono rappresentare almeno il 62% dell'intera popolazione dell'unione (clausola introdotta dai paesi più popolosi per evitare che le decisioni possano essere assunte col solo voto dei paesi meno popolosi dell'Unione Europea). Ad ogni paese è attribuito un certo numero di voti in base all'incidenza della popolazione per un totale di 352, affinché la delibera possa essere approvata bisogna arrivare almeno a 260 su 352.  Italia, Francia, Germania e Regno Unito dispongono di 29 voti;  Spagna, Polonia dispongono di 27  così a scendere fino a Malta che dispone solamente di 3 voti. COMPETENZE DEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA  organo deputato all'adozione degli atti legislativi, nella maggior parte dei casi in cooperazione con il Parlamento Europeo  ebora la politica estera dell'UE sulla base delle sollecitazioni che provengono dal Consiglio Europeo  conclude gli accordi internazionali  approva il bilancio dell'unione insieme al Parlamento  coordina le politiche degli Stati membri. Il Parlamento è un organo permanente che si riunisce soventemente. I parlamentari sono 751 e ogni Stato membro ha un determinato numero di seggi, la Germania ne ha 96 perchè è lo stato membro più popoloso poi la Francia con 74 ecc. COMMISSIONE EUROPEA (ART.17 T.UE) a. Ruolo: promuove l’interesse generale dell’UE proponendo la legislazione e assicurandone il rispetto e attuando le politiche e il bilancio dell’UE b. Membri: un gruppo o "collegio" di commissari, uno per ciascun paese dell’UE c. Presidente: Jean Claude Juncker d. Anno di istituzione: 1958 e. Sede: Bruxelles (Belgio) Organo di individui che agiscono nell'interesse dell'intera Unione Europea, ogni individuo ha una propria delega. All'interno della Commissione siede un numero di commissari pari al numero degli Stati membri – 28 commissari ognuno con una propria attribuzione, sotto la direzione del presidente della Commissione che assegna le diverse competenze politiche. Era stato previsto con il Trattato di Lisbona che il numero di commissari si arrestasse con l'ampliamento dell'Unione Europea (per porre fine alla crescita di quest'organo) però nessuno degli Stati membri ha voluto rinunciare ad un commissario. Per quanto riguarda la nomina del Presidente, il candidato viene presentato dai leader nazionali nel Consiglio europeo, tenendo conto dei risultati delle elezioni del Parlamento europeo. Per essere eletto deve ottenere il sostegno della maggioranza dei membri del Parlamento europeo. Il candidato presidente sceglie i potenziali vicepresidenti e commissari sulla base dei suggerimenti dei paesi dell’UE. L’elenco dei candidati deve essere approvato dai leader nazionali nel Consiglio europeo. Ogni candidato compare dinanzi al Parlamento europeo per illustrare la propria visione politica e rispondere alle domande. Il Parlamento procede quindi ad approvare o meno, mediante votazione, i candidati in quanto gruppo. Infine, questi ultimi vengono nominati dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata. il parlamento non ha potere di votare sul singolo commissario. Al Parlamento viene sottoposta la lista per intero, come un pacchetto inscindibile, esso può solo approvare o non approvare la lista per intero: non può esprimere pareri di gradimento sui singoli soggetti nella lista. Si tratta di un organo di individui (non di governi), che sono rappresentanti individuali (non governativi) nell’interesse dell’Unione stessa= 28 rappresentanti, uno per ogni paese. Ogni volta che entra uno stato nell UE, entra un nuovo commissario. Ogni commissario ha una propria attribuzione, una propria delega, apparato per la realizzazione di determinati obiettivi, ognuno ha una propria struttura come un proprio apparato ministeriale. La Commissione agisce nell’interesse dell’Unione (non nell’interesse dell’Italia). L’Italia ha un commissario che detiene la delega agli affari esteri, il cosidetto ALTO RAPPRESENTANTE (come se fosse ministro degli esteri dell’UE), esso è di diritto il vice presidente della Commissione Europea. C’è un divieto di mandato vincolante, l’Italia non può dare istruzioni alla Mogherini su come agire nell'UE, il Consiglio Affari Esteri dà compiti all'Alto Rappresentante sull'agire a livello globale nell'interesse dell'Unione. Esistono dei motivi che portano alla CESSAZIONE DELLA CARICA di commissario e dell'intera Commissione:  scadenza naturale del contratto: 5 anni (perché è un mandato corrispondente a una legislatura)  dimissioni volontarie (di un solo commissario o della commissione nel suo complesso)  mozione di censura da parte del Parlamento → è una sorte di voto di sfiducia all'intera commissione nel suo complesso. FUNZIONI:  potere di iniziativa legislativa - salvo alcuni casi, è la commissione l'unico organo che può elaborare delle proposte che poi devono essere valutate dal Parlamento e dal Consiglio per diventare regolamenti, direttive, decisioni ecc.  tutela gli interessi dell’UE e dei suoi cittadini su questioni che non possono essere gestite efficacemente a livello nazionale  si avvale, per gli aspetti tecnici, di esperti e dell’opinione pubblica.  gode di un limitato potere di approvare degli atti normativi in via diretta, autonomamente – ossia senza formulare una proposta al Parlamento e al Consiglio – ma si tratta sempre di misure attuative o integrative di altri atti che sono stati precedentemente approvati secondo la procedura ordinaria  gestisce le politiche e assegna i finanziamenti dell’UE - Stabilisce le priorità di spesa dell’UE, unitamente al Consiglio e al Parlamento. Prepara i bilanci annuali da sottoporre all’approvazione del Parlamento e del Consiglio. Controlla come vengono usati i fondi, sotto l'attenta sorveglianza della Corte dei conti  ha funzione di custode dei trattati= assicura il rispetto della legislazione dell'UE – la commissione vigila sulla corretta del commissario incaricato delle relazioni esterne, l’Alto Rappresentante ha ereditato le loro rispettive attribuzioni:  in seno al Consiglio deve assicurare la coerenza e la continuità dei lavori nell’ambito della politica estera dell’UE e dunque presiede il consiglio affari esteri  in quando vicepresidente della Commissione vigila sulla coerenza dell'azione esterna dell'Unione. In seno alla Commissione, è incaricato delle responsabilità che incombono a tale istituzione nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell'azione esterna dell'UE. Organi con una funzione di tipo giurisdizionale:  Corte di Giustizia  Corte dei Conti CORTE DI GIUSTIZIA (ART.19 T.UE) a. Ruolo: garantire che il diritto dell'UE venga interpretato e applicato allo stesso modo in ogni paese europeo, garantire che i paesi e le istituzioni dell’Unione rispettino la normativa dell’UE. b. Membri: Corte di giustizia: un giudice per ciascun paese dell'UE, più 11 avvocati generali Tribunale: 47 giudici. Nel 2019 aumenteranno a 56 (2 giudici per ciascun paese dell’UE). c. Anno di istituzione: 1952 d. Sede: Lussemburgo La Corte di Giustizia è il supremo organo giurisdizionale dell'Unione Europea, è disciplinata dall'art. 19 del Trattato sull'Unione Europea – la composizione e la costituzione di lavoro della Corte di Giustizia sono disciplinate in modo molto più dettagliato dall'art. 251 e seguenti del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. La Corte, in quanto organo permanente ha anche un proprio statuto che nel dettaglio ne regola i lavori. La Corte di Giustizia a sede a Lussemburgo. Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, quando si parla di Corte di Giustizia ci si può riferire ad una pluralità di organi – nel senso che esiste una Corte di Giustizia in senso stretto ma sotto la denominazioni “Corte di Giustizia dell'Unione Europea” oggi sono compresi anche:  il Tribunale  il Tribunale per la Funzione Pubblica La CGUE è suddivisa in 2 sezioni:  Corte di giustizia= tratta le richieste di pronuncia pregiudiziale presentate dai tribunali nazionali e alcuni ricorsi per annullamento e impugnazioni.  Tribunale= giudica sui ricorsi per annullamento presentati da privati cittadini, imprese e, in taluni casi, governi di paesi dell'UE. In pratica, ciò significa che questa sezione si occupa principalmente di diritto della concorrenza, aiuti di Stato, commercio, agricoltura e marchi. Giudici e avvocati generali sono nominati congiuntamente dai governi nazionali (=Consiglio UE) per un mandato rinnovabile di 6 anni (non tutti gli stati hanno un proprio avvocato). I giudici di ogni sezione eleggono un presidente che resta in carica per un mandato rinnovabile di 3 anni. Non ci sono requisiti specifici che il soggetto deve possedere per assumere la carica di giudice o di avvocato generale nell'ambito della Corte di Giustizia – non è necessario che si tratti di giudice nell’ordinamento di provenienza, si tratta fondamentalmente di esperti di diritto, consulti esperti che possano accedere alle più alte corti nell’ambito del diritto interno (es: docenti università materie giuridiche, magistrati, avvocati con molti anni di esperienza). La Corte di Giustizia dell'Unione europea (CGUE) interpreta il diritto dell'UE per garantire che sia applicato allo stesso modo in tutti gli Stati membri e dirime le controversie giuridiche tra governi nazionali e istituzioni dell'UE. Può essere adita, in talune circostanze, anche da singoli cittadini, imprese o organizzazioni allo scopo di intraprendere un'azione legale contro un'istituzione dell'UE qualora ritengano che abbia in qualche modo violato i loro diritti. Per quanto riguarda le FUNZIONI della Corte di Giustizia, esse possono essere ridotte a 3 macrocategorie: 1. funzione giurisdizionale in senso proprio/tecnico – cioè la funzione di dirimere le controversie (c'è uno scontro tra A e B, c'è un vincitore e un perdente, ragione e torto.) 