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Diritto dell'Unione Europea Daniele, Appunti di Diritto dell'Unione Europea

Ultima edizione riassunto 2019

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 22/08/2019

Taits1997
Taits1997 🇮🇹

4.3

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29 documenti

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Scarica Diritto dell'Unione Europea Daniele e più Appunti in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! Diritto dell`Unione Europea L. Daniele 6° edizione Parte I: Il quadro istituzionale Curia.europa.eu Inquadramento storico : Ci aiuta a capire i passaggi degli ultimi 60 anni di vita delle istituzioni europee. Trattato di Parigi del 12 aprile 1951 che istituisce la Comunità Europea del Carbone e dell’acciaio, il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e la recente riforma della governance economica adottata per far fronte alla crisi economico-finanziaria degli ultimi anni, ed infine lo shock dell’uscita dall’UE di uno stato membro come il Regno Unito. Tutto ciò è frutto di una complessa evoluzione. L’UE nasce dall’ideale di un continente europeo in cui gli stati non sono più divise in lotta tra loro, e questo ideale comincia a farsi strada dal XIX sec offrendo spunto a riflessioni e discussioni fra filosofi e politici del momento. Ma alla fine della seconda guerra mondiale le riflessioni si trasformano in realizzazioni concrete , e questo cambiamento è dovuto al forte impatto che il conflitto mondiale ha nella vita degli Europei e alla perdita di vite umane. Quindi si vuole evitare il ripetersi di tali eventi e per avviare un processo di integrazione e cooperazione. Inizialmente aderiscono a questa iniziativa solo i paesi dell’Europa Occidentale , e vediamo in questi anni la contrapposizione tra Blocco filo- americano e blocco filo-sovietico. Gli stati dell’Europa orientale danno vita a forme di aggregazione militare attraverso il patto di Varsavia, ma con la caduta del muro di Berlino del 1989 e lo scioglimento dell’URSS 1991 anche gli stati ce vi facevano parte cominciano a integrarsi all’Europa occidentale. L’Europa occidentale segue due metodi di integrazione: ▲ Metodo Tradizionale: si fonda sulla cooperazione intergovernativa. Significa che gli stati che partecipano all’organizzazione cooperano come soggetti sovrani e creano apposite strutture per favorire tale cooperazione. Questo metodo ha diverse caratteristiche: a. Prevalenza di organi di Stati gli organi principali dell’organizzazione sono formati da persone che agiscono come rappresentanti dello stato di appartenenza e seguono le direttive impartite dal potere politico nazionale. b. Prevalenza del principio di unanimità le deliberazioni degli organi principali sopra citati vengono assunte prevalentemente all’unanimità o per consenso, in modo che a ciascun stato venga dato il potere di opporsi (diritto di veto). c. Assenza o rarità del potere di adottare atti vincolanti le deliberazioni dell’organizzazione hanno natura di raccomandazioni. Le ipotesi in cui è prevista l’adozione di decisioni VINCOLANTI nei confronti degli stati membri sono un’eccezione e sono in genere subordinate al principio di unanimità. Gli stati dell’Europa occidentale seguono il metodo della cooperazione intergovernativa in diversi settori, creando numerose organizzazioni di tipo regionale che hanno non solo un’intrinseca importanza ma hanno anche influito sullo sviluppo dell’unione europea. ▲ Settore della Cooperazione militare settore in cui viene applicata la cooperazione intergovernativa. Nasce dal bisogno di costituire due organizzazioni di tipo militare che garantiscono la difesa collettiva in caso di attacco: UEO e NATO, questo bisogno è collegato dalla divisione dell’Europa in due blocchi contrapposti e conseguente rischio di aggressione da parte del Blocco orientale. • UEO. Unione dell’Europa Occ. Viene fondata con il Trattato di Bruxelles 17 marzo 1948, viene in seguito aggiornato con gli Accordi di Parigi 23 ottobre 1954. Ad essa aderiscono 10 Stati Europei, mentre altri stati partecipano come osservatori e altri ancora godono dello status si membri/partner associati per un totale di 28 stati. L’organo principale è il Consiglio composto dai rappresentanti permanenti degli Stati oppure nei casi in cui si riunisce a livello ministeriale è composto dai ministri degli esteri e della difesa . Le deliberazioni vengono presi all’unanimità e cioè dei membri a pieno titolo. La UEO è e rivitalizzata nel 1984 come strumento per attuare la componente relativa alla sicurezza ed alla difesa comune della PESC (trattato di Amsterdam 1996). Ma questa prospettiva è stata abbandonata nel 2001 con il trattato di Nizza e l’organizzazione e stata sciolta nel 2011. • NATO (organizzazione del trattato nord Atlantico) viene fondata con il Trattato di Washington nel 4 Aprile 1949, ma non e un’organizzazione europea in senso geografico perché ad essa aderiscono anche stati extra-europei; Stati Uniti d’America e Canada. Ma il teatro di operazione più importante è il territorio dell’Europa occidentale. L’organo principale è il Consiglio del Nord Atlantico composto dai rappresentati degli stati membri o quando si riunisce a livello ministeriale, anche dai ministri degli esteri, i ministri della difesa o dal capo dello Stato e del Governo. ■ Settore dell’Integrazione Economica altro settore in cui il metodo di cooperazione integrativa trova applicazione. Nasce dall’esigenza di gestire il c.d PIANO MARSHALL (European Recovery Program): piano di aiuti finanziari accordati dagli Stati Uniti all’Europa, un’Europa evidentemente uscita indebolita dal secondo conflitto mondiale alla quale vengono accordati finanziamenti per la ricostruzione economica e consolidamento politico degli stati europei. L’erogazione è pero subordinata alla condizione che questi aiuti vengano gestiti in maniera coordinata fra tutti gli stati beneficiari. Per soddisfare questa condizione alcuni stati danno vita ad un’apposita organizzazione: l’OECE (Org.Eu.per la Cooperazione Economica), Trattato di Parigi 1948. Organo principale è il Consiglio in cui siede un rappresentante per ogni stato membro, designato in funzione della materia da trattare. ■ Infine per quanto riguarda l’integrazione europea nel settore della cooperazione politica, culturale e sociale va ricordato il Consiglio d’Europa, il cui statuto viene approvato a Londra il 15 maggio 1949, da dieci stati dell’Europa occidentale (attualmente gli stati sono 47). È un’organizzazione con compiti ed obiettivi molto ampi ed è volto a salvaguardare ed attuare gli ideali ed i principi che costituiscono il loro patrimonio comune, inoltre facilitare il loro progresso economico e sociale. L’organo principale è il Consiglio dei Ministri (ministri degli esteri degli stati membri) e per le decisioni piu importanti è richiesta la maggioranza semplice dei componenti e l’unanimita dei votanti. Lo strumento di azione principale consiste nel predisporre e favorire la conclusione di convenzioni internazionali tra gli stati membri. Quindi si tratta di atti la cui entrata in vigore è subordinata ala ratifica da parte dei vari stati secondo le disposizioni costituzionali di ciascuno. Lo strumento più rilevante è la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950. Il Trattato di Lisbona Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, aumenta i poteri del Parlamento europeo e prevede diverse novità per adeguare le Istituzioni europee all'allargamento dell'UE, che oggi conta 15 a 28 Stati membri. Il Trattato di riforma, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007, è composto dal Trattato dell'Unione europea (TUE) e dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Nei primi articoli del Trattato dell'Unione Europea, sono definiti i valori e gli obiettivi dell'Unione. Esso evidenzia le materie che sono di competenza degli Stati membri e le materie nelle quali le decisioni sono prese direttamente dalle Istituzioni europee, in particolare dal Parlamento europeo e dal Consiglio, inoltre accresce la responsabilità democratica dell'Unione, rafforzando la Carta dei diritti fondamentali e consolidando lo stato di diritto. Cosa cambia con il nuovo trattato Con il nuovo Trattato, vengono effettuati cambiamenti significativi riguardo quella che era la precedente organizzazione europea: Parlamento europeo: nuovi poteri e nuove responsabilità -Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, si estendono al Parlamento dei poteri che prima erano di competenza esclusiva del Consiglio. -Più poteri vuol dire anche più responsabilità. Le decisioni del Parlamento avranno un impatto più che mai 3 a. Consiglio Affari generali: assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del consiglio, prepara le riunioni del consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con il presidente del consiglio europeo e la commissione. b. Consiglio degli affari esteri: elabora l’azione estera dell’unione secondo le linee strategiche definite dal consiglio europeo e di assicurare la coerenza dell’azione dell’unione. È sempre presieduto dall’alto rappresentante. Con il trattato di Lisbona la disciplina della presidenza è cambiata a seconda che si tratti del consiglio degli affari esteri o di tutte le altre formazioni. Infatti nel consiglio degli affari esteri la presidenza è permanente e viene attribuita all’alto rappresentante per assicurare stabilita e continuità alla gestione dell’azione esterna dell’Unione. In tutte le altre formazioni la presidenza passa da uno stato membro all’altro secondo un sistema di rotazione paritaria, alle condizioni stabillit3 con decisione dal consiglio europeo con maggioranza qualificata. la presidenza convoca le riunioni del consiglio e ne stabilisce l’ordine del giorno. Rappresenta l’istituzione e firma gli atti del consiglio. MODI DI DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO: • Maggioranza semplice (o assoluta) • Maggioranza qualificata (modo normale di deliberazione, secondo l’art 3 TUE infatti -Il consiglio delibera a maggioranza qualificata salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente) • Unanimità la magg. Semplice e l’unanimità si applicano solo se lo prescrive la norma dei trattati su cui il consiglio si basa per agire. Maggioranza qualificata: per il raggiungimento della maggioranza qualificata sono quindi necessarie due condizioni: a. Quorum numerico minimo – i voti favorevoli non devono essere meno di 15 e non meno del 55% del totale dei membri del consiglio. b. Quorum demografico minimo- i voti a favore devono essere espressi nel nome degli stati membri la cui popolazione complessiva non sia inferiore al 65% della popolazione totale dell’unione. Un altro sistema di deliberazione del consiglio è l’unanimita. Quando i trattati richiedono l’unanimita, il voto contrario di un solo stato membro è sufficiente a impedire l’approvazione. Diversamente l’astesione dei membri presenti o dei loro rappresentanti non ha questo effetto. Astensione costruttiva: è una forma particolare di astensione prevista nell’ambito PESC. COREPER: Comitato dei rappresentanti permanente, rispecchia la composizione del consiglio. Riunisce in rappresentanti diplomatici che ciascun stato membro accredita presso l’UE. Solo che si differenziano per la qualita dei membri, infatti nel caso del consiglio si tratta di persone di livello ministeriale mentre per quanto riguarda il COREPER si tratta di diplomatici. Mentre il consiglio è un organo intermitente, il COREPER assicura una continuita di lavoro. la presidenza spetta al rappresentante permanente dello stato membro che esercita la presidenza di turno del consiglio. Il COREPER è responsabile della preparazione del lavoro del consiglio e dell’esecuzione dei compiti che quest’ultimo gli assegna. Puo adottare decisioni di procedura nei casi previsti dal regolamento interno del consiglio. Art 240 afferma che il consiglio è assistito dal segretariato generale sotto la responsabilità i un segretario generale nominato dal consiglio. ALTO RAPPRESENTANTE DELL’UNIONE PER GLI AFFARI ESTERI E LA POLITICA DI SICUREZZA il trattato di lisbona ha anche istituito la carica di alto rappresentante dell’unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza: che assiste il consiglio nelle funzioni che rientrano nel campo della politica estera e sicurezza comune, in particolare contribuisce nella formazione e attuazione delle decisioni politiche conducendo all’occorrenza, in nome del consiglio e su richiesta della presidenza, un dialogo politico con terzi. Attraverso questa carica si è voluto aumentare la coerenza tra le varie componenti dell’azione esterna dell’unione da un lato attribuiendoall’alto rappresentante il compito di guidare la PESC 8 con il compito di formulare proposte per l’elaborazione di tale politica e attuarla in qualità di mandatario del consiglio, per quanto riguarda le procedure decisionali in ambito della PESC) e dall’altro attribuendogli un ruolo importante nell’ambito dei lavori sia del del consiglio -affari esteri-( in quanto lo presiede)ed è uno dei vicepresidenti della commissione incaricato del coordinamento degli aspetti dell’azione estera dell’Unione. Per quanto riguarda la procedura della nomina questa coinvolge sia il consiglio europeo che il presidente della commissione che ne deve dare l’accordo. La durata del mandato coincide con quella dei membri della commissione. L’art 16 TUE definisce le funzioni del CONSIGLIO affermando che questo esercita congiuntamente con il parlamento europeo la funzione legislativa e di bilancio. Esercita la funzione di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite dai trattati. IL CONSIGLIO EUROPEO: è un organo di stati anche egli in quanto è composto di rappresentanti dei singoli stati membri. È un organo di vertice dell’UE, dotato di poteri ampi ed eterogenei. È un organo che ha poteri di tipo costituzionale in quanto è chiamato ad assumere decisioni che integrano o danno attuazione ad alcune disposizioni dei trattati (ex stabilisce la composizione del parlamento europeo) oppure in alcuni casi hanno addirittura il potere dis sostituirsi ad alcune loro disposizioni (ex: decisioni che possono essere assunte dal consiglio europeo nelle procedure semplificate di revisione dei trattati ai sensi dell’ ART 48 par 6 e 7 TUE. Composizione: Art 15 par 2 TUE composto dai capi di stato o di governo degli stati membri, dal suo presidente e dal presidente della commissione. L’altro rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza partecipa ai lavori. Inoltre è prevista la partecipazione dell’Alto Rappresentante, ma questo non è considerato come un vero e proprio membro dl consiglio europeo. Per quanto riguarda il potere deliberativo, bisogna distinguere tra la componente formata dai capi di stato e di governo e quella formata da presidente e dal presidente della commissione, perche