Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Diritto dell'Unione Europea, libro "Istituzioni di Diritto dell'Unione europea, Villani", Appunti di Diritto dell'Unione Europea

riassunto dettagliato del libro "Ugo Villani, Istituzioni di Diritto dell'Unione europea, Cacucci, 2020" per il corso Diritto dell'Unione Europea del Professor Contaldi del corso di Scienze Politiche (triennale)

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 23/03/2023

ali-mazz
ali-mazz 🇮🇹

5

(2)

7 documenti

1 / 145

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Diritto dell'Unione Europea, libro "Istituzioni di Diritto dell'Unione europea, Villani" e più Appunti in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! Diritto UE CAPITOLO 1 Uno dei primi promotori del progetto europeo è il Conte Richard Coudenhove-Kalergi che nel 1924 diede vita all’Unione paneuropea, un'associazione il cui scopo era quello di raggiungere l’unificazione Europea per preservare l'Europa dalla minaccia Sovietica e dall’influenza statunitense. Aristide Briandt compì il primo passo ufficiale e propose un’Unione Europea presentando un memorandum alla Società delle Nazioni nel 1930. Il suo progetto era di tipo confederale, e prevedeva la creazione di un'organizzazione politica tra gli Stati partecipanti, senza però mettere in discussione la loro sovranità. Una diversa concezione di carattere federalista veniva a esprimersi in un documento fondamentale per la cultura europea: il Manifesto di Ventotene per l'Europa libera e unita del 1941 scritto da Spinelli, Rossi, e Colorni. Il loro progetto era l’istruzione di una entità, la federazione europea, alla quale i paesi europei avrebbero ceduto la sovranità, in modo da assicurare la pace. Il progetto di lungo termine consisteva nell’unità politica dell'intero Globo. Un’altra concezione di altrettanta importanza è quella che maturò grazie a Jean Monnet, il quale adotta un metodo funzionalista e graduale il cui fine è giungere agli stessi obiettivi proposti nel Manifesto di Ventotene. Il programma di Monnet muoveva quindi dal convincimento che il permanere dei nazionalismi avrebbe costituito una minaccia perenne per la pace; comunque, non sarebbe stato possibile raggiungere immediatamente un’Unione federale, se non attraverso forme di coesione e solidarietà in specifici settori, per poi costruire progressivamente un'integrazione di fatto tra i Paesi europei. La spinta politica per la concretizzazione di queste teorie giunse dall'esterno, da un discorso tenuto ad Harvard del segretario di stato statunitense Marshall, che subordinò l'elargizione dei fondi dello European recovery program all'istituzione di uno strumento che ne favorisse una utilizzazione congiunta e che garantisse una stabilità economica nella zona Europea. A questo proposito venne creata un'organizzazione con la Convenzione di Parigi del 16 aprile del 48, cioè l’Organizzazione europea di cooperazione economica (dal 1960,Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Anche un'altra organizzazione Europea viene costituita nel 1949 con il Trattato di Londra: il Consiglio d'Europa. La prima organizzazione con la quale iniziò l’integrazione europea è la Comunità Europea del carbone e dell'acciaio, la cui origine risiede nella dichiarazione del ministro degli Esteri francese Schuman del 1950. Nella dichiarazione, Schuman coniuga il progetto federalista con il metodo funzionalista di Monnet. La dichiarazione Schuman contiene infatti una proposta rivolta alla Germania, nonchè agli altri Stati europei, di mettere in comune sotto un'Alta Autorità l'insieme della produzione di carbone e di acciaio, assicurando la loro libera circolazione. Questa Alta Autorità sarebbe stata composta da personalità indipendenti, dotate del potere di adottare decisioni esecutive e soggetta al controllo giurisdizionale a livello europeo. La proposta di Schumann portò alla firma a Parigi (18 aprile del 51) del Trattato istitutivo della Comunità Europea del carbone e dell'acciaio. Gli scopi della comunità erano indicati nell'articolo 2 del suddetto Trattato: l'installazione di un mercato comune con l'obiettivo dell'espansione economica, incremento dell'occupazione e miglioramento del tenore di vita degli Stati membri. Per raggiungimento di questi obiettivi il trattato di Parigi formava le seguenti istituzioni: un'Alta autorità, vale a dire un organo collegiale composto da individui indipendenti; un'Assemblea comune composta dai rappresentanti dei popoli degli Stati Uniti nella comunità; un Consiglio speciale dei ministri, formato da un ministro di ciascuno Stato membro; inoltre una Corte di giustizia, chiamata ad assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione del trattato. Il successo della CECA determinò un accelerazione dell’integrazione europea. Infatti gli stessi Stati parti del trattato CECA sottoscrissero a Parigi il nuovo trattato, il 27 maggio del 1952, che istituiva la Comunità europea di difesa, la quale comportava la creazione di un esercito europeo e di un meccanismo di reazione a qualsiasi aggressione contro uno Stato membro. Questo trattato non entrò mai in vigore perché non fu ratificato dalla Francia. La vicenda della CED determinò, oltre ad una comprensibile delusione da parte dei fautori del progetto federalista, un nuovo impulso del metodo funzionalista per creare un'integrazione di fatto. Il rilancio del processo di integrazione ebbe luogo nella conferenza di Messina dei ministri degli esteri dei sei stati membri della Ceca e condusse alla firma a Roma del Trattato istitutivo della Comunità economica europea e di quello istitutivo della Comunità Europea dell'energia atomica. Il Trattato CEE ha un oggetto di natura essenzialmente economica e commerciale ed ha un respiro di carattere generale. è diretto a istituire un'unione doganale con l’eliminazione di dazi doganali e a eliminare gli ostacoli agli scambi di merci tra Paesi membri. Prevede quindi la creazione di un mercato comune caratterizzato dall’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali degli stati membri. Il quadro istituzionale della CEE riprendeva il modello CECA, con la quale condivise l'assemblea e la Corte di Giustizia, le altre istituzioni corrispondevano sostanzialmente all'Alta Autorità e al Consiglio dei ministri della CECA: la Commissione e il Consiglio. Per quanto riguarda la Comunità europea dell'energia atomica, essa nasceva con il compito di contribuire all'incremento delle industrie nucleari, alla elevazione del tenore di vita negli Stati membri e allo sviluppo degli scambi con gli altri paesi. Quindi comportò lo sviluppo delle ricerche e la diffusione delle cognizioni tecniche, lo stabilimento di norme di sicurezza e un equo approvvigionamento di materiali nucleari. Le tre Comunità europee create con il trattato di Parigi del 1951 e di Roma del 1957 si differenziano dalle organizzazioni internazionali. La stessa determinazione di “comunità” indica un rapporto più stretto. Le comunità vennero qualificate come sovranazionali: con questo termine si vogliono sottolineare gli elementi di novità che si presentano rispetto alle organizzazioni internazionali. In entrambi i casi esse prendono vita tramite la conclusione di un accordo tra gli Stati membri, con il quale si stabiliscono scopi comuni e la struttura dell'ente. Nelle organizzazioni internazionali, però, gli stati membri sono rappresentati esclusivamente dei propri governi, mentre non vi è alcuna forma di partecipazione dei popoli di tali stati. Le comunità sovranazionali si differenziano sotto molti aspetti: si tratta di differenze che furono evidenziate anche dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che dichiarò, nella sentenza del 5 febbraio del 1963 Van Gend en Loos che: “Lo scopo del trattato CEE implica che esso va al di là di un accordo che si limita a creare degli obblighi reciproci fra gli Stati contraenti. [...]La comunità costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato ai loro poteri sovrani.” Un elemento caratterizzante viene posto in luce nella sentenza: è dato dalla partecipazione dei cittadini alla vita della comunità mediante il Parlamento Europeo e il Comitato economico e sociale. Questo elemento differenzia le comunità dalle organizzazioni internazionali. Il metodo di costituita dall'Unione Europea. Per quanto riguarda gli stati membri rispetto al nucleo originario di festa ti e si è progressivamente ampliato gli attuali 27 (dopo Brexit). L'allargamento dell'Unione Europea ha determinato anche una progressiva estensione della applicazione del diritto dell'Unione nei nuovi Stati membri. L'applicazione tuttavia non è piena e immediata: le differenze che sussistono tra i nuovi stati membri e quelli preesistenti inducono a inserire negli atti di adesione delle “clausole di salvaguardia”, che a certe condizioni possono essere invocate per evitare di applicare la disposizione nei confronti del nuovo stato membro. L'atto di adesione prevede inoltre delle deroghe temporanee, o più raramente permanenti, nell'applicazione delle norme relative alle varie materie del diritto dell'Unione. Ogni allargamento ha comunque determinato anche la necessità di adattare le norme dei trattati per quanto concerne il funzionamento delle istituzioni europee, a cominciare dalla loro composizione e dalle regole di votazione, le quali non hanno rilevanza meramente tecnica, ma mettono in gioco delicati equilibri politici. Da un punto di vista oggettivo, numerosi sono stati i trattati mediante i quali l'originario aspetto risultante nei trattati istitutivi delle comunità europee si è trasformato e sviluppato sino a raggiungere il presente quadro normativo e istituzionale dell’Unione europea. Merita di essere segnalato il Trattato di Lussemburgo del 22 aprile 1970 che ampliava i poteri del Parlamento Europeo e che si poneva in stretta connessione con la decisione relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie della comunità. Essenzialmente negli anni ‘80 si mette in moto il processo che conduce all'attuale Unione Europea. In questo quadro si inserisce l'Atto unico europeo, sottoscritto a Lussemburgo il 17 febbraio e all'Aja il 28 febbraio 1986; questo faceva seguito a un progetto di trattato che istituisce l'Unione Europea, approvato dal parlamento europeo il 14 febbraio 1984. È noto come Trattato Spinelli. Questo trattato, che non entra mai in vigore, non avendo ricevuto la ratifica di alcuni stati membri, avrebbe notevolmente modificato le comunità creando una più ampia e ambiziosa Unione Europea, prevedendo una vera legge europea e un procedimento realmente democratico di adozione della stessa. Stabiliva che il Parlamento e il Consiglio dell'Unione esercitassero congiuntamente il potere legislativo con la partecipazione attiva della Commissione. Il rilancio avvenne con l'adozione dell'Atto unico europeo, il quale rappresentava un modesto surrogato rispetto al Trattato Spinelli. L'atto unico produsse anche qualche significativo risultato: contemplò l'instaurazione di una Cooperazione Europea in materia di politica estera, basata sull'informazione reciproca, sulla cooperazione e sul coordinamento. L'atto unico tentava di dare una risposta all'esigenza di democratizzazione con riferimento all'attività legislativa. Il luogo del procedimento di codecisione, si limitava a introdurre un procedimento detto di cooperazione, che consentiva al Consiglio di adottare un atto anche contro la volontà dello stesso Parlamento. L'atto unico inoltre fissavano una data precisa, il 31 dicembre del 92, entro la quale la CEE avrebbe dovuto adottare le misure necessarie per il completamento del mercato interno. Quest'ultimo era definito nei termini seguenti nell'articolo 7 inserito nel trattato CEE: “Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni del presente trattato”. Il mercato interno richiedeva la realizzazione delle quattro fondamentali libertà di circolazione. All'epoca erano già stati raggiunti importanti obiettivi relativi a tale libertà: ad esempio sin dal primo luglio del ‘68 era stata realizzata l'unione doganale con l'abolizione dei dazi doganali all'importazione e all'esportazione. Permanevano comunque i numerosi ostacoli tecnici alla libertà di circolazione delle merci derivanti dalla difformità delle normative degli Stati membri relative alla fabbricazione, all'etichettatura ecc. La fissazione del termine non fu solo coronata dal successo, ma produsse anche un'importante spinta psicologica negli operatori economici e commerciali. L'Atto unico europeo istituì anche nuove politiche europee, come la politica di coesione economica e sociale, volta a ridurre il divario tra le diverse regioni o come la politica di ricerca e sviluppo tecnologico, con l'obiettivo di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell'Industria europea e di favorire lo sviluppo della sua competitività internazionale. O ancora la politica ambientale. > Trattato di Maastricht Una svolta fondamentale fu impressa dal Trattato di Maastricht sull'Unione Europea, il 7 febbraio del 92 vita più ampia organizzazione europea. L’Unione Europea viene a fondarsi su tre pilastri: il primo è rappresentato dalle comunità europee, il secondo consistente nella politica estera e di sicurezza comune e il terzo relativo alla giustizia e affari interni a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, contenente la disciplina sulla politica estera e di sicurezza comune e quella della Giustizia e affari interni. Questa articolazione in tre pilastri comporta che mentre il primo operano pienamente le istruzioni procedimenti sistema di fonti e il carattere sovranazionale proprio delle comunità europee, negli altri due specialmente nella PESC prevale un metodo intergovernativo tradizionale. Trattato di Maastricht stabilisce le condizioni per il passaggio a una moneta unica, ma non si occupa solo dei profili monetari ed economici e mostra una accresciuta sensibilità per i diritti della persona. Trattato di Maastricht riconosce espressamente quali principi generali del diritto comunitario e diritti umani fondamentali risultanti dalla convenzione Europea dei diritti dell'uomo del 4 novembre 1950 e dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Istituisce la cittadinanza Europea, consistente in uno status giuridico spettante ogni cittadino di uno Stato membro. Questa sollecitudine per i profili umani e sociali giustifica anche il mutamento della originaria denominazione della CEE in Comunità europea. Intende il passaggio da un'entità essenzialmente economica e commerciale a una dimensione più elevata di carattere sociale, culturale e umano. Istituisce una nuova procedura di adozione degli atti delle istituzioni europee denominata codecisione, la quale comporta che l'atto sia adottato solo se sul suo testo si registri la comune volontà sia del Consiglio e del Parlamento Europeo. Perfezionata dal Trattato di Amsterdam del 97 e da quello di Nizza. Il Trattato di Maastricht conferma un modello di integrazione Europea non necessariamente uniforme per tutti gli stati membri che può svilupparsi in maniera più o meno intensa. Questo modello chiamato dell'Europa più velocità, a geometria variabile a cerchi concentrici… Il Regno Unito è contrario alla nuova normativa relativa alla politica sociale e con il protocollo numero 14 allegato al Trattato e contenente un accordo sulla politica sociale consente al Regno Unito di restare fuori. Stessa soluzione viene adottata con la politica monetaria dalla quale Regno Unito, Danimarca e Svezia sono restati fuori. I trattati successivi non hanno inciso sulla struttura e sul quadro normativo così profondamente come quello di Maastricht. Tuttavia con il Trattato di Amsterdam si accentua la connotazione politico-sociale della costruzione europea e si proclamano i principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani, stato di diritto come principi fondamentali del dell'Unione e viene inserito l’obiettivo di promuovere un elevato livello di occupazione. Viene istituzionalizzato il modello dell’Europa a più velocità e vi sono delle modifiche del secondo Pilastro. Si realizza una comunitarizzazione del terzo pilastro e le materie concernenti la circolazione delle persone,l'asilo, l'immigrazione, i visti vengono sottratte al Trattato sull'Unione Europea e passano nell'ambito del Trattato sulla comunità europea. In questo modo sono sottoposti ai procedimenti e alle competenze delle istituzioni, ai tipi di atti propri del trattato. Il terzo Pilastro riduce il suo ambito di applicazione alla Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Il Trattato di Nizza (26 Febbraio 2001) introduce delle modeste innovazioni: contiene novità per quanto riguarda l'organizzazione giudiziaria che non vengono attuate dallo stesso trattato. Reca delle disposizioni che prevedono che le istituzioni europee possano creare nuovi organi giudiziari e modificare alcune competenze di quelle esistenti. Non viene inserita nel Trattato di Nizza la carta dei Diritti fondamentali che venne adottata il 7 dicembre 2000 dal Parlamento Europeo, dal Consiglio e dalla Commissione che malgrado i suoi importanti contenuti non aveva valore giuridicamente obbligatorio. Tra gli sviluppi più recenti ricordiamo il Trattato di Roma, trattato che adotta una Costituzione per l'Europa che non è entrata in vigore, ma avrebbe comportato una profonda trasformazione dell'assetto normativo e istituzionale. Il tasto è stato elaborato da una Convenzione, ovvero un organo collegiale composto da rappresentanti dei governi, della Commissione, del Parlamento Europeo e dei parlamenti nazionali. Il confronto svoltosi in questo organo ha determinato un processo partecipativo, trasparente e aperto e ha conferito una profonda legittimazione democratica al testo adottato per consensus. La Costituzione europea pur avendo ricevuto numerose ratifiche non è entrata in vigore occorrendo la ratifica di tutti gli stati membri membri (No Olanda e Francia). I capi di Stato con dichiarazione adottata al termine del Consiglio Europeo di Bruxelles hanno stabilito una “pausa di riflessione” che si è risolta in una forma diplomatica per accantonare il progetto della Costituzione europea. > Trattato di Lisbona I lavori della conferenza intergovernativa si sono svolti in maniera sollecita tanto che, il 19 ottobre 2007. i capi di Stato o di governo hanno fatto approvare il testo del Trattato che è stato sottoscritto a Lisbona il successivo 13 dicembre. La sua entrata in vigore era subordinata alla ratifica da parte di tutti gli stati membri e sarebbe dovuta avvenire il primo gennaio 2009, per consentire che le elezioni del Parlamento Europeo si svolgessero alla luce del trattato. Il processo delle ratifiche è stato abbastanza travagliato: una bocciatura del referendum in Irlanda; in Germania ci sono stati dei problemi che riguardavano la compatibilità del Trattato di Lisbona con la Costituzione tedesca. In proposito si è pronunciata la Corte Costituzionale tedesca la quale, con sentenza del 30 giugno, ha dichiarato che una delle leggi emanate in Germania al fine di consentire l'immissione del Trattato di Lisbona era in contrasto con la Costituzione ed era necessario il coordinamento. Vi è anche l'ostilità manifestata dalla Polonia e dalla Repubblica Ceca. Si è raggiunto un compromesso in virtù del quale il Consiglio europeo ha convenuto di estendere alla Repubblica Ceca le stesse limitazioni degli effetti obbligatori della Carta diritti fondamentali già concessa alla Polonia e Regno Unito. A differenza della cosiddetta costituzione europea, che unificava in un solo Trattato quello sull’Unione europea e quello sulla Comunità Europea, il Trattato di Lisbona conserva la separazione in due distinti trattati: la denominazione ufficiale è “Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione Europea e il trattato che istituisce la Comunità Europea”. I due trattati costituiscono i Trattati sui quali si fonda l'Unione. La divisione in due trattati risponde solo in minima parte a una distribuzione razionale e sistematica delle materie disciplinate. Questa scelta ha prodotto un quadro normativo confuso e disordinato, in quanto la disciplina di alcune materie è contenuta in entrambi i trattati. Il disordine è accresciuto anche dalla presenza di 37 protocolli che costituiscono parte integrante dei trattati. è invece apprezzabile l'unificazione dell'Unione Europea e della Comunità Europea nella sua Unione. L'articolo 47 del Trattato sull'Unione Europea dichiara che l'Unione ha personalità giuridica. Sopravvive la comunità europea dell'energia atomica alla quale il Trattato di Lisbona dedica un Le Vertes c. PE → UE come comunità di diritto. > Controllo sul rispetto dei valori valori hanno valenze esterna e interna. Art. 49 TUE: stato che rispetta tali valori può diventare membro art. 7 TUE: controllo del rispetto dei valori -> sanzioni per violazione grave e persistente dei valori. Meccanismo di controllo per la tutela dei valori: art. 7 TUE stabilisce procedure di preallarme par. 1 e procedura sanzionatoria par. 2 (duplice procedura). Procedura sanzionatoria è risoluzione estrema, quindi prima si mette in allerta l'Ue con procedura di preallarme. Non si occupa di violazione sporadiche, ma situazione di violazione grave e sistemica. Esistono altri strumenti per violazioni sporadiche. ● Procedura di preallarme (procedura avviata nel 2000 in Austria quando si temeva l'ingresso di una partito di estrema destra poi situazione rientrata da sola, sollevata contro Ungheria e Polonia) 1. avviata da 1/3 degli Stati membri, PE o Commissione europea. 