2. funzione pregiudiziale – si tratta di un quesito che viene rivolto alla Corte di Giustizia in via pregiudiziale e che da luogo a quel particolare dialogo che si instaura tra i giudici della Corte di Giustizia e i giudici dei diversi stati membri, che è un peculiarità dell'Unione Europea. Funzione che esercita quando viene interrogata da uno stato o privato cittadino sull’applicazione / interpretazione del diritto dell'UE. Non va a costituirsi uno scontro tra parti concorrenti: dopo il giudizio della Corte non rimane una parte vittoriosa e una perdente. Non E' composta da un cittadino per ogni Stato membro, i membri sono nominati dal Consiglio, previa consultazione del Parlamento per periodi di 6 anni rinnovabili, e scelgono uno di loro come presidente per un periodo di 3 anni (anch'esso rinnovabile). FUNZIONI:  effettua una revisione contabile delle entrate e delle uscite dell'UE per controllare che i fondi UE siano raccolti e spesi correttamente, usati in modo ottimale e debitamente contabilizzati  controlla ogni persona od organizzazione che gestisce fondi dell'UE, effettuando anche controlli in loco presso le istituzioni dell'Unione (soprattutto la Commissione), gli Stati membri e i paesi che beneficiano degli aiuti dell'UE  segnala i casi sospetti di frode, corruzione o altra attività illegale all'Ufficio europeo per la lotta antifrode  redige una relazione annuale per il Parlamento europeo e il Consiglio dell'UE che il Parlamento esamina prima di decidere se approvare la gestione del bilancio dell'UE da parte della Commissione  fornisce il suo parere in qualità di esperto ai responsabili politici dell'UE su come le finanze dell'Unione possano essere gestite meglio e in modo più trasparente per i cittadini. Per quanto riguarda le risorse dell'Unione Europea esiste un'altra peculiarità che la distingue da una qualsiasi altra organizzazione internazionale: l'Unione ha risorse proprie, acquisisce in modo diretto le proprie risorse che provengono da diverse fonti. 1° fonte di reddito= percentuale degli stati membri sulla base del reddito nazionale lordo (ogni stato in base alla propria capacità dona all'UE una parte del suo reddito per il perseguimento degli obiettivi dell’Unione). 2° fonte di reddito= altra parte del reddito UE formato da una piccola quota dell’IVA. 3° fonte reddito= formata dai dazi doganali (pagati al di fuori dei confini UE) 4° fonte di reddito= imposte agricole (marginale, piccola parte). BCE – BANCA CENTRALE EUROPEA (ART.282 T.F.UE) a. Ruolo: gestire l’euro, mantenere i prezzi, favorendo in tal modo la crescita e l'occupazione, e guidare la politica economica e monetaria dell’UE b. Presidente: Mario Draghi c. Membri: il presidente e il vicepresidente della BCE e i governatori delle banche centrali nazionali di tutti i paesi dell'UE. d. Anno di istituzione: 1998 e. Sede: Francoforte (Germania) Disciplinata dall'art 282 del T sul F dell'UE che non fa riferimento a tutti gli stati UE, ma ai soli paesi dell’eurozona: l' “ EUROGRUPPO”. Istituzione indipendente rispetto a tutti i governi nazionali, nessuno può dare ordini/suggerimenti alla BCE. Il presidente della BCE rappresenta la banca nelle riunioni ad alto livello dell'UE e internazionali. Gli organi decisionali della BCE sono 3: 1. Comitato Esecutivo: organo operativo della BCE. Attua la politica monetaria, gestisce gli affari correnti, prepara le riunioni del Consiglio direttivo ed esercita i poteri che gli vengono delegati dal Consiglio direttivo. Comprende il presidente e il vicepresidente della BCE e altri 4 membri nominati per un periodo di 8 anni dai leader dei paesi dell'eurozona (19 stati membri). 2. Consiglio Direttivo: il principale organo decisionale. Comprende il Comitato esecutivo e i governatori delle banche centrali nazionali dei paesi dell’eurozona. Valuta gli sviluppi economici e monetari, stabilisce la politica monetaria dell'eurozona e fissa i tassi di interesse applicabili ai prestiti erogati dalla BCE alle banche commerciali. Non svolge mansioni quotidiane, ma periodicamente si riunisce per stabilire gli obiettivi politici monetari. 3. Consiglio Generale: svolge perlopiù funzioni consultive e di coordinamento e ai preparativi necessari per l'allargamento futuro dell'area dell'euro: funzioni più ridotte. Comprende il presidente e il vicepresidente della BCE e i governatori delle banche centrali nazionali di tutti i paesi dell'UE. COMITATO ECONOMICO E SOCIALE (CESE) & COMITATO DELLE REGIONI Hanno funzioni ridotte e prevalentemente consultive, sono organi che vengono consultati quando le istituzioni dell'Unione Europea devono adottare un provvedimento normativo che vada a toccare particolari interessi per i quali è opportuno chiedere un parere a dei rappresentanti dei lavoratori e dei lavoratori dei vari paesi dell'UE (Comitato Economico Sociale) o a dei rappresentanti delle autonomie locali (Comitato delle Regioni). COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO(CESE) a. Ruolo: organo consultivo di rappresentanza delle intervengono gli Stati membri, o possono intervenire, e quali sono i settori su cui può interenire solo l'Unione. Esistono casi in cui l'UE deve intervenire, può intervenire o non può intervenire, perchè ci sono ambiti in cui gli Stati NON hanno conferito all'UE un determinato potere. PRINCIPIO DI ATTRIBUZIONE DELLE COMPETENZE (ART.5 PAR.2): "In virtù del principio di attribuzione, l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri." Gli Stati membri, ancora oggi, hanno inserito nei trattati una clausola per cui l'Unione NON può andare al di fuori di cio che è stato specificamente ad essa attribuito. Se non c'è un articolo nei trattati che autorizza l'Unione ad intevernire (es: in materia di famiglia) , per esse è impossibile intervenire. Le competenze dell'UE si basano sull'attribuzione, da parte degli Stati membri, di parte della propria sovranità in alcuni settori, a favore dell'Unione. In alcuni ambiti, quindi, l'Unione si può sostituire allo Stato. Una volta attribuito quel potere all'UE, gli Stati non possono più intervenire su quell'ambito. Esiste un articolo, nella nostra Costituzione, che lo consente: l'ART. 11 COST. = " L'Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. ", viene così ritenuta legittima ogni limitazione di sovranità a favore dell'UE. Non si riferiva ad una partecipazione alla CEE, era stata inserita questa precisazione per consentire la partecipazione dell'Italia all'ONU (organizzazione che assicura la pace), ma si è sorvolato sulla interpretazione autentica della norma, grazie all'art si ritene legittima ogni delegazione di sovranità di questo genere. Nelle altre costituzioni dei Paesi membri esistono nrome dal contenuto simile. Inoltre, secondo il PRINCIPIO DI ATTRIBUZIONE DELLE COMPETENZE, l'Unione agisce esclusivamente per realizzare gli obiettivi stabiliti dai trattati (es: realizzazione mercato interno o libera circolazione). Prima del Trattato di Lisbona, non esisteva una limitazione precisa delle competenze devolute all'UE: si desumevano dai trattati. Con Lisbona si è cercato di sistematizzare il tutto e si è creata una ripartizione delle competenze, basata su identificazioni più precise. Esistono 3 tipologie diverse di comptenze dell'UE: 1. COMPETENZE ESCLUSIVE 2. COMPETENZE CONCORRENTI 3. COMPETENZE DI COORDINAMENTO E SOSTEGNO Questa suddivisone si realizza in base al grado, decrescente, di potere dell'Unione. 