in caso di deliberazione a maggioranza qualificata votano solo i Capi di stato e di governo. Il presidente del consiglio europeo: secondo l’art 15 par 5 TUE viene eletto dal consiglio europeo a maggioranza qualificata per un mandato di due anni e mezzo rinnovabile una volta, nel complesso sono 5 ani e corrispondono con la durata della legislatura del parlamento europeo e al mandato della commissione. Funzioni: Art 6 -assicurare la preparazione e la continuita dei lavori del consiglio europeo, in cooperazione con il presidente della commissione e in base ai lavori del Consiglio Affari Generali. Ha inoltre la funzione di rappresentanza esterna dell’unione per materie relative alla politica estera e sicurezza comune, fatte salve le attribuzioni dell’alto rappresentante del’unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Inoltre secondo l’art 15 par 1 TUE il consiglio europeo da all’unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Il consiglio europeo NON esercita funzioni legislative. il consiglio europeo è il supremo organo di indirizzo dell’intera Unione. Infatti dopo il trattato di Lisbona il consiglio europeo non è solo un organo di mero indirizzo ma ha anche compiti decisionali che incidono sull’operare dell’Unione. Gli atti emanati dal consiglio europeo non hanno natura legislativa ma producono certamente effetti giuridici di grande rilevanza. Si delinea come una presidenza collegiale dell’unione interprete di un interesse collegiale, perche ad esempio ha un ruolo esclusivo nella nomina di organi monocratici creati o raff. Dal trattato di Lisbona: il proprio presidente o il presidente della commissione. Modo di deliberazione: tipico modo di deliberare del consiglio europeo è il consenso che si forma senza il bisogno di votare, quando nessuno dei membri si oppone al testo presentato dal Presidente. Ma ci sono anche casi previsti dal trattato di lisbona in cui il consiglio deve votare a maggioranza qualificata ex. Quando deve nominare il proprio presidente. Il presidente del consiglio europeo ed il presidente della commissione non partecipano al voto. LA COMMISSIONE: ART 17: la Commissione è un organo di individui, in quando è comporta da persone che non sono legate ad uno stato membro da un vincolo di rappresentanza ma fanno parte dell’Istituzione come persone autonome portando la propria esperienza professionale a la propria facoltà di giudizio. Composizione: originariamente il numero di membri era fissato nel TCE ed era superiore al numero degli stati membri, a prassi attribuiva agli stati maggiori due membri. Ma con l’ART 213 TCE modificato dall’art 4 del protocollo di allargamento allegato al TRATTATO DI NIZA, la Commissione entrata in funzione il 1 novembre 2004 aveva un solo cittadino per stato membro, con l’adesione della Romania e della Bulgaria il collegio viene allargato a 27 membri compreso il presidente. 3 Il protocollo sull’allargamento stabiliva pero che a partire dal momento in cui l’unione avesse avuto 27 stati membri il numero dei membri sarebbe stato inferiore a quello degli stati. Il trattato di lisbona conferma il principio di riduzione del numero dei membri differendone l’applicazione alla Commissione che doveva entrare in funzione il 1 novembre 2014. ART 17 par 5 TUE prevede che il numero dei membri è pari a due terzi al numero degli stati membri (compresi il presidente e l’altro rappresentante) ma stabilisce che questa riduzione sarebbe diventata effettiva a meno che il consiglio europeo non decida all’unanimità la modifica di tale numero. Il consiglio europeo quindi puo scegliere con deliberazione unanime se mantenere il numero dei componenti della commissione fissando un sistema di rotazione assolutamente paritaria e conforme ai criteri di cui l’ART 224 TFUE, o se stabilire un numero maggiore. Il 22 maggio 2013 IL CONSIGLIO EUROPEO ha adottato all’unanimita ai sensi dell’art 17 par 5 TUE la decisione 2013/272/UE con la quale viene stabilito che: La commissione è composta da un numero di membri, compreso il presidente e l’alto rappresentante dell’unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, pari al numero degli Stati Membri. L’ART 17 par 3 TUE dispone che i membri della commissione sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo e tra personalita che offrono tutte le garanzie di indipendenza requisiti: professionalita ed indipendenza. Gli Stati devono quindi impegnarsi a rispettare l’indipendenza dei membri della commissione a non cercare di influenzarli nell’esercizio dei loro compiti. Nel caso di violazione dei loro obblighi, è previsto che la corte di giustizia su istanza del consiglio e della commissione, possa pronunciare la decadenza dal diritto alla pensione. Il mandato: dura 5 anni. Procedura di nomina: inizialmente la procedura di nomina era dominata dagli stati membri che di comune accordo nominavano i membri della commissione ,ma poi la procedura è stata ricondotta in ambito istituzionale, quindi dominano le deliberazioni del Consiglio europeo e del consiglio a maggioranza qualificata. La procedura di nomina è disciplinata dal’art 17 par 7 TUE. La procedura distingue la posizione del presidente della commissione rispetto a quella degli altri membri. ▲ La prima fase ha ad oggetto l’individuazione del candidato alla carica di Presidente, questa individuazione viene effettuata dal consiglio europeo che decide a maggioranza qualificata tenuto conto dello elezioni del parlamento europeo e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate. ▲ La seconda fase consiste nell’elezione del candidato Presidente da parte del parlamento europeo. ▲ La terza fase partecipa lo stesso Presidente eletto e consiste nella deliberazione del consiglio, (presumibilmente nella formazione del consiglio affari generali) di comune accordo con il presidente eletto , con la quale viene adotto l’elenco delle altre personalita selezionate in base alle proposte presentate dagli stati membri, che propone di nominare membri della commissione. La decisione viene adottata a maggioranza qualificata e non è richiesta l’unanimita -art 16 par 3 TUE. La nomina dell’Alto Rappresentante non avviene durante la 3° fase. Questo viene nominato dal consiglio europeo con l’accordo del presidente della commissione. Tuttavia la sua elezione deve avvenire prima della 4° fase in quanto ad essa deve partecipare anche l’alto rappresentante in qualita di vicepresidente della commissione. ▲ La quarta fase , nella quarta fase il presidente, l’alto rappresentante e gli altri membri della commissione sono soggetti a un voto di approvazione da parte del parlamento europeo. Il parlamento procede quindi ad audizioni separate per ciascuna persona proposta come membro e non ad una deliberazione avente ad oggetto l’insieme della nuova commissione. Il parlamento quindi puo anche manifestare opposizione nei confronti di uno o piu membri specifici e minacci per questo di non approvae l’intera commissione questo si è gia verificato in occasione della nomina delle ultime commissioni. ▲ La quinta fase è l’ultima e viene affidata al Consiglio europeo che a maggioranza qualificata, nomina la commissione. Il presidente della commissione: riveste un ruolo centrale e questo risulta anche dalla procedura di nomina. L’ART 17 par 6 TUE gli attribuisce il compito di definire gli orientamenti della Commissione, la sua organizzazione interna, per assicurare la coerenza, l’efficacia e la collegialità della sua azione. Al presidente spetta anche la nomina dei vicepresidenti, fatta eccezione dell’alto rappresentante (che è gia vicepresidente ai sensi dell’art 18 par 4 TUE). Il presidente ha il compito di ripartire le competenze fra i membri della commissione salvo per le competenze dell’alto rappresentante che sono fissate dall’art 18. Inoltre il presidente puo obbligare un membro a rassegnare le dimissioni. Puo chiedere le dimissioni dell’Alto rappresentante ma solo il consiglio puo decidere a norma dell’art 18. il presidente unoltre un membro del consiglio europeo. 1. Fase scritta, che a seconda del tipo di causa consiste nello scambio o nel deposito di memorie scritte. 2. Fase orale che deve essere richiesta da una delle parti e non puo essere concessa dalla corte, consiste in un’udienza con le parti e la lettura o il deposito delle conclusioni dell’avv. Generale. Successivamente la corte di giustizia si riunisce in camera di consiglio per deliberare. La sentenza è letta in pubblica udienza. È un’udienza pubblica in cui il collegio giudicante fa delle domande alla parti. Ci sono tempi stretti di risposta e viene garantita la traduzione della lingua processuale. L’iter puo subire delle riduzioni temporali in presenza di procedimenti che si ritiene debbano essere decisi con una certa velocita procedimento accelerato (PPU – PROCEDIMENTO PREGIUDIZIALE URGENTE, vengono compressi i tempi processuali quando per esempio si tratta delle liberta della persona) Le funzioni: le principali funzioni hanno natura giurisdizionale. Questo risulta dall’art 19 par 1 comma 1 TUE, il quale dispone con riferimento alla corte-istituzione che essa assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei tratti. Garantisce la legalità ed il buon andamento dell’UE. -Il rinvio pregiudiziale è un meccanismo essenziale per il sistema dell’unione. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE viene provocato con ordinanza del giudice nazionale, con la quale si solleva una questione interpretativa su una norma comunitaria. Il giudice nazionale è tenuto a di interpretare ed applicare la norma comunitaria che è fonte del diritto, tuttavia sorgono questioni di conflitto con una norma interna, ed il giudice è tenuto a non applicare a quel caso specifico la stessa norma interna, e se vi fossero dubbi sull’interpretazione della norma comunitaria puo risolverli interpretando la norma comunitaria (MAI disapplicarla) puo sollevare la questione pregiudiziale sull’interpretazione della stessa davanti alla Cote di Giustizia. La corte di giustizia esercita anche funzioni di natura consultiva in base alle quali non è chiamata a decidere una controversia ma ad esprimere un parere. I pareri della corte hanno un valore parzialmente vincolante, in quanto il loro contenuto condiziona il comportamento delle istituzioni e degli stati membri ex ipotesi in materia di trattati, in cui il parere negativo non ha effetto ostativo ma rende necessario ricorrere alla procedura di revisione dei trattati prevista dall’art 48TUE, salvo che l’accordo previsto sia modificato in maniera da eliminare le ragioni del parere negativo. IL TRIBUNALE DELL’UNIONE E TRIBUNALI SPECIALIZZATI L’organizzazione del tribunale ed il suo funzionamento sono disciplinati da alcune fonti normative che bisogna richiamare. • Disposizioni contenute nel TFUE: ARTT 254 e 246 • Titolo IV dello Statuto della corte di giustizia che è dedicato al funzionamento del tribunale dinnanzi alla corte di giustizia • Regolamento di procedura approvato dal tribunale stesso di concerto con la corte di giustizia. Il regolamento poi viene sottoposto al consiglio che lo deve approvare a magg qualificata. La composizione del tribunale è simile ma non identica a quella della corte. Il tribunale di primo grado, secondo l’art 19 TUE è composto da almeno un giudice per stato membro.. L’art 254 TFUE precisa che il numero dei giudici è stabilito dallo statuto della corte di giustizia. L’art 48 dello statuto della corte, come modificato dal regolamento 2015/2422 ha elevato il numero del giudici per garantire una durata ragionevole del procedimento dinnanzi al tribunale, quanti attualmente il numero dei giudici è 47. Dal 1 gennaio 2019 il Tribunale è composto da due giudici per stato membro. L’art 254 inoltre prevede la presenza di avvocati generali. La nomina dei giudici del tribunale avviene di comune accordo dai governi degli stati membri previa consultazione del comitato. I giudici hanno un mandato di 6 anni che è rinnovabile ed eleggono tra di loro un presidente che resta in carica 3 anni. Le formazioni di giudizio: art 50 dello Statuto. Il tribunale funziona in sezioni composte da 3 o 5 giudici. È il regolamento di procedura a disciplinare i casi in cui il tribunale si riunisce in seduta plenaria, grande sezione o statuisce nella persona di un giudice unico. Il tribunale puo avere duplice natura. 1. È giudice di primo grado quando si pronuncia su cause che rientrano nella sua competenza. Le pronunce emesse dal tribunale come giudice di primo grade possono essere impugnate davanti alla corte di giustizia. Il termine è di due mesi a decorrere dalla notifica della decisione da impugnare- art 56 statuto. L’impugnazione delle pronunce del tribunale come giudice di primo grado, dinnanzi alla Corte non costituisce un giudizio d’appello, essendo limitata a “motivi di diritto”, quindi soltanto a “mezzi relativi all’incompetenza del Tribunale, ai vizi relativi alla 3 Procedura davanti al Tribunale recati pregiudizio agli interessi della parte ricorrente nonché violazione dei diritti dell’Unione da parte del Tribunale. Infatti in questi casi non è possibile parlare di un doppio grado di giudizio. Questo sistema è simile al ricorso per cassazione. Competenza: il tribunale è competente in primo grado per tutte le azioni e cause che non siano riservate alla competenza esclusiva e in grado unico della corte di Giustizia. (Inizialmente esisteva anche un Tribunale specializzato, l’unico ad essere mai istituito, ed era il Tribunale della funzione Pubblica dell’UE -TFP- che aveva la competenza sui contenziosi relativi al personale delle istituzioni e degli organi dell’Unione. Questo tribunale venne in seguito soppresso e la competenza venne di nuovo assegnata al Tribunale). Inoltre le competenze vengono ripartite fra Tribunale e Corte di Giustizia, e va ribadito che la competenza del Tribunale non copre tutte le azioni sottoposte al giudizio della corte. • Competenze dirette: art 256 attribuisce al Tribunale la competenza a conoscere dei ricordi di cui l’art 262, 265, 268, 270, 272 ad eccezione di quelli attribuiti ad un tribunale specializzato istituito in applicazione dell’art 257 e di quelli che lo Statuto riserva alla corte di giustizia. Per sapere quindi quali dei citati ricorsi rientrino nella competenza del tribunale occorre esaminare lo statuto e in particolare gli art 50 bis e 51. -L’art 50 bis attribuisce al tribunale la competenza a decidere sulle controversie tra l’unione ed i -suoi agenti (c.d contenzioso del personale) -Dall’art 51 risulta che il tribunale è competente in primo grado: a. per i ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro le istituzioni e gli altri organi b. per i ricorsi di annullamento ed in carenza proposti da uno stato membro contro la commissione c. per i ricorsi di annullamento proposti da uno stato membro contro il consiglio, aventi ad oggetto decisioni adottate ai sensi dell’art 108 TFUE (aiuti di stato alle