2. Consiglio viene informato della situazione preoccupante e si pronuncia a maggioranza di 4/5, previa approvazione PE e constata che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di una Stato membro dei valori dell'art. 2 TUE. Prima il Consiglio ascolta lo stato membro in questione (principio del contraddittorio) e rivolgergli raccomandazioni. Tentativi di risoluzione per non avviare la procedura di preallarme. Se il dialogo è infruttuoso, il Consiglio verifica regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione permangono validi. ● Procedura di controllo: art 7, par. 2-3-4. Procedura mai posta in essere. 1. Avviata da 1/3 degli stati membri o Commissione europea. 2. Consiglio europeo all'unanimità constata l'esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno stato membro. 3. Dopo la constatazione, il Consiglio deliberando a maggioranza qualificata può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo stato membro dall'applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo in seno al Consiglio. 4. Il Consiglio tiene conto della possibili conseguenze di tale sospensione sui diritti e obblighi delle persone fisiche e giuridiche. Stato membro continua ad essere vincolato agli obblighi dei trattati. Consiglio può successivamente modificare o revocare la misure adottate per rispondere ai cambiamenti della situazione. meccanismo di preallarme in casa di disfunzione del sistema: 1. dialogo con stato membro preso in causa e si trasmette un parere 2. se la questione non si risolve, si invia raccomandazione con soluzione da mettere in atto con un termine temporale 3. se il termine non viene rispettato, la Commissione controlla che sia dato seguito ai consigli, sennò si attiva la procedura all’art. 7 La Corte non può sindacare sulle motivazioni che hanno portato a tale decisione, ma può applicare un controllo procedurale. > Casi studio Polonia 2017: la Commissione formula una proposta, in base all'art. 7 par. 1 riguardo il rispetto dello stato di diritto. Invita il Consiglio ad adottare una decisione sulla constatazione dell'esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto e si richiede l'attivazione della procedura di preallarme. ● Assenza di controllo di costituzionalità legittimo e indipendente ● Adozione da parte del parlamento polacco di norme sul sistema giudiziario che destano grave preoccupazione per quanto concerne l'indipendenza del sistema giudiziario. Corte afferma propria competenza a pronunciarsi in merito all’osservanza dello Stato di diritto (indipendenza della magistratura). 2019: Polonia destinataria di 3 sentenze della Corte di giustizia. Sentenze non hanno a che vedere con il meccanismo di controllo, ma riguardo i valori. 2 procedure d'infrazione (= Corte accerta la violazione di una norma europea da parte dello Stato) e un rinvio pregiudiziale (= rinvio a giudizio da parte di una corta polacca alla Corte). 2020: PE esprime nuova preoccupazione per il deterioramento della stato di diritto (tema aborto) Ungheria 2018: PE approva una risoluzione con cui propone al Consiglio di attivare la procedura di preallarme. Preoccupazioni riguardo l'indipendenza del potere giudiziario, libertà di espressione, corruzione situazione dei migranti. 2019: PE critica il Consiglio per mancanza di azione e ricorda che ha osservato la questione ungherese da anni. 2020: PE afferma che le audizioni con Polonia e Ungheria non ha portato gli stati a riallinearsi ai valori. Incapacità del Consiglio di applicare l'art. 7 continua a compromettere l'integrità dei valori europei, fiducia reciproca e la credibilità dell'Ue. Dicembre 2020: Ungheria e Polonia ritirano il "veto" (bilancio deve essere approvato all'unanimità) sul QFP (quadro finanziario pluriennale, bilancio di lungo periodo). All'interno del QFP previsto un principio di condizionalità (arrivano i fondi se si rispettano i valori). Risoluzione: aggiunta dichiarazione interpretativa, ovvero meccanismo sarà oggetto della Commissione e si può porre al vaglio della Corte di pronunciarsi sulla legittimità di tale meccanismo. Commissione si impegna a non avviare procedura di infrazione prima del giudizio della Corte. > Principi democratici Art 10 il funzionamento dell’UE si fonda sulla democrazia rappresentativa. Art 9 e 12 TUE - Democrazia rappresentativa (duplice rappresentanza democratica, a livello di unione con il PE e a livello nazionale una rappresentanza indiretta tramite Consiglio e Consiglio europeo) Questo principio si attua nel PE, che ha un potere pari a quello del consiglio (codecisione). PE privo di iniziativa legislativa e escluso dalle decisioni per PESC e governance economica e monetaria. Il principio democratico si concretizza con il rapporto PE e Commissione (fiducia). Non viene meno nel rapporto PE e Consiglio europeo, perché li siedono i rappresentanti eletti dai cittadini. - PE ruolo nella revisione dei trattati, nel bilancio e conclusione di accordi con stati terzi e OI. Parlamenti nazionali: esercitano rappresentanza indiretta controllando l’azione dei governi e si esprimono direttamente nei rapporti con istituzioni europee (es Protocollo 1 che assicura il principio di informazione per tutti gli atti dell’UE). Salvo nei casi di urgenza, un progetto legislativo non può essere iscritto all’ordine del giorno del Consiglio prima di 8 settimane prima della notifica ai parlamenti nazionali. 8 settimane per poter discutere all'interno del parlamento nazionale. Art 48 → procedimenti semplificati di revisione dei trattati: serve maggioranza qualificata del Consiglio e procedura legislativa ordinaria invece che speciale. Ogni iniziativa va comunicata al parlamento nazionale e se 1 parlamento nazionale entro sei mesi si oppone non si adotta la modifica. Ruolo propositivo del PE in sede di revisione ordinaria dei trattati: partecipazione di rappresentanti del parlamento nazionale. Possono esserci delle conferenze interparlamentari su temi specifici dove partecipano i rappresentanti dei parlamenti dell’UE. Nell’adozione delle decisioni vale il principio di trasparenza e di prossimità, che promuove i principi democratici. Art 11: definisce la democrazia partecipativa. Potere di iniziativa popolare: regolato da un regolamento del 2011 e poi 2019. Iniziativa per invitare la Commissione a presentare una proposta di legge. è valida se riceve sostegno di 1 milione di cittadini UE appartenenti almeno a ¼ degli stati membri e se in tali stati i sostenitori corrispondono almeno al numero dei membri del PE moltiplicato per il numero complessivo dei membri totali del PE. In materie in cui la commissione è competente. La proposta viene registrata e le dichiarazioni dei firmatari sono raccolte entro 12 mesi. La commissione esamina l’iniziativa e entro 6 mesi espone le sue conclusioni. Ha potere discrezionale se presentare o meno una proposta di atto dell’Unione. La discrezionalità è sottoposta al controllo della Corte. Rispetto dei diritti fondamentali valori fondamentali art. 2 + 6 TUE. sono principi generali del diritto dell’Ue. > Tutela dei diritti umani > Art. 48, 49, 50 TUE Processo evolutivo ancora governato dagli stati membri. Queste norme non vi sono in una costituzione federale. ● 48: norma che consente le modifiche ai trattati istitutivi. Procedure di modifica: 1. Procedimento di revisione ordinaria. Il governo di qualsiasi stato membro, Consiglio, PE e commissione possono sottoporre progetti per accrescere o ridurre competenze.Comunque la modifica deve mantenere integro l'acquis comunitario (cioè quanto conseguito dall’UE). oggi vi è un’inversione, c’è possibilità di ridurre competenze UE. Previa consultazione di PE e commissione, e BCE se modifica nel settore monetario, i progetti sono trasmessi al Consiglio europeo. Maggioranza semplice per esaminare le proposte. Poi si convoca Convenzione tra capi di stato e governo, rappresentati parlamenti nazionali, PE e Commissione che esamina i progetti di modifica e adotta per consunsus una raccomandazione a una conferenza dei rappresentanti dei governi. La convenzione può non essere convocata con decisione a maggioranza semplice del consiglio europeo, e approvazione del PE (in questo caso il consiglio europeo definisce il mandato per una conferenza intergovernativa). Conferenza deve solo elaborare il testo normativo e la decisione spetta a lei con intesa unanime. entrata in vigore richiede la ratifica di tutti gli stati membri. Convenzioni preparate secondo il metodo di negoziati bilaterali (tradizione iniziata dalla Merkel). Convezione propone raccomandazione (atto non vincolante) a conferenza rappresentanti dei governi degli stati membri (par.4), convocata dal presidente del Consiglio per ratificare le modifiche. Modifiche devono essere approvate dalla conferenza e poi devono essere ratificate dai singoli stati. Se dopo 2 anni i ⅕ non hanno ratificato, la questione viene presentata al Consiglio europeo che apre dibattito politico. 2. Procedimento di revisione semplificata. Riguarda le modifiche della parte III del TFUE che sono le politiche e azioni interne dell’UE. Il governo di qualsiasi stato membro, Consiglio, PE e commissione possono sottoporre progetti per accrescere o ridurre competenze. Previa consultazione di PE e commissione, e BCE se modifica nel settore monetario, i progetti sono trasmessi al Consiglio europeo. Il consiglio europeo decide la modifica all’unanimità. segue ratifica de parte degli stati membri. Utilizzato solo nel 2012 per la creazione del MES, ma non entrò mai in vigore perché la Corte di Giustizia non ne ritenne la necessità. Entra in vigore solo previa approvazione degli stati membri secondo gli ordinamenti nazionali e le norme costituzionali (art. 87-88 Costituzione). Permette di richiedere una maggioranza assoluta, invece che l'unanimità. Stessa procedura per la ratifica dei trattati. Procedura di revisione semplificata 2: passaggio dalla votazione unanime nel consiglio alla votazione a maggioranza qualificata e da procedura legislativa speciale a quella ordinaria. escluso in materie che hanno implicazioni militari o che rientrano nel settore della difese e nei casi previsti dall’art 353 TFUE. Consiglio europeo decide all’unanimità, previa approvazione del PE. Iniziativa trasmessa ai Parlamenti nazionali e entro 6 mesi se un parlamento si oppone non viene adottata la modifica. Attribuzione competenze sussidiarie con procedura semplificata. 3. Procedimento di revisione delegata. attribuzione alle istituzioni europee del potere di adottare atti diretti a integrare il contenuto di alcune disposizioni. Differenti procedure possono essere previste da norme specifiche. NB: Consiglio europeo: organo dove siedono i capi di governo degli stati membri. Non si sa come vota ogni singolo stato, sono rese pubbliche sono le conclusioni finali. Negoziato politico, procedure di voto non trasparenti. Consiglio: organo composta dai rappresentanti ministeriali degli stati membri. Si discutono temi specifici. Assume nomi diversi a seconda della composizione, a seconda dell'oggetto della discussione. ● 49: norma sugli allargamenti. requisiti adesione: natura geografica e natura politica (rispetto e promozione valori art. 2). valutazione a carattere discrezionale da parte delle istituzioni. Predeterminare dei criteri ai quali gli stati devono conformarsi progressivamente sotto il controllo della Commissione. Consiglio di Copenaghen determinano tre categorie di criteri: giuridico, politico (rispetto principi art 2 e 6) e economico (garanzia del funzionamento mercato aperto e libera concorrenza). Stato richiedente trasmette la domanda al Consiglio che si pronuncia all'unanimità, previa consultazione della Commissione e previa approvazione del PE, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono. Vota il Consiglio affari politici (ministro degli esteri o rappresentanti della presidenza). Commissione solo consultata, PE deve invece acconsentire all'allargamento. Condizioni ammissione dipendono dai criteri di ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo, che decide di volta in volta quali sono i criteri. A partire dal Consiglio di Copenaghen (1993), stati membri che aderiscono l'Ue dovevano aver già recepito il diritto dell'Ue e norme TFUE, giurisprudenza interpretativa della Corte di Giustizia, economia di mercato aperto e liberale. Preparazione giuridica: "appalto" ai singoli stati di preparare l'adesione degli altri stati (allargamento ad est), prevedeva periodo transitorio dove il futuro stato membro era vincolato da un accordo di associazione (libera circolazione merci e lavoratori). Stato diventa membro quando le condizioni per l'ammissione formano l'oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. atto allegato all'accordo può contenere deroghe e emanazione di ulteriori atti per modificare la normativa europea preesistente. PE approva l’accordo che viene sottoscritto nella seconda fase. Parere delle Commissione è obbligatorio ma non vincolante, mentra approvazione PE comporta che la delibera del COnsiglio sia subordinata al suo consenso. Georgia: accordo di associazione con Ue (consentito a stati terzi che permette di creare un'area libera). Accordo di associazione non porta necessariamente a diventare stato membro (es. Turchia, per il non rispetto della Convenzione e diritti umani). Art. 311 TFUE: Procedura di modifica della risorse proprie. L'Ue è stata fondata solo su risorse proprie. 1) proventi della tariffa doganale comune. Gli Stati hanno aboliti i dazi nel mercato comune, non su prodotti provenienti da mercati terzi. Brexit prevede il pagamento dell'IVA del paese di importazione. 2) percentuale (0.5-4%) per l'IVA nazionale. Questo sistema garantiva all'Ue di essere autonoma, consente a Ue di avere margine decisionale. Negli ultimi hanno il sistema si è modificato: - si sono abbassati ai dazi a livello mondiale, successo dell'Organizzazione mondiale del commercio. (Scambi commerciali si sono ridotti causa pandemia) ● L'IVA nazionale è considerata come tassa iniqua (no è sovversiva). Stati versano solo una percentuale, ciò fa ridurre la risorse a disposizione dell'Ue Progressivamente sono stati reintrodotti contributi degli stati da versare l'Ue. Next Generation Ue provvederà a racimolare capitali emettendo obbligazioni per gli stati che devono essere ripagata, istituendo una capacità fiscale in capo all'Ue. Tassa su prodotti in plastica non riciclabile, carbon tax, web tax. Procedura di modifica della risorse proprie: Consiglio europeo previa consultazione del PE, deve deliberare all'unanimità. Tale decisione entra in vigore solo previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Previsto l'intervento degli stati membri (Consiglio prevede l'unanimità e poi successiva delibera). Art. 257 TFUE: prevede che PE e Consiglio deliberando legislativa ordinaria (pari intervento del Consiglio a maggioranza qualificata e PE), possano istituire tribunali specializzati affiancati al tribunale. Tribunali sono camere di primo grado che decidono in materie specifiche. Unico tribunale specializzato era Tribunale della funzione pubblica, oggi assorbito in una camera del tribunale. Era previsto tribunale specializzato per risolvere controversie sui brevetti, opposizione UK. Oggi brevetti a livello europeo rilasciati secondo Convenzione di Monaco sui brevetti europei, rilascia brevetti che sono considerati come brevetti nazionali. ● 50: norma che prevede il recesso. Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (1969), prevede espressamente la possibilità di recedere se vi è mutamento delle circostanza e consenso stati membri. Art. 50 prevede la possibilità di recedere se uno stato membro lo vuole. Stato notifica l’intenzione di procedere al Consiglio europeo. Stati membri importanti come singoli, non vengono a meno con l'ingresso nell'Ue. L'Unione negozia con lo Stato e deve trovare un accordo. Consiglio deve deliberare a maggioranza qualificato previa approvazione del PE. Cessazione dell'applicazione dei Trattati allo stato interessato. se non si trova accordo i trattati cessano di essere applicati dopo due anni. possibilità di rientrare nell’Unione seguendo procedura art. 49. Es. Brexit, data del recesso 1 febbraio 2020. ● Art. 218: stabilisce procedure per conclusione di accordi dell'Unione europea. Mandato deve essere conferito al Consiglio. Entra in vigore due anni dopo. Per recesso serve solo ratifica da parte dello stato interessato, senza approvazione da parte dell'Unione. CAPITOLO 3 - PRINCIPI PRINCIPIO DI ATTRIBUZIONE Principio fondatore dell'Ue: trasferimento di potere da parte degli stati membri vs. poteri di attribuzione (sentenza Costa vs Enel, 1964). Non sono principi originari, ma derivati perché attribuiti dagli stati volontariamente con trattati istitutivi. conferma che l'Unione non è un federazione (Unione rispetta l’uguaglianza degli stati membri e le entità nazionali). Norma che esclude la trasformazione in entità federale. Sentenza Corte Costituzionale 170/1984, sentenza Granital: autolimitazione dei poteri, sono gli stati con poteri sovrani che scelgono autonomamente di trasferire i potere alle istituzioni Ue. Successivamente anche la Corte tedesca adotta lo stesso principio, sentenza So Lange. Competenze "deboli" o sussidiarie: competenze di sostegno o di coordinamento. Ue interviene solo per coordinare o sostenere l'attività degli stati membri senza sostituirsi alla competenza degli stati. Art. 5 e 6 TFUE: in certi settori l'Ue non può emanare norme di armonizzazione, ma può solo coordinare le politiche fra loro (es. politiche occupazionali, meglio realizzabile a livello locale e politiche economiche). Divisione tra politica monetaria (competenza esclusiva BCE) e politica economica (interventi fiscali, distribuzione finanziamenti…). Ue ha il controllo del bilancio dello stato, quindi ha effettivo controllo sulle politiche economiche (in teoria dovrebbe avere solo competenza di coordinamento). Competenza di sostegno: Ue interviene per sostenere e completare le competenze degli stati membri (cultura e sanità). In materia sanitaria può finanziare vaccini, ma non può decidere come, quando e dove iniettare i vaccini. Materie: - tutela e miglioramento della salute umana - industria - cultura - turismo - istruzione - protezione civile - cooperazione amministrativa Tali materie riguardano solo la dimensione europee e non quella meramente interna. > Principio di sussidiarietà’ Ripartizione delle competenze concorrenti funziona attraverso il principio di sussidiarietà (introdotto con il trattato di Maastricht) meccanismo di ripartizione delle competenze concorrenti. Art. 5 TUE par. 3. In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione. Principio ripreso dagli ordinamenti federali, principio introdotto con l'idea di controllare la Commissione. Non riguarda la ripartizione di competenze, ma il loro esercizio. L'Ue meglio interviene su fenomeni di dimensione transnazionale. Il principio non viene applicato nelle competenze esclusive, ma nelle competenze concorrente e quelle sostegno, coordinamento e completamento. Due precondizioni: - insufficienza dell'azione statale - valore aggiunto insito nell’intervento dell’Unione Principio di prossimità e trasparenza: le decisioni devono essere prese in modo trasparente e più vicino possibile ai cittadini. Protocollo 2: Questo protocollo si riferisce al principio di sussidiarietà Esso pone alcuni obblighi alle istituzioni europee e regole poteri di vigilanza sull'applicazione del principio di sussidiarietà attribuiti ai parlamenti nazionali con particolare riguardo all'adozione di atti legislativi. Dispone che la commissione prima di proporre un atto legislativo effettua ampie consultazioni tenendo conto della Dimensione regionale e locale dell'azione intrapresa. ogni proposta di atto legislativo deve essere motivata con riguardo al principio di sussidiarietà nonché di proporzionalità è accompagnata da una scheda contenente elementi circostanziati che consentono di valutare il rispetto di tali principi. Inserito dal Trattato di Lisbona aggiunge una serie di disposizioni volte a garantire l'informazione dei parlamenti nazionali e a conferire loro dei poteri di vigilanza. Prevede ad esempio l'obbligo della commissione del PE e del Consiglio di trasmettere parlamenti nazionali gli atti legislativi europei e gli oggetti modificati. Entro otto settimane dalla trasmissione di un progetto di atto legislativo un parlamento nazionale può formulare un parere motivato nella quale dichiara di ritenere che il progetto non sia conforme al principio di sussidiarietà. Se il parere proviene da almeno un terzo dei voti attribuiti ai parlamenti nazionali esso ha l'effetto di un veto sospensivo quindi il progetto di atto legislativo deve essere riesaminato ed l’istituzione è tenuta a motivare la sua decisione. Se un atto da adottare con la procedura legislativa ordinaria che sia contestato per violazione della sussidiarietà dalla maggioranza semplice dei voti dei parlamenti nazionali, la commissione deve riesaminare la proposta, e ove intenda mantenerla, deve inviare il proprio parere e quelli dei parlamenti nazionali al Parlamento Europeo e al Consiglio. Se il consiglio a maggioranza del 55% dei suoi membri o il Parlamento Europeo a maggioranza dei voti espressi ritengono che la proposta sia incompatibile con la sussidiarietà, essa non forma oggetto di ulteriore esame. Uno Stato membro può impugnare un atto che non rispetta il principio di sussidiarietà dinanzi alla Corte di Giustizia non solo di propria iniziativa ma anche a nome del suo Parlamento nazionale. Istituzioni eu adottarono accordo interistituzionale tra PE, Consiglio e Commissione: il principio di sussidiarietà deve essere esplicitato dalla Commissione europea, titolare dell'iniziativa. Meccanismo di rivelò insufficiente, perché Corte di giustizia non ha esercitato controllo effettivo sul principio di sussidiarietà. Giurisdizione della Corte è giurisdizione di legittimità. Sentenza 1997, impugnazione da parte della Germania di una direttiva che riguardava la garanzia dei depositi bancari. Il sistema di oggi si fonda su una direttiva che obbliga gli stati membri a offrire un servizio di garanzia, in Italia opera attraverso un accordo interbancario. Art. 352 TFUE: clausola di flessibilità, permette di conferire nuovi poteri all'Unione senza la modifica dei trattati. Proposte Commissione, approvazione PE e unanimità Consiglio. Tutt'oggi si fa ricorso all'art. 352 TFUE (introdotto con Lisbona): non si può usare questa attribuzione per violare il principio di attribuzione o superare i limiti, ma bisogna agire nel quadro giuridico dei trattati. Consiglio all'unanimità, su proposta della Commissione previa approvazione PE (maggioranza dei membri), adotta le disposizioni appropriate. Libertà alle istituzioni di stabilire di volta in volta quale siano i mezzi più appropriati (regolamento o direttiva). Parere 2/94 della Corte (1996): adesione dell'Ue alla CEDU. Art. 352 non può essere utilizzato per emanare norme per tutelare i diritti dell'uomo, non può essere utilizzato per estendere le competenze. Sentenza Kadi (2008). Art. 352 par. 3: procedura non si può usare per armonizzare le disposizioni amministrative nel caso in cui trattati non lo prevedano. escluse sempre materie in politica estera e sicurezza comune. Dichiarazione 41 allegato a T. Lisbona: l’articolo in esame può essere applicato solo per perseguire gli obiettivi indicati all’art. 3 par. 2-3-5, escluso l'obiettivo di promozione della pace, valori dell’Unione e benessere dei popoli + PESC e unione economica monetaria. In passato sono entrati nelle competenza dell’Ue la protezione dell’ambiente, la ricerca scientifica e tutela del consumatore Esempio: Ingresso nell'euro previsto in tre fasi con regolamento (1997). Poi allentamento delle condizioni per permettere alla maggioranza degli stati di entrare. Introduzione di strumenti giuridici, finzio iuris (creare clima di certezza di giuridica per evitare che i tribunali si riempissero di cause di risoluzione di contratti). BCE ancora non esisteva,i redattori del regolamento si erano dimenticati di creare organo che disciplina l'euro. Nel regolamento erano presenti i fini, ma non i mezzi per raggiungerli. NB: Principio limitativo delle competenze art 5 par 4 e principio di proporzionalità: quello di sussidiarietà riguarda le competenze, quello di proporzionalità è più generale e incide sulla forma dell’atto, nel senso che induce a preferire una direttiva piuttosto che un regolamento. > Principio di proporzionalità’ Principio limitativo della competenze è principio di proporzionalità, principio generale che incide sulla forma e sul contenuto dell'atto e è da ritenere che le misure normative graduate rispetto all'obiettivo devono avere la minor obbligatorietà possibile. non si deve andare al di là del necessario anche per oneri amministrativi e finanziari. Art. 5 TUE par. 4: In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. Comporta una valutazione circa la congruità dei mezzi impiegati rispetto all'obiettivo perseguito e implica che tali mezzi devono essere limitati a quelli occorrenti per il raggiungimento dell'obiettivo in questione. Opera in tutte le competenze dell’Unione, anche nelle competenze esclusive. Controllo di principio di sussidiarietà e principio di proporzionalità avviene attraverso Protocolli 1 e 2 allegati al Trattato. Per quanto riguarda il controllo giudiziario sul Rispetto del principio di proporzionalità la Corte di Giustizia ha affermato che tale controllo non mette in discussione la discrezionalità del legislatore dell'Unione al quale ha riconosciuto un ampio potere discrezionale nei settori in cui la sua azione richiede scelte di natura tanto politica quanto economica o sociale. In materia di diritti umani la discrezionalità è più limitata dal controllo della Corte, mentre in materia di politica monetaria c’è più discrezionalità. Digital market act: proposta normativa per introdurre regolamentazione della piattaforme online, limitare gli abusi di Google, Apple, Facebook, Amazon. Tale obiettivo non può essere dei singoli stati, ma l'Unione può intervenire attraverso il principio di sussidiarietà e in modo adeguato (principio di proporzionalità). > Principio di democrazia Principio di democrazia, Protocollo art. 10-12 TUE. Suffragio universale diretto del PE. PE eletto in un arco elettorale di una settimana. Manca armonizzazione delle leggi elettorali del PE. Principio di democrazia multilivello (nazionale e europeo), i due livelli non sono integrati. Stati membri non rispondono al PE, ma ai rispettivi Parlamenti. Non si può superare questa struttura finchè non si raggiunge un assetto federale. PE ha ruolo come legislatore, partecipa a procedimenti legislativi, organo responsabile dell'approvazione del bilancio. PE escluso dalla politica economica monetaria e politica estera. Protocollo è atto allegato al Trattato con stessa valenza. Protocollo 1-2: i Parlamenti nazionali ricevono gli atti europei da parte delle istituzioni europee. Parlamenti nazionali hanno Caso Frankovich: direttiva che prevedeva istituzione fondo in caso di insolvenza del datore di lavoro, fondo pagato con contributi del datore. Obbligo degli stati membri di risarcire il danno che hanno arrecato ai singoli (combinazione art. 4 e 288).Prevede il pagamento delle ultime 3 mensilità. Lo stato membro è inadempiente e il singolo può invocare quella direttiva come presupposto per ottenere un risarcimento danni. Italia inadempiente, ma il singolo può invocare questa direttiva per ottenere il risarcimento. Norme sulla concorrenza: due norme anti-concorrenziali, restrittive delle concorrenze e anti- monopolio, abuso della posizione dominante (usate contro Google, Facebook…). Norme della concorrenza sono concepite per essere applicata nei confronti degli stati membri, per evitare che le imprese applichino delle restrizioni alla concorrenza. La violazione discende dal fatto che c’era una norma interna che contrastava con la norma UE. Riservate attività carico-scarico al porto di Genova, legislatore ha assicurato posizione dominante ai caricatori del porto. Qui vi è una posizione dominante non grazie al guadagno personale, ma perché vi era una legge “speciale”. UE applica leale cooperazione per applicare queste norme e armonizzare l’ordinamento. Ue applica art. 4 per attuare le norme sulla concorrenza. Sentenza Marleasing: effetto diretto della direttive inattuate applicate agli stati, ma anche applicata in una controversia tra privati. Spagna ha tardato a recepire direttiva sulla nullità delle società. Controversia tra due società, Marleasing invoca direttiva non nei confronti dello stato, ma nei confronti di un'altra società. Giudice nazionale può interpretare il codice civile spagnolo alla luce del diritto eu. > Integrazione differenziata I rapporti tra unione europea e gli stati membri non sempre hanno il medesimo contenuto e la medesima portata. L’applicazione del diritto dell'Unione avviene spesso in maniera differenziata nei diversi stati membri, nel senso che tali Stati non sempre sono integralmente e uniformemente soggetti a tutta la normativa europeo. L'articolo 8 del trattato CEE consentiva a talune economie è caratterizzata da differenze di sviluppo deroghe temporanee in considerazione dell'ampiezza dello sforzo richiesto per l'installazione del mercato interno. Oltre a questo il Trattato di Maastricht aveva impiegato il metodo della applicazione differenziata. Ciò era avvenuto per il protocollo contenente l'accordo sulla politica sociale non applicabile al Regno Unito; ma ancora più importante è il meccanismo adottato dal Trattato di Maastricht relativamente all'Unione economica e monetaria. La distinzione tra gli stati la cui moneta è l'euro e gli altri Stati membri risulta ancora più marcata nel Trattato di Lisbona il quale nel Protocollo 14 ha sancito la prassi dell'Eurogruppo formato dei Ministri delle Finanze degli stati della cosiddetta zona euro. Le differenze nella partecipazione all'Unione economica e monetaria si sono accentuati in base al Trattato istitutivo del meccanismo europeo di stabilità e ancora più al Trattato di stabilità coordinamento e governance il quale comporta una pluralità di distinte condizioni giuridiche. Un ulteriore casa di integrazione differenziata può determinarsi in materia di politica estera e di sicurezza comune. In tale materia la regola generale di votazione nel Consiglio è l'unanimità, il secondo comma dell’art.31 par. 1 prevede infatti la cosiddetta astensione costruttiva. Lo stato che motiva la sua astensione con una dichiarazione formale può sottrarsi agli obblighi derivanti dalla decisione del consiglio senza impedire che essa impegni l'unione. Istituisce così un meccanismo di Europa a più velocità. Qualora gli astenuti raggiungano la misura prevista dalla norma in esame (almeno ⅓ degli stati membri che totalizzano almeno un terzo della popolazione dell’Unione), la decisione non si considera adottata. > Cooperazione rafforzata Il Trattato di Amsterdam del 1997 ha introdotto un meccanismo specifico per consentire forme di sviluppo flessibile differenziato tra alcuni stati membri all'interno dell'Unione Europea consentendo di assumere obblighi più incisivi per quanto concerne la migliore realizzazione degli obiettivi europei. Si tratta della cosiddetta cooperazione rafforzata termine con il quale si pone in primo piano l'aspetto positivo e costruttivo. Lo stesso Trattato di Amsterdam prevedeva direttamente una importante esempio di cooperazione rafforzata mediante il protocollo del 1997 sull'integrazione dell’acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione Europea. Esso si riferiva l'accordo di Schengen del 14 giugno 1985 sulla soppressione dei controlli alle frontiere interne degli Stati parti. Questi accordi erano stati conclusi soltanto da alcuni stati membri, pur riguardando materie rilevanti per la comunità europea erano formalmente estranei al quadro giuridico e istituzionale di queste ultime. Il Regno Unito e l'Irlanda sono rimasti estranei a questo sistema, ma possono chiedere di volta in volta di partecipare alle relative disposizioni esercitando una scelta di opting in. Le cooperazioni rafforzate sono regolate dall'art. 20 TUE e art. 326-334 TFUE. Serve per superare i casi in cui il Consiglio deve deliberare all'unanimità. L'istituzione di una cooperazione rafforzata per conseguenza che solo gli stati che partecipano alla cooperazione possono votare sulle relative decisioni. Le regole di votazione sono adattate in corrispondenza al numero degli Stati membri partecipanti e in particolare l'unanimità è data dai soli membri del consiglio partecipanti alla cooperazione rafforzata. Es. cooperazione rafforzata su separazione e divorzio, necessaria unanimità 14 stati membri. La cooperazione rafforzata rappresenta comunque una extrema ratio, infatti i Trattati stessi privilegiano uno sviluppo uniforme se possibile. A questo proposito la Corte di Giustizia ha sancito che gli interessi dell'Unione il progetto di integrazione non sarebbero protetti se ogni negoziato infruttuoso portasse a una cooperazione rafforzata a scapito della ricerca di un compromesso. Spetta al consiglio valutare se gli stati membri mostrano una volontà di compromesso e siamo in grado di presentare proposte che possano condurre in un futuro all'adozione di una normativa comune. Le cooperazioni rafforzate sono sempre aperte ad ogni Stato membro, al quale può essere richiesto di soddisfare certe condizioni di partecipazione. Se la Commissione ritiene che queste condizioni non sono soddisfatte lo Stato può sottoporre la questione al Consiglio che decide con il voto degli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata. Art. 20 TUE: Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel quadro delle competenze non esclusive dell'Unione possono far ricorso alle sue istituzioni ed esercitare tali competenze applicando le pertinenti disposizioni dei trattati. Le cooperazioni rafforzate sono intese a promuovere la realizzazione degli obiettivi dell'Unione, a proteggere i suoi interessi e a rafforzare il suo processo di integrazione. Sono aperte in qualsiasi momento a tutti gli Stati membri. La decisione che autorizza una cooperazione rafforzata è adottata dal Consiglio in ultima istanza. Art. 329 TFUE: Stati membri trasmettono volontà di utilizzare l'integrazione rafforzata alla Commissione. Commissione può rifiutare tale proposta con motivazione. Commissione fa proposta al Consiglio e PE: PE vota a maggioranza semplice, mentre Consiglio a maggioranza qualificata. Devono aderire almeno 9 stati membri e non deve riguardare competenza esclusiva dell’Unione e non deve recare pregiudizio al funzionamento del mercato interno