1. massima espressione del grado di potere dell'Unione Europea. Si tratta di quei settori su cui gli Stati hanno ceduto interamente la propria sovranità, senza riservarsi nessun margine di intervento, senza poter avanzare più nessun tipo di pretesa. ART.3 T.F.UE: " L'Unione ha competenza esclusiva nei seguenti settori: a) unione doganale b) definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno c) politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l'euro d) conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca (norme a tutela delle risorse biologiche marine che decidono in che modo può essere esercitata l'attività di pesca) e) politica commerciale comune (es: accordi che l'UE si propone di negoziare con USA o Cina, che valgono per tutti gli Stati membri). L'Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell'Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata. " = secondo il Principio del Parallelismo delle Competenze, se su una determinata materia l'UE è dotata di competenze esclusiva a livello interno, su quella materia è automaticamente e parallelamente competente anche a livello esterno (con gli Stati terzi). ART 216 PAR.1 T.F.UE: "L'Unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali qualora i trattati lo prevedano o qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell'ambito delle politiche dell'Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati, o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell'Unione, oppure possa incidere su norme comuni o alterarne la portata. Gli accordi conclusi dall'Unione vincolano le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri." Cosa accade se l'UE non ha ancora adottato delle norme su ambiti di sua esclusiva competenza ? -> gli Stati non possono intervenire neanche in questo caso, però si possono adottare delle norme su delega dell'Unione Europea (la legge viene lo stesso formulata dall'UE). Es: Trattati Internazionali che intervengono in materia di competenza esclusiva dell'Unione ma che prevedono di poter essere firmati solo dagli Stati e non da organizzazioni internazionali, quindi l'UE li fa procedere a ratificare in nome dell'Unione. 2. competenze concorrenti = concorrenza tra intervento UE e intervento Stati membri. l'art 3 precisa che l'Ue ha un'altra competenza esclusiva → per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista da un atto legislativo dell'unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno → esiste cioè un parallelismo tra le competenze esterne e le competenze interne, automaticamente se l'unione ha una competenza interna acquisisce anche la corrispondente competenza esterna nei rapporti con gli Stati terzi. Questo elenco di materie è un elenco tassativo. Per le materie che rientrano nell'elenco tassativo, gli Stati hanno totalmente perso/ceduto la loro sovranità – per cui hanno un divieto tassativo di legiferare su quella determinata materia, salvo che sia la stessa unione europea ad autorizzare gli stati ad adottare una normativa in uno di questi ambiti. Competenze Concorrenti – sono individuate dall'art 4 e 5 del T sul F dell'UE secondo un criterio residuale. Esiste un elenco riportato nell'art 4 dove appunto vengono elencate tutte le materie che sono di competenza tra unione e stati membri. COMPETENZE l'azione dell'unione si sviluppa in ben precise competenze che devono rispettare il principio dell'attribuzione delle competenze, e rimanendo nei limiti di altri due ben precisi principi che sono il principio di sussidiarietà e il principio di proporzionalità. Competenze esclusive → aree in cui l'azione agisce in via esclusiva, escludendo l'azione degli stati membri. Competenze concorrenti → aree in cui l'unione agisce al fianco degli stati membri, l'unione in questo caso può far ricorso ai principi di sussidiarietà e proporzionalità per capire quando agisce l'unione e quando invece devono agire gli Stati membri. In queste determinate materie il livello nazionale e quello dell'unione si sovrappongono, sono concorrenti. All'art 4 e 5 del T.F.U.E sono dedicati alle competenze concorrenti e sono elencati 11 macrosettori per individuare gli ambiti di azione concorrente. L'individuazione delle aree di competenza concorrente è un'individuazione non dell tutto esaustiva ma esemplificativa. In relazione alle competenze concorrenti viene attuata un'ulteriore suddivisione/distinzione  competenze concorrenti in senso stretto → sono settori in cui posso agire sia gli stati che l'unione in base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità, e l'azione concorrente è fatta che nel momento in cui l'unione agisce in un determinato settore gli stati non possono più agire = l'azione dell'unione esaurisce la competenza statale  competenze parallele → settori in cui permane parallelamente l'azione sia per l'unione che per i legislatori nazionali = l'azione dell'unione non esaurisce la competenza statale , i sistemi normativi tendono ad integrarsi. I legislatori nazionali non possono adottare norme che siano difformi rispetto a quelle adottate dall'unione europea. Competenze di coordinamento e sostegno la peculiarità di queste competenze è data dal fatto che incidono su settori nei quali l'azione rimane in capo agli stati membri, e l'UE può agire al fine di integrare, coordinare e sostenere l'azione degli stati membri. Queste competenze vengono regolate dall'art 6 del T.F.U.E CLAUSOLA DI FLESSIBILITA → è una clausola inserita nei trattati e che serve a temperare la rigidità che caratterizza il principio di attribuzione delle competenze. La c. di flessibilità deriva dalla teoria dei poteri impliciti secondo la quale anche se il governo federale non ha potere di agire su una determinata materia, poiché è materia esclusiva dei singoli governatori degli Stati, laddove questa competenza serva a perseguire un obiettivo che invece è devoluto al Governo Federale questo può agire in via diretta anche al di là delle sue attribuzioni. La clausola di flessibilità è regolata dall'art 352 del Trattato sul Funzionamento dell'UE. Questo vale solo nei casi in cui i trattati abbiamo conferito un particolare obiettivo all'UE senza però avergli attribuito i mezzi per perseguire e raggiungere tale obiettivo. Ci sono dei precisi limiti per usufruire della clausola di flessibilità:  è richiesta una procedura interistituzionale particolarmente aggravata  non si può usufruire della c. di fless. con riferimento alla politica estera in sicurezza comune  e neanche per armonizzare le legislazioni nazionali degli Stati membri laddove i trattati lo abbiano espressamente escluso. = la clausola di flessibilità può dunque riempire una lacuna ma non può controvertire ciò che espressamente viene enunciato nei trattati. L'introduzione della clausola di flessibilità all'interno dei trattati è stata fortemente criticata da alcuni parlamenti nazionali di alcuni stati dell'unione. Per attivare la clausola di flessibilità è necessario che il Consiglio deliberi ad unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento Europeo. Il rappresentante tedesco, solo dopo l'approvazione da parte del Parlamento nazionale vota per l'attivazione della clausola di flessibilità settimane per inviare alle istituzioni europee, incaricate del progetto – solitamente Consiglio e Parlamento – un proprio parere nel quale si dice perchè eventualmente il progetto non viene riconosciuto conforme ai principi. Se nel termine di queste 8 settimane nessuno stato interviene con il proprio parere la procedure può continuare. Se invece i Parlamenti trasmettono il loro parere, il Protocollo n.2 esplicita che le istituzioni devono tenerne conto e in particolare nel caso in cui questi pareri raggiungano una determinata percentuale di rappresentanza degli stati membri allora le istituzioni sono obbligate a rivedere la proposta ed ad adottare una relazione in cui chiariscono perchè questa proposta debba essere ritenuta conforme al principio di sussidiarietà. → in ultima battuta la decisione finale spetta alle istituzioni europee, i Parlamenti nazionali possono al massimo chiedere una revisione. Se le istituzioni ritengono comunque che i principi non vengano violati potranno allora approvare l'atto normativo. ATTI ATTRAVERSO I QUALI SI ESTRICA L'AZIONE DELL'UNIONE EUROPEA è possibile operare delle classificazione, in particolare è possibile distinguere tra:  atti tipici, espressamente previsti dai trattati  atti atipici dell'unione europea, non sono espressamente previsti dai trattati ma comunque desumibili dal contesto delle attribuzioni conferite all'ue. (non c'è una lista chiusa, un elenco tassativo, proprio perchè tutte le volte che trattati o atti ue indicano un atto con un nome diverso, esso va a rientrare nella categoria degli atti atipici. Es. = conclusioni.) L'art 288 esplicita che per esercitare le competenze dell'unione, le istituzioni adottano:  regolamenti  direttive  decisioni  raccomandazioni  pareri I regolamenti, le direttive e le decisioni sono atti tipici vincolanti, mentre pareri e raccomandazioni non sono vincolanti per il destinatario. (Atti tipici: caratteri comuni: - non c'è rapporto gerarchico ben definito nell'ue - l'atto che ha portata più limitata deve rispettare quello che ha una portata più ampia: vige un principio di specialità - devono assolvere ad un obbligo di motivazione, devono essere motivati - pubblicità: devono essere tutti portati a conoscenza dei loro destinatari) Il regolamento è un atto che ha portata generale, è