imprese), o atti adottati in forza di un regolamento relativo a misure di difesa commerciale (ex anti-dumping), oppure atti di esercizio da parte del consiglio di competenze d’esecuzione . (Le sentenze adottate dal tribunale sono suscettibili di impugnazione dinnanzi ala corte di giustizia, i motivi per i quali vengono impugnanti sono scritti nell’art 56. Le impugnazioni devono limitarsi ai motivi di diritto Meccanismo del riesame L’Art 256 attribuisce al tribunale anche competenze pregiudiziali ai sensi dell’art 267 TFUE e dispone che : il Tribunale è competente a conoscere delle questioni pregiudiziali sottoposte ai sensi dell’art 267, in materie specifiche determinate dallo statuto. Tuttavia lo statuto non prevede alcuna materia nella quale sia stabilita tale competenza per cui il tribunale ancora non dispone di competenze pregiudiziali. Non solo, l’attribzioe al tribunale di competenze pregiudiziali comporterebbe notevoli difficolta in quanto le questioni pregiudiziali vengono sollevate a titolo incidentale davanti alla corte di giustizia da un giudice nazionale di fronte al quale è pendente una causa che coinvolge questioni di diritto dell’Unione. La sentenza della corte di giustizia dovrebbe essere emessa in un unico grado. Se invece la sentenza fosse emessa dal tribunale, con possibilità di impugnazione davanti alla corte di giustizia, la durata della fase pregiudiziale si prolungherebbe di molto. L’art 256 TFUE prevede che il tribunale stesso rinvii alla corte di giustizia le questioni pregiudiziali attribuite alla sua competenza qualora “la causa richieda una decisione di principio che potrebbe compromettere l’unita e la coerenza del diritto dell’Unione. A partire dal trattati di Nizza è stata prevista la possibilita di creare un’ulteriore articolazione giurisdizionale ART257 TFUE, e accanto al tribunale, al parlamento europeo e al consiglio, secondo la procedura legislativa ordinaria su proposta della commissione o su richiesta della corte e previa consultazione della corte o della commissione , si possono istituire tribunali specializzati affiancati al tribunale e incaricati di conoscere in primo grado di talune categorie di ricorsi proposti in materie specifiche. L’istituzione avviene attraverso un regolamento che stabilisce la composizione e le competenze. La nomina dei membri viene fatta dal Consiglio che delibera all’unanimita. Le sentenze di questi tribunali speciali possono essere impugnate davanti al tribunale solo per motivi di diritto o nei casi previsti dal regolamento istitutivo anche per motivi di fatto. Il “riesame” è previsto solo eccezionalmente , alle condizioni ed entro i limiti stabiliti nello statuto, laddove sussistano gravi rischi che l’unita o la coerenza del diritto dell’unione siano compromesse. Secondo l’art 60 dello statuto, la proposta di riesame puo essere formulata solamente dal primo avvocato generale (carica che spetta a rotazione ad uno degli avvocati generali della corte). LA CORTE DEI CONTI, LA BANCA CENTRALE EUROPEA E ALTRI ORGANI Corte dei conti: organo di individui non rappresenta istanze governative. • Composizione: comprende un cittadino per ogni stato membro. I membri vengono nominati dal Consiglio a magg. Qualificata (non è prescritta l’unanimita), previa consultazione del parlamento europeo per un mandato di 6 anni. Sono richiesti i requisiti di indipendenza e professionalita. • Funzioni: Art 285 la Corte dei Conti ha i compito di assicurare il controllo dei conti dell’Unione. Qeusto compito viene specificato nella parte 1 la quale dispone che la corte dei conti esamina i conti e tutte le entrate e le spese dell’unione nonché i conti di ogni organo o organismo creato dall’Unione, nella misura in cui l’atto costitutivo lo permette. La corte dei conti controlla la legittimita e la regolarita delle entrate e delle spese e accerta la sana gestione finanziaria, inoltre riferisce su ogni caso di irregolarita. L’atto piu rilevante è la relazione annuale che viene redatta alla fine di ogni esercizio. La corte non dispone del potere di annullare eventuali atti irregolari o di impedirne l’esecuzione, quindi pur intervenendo a posteriori, non ha potere sanzionatorio. Nel quadro istituzionale dell’UE ci sono numerosi altri organi che svolgono funzioni consultive o preparatorie, ex : comitato economico e sociale composto dai rappresentanti del organizzazioni dei datori di lavoro, di lavoratori indipendenti e altri rappresentanti della societa civile. Il loro numero non puo essere superiore a 350, ed e stabilito dal consiglio con delibera all’unanimita, previa consultazione della commissione. Un altro organo a carattere consultivo è il comitato delle regioni . Composto dai rappresentanti delle collettivita regionali e locali che siano titolari di un mandato elettorale nell’ambito di una collettivita regionale o locale politicamente responsabile dinanzi ad una assemblea eletta. Sia il comitato economico sociale sia il comitato delle regioni devono essere consultati dal parlamento europeo, dal consiglio e dalla commissione quando ciò è previsto dai trattati o quando le istituzioni lo ritengono opportuno. Nel primo caso il parere è obbligatorio mentre nel secondo è facoltativo. ALTRI ORGANI CREATI DAL TUE NELL’AMBTIO DEL UEM: BCE e SEBC • BCE (ART 13) Banca Centrale Europea. Gode di personalita giuridica e ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di Euro. È inoltre indipendente nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze. Si articola al suo interno in un comitato esecutivo composto da: a. un presidente b. un vicepresidente c. altri 4 membri (nominati dal consiglio europeo, su raccomandazione del consiglio, previa consultazione del parlamento europeo e del consiglio direttivo) d. un consiglio direttivo composto dai membri del comitato esecutivo (i membri del comitato esecutivo sono scelti in funzione delle loro competenze in campo monetario. Il loro mandato è di 8 anni. I membri sono nominati fra cittadini degli stati membri (anche no dell’Eurozona) e devono avere riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore bancario e monetario) e. governatori delle banche centrali nazionali (BCN) degli stati membri la cui moneta è l’euro. I governatori delle banche centrali godono di uno statuto di indipendenza rispetto ai propri statati membri La BCE è assistita dal comitato monetario a carattere consultivo. L’art 139 TFUE impone alla BCE e alle banche centrali nazionali e ai membri dei rispettivi organi decisionali di garantire l’indipendenza della loro azione ed in particolare di non sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione, dai governi degli stati membri ne da qualsiasi altri organismo. Le funzione della BCE e della SEBC sono disciplinate dagli art 127, 128 e 132 TFUE. Il funzionamento e l’organizzazione della BCE e della SEBC sono oggetto del Protocollo nr 4 sullo Statuto del Sistema Europeo delle Banche centrali e della Banca centrale europea. • SEBC (ART 282 TFUE) diretto dagli organi decisionali della BCE. Art 127 par 1 TFUE indica che l’obiettivo principale della SEBC è il mantenimento della stabilita dei prezzi e prevede che esso agisca in conformita del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza. Quindi l’art 127 par 2 elenca i compiti della BCE “da assolvere tramite il SEBC” che sono: a. Definire e attuare la politica monetaria dell’Unione b. Svolgere le operazioni sui cambi c. Detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli stati membri; promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento 3 (le valutazioni di impatto sono parte integrande delle proposte della commissione e costituiscono studi diretti a verificare il possibile impatto economico , ambientale o sociale di un determinato atto legislativo ove esso venisse effettivamente adottato. Quando la proposta è preceduta dalla valutazione di impatto essa viene sottoposta al previo parere del Comitato pe il controllo normativo, istituito con decisione del presidente della commissione.) Significativa in questo senso è anche l’iniziativa dei cittadini, è un istituto di democrazia partecipativa che consiste nel diritto dei cittadini dell’unione, che devono essere almeno un milione, ad inviare alla commissione una proposta appropriata su materi in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’unione, ai fini dell’attuazione dei trattati. Anche in questo caso la commissione non è obbligata ad agire. Partendo dal presupposto che la commissione è portatrice dell’interesse generale dell’Unione mentre il consiglio rappresenta gli interessi individuali di ciascun stato membro , l’ ART 293 par 1 TFUE limita il potere del consiglio di modificare la proposta della commissione e prevede che “il consiglio puo emendare la proposta solo se delibera all’unanimita”. Solo il consenso di tutti i rappresentanti degli stati membri consente al consiglio di discostarsi dalla proposta della commissione, perche l’unanimita garantisce che l’atto adottato risponde comunque all’interesse generale della comunita. Il consiglio comunque non puo discostarsi radicalmente dalla proposta della commissione ed approvare un atto completamente differente perché il consiglio gode di questo potere di “emendamento” e da questo si desume la volonta di limitare il potere del consiglio. Qualora questo dovesse avvenire ci sarebbe una “violazione di forme sostanziali” e l’atto adottato sarebbe annullabile mediante ricorso alla corte di giustizia ai sensi dell’art 263 TFUE. Il requisito di unanimita per poter emendare la proposta della commissione non si applica durante la fase di comitato e di terza lettura ma vale solo nella seconda lettura. Nella fase di comitato e terza lettura il consiglio delibera a maggioranza qualificata soltanto attenendosi alla proposta della commissione. La condizione dell’ “unanimita” da una parte garantisce il perseguimento dell’interesse generale ma dall’altro puo anche causare una situazione di stallo nei casi in cui alcuni dei rappresentanti non siano d’accordo con la proposta e decidano di non approvarla. Per evitare una situazione di stallo l’ART 293 par 2 TFUE prevede che fintantoche il consiglio non ha deliberato, la commissione puo modificare la propria proposta in ogni fase delle procedure che portano all’adozione di un atto dell’Unione. La commissione infatti puo preferire modificare la propria proposta in maniera da favorire l’approvazione da parte del consiglio a maggioranza qualificata piuttosto che insistere sul testo originale della proposta e rischiare che essa sia respinta tout court. La commissione ha anche il potere di ritirare la proposta, ed in particolare esercita questo potere quando un emendamento prospettato dal parlamento o dal consiglio. La commissione esercita questo potere quando un emendamento prospettato dal parlamento e dal consiglio snatura la proposta di atto legislativo in modo da ostacolare la realizzazione degli obiettivi da essa perseguiti. Questo potere non equivale a un diritto di veto della commissione sull’adozione degli atti legislativi poiche essa deve sempre valutare le ragioni dell’emendamento prospettato dal parlamento o dal consiglio e deve comunque comunicare a queste istituzioni i motivi della sua scelta. La procedura: si apre con la proposta della Commissione, la quale viene simultaneamente al consiglio e al parlamento europeo. • La prima lettura consiste nella adozione da parte del parlamento europeo della propria “posizione” che viene trasmessa al consiglio, il quale puo approvarla oppure in caso contrario adotta, a maggioranza qualificata una “posizione di prima lettura”. Se la posizione del parlamento è conforme a quella della commissione, il consiglio puo approvarla a maggioranza qualificata. • La seconda lettura: in questa fase il parlamento europeo ha tre mesi di tempo per decidere in uno dei seguenti modi: a. Approvare la posizione in prima lettura del consiglio o omettere di deliberare entro il termine. Nel caso di approvazione o mancata delibera nel termine, l’atto si considera adottato nella formulazione corrispondente alla posizione del Consiglio. b. Respingere la posizione (a maggioranza assoluta dei membri che la compongono). Nel caso di rigetto, la procedura si arresta perche l’atto si considera adottato. c. Proporre emendamenti (con lo stesso quorum deliberativo). Nel caso in cui il consiglio intervenga con degli emendamenti, la Commissione emette un parere sugli emendamenti. Il consiglio, a maggioranza qualificata puo approvare tutti gli emendamenti del parlamento oppure puo non approvare tutti gli emendamenti. In questo caso si apre una fase intermedia e viene convocato un comitato di conciliazione. Questo comitato è composto dai membri del consiglio o loro rappresentanti e da altrettanti membri del parlamento europeo ed ha il compito di approvare entro sei settimane un progetto comune con la collaborazione della commissione. Se il comitato non riesce ad approvare un progetto comune ntro il termine di sei settimane, l’atto si considera non adottato. Ma se il comitato approva un progetto comune l’atto viene approvato in terza lettura dal parlamento e dal consiglio (quest’ultimo a magg. Qualificata)entro ulteriori 6 settimane. In mancanza dell’approvazione dell’una o dell’altra istituzione, l’atto si considera non adottato. Comunque bisogna tenere conto del fatto che ci sono anche possibili varianti rispetto allo schema descritto, perche il TFUE talvolta prescrive che venga chiesto il parere di alcuni organi consultivi in particolare del Comitato economico sociale in materia di politica sociale, o del Comitato delle regioni in materia di cultura. PROCEDURE LEGISLATIVE SPECIALI: procedura di consultazione e procedura di approvazione Ci sono diverse disposizoni del TFUE che prevedono procedure legislative speciali, il cui svolgimento è definito di volta in volta dalle disposizioni che fungono da base giuridica. Nella maggior parte dei casi queste consistono nell’adozione dell’atto da parte del consiglio a maggioranza qualificata o all’unanimita, previa consultazione del parlamento europeo (procedura di consultazione). In numero limitato di casi l’atto deliberato dal consiglio è sottoposto all’approvazione del parlamento europeo (procedura di approvazione) Quando non è il consiglio a deliberare , tale potere spetta a parlamento europeo. Infatti esistono casi di procedura legislativa speciale in cui è il parlamento europeo ad adottare l’atto su consultazione e approvazione del consiglio oppure a seguito dell’adozione congiunta delle due istituzioni (adozione del bilancio dell’unione europea). Il potere di iniziativa è disciplinato come nella procedura legislativa ordinaria. Salvo eccezioni, l’istituzione competente (consiglio o parlamento europeo) non puo deliberare in mancanza di una “proposta della commissione”. Quando il TFUE prevede che il potere di adottare atti leg. Di un certo spessore spetti sono al consiglio, il