né alla coesione economica- sociale. Proposta deve essere aperta a tutti gli stati membri. La procedura prevista per instaurazione di una cooperazione rafforzata nel quadro della politica estera e di sicurezza comune è diversa dalle altre. La richiesta è presentata direttamente dagli Stati interessati al Consiglio, il quale delibera all'unanimità, previo parere dell'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione in merito alla coerenza della prevista cooperazione rafforzata, rispettivamente con la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione e con le altre politiche dell'Unione. Il Parlamento Europeo è solo informato della richiesta. Una particolare forma di cooperazione rafforzata è prevista in materia di politica di sicurezza e difesa comune che implica l'impiego anche di mezzi militari. Non si tratta di una cooperazione episodica ma permanente volta a creare una struttura anche militare di carattere stabile e definito. La procedura in proposito è regolata dall'art. 46 che stabilisce che sulla richiesta degli Stati membri di instaurare una cooperazione strutturata permanente delibera a maggioranza qualificata del Consiglio previa consultazione dell'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Lo stesso consiglio sempre a maggioranza qualificata decide domande di partecipazione successiva alla cooperazione strutturata permanente. A questo proposito il consiglio ha istituito la cooperazione strutturata permanente PESCO e ha fissato l'elenco degli Stati membri partecipanti (25). Essa prevede 20 impegni vincolanti e comuni e istituisce un segretariato. CAPITOLO 4 - Cittadinanza europea L’attribuzione esclude l’esistenza di criteri di acquisto o di perdita definiti dall’UE, e si utilizzano quelli di ciascuno stato. Infatti gli stati membri comunicano quali persone debbano considerarsi propri cittadini ai fini del diritto dell’Unione.La Corte ha affermato che la competenza degli stati in materia di cittadinanza deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario. Disposizioni: - art. 9 TUE: È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce. Come si attribuisce la cittadinanza è competenza nazionale, quando si acquisisce cittadinanza di un paese membro si acquisisce anche quella europea. Cittadinanza europea è ancillare a quella nazionale e dipende da essa. Limitazioni all'azione dello stato: rispetto del diritto dell'Unione, no misure arbitrarie che rischiano di privare il cittadino eu dei suoi diritti (revoca della cittadinanza -> no revoca in modo arbitrario, ma misure di revoca proporzionali). Sentenza Rottmann: Stato revoca la cittadinanza perché acquisita in modo illegale, cittadino diventa apolide. Ricorso alla Corte di Giustizia: apolidi e perdita della cittadinanza dell'Unione è ammissibile se la misura rispetta il principio di proporzionalità. Motivi legittimi, fondati e proporzionali. Alcuni diritti non appartengono solo ai cittadini ma anche alle persone fisiche e giuridiche. Il fatto che un cittadino dell’Unione non abbia mai esercitato il diritto alla libera circolazione non rende una situazione che lo riguarda puramente interna a prescindere. sollevato dalla denuncia. Il Mediatore può condurre un indagine con la collaborazione dell'istituzione, dell'organo o dell'organismo interessati e del denunciante. Svolge un'attività conciliativa con l'istituzione, l'organo o l'organismo in questione al fine di eliminare il caso di cattiva amministrazione e di soddisfare il denunciante. Se ciò non è possibile Il Mediatore chiude il caso con una valutazione critica relativa all'istituzione, all'organo o all'organismo interessato o elabora una relazione con progetti di raccomandazioni e li invia all'istituzione all'organo all'organismo interessati e al denunciante. Se l'istituzione, l’organo o l'organismo non fornisce risposta soddisfacente, il Mediatore invia al Parlamento Europeo una relazione speciale sul caso con eventuali raccomandazioni. Si possono rivolgere cittadini (qualsiasi persona fisica o giuridica) o residenti in UE. Il Mediatore può attivarsi anche d'ufficio o su denuncia presentata da un membro del Parlamento Europeo. Inoltre non si richiede nel denunciante un interesse ad agire. Mediatore non adotta atti giuridici vincolanti, ma riceve la denuncia e formula delle raccomandazioni alle istituzioni coinvolte. Metodo per evitare di sottoporre la questione alla Corte. PE nomina il Mediatore, ma la sua attività è indipendente. Lo statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni del mediatore sono fissati dal Parlamento Europeo previo parere della commissione e con l'approvazione del Consiglio. Lo stesso Parlamento non può revocare la nomina del mediatore ma solo chiedere alla corte di giustizia di dichiararlo dimissionario qualora non risponda più alle condizioni necessarie all'esercizio delle sue funzioni o abbia commesso una colpa grave. Ulteriori diritti del cittadino europeo consistono nella facoltà di scrivere alle istituzioni, agli organi e agli organismi europei nonché al mediatore europeo in una delle lingue ufficiali e di ricevere una risposta nella stessa lingua. Altro diritto è il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell'Unione secondo i principi generali e alle condizioni stabilite mediante i regolamenti dal Parlamento e dal Consiglio e dai regolamenti interni delle istituzioni, organi e organismi. ● Titolo V Carta dei diritti fondamentali CAPITOLO 5 - ISTITUZIONI UE Elenco tassativo (art. 13 TUE). Istituzioni hanno legittimazione attiva e passiva davanti alla Corte di Giustizia. Le istituzioni possono essere soggette a ricorso per annullamento, carenza e risarcimento danni per i loro atti. ● il Parlamento europeo ● il Consiglio europeo ● il Consiglio ● la Commissione europea (in appresso «Commissione») ● la Corte di giustizia dell'Unione europea (Lussemburgo) ● la Banca centrale europea ● la Corte dei conti L’elenco istituzioni contenuto nell’art 13 TUE è un elenco tassativo e non esaurisce tutti gli organi. La distinzione non è solo di prestigio o formale, ma anche sostanziale, poichè alcune disposizione si riferiscono solo alle istituzioni dell’UE. Il principio cardine è il principio di attribuzione opera nell’attribuzione dei poteri in capo all’UE ma anche sulle attribuzioni tra le istituzioni EU. Le istituzioni possono proporre un ricorso per annullamento dei provvedimenti delle altre istituzioni. Ai sensi dell'articolo 13 paragrafo 2, ciascuna istituzione dell'Unione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite da trattati secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Tale disposizione traduce il principio dell'equilibrio istituzionale che caratterizza la struttura istituzionale dell'Unione, il quale implica che ogni istituzione eserciti le proprie competenze nel rispetto di quelle delle altre istituzioni. Rispetto di questo principio è essenziale ed è sottoposto al controllo della Corte di Giustizia. Prospettiva verticale (stati membri attribuiscono poteri alle istituzioni) e orizzontale (ripartizione dei poteri tra le istituzioni). Sentenza Francia v. Commissione (1971): Commissione tentò di concludere accordi internazionali, ma è competenza del Consiglio. ● PE: rappresenta i cittadini ● Consiglio : rappresenta i governi ● Commissione: rappresenta l’interesse dell’UE > Consiglio europeo Art. 15 – TUE È un’istituzione “atipica” perché originariamente non era inquadrata nell’assetto istituzionale del trattato. Solo con l’art. 2 dell’Atto unico europeo dell'86 (che non definisce le sue funzioni e prescrive riunione 2 volte all’anno) si iniziò a codificare una prassi nata negli anni 70, che era quella di riunire i capi di stato e di governo per prendere le decisioni politiche (prassi della diplomazia intergovernativa). Diventa una istituzione europea con il Trattato di Lisbona. Sul profilo politico si colloca al vertice, in quanto le decisioni determinanti riguardo l'integrazione europea vengono prese in questa sede e le altre istituzioni le attuano. Le istituzioni che gestiscono le politiche europee sono eminentemente tre: Il Consiglio europeo, Il parlamento europeo e la commissione europea. Il consiglio europeo adotta gli atti con il parlamento europeo, ma quest’ultimo non ha la pienezza dei poteri: è un’istituzione che ha ampi poteri legislativi e di controllo politico, ma non ha un potere di sfiducia (non può sfiduciare). La struttura verticistica dell’inizio ancora condiziona la realtà. Dopo la crisi finanziaria si è anche accentuato perché si è visto che le decisioni più importanti vengono assunte in seno al consiglio europeo, il PE viene coinvolto successivamente. Il PE può sfiduciare solo la commissione europea, che non è responsabile delle decisioni politiche, ma non il consiglio europeo. Ciò dipende da una decisione assunta all’inizio della storia europea si dice che sia un’idea “massonica”, quella di investire i vertici. Il disegno è quello di evitare che i governi degli stati membri siano soggetti a due controlli parlamentari (nazionale e europeo). In realtà il vero motivo è che non siamo un sistema federale, il parlamento con piene funzioni di controllo dell’esecutivo si realizza solo se si tratta di uno stato federale. Oggi, nonostante le modifiche (come il Trattato di Lisbona), dobbiamo capire se questa struttura (che crea il cosiddetto deficit democratico) è la realtà. Ciò che manca secondo il prof. è il potere di sfiduciare e ambiti importanti (come politica monetaria…) sui quali il parlamento non ha potere. PE all’inizio aveva solo una funzione consultiva. Il nomen iuris dei suoi atti è “parere”, aveva la funzione di far arrivare le istanze dei popoli dell’UE. La Corte di giustizia accolse un ricorso di annullamento in cui dice che il parere del PE è un potere di check and balance. Organizzazione interna del Consiglio europeo Il consiglio europeo è composto dai capi di stato o di governo degli stati membri; da cosa dipende se di stato di governo? Dall’assetto costituzionale dello stato membro. in aggiunta vi è il Presidente del Consiglio europeo e il presidente della Commissione. L’Alto rappresentante partecipa ai lavori. Presidente del Consiglio Europeo (art, 15 par. 5-6) è un organo individuale, che non può esercitare alcun mandato nazionale, eletto dal Consiglio Europeo a maggioranza qualificata per un mandato di due anni e mezzo rinnovabile una sola volta punto con la stessa procedura. Il Consiglio Europeo può porre fine al mandato del presidente in caso di impedimento o di colpa grave. Non è previsto alcun coinvolgimento di altre istituzioni come in particolare il Parlamento Europeo. I compiti del Presidente del Consiglio Europeo sono indicati all'art. 15 par. 6. Il Presidente presiede e anima i lavori del Consiglio Europeo, assicura la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio Europeo, si adopera per facilitare la coesione e il consenso in seno al Consiglio Europeo, presenta al Parlamento Europeo una relazione dopo ciascuna delle riunioni del Consiglio Europeo. Inoltre, rappresenta l’unione nelle materie di politica estera e di sicurezza comune, fatte salve le attribuzioni dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Differenza tra presidenza del Consiglio e la presidenza del consiglio europeo. Presidenza del Consiglio: ogni stato membro quando ha la presidenza deve organizzare almeno 2 riunioni. Ci sono anche riunioni straordinarie come quella per il recovery fund. La presidenza viene gestita da un certo “triumvirato” (troika – “slitta”), ovvero lo stato che esercita la precedenza deve essere accompagnato da quello che l’ha preceduto e da quello che seguirà. Va distinto dal presidente del Consiglio Europeo. Si riuniscono almeno 2 volte a semestre su convocazione del Presidente, il quale può convocare anche riunioni straordinarie. Prende le decisioni sull’Ue, ha una funzione di indirizzo politico, assume gli orientamenti generali. Ciò porta a pensare che il consiglio europeo non sia un’istituzione, ma somigli a una conferenza diplomatica. Di norma assume le decisioni per consenso, traduzione del termine latino consensus (mancanza di obiezioni formali, non c’è una votazione formale) al termine delle riunioni del consiglio europeo vengono pubblicate le conclusioni, ciò che per certi versi è un gentlemen’s agreement. All’interno del consiglio europeo ciò che si verifica è un negoziato. (Par. 4 - Il Consiglio europeo si pronuncia per consenso, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente). Maggioranza semplice per il regolamento interno, mentre la maggioranza qualificata sono la nomina del presidente del consiglio europeo, nomina del presidente della commissione e della commissione stessa. L’unanimità è richiesta in caso di violazione grave e persistente dei valori all’art. 2 da parte di uno stato membro, revisione semplificata e l’azione esterna dell’Unione e PESC. Le decisioni prese per quanto riguarda la crisi finanziaria sono state prese in sede di consiglio europeo – Es. finanziamenti per la Grecia, decisione assunta in seno al consiglio europeo. Inizia l’austerity poiché il fondo prevedeva l’implementazione di politiche fiscali molto dure. Fondo salva- stati. Stipula del Fiscal compact (accordo internazionale che stabilisce il principio del pareggio di bilancio) tutte decisioni fondamentali, tutte prese dal consiglio europeo. Funzioni del Consiglio europeo Consiglio Europeo secondo l'art. 15 par. 1 TUE da all'unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita la funzione legislativa. Gli atti che emana il Consiglio Europeo riflettono la natura meramente politica di questa istituzione. Infatti il Consiglio Europeo esprime delle conclusioni al termine delle sue riunioni, alle quali possono aggiungersi comunicati e dichiarazioni, frutto dell'intesa raggiunta nel consiglio stesso. Questi atti non hanno efficacia giuridica. Possono contenere direttive o orientamenti rivolti alla Commissione e delle politiche UE. In particolare, il progetto di Piketty è quello di creare una composizione del PE per partecipare ai lavori sulle politiche economiche e monetarie. Riguarda la Presidenza del Consiglio l'art. 16 par. 9 TUE dichiara che fatta eccezione per la formazione Affari Esteri, essa è determinata dal Consiglio Europeo con votazione a maggioranza qualificata, secondo un sistema di rotazione paritaria, Cioè assicurando a tutti gli stati membri, a turno, fare presidenza. Più precisamente, in forza della decisione del Consiglio Europeo del 1 dicembre 2009, viene predeterminato un gruppo di tre stati membri, la cosiddetta troika, per un periodo di 18 mesi. Ciascun membro di tale gruppo esercita a turno la presidenza di tutte le formazioni del consiglio per sei mesi. Gli altri due membri lo assistono in tutti i suoi compiti sulla base di un programma comune. Di norma lo stato che ha la presidenza esercita anche la presidenza degli organi preparatori delle varie formazioni del Consiglio. Diverso discorso per la formazione “Affari esteri”, la cui presidenza spetta all’Alto rappresentante. il Consiglio è assistito dal Segretariato generale, sotto la responsabilità del Segretario generale nominato dal Consiglio a maggioranza qualificata. Il consiglio si riunisce su convocazione del suo Presidente per iniziativa dello stesso presidente, di uno Stato membro o della Commissione. La sua sede è a Bruxelles, ma in aprile, giugno e ottobre tiene le sue sessioni a Lussemburgo. Per coordinare i lavori esiste un organo definito “COREPER – comitato dei rappresentanti permanenti”. Si tratta di un organo intergovernativo. Formato da soggetti che siedono costantemente a Bruxelles e si riuniscono per preparare le sedute del consiglio. Non ha funzione decisionale. Il COREPER in realtà fa qualcosa di più: già prevede le risoluzioni e le decisioni del consiglio rispetto alle quali c’è già un accordo nel COREPER. Sotto il punto A si comprendono gli atti per i quali vi è già un accordo unanime all’interno del COREPER. I rappresentanti dello stato si limitano ad assentire. Il COREPER aveva aumentato i dubbi sul deficit democratico. I membri sono scelti in base alla loro competenza generale tra le personalità che offrono garanzie di indipendenza. Art. 16 par. 4 e art. 238: fino al 2014 il Consiglio votava con un sistema di ponderazione. Ponderazione del voto: stati che avevano un voto con un peso maggiore (es. Germania), gli stati più piccoli contavano 4 o 6 voti. Percentuali calcolate in funzione della popolazione, ma con lo scopo di evitare che si formassero delle minoranze di blocco (Stati grandi vs stati piccoli). Questo sistema di voto è cambiato, ora implica una doppia maggioranza . Significa che devono essere il 55% degli stati membri (almeno 15 stati) e che rappresentino almeno il 65% della popolazione. Minoranza di blocco deve comprendere almeno 4 membri del Consiglio, in caso contrario la maggioranza qualificata è raggiunta (integrato il compromesso di Ioannina). Nelle decisioni sulla politica estera queste percentuali devono rappresentare almeno il 72%. Il quorum è la presenza della maggioranza dei membri aventi titolo a votare. Nella maggior parte delle volte vota a maggioranza qualificata, poche volte si richiede l’unanimità (art. 352 e in materia di ampliamento dei diritti dei cittadini UE, PESC e modifica dei trattati). La regola generale è la maggioranza qualificata. A fronte di tale regola generale l'art. 238 richiama altre due procedure applicabili solo quando espressamente prescritte dalla disposizione: la maggioranza semplice e l'unanimità. Per le deliberazioni che richiede una maggioranza semplice (regolamenti), il Consiglio delibera alla maggioranza dei membri che lo compongono. Attualmente occorrono almeno 14 voti favorevoli. Le astensioni dei membri presenti o rappresentati non ostano all'adozione delle deliberazioni del consiglio per le quali è richiesta l'unanimità. Mentre l'astensione non impedisce raggiungimento dell'unanimità questa preclusa in caso di assenza di un membro. Vi è una regola secondo la quale ogni Stato membro può ricevere la delega a votare da un solo altro Stato membro. In seno al Consiglio si possono adottare accordi tra gli stati membri. Funzioni del Consiglio Art. 16 TUE - funzione legislativa congiuntamente al PE - funzione di bilancio - funzione di definizione delle politiche e di coordinamento Nell'esercizio di tali funzioni, il Consiglio non emana solo atti legislativi, ma atti di indirizzo, di assistenza, di consulenza, in definitiva, atti giuridicamente non vincolanti. L'articolo 292 TFUE dichiara, in termini generali, che il consiglio adotta raccomandazioni. Poteri più specifici e più incisivi risultano dalle disposizioni concernenti la politica economica, come l'adozione di una raccomandazione contenente gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli stati membri dell'Unione, un compito di sorveglianza, di assistenza finanziaria, poteri sanzionatori, poteri normativi. Il consiglio ritiene un potere decisionale nella politica estera e di sicurezza comune anche se non si tratta di un potere legislativo perché in questa materia è esclusa l'adozione di atti legislativi. Spetta al consiglio su proposta dell'Alto rappresentante o su iniziativa di uno Stato membro, adottare le decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune comprese quelle inerenti all'avvio di una missione operativa avente anche integrazioni militari. Il consiglio interviene con varie modalità nella nomina di altre istituzioni e organi come la stessa Commissione, il comitato esecutivo della Banca Centrale Europea, comitato economico e sociale, e comitato delle regioni. Interviene nella definizione degli atti normativi concernenti l'azione delle altre istituzioni. > Commissione Europea Art. 17 TUE Organizzazione della Commissione I membri sono scelti in base alla loro competenza generale tra le personalità che offrono garanzie di indipendenza e garantiscono l’interesse europeo. L'indipendenza dei commissari è garantita da un meccanismo sanzionatorio e regolata dall’art. 17 TUE. Codice di condotta dei commissari adottato dalla Commissione Prodi (es. mantenimento di onestà e delicatezza anche dopo la cessazione delle funzioni). Meccanismo di rotazione al par. 4. Nella rotazione intervengono gli stati membri attraverso il Consiglio europeo e il Parlamento europeo. I membri della Commissione sono scelti tra i cittadini degli Stati membri in base ad un sistema di rotazione assolutamente paritaria tra gli Stati membri che consenta di riflettere la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri. Tale sistema è stabilito all’unanimità dal Consiglio europeo conformemente all’art. 244 TFUE. Presidente della Commissione: Tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo* (Prassi consolidata dal 2009: trae spunto dalla prassi tedesca. Quando si rinnova il parlamento si rinnova la Commissione: vi sono 4 grandi “famiglie” nel PE e ognuna di queste esprime un determinato candidato come presidente della Commissione) e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono . Il Consiglio europeo, di comune accordo con il presidente eletto, adotta l’elenco delle altre personalità che propone di nominare membri della Commissione. Dette personalità sono selezionate in base alle proposte presentate dagli Stati membri, conformemente ai criteri di cui al paragrafo 3, secondo comma e al paragrafo 5, secondo comma. Dopo l’accordo tra Consiglio europeo e Presidente, vi è l’approvazione del Parlamento dell’elenco delle altre personalità che propone di nominare membri della Commissione. Successivamente vengono riconfermati formalmente dal Consiglio europeo. La commissione è composta da un numero di membri, compreso il presidente è l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, pari al numero degli Stati membri. Restano in carica 5 anni Le dimissioni anticipate della carica di Commissario può venire, oltre che per decesso, per dimissioni volontarie o d’ufficio. Le dimissioni d’ufficio sono pronuncia della Corte qualora il commissario abbia commesso una colpa grave. Qualora le dimissioni o il decesso riguardino il presidente o l'alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza essi sono sostituiti per la restante durata del mandato secondo la normale procedura di nomina. Al contrario, se l'interessato è un altro membro della commissione, egli viene sostituito, per la restante durata del mandato, con un membro della stessa nazionalità, nominato da parte del Consiglio di comune accordo con il presidente della commissione, previa consultazione del Parlamento Europeo. Lo stesso consiglio può decidere di non procedere alla sostituzione. L'articolo 246 regola l'ipotesi delle dimissioni volontarie dell'intera commissione. In questo caso i membri della commissione restano in carica per gli affari di ordinaria amministrazione fino alla loro sostituzione. L'organizzazione interna della commissione si articola in direzioni generali, servizi e uffici. Ai commissari sono affidati dal Presidente particolari settori di attività, con compiti preparazione dei lavori della commissione e di esecuzione delle decisioni. Per l'espletamento delle proprie competenze ogni commissario costituisce dei gabinetti incaricati ad assisterlo. La responsabilità per gli atti dei singoli commissari ricade sempre su l'intera commissione, nel rispetto il principio di collegialità. Tale principio è compatibile con la delega a singoli commissari ad assumere delle decisioni in suo nome e sotto il suo controllo. Quanto al sistema di votazione l'articolo 250 TFUE prescrive la maggioranza dei membri della commissione, ma di fatto essa delibera solitamente per consensus. Una posizione di primato nella Commissione ha assunto il Presidente. Egli svolge un ruolo attivo nella individuazione dei candidati alla carica di commissario. Inoltre, stabilisce gli orientamenti della commissione e attribuisce diversi settori di attività ai singoli commissari e può modificare le loro attribuzioni. L'articolo di riferimento è sempre l'art. 17 par. 6 TUE. Il presidente della commissione, dalla originaria posizione di primus inter pares, tende così ad assumere il ruolo del capo dell'esecutivo dell'Unione. Di particolare importanza è il potere di provocare le dimissioni di un commissario. Il tribunale dell'Unione ha previsto un'ipotesi in cui un membro della commissione rifiuti di rassegnare le dimissioni volontariamente e di sua iniziativa, in circostanze in cui il presidente della commissione ha perso la fiducia nello stesso e ritiene che la sua permanenza in carica rischierebbe di pregiudicare il credito o persino la sopravvivenza politica dell'istituzione stessa. Nello specifico questa norma si applica a due possibili ipotesi: la prima consiste nella cessazione del rapporto di fiducia del presidente e il singolo commissario. La seconda ipotesi riguarda la rottura del rapporto di fiducia tra il Parlamento Europeo e singoli commissari. Mozione di censura Par. 8: La Commissione è responsabile collettivamente dinanzi al Parlamento europeo. Il Parlamento europeo può votare una mozione di censura della Commissione secondo le modalità di cui all’articolo 234 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Se tale mozione è adottata, i membri della Inoltre la Commissione pubblica ogni anno almeno un mese prima dell'apertura della sezione del Parlamento Europeo una relazione generale sull'attività dell'Unione. Rappresentanza esterna dell’Unione non esclusiva (Presidente del Consiglio europeo e Alto rappresentante). Queste tre figure devono assicurare la coerenza nei diversi settori. > Il Parlamento Europeo Istituzione che rappresenta i cittadini UE. Inizialmente non era un parlamento eletto a suffragio universale, nei primi anni dell’integrazione europea si trattava di un’istituzione in cui sedevano i rappresentanti dei parlamenti nazionali. Era una rappresentanza indiretta. L’assemblea ha adottato un approccio alternativo. Dal 62 si è attribuita il nome di PE. È una denominazione che resterà ufficiosa, finché non viene trasposta nei trattati. Solo con Atto unico europeo diventa formalmente un Parlamento. La vera svolta si ha quando nel 76 viene adottata la decisione che consente al PE di essere eletto direttamente dai cittadini UE. È una fase importante perché accanto alla modifica in termini di composizione, questa istituzione veniva arricchita anche di competenze (diventava gradualmente una istituzione quasi al pari del Consiglio, es. funzione di bilancio). UE accusata di deficit democratico: il fatto che il PE non fosse eletto direttamente prestava il fianco a queste critiche. Atto con cui si decide la modifica della composizione del PE approvata da tutti i parlamenti nazionali. Nel ‘79 le prime elezioni del PE a suffragio elettorale diretto. I risultati dell’elezione: seggi molto limitati (410). Composizione del 1° parlamento europeo: vittoria del CSx (socialisti, partito popolare…). Affluenza alle elezioni UE 62%. Man mano però dal ’79 al 2014 l’affluenza è scesa di molto. Nelle ultime elezioni c’è stata un’affluenza del 51% (relativa risalita). Crisi del 2008 ovviamente influisce sulla fiducia delle istituzioni europee. Vi è anche un problema di distanza dell’UE dai cittadini, della disinformazione. Quando UK ha deciso di lasciare UE lo ha fatto con referendum nel 2016 che ha avuto un risultato molto risicato e le istituzioni hanno adottato un atteggiamento “intransigente”, hanno trasmesso il messaggio che chi vuole lasciare l’UE può farlo, ma l’UE deve difendere e tutelare gli Stati che restano. È un messaggio che è passato molto ed ha aumentato un minimo la fiducia verso le istituzioni UE. Fino al 2019 i rappresentanti erano 750 + il Presidente (massimo dei seggi). Il 31 gennaio 2020 UK lascia UE e i parlamentari vengono ridotti e passano a 704 + 1. Sono stati sottratti 73 seggi del regno unito. 45 seggi sono stati liberati e lasciati vacanti per accomodare eventuali esigenze di nuovi stati membri. Alcuni stati membri avevano visto delle modifiche nel loro assetto demografico e quindi gli altri seggi sono stati redistribuiti. La Germania è rimasta invariata e non poteva salire oltre 96, FR passa a 79, IT ne ha aggiunti 3 (arrivando a 76 seggi) e così via. Nessuno degli stati ha perso seggi. Questi nuovi deputati sono stati aggiunti dal 1° febbraio 2020. Questi deputati erano già stati eletti ed erano rimasti in riserva, quindi non ci sono state nuove elezioni ma una sorta di “ripescaggio”. Vi sono stati che sono diventati membri “in corsa” cioè con la legislatura già avviata (es. Croazia nel 2013). Generalmente questo stato tiene delle elezioni separate. Art 14 TUE: 1. Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati. Elegge il presidente della Commissione. 2. Il Parlamento europeo è composto di rappresentanti dei cittadini dell’Unione. Il loro numero non può essere superiore a settecentocinquanta, più il presidente. La rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale, con una soglia minima di sei membri per Stato membro. A nessuno Stato membro sono assegnati più di novantasei seggi. Il Consiglio europeo adotta all’unanimità, su iniziativa del Parlamento europeo e con l’approvazione di quest’ultimo, una decisione che stabilisce la composizione del Parlamento europeo, nel rispetto dei principi di cui al primo comma. 3. I membri del Parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto, per un mandato di cinque anni. 4. Il Parlamento europeo elegge tra i suoi membri il presidente e l’ufficio di presidenza. Ogni stato ha a disposizione almeno 6 seggi e un massimo di 96. Numero dei componenti e la loro assegnazione viene votata dal Consiglio europeo all’unanimità su iniziativa del PE e con la sua approvazione. seggi assegnati con criterio degressivamente proporzionale che risponde alla condizione demografica degli Stati membri. Comportano il numero di parlamentari di tali stati non è il rapporto diretto con il numero dei cittadini di ognuno di essi ma mano a mano che la popolazione si riduce il criterio proporzionale opera in maniera meno decisiva, così che gli stati demograficamente maggiori hanno un numero di parlamentari inferiore a quello che spetterebbe in base a un rigido rapporto proporzionale, mentre gli stati con una più ridotta popolazione hanno un numero di parlamentari più elevato di quello risultante da tale rapporto proporzionale. I deputati non sono raggruppati in base alla nazionalità ma in base all’appartenenza politica. Partito popolare UE in testa seguito dai socialisti democratici. Vi sono anche i partiti euroscettici. Non c’è il gruppo misto, ma solo il gruppo dei non iscritti. Per formare un gruppo parlamentare servono almeno 25 deputati provenienti da ¼ degli stati membri. È scoraggiata la formazione del gruppo misto perché i gruppi parlamentari hanno delle prerogative che i non iscritti non hanno. Per le elezioni del PE non vi è ancora una modalità unica con cui votare in tutti gli stati membri. L’art. 14 par. 3 indica i principi universali e generali per il voto negli stati membri. La nozione di una procedura elettorale uniforme in tutti gli stati membri è condizionata da un procedimento molto complesso che richiede una deliberazione unanime del consiglio e la successiva approvazione da parte degli Stati membri in base alle rispettive disposizioni costituzionali. Con decisione del consiglio del 2002 è stato previsto che uno stato membro potesse applicare una soglia di sbarramento massimo al 5%; l’Italia la ha al 4%. Stabilisce che le lezioni devono svolgersi con il metodo proporzionale, vi possono essere delle variazioni ma non possono pregiudicare il principio di proporzionalità. Incompatibilità del parlamentare europeo con membro della Commissione, Corte di Giustizia e membro governo di uno stato membro o del parlamento nazionale. Per quanto riguarda i privilegi e le immunità di membri sono regolati dal Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell'Unione Europea. I membri del Parlamento Europeo non possono essere ricercati detenuti o perseguiti a motivo degli opinioni o dei voti espressi nell'esercizio delle loro funzioni. La Corte di Giustizia ha dichiarato che sebbene tale norma si è essenzialmente destinata ad applicarsi alle dichiarazioni effettuate dei membri del Parlamento nelle sedi dello stesso Parlamento non si può escludere che una dichiarazione effettuata da un deputato europeo fuori dalle aule possa costituire un'opinione espressa nell'esercizio delle sue funzioni. Organizzazione interna del PE Ha un suo presidente e un ufficio di presidenza (14 vicepresidenti e 5 questori). Sassoli attuale presidente, il suo mandato è di 2 anni e mezzo ed è rinnovabile. A livello di coordinamento e gestione si ha il Presidente che ha a che fare con 700 persone e si fa supportare da 14 vicepresidenti e 5 questori che hanno funzioni burocratico-amministrative. Il presidente coordina il parlamento e lo rappresenta all’esterno. I vicepresidenti sostituiscono il presidente ed esercitano questioni specifiche su delega del Presidente. I questori si occupano di amministrazione. Commissioni parlamentari Speciali e Permanenti. - Le permanenti non durano 5 anni, ma max 2 anni e mezzo e sono competenti per materia.Il loro compito è essenzialmente preparatorio istruttorio e consultivo rispetto alle tematiche sulle quali il Parlamento dovrà deliberare esprime con risoluzioni, pareri e raccomandazioni. (es.commissione per le petizioni) - Quelle speciali hanno una durata di max 12 mesi e vengono create dalla Conferenza dei presidenti e sono costituite per materia. Vengono create in base ai bisogni del PE (es: commissione speciale di inchiesta). L'inchiesta ha per oggetto casi di violazione del diritto dell'Unione o anche di amministrazione scorretta, impropria, inadeguata. Questi casi possono essere imputabili insieme alle istituzioni o agli organi dell'Unione che agli Stati membri e l'inchiesta non può svolgersi contemporaneamente all'esercizio di attività giudiziaria da parte sia di giudici dell'Unione che dei Giudici nazionali. La commissione di inchiesta è costituita su richiesta di un quarto dei membri del Parlamento Europeo. Il Parlamento Europeo tiene una sessione annuale e si riunisce di diritto il secondo martedì del mese di marzo. Questa sessione ha durata annuale e ciascuna tornata ha luogo ogni mese. Questo si riunisce inoltre su richiesta della maggioranza dei suoi membri, del Consiglio o della Commissione. Per quanto riguarda la sede del Parlamento è fissata d'Intesa comune dai governi degli Stati membri con una soluzione di compromesso si è stabilito che essa è a Strasburgo dove si tengono le 12 tornate plenarie mensili, compresa quella di bilancio. Le sessioni aggiuntive e le riunioni delle commissioni si svolgono a Bruxelles. La Corte di Giustizia nella sentenza del 13 dicembre 2012 causa Francia contro Parlamento, pur riconoscendo il potere di organizzazione interna del Parlamento Europeo, ha annullato le sue deliberazioni relative al calendario delle sessioni per il 2012 e 2013, poiché non rispettavano la prescrizione delle 12 tornate mensili a Strasburgo. La questione della sede dei lavori del Parlamento Europeo è stata sollevata, sempre dalla Francia, dinanzi alla Corte di Giustizia. Questa ha affermato che il Parlamento Europeo può esercitare una parte dei propri poteri in materia di bilancio a Bruxelles anziché a Strasburgo, qualora ciò sia imposto da esigenze imperative connesse al buon funzionamento della procedura di bilancio. Funzioni del PE All'inizio il Parlamento Europeo non aveva la potestà legislativa nonostante si chiamasse assemblea parlamentare e si limitava a partecipare alla funzione legislativa con la formulazione di pareri. In questo quadro iniziale era evidente il deficit democratico. Questo deficit si è colmato con l'assunzione da parte del Parlamento di un potere legislativo, condiviso con il Consiglio nonché la Commissione. Ciò si è realizzato mediante l'istituzione della procedura di codecisione, che conferisce al Parlamento una posizione paritaria con il consiglio. Questa procedura, regolata dall'art. 294 TFUE, è diventata la procedura legislativa ordinaria con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Il Parlamento Europeo esercita importanti funzioni anche in materia di bilancio, nonché di controllo su altre istituzioni nell'art. 14 par. 1 vengono elencate le funzioni del Parlamento in maniera sintetica: il Parlamento Europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa è la funzione di bilancio, esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite ai trattati e elegge il presidente della commissione. Un’ulteriore carenza di democrazia emerge dall'insistenza di un potere di iniziativa del Parlamento Europeo né tantomeno dei singoli deputati. Il potere di iniziativa rappresenta una prerogativa esclusiva della Commissione. Il Trattato di Maastricht ha riconosciuto al Parlamento un potere di prevedendo il diritto di impugnare una sentenza del Tribunale davanti alla Corte. Tuttavia vi sono delle materie dove la Corte resta l’unico giudice. Le competenze del Tribunale sono progressivamente aumentate e inoltre sempre per alleggerire dal peso dei ricorsi la Corte, il trattato di Nizza del 2001 ha previsto la possibilità di creare dei Tribunali specializzati (art. 257 TFUE). Difatti nel 2004 è stato istituito il Tribunale della funzione pubblica, tribunale di primo grado riguardante le controversie tra l’Unione e i suoi agenti. Il Regolamento 2015/2422 modifica del numero dei giudici del Tribunale, in ragione del «costante aumento» delle cause dinanzi