direttamente applicabile all'interno di tutti gli stati membri ed è obbligatorio in tutti i suoi elementi. I regolamenti possono essere paragonati ad una legge sul fronte dell'ordinamento nazionale. Le direttive vincolano solo lo stato o gli stati a cui sono rivolte, fermo restando che possono avere anch'esse come destinatari tutti gli stati membri – quindi possono avere anch'esse una portata generale. La vera differenza sta nel fatto che la direttiva non è obbligatoria in tutti i suoi elementi ma è obbligatoria quanto a finalità da raggiungere → la direttiva fissa un risultato che poi gli stati membri devono autonomamente raggiungere con mezzi propri. Decreto legislativo di recepimento della direttiva .. ecc. si tratta di atti normativi interni che recepiscono il contenuto di una direttiva che indica l'obiettivo dopodiché lascia liberi gli stati di scegliere come perseguire tale obiettivo. La direttiva normalmente non è direttamente applicabile perchè deve essere recepita. La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi ma non ha portata generale. Ci sono dei casi in cui i trattati individuano l'atto che l'UE deve adottare inerente ad una determinata materia, DIRITTO DERIVATO DELL'UNIONE EUROPEA Il diritto derivato trae la propria fonte nei trattati istitutivi dell'unione europea – tutti gli atti  regolamenti  direttive  decisioni → sono atti di diritto derivato. La loro particolarità è data dal fatto che in alcuni casi sono direttamente applicabili e sono capaci di creare una serie di diritti e di doveri in capo ai singoli cittadini. Gli atti delle altre organizzazioni classiche non sono in grado di provocare questi tipi di effetti. all'interno della direttiva. → quindi le direttive al contrario dei regolamenti stabiliscono dei fini, degli obiettivi, dei risultati da raggiungere e lasciano assolutamente liberi gli stati di individuare i mezzi attraverso cui raggiungere tali obiettivi. = le direttive sono obbligatorie in relazione all'obiettivo da raggiungere. Direttiva 2004/38 – Libera circolazione dei cittadini dell'unione europeo e sui ricongiungimenti familiari. → questa direttiva ha individuato una serie di soggetti rispetto ai quali gli stati membri devono garantire il ricongiungimento familiare e poi a individuato tutta un'altra serie di soggetti con riferimento ai quali gli stati membri sono liberi di garantire o meno il ricongiungimento. Con le direttive si lascia al diritto interno l'onere di operare le scelte. Tutta la normativa europea sulla libera circolazione e sui ricongiungimenti familiari pone degli obiettivi minimi – esiste un nucleo minimo di persone a cui gli stati sono obbligati a riconoscere il ricongiungimento familiare. La direttiva non ha una portata generale perchè i suoi destinatari sono gli stati non la generalità di tutti gli individui appartenenti agli stati membri – i destinatari sono gli stati, perchè sono gli stati che devono approvare le norme di attuazione del recepimento → inoltre i destinatari possono essere tutti gli stati oppure solamente alcuni stati ben definiti. La direttiva quindi al contrario del regolamento non è direttamente appilicabile, non ha efficacia diretta – non pone in capo ai singoli dei doveri e non prevede dei diritti a loro vantaggio. Solo dopo che la direttiva è stata recepita dall'ordinamento nazionale avremo direttamente delle norme dirette ai singoli. → tutto ciò prevede un temperamento, un'eccezione. Gli stati membri nel momento in cui devono recepire una direttiva sono liberi di scegliere il mezzo attraverso cui farlo, a seconda del tipo di norme interne che devono essere approvate e del loro valore nella scala gerarchica delle fonti gli stati saranno liberi di approvare delle norme a livello di leggi ordinaria, a livello regolamentare, a livello di legge costituzionale ecc. a seconda dei casi. La direttiva prevede sempre al suo interno un termine per il recepimento – ossia un termine entro cui gli stati devono essersi adeguati al loro interno al contenuto della direttiva stessa. Gli stati membri non appena hanno approvato le norme di attuazione delle direttive devono comunicarlo alla Commissione, in modo tale che la Commissione sia in grado di sapere a che punto è l'attuazione della direttiva a livello nazionale e quindi sia anche in grado, nel caso in cui uno stato ritardi entro il termine di scadenza, sia in grado di avviare un procedimento di infrazione a carico di quello stato. Se la direttiva pone un termine ad es. di 3 anni per la propria attuazione, gli stati sono liberi di decidere – all'interno di quel lasso di tempo – quando introdurre le norme di attuazione della direttiva. → Nel mentre gli stati hanno un unico obbligo cioè quelle di approvare delle norme che siano contrastanti con quelle della direttiva. OBBLIGO DI STAND STILL (stare immobili) art 88 Trattato CE nel caso in cui non si provvede ad attuare una direttiva nei termini stabiliti esistono delle conseguenze sul piano dell'UE e interno:  sul piano dell'Unione avremo la possibilità da parte della Commissione di aprire una procedura di infrazione, ossia la procedura che viene avviata nel momento in cui uno stato membro viola il diritto dell'UE  sul piano interno avremo un altro ordine di conseguenze: 1. la possibilità per l'individuo di richiedere risarcimento allo stato – l'individuo che avrebbe beneficiato dell'attuazione di quella determinata direttiva potrebbe chiedere il risarcimento dei danni subiti allo Stato. 2. è possibile riconoscere alla direttiva degli effetti diretti come nei regolamenti – in questi casi i singoli cittadini possono chiedere ai giudici nazionali di applicare direttamente una direttiva come se si trattasse di un regolamento. Le direttive dell'UE possono avere effetti diretti nei casi in cui:  conferiscono direttamente dei diritti ai singoli  siano chiare, precise e incondizionate → devono essere chiaramente individuate all'interno della direttiva i diritti che vengono riconosciuti ai singoli, la direttiva deve essere precisa nell'indicarli e deve essere incondizionata cioè la possibilità di riconoscere questi diritti non deve essere condizionata dalla previa approvazione di atti nazionali.  Deve essere scaduto il termine per la sua attuazione se sono verificati tutti questi elementi, è possibile che i singoli individui chiedano di fronte ai giudici nazionali di riconoscere alla direttiva degli effetti diretti solo nei rapporti verticali – ossia nei rapporti tra i singoli e lo Stato. Non è possibile riconoscere effetti diretti alle direttive nei rapporti diretti tra privati, nei rapporti tra singoli cittadini perché nessuna delle due parti in questo caso, è responsabile della mancata attuazione della direttiva. specifica richiesta. Attraverso lo strumento dei pareri le istituzioni dell'Unione Europea fanno conoscere il proprio punto di vista su una determinata interpretazione, di solito sul diritto dell'UE. Non sono vincolanti ma sono uno strumento molto importante che vengono tenuti in gran considerazione soprattutto quando vengono resi dalla Corte di Giustizia – perché in caso di pareri negativi della Corte poi l'atto può essere approvato ugualmente ma in caso di ricorso per annullamento quasi sicuramente verrà annullato. Esistono dei limitati poteri normativi ed esecutivi (art.290 e 291 del TFUE) conferiti alla Commissione Europea – può approvare dei regolamenti l'art 290 illustra la possibilità che la regolamentazione di determinati temi sia delegata alla Commissione. → delega specifica, che può essere comunque revocata e l'atto entra in vigore se Parlamento e Consiglio non sollevano obiezioni entro un determinato termine e inoltre all'interno di questi atti deve essere sempre specificato che si tratta di atti delegati. es. regolamento delegato .. l'art. 291 prevede la possibilità di adottare degli atti di esecuzione di altri atti già precedentemente approvati dalle istituzioni legislative → competenze di esecuzione – ossia “provvedi affinché quel regolamento possa trovare piena applicazione”. DIRITTO PRIMARIO DELL'UNIONE EUROPEA È il diritto contenuto all'interno dei Trattati istitutivi dell'unione europea – inoltre quando si parla di “diritto primario” si intendono anche  le modifiche apportate ai Trattati istitutivi che in quanto tali godono dello stesso rango dei trattati  i Protocolli allegati ai Trattati  gli atti di adesione all'Unione europea  gli accordi internazionali conclusi con gli Stati terzi e in generale alle fonti del diritto internazionale  alla Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE  ai principi generali del diritto degli Stati membri I Trattati istitutivi sono, almeno in origine, nient'altro che dei trattati internazionali – sottoposti all'ordinamento internazionale ma al tempo stesso creano un nuovo ordinamento, l'ordinamento dell'Unione Europea. I due Trattati istitutivi attualmente in vigore sono il TFUE e il TSUE a