potere di questa istituzione è controllabile dall’obbligo di consultare il parlamento europeo Procedura di Consultazione. Il parlamento è chiamato ad esprimere un parere consultivo che pero non è vincolante, il consiglio è libero di non seguire il parere. La consultazione del parlamento europeo, quando richiesta, deve essere una consultazione effettiva e regolare, ciò implica che la consultazione deve essere effettivamente avvenuta e che il parere sia stato non solo richiesto ma anche emanato prima dell’adozione dell’atto da parte del consiglio. Non esiste un termine per l’emanazione del parere del parlamento, ma questo non significa che il parlamento sia libero di stabilire a proprio piacimento i tempi per l’emanazione del parere, infatti il parlamento non potrebbe cercare di evitare l’approvazione di atti on graditi dilazionando sine die il rilascio del proprio parere. Il parlamento è tenuto al rispetto del principio di leale collaborazione ed emanare il parere entro un termine ragionevole e tenere conto delle eventuali richiesta avanzate dal consiglio per ottenere una delibera urgente. Ci sono ance casi in cui il consiglio adotti un atto diverso da quello sul quale il parlamento è stato chiamato ad esprimersi, ed il problema riguarda il se ed in quali casi la consultazione sia sufficiente e quando invece si rende necessaria una seconda consultazione. La sentenza del 15 luglio 1970 causa Chemifarma, ha affermato un principio secondo il quale il parere del parlamento deve essere dato sull’atto che poi sara effettivamente adottato dal consiglio. Ci sono casi di particolare rilevanza, in cui l’atto legislativo deliberato dal consiglio deve essere approvato dal parlamento europeo (procedura di approvazione) ART 19 TFUE : il consiglio deliberando all’unanimita e secondo una procedura legislativa speciale, previa approvazione del parlamento europeo, puo prendere provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni Fondate sul sesso la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilita, l’eta, l’orientamento sessuale. Nei casi appena enunciati, il potere deliberativo non appartiene piu al consiglio ma viene condiviso con il parlamento, come avviene nella procedura legislativa ordinaria. Ci sono pero delle differenze perche nella procedura legislativa ordinaria, il parlamento ha ampio spazio di manovra per contribuire a determinare il contenuto dell’atto, invece nella procedura di approvazione il parlamento si limita ad approvare oppure respingere l’atto. ( Nella prassi, il consiglio comunica informalmente la proposta anche al parlamento sin dalla fase iniziale per garantirne uno piu stretto coinvolgimento e rendere piu probabile la successiva approvazione dell’atto). Infine per alcuni atti legislativi il cui contenuto si sostituisce o integra la disciplina prevista dal TFUE, è prescritto che l’atto adottato, per entrare in vigore, deve essere approvato anche dagli stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali (ex . adozione di disposizioni intese a completare i diritti dei cittadini dell’unione di cui l’art 20 par 2). 3 PROCEDURA LEGISLATIVE NEL SETTORE DELLO SPAZIO DI SICUREZZA, LIBERTA E GIUSTIZIA. Il trattato di Lisbona a eliminato ogni distinzione formale tra materie gia da tempo comunitarizzate e materie che inizialmente rientravano nel III pilastro dell’Unione, in particolare la Cooperazione giudiziaria in materia penale e la Cooperazione di polizia. Nella nuova disciplina, un ruolo specifico è tuttavia riservato al Consiglio europeo, il quale “definisce gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di liberta, sicurezza e giustizia”. Permangono nondimeno alcune differenze dal punto di vista delle procedure legislative applicabili. Nei settori in questione infatti la procedura legislativa ordinaria è ormai molto presente ma è spesso affiancata da procedure legislative speciali, a seconda dei casi, di consultazione o approvazione. La procedura legislativa ordinaria è prevista dall’art 75 primo comma, circa le misure amministrative concernenti i movimenti di capitali e pagamenti in materia di controlli alle frontiere, asilo e immigrazione, sulla cooperazione giudiziaria in materia civile, sulla cooperazione in materia penale, sulla cooperazione di polizia. In numerosi casi, le procedure legislative diverse sono richieste per l’adozione di specifiche misure. Ad esempio l’art 81 par 3 richiede che per le misure riguardanti il diritto di famiglia si segua la procedura di consultazione: è prescritta una delibera all’unanimita del consiglio, previa consultazione del parlamento europeo. La procedura di approvazione invece è prevista dall’art 86 circa l’istituzione della Procura europea. Per le materie oggetto dell’art 81, il secondo comma dello stesso consentirebbe al consigli, deliberando all’unannimita, su proposta della commissione e previa consultazione del parlamento europeo, di determinare quali aspetti del diritto di famiglia possono formare oggetto di atti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria. I parlamenti nazionali sono informati della proposta. Ciascuno di loro, entro sei mesi, puo notificare la propria opposizione e impedire l’adozione dell’atto proposto. Inoltre qualunque sia la procedura legislativa applicabile, nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale, in quello della cooperazione di polizia e in quello della cooperazione amministrativa, il potere di proposta non spetta soltanto alla commissione ma anche all’iniziativa di un quarto degli stati membri. Inoltre in numerosi casi sono previsti taluni strumenti procedurali che consentono agli stati membri contrari a determinati atti di impedirne o ritardarne l’adozione. In due casi tali strumenti sono associati alla procedura legislativa ordinaria si presentano pertanto come delle varianti rispetto al suo normale svolgimento, finalizzate a ridurne le caratteristiche di sovranazionalita. Nella versione c.d emergency brake, lo stato membro contrario interviene perche ritiene che il progetto di atto, incida su aspetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico penale. L’intervento avviene prima della deliberazione dell’atto da parte del consiglio e comporta la sospensione della procedura legislativa ordinaria. L’esame passa al consiglio europeo che ha 4 mesi per approvare pe consenso. Se cio avviene, l’atto è rinviato al consiglio e la procedura legislativa ordinaria riprende. In caso contrario, se almeno 9 degli stati membri desiderano istaurare una cooperazione rafforzata sulla base di un progetto di atto, essi ne informano il parlamento europeo, il consiglio e la commissione., e l’autorizzazione a procedere alla cooperazione rafforzata di cui l’art 20 par 2 TUE e art 329 TFUE si considera concessa (pag 132). In altre ipotesi lo strumento procedurale è associato a procedure legislative speciali che richiedono una delibera unanime da parte del consiglio. In questi casi lo strumento si presenta come una variante rispetto al normale svolgimento che consente di superare, sia pure parzialmente, la mancanza di unanimita. Di trattata di ipotesi disciplinate dagli art 86. Nella versione prevista dall’art citato, in mancanza di unanimita, un gruppo di almento novee stati membri puo chiedere che del progetto di atto sia investito il consiglio europeo. Entro 4 mesi, il consiglio europeo, decidendo per consenso, rinvia il progetto al consiglio perche lo adotti. Altrimenti, come nel caso precedentemente descritto, almeno nove stati membri possono notificare al consiglio e alla commissione la loro intenzione di istaurare una cooperazione rafforzata sulla base del progetto di atto e la necessaria autorizzazione si considera concessa. Particolare la posizione di Regno Unito, irlanda e danimarca, rispetto agli atti adottati nel’ambito dello spazio di sicurezza, liberta e giustizia. Pag 141. Procedura per la conclusione di accordi internazionali separazione personale e dei regolamenti relativi all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria e al conseguente regime linguistico. Capitolo VII– ORDINAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA SEZIONE 1 1. CONSIDERAZIONI GENERALI Le norme del TUE e TFUE, completate dalle norme contenute negli atti che le istituzioni hanno applicato nel corso della storia in base ai trattati internazionale, costituisce un ordinamento autonomo? Dunque, l’ Unione europea ha un proprio ordinamento giuridico che si distingue dal diritto internazionale e dal diritto interno di ciascun stato membro? Per rispondere a questo quesito dobbiamo prendere in riferimento due celebri sentenze: • SENTENZA DEL 5 FEBBRAIO 1963 nella quale la corte di giustizia conclude affermando che l’ Unione europea costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli stati membri hanno rinunciato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani. Tale ordinamento riconosce anche i cittadini degli stati membri come soggetti. • SENTENZA DEL 15 LUGLIO 1964 in essa viene ribadita l’idea che riconosce anche i cittadini come soggetti dell’Unione. La Corte afferma che il Trattato CEE ha un proprio ordinamento giuridico al quale i giuridici sono obbligati ad osservare. Esso viene integrato nell’ordinamento giuridico degli stati membri nel momento in cui il trattato entra in vigore. Gli stati membri, in campi circoscritti, hanno limitato i loro poteri sovrani, in questo modo si crea un diritto vincolante sia per loro che i cittadini. Bisogna però fare una piccola annotazione, il Trattato TCE a differenza dai trattati internazionali tradizionali, comporta delle limitazioni di sovranità a carico degli stati membri (seppur in settori limitati, sempre di limitazioni si parla). Inoltre, il TCE non si limita solamente a porre degli obblighi a carico degli stati membri, ma le sue norme vanno ad intaccare la sfera giuridica dei soggetti degli ordinamento interni degli stati membri, in questo modo, essi diventano soggetti anche dell’ordinamento comunitario. Secondo la Corte, le differenze tra il TCE e i trattati internazionali tradizionali servono a sottolineare l’autonomia del diritto comunitario rispetto al diritto interno degli stati membri il TCE è dunque un atto attraverso il quale gli stati hanno accettato volontariamente delle limitazioni di sovranità e con il quale viene riconosciuto ai soggetti degli ordinamento interni delle posizioni giuridiche che derivano direttamente dal diritto comunitario. In questo modo tale diritto diviene autonomo rispetto a quello degli ordinamento interni. Da dove possiamo capire che il diritto comunitario è autonomo? Prima di tutto dobbiamo dire che L’applicazione del diritto comunitario: 1. NON è subordinata all’adozione di misure di adattamento da parte degli stati membri 2. NON può essere ostacolata o impedita da nessun provvedimento (preesistente o di futuro) degli stati membri che sia contrario a quanto è previsto dal diritto comunitario In conclusione la Corte di Giustizia afferma che L’ORDINAMENTO COMUNITARIO E’ AUTONOMO SIA RISPETTO ALL’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE SIA RISPETTO AGLI ORDINAMENTO INTERNI DEGLI STATI MEMBRI! ▲ Piccola obiezione tale autonomia, diversamente dagli ordinamento interni, dipende da un atto di autolimitazione che è stato liberamente accettato dagli Stati membri durante la ratifica dei trattati; di conseguenza, tramite un atto uguale e contrario all’atto iniziale di autolimitazione, gli Stati membri potrebbero tranquillamente porre fine o limitare tale autonomia. Dunque, l’AUTONOMIA DELL’ORDINAMENTO COMUNITARIO NON E’ PIENA MA CONDIZIONATA DAL PERMANERE DELLA VOLTA’ DEGLI STATI MEMBRI. Tale obiezione si basa su argomenti teorici, infatti, dall’interpretazione delle corti costituzionali delle clausole presenti nelle costituzioni nazionali, si deduce che la partecipazione degli stati membri vincola gli organi degli stati membri e ciò rende difficile un ritiro unilaterale o concordato. Per quanto riguarda invece l’autonomia dell’ordinamento dell’Unione? dobbiamo per prima cosa guardare al situazione prima e dopo il trattato di Lisbona: • PRIMA DEL TRATTATO DI LISBONA Si dubitava su fatto che l’autonomia potesse essere applicata a norme a stampo intergovernativo • DOPO IL TRATTATO DI LISBONA la situazione appare mutata, (siamo in fase di cambiamento) vi sono elementi come la soppressione della CE, la parziale abolizione della struttura a pilastri e infine, il riconoscimento all’unione della personalità giuridica, che rendono antiquato ogni tentativo di segnalare le distinzioni all’interno di un ordinamento che vuole essere unico e onnicomprensivo risulterebbe in contrasto. 3 QUESTI SONO I MOTIVO PER IL QUALE LA CORTE HA SPOSTATO LE CARATTERISTICHE RICONOSCIUTE ALL’ORDINAMENTO COMUNITARIO ALL’ORDINAMENTO DELL’UNIONE ORDINAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA si fonda su un sistema di fonti di produzione del diritto, articolate secondo una propria gerarchia: 1. Trattati, principi generali del diritto, carta dei diritti fondamentali dell’UE; 2. Norme del diritto internazionale generale e accordi internazionali dell’UE conclusi con terzi; 3. Gli atti di base adottati dalle istituzioni; 4. Gli atti di attuazione o esecuzione adottati dalla Commissione o dal Consiglio. La distinzione più importante che dobbiamo fare è tra le fonti di DIRITTO PRIMARIO e DIRITTO SECONDARIO/derivato. • DIRITTO PRIMARIO in origine era composta dai trattati. La giurisprudenza con il tempo è arrivata a riconoscere l’esistenza di principi generali del diritto che hanno le caratteristiche similari a quelle dei trattati. Inoltre, Il trattato di Lisbona ha creato una nuova fonte scritta, LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UE, che riconosce ai principi generali lo stesso valore giuridico dei trattati • FONTI INTERMEDIE esse si inseriscono tra le fonti dei Diritto primario e secondario. Esse sono le norme di diritto internazionale generale e gli accordi internazionali conclusi dall’ UE con terzi. • DIRITTO SECONDARIO/derivato costituita da atti che le istituzioni possono adottare in attuazione dei trattati. Al suo interno possiamo stabilire una distinzione tra atti di base e atti di attuazione/esecuzione: tale distinzione oltre ad essere rilevante sul piano della procedura di applicazione, è rilevante poiché l’atto di attuazione/ esecuzione deve necessariamente rispettare l’atto di base e restare nei limiti della deroga conferita. Con il Trattato Di Lisbona viene introdotta una distinzione che prima non esisteva tra: • Atti di attuazione: essi si distinguono dagli atti di base poiché sono sempre essere adottati dalla Commissione su delega disposta da un atto legislativo adottato dal Parlamento europeo o dal Consiglio. Tale delega abilita al Commissione all’emanazione di atti non legislativi di portata generale, i quali vanno a integrare o modificare degli elementi non essenziali dell’atto legislativo stesso. • Atti