al tribunale, per via dell’ampliamento delle sue competenze. Il Regolamento 2016/1192 trasferisce al Tribunale della competenza a decidere, in primo grado, sulle controversie tra l’UE e i suoi agenti (art. 50 bis dello Statuto della Corte). Dal 1 settembre 2016 con regolamento che modificò il Protocollo n.3, venne smantellato tale Tribunale specializzato e le sue competenze vennero attribuite al Tribunale, che deve facilitare il raggiungimento di una composizione amichevole della controversia. Composizione e competenze della Corte di Giustizia La Corte è un organo di individui composta da un giudice per Stato membro, che vengono nominati dagli Stati di comune accordo. Stanno in carica per 6 anni e il mandato è rinnovabile, rinnovo parziale ogni 3 anni. Un giudice deve garantire la sua indipendenza, devono soddisfare i requisiti richiesti da ogni Stato per esercitare una funzione tra le più alte cariche giurisdizionali oppure che siano giureconsulti di notoria competenza. Un Comitato di sette tra ex membri della Corte e del Tribunale, membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali e giuristi di notoria competenza, tra cui uno proposto dal PE devono fornire un parere sui candidati. Il Consiglio, su iniziativa del presidente della Corte stabilisce la regole di composizione e funzionamento del Comitato. Ad oggi il funzionamento sulla decisione presa nel 2010. I giudici eleggono il loro Presidente e Vicepresidente, che stanno in carica per 3 anni. La Corte nomina il suo cancelliere e stabilisce lo statuto. La Corte si suddivide in Sezioni, composte da 3 o 5 giudici, che valutano tutte le cause; da un Grande Sezione, composta da 15 giudici, che si occupa delle cause più complesse; e dall’Assemblea plenaria (27 giudici) che si riunisce per le cause di importanza eccezionale. I giudici godono di immunità, che si estende anche dopo la cessazione delle funzioni. L’immunità può essere revocata dalla Corte in seduta plenaria. Il ruolo delle Corte viene definito dall’art. 19: - La Corte di giustizia dell’Unione europea «assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati». […] - «La Corte di giustizia dell'Unione europea si pronuncia conformemente ai trattati: a) sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da un'istituzione o da una persona fisica o giuridica; b) in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni nazionali, sull'interpretazione del diritto dell'Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni; c) negli altri casi previsti dai Trattati Le competenze della Corte si possono riassumere: - Artt. 258-259 – Procedura d’infrazione - Art. 263 – Ricorso di annullamento - Art. 265 – Ricorso in carenza - Art. 267 – Rinvio pregiudiziale - Art. 268 (rinvio all’art. 340 TFUE) – Responsabilità extracontrattuale UE - Art. 269 – Supervisione sulla procedura ex. art. 7 TUE - Art. 270 – Controversie UE e agenti Procedure possono essere esaminate sia da Tribunale che Corte. Ripartizione formale, funzionale e permette la trasparenza piena della gestione dei ricorsi art. 256 TFUE e art. 51 Statuto CGUE. Avvocato generale La Corte di Giustizia è composta da undici avvocati generali. Art. 252 TFUE «L’avvocato generale ha l’ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea richiedono il suo intervento». L’avvocato generale si può considerare amicus curiae, perchè deve rappresentare l’interesse al rispetto del diritto in modo imparziale, suggerisce come dovrebbe essere applicato il diritto. Ma la Corte non è vincolato dalle conclusioni dell'avvocato generale. È membro dell’istituzione giudiziaria e concorre all’esercizio della funzione giudiziaria. Non esiste un vincolo di subordinazione e non perseguono la difesa di alcun tipo di interesse. Oggi la Corte può decidere in quali occasioni l’Avvocato debba presentare le sue conclusioni e la Corte può anche decidere di omettere le conclusioni. Tribunale è composto da almeno un giudice per Stato membro, nominati secondo lo stesso meccanismo di nomina dei giudici della Corte. Numero di giudici passa da 40 giudici (2015), poi 47 (2016) e dal 1 settembre 2019 ci sarebbero dovuti essere due giudici per paese (quindi 54). Ma ad oggi ce ne sono 51. Raddoppio dovuto anche allo smantellamento del Tribunale della funzione pubblica. Per essere nominati valgono gli stessi requisiti richiesti ai giudici della Corte. Secondo l’art. 49 dello Statuto della Corte i giudici Tribunale nei casi previsti dal Regolamento del Tribunale, possono essere chiamati a svolgere le funzioni di avvocato generale. In questi casi, il membro del Tribunale che svolge queste funzioni in una determinata causa non può partecipare alla decisione. Mandato dei giudici è 6 anni, con rinnovo parziale ogni 3 anni. Tribunali specializzati L’art. 257 TFUE prevede l’istituzione di Tribunali specializzati. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono istituire tribunali specializzati affiancati al Tribunale, e incaricati di conoscere in primo grado di talune categorie di ricorsi proposti in materie specifiche. Istituzione previa consultazione o su richiesta della Corte di giustizia. Impugnazione (diritto e, ove previsto, fatto) dinanzi al Tribunale. Il Consiglio vota all’unanimità la composizione del Tribunale specializzato. Organi dell’UE Istituzione sono sette e elencate all'art. 13 TUE. Istituzioni svolgono ruolo significativo, mentre gli organi non sono coinvolti allo stesso modo nel funzionamento dell'Ue. > Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza (Borrell) art. 18 TUE: a guida della politica estera e di sicurezza comune dell'Ue. Contribuisce all'elaborazione delle PESC e attua le decisioni prese in ambito PESC in qualità di mandatario del Consiglio. ● Nominato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata in accordo con il presidente della Commissione. Alto Rappresentante è parte della Commissione essendone il vicepresidente. ● Mandato di 5 anni e il Consiglio europeo può porre fine al suo mandato ● Presiede il Consiglio Affari Esteri ed è vicepresidente della Commissione. Assicura la coerenza dell'azione esterna dell'Ue. ● Partecipa alle riunioni del Consiglio europeo Non è mai stata approvata mozione di censura da parte del Parlamento e non è chiaro come si svolgerebbe la procedura. (è un organo ma fa parte anche della commissione…??) Guida la politica di difesa e contribuisce all'elaborazione e attuazione di tale politica. Inoltre coordina gli aspetti civili e militari della missioni operative all'estero (art. 42-43 TUE) È a capo dell'Agenzia europea per la difesa. Servizio europeo di azione esterna (servizio "diplomatico" dell'Ue). È stato introdotto dal Trattato di Lisbona. Presieduto dall'Alto rappresentante e lo assiste nell'esecuzione delle sue funzioni. Ruolo di assistenza e supporto anche agli altri ogni Ue che si occupano di relazioni esterne. Organizzato in un'amministrazione centrale e delegazione nei Paesi o presso le O.I. > Comitato economico e sociale dell'Unione Europea Art. 300 TFUE: rappresentanti delle organizzazioni di datori di lavoro, lavoratori dipendenti e di altri attori rappresentativi delle società civile, in particolare nei settori socioeconomico, civico, professionale e culturale. ● Obbligo di indipendenza ● Divieto di mandato imperativo ● Servono gli interessi dell'Unione e non sono rappresentati degli Stati Art. 301 TFUE: - il Consiglio decide la Composizione del CESE e numero di membri per ciascuno Stato. Membri distribuiti tra i 27 stati in modo proporzionale alla popolazione ● Il Consiglio nomina i membri su proposta degli stati. Ottobre 2020: 329 membri, durano in carica 5 anni Funzione consultiva: ● Pareri su richiesta delle Istituzioni, quando lo prevedono i Trattati ● Pareri di propria iniziativa > Comitato delle Regioni LA BCE e SEBC detengono potere assoluto nella conduzione della politica monetaria. Principio fondamentale è quello dell’indipendenza del sistema: BCE e SEBC sono un corpo autonomo all’interno del trattato. Art. 130 TFUE: Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dai trattati e dallo statuto del SEBC e della BCE, né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Questo principio viene garantito dal fatto che i membri sono eletti per 8 anni e il loro mandato non è rinnovabile e la mancanza sopravvenuta di tali requisiti produce la decadenza dall’incarico. Indipendenza non sta per estraneità al sistema europea. Sentenza del 2004 Corte di giustizia: OLAF (autorità europea anticontraffazione). Organo competente a valutare l’esistenza di frodi comunitarie. BCE si era creato il suo sistema antifrode, e la corte dice che la BCE è esterna e non estranea al sistema, e non poteva crearsi il suo personale sistema di antifrode. La Corte argomenta dicendo che Il fatto stesso che la BCE tragga la propria esistenza dal Trattato la comunità europea suggerisce che questa istituzione è concepita per contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità Europea. Il riconoscimento della BCE e della sua indipendenza non ha la conseguenza di staccarla completamente dalla comunità europea di sottrarla da qualsiasi norma diritto comune. Comunque, l’indipendenza della BCE è più accentuata di quanto si dice nei trattati, poiché ha anche un’autonomia finanziaria. Le entrate della banca centrale sono costituite sia da capitale sottoscritto e versato dalle banche centrali nazionali, e ai proventi del cosiddetto signoraggio bancario. Tutto ciò sempre al fine di garantire il rispetto del principio di indipendenza. Con l'espressione signoraggio bancario si intende il reddito garantito dall'emissione delle monete che prima dell'adozione dell'Euro aspettava ciascuna Banca Centrale nazionale. è una percentuale trattenuta su ogni euro emesso. Organizzazione interna La BCE è composta da (art. 129 TFUE): - Comitato esecutivo: siede un consiglio ristretto formato dal presidente, vicepresidente e 4 altri componenti (nominate dal Consiglio Europeo, persone di grande levatura in ambito bancario.) Spettano funzioni preparatorie rispetto alle riunioni dell'organo generale e ai compiti di volta in volta i delegati da quest'ultimo. è un organo dotato delle competenze amministrative e dei poteri esecutivi. Vota a maggioranza semplice e il voto vale 1 per ogni componente. - Consiglio direttivo: è composto dai membri del comitato esecutivo e i governatori delle banche centrali degli stati membri della zona euro. I principali poteri deliberativi sono attribuiti al consiglio direttivo che ha la funzione di stabilire gli indirizzi e di adottare decisioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi della politica monetaria. Vota sia a maggioranza semplice che qualificata. Il voto dei vari governatori nazionali è rapportato al prodotto interno lordo e al bilancio totale aggregato delle istituzioni finanziarie. Il voto totale è uguale a 15. I membri sono divisi in due gruppi: gruppi sono formati mediante una graduatoria che tiene conto dei paesi economicamente più importanti e all'interno del gruppo il voto è esercitato a rotazione dai vari paesi che lo compongono. Il meccanismo di voto è stato criticato per l'eccessiva farraginosità e per la mancanza di trasparenza. - Consiglio generale: presidente, vicepresidente e tutti i governatori delle banche centrali, inclusi anche quelli dei paesi che non hanno adottato l’euro. Istituzione di raccordo tra zona euro e non. La BCE risulta peculiare nel panorama delle istituzioni europee (organo sui generis) perché adotta determinati atti normativi senza alcun coinvolgimento del Consiglio e del parlamento. Tale aspetto sulle varie perplessità di legittimazione democratica: è evidente che questi poteri sono esercitati da organi che non sono oggetto di elezioni democratiche e che, per effetto del principio di indipendenza, sono sostanzialmente esenti da qualunque tipo di responsabilità per le proprie scelte. Questa scarsa democraticità è accentuata da l'articolo 14 dello Stato del sistema europeo di banche centrali che prevede che le banche centrali nazionali agiscano secondo le istruzioni ricevute dalla BCE. Spetta cioè alla BCE stabilire le linee di politica monetaria e alle banche centrali nazionali il compito di attuarle. Oltre al fatto che la banca contrarie non eletta democraticamente ed è indipendente si aggiunge, quindi il fatto che le sue decisioni sono attuate da banche centrali nazionali altrettanto indipendenti e prive di un fondamento democratico. Tutte le riunioni sono riservate, a meno che il consiglio direttivo non decida altrimenti. I banchieri centrali (sia i banchieri europei che i banchieri nazionali) sono nominati per circa 8 anni e il suo mandato non è rinnovabile. L’idea è quella che i banchieri debbano essere indipendenti dal potere politico. Il SEBC è il sistema europeo Banche centrali, le misure economiche e monetarie non vengono attuate dalla BCE ma attuate attraverso una rete di banche centrali nazionali. Questo sistema gode di una sorta di indipendenza dal resto del trattato.. Il SEBC non è un’istituzione ma un meccanismo di coordinamento. Gli strumenti dei quali può fare uso il SEBC riguardo la politica monetaria Sono elencati nell'art. 127 TFUE: questa disposizione prevede che il sistema europeo di banche centrali possa svolgere operazioni di cambio, gestire le riserve valutarie degli Stati membri, promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. Per quanto riguarda quest'ultimo punto la BCE svolge essenzialmente una funzione di supervisione che viene esercitata attraverso atti di soft law. Indipendenza dal potere politico, indipendenza finanziaria, ma il ricorso per annullamento può essere presentato anche su un atto della BCE. Non dovrebbe voler dire indipendenza dal potere giudiziario. > Politica economica da Maastricht fino alla crisi del debito sovrano (2008) Art. 5 TFUE: gli stati si coordinano nella gestione delle rispettive politiche economiche. Dal 1992-2010: 1. Regole sull'esposizione al mercato : miravano a costringere gli stati membri a reperire autonomamente le risorse necessarie. Queste comprendevano sia la clausola di esclusione dal bail out (divieto per la BCE e per le BCN di concedere prestito o facilitazione agli stati membri e divieto di accollo per l’Unione o altri stati membri dei debiti altrui). Il trattato comunque non vietava assoluto i prestiti agli Stati membri in difficoltà finanziaria. ma subordinava l'eventualità a due presupposti: il primo che la difficoltà finanziaria fosse dovuta a circostanze eccezionali, il secondo che l'aiuto fosse subordinato alla realizzazione di una serie di riforme economiche. - art. 123 TFUE: Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni, organi od organismi dell'Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali. - Art. 125 TFUE: L'Unione non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli enti regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di qualsiasi Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un progetto economico specifico. Gli Stati membri non sono responsabili né subentrano agli impegni dell'amministrazione statale, degli enti regionali, locali o degli altri enti pubblici, di altri organismi di diritto pubblico o di imprese pubbliche di un altro Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un progetto specifico. 2. Regole sulla sorveglianza pubblicistica : scopo di introdurre dei meccanismi di controllo dei bilanci pubblici. I redattori del trattato non nutrivano una fiducia assoluta sull'efficienza del mercato e per preservare la probità dei governanti, ritennero dunque opportuno inserire nel trattato delle disposizioni per tenere sotto controllo il bilancio statale ed evitare la produzione di deficit e di bolle speculative sui titoli degli stati appartenenti alla zona euro. La disciplina pattizia venne completata con atti di diritto derivato: le integrazioni in questione, note con il nome di Patto di stabilità e di crescita si componevano di due regolamenti e di una direttiva. Questo patto si articola in due parti: preventiva e correttiva. 1) La procedura di sorveglianza multilaterale mira all'elaborazione di orientamenti generali delle politiche economiche nazionali e alla successiva verifica del loro rispetto. Nello specifico il consiglio adotta con raccomandazione sugli indirizzi di massa delle politiche economiche e, successivamente con l'ausilio della Commissione, ne sorveglia l'attuazione da parte degli Stati membri. Nel caso in cui uno stato si Scotti dai predetti indirizzi può rendersi destinatario di una raccomandazione da parte della Commissione. 