cui bisogna accostare la Carta dei diritti fondamentali – a cui l'art 6 del TSUE ha conferito valore giuridico vincolante ma è rimasta al di fuori dei Trattati. Risulta evidente che si tratta di un nuovo ordinamento quando si comincia a parlare di MODIFICHE ai Trattati Istitutivi - i trattati internazionali possono essere modificati attraverso l'espressione del consenso degli stati che ne sono parte mentre per la modifica dei trattati istitutivi è previsto l'intervento delle stesse istituzioni dell'unione europea – non è sufficiente la volontà degli stati membri. → è necessaria l'approvazione delle istituzioni altrimenti i trattati istitutivi non possono essere modificati. Rientra nel diritto primario dell'Unione Europea il contenuto degli atti di adesione degli Stati terzi – anche per gli atti di adesione è prevista dai Trattati una procedura specifica/dettagliatamente disciplinata (art.49 TSUE) → è un procedimento complesso che comprende tutte le istituzioni dell'UE e si conclude con la ratifica da parte di tutti gli stati membri – cioè dopo che è stato approvato l'ingresso di un nuovo paese, tutti gli Stati membri devono approvare quest'ingresso. È previsto anche all'interno del TSUE una possibilità di recesso (art.50) – il recesso è unilaterale, non è necessaria l'approvazione delle istituzioni e dei Paesi membri per uscire dall'Unione. Però bisogna concludere con le istituzioni un accordo per le modalità di uscita poiché si tratta di un fenomeno complesso – non è mai accaduto. In mancanza si prevede che passino due anni dalla conclusione dell'accordo al recesso dello stato dall'Unione. Sono fonti dell'UE anche le fonti del diritto internazionale – tutti i trattati conclusi dall'Unione Europea e le consuetudini. La consuetudine non è nominata nei trattati ma si richiede che le consuetudini internazionali facciano parte dell'ordinamento dell'Unione come diritto primario → vincolano le istituzioni dell'Unione e una loro lesione può essere contesta innanzi alla Corte di Giustizia con un ricorso per annullamento. Ultima fonte primaria del Diritto dell'Unione Europea sono i principi generali del diritto – menzionati all'art 6 paragrafo 3 del TSUE → i principi generali sono sempre stati considerati diritto primario, anche prima che la Carta dei diritto fondamentali venisse richiamata nell'art 6 e diventasse diritto primario → i principi generali sono quelli riconosciuti da tutti gli Stati membri. E non soltanto esistono dei principi generali del diritto desumibili dal diritto degli Stati membri ma stanno creando sempre più dei principi generali propri del diritto dell'Unione Europea. Il principio di sussidiarietà non deve più essere visto come un principio Quindi con l’elaborazione del primato del diritto dell’unione europea la Corte di Giustizia ha voluto affermare in modo forte e diretto che il diritto dell’UE a prescindere dalla specificità degli ordinamenti nazionali prevale in ogni caso sul diritto interno (lo si può collocare ovunque nella gerarchia delle fonti che comunque il diritto dell’unione europea è qualcosa di diverso per le sue caratteristiche peculiari e prevale in ogni caso). La Corte di Giustizia dice che il primato del diritto dell’UE è assoluto,cioè si tratta di norme che prevalgono su qualunque tipo di norma interna che sia di livello: regolamentare, legislativo ordinario o costituzionale. Chiunque deve seguire il diritto dell’unione. Gli organi che sono preposti a garantire l’osservanza del principio del primato sono proprio gli organi giurisdizionali sia interni che europei. Sono prima di tutto i giudici che devono garantire la priorità dell’unione. Se uno stato non garantisce il primato dell’unione sarà anche la Corte di Giustizia a poter tutelare questo principio tramite il procedimento d’infrazione (attivato nei casi in cui uno stato non segue i diritti dell’unione; obbligatori);lo stato sarà chiamato a rispondere davanti alla Corte di Giustizia. Per i giudici nazionali non è semplice rispettare il principi del primato dell’unione perché gli organi giurisdizionali sono abituati ad avere a che fare con norme tendenzialmente chiare e a fondarsi sui principi di gerarchia, cronologico, specialità e competenza nel caso di conflitto fra le norme. Col primato del diritto dell’UE tutto questo non succede e il problema è proprio questo, cioè si hanno delle norme interne che non vengono cancellate ma nello stesso tempo non possono essere applicate (l'unione non può abrogare delle norme interne, è un potere che non ha); quindi l’unione emana delle norme che possono anche essere contrastanti con quelle interne precedenti, e a quel punto bisognerà applicare, in ambito ovviamente di applicazione del diritto dell'unione europea una norma di fonte europea, ma la norma interna rimane in vigore e il giudice continuerà a reperirla perché deve attenersi al diritto dell'unione (per questo è molto difficile per i giudici nazionali garantire il primato dell’unione europea). Al di fuori della norma dell’unione europea si torna ad applicare la norma interna. Ci sono situazioni in cui il primato del diritto dell’unione esaurisce la possibilità di applicare la norma interna (e queste situazioni sono ancora più complicate per i giudizi nazionali poiché devono tenere conto che una norma interna ancora in vigore non potrà più essere applicata in nessuno caso). Tutto questo ragionamento del principio del primato del diritto dell’unione europea non è stato accolto molto facilmente; tant’è vero che ci sono stati scontri anche fra le Corti interne e la Corte di Giustizia che stava elaborando il principio del primato, poiché le Corti interne lo ritenevano in contrasto con i loro poteri. Ci sono due fasi di questo conflitto: la fase degli anni ’60 e quella degli anni ’70. Prima fase: In alcuni ordinamenti i trattati dell’unione vengono ratificati con legge costituzionale e questo rende tutto più semplice, poiché rende i trattati a livello costituzionale; in Italia, invece, i trattati venivano ratificati con legge ordinaria ponendoli a livello ordinario. La Corte costituzionale italiana allora, negli anni ’60, afferma che il diritto dell’unione europea ha tutto rango di legge ordinaria e che può essere derogato da una successiva legge ordinaria approvata dal Parlamento italiano (questo concetto è affermato dalla Corte costituzionale nel 1964 con la sentenza Costa-Enel). La Corte di Giustizia risponde nello stesso anno dicendo che questo tipo di interpretazione non è ammissibile; cioè non può assolutamente essere che una legge interna deroghi al diritto dell’unione, esiste il principio del primato e quindi in virtù di esso non è possibile per le norme nazionale derogare al diritto dell’unione poiché si colloca a un livello superiore. La Corte di Giustizia accoglie un interpretazione monista/unica (e non dualista - come accade con la Corte costituzionale italiana,e cioè che per quest’ultima esistono due ordinamenti distinti ovvero l’ordinamento interno e quello europeo) dei rapporti fra l’ordinamento nazionale e l’ordinamento europeo; cioè si tratta di un unico ordinamento dell’unione all’interno del quale si collocano gli ordinamenti nazionali così che le norme provenienti dall’unione europea si collocano a un livello superiore nell’ambito di un ordinamento unico (la Corte costituzionale italiana trova inammissibile tutto ciò). Seconda fase: Di nuovo la Corte costituzionale italiana e la Corte di Giustizia vengono chiamate ad esprimersi sull’interpretazione del principio del primato e allora si ha un avvicinamento delle posizioni, cioè la Corte di Giustizia rimane sulle sue posizioni mentre la Corte costituzionale italiana tende ad avvicinarsi alla concezione della Corte di Giustizia. Nel 1973, con la sentenza Frontini, la Corte costituzionale italiana fa un passo verso le concezioni della Corte di Giustizia; rimane dell’idea che il rapporto tra i due ordinamenti sia di tipo dualista però valorizza una norma della costituzione (fondamento costituzionale) che oggi è la possano essere compiute delle violazioni ai diritti fondamentali previsti della Costituzione senza poter intervenire – poiché il diritto dell’unione prevale/ha il primato su tutto. Quindi la Corte costituzionale su questo caso teorico dice che “qualora un atto di diritto dell’unione si dovesse porre in contrasto con un principio fondamentale accolto dalla Costituzione italiana, e non ci fosse nessuna possibilità di impedire l’ingresso a questo norma all’interno dell’ordinamento italiano, allora in questo caso limite – la Corte costituzionale si riserva la possibilità di dichiarare l’incostituzionalità della legge con cui è stato ratificato il Trattato di Roma nella parte in cui consente l’ingresso di una norma di questo tipo”. Questo fatto è detto teoria dei contro limiti: ed è cioè l'ultima barriera che si può opporre al diritto dell’unione solo in caso di una grave violazione