d’esecuzione: I quali sono emessi dalla Commissione e dal Consiglio. Sono emessi dalla Commissione solo in caso specifici e nelle circostanze previste dall’ art 24,25 TUE, inoltre devono sempre esser motivati. Invece per essere emessi dal Consiglio è necessario che vi siano delle condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione. Si distinguono dagli atti di base grazie al termine “di esecuzione” che deve essere inserito nel titolo. Dobbiamo inoltre specificare che gli atti adottati dalle Istituzioni si differenziano tra loro in base alla natura e alla struttura . Per quando riguarda la natura dobbiamo assolutamente distinguere atti legislativi e atti non legislativi . Molto importante ricordare che anche in questo caso la distinzione viene introdotta dal Trattato di Lisbona, ma con molta prudenza, infatti, non vengo creati appositi tipi di atti, e gli art 288 TFUE e 249 TCE trattano solamente della denominazione e la descrizione dei vari atti, infatti, LA DISTINZIONE SI BASA SULLA PROCEDURA DECISIONALE APPLICABILE. NB: la procedura decisionale è indicata dalla base giuridica in forza del quale l’atto è adottato, avremo quindi: • ATTI LEGISLATIVI sono quegli atti giuridici che sono adottati mediante una procedura legislativa. Sono gli atti delle istituzioni che svolgono un ruolo analogo a quello degli atti legislativi negli ordinamenti interni degli stati membri. • ATTI NON LEGISLATIVI Tale categoria viene definita per esclusione, sono tutti gli atti delle istituzioni per la cui adozione non è prevista una procedura legislativa. Le procedure legislative contemplano sempre l’adozione di atti da arte del Parlamento EU e del Consiglio, di conseguenza, gli atti delle altre istituzioni saranno a priori non legislativi. Tali atti appaiono molto piu simili agli atti di natura amministrativa. Possiamo dunque avere regolamenti, direttive e decisioni non legislative a seconda della procedura decisionale mediante la quale ciascun atto è stato adottato. ES: atti che hanno la funzione di dare attuazione a specifiche disposizioni dei trattati, come per esempio la decisione con cui il Consiglio EU stabilisce la composizione del Parlamento EU. La categoria degli atti non legislativi è molto disomogenea, poiché sono inclusi anche gli atti sub-legislativi e atti di rango intermedio tra i trattati e gli atti legislativi veri e propri. NB: non vengono specificati i criteri che vengono utilizzati per definire se un atto debba essere considerato legislativo o no, un esempio è art 103 del TFUE il quale prevede l’emanazione di regolamenti e direttive per dare attuazione alle regole di concorrenza delle imprese, ma non specifica se si tratta di una procedura legislativa speciale, quindi, di conseguenza i regolamenti e le direttive emanate in base a tale articolo non avranno carattere legislativo, nonostante la loro importanza normativa. La giurisprudenza riconosce natura legislativa solamente agli atti qualificati come legislativi dalla base giuridica utilizzata, viene dunque deve essere esplicato, di conseguenza, se il TFUE non specifica nulla deve essere esclusa l’idea che vi siano atti che abbiano natura sostanzialmente legislativa, anche se vi è la modifica di atti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria. Il fatto che un atto giuridico sia legislativo o meno comporta ovviamente delle conseguenze,: 1. I lavori del Consiglio per l’ adozione di un atto legislativo si svolgeranno in seduta comune 2. Solo per gli atti legislativi saranno esercitati i poteri di controllo dei parlamenti nazionali circa il rispetto del principio di sussidiarietà 3. Se l’atto impugnato è un atto legislativo le condizioni di ricevibilità dei ricorsi di annullamento delle persone fisiche o giuridiche sono più severi. Vi è una procedura d’infrazione speciale nel caso in cui non vengano attuate le direttive adottate secondo un procedura legislativa. Struttura Degli Atti Gli atti delle istituzioni si differenziamo anche in base alla struttura: • REGOLAMENTI (atti vincolanti) • DIRETTIVE (atti vincolanti) • DECISIONI (atti vincolanti) • PARERI (atti non vincolanti) • RACCOMANDAZIONI (insieme ai pareri sono atti non vincolanti e non sono perciò finti del diritto, può però succedere che uno stato membro dia attuazione spontaneamente ad una raccomandazione con atti interni) Nell’ art 288 del TFUE NON VI E’ NESSUNA GERARCHIA TRA GLI ATTI VINCOLANTI DI TIPO DIVERSO, dunque, un regolamento potrebbe abrogare una direttiva e viceversa. È la base giuridica che specifica di volta in volta quale tipo di atti le istituzioni devono adottare, ovvero, verrà specificato nella norma quale tipo di regolamento bisogna adottare, alcune norme danno la possibilità alle istituzioni di scegliere tra atti di più tipi. Ma in alcuni casi potrebbe capitare tutto il contrario, ovvero che non venga specificato l’atto da adottare, in questo caso spetterò alle istituzioni competenti decidere, sempre nel rispetto del principio di proporzionalità Sempre nell’ art 288 del TFUE la tipologia di atti che troviamo non è né completa e nemmeno tassativa ( atti atipici). Oltre agli atti atipici, abbiamo anche alcuni tipi di atto che si affermano solo in via di prassi in alcuni settori come la disciplina della concorrenza e gli aiuti dello stato alle imprese in tali settori la Commissione gode di poteri diretti di controllo e di sanzione e di un ampio margine di proporzionalità. Inoltre pubblica delle COMUNICAZIONI per dettare le regole da seguire per applicare le norme del TFUE. Anche se non hanno valore normativo, la giurisprudenza le considera come atti attraverso cui la Commissione definisce i limiti del proprio potere discrezionale. Bisogna ricordare che, nel caso in cui una PRASSI non sia stata ancora tradotta in una comunicazione, la Commissione può decidere di modificarla. La giurisprudenza per quanto riguarda le PRESE DI POSIZIONE contenute nelle lettere che la Commissione invia ad uno Stato membro, ritiene che non vincolano né lo Stato e nemmeno il giudice nazionale. motivazione, firma ed entrata in vigore degli atti Gli art 296 297 TFUE disciplinano: 1. MOTIVAZIONE gli atti delle istituzioni sono motivati e fanno riferimento alle proposte, iniziative, raccomandazioni richieste o pareri previsti dai trattati 2. FIRMA gli atti legislativi sono firmati dal Presidente del Parlamento europeo e/o dal Presidente del consiglio Gli atti non legislativi sono dal Presidente dell’istituzione che li ha adottati. 3. ENTRATA IN VIGORE gli atti legislativi e tra gli atti non legislativi i regolamenti e direttive rivolte a tutti gli stati membri vengono pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea (GU), entrano in vigore 20 gg dopo la pubblicazione 3 europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono. Si tiene conto dei criteri di ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo. Le condizioni per l'ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l'Unione, da essa determinati, formano l'oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. Possiamo dunque notare che può presentare domanda di adesione all’Unione ogni stato europeo che rispetti i valori presenti nell’art 2 e si impegni a promuoverli. Tale procedura di articola in due fasi: 1. la prima parte si svolge all’interno dell’apparato istituzionale (comma 1) la domanda di adesione viene presentata al Consiglio e di tale domanda vengono informati il Parlamenti europei e i parlamenti nazionali. La domanda viene approvata a all’unanimità dal consiglio, previa consultazione della Commissione e approvata del Parlamento europeo tenendo conto dei criteri di ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo 2. a seconda parte è affidata agli stati membri ed è esterna Le condizioni per l'ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l'Unione, sono oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti secondo le loro norme costituzionali SONO IL CONSIGLIO E IL PARLAMENTO EUROPEO A DECIDERE CIRCA L’AMMISSIONE O MENO DI UN NUOVO STATO MEMBRO. IL TRATTATO CON ALLEGATO L’ATTO DI ADESIONE è DEFINITO DAGLI STATI MEMBRI, CHE DEVONO POI SOTTOPORLO A RATIFICA SECONDO QUANTO PRESCRIVE LA PROPRIA COSTITUZIONE NAZIONALE. L’atto di adesione ha il solo scopo di stabilire le condizioni di adesione e gli adattamenti da apportare ai trattati che siano determinati dall’adesione ricorda che sono modifiche minori rispetto quelle che possono essere apportate dalla procedura di revisione, questo perché consistono solitamente nell’ampliamento della composizione delle istituzioni e degli organi per assicurare la rappresentanza del nuovo stato. La passi ha dato via ad una procedura diversa da quanto stabilito dall’art 49, infatti, il negoziato sull’adesione e quello sulla definizione delle condizioni di adesione e sugli adattamenti dei trattati si svolgono contemporaneamente in modo tale che la decisione di adesione e il trattato con allegato l’atto di adesione portino la stessa data. Tale procedura si svolge sotto il controllo del Consiglio Europeo che ne determina i tempi e le modalità di svolgimento. Da non dimenticare che gli ultimi allargamento Romania e Croazia hanno visto affermarsi una fase preliminare detta “pre-adesione” nel corso del quale lo stato candidato deve dimostrare di rispondere di alcuni criteri. Una volta che la Commissione attesta il rispetto dei criteri, il Consiglio europeo autorizza l’apertura dei negoziati di adesione. L’unione conclude degli appositi accordi di pre-adesione con tali Stati, come ad esempio accordi di cooperazione economica, tecnica e finanziaria L’introduzione di tale fase preliminare è necessaria poiché vi è una forte arretratezza economica, politica ed amministrativa degli stati che richiedono l’adesione rispetto agli Stati membri. I criteri da soddisfare sono stati fissati dal Consiglio Europeo e sono: • criteri politici: il paese candidato deve garantire la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani e il rispetto e la protezione delle minoranze • criteri economici: bisogna dimostrare un’economia di mercato funzionante e bisogna avere una capacità economica in grado di rispondere alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato esterne all’UE • criteri relativi all’acquis comunitario: capacità di assumersi gli obblighi di tale appartenenza e bisogna aderire agli obiettivi di un’ Unione economica e monetaria. Recesso dall’unione Con il trattato di Lisbona viene introdotta la possibilità di recesso dall’Unione art 50 TUE. Lo stato membro che intende ritirarsi notifica tale intenzione al Consiglio Europeo. Abbiamo un recesso concordato se si arriva alla conclusione di un accordo tra l’unione e lo stato recedente il quale ha lo scopo di definire le modalità del recesso. Tale accordo è negoziato sulla base degli ordinamenti formulati dal Consiglio Europeo tenendo conto delle future relazioni dello stato recedente con l’Unione, esso è concluso dal Consiglio secondo la procedura dell’art 218 TFUE Abbiamo invece un recesso unilaterale qualora non sia possibile raggiungere un accordo sulle modalità di recesso entro due anni dalla notifica dell’intenzione di ritirarsi, tale tempistica può essere prorogata. In questo caso i trattati cessano immediatamente di applicarsi allo Stato interessato. Art 50 è stato attivato la prima volta a seguito della notifica da parte del Governo del Regno Unito, dell’intenzione di recedere dai trattati sull’ Unione europea e sull’EURATOM. (La prof ha detto che la brexit non la chiede) È possibile modificare i trattati al di fuori delle procedure di revisione o delle altre procedure previste a questo scopo? nel caso in cui considerassimo i trattati solamente come trattati internazionali, la presenza di una apposita procedura di revisione avrebbe un’importanza ridotta, in questo caso infatti il diritto internazionale non esclude la possibilità che gli stati contraenti possano decidere di modificare il trattato senza seguire la procedura prevista a condizione che vi sia un accordo tra tutti gli stati contraenti. Mentre invece se si dovesse tener conto della funzione costituzionale svolta dai trattati, si arriva alla conclusione che le procedure previste dall’art 48 non possono essere considerate obbligatorie, dunque, eventuali modifiche che non rispettino tale procedure sarebbero prive di qualsiasi valore giuridico. La corte non si è mai dovuta pronunciare sulla possibilità che gli stati possano modificare i trattati senza osservare le procedure previste, se ciò dovesse accadere, la corte risponderebbe in maniera negativa. SEZIONE 2 3. PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO Tra le fonti assimilabili a quelle di diritto primari vanno menzionati i principi generali del diritto, nei quali sono compresi anche i principi relativi alla tutela dei diritti fondamentali dell’uomo. I principi generali assumono un ruolo importante negli ordinamenti più recenti perché oltre a colmare le lacune che un nuovo ordinamento presenta, essi costituiscono anche i punti di riferimento che servono all’interprete. I principi generali possono essere suddivisi in: 1. PRINCIPI GENERALI PROPRI AL DIRITTO DELL’UNIONE 2. PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO COMUNI AGLI ORDINAMENTI DEGLI STATI MEMBRI 3. PRINCIPI GENERALI POSTI A PROTEZIONE DEI DIRITTI FONDAMENTALI (hanno importanza residuale a causa dell’entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dell’uomo) Bisogna distinguere dai principi generali i VALORI DELL’UNIONE essi non costituiscono fonti del diritto ma assumono una rilevanza sul piano politico e morale, infatti essi consistono nel rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e del rispetto dei diritti umani. Tali valori hanno rilevanza pre-giuridica. A) principi generali del diritto dell’Unione Tali principi li troviamo in determinate parti dei trattati, le quali hanno molta importanza. Abbiamo ad esempio: • PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE lo ritroviamo in diverse disposizioni del TFUE: art 18, art 19, art 40c2 art 157 par.1. Sono vietate le discriminazioni legate alla nazionalità, vengono presi provvedimenti per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza, l’origine etnica, la religione ecc. la Corte di giustizia interpreta in senso ambio la nozione di discriminazione, infatti ne fanno parte sia le discriminazioni dirette che quelle indirette. Anche il campo di applicazione di tale principio è stato interpretato in senso ampio. Il fatto che è stato stabilito che è un principio generale, consente anche l’applicazione ad ipotesi che non sono espressamente contemplate da alcuna delle norme richiamate (autonomia del principio di non discriminazione). Possiamo trovare un’ulteriore manifestazione dell’autonomia di tale principio nel principio generale di parità di trattamento o di uguaglianza tale principio secondo la giurisprudenza impone che situazioni paragonabili non siano trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate in modo uguale, a meno che tale trattamento non sia obbiettivamente giustificato. TALE PRINCIPIO VIETA IRRAGIONEVOLI DISTINZIONI DI TRATTAMENTO FRA SITUAZIONI ANALOGHE, E IMPONE, UN DIVERSO TRATTAMENTO PER SITUAZIONI NON COMPARABILI. La Corte invece non ritiene che rientrino nel campo di applicazione del principio generale di non discriminazione le discriminazioni alla rovescia. Si tratta di situazioni che si creano quando norme di uno Stato membro prevedono per i propri cittadini un trattamento deteriore rispetto a quello riservati ai cittadini di altri Stati. Es: ordinamento dell’UE potrebbe imporre la disapplicazione di una norma interna indistintamente applicabile ai cittadini e ai lavoratori di stati membri in quanto limitativa della libera circolazione dei lavoratori. Di tale disapplicazione tuttavia potrebbe avvantaggiarsi soltanto quei soggetti che fruiscono o hanno fruito in passato della libertà di circolazione. Il diritto dell’Unione non si oppone se la stessa norma interna continui ad applicarsi a situazioni puramente interne, e dunque estranee al campo di applicazione della libera circolazione in questo caso la discriminazione alla rovescia deriva dalla combinazione tra ordinamento interno e ordinamento dell‘ Unione. • PRINCIPIO DI LIBERA CIRCOLAZIONE 3 • PRINCIPIO DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE EFFETTIVA • PRINCIPIO D’ATTRAZIONE • PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’ • PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ • PRINCIPIO DI LEALE COOPERAZIONE • PRINCIPIO DELLA FIDUCIA RECIPROCA secondo la Corte tale principio ha un’importanza fondamentale nel diritto dell’Unione, poiché impone a ciascuno stato membro di ritenere, tranne in circostanze eccezionali, che tutti gli stati membri rispettino il diritto dell’Unione e che rispettino i diritti fondamentali B) principi generali del diritto comuni agli ordinamenti degli stati membri Si tratta di principi che vengono ricavati non dal diritto dell’Unione, ma dall’esame in parallelo dei vari ordinamenti nazionali. Il TFUE fa uno specifico riferimento a tali principi nell’ art 340 che tratta della responsabilità extracontrattuale. La norma si limita a sancire l’obbligo dell’Unione di risarcire i danni, mente la disciplina materiale di tale obbligo va desunta dai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri. Tali principi assumono rilevanza nell’intero del campo d’applicazione dei trattati e vengono utilizzati soprattutto quando si deve verificare la legittimità del comportamento delle istituzioni o degli Stati membri in relazione alla posizione dei singoli. • PRINCIPIO DI LEGALITA’ in base a questo principio ogni potere esercitato dalle istituzioni deve trovare la sua fonte legittimamente in una norma dei trattati che ne fissi le condizioni di esercizio • PRINCIPIO DELLA CERTEZZA DEL DIRITTO secondo cui chi è tenuto al rispetto di una norma giuridica deve essere messo in condizione di poterlo dare e di conoscere il comportamento che la norma gli impone • PRINCIPIO DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO può essere invocato in caso di modifica normativa improvvisa e imprevedibile da parte degli operatori giuridici, senza che ciò sia giustificato da ragioni imperative di interesse generale. • PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO secondo tale principio le istituzioni e gli organi dell’Unione quando intendono assumere un provvedimento sfavorevole a carico di un singolo, devono consentire a quest’ultimo di far valere il proprio punto di vista prima che il provvedimento stesso venga adottato. • PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ implica che gli interventi della pubblica autorità che vanno a limitare la libertà o i diritti dei singoli, per essere legittimi devono essere idonei a raggiungere l’obiettivo di interesse pubblico perseguito e devono essere necessari a questo stesso fine. C) principi generali posti a protezione dei diritti fondamentali (4.la protezione dei diritti fondamentali) Come si è visto la terza categoria dei principi generali è quella che comprende i principi rivolti alla protezione dei diritti umani. Articolo 6 (ex articolo 6 del TUE) 1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni. 2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati. 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali. Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la protezione dei diritti fondamentali dell’uomo è disciplinata da molteplici fonti che possiamo ritrovare nell’ art 6 del TUE: • La carta dei diritti fondamentali dell’UE è ancora vincolante per l’UE stato e i principi di applicazione uniforme e di primato del diritto dell’Unione. la garanzia che offre una costituzione nazionale a in determinato diritto fondamentale dovrebbe essere in grado di prevalere sul regime comune stabilito dal diritto dell’Unione. La giurisprudenza invece adotta una soluzione diversa, infatti, la corte ha afferma che uno stato membro può applicare la tutela dei diritti fondamentale prevista a livello nazionale, a patto che tale applicazione non comprometta il livello di tutela previsto dalla carta. E ovviamente, nel caso in cui il grado di tutela del diritto fondamentale si trovi in una norma specifica, la corte non ammette che uno stato membro possa pretendere di applicare il proprio livello di protezione maggiore, ES CASO MELLONI. Il problema dell’art 53 si presenta con il CASO TARICCO pg 213, in questo caso, il problema riguardava il rapporto art 325 del TFU, art 49 della carta e art 25 cost. nella seconda sentenza sul caso la corte ha ammesso che i giudici di uno stato potessero fa valere il livello di protezione maggiore del principio di legalità garantito dalla Cost, nonostante questo comportasse la non applicazione dell art 325 TFUE. La corte nella seconda sentenza relativo al medesimo caso, favorisce implicitamente un’interpretazione più elastica dell’art 53 ribadisce che il giudice nazionale deve disapplicare una normativa se essa è in contrasto con art 325 del TFUE, poiché tale disapplicazione non sarebbe vietata dall’art 49 cost. Articolo 52 - Portata e interpretazione dei diritti e dei principi 1. Eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. 2. I diritti riconosciuti dalla presente Carta per i quali i trattati prevedono disposizioni si esercitano alle condizioni e nei limiti dagli stessi definiti. 3. Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell'Unione conceda una protezione più estesa. 4. Laddove la presente Carta riconosca i diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, tali diritti sono interpretati in armonia con dette tradizioni. 5. Le disposizioni della presente Carta che contengono dei principi possono essere attuate da atti legislativi e esecutivi adottati da istituzioni, organi e organismi dell'Unione e da atti di Stati membri allorché essi danno attuazione al diritto dell'Unione, nell'esercizio delle loro rispettive competenze. Esse possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini dell'interpretazíone e del controllo di legalità di detti atti. 6. Si tiene pienamente conto delle legislazioni e prassi nazionali, come specificato nella presente Carta. 7. I giudici dell'Unione e degli Stati membri tengono nel debito conto le spiegazioni elaborate al fine di fornire orientamenti per l'interpretazione della presente Carta. Art 52 par 3 si occupa soltanto della CEDU e introduce una clausola di equivalenza: in base a tale art la casta deve essere applicata in modo tale che il livello di protezione che essa assicura ai diritti tutelati anche dalla CEDU, sia almeno equivalente a quello garantito dalla CEDU stessa. Resta comunque la possibilità che il diritto dell’Unione preveda un livello di tutela anche superiore e inoltre rimane la possibilità che la carta possa proteggere diritti che non sono presenti nella CEDU. 6. IL RUOLO DEI PRINCIPI GENERALI E DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI all’interno del sistema delle fonti I principi generali e la carta dei diritti fondamentali assolvono una funzione strumentale poiché influiscono sull’applicazione delle norme derivanti da altre fonti. 1. I principi generali del diritto sono in primo luogo i criteri interpretativi delle altre fonti del diritto dell’Unione: le norme dei trattati, le norme degli atti delle istituzioni ecc ecc devono essere interpretati alla luce dei principi generali. Nel caso in cui ci si dovesse trovare davanti a più interpretazioni possibili, l’interprete dovrà scegliere la soluzione più coerente con i principi generali e con il rispetto dei diritti fondamentali. 2. I principi generali operano da parametro di legittimità per gli atti delle istituzioni. Possono essere annullati o dichiarati invalidi per violazione dei principi oppure per contrarietà ai diritti della Carta. 3. I principi generali operano indirettamente come parametro di legittimità per alcuni comportamenti degli stati membri. Ciò avviene quando il comportamento o l’atto è stato adottato dallo stato in attuazione di una norma dei trattati o di un atto delle istituzioni che ne autorizzi o richieda l’adozione. In conclusione gli interventi degli stati membri e dell’Unione devono essere conformati ai principi generali del diritto e in particolare a quelli inerenti al rispetto dei diritti fondamentali, nel caso in cui ciò non avvenisse, tali interventi risulterebbero incompatibili rispetto alle norme dell’Unione e andrebbero disapplicati. 3 In generale, i diritti fondamentali, intesi come i principi generali del diritto, vengono invocati dai singoli per opporsi a provvedimenti assunti dagli stati in violazione di tali diritti. Può succedere a volte che siano gli stessi stati ad invocare i diritti fondamentali per giustificare i propri provvedimenti. Ad uno stato può essere contestata la violazione di un principio generale o di uno dei diritti fondamentali riconosciuti dalla carta, solo se vi è un collegamento tra il comportamento dello stato e il diritto dell’Unione (tale collegamento è necessario) dunque lo stato deve aver agito per attuare una norma dei trattati/atto istituzioni. In caso di mancanza di tale collegamento, l’obbligo per lo stato di rispettare i diritti fondamentali non è ricollegabile al diritto dell’Unione e la corte di giustizia non può esercitare la propria competenza per assicurarne l’osservanza. Tale limite lo ritroviamo nell’art 51 della Carta, dove si conferma che il dovere degli stati di rispettare i diritti previsti è limitato ai casi in cui essi agiscono nell’attuazione del diritto dell’Unione. Tale disposizione è più restrittiva della giurisprudenza, la quale estende l’obbligo per gli stati di osservare i principi generali anche ai casi in cui questi agiscono nel campo dell’applicazione dei trattati. L’obbligo di rispettare i principi generali del diritto e i diritti fondamentali vale per tutto il campo di attività dell’Unione. SEZIONE 3 7. IL DIRITTO INTERNAZIONALE GENERALE E GLI ACCORDI INTERNAZIONALI L’Unione è un soggetti di diritto internazionale autonomo rispetto agli stati membri. È tenuta a rispettare le norme di diritto internazionale generale. E gode delle caratteristiche delle persone giuridiche internazionali art 47 TFUE stabilisce che ‘l’Unione ha personalità giuridica’. Le norme di diritto internazionale generale vincolanti per l’unione sono individuate secondo i criteri estensivi del diritto primario. Un comportamento delle istituzioni in violazione di una norma del diritto internazionale generale costituirebbe un illecito internazionale. Inoltre, le norme di diritto internazionale generale vincolano l’unione soltanto nei confronti di soggetti terzi . Gli stati membri NON POSSONO INVOCARE tali principi quando agiscono nel campo di applicazione dei trattati, poiché questi costituiscono una legge speciale che prevale sul diritto generale la corte ha affermato più volte che uno stato non può invocare la violazione di un obbligo derivante dai trattati da parte di un altro stato membri per giustificarne, a sua volta, la violazione dello stesso obbligo aventi pari fonte. Le norme di diritto internazionale applicabili all’Unione fanno parte del sui ordinamento giuridico, anche se sono subordinate ai trattati. Tali norme svolgono per prima cosa una funzione ermeneutica analoga a quella dei principi generali e vanno utilizzate per l’interpretazione delle norme dell’Unione, comprese quelle dei trattati. Il diritto internazionale costituisce un parametro di legittimità degli atti delle istituzioni. In questa duplice funzione, le norme di diritto internazionale possono essere invocate dalle istituzioni, dagli stati e dai soggetti degli ordinamenti interni Gli accordi internazionali Gli accordi internazionali con gli Stati terzi che vengono in rilievo rispetto all’ordinamento dell’unione sono: 1. Accordi internazionali conclusi dai stati membri tali accordi sono conclusi con stati terzi che non fanno parte dell’ordinamento dell’Unione. Assumono rilevanza poiché tale accordo in determinate condizioni, può essere invocato dallo stato membro contraente come causa di giustificazione per il mancato rispetto di obblighi derivanti dai trattati. Tale possibilità vale per quanto riguarda gli accordi conclusi da uno stato membro prima dell’entrata in vigore del TCE. Tale possibilità risulta dal principio di diritto internazionale generale secondo cui il trattato concluso da due stati non può essere emendato né abrogato per effetto della successiva conclusione di altro trattato tra due stati, di cui uno soltanto sia parte anche del primo trattato ciò comporta che lo stato che ha concluso il primo trattato sarà tenuto a rispettarli entrambi. Riconoscendo tale principio ritroviamo nell’art 351 TFUE la clausola di compatibilità, la quale consente allo stato membro interessato di sottrarsi agli obblighi derivanti dai trattai soltanto nella misura strettamente necessaria per permettergli di rispettare gli obblighi che sono contenuti nell’accordo. Tale clausola incontra il suo limite nel rispetto dei diritti fondamentali. 2. Accordi internazionali conclusi dalla ce/unione Gli accordi conclusi dall’Unione con stati terzi o con altre organizzazioni internazionali fanno parte dell’ordinamento dell’unione e secondo l’art 216 TFUE questi accordi vincolano le istituzioni dell’Unione e gli stati membri. 