2) La parte correttiva, procedura per i disavanzi eccessivi si fonda sull'art.126 Attraverso questa procedura e bilanci statali sono soggetti al duplice controllo della commissione del consiglio. Le istituzioni in questione disponevano la prima di una competenza tecnica e di un potere di proposta; la seconda di poteri deliberativi e sanzionatori. Questa procedura prevede una serie di pressioni progressive sullo stato membro inadempiente. Il parametro di misura dell'inadempimento è dato dal rapporto tra prodotto interno lordo e debito pubblico sopra al 60% da un lato e deficit e PIL sopra al 3%. La procedura si articola in fasi successive: se lo stato non rispetta i parametri sopra indicati, la commissione prepara una relazione. Se lo Stato membro persiste nel mantenere un disavanzo superiore al alle percentuali prescritte, la commissione trasmette un parere e informa il consiglio. Il consiglio può decidere a maggioranza qualificata che esiste un deficit eccessivo. Dopo questa decisione può indirizzare una raccomandazione al paese in questione e può stabilire di rendere pubblica questa raccomandazione. Se il disavanzo perdura il consiglio adotta delle vere e proprie sanzioni. - art. 121 TFUE: Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, elabora un progetto di indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione, e ne riferisce le risultanze al Consiglio europeo. Il Consiglio europeo, deliberando sulla base di detta relazione del Consiglio, dibatte delle conclusioni in Fino al 2012 la BCE adottava piani ordinari, dopo nuovo corso a causa della crisi finanziaria. Estate 2011: SPREAD 700 punti, ovvero tasso di interesse italiano 8-9% (secondo gli economisti un tasso al di sopra del 6% non è sostenibile per uno Stato, perché impiega almeno una generazione per ripagare gli interessi). BCE manda lettera di riforme ad hoc per l'Italia. In teoria la BCE non può fare questo, perché la politica economica spetta gli stati membri. Ma di fatto per mantenere sistema sicure per gli investimenti sono necessarie riforme: - 2012: istituito il MES. - programma di acquisto di obbligazioni garantite sul mercato primario e secondario da parte delle BCN - piano di acquisti di titoli di debito sul mercato secondario dei paesi membri in difficoltà tra cui l’Italia - iniezioni di liquidità tramite prestiti a tassi scontati - Whatever it takes di Draghi, evita operazioni speculative nell'estate e autunno presenta primo piano non convenzionale OMT (outright monetary transaction). - programma OMT prevede piano di acquisti illimitati sui mercati secondari (presso le banche, istituti finanziari) di titoli di stato a seconda delle necessità e che accetti di sottoposti a riforme strutturali. Non viene rispettata la capital key (investimenti indirizzati in funzione del contributo della banca centrale nazionale che versava alla BCE). BCE acquista titoli di stato per riportare i diversi tassi d'interesse allo stesso livello, perché investitori non erano sicuri di acquistare i titoli dei paesi in crisi (come Italia). - Quantitative easing: acquisto da parte della BCE di titolo di debito pubblico o privato. con questi acquisiti si arriva alla produzione e immissione di moneta. Prima BCE non poteva finanziare il debito dello stato secondo il Trattato, vi era un minimo finanziamento in base alla capital key. BCE diventa il prestatore di ultima istanza nel sistema bancario (comprando titoli di stato detenuti dalle banche che non riuscivano a ripagarli), ma soprattutto la BCE inizia a fare politica economica (perché sceglie cosa finanziare). Linea di demarcazione tra politica monetaria e economica viene meno. BCE decide il confine tra le due politiche. Piano OMT impugnato da politici tedeschi davanti alla Corte costituzionale tedesca (è ammesso il ricorso diretto), sentenza Gauweiler (2015). secondo la Corte tedesca viene violato l’art. 123 TFUE (contro il finanziamento del debito pubblico) e sconfinamento in azioni di politica economica. Operato della Banca centrale tedesca è incompatibile con il principio di attribuzione alla base del Trattato. Contravvenzione dei poteri attribuiti dal trattato, che sono stati attribuiti dal Bundestag e quindi violazione dei principio democratico e violazione della Grundgesetz (legge costituzionale). La Corte di Giustizia risponde basandosi su due presupposti: 1. i programmi in esame concretizzano un atto di politica monetaria e non di politica economica. In sostanza, ciò che rileva, nella prospettiva della Corte, ai fini della qualificazione di una determinata misura come strumento di politica economica oppure monetaria, essenzialmente lo scopo dichiarato dall'istituto di emissione. (Ciò da all’azione della BCE una discrezionalità illimitata, alla BCE basta dichiarare che lo scopo dell’azione sia monetario per essere esente da controllo giudiziario). 2. non c’è violazione della clausola di divieto di bailout. Questo perché la bici entrambe le ipotesi agito sequenze seguendo una serie di cautele tra le quali: non dichiarare l'entità è l'oggetto degli acquisti per non creare gli investitori e gli stati membri una certezza circa il suo intervento e inoltre ha provveduto all'acquisto dei titoli solo sul mercato secondario. operando secondo queste cautele, l'istituto di emissione avrebbe evitato che venisse meno lo stimolo per i paesi dell'eurozona a mantenere politiche di bilancio sane. Solo l’istituto di emissione è competente a svolgere le analisi economiche necessarie per decidere quali azioni intraprendere. Tale valutazione è sostanzialmente esente da controllo in sede giudiziaria. La BCE non è tenuta né a dimostrare la sussistenza di una situazione tale da giustificare l'intervento, né a provare che la propria azione si è effettivamente funzionale e proporzionata rispetto all'obiettivo. Non sembra rispondente al vero il fatto che non vi sia violazione del divieto di finanziamento degli Stati. ben difficilmente si potrebbe negare che l'acquisto di Bond sul mercato secondario, seppure non formalmente vietato, costituiscono una forma di facilitazione creditizia. è inevitabile che le misure varate dalla BCE producano degli effetti indiretti di politica economica. è stato anche ipotizzato che il compito di salvaguardare la stabilità dei prezzi presuppone a propria volta anche la stabilità monetaria, nel senso che la suprema salus dell'Euro costituisce l'indispensabile premessa dell'esistenza stessa della BCE. Si tratterebbe di una manifestazione della cosiddetta teoria dei poteri impliciti che ricorre con una certa frequenza nel diritto delle organizzazioni internazionali. In conclusione la BCE, ha di fatto cambiato il proprio ruolo, nel senso che essa non ha più solo agito al fine di garantire la stabilità monetaria, ma che si è piuttosto comportata come un vero e proprio prestatore di ultima istanza. è proprio tale ruolo che i redattori del trattato non le hanno consapevolmente assegnato, per evitare che operazioni finanziarie errate o sfortunate divenissero ulteriore fonte di spesa per i governi nazionali. Dal punto di vista giuridico rilevano due ulteriori ordini i problemi del nuovo assetto della governance economica europea: il primo concernente il deficit democratico e la responsabilità politica delle scelte che vengono effettuate dai vertici monetari. Il secondo problema suscita invece un impatto maggiore per le popolazioni coinvolte ed è dato dal rispetto dei diritti fondamentali nei programmi di assistenza finanziaria. > Tutela dei diritti fondamentali Programmi di assistenza finanziaria più importanti per Grecia, Portogallo e Cipro sono devastanti. Impongono diminuzione delle ferie, diminuzione del corpo dei pubblici impiegati, tagli alla sanità, restrizioni alla circolazione dei capitali (prelievo massimo di 50€ agli sportelli) e prelievo una tantum nei conti di Cipro sopra 100.000€ (restrizione alla circolazione dei capitali) e riforma del sistema pensionistico. Sacrificio dei diritti degli azionisti e dei creditori in caso di nazionalizzazione degli istituti di credito. Programmi sono concordati tra BCe, FMI e Commissione e Stato destinatario, ma influiscono sui diritti sociali (Carta diritti fondamentali dell'Unione europea). Ma accordo è al di fuori dei Trattati e quindi non godono della tutela dei diritti fondamentali. Solo le fonti europee consentono di disapplicare le norme interne contrastanti e permettono pertanto al giudice di apprestare una tutela immediata. Ricorso alla CEDU resta possibile ma nella CEDU la tutela è lenta, perché prima bisogna fare ricorso ai ricorsi interni. Nel sistema CEDU norme non producono effetti diretti e sono soggette a discrezione degli stati che hanno ampio margine di apprezzamento (garantire i diritti fondamentali, ma lo stato può valutare situazione a situazione). > Patto di stabilità e crescita supervisione dei bilanci statali: preventiva tramite procedura di sorveglianza multilaterale (art. 121 TFUE) sia in via successiva attraverso il procedimento dei disavanzi eccessivi (126 TFUE). sistema che non ha funzionato con la crisi del 2008 perciò si riforma. riforma della governance europea avviene con il patto europlus, six pack, two pack e trattato internazionale sul fiscal compact conclusi in sede di Consiglio europeo. quadro disorganico caratterizzato da molte ripetizioni, scarso rispetto dei diritti fondamentali e rule of law. 1. riforma del patto di stabilità e crescita (six pack e two pack) Riformano sia parte preventiva che correttiva. Margine per l’aumento della spesa annua che non deve eccedere un tasso di riferimento della crescita di medio termine del prodotto interno lordo. Evitare che i profitti in eccesso non vengano spesi, ma usati per finanziare il debito. Per la parte correttiva: rilievo maggiore rapporto debito pubblico/PIL rispetto al rapporto PIL/deficit. paese che supera il 60% del debito/PIL deve risanarlo di 1/20 l’anno. Rafforzamento dei poteri della Commissione: regola della reverse majority: Consiglio deve trovare maggioranza qualificata per respingere la proposta della Commissione sul disavanzo eccessivo. Aumenta il potere della Commissione. 2. semestre europeo: strumento di coordinamento ex ante delle politiche economiche nazionali. analisi trasversale della politiche economiche da parte della Commissione che a gennaio fa rapporto approvato dal Consiglio europeo. il Consiglio stabilisce gli obiettivi economico da perseguire e formula gli indirizzi di massima. considerando ciò gli stati rivedono i programmi nazionali di riforme economiche che insieme ai disegni di legge di bilancio vengono inviati alla COmmissione che esprime raccomandazione e avvertimenti. favorito approccio integrato dei vari aspetti suscettibili di incidere sulla situazione macroeconomica. Ulteriori previsioni hanno introdotto l'obbligo di comunicare alla commissione anche i programmi di emissione di obbligazioni di debito pubblico con le relative scadenze. Il Parlamento Europeo è solo indirettamente coinvolto nell'elaborazione del semestre europeo mediante il cosiddetto dialogo economico, che consiste nella possibilità di invitare i rappresentanti della commissione, il presidente del consiglio Europeo oppure del presidente dell’Eurogruppo. 3. principio del pareggio di bilancio (Fiscal compact) > Fiscal compact Trattato internazionale firmato a Bruxelles il 2 marzo 2012. Visto che c’era opposizione REgno Unito e Repubblica Ceca non è stato possibile riforma in ambito europeo per dare più poteri nell’ambito della politica economica alle istituzioni europee (per la riforma serve l’unanimità).Inoltre risultava difficile, dopo la decisione della Corte Costituzionale tedesca sul Trattato di Lisbona, imporre determinati obblighi di natura economica ai parlamenti nazionali, come quello di adottare la norma costituzionale sul pareggio di bilancio, senza la partecipazione diretta degli organi legislativi. Accettando il ricorso a un trattato internazionale, i parlamenti nazionali sarebbero stati necessariamente coinvolti perché avrebbero dovuto autorizzare i governi a procedere alla ratifica. Il nucleo centrale del Fiscal Compact è costituito dagli articoli 3 e 4. Prevedono non solo che il rapporto tra debito e PIL debba attestarsi sul 60%, ma soprattutto che gli stati che non riescono a mantenere tale parametro al di sotto di questa percentuale devono ridurre il proprio debito in una percentuale di un ventesimo per anno. L'articolo 3 del Fiscal Compact contiene una disposizione realmente innovativa poiché stabilisce che gli stati sono tenuti a introdurre a livello “preferibilmente costituzionale” una norma che sancisca che il bilancio deve essere in pareggio. Vi è un dubbio di incompatibilità tra il Trattato in esame e il Trattato istitutivo: perché il Protocollo n 12 sede Era competente a svolgere il relativi controlli ma nessuno dei soggetti pubblici coinvolti disponeva del potere di effettuare tutte le verifiche necessarie per consentire agli istituti di rilevanti dimensioni di operare sull'intero mercato unico. A ciò si deve aggiungere che l'interconnessione tra le attività finanziarie di tali enti e i bilanci pubblici degli Stati è estremamente elevato perché gli enti bancari detengono sovente nel proprio bilancio titoli di Stato con la conseguenza che l'eccessivo rischio-paese finisce per scaricarsi sovente sul mercato finanziario. In questo contesto la scarsa solidità patrimoniale dell'Istituto di credito, soprattutto se di importanza sistemica, rischia di produrre un effetto contagio e di mettere a rischio l'intero comparto nei paesi partecipanti alla moneta unica. Con il regolamento del 2013 si stabilisce che il controllo sugli enti creditizi stabiliti nella eurozona sia svolto dalla Banca Centrale, la cosiddetta vigilanza microprudenziale. La verifica delle attività finanziarie nel loro complesso e la vigilanza macroprudenziale spetta invece a un complesso sistema di autorità noto come SEVIF, il cui organo principale è l'autorità Bancaria Europea (ABE: funzione di coordinamento e carattere consultivo). Si crea un sistema di controllo multilivello, in base al quale le autorità nazionali svolgono un ruolo eminentemente esecutivo o delegato nel quale la responsabilità principale spetta alla Banca Centrale. La BCE può delegare le funzioni di controllo all’autorità nazionale competente, se le banche sono “non significative”. In sostanza, la vigilanza bancaria spetta alla BCE in relazione a tutte le banche, e in particolar modo su quelle significative. La sentenza Landekredistbank: L'istituto di credito contesta la decisione della BCE che aveva stabilito che non c'erano circostanze particolari a lasciare il compito di vigilanza alle autorità nazionali. L’istituto di credito era però già soggetto al controllo di quattro diverse autorità che già garantivano la vigilanza efficace. Tuttavia il tribunale ritiene che per circostanze specifiche e fattuali che rendono inappropriata la classificazione di un soggetto come significativo devono essere intese nel senso che si riferisce alle sole circostanze di fatto specifiche che implicano che una vigilanza diretta da parte delle autorità nazionali è maggiormente in grado di realizzare gli obiettivi e i principali e i principi del regolamento di base e in particolare la necessità di garantire l'applicazione coerente di standard di vigilanza elevati. L’istituto che non vuole essere sottoposto a vigilanza da parte della BCE deve dimostrare che la vigilanza dell’autoritànazionale realizzi meglio le finalità del regolamento. Tale regolamento è stato concepito per centralizzare la vigilanza nelle mani della BCE. Inoltre il controllo implica che la BCE dispone del potere di revocare la licenza agli istituti di credito. Il controllo avviene attraverso gli stress test. LA BCE ha ampi poteri di indagine. Tali poteri generano dubbi di compatibilità con il Trattato incluso il rispetto dei principi di proporzionalità e di non incidenza sulla proprietà privata. Svolta federalista: istituzioni eu non si limitano a deliberare atti giuridici affidandosi alle autorità nazionali per l’applicazione, ma svolgono funzioni esecutive negli ordinamenti nazionali. Va detto che la BCE non ha attività di controllo sulla totalità delle attività finanziarie perché non ha controllo nei confronti delle attività assicurative e sugli enti che praticano attività finanziaria. Per superare tale frammentazione, un regolamento stabilisce che la BCE può cooperare con il SEVIF, con l’ABE, con il MES, con le autorità nazionali di vigilanza anche degli stati membri fuori dalla zona euro. Tale regolamento è un compromesso politico che non risolve i problemi. Inoltre dal punto di vista del deficit democratico si constata che gli unici controlli siano rappresentati dall’obbligo per la BCE di riferire ai parlamenti nazionali o di rispondere a interrogazioni e quesiti. > Risoluzione delle crisi bancarie. Adozione nel 2014 di due atti: 1. BRRD, sul risanamento e la risoluzione delle banche 2. SRM, meccanismo di risoluzione unico BRRD. Creazione di meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie. Implica che se prima le banche fallivano lo Stato doveva nazionalizzarle e assicurare i piccoli risparmiatori, fallimento di una banca aveva l'effetto di riversarsi sulla collettività. Adesso meccanismo del bailing: azzerare valore azionisti, poi sacrificare obbligazionisti di un certo valore e poi in ultima istanza interviene lo stato Questo meccanismo mira ad evitare i salvataggi delle banche in dissesto con il denaro dei contribuenti introducendo un meccanismo di bail-in il quale assicura che gli azionisti e creditori della banca siano responsabili in prima linea per coprire le perdite inoltre gli stati membri devono istituire fondi di risoluzione nazionali finanziati in anticipo agli enti creditizi ed alle imprese di investimento per coprire le perdite e stabilisce norme per la prevenzione e di intervento precoce da parte delle autorità nazionali competenti. sono competenti per la risoluzione delle crisi bancarie il comitato di risoluzione unico con riguardo a tutte le banche significative e ai gruppi transfrontalieri o per le banche meno significative stabilite sul territorio italiano La Banca d'Italia le misure di risoluzione sono in ordine progressivo : a) La cessazione di beni e rapporti giuridici ad un terzo b) costruzione di un ente nel quale confluiscono le passività c) cessione di beni e rapporti a una società veicolo per la gestione delle attività attraverso la cartolarizzazione. d) Bail-in Gli effetti di tale meccanismo si vedono sulla governance della banca quali la sospensione del diritto di voto e di ogni altro diritto connesso al possesso di partecipazioni, nonché la decadenza degli organi amministrativi e di controllo. Infatti vengono nominati dei commissari con il compito di provvedere all'attuazione del piano di risoluzione. il principio del bail-in si basa sul principio di matrice Europea Burden sharing secondo il quale la ricapitalizzazione dell'Istituto di credito deve avvenire attraverso l'annullamento del valore nominale delle azioni e eventualmente attraverso la conversione obbligatoria dei crediti in azioni o in altri strumenti partecipativi a capitale. La finalità del bail-in è di consentire all'ente creditizio di continuare ad operare sul mercato mediante un azzeramento delle quote di partecipazione detenute dagli azionisti o delle obbligazioni emesse dalla società. il meccanismo mira ad attuare un principio di condivisione dei rischi e ad evitare che gli istituti di credito possano godere di una sorta di garanzia implicita di salvataggio attraverso fondi pubblici. il principio del Burden sharing risponde a un'idea di giustizia sociale in quanto serve ad escludere che un istituto di credito che sia troppo grande per fallire posso godere di una sorta di accesso diretto ai fondi pubblici. Gli strumenti normativi stabiliscono una serie di soggetti che devono essere sacrificati in vista della capitalizzazione, quali portatori degli strumenti di capitale e i possessori di passività subordinate e non subordinate, cioè di obbligazionisti. Sono esclusi i depositi bancari inferiori a €100000, le obbligazioni garantite e titoli di proprietà di clienti che siano stati affidati alla banca in via fiduciaria o un con finalità di investimento. la Direttiva Prevede la possibilità di ricorrere a misure di intervento precoce in presenza di rilevate irregolarità sulla gestione della banca. Tali misure sono la possibilità dell'autorità di controllo di chiedere alla banca di preparare e dare attuazione al piano di risoluzione o in Extrema Ratio di ordinare la rimozione in blocco di tutti i componenti con funzione di amministrazione e di controllo dell'Istituto. Dubbi: Coerenza del bail-in con il diritto di proprietà (art.345 TFUE, con il protocollo della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e l’art 17 della Carta dei diritti fondamentali che riconoscono il diritto di godere e disporre liberamente dei propri beni) cioè, per consentire a un istituto di credito di importanza