dei principi fondamentali della Costituzione italiana da parte dei diritto dell'unione stessa. In questo caso la Corte costituzionale potrebbe ancora intervenire e dichiarare illegittima la ratifica dei Trattati con cui si è consentito l’ingresso di queste norme e quindi andare a colpire le specifiche norme che sono entrate tramite questi. ATTI DI ADESIONE DEI NUOVI STATI: Gli atti di adesione dei nuovi Stati possono modificare i trattati ma COME SI ADERISCE ALL'UNIONE EUROPERA? L'Art. 49 si occupa dell'ingresso dei nuovi Stati: Ogni Stato europeo che rispetti i valori dell'articolo 2 e si impegni a promuoverli, può domandare di diventare membro europeo. => Questo articolo ci dice che i requisiti per l'ingresso sono: 1. di tipo geografico (ogni Stato europeo) 2. di tipo politico (che rispetti i valori dell'art.2) Queste due condizioni non hanno la stessa valenza in quanto il requisito geografico è da intendere in un senso elastico e non rigido, non è mai stato considerato un limite invalicabile. Quindi, purchè vi sia una continuità territoriale con gli Stati membri, si ritiene che possano essere formulate domande anche da parte di Paesi non immediatamente riconducibili all'area geografica europea (Turchia). E' invece molto più rigido il requisito politico che prevede l'obbligo di rispettare i valori dell'articolo 2 e l'obbligo di promuoverli. L'Art. 2 contiene, in modo generico ed ampio, i valori su cui si fonda l'Unione Europea: 1. Ripetto della dignità umana 2. Rispetto della libertà 3. Rispetto dell'uguaglianza 4. Rispetto dello stato di diritto 5. Rispetto della Carta dei diritti umani Questi valori sono comuni agli stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, della tolleranza, dalla giustizia e dalla solidarietà. Esse sono condizioni che devono essere rispettate per poter fare parte dell’UE, chi controlla il rispetto di queste condizioni sono tutti gli altri paesi già membri dell’UE se uno dei pesi dovesse sollevare dubbi qualsiasi adesione nuova sarebbe preclusa. Occorre, in realtà, non solo rispettare questi valori ma si tiene conti dei criteri di ammissibilità del consiglio europeo che istituisce altri criteri di ammissibilità (i quali si chiamavano criteri di Copenaghen); tutti questi requisiti fa i che l’ingresso i nuovi paesi non sia così imminente. Per quanto riguarda la procedura di adesione all’UE (analoga a quello delle modifiche dei trattati) non partecipano solo gli stati membri m anche l’UE con le proprie istituzioni lo stato richiedente à trasmette la domanda al consiglio che deve pronunciarsi all’unanimità (= con approvazione di tutti i paesi) previa consultazione della commissione e approvazione del parlamento europeo che si pronuncia a maggioranza di membri che lo compongono; poi si passa alla fase internazionalistica = si conclude un trattato tra stati membri e stato richiedente e questo trattato deve essere ratificato da tutti coloro che l’hanno concluso. Il trattato di Lisbona ha introdotto poi un articolo subito successivo contenete una nuova importante norma → la norma sul recesso dall’UE. fino a quel momento infatti non ci si era mai chiesti come poter uscire dall’UE; i paesi membri non avevano mai considerato che l’Ue potesse essere un fenomeno reversibile, infondo quando è nata la comunità economica si era pensato che da quell’unione ci sarebbero stati isolo benefici e che quindi nessuno sarebbe voluto uscire. con il trattato di Lisbona viene posa la norma sulla recessione che, casualmente, verrà usata dopo internazionale non vincoli anche l’Unione europea. Questo discorso riguarda, tuttavia, il diritto internazionale definito generale: ovvero, tutte quelle regole, non necessariamente scritte (anzi, in gran parte sono consuetudinarie), che sovraintendono i rapporti tra gli Stati. Queste sono regole importantissime in quanto si tratta di principi posti al massimo livello per quanto concerne la regolamentazione dei rapporti tra gli Stati. Per cui il diritto internazionale generale è il diritto delle consuetudini. Tuttavia, esiste anche il diritto internazionale dei trattati: il diritto internazionale delle consuetudini vincola tutti, i trattati, invece, vincolano solo gli Stati che li hanno sottoscritti. Anche il diritto internazionale dei trattati entra all’interno del diritto dell’Unione Europea proprio perché, come già detto, l’UE conclude dei trattati; tuttavia, l’Unione Europea non può concludere trattati internazionali che violino i trattati istitutivi, e, perciò, i trattati conclusi devono essere conformi con gli altri trattati dell’UE. Quindi, il diritto internazionale consuetudinario rientra automaticamente all’interno del diritto primario dell’UE, mentre, il diritto internazionale pattizio (dei patti, delle convenzioni) entra anch’esso, ma deve essere, appunto, conforme ai trattati istitutivi dell’Unione e se tale non è esso potrà essere censurato, e quindi annullato. Nel diritto dell’UE, troviamo come norme di rango primario anche i principi generali del diritto. Questi sono norme di ampia portata che possono essere dedotti sia del diritto stesso dell’Unione Europea, sia dal diritto degli Stati membri. Quando si parla di principi generali del diritto desumibili dal diritto dell’UE si fa riferimento a quelle norme che, pur non essendo codificate in modo specifico e letterale, possono essere dedotte dall’insieme del diritto dell’Unione. Però, l’UE trova tra i suoi principi generali norme che sono desumibili, appunto, anche dal diritto degli Stati membri, comuni a tutti gli Stati. Questo concetto era stato elaborato per la prima volta con riferimento al rispetto dei diritti fondamentali. Diritto dell'Unione Europea II modulo DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA - II MODULO LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE NELL'AMBITO DELL'UE Nelle prime fasi di sviluppo del fenomeno comunitario si è partiti da un interesse prettamente economico, si è passati alla libera circolazione dei capitali e poi alla libera circolazione delle persone in quanto lavoratori dipendenti e autonomi (sin dagli anni '50) - ancor prima di avere un lavoro il soggetto era libero di spostarsi all'interno dell'unione alla ricerca del lavoro. → ciascuno Stato è rimasto libero di garantire oppure non garantire questo determinato tipo di ricongiungimento familiare. Dal 1968 in avanti il ristretto nodo di individui a cui è stato riconosciuto il diritto di ricongiungimento familiare hanno da subito iniziato a beneficiare di tale diritto – in quanto familiari del cittadino lavoratore. Negli anni successivi al 1968 vengono approvate alcune ulteriori disposizioni di dettaglio che mirano a parificare la posizione del cittadino dell'unione europea a quella del cittadino del paese membro in cui l'immigrante si è stabilito – nel senso che l'UE ha cercato di eliminare negli anni seguenti qualsiasi tipo di discriminazione diretta o indiretta potesse andare a colpire il lavoratore migrante cittadino di un altro paese membro. L'Ue ha ad es. stabilito condizioni di assoluta parità per quanto riguarda i lavoratori nazionali e quelli immigrati per quanto riguarda l'occupazione di alloggi popolari, è stato vietato agli Stati membri la discriminazione in base alla nazionalità all'accesso per gli alloggi popolari - lo possono fare, se lo ritengono con cittadini provenienti da Stati terzi all'UE ma non con cittadini dell'unione. Lo stesso vale per l'accesso all'istruzione, ad alcuni presidi e così via ..  atto unico europeo del 1986, è un'altra tappa molto importante per l'evoluzione del diritto alla libera circolazione → in quanto con l'atto unico si sancisce per la prima volta la definitiva separazione tra l'esercizio di un'attività lavorativa e il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell'unione. Per la prima volta viene stabilito che non è soltanto l'esercizio di un'attività economicamente valutabile che conferisce ai cittadini il diritto a spostarsi tra gli stati membri, ma si dice anche se un cittadino dell'UE non possiede un reddito da un'attività lavorativa ma è in grado di dimostrare il possesso di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione di malattia, costui è libero di stabilirsi in un altro paese dell'UE. In presenza di questi requisiti la libera circolazione si affranca dal legame con l'esercizio di un'attività lavorativa – ciò dimostra quale fosse il motivo che aveva dettato i limiti alla libera circolazione dei cittadini dell'Unione → il motivo risiede proprio nel fatto che non si voleva che il cittadino immigrante andasse a rappresentare un onere insostenibile per lo stato sociale del paese di destinazione. Tutt'oggi questo discorso è valido. I cittadini che non rispondono a tali requisiti possono essere allontanati dal Paese di destinazione, in quanto appunto rappresenterebbero un peso per il proprio stato sociale.  