3. Accordi internazionali conclusi dalla ce/unione e dagli stati membri (accordi misti) questi tipi di accordi sono molto diffusi. Sono accordi misti conclusi a nome dell’Unione e dei suoi stati membri, nella loro qualità di soggetti autonomi di diritto internazionale. Inizialmente venivano utilizzati poiché alcuni stati terzi si rifiutavano di riconoscere la competenza della CE; ma, successivamente tale accordo risultò molto utile nelle ipotesi di accordi riguardanti materie che rientravano nella competenza concorrente dell’Unione e degli stati membri, i quali non intendevano affidare la conclusione alla sola Unione. Per la corte tali accordi hanno nell’ordinamento la stessa disciplina giuridica degli accordi conclusi senza la partecipazione degli stati membri per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella competenza dell’Unione e non fanno parte dell’ordinamento quelle parti degli accordi che hanno ad oggetto materie rientranti nella competenza dei soli stati membri Per quanto riguarda il valore giuridico e loro rango nel sistema delle fonti: • I trattati internazionali sono subordinati ai trattati e devono rispettarli, in caso contrario, l’accordo sarà illegittimo e può essere annullato • I trattati internazionali sono subordinati principi generali, in particolare a quelli che tutelano i diritti fondamentali. • I trattati internazionali prevalgono agli atti delle istituzioni art 216 TFUE stabilisce che gli accordi conclusi dall’unione vincolano le istituzioni dell’unione e gli stati membri. Di conseguenza le istituzioni non possono adottare degli atti che non rispettino gli accordi internazionali. In caso contrario l’atto potrò essere dichiarato invalido o annullato. Dunque possiamo dedurre che i trattati internazionali fungono da parametro di legittimità degli atti delle istituzioni, vi sono però due eccezioni, infatti, vi sono alcuni accordi che non possono essere utilizzati a questo fine come ad esempio l’accordo istitutivo dell’organizzazione mondiale del commercio (omc). La corte ammette due eccezioni alle eccezioni, in cui si può utilizzare l’OMC come parametro di legittimità: 1. L’atto impugnato sia stato adottato per dare esecuzione agli obblighi derivanti da tali accordi 2. L’atto impugnato richiama espressamente specifiche disposizioni degli accordi 8. I REGOLAMENTI Il regolamento viene descritto nell’ art 288 c 2 TFUE il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno stato membro. Portata generale (prima caratteristica) tale caratteristica indica che il regolamento ha natura normativa. Il regolamento non si rivolge a destinatari identificabili bensì a categorie astratte di persone e in questo si differenzia dalla decisione. Inoltre pone le regole di comportamento rivolte alla generalità dei soggetti. Può accadere che un regolamento definisca i requisiti di fatto o di diritto richiesti per la sua applicazione, in questo modo soltanto un numero ristretto di persone li potrà soddisfare in alcuni casi può accadere che il campo di applicazione sia talmente ristretto che si sappia già a priori a chi si applicherà. Obbligatorietà integrale (seconda caratteristica) il regolamento deve essere rispettato in tutti i suoi elementi, ovvero, nella sua interezza. Nell’art 288 TFUE c.2 ci si rivolge agli stati membri e si afferma che essi non possono introdurre facoltà di deroga che non sono previste dal regolamento, ad esempio: non possono limitare il campo di applicazione dal punto di vista temporale, territoriale o personale, subordinandole a condizioni d’applicazione non previste. Il regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e non può pertanto essere applicato in modo incompleto, selettivo o parziale. Si tratta di un atto giuridico vincolante per: - le istituzioni - gli Stati membri - i singoli individui. Diretta applicabilità (terza caratteristica) questa caratteristica presenta due profili distinti ma complementari: 1. In primo luogo la diretta applicabilità riguarda i modi in cui l’ adattamento degli ordinamenti interni degli stati membri deve avvenire. Di solito ciò non accade, poiché i trattati istitutivi non si preoccupano di stabilire come gli stati dovranno dare applicazione agli atti, lasciano ciascuno stato libero di agire come meglio crede. L’art 288 c2 TFUE invece, disciplina tale aspetto e prescrive che l’adattamento degli ordinamenti interni al regolamento avviene direttamente, senza che sia necessario che gli stati membri debbano subordinare l’applicazione ad uno specifico atto interno di adattamento o attuazione nell’istante in cui i regolamenti entrano in vigore nell’ordinamento dell’Unione sono applicabili anche all’interno di ciascuno stato membro. Di conseguenza se uno stato dovesse recepire un atto di recepimento, questo sarebbe incompatibile con tale articolo. 2. In secondo luogo l’applicabilità diretta dei regolamenti implica la loro capacità di produrre effetti diretti all’interno degli stati: efficacia diretta/applicabilità diretta. Abbiamo visto che il regolamento assume valore normativo anche nell’ordinamento degli stati membri, dunque, esso deve essere considerato allo stesso modo come qualsiasi altra fonte normativa: è un atto ad attribuire ai singoli dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare. Il regolamento non è soggetto a misure di recepimento nel diritto nazionale. Conferisce dei diritti e dei doveri indipendentemente da una misura nazionale di attuazione. Può essere invocato dai singoli individui nelle loro relazioni con altri singoli individui, con le istituzioni o con le autorità comunitarie (c.d. effetti diretti o efficacia diretta). 9. LE DIRETTIVE E LE DECISIONI QUADRO DELL’EX III PILASTRO 3 2 Dimensione interna: sono i rapporti giuridici interessati dal diritto dell’unione che coinvolgo i soggetti di tali ordinamenti. Talvolta sono rapporti orizzontali ( che vedono contrapposti un soggetto privato ad un altro), piu spesso sono rapporti verticali ( tra un soggetto privato e uno pubblico) in quanto riconducibile in maniera diretta e indiretta ad un’autorità statale o pubblica. Può darsi che il diritto dell’unione fornisca , in tutto o in parte , la disciplina di tali rapporti; ciò avviene nel campo dell’applicazione dei regolamenti. I regolamenti essendo direttamente applicabili costituiscono una fonte che assume valore normativo anche all’interno degli ordinamenti nazionali, disciplinando un interna materia e sostituendosi alle eventuali norme interne ( effetto di sostituzione ) . In secondo luogo il diritto dell’unione può interessare la disciplina di un rapporto giuridico dettando principi generali o anche regole particolari che si limitano ad impedire l’applicazione di norme interne ad esse contrarie ( effetto di opposizione ). In questi casi la disciplina resta soggetta al diritto interno. Sia nel caso di effetto di sostituzione o opposizione si suole dire che la norma comunitaria produce effetti diretti ovvero gode di efficacia diretta negli ordinamenti interni e quindi nei confronti dei soggetti riconosciuti da tali ordinamenti. Non è possibile definire a priori il contenuto degli effetti diretti che una norma dell’unione può produrre, essendo questi strettamente legati al contenuto della norma stessa e al contesto in cui la norma è invocata. L’efficacia diretta di una norma dell’unione implica; che il soggetto nei cui confronti la norma è favorevole può pretenderne il rispetto da parte dell’altro soggetto del rapporto ( efficacia diretta in senso sostanziale ) se il rispetto manca l’efficacia diretta comporta l’invocabilità in giudizio. La corte in passato usava indistintamente i termini efficacia diretta e applicabilità diretta, l’applicabilità diretta in senso stretto è riservata dall’art 288 TFUE ai soli regolamenti. L’efficacia diretta è una caratteristica che può essere presente anche in altri fonti del diritto dell’unione, comprese le direttive e decisioni, è opportuno distinguere le due nozioni ed utilizzare il termine efficacia diretta solo per riferirsi all’oggetto della presente Parte. Ma bisogna chiarire che non sempre le norme dell’unione presentano le caratteristiche necessarie per produrre effetti diretti. Anche i regolamenti per i quali l’efficacia diretta dovrebbe scaturire come conseguenza normale, possono difettare di tali caratteristiche. Per le direttive e le condizioni sono definite in maniera restrittiva. L’efficacia diretta NON costituisce l’unica forma attraverso cui le norme dell’unione assumono rilevanza normativa interna. In presenza di norme prive di produrre effetti diretti la giurisprudenza ha individuato almeno due forme di efficacia indiretta: 1° Si concreta nel riconoscere che il diritto dell’unione anche non direttamente efficace ha un valore interpretativo cogente (obbligatorio) rispetto alle norme interne. I giudici nazionali sono soggetti ad un obbligo di interpretazione conforme capace di andare incontro a situazioni di apparente conflitto tra norme interne e norme dell’unione. 2° Consiste nel riconoscere che la mancata attuazione di una norma dell’unione anche se non direttamente efficace FA sorgere, in capo a coloro che sono stati danneggiati dalla mancata attuazione , il diritto al risarcimento del danno a carico dello stato membro responsabile. 2 I presupposti dell’efficacia diretta. Come si è già detto l’efficacia diretta non è una caratteristica propria di ogni norma dell’unione. Pertanto il giudice nazionale qualora intenda trarre da una norma effetti diretti al fine di risolvere una controversia, ha l’onere di verificare d’ufficio se la norma presenti le caratteristiche necessarie avvalendosi del rinvio pregiudiziale. La capacità della norma dell’unione di produrre effetti diretti costituisce questione, che attiene all’interpretazione della norma stessa e rientra nelle competenze pregiudiziale della corte di giustizia. Nell’indagine volte a stabilire se una norma abbia o meno efficacia diretta, la Corte mira ad individuare alcune caratteriste sostanziali che la rendono suscettibile di essere applicata dal giudice, senza che debba sostituirsi al legislatore . Le caratteristiche richieste dalla corte ruotano intorno al concetto di sufficiente precisione e incondizionatezza della norma. Il presupposto della sufficiente precisione riguarda la formulazione della norma, la norma deve contenere un precetto sufficientemente definito cosi che i soggetti a cui la norma è destinata possano comprenderne la portata e il giudice possa applicarla in base alla propria competenza. Esso richiede che la norma comunitaria specifichi almeno i seguenti tre aspetti: A. il titolare dell’obbligo. B. Il titolare del diritto . C. Il contenuto del diritto-obbligo creato dalla norma stessa. Questo test basato sui 3 aspetti indicati è stato elaborato dalla Corte nella sentenza del 1991, questo test è utilizzato quando i soggetti interessati chiedono al giudice la tutela giurisdizionale di un diritto sostanziale, che la norma dell’unione intende loro attribuire. Viene applicato anche quando i privati invochino in giudizio un autonomo diritto procedurale processuale conferito dal diritto dell’unione. Il testo è invece piu generico e meno esigente qualora la norma sia rivolta da imporre agli stati membri determinati adempimenti procedurali e viene invocata da un soggetto per opporsi all’applicazione del provvedimento di uno stato membro adottato senza il rispetto della prescritta procedura. Può accadere anche che la diretta efficacia si determina anche in funzione del contenuto del diritto che si intende azionare. Il presupposto della incondizionatezza attiene all’assenza di clausole che subordinano l’applicazione della norma ad ulteriori interventi normativi da parte degli Stati membri o delle istituzioni dell unione, cioè consentono agli stati membri un ampio margine di discrezionalità nell’applicazione. L’esistenza di norme che consentono agli stati di derogare all’applicazione di un altra norma per determinati motivi non esclude l’efficacia diretta di quest’ultima. I presupposti della precisione e dell’incondizionatezza assumono importanza decisiva quando la norma di diritto dell’unione abbia effetto di aggravare o di determinare la responsabilità penale dei singoli. Il giudice chiamato a farne applicazione dovrà tener conto dei principi generali e dei dirittti fondamentali dell’individuo, sanciti dall’art 6.3 TUE o dalla carta. In particolare del principio della determinatezza della legge applicabile e che costituisce una particolare espressione del principio generale della certezza del diritto. Secondo l corte esso implica che la legge dev definire chiaramente i reati e le pene che li puniscono, tale condizione è soddisfatta quando il singolo può conoscere in base al testo, anche con l’aiuto di un interpretazione, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilità penale. Si deve tener conto che ai fini della verifica dell’efficacia diretta, la destinatarietà formale della norma non ha alcun rilievo. In linea di massima i presupposti dell’efficacia diretta sono gli stessi qualunque sia il tipo di norma dell’unione. Le caratteristiche di ciascuna fonte portano a differenze di approccio e, talvolta, come nel caso delle direttive a soluzioni particolari. Per quanto riguarda le disposizioni dei trattati, alcune di esse si riferiscono espressamente ai singoli. Esempio importante è dato dalle norme in materia di concorrenza, art 101 e 102 TFUE che vietano alcuni comportamenti delle imprese. Queste norme sono direttamente efficaci cioè sono direttamente opponibili alle imprese. Le norme dei trattati producono effetti diretti tanto nei rapporti verticali, quanto in quelli orizzontali, e quindi è possibile invocare il disposto non solo nei confronti dell’autorità pubblica ma anche ai privati. Si parla di efficacia diretta verticale e efficacia diretta orizzontali. Il problema dell’efficacia diretta si è posto con riguardo ai principi generali e alle norme della carta dei diritti fondamentali. Per quanto riguarda i principi generali va ricordata la sentenza del 2016 Dansk Industri, la Corte ha accordato efficacia orizzontale al principio di non discriminazione sulla base dell’età in materia lavoristica e al principio sulla parità di trattamento. Per quanto riguarda alla carta dei diritti fondamentali, le sue norme, in quanto dirette a tutelare i diritti individuali delle persone, godono di diretta efficacia cioè che possono essere invocate dagli interessati in rapporti verticali e orizzontali ( pubblici e privati). Dall’art 52 par. 5 sembrerebbe che le disposizioni della carta contenenti meri principi (invece di diritti o libertà), non sarebbero in grado di produrre effetti diretti. Questa tesi è stat confermata dalla sentenza 15 gennaio 2014 avendo ad oggetto l’interpretazione dell’art 27. Il problema dell’efficacia diretta si pone anche a riguardo agli accordi internazionali conclusi dall’unione con Stati terzi ai sensi dell’art 216 TFUE. È possibile che soggetti privati siano interessati a far valere la disciplina contenuta in tali accordi, per contestate la legittimità nei comportamenti o provvedimenti degli stati membri o istituzioni. Per esempio gli accordi che prevedono per le merci proveniente dallo stato terzo contraente, un regime di importazione di particolare favore, o estendendo ai cittadini di quello stato il principio della libertà di circolazione. La Corte chiamata a verificare circa l’efficacia diretta delle disposizioni contenute in accordi internazionali, si caratterizza per l’attenzione rivolta al contesto. L’analisi si svolge in due tempi: 1. Occorre dimostrare che la natura e lo struttura dell’accordo permettano di riconoscere effetti diretti alle sue disposizioni in generale. 2. È necessario provare che la specifica disposizione invocata, presenti le caratteristiche della sufficiente precisione e della incodizionatezza. Nel caso dell’accordo istitutivo dell’organizzazione mondiale del commercio e degli accordi allegati ( Accordi OMC), la corte ha sempre sostenuto che, tenuto conte della natura e dell’economia di tali accordi, le disposizioni in esse contenute non sono idonee a creare in capo ai singoli diritti che questi possono invocare direttamente dinanzi al giudice ai sensi del diritto comunitario. Resta invece la possibilità che effetti diretti possano essere riconosciuti in forza del diritto nazionale del giudice adito per gli aspetti coperti dagli accordi OMC che rientrano nella competenza degli stati membri e non dell’Unione. Riguardo ai regolamenti, il problema dell’efficacia diretta ha scarsa consistenza. La caratteristica della diretta applicabilità implica, che le disposizioni dei regolamenti siano anche capaci di produrre effetti diretti. Nei regolamenti invece che richiedono ( esplicitamente o implicitamente ) l’emanazione da parte degli stati provvedimenti di integrazione o esecuzione si subisce una certa attenuazione del principio. In questi casi, in mancanza dei provvedimenti nazionali, non si può fare a meno di verificare che le disposizioni regolamentare presenti i presupposti della sufficiente precisione e dell’incodizionatezza. Anche i regolamenti producono effetti diretti sia nei rapporti verticali che orizzontatali. Quindi possiamo parlare di efficacia dettata verticale e orizzontatale. 3. Casi particolari ( direttive, decisioni, atti degli ex pilastri comunitari). Il problema dell’efficacia diretta delle direttive si pone in termini diversi da quelli esposti. 3 Per quanto riguarda i presupposti sostanziali, anche le direttive, per essere direttamente efficaci, devono presentare le caratteristiche di sufficiente precisione e incondizionatezza. Le differenze riguardano il momento a partire del quale l’efficacia diretta si produce e i soggetti nei cui confronti può esser fatta valere. Facciamo riferimento alla prima: Per quanto riguarda la portata temporale, bisogna tener presente che per sua natura, la direttiva non è concepita come fonte di effetti diretti. Di regola le direttive hanno un efficacia normativa interna meramente indiretta o mediata. Capita spesso che gli Stati membri attuino le direttive in ritardo oppure in forme non corrette , in modo da impedire il raggiungimento del risultato voluto. Solo in casi del genere si pone il problema di stabilire, se , nonostante la mancanza o l’insufficienza delle misure nazionali d’attuazione, la direttiva possa produrre effetti diretti. Di effetti diretti di una direttiva si può parlare solo dopo la scadenza del termine per l’attuazione concesso agli stati membri. L’unico caso di efficacia diretta anticipata potrebbe darsi nell’ipotesi di attuazione completa effettuata prima della scadenza del termine. In questo caso lo stato membro in questione, rinuncia al termine concesso in suo favore e qualora le misure d’attuazione si rivelano inadeguate, potrebbe soggiacere anticipatamente agli eventuali effetti diretti della direttiva. La seconda differenza riguarda la portata soggettiva dell’efficacia diretta di una direttiva. La giurisprudenza ha riconosciuto anche alle direttive non attuate la possibilità di produrre effetti diretti ha seguito un percorso argomentativi vario, ma coerente nel sottolineare il nesso tra efficacia diretta e violazione dell’obbligo d’attuazione che grava sugli stati membri. Dal momento che l’efficacia interna della direttiva inattuata è conseguenza dell’obbligatorietà della stessa nei confronti degli stati membri, si comprende perchè la corte abbia limitato tale efficacia ai soli rapporti verticali e più specificamente ai rapporti in cui la direttiva è invocata contro un autorità pubblica. Ogni autorità pubblica è tenuta ad attuare la direttiva ai sensi dell’art 288 com.3 TFUE. La direttiva ha soltanto efficacia diretta verticale, mentre è priva di efficacia nelle seguenti situazioni: A. Rapporti verticali invertiti: quando la direttiva è invocata da un soggetto pubblico contro un soggetto privato. B. Rapporti orizzontali: quando la direttiva è invocata da un soggetto privato contro un altro privato. Si dice che le direttive inattuate non hanno efficacia diretta orizzontale. Di fronte ad una direttiva inattuata risulta stabilire se il soggetto nei cui confronti si intende invocare la direttiva è un soggetto pubblico o un soggetto privato. Per rispondere a questo quesito la Corte applica, la visione unitaria di stato che è caratterista dei rapporti ( di tipo internazionale) tra stati membri e tra stati membri e unione. L’obbligo di attuare la direttiva non incombe solo sugli organi di uno stato centrale ma anche: a) su qualsiasi ente di diritto pubblico o qualsiasi organismo privato, b) che opera sotto l’autorità o il controllo dello stato, c) incaricato dallo stato dello svolgimento di un compito d’interesse pubblico e che dispone di poteri che eccedono quelli risultanti dalla norma applicabili nei confronti dei singoli. La giurisprudenza ai fini della qualificazione di un organismo come soggetto pubblico segue un criterio di natura organica. È invece pacifico che una direttiva inattuata possa essere invocata nei confronti di autorità fiscali, delle autorità di polizia e delle magistrature e infine delle autorità competenti in materia di immigrazione . Il rifiuto di riconoscere l’efficacia diretta orizzontale di una direttiva inattuata è oggetto di molte critiche da parte della dottrina. In realtà la giurisprudenza della corte, postulando che una stessa norma di direttiva possa o non possa produrre effetti diretti a seconda che sia un rapporto verticale, orizzontale o verticale invertito , nega che l’efficacia diretta sia una qualità obiettiva della norma stessa, ma le attribuisce un carattere legato a fattori casuali . Un atteggiamento che potrebbe ridurre la rilevanza della distinzione tra efficacia diretta verticale e orizzontale consiste, nel non sollevare d’ufficio la questione, anche qualora la situazione appare riguarda unicamente rapporti verticali o verticali invertiti. La corte ammette delle eccezioni al principio giurisprudenziale che nega l’efficacia diretta orizzontale di una direttiva: • Prima eccezione: riguardano i rapporti c.d triangolari, in cui un privato invoca l’applicazione di una direttiva inattuata nei confronti di un organo pubblico, a titolo principale, ma anche nei confronti di altri privati , la cui posizione verrebbe compromessa dalla direttiva ( controinteressati ). La corte non considera l’effetto pregiudizievole subito dai controinteressati come circostanza preclusiva alla produzione di effetti diretti da parte della direttiva. • Seconda eccezione: riguarda le direttive che sottopongono le misure degli stati membri ad una procedura di controllo. Queste direttive non sono dirette ad attribuire diritti a soggetti privati o a definire la disciplina delle loro relazioni contrattuali , ma riguardano adempimenti prescritti a carico dei soli stati membri. In casi del genere la corte ritiene che la direttiva non crea nÈ diritti ne obblighi per i singoli e può dunque essere applicata dal giudice. • Terza eccezione : riguarda le norme contenute in direttive che siano utilizzate come parametro di valutazione di condotte individuali, per effetto di un rinvio da parte di un regolamento dell’unione. In casi del genere la direttiva rileva al fine di integrare la disciplina contenuta in strumenti direttamente è generalmente efficaci. • Quarta eccezione: riguarda direttive che attuano un principio generale del diritto o un diritto fondamentale. Un ulteriore eccezione che poi non è stata accettata nei casi di successione d nome interne, di cui la più recente sia incompatibile con una direttiva. incompatibile, ma determina le modalità attraverso cui tale prevalenza deve trovare applicazione e in particolare l’organo competente a farla valere. La corte riconosce che il giudice nazionale, incaricato di applicare le disposizioni di diritto comunitario, ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando alla concorrenza qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, senza dover chiedere o attendere la rimozione in via legislativa. Non è nemmeno compatibile con il primato la prassi giurisprudenziale sviluppatosi in uno stato membro che preveda , che nei giudizi tra privati la disapplicazione della norma avvenga soltanto dopo che sia stato effettuato un rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia. La Corte è stata spesso interrogata sullo status della norma interna incompatibile con quella dell’unione e pertanto destinata ad essere disapplicata. Ad oggi la corte sostiene che il fenomeno della disapplicazione quale conseguenza del primato , non postula che la norma incompatibile interna deve essere invalida. L’esigenza di assicurare la tutela giurisdizionale immediata delle norme dell’unione produttive di effetti diretti implica il potere per il giudice nazionale di emanare provvedimenti provvisori, che comportino la sospensione dell’applicazione di una norma interna. 8. La giurisprudenza della Corte costituzionale italiana. La piena accettazione del principio del primato da parte della corte costituzionale italiana è risultata difficile. Inizialmente la corte si preoccupa di individuare un aggancio che le consenta di riconoscere valenza costituzionale al diritto dell’unione e comporti, come conseguenza l’incostituzionalità della norma di legge contraria. Nella sentenza Cost c. Enel questo aggancio costituzionale no viene rinvenuto. Secondo la corte di giustizia il giudice nazionale deve sempre applicare le norme dei trattati , disapplicando qualsiasi norma interna contraria. Secondo la corte costituzionale il giudice italiano può applicare le norme dei trattati soltanto se non sia intervenuta una legge interna successiva incompatibile. Un primo avvicinamento della posizione della corte costituzionale avviene con la sentenza 30 ottobre 1975 n 232 I.C.I.C. Viene valorizzato art 11 cost. Per effetto del principio della successione delle leggi nel tempo, il giudice italiano ha il potere di disapplicare una norma di legge interna contraria al diritto dell’unione, qualora la legge preceda nel tempi la norma dell’unione europea ma non ha il potere di fare altrettanto qualora il rapporto temporale sia inverso : in questo caso il giudice puo solo sollevare la questione di legittimità costituzionale e attendere la decisione della corte costituzionale. Il sopravvenire della sentenza Simmenthal costringe la corte costituzionale a modificare nuovamente il proprio orientamento . L’occasione viene fornita dalla sentenza Granital . L’aspetto di novità consiste nel rifiuto di assimilare le norme dell’unione a norme nazionali di legge. Da ciò discende l’impossibilità di applicare ai conflitti tra le une e le altre i metodi di risoluzione previsti per l’ipotesi di conflitto tra norme dell’ordinamento italiano. Essendo quindi norme di ordinamenti diversi gli eventuali conflitti vanno risolti secondo il criterio della competenza. Se la materia rientra tra quelle in relazione alle quali l’Italia ha accettato di limitare la propria sovranità in favore dell’unione. Questo compito spetta al giudice ordinario. Qualora la materia rientri, il giudice italiano senza dare importanza all’aspetto cronologico , accerta che la normativa regola il caso sottoposto al suo esame e ne applica di conseguenza il disposto. La soluzione prospettata vale soltanto se e quando il potere trasferito alla comunità si estrinseca in una normazione immediatamente applicabile dal giudice interna, come nei regolamenti. La corte costituzionale esclude in due ipotesi il potere del giudice di applicare immediatamente la norma dell’unione e di disapplicare immediatamente l’eventuale legge interna configgente. Si tratta di casi riservati alla competenza residua della corte costituzionale. La prima ipotesi riguarda l’eventualità di una norma dell’unione contraria ai principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e ai diritti dell’uomo. Nella sentenza 27 dicembre Frontiini , la corte afferma che è da escludersi che le limitazioni di sovranità accettate in conformità dell art 11 cost. Possano comportare per gli organi della C.E.E un ammissibile potere di violare i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale. Il giudice nazionale che fosse chiamato ad applicare una norma dell’unione sospettata di violare i principi , sarebbe tenuto a sollevare la questione di costituzionalità relativamente alla legge d’esecuzione dei trattati, in quanto da tale legge deriverebbe l’applicazione in italia di una norma del genere. La descritta riserva è nota come teoria dei controlimiti. La seconda ipotesi in cui la corte costituzionale si riserva il potere di intervenire, si ha in presenza di norme di legge dirette ad impedire il rispetto dei principi fondamentali dei trattati. L’ipotesi si porrebbe per quelle situazioni di legge statale, che si assumono costituzionalmente illegittime , in quanto dirette ad impedire la perdurante osservanza del trattato in relazione al sistema dei suoi principi. Quindi dovrebbero essere casi di particolare gravita e da una comprovata intenzione di impedire l’applicazione in italia di interi settori del diritto dell’unione. In questi casi la corte sarebbe chiamata ad accertare se il legislatore ordinario abbia ingiustificatamente rimosso alcuni dei limiti della sovranità statale. Anche se questa seconda ipotesi ad oggi non è chiaro se sia ancora ritenuta dalla corte applicabile. 3 La competenza della corte costituzionale a conoscere di conflitti tra norme dell’unione e norme interne, sussiste anche in tutte quelle ipotesi che si pongano al di fuori del giudizio di costituzionalità in via incidentale . Qualora un conflitto del genere venga in rilievo nell’ambito di una delle sue competenze dirette la corte costituzionale è chiamata a risolverlo, aspettando il principio del primato. Con la riforma del titolo V della costituzione, il principio del primato del diritto dell’unione su quello interno ha trovato consacrazione nel nuovo testo dell art 117. Nel caso di contrasto rispetto una norma dell’unione priva di efficacia diretta, il giudice non potendo procedere alla disapplicazione della legge interna deve sollevare davanti alla corte costituzionale eccezione di costituzionalità per violazione degli artt 11 e 117 cost. Il principio è stato affermato dalla corte nella sentenza M.K.P.
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