Nel 1992 con il Trattato di Maastricht viene codificato un vero e proprio concetto di cittadinanza europea che va di pari passo con la cittadinanza di un paese membro – quindi a partire dal 1992 un individuo è cittadino dell'UE nella misura in cui è cittadino di un paese membro. Gli individui hanno un doppio status. A partire dal 1992 si dice che il diritto alla libera circolazione si fonda su possesso della cittadinanza europea → quindi passa dall'essere fondato sull'esercizio di un'attività economica ad essere fondato su questo nuovo concetto di cittadinanza europea. Chi è cittadino dell'UE gode di questo diritto di libera circolazione con alcuni limiti. Nel corso degli anni sono state approvate tutta una serie di direttive che si occupano di disciplinare il diritto di libera circolazione all'interno dell'UE – in particolare ci sono 9 direttive espressamente connesse a questa disciplina, così che si arriva alla fine degli anni '90 con un panorama normativo inerente molto complesso composto dal regolamento 1612/1968, le 9 direttive di cui ognuna necessita di una fase di attuazione a livello nazionale. Di fronte a questo panorama, il legislatore europeo decide di adottare una nuova normativa onnicomprensiva che ridefinisca l'intera materia, sostituisca tutte le norme che si sono stratificate in precedenza ai fini di chiarezza e di organizzazione della materia – da questo momento la materia di libera circolazione dei cittadini è tutta compresa all'interno di un unico atto normativo. Questo atto normativo → è una direttiva 2004 n.38 è la direttiva relativa alla libera circolazione dei cittadini all'interno dell'unione europea e al ricongiungimento familiare  questa direttiva cancella tutte le norme precedenti e modifica il regolamento del 1968 che rimane in vigore per alcuni aspetti ma che è di fatto sostituito dalla direttiva 38/04. QUALI SONO TERMINI, LIMITI E CONDIZIONI DELLA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI DELL'UE La direttiva 2004/38 prevede delle condizioni minime per quanto riguarda la disciplina della libera circolazione dei cittadini dell'Unione – nel senso che gli Stati membri rimangono liberi di ampliare la possibilità di garantire la libera circolazione, ma non possono mai restringergli al di sotto dei limiti fissati dalla direttiva. È un diritto degli Stati membri quello di decidere a chi è garantito l'accesso all'interno del paese – lo Stato ha libera decisione inerentemente all'allargamento delle frontiere, in sede di diminuzione dei controlli soggiorno di breve durata nel Paese di destinazione. In conclusione per quello che riguarda la libera circolazione e il soggiorno di breve durata, gli Stati membri non possono imporre alcun tipo di ulteriore di controllo, non possono imporre visti di uscita, visti di ingresso e non possono limitare la circolazione se non in un unico caso residuale – a fronte di un cittadino che non sia in grado di provare la propria provenienza tramite un documento ufficiale e valido. Non esistono ulteriori limiti – nessuno può chiedere assicurazione sanitaria, esercizio di attività lavorativa, reddito ecc. SOGGIORNANTI DI MEDIO PERIODO → colore che si spostano da un Paese all'altro per un periodo di tempo superiore ai 3 mesi.  Ciò può accadere nel caso in cui il soggetto sia un lavoratore in possesso di un attività lavorativa autonoma o subordinata.  Inerentemente al soggiorno dei cittadini che non svolgano un attività lavorativa, per quest'ipotesi riaffiorano i requisiti originariamente previsti :provare il possesso di risorse economiche sufficienti assicurazione malattia in modo che tale soggetto non diventi un onere a carico dell'assistenza sociale del Paese di destinazione  Oppure qualora non fossimo a fronte di un lavoratore autonomo o subordinato, qualora non si disponga delle risorse sufficienti e assicurazione malattia – è anche previsto che possa permanere per un periodo superiore a 3 mesi chi si sposta per seguire un corso di formazione professionale o di istruzione superiore. A questi soggetti non viene richiesto il requisito delle risorse economiche sufficienti.  L'ultima ipotesi contemplata dal diritto dell'UE affinché un soggetto soggiorni per più di 3 mesi in un altro Paese è nel caso in cui si tratta di un familiare del diritto dell'unione e che quindi abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare. In assenza di una di queste 4 situazioni uno Stato membro può decidere di ritenere illegittimo l'ingresso e il conseguente soggiorno del soggetto al proprio interno. Inoltre è previsto che gli stati membri possano, per quanto riguarda i soggiorni di medio periodo, richiedere l'iscrizione dei cittadini migranti nell'ambito dei registri della popolazione residente – a mero scopo conoscitivo. La richiesta di iscrizione può essere fatta liberamente dallo Stato ma deve comunque essere concesso un periodo di tempo sufficiente dal suo ingresso. SOGGIORNO A TEMPO DETERMINATO Esiste un documento idoneo a comprovare il diritto di un cittadino, e dei suoi eventuali familiari, di soggiornare per un periodo superiore a 3 mesi in uno Stato membri di cui non possiede la cittadinanza – questo documento è tradizionalmente stato individuato con la denominazione di Carta di soggiorno e oggi per i cittadini dell'UE assume la denominazione di Certificazione attestante la regolarità del soggiorno. Entrambi questi due documenti partono dallo stesso presupposto, cioè che il diritto di soggiornare sul territorio del paese membro non debba essere attribuito dallo Stato di destinazione ma lo Stato di destinazione si deve limitare a verificare che il cittadino dell'UE possiede questo diritto in quanto tale. → con il termine Carta si voleva indicare il fatto che il diritto già esiste ed è di fatto proprio del cittadino dell'unione, si effettua una ricognizione di questo diritto – con scopo dichiarativo. Al contrario il permesso di soggiorno è inerente ai cittadini di Stati terzi ed è un documento con scopo attributivo del diritto. Il soggetto che si trasferisca da un Paese all'altro deve soddisfare diversi requisiti a seconda della durata del soggiorno, il soggetto può condurre con sé i familiari che non necessariamente devono soddisfare i requisiti richiesti invece al soggetto. Si sono posti dei problemi circa i familiari che accompagnano il cittadino dell'unione, perché se il diritto dei familiari è mutuato da quello del cittadino (hanno indirettamente il diritto di soggiornare sul territorio di uno Stato membro in quanto familiare di un cittadino che gode di tale diritto) – cosa succede ai familiari nel caso in cui il soggetto dovesse perdere il diritto di soggiornare? La Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi su questo tipo di situazioni, sull'interpretazione da fornire sulla legislazione dell'unione - la normativa di settore deve essere interpretata in modo assolutamente flessibile ed elastica, quindi non importa se il cittadino del Paese membro perde il lavoro, fa ritorno del paese di provenienza, muore .. ciò non può automaticamente comportare l'allontanamento del nucleo familiare che abbia cominciato a costituire dei legami all'interno del Paese di destinazione (es. figlio che sta seguendo un percorso scolastico – ha diritto di rimanere nel Paese fino al termine del percorso, anzi secondo la Corte di Giustizia ha il diritto di continuare a vivere nel Paese di destinazione con il genitore.) l'UE vuole garantire l'integrazione sociale dei soggetti che vanno a trasferirsi nei Paesi di destinazione per questo non avrebbe senso agli occhi dell'UE sradicare un nucleo familiare dal soggiorno nel Paese. PROLUNGAMENTO DEL SOGGIORNO Il soggiorno a tempo determinato può poi estendersi e divenire quindi un soggiorno a tempo indefinito – se questo soggiorno si estende oltre il diritto al ricongiungimento con i propri familiari spetta al cittadino dell'UE che esercita la libertà di circolazione se il cittadino europeo risiedente nel proprio Paese di nascita richiede il ricongiungimento familiare è sottoposto all'atto unico europeo sull'immigrazione. Il diritto al ricongiungimento familiare fa la sua comparsa nell'ordinamento comunitario sin dal 1968 con il regolamento 1612 – che ancora parlando di lavoratori, riconosceva il diritto di ricongiungimento familiare → oggi questa materia è confluita all'interno della direttiva 2004/38, non si parla più strettamente di lavoratori sino al 2008 questa facoltà di introdurre con sé i propri familiari è stata interpretata a livello di UE – ritenendo che i familiari extraeuropei del cittadino dell'unione dovessero per poter essere ricongiunti al cittadino aver previamente soggiornato in modo legittimo all'interno di un Paese membro. Nel 2008 con una pronuncia nel caso Netuk, la Corte ha detto che non è necessario che il familiare del cittadino dell'UE abbia previamente soggiornato in un Paese dell'Unione per poter poi essere ricongiunto quando il cittadino si sposta – è un requisito non direttamente previsto dalla direttiva quindi deve essere considerato come non legittimo e non richiesto. Quali sono i familiari che possono spostarsi nell'UE insieme al cittadino? La Direttiva 2004/38 all'art 2 indica alcuni soggetti che godono sempre e comunque del diritto al ricongiungimento familiare e poi rispetto ad altri soggetti lascia l'onere di operare una scelta ai legislatori nazionali. Non si pongono problemi rispetto ai soggetti considerati tradizionalmente parte del nucleo familiare, quindi la direttiva esplicita che gode del ricongiungimento familiare  il coniuge  i discendenti diretti di età inferiore a 21 o a carico del cittadino  gli ascendenti diretti a carico  gli ascendenti diretti a carico del coniuge la direttiva introduce un'altra categoria di soggetti  i partner che abbiano contratto con il cittadino dell'unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante → ossia godono del diritto al ricongiungimento anche colore che sono uniti da un'unione particolare – un'unione registrata, ossia un'unione riconosciuta dallo Stato civile, un'unione di cui l'ordinamento nazionale prende atto e alla quale conferisce determinati diritti e determinati doveri. Non si tratta di un matrimonio ma è comunque un istituto riconosciuto e disciplinato. Il legislatore dell'UE non ha imposto ai legislatori di tutti gli Stati di ricongiungere questi soggetti – ma solamente ai legislatori degli Stati in cui le unioni registrate sono già riconosciute e vengono equiparate al matrimonio. L'art. 2 b della direttiva dice – l'unione registrata esiste è equiparata al matrimonio → quindi non c'è alcun motivo per cui in Germania non possano essere ricongiunti membri di un unione registrata dello stesso sesso. (quando si parla di unione registrata non si ci riferisce alla registrazione nei registri comunali, si parla di un unione registrata che deve essere prevista dal diritto di famiglia). Tutti questi soggetti sono ricompresi all'interno dell'art 2 della direttiva, cui segue un ulteriore revisione nel successivo art.3 “rispetto ad altri soggetti si sollecita lo Stato a garantire il ricongiungimento familiare” il legislatore dell'unione europea invita i legislatori nazionali a riconoscere il ricongiungimento familiare anche per:  ogni altro familiare/convivente nel Paese di provenienza  soggetto con cui il cittadino dell'UE abbia una relazione stabile debitamente attestata (es. attestata da un attestato di residenza atta a dimostrare la convivenza ecc.) Ci si aspetta quindi che nelle norme nazionali di recepimento della direttiva si accolga oppure no la sollecitazione al ricongiungimento di tali categorie di soggetti – in Italia questo non è accaduto. Il legislatore dell'UE ammette che si tratta di un mero invito/sollecitazione agli Stati membri però l'art 3 prosegue dicendo che “un eventuale diniego del ricongiungimento familiare rispetto a questi soggetti da parte di uno Stato membro deve essere motivato con riferimento alla situazione individuale dell'interessato e quindi al caso specifico – cioè gli organi competenti che si occupano di verificare che chi fa ingresso all'interno del Paese abbia requisiti sufficienti, non può limitarsi a dire “no non ricongiungo tali categorie” - la direttiva richiede che venga presa in considerazione la situazione individuale e si giustifichi perché in quel caso lo Stato membro ha interesse a negare il diritto al ricongiungimento. → un comportamento differente potrebbe essere censurato a fronte Questa situazione era molto particolare perché in realtà non ricade nel campo di applicazione dell'art 3 della direttiva – non stiamo parlando di un'unione stabile e debitamente attestata ma bensì di un coniuge che è coniuge per l'ordinamento spagnolo e non si sapeva se considerarlo coniuge per l'ordinamento italiano. La questione era molto complessa perché la Corte di Cassazione italiana dopo un primo periodo dove aveva detto che i matrimoni omosessuali sono inesistenti per l'ordinamento italiano e poi che sono esistenti ma che non possono produrre effetti in Italia. → se non possono produrre effetti in teoria non dovrebbero neanche consentire di porre le basi per un ricongiungimento familiare ma il Tribunale di Reggio Emilia ha risolto la questione dicendo – i matrimoni omosessuali non possono produrre effetti in Italia nel senso che non possono portare alla trascrizione, in questo caso non si richiede di riconoscere il matrimonio in Italia, semplicemente il matrimonio è la premessa per il ricongiungimento familiare. Il tribunale allora ha valutato ai sensi dell'ordinamento da cui provengono questi soggetti e non ai sensi dell'ordinamento italiano – e se per la Spagna si tratta di matrimonio allora il Tribunale di Reggio Emilia ha ricongiunto tali soggetti. → si creata quindi la situazione per cui questi due soggetti si sono ricongiunti, i due non risultano sposati per l'ordinamento italiano ma sono sposati per l'applicazione del diritto dell'UE, in particolare ai sensi della direttiva 2004/38 art.2. Nell'ambito di questo andamento che caratterizza l'ordinamento italiano – andamento in cui il legislatore non si pronuncia, i giudici devono fare le veci dei legislatori, il governo non si pronuncia a sua volta – è intervenuto il Ministero dell'Interno che con una decisione ha emanato una circolare e ha invitato tutti i questori e tutti i prefetti a seguire la decisione del Tribunale di Reggio Emilia. Rimane comunque il problema relativo all'art 3 – cioè se non vi è matrimonio ma una convivenza debitamente attestata all'estero cosa devono fare i giudici italiani? Devono garantirlo oppure no? Devono precisare perché nel caso di specie non garantiscono il ricongiungimento familiare. Esistono alcuni margini di difficoltà, delle situazioni limite che vengono prese in considerazione dalla direttiva - matrimoni fittizi → vengono spesso posti in essere tra un cittadino dell'Unione e un cittadino di Stati terzi, e sono quei matrimoni che vengono realizzati solo al fine di garantire il ricongiungimento e un titolo legittimo per soggiornare all'interno di un Paese membro. La direttiva precisa che il coniuge gode del diritto al ricongiungimento, ma qualora si scopra che il matrimonio è fittizio allora può essere negato il diritto stesso del ricongiungimento sulla base che il matrimonio in realtà non presuppone una condivisione materiale e spirituale tra i soggetti ma semplicemente è stato una sorta di contratto per ottenere un risultato – in definitiva sarebbe un abuso del diritto dell'Unione Europea. Per quanto riguarda i soggetti minori, si sono posti numerosi casi in cui un soggetto minore cittadino dell'UE presentasse un genitore non cittadino il quale, a questo punto, chiede il ricongiungimento al figlio e quindi chiede di poter entrare all'interno dell'UE per il tramite del figlio ivi residente e già cittadino. Sono diverse le situazioni in cui si può realizzare un'ipotesi di questo tipo, ad esempio, un minore figlio di cittadini cinesi nata in Irlanda che non aveva potuto ottenere la cittadinanza cinese dai genitori perché nata al di fuori del territorio cinese – in questo caso il minore ha acquisito la cittadinanza irlandese (ed è automaticamente cittadino dell'UE) a questi punti la madre chiede di poter entrare per assistere il neonato. Si sono verificati parecchi casi di questo tipo, la Corte di Giustizia inizialmente è stata molto elastica riconoscendo il ricongiungimento al genitore – ma ciò avrebbe comportato un nuovo abuso del diritto europeo per cui si è fatto un passo indietro e si è stabilito che in questi casi i minori possono conferire un autonomo diritto di ingresso al genitore solo nel caso in cui una decisione diversa andrebbe a ledere i diritti fondamentali connessi alla stessa cittadinanza dell'Unione Europea → ossia, si garantisce l'ingresso/il ricongiungimento del genitore laddove non vi sia altra possibilità di sostentamento per il minore, ma nel caso in cui il minore abbia altre vie di sostentamento (= situazione familiare che lo renda capace di sostenersi all'interno del territorio dell'Unione Europea) in questo caso viene negato il ricongiungimento basato sulla presenza del figlio. Inoltre, è stato chiarito dall'Unione Europea che non è possibile sanare con un matrimonio una situazione di illegittimità pregressa – cioè, il cittadino di Stato terzo che diventa destinatario di un provvedimento di espulsione, non può contrastare tale provvedimento sposando il proprio partner seppur cittadino dell'Unione Europea. La libera circolazione dei cittadini dell'UE e diritto di soggiorno così come il diritto al ricongiungimento familiare dei loro parenti, sono sottoposti ad alcune limitazioni → vi sono delle situazioni limite, espressamente previste dalla direttiva e trasposte poi nella normativa interna, a fronte delle quali è
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