sistemica di continuare la propria attività, si accetta il sacrificio del patrimonio investito. A tali accuse si risponde che è un sacrificio imposto all'interesse generale, cioè l’obiettivo è di garantire la stabilità finanziaria e la salvaguardia dei fondi pubblici. Il dubbio sollevato sul diritto di proprietà riguarda i proprietari delle azioni che si vedono imposta la scelta degli organi di vigilanza. > Ruolo del Consiglio nelle decisioni sul futuro dell’euro. Si possono evidenziare più aspetti di scarsa democraticità del funzionamento della politica economica e monetaria come lo scarso coinvolgimento del PE, nella constatazione che i parlamenti nazionali dispongono di uno scarso margine di operatività stanti i vincoli di bilancio e la circostanza che i poteri della commissione sono aumentati rispetto al passato, nello svolgimento dei processi deliberativi nell'adozione dei provvedimenti sanzionatori, i quali hanno generalmente luogo nell'ambito di consessi che non sono oggetto di elezione Democratica. Altre decisioni sono state di fatto assunte nel Consiglio Europeo, il quale ha operato eminentemente al di fuori dell' assetto istituzionale. Il consiglio europeo ha concluso accordi che vengono poi attuati dalle istituzioni europee ed assumono le proprie determinazioni senza alcun coinvolgimento delle assemblee democratiche. Le decisioni circa la gestione della politica economica e monetaria vengono assunte da una posizione sempre più lontana rispetto ai cittadini nell'ambito di riunioni verticistiche che si svolgono a porte chiuse e al di fuori di effettivi dibattiti parlamentari. Il coinvolgimento delle assemblee legislative è solo ex post e solamente dopo aver raggiunto l'accordo sul piano intergovernativo, ovvero in un momento in cui la possibilità concreta di incidere positivamente sul contenuto delle delibere adottate e di fatto estremamente ridotta. Alcuni autori hanno suggerito di creare una sorta di parlamento dell'eurozona, attraverso la conclusione di un trattato ad hoc tra gli stati membri dell'eurozona. Progetto che non ha ricevuto molto successo. De jure condito non rimane pertanto fare altro che rafforzare i meccanismi esistenti. Si potrebbe ipotizzare di introdurre un controllo giurisdizionale effettivo sugli atti della BCE. Nella specie la Corte di Giustizia dovrebbe sindacare realmente la rispondenza degli atti della BCE al novero degli strumenti di politica monetaria, senza fidarsi ciecamente dell'analisi tecnica condotta dallo stesso istituto di emissione. Poi si potrebbe immaginare che gli atti dell'eurogruppo siano autonomamente soggetti a controllo giudiziario. L'eurogruppo non appartiene al novero delle istituzioni i cui atti sono impugnabili, è però chiaro che le decisioni assunte dell'eurogruppo risultano produttive di effetti nella sfera giuridica dei privati. Si potrebbe ipotizzare che le decisioni dell'eurogruppo, Almeno nella misura in cui producono effetti suscettibili di incidere nella sfera soggettiva degli interessati, siano passibili di impugnazioni mediante ricorso per annullamento. In terzo luogo si potrebbe fare ricorso ad altri strumenti di controllo politico propri del Parlamento Europeo, quali il ricorso al mediatore e la nomina di commissioni d'inchiesta che possono esercitare compiti più penetranti e che non hanno avuto alcun applicazione all'interno dell'Unione economica e monetaria. Principio di specializzazione : art.316 TFUE. In base a questo principio le risorse del bilancio sono affidate alla gestione soltanto per gli scopi previsti dal bilancio stesso e precisati nelle linee guida del bilancio. Principio del pareggio : art. 310/314 TFUE stabilisce che entrate e spese devono risultare in pareggio. Tale principio limita la possibilità di manovra delle istituzioni europee nel procedimento di approvazione di bilancio. Esso comporta il divieto per l’unione di ricorrere al prestito per coprire eventuali disavanzi. Al principio dell’equilibrio di bilancio si collega la prescrizione in virtù della quale l’Unione deve assicurarsi che prima di adottare gli atti essi abbiano copertura finanziaria. (art 310 TFUE). Principio della buona gestione finanziaria : a tale principio deve attenersi sia la Commissione che cura l’esecuzione del bilancio, sia gli stati membri , nel cooperare con la commissione. Principio precisato nell’art.33 del regolamento finanziario 2018/1046 del 18 luglio 2018 il quale pone le c.d. tre “e” : economia , efficienza, efficacia. Oltre all’iscrizione della spesa in bilancio è necessario che l’azione sia contemplata da un atto obbligatorio dell’Unione. Il potere di bilancio è distinto dal “potere legislativo” : il primo non può sostituirsi al secondo , imponendo con una decisione relativa al bilancio, la realizzazione di una determinata azione. La necessità di un atto normativo quale base per effettuare la spesa è affermata dalla corte di giustizia fatte salve le azioni “non significative”. Art. 310 TFUE prescrive espressamente che l’esecuzione di una spesa sia preceduta dall’adozione di un corrispondente atto obbligatorio. > Approvazione ed esecuzione del bilancio L’approvazione del bilancio viene disciplinata dall’art. 314 TFUE , il quale consacra il parlamento europeo e il consiglio come i due rami dell’autorità di bilancio. Il trattato di Lisbona ha modificato sensibilmente la disciplina del bilancio eliminando la precedente distinzione tra spese obbligatorie (consiglio) e spese non obbligatorie (parlamento). Questa innovazione ha messo sullo stesso piano le due istituzioni ampliando i poteri del parlamento nella definizione delle spese prima rimesse solo alla definizione del coniglio ( spese obbligatorie). Tuttavia il parlamento rimane ad avere un ruolo marginale nella definizione del sistema delle risorse proprie. L’art 312 TFUE prescrive formalmente l’adozione del quadro finanziario pluriennale che mira ad assicurare l’ordinato andamento delle spese dell’Unione entro i limiti delle sue risorse proprie. Il quadro finanziario pluriennale assume una funzione decisiva in merito alle spese dell’Unione poiché esso fissa gli importi massimali annui degli stanziamenti per impegni relativi a ogni categoria di spesa che corrisponde ai grandi settori di attività dell’Unione. Le determinazioni del bilancio annuale sono così subordinate alle decisioni assunte nel quadro finanziario pluriennale , che diventa la sede realmente decisiva delle scelte politiche e finanziarie. Riguardo all’adozione di tale quadro pluriennale l’art 312 pur prevedendo che il Parlamento Europeo , il Consiglio e la Commissione prendono ogni misura necessaria a facilitarne l’adozione , stabilisce che esso è determinato mediante un regolamento adottato dal Consiglio all’unanimità , previa approvazione del parlamento europeo. Dunque sebbene il Parlamento possa condizionare l’adozione del quadro finanziario , esprimendo o meno la sua approvazione , la necessità di una votazione unanime nel consiglio tende a spostare il fulcro del processo decisionale a livello intergovernativo nello stesso consiglio. L’approvazione del bilancio annuale avviene per mano del Parlamento Europeo e del Consiglio seguendo una procedura legislativa speciale (art.314 TFUE). Quest’ultima consiste : ciascuna istituzione entro il 1 luglio di ogni anno deve elaborare uno stato di previsione delle spese per il successivo anno finanziario. La commissione raggruppa tali previsioni in un progetto di bilancio , comprendente una previsione delle entrate e delle spese , nel quale può fare anche previsioni divergenti rispetto a quelle elaborate dalle varie istituzioni. tale progetto deve essere proposto entro il 1 settembre al parlamento e al consiglio, da parte della commissione, che possono modificarlo fino all’eventuale convocazione di un comitato di conciliazione. Primo esame del progetto di bilancio viene fatto dal consiglio che entro il 1 ottobre comunica la sua posizione al parlamento motivando esaurientemente. Entro 42 giorni il parlamento europeo può approvare la posizione del consiglio, nel qual caso il bilancio è adottato. L’adozione avviene anche nell’ipotesi in cui entro tale termine di 42 giorni il parlamento non abbia deliberato alcunchè. Vi è anche l’ipotesi che entro i 42 giorni il parlamento dissenta rispetto al progetto inviatogli dal consiglio; tale dissenso si manifesta con l’adozione di emendamenti e successivamente il progetto emendato viene rinviato al consiglio che entro 10 giorni può approvare tutti gli emendamenti del Parlamento. In caso contrario si apre una fase in cui interviene un comitato di conciliazione formato dai rappresentati del consiglio e del parlamento e con la partecipazione della commissione che prende ogni iniziativa necessaria per favorire un riavvicinamento tra le posizioni di consiglio e parlamento. Compito del comitato è quello di giungere entro 21 giorni dalla sua convocazione a un accordo su un progetto comune, a maggioranza qualificata dei membri del consiglio e a maggioranza di quelli del parlamento. Qualora il comitato non raggiunga un progetto comune il progetto va respinto e la commissione ne deve formulare uno nuovo. Se invece entro i 21 giorni si raggiunge un accordo il parlamento e il consiglio dispongono di 14 giorni per approvare il progetto comune. Entro il termine di 14 giorni possono verificarsi vari scenari. Può accadere che sia il parlamento che il consiglio approvino espressamente il progetto comune e in questo caso il progetto è adottato ( ipotesi più probabile). Se al contrario il progetto comune viene respinto da entrambe le istituzioni oppure da solo una delle due e l’altra non riesce a deliberare , il progetto è respinto e la commissione ne deve formulare uno nuovo. Il progetto è respinto anche se è approvato dal consiglio e non dal parlamento. In caso contrario, cioè rigetto da parte del consiglio e approvazione da parte del parlamento , la posizione di eguale autorità delle due istituzioni viene alterata a favore del parlamento. Quest’ultimo entro 14 giorni dal rigetto del consiglio deliberando a maggioranza dei suoi membri e dai tre quinti dei voti espressi, può decidere di confermare tutti gli emendamenti originariamente adottati rispetto alla posizione del consiglio; così il bilancio è definitivamente adottato secondo le deliberazioni del Parlamento. Una volta che il bilancio è definitivamente adottato è formalmente il presidente del Parlamento Europeo che constata tale adozione ai sensi dell’art. 314, par. 9. Ove il bilancio sia respinto o non venga adottato all’inizio dell’anno finanziario ( 1 gennaio) le spese vengono erogate secondo il regime dei dodicesimi (art.315 TFUE). In base a questo regime di norma le spese effettuate mensilmente non possono superare un dodicesimo dei crediti aperti nel bilancio dell’esercizio precedente né un dodicesimo di quelli previsti dal progetto di bilancio non adottato. Quando il bilancio sia stato approvato la sua esecuzione e l’erogazione delle spese spetta alla commissione ai sensi dell’art.317 TFUE. Essa è largamente coadiuvata dagli stati membri , ai quali è in buona parte delegata l’esecuzione di bilancio , in specie nella politica agricola e nella gestione decentrata dei fondi strutturali. L’esecuzione del bilancio da parte della commissione è sotto il controllo finanziario della corte dei conti. Il suo controllo non è solo di carattere formale ma investe il merito della gestione del bilancio: non si limita ai profili di regolarità e legittimità, ma riguarda anche l’accertamento della sana gestione finanziaria , il che implica una valutazione di merito che concerne l’economicità e l’efficacia della stessa gestione. Il controllo politico dell’azione della commissione è affidato invece al parlamento europeo il quale lo effettua sulla base di un esame dei conti e sulle relazione e dichiarazione di affidabilità della corte dei conti ( art.319 TFUE). La delibera del parlamento è chiamata decisione di scarico ed esprime l’approvazione sull’operato della commissione. > Adozione degli atti dell’UE I trattati, in specie il TFUE , prevedono una pluralità di procedimenti decisionali in ciascuno dei quali può variare il ruolo delle istituzioni oppure le regole di votazione. Inoltre può essere prescritta la consultazione di organi ausiliari come il comitato economico sociale o il comitato delle regioni. Il ricorso all’uno o all’altro procedimento è dovuto alla prescrizione della specifica disposizione sulla base di cui l’atto deve essere adottato. È il singolo articolo che attribuisce alle istituzioni la competenza ad adottare l’atto in questione. La procedura prevista dalle singole disposizioni del TFUE va obbligatoriamente applicata solo agli atti che contengono gli elementi essenziali della disciplina da emanare in forza delle stesse disposizioni. È possibile che tali atti, gli atti di base, prevedano l’adozione di una ulteriore normativa integrativa o persino modificativa di elementi non essenziali da parte della commissione oppure l’emanazione di atti di esecuzione della commissione o , eccezionalmente del consiglio. Atti del genere non sono soggetti alla procedura prevista dalla specifica disposizione del TFUE ma possono essere adottati secondo una procedura semplificata in cui intervenga solo il consiglio o la commissione, in caso di delega a quest’ultima. Questa possibilità di adottare atti di attuazione con una procedura semplificata rispetto a quella prescritta dalla norma del trattato per l’atto di base, vale anche sia per i regolamenti che per le direttive volte ad attuare un regolamento o direttiva di base. Trattato di Lisbona prevede sia atti delegati della commissione di portata generale , sia atti esecutivi della commissione o del consiglio volti ad attuare atti giuridicamente vincolanti dell’Unione ( art. 291 TFUE). Sia gli atti delegati che quelli esecutivi sono emanati dalla sola commissione, o dal consiglio, senza che segua le procedure stabilite dalle disposizioni del trattato per l’atto di base. Il trattato di Lisbona ha cercato di stabilire delle tipologie generali di tali procedimenti, collegandovi, l'individuazione di atti legislativi dell’unione. Già nel TUE emergono le istituzioni da considerare autorità legislative cioè il parlamento europeo e del consiglio ( art. 14 , art.16 TUE). Peraltro l’esercizio della funzione legislativa è subordinato a una proposta formalmente presentata dalla commissione che quindi partecipa anch'essa alla funzione legislativa. Il TFUE stabilisce una procedura legislativa ordinaria disposta dall'art 289 che statuisce “ la procedura legislativa ordinaria consiste nell’adozione congiunta di un regolamento , di una direttiva o di una decisione da parte del parlamento europeo e del consiglio su proposta della commissione. Tale procedura è definita nell’art.294”. Accanto a tale procedura , chiamata codecisione , ci sono procedure legislative speciali in cui viene meno la simmetria di poteri tra parlamento e consiglio prevista nella procedura ordinaria. In queste procedure speciali nella maggioranza dei casi il consiglio prende una posizione prioritaria sul parlamento che partecipa all’adozione dell’atto del consiglio con il suo parere o approvazione. La procedura legislativa vale a qualificare un atto dell'Unione come legislativo (art.289 TFUE). Tuttavia le procedure legislative non esauriscono le possibilità procedurali di adozione di atti dell’unione. Esistono numerosi casi in cui le procedure legislative non trovano applicazione. Per alcune istituzioni o in alcune materie è esclusa la possibilità di adottare atti legislativi e quindi l’applicazione di procedure legislative. Per quanto riguarda le istituzioni è il caso del consiglio europeo per cui l’art. 15 TUE dispone che non esercita funzioni legislative. Per quanto riguarda materie come la politica estera e di sicurezza comune nella quale è esclusa la possibilità di adottare atti legislativi. In questa materia il potere di decisione è concentrato nelle mani del consiglio europeo e del consiglio mentre marginale è la posizione del parlamento e della commissione. Ci sono poi disposizioni del TFUE che non prevedono alcun ruolo del parlamento nell'adozione di un atto da parte del consiglio. ( in materie come la politica economica, attuazione del mercato interno , adozione di misure in materia di pesca e agricoltura, definizione della tariffa doganale comune, ecc). in tali ipotesi è possibile che sia il consiglio a chiedere un parere al parlamento che però è del tutto facoltativo , cioè il consiglio può non attuarlo oppure neanche richiederlo. In alcuni casi l’atto pur corrispondendo ad atti tipici dell’unione è adottato da istituzioni del tutto particolari. È il caso della disposizioni particolari per l'ipotesi in cui l’iniziativa non parta dalla commissione. va sottolineato che in questo caso la commissione non è esclusa dalla procedura perché il Parlamento e il Consiglio le trasmettono il progetto accompagnato dalle loro posizioni in prima e seconda lettura. La commissione inoltre può formulare durante tutta la procedura un parere su richiesta del Parlamento o del consiglio di propria iniziativa e se lo reputa necessario partecipare al comitato di conciliazione svolgendo le proprie funzioni conciliative. Nella prassi sono frequenti negoziati del tutto informale e riservati ( c.d. triloghi) che si svolgono tra rappresentanti del Parlamento del consiglio e della commissione, alla ricerca di orientamenti e posizioni comuni che possano poi essere adottati normalmente nelle sedi istituzionali della procedura legislativa. I triloghi sono una prassi consolidata attraverso cui è adottata la maggior parte dei testi legislativi e costituiscono quindi una fase decisiva del progetto legislativo. > Procedure legislative speciali Art.289 TFUE: rapporto tra PE e Consiglio sbilanciato rispetto alla codecisione, di solito a favore del Consiglio. Per i casi in cui il PE adotta un atto con la partecipazione del Consiglio si può ricordare l’art. 223 TFUE, che prescrive che il PE con un regolamento stabilisce lo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle sue funzioni. Tale decisione resta subordinata ad una decisione positiva del Consiglio, che deve deliberare all’unanimità. Il Consiglio nelle procedure legislative speciali adotta un regolamento, direttiva o decisione con la partecipazione del PE. Il Consiglio delibera all’unanimità evidenziando la natura intergovernativa. In questi casi il Parlamento si esprime o con un parere o con un atto di approvazione. - Per quanto riguarda i pareri essi sono considerati obbligatori. Il parere obbligatorio comporta che il Consiglio è giuridicamente vincolato a chiedere il parere sul progetto di atto al parlamento, presentato dalla Commissione , prima di assumere la propria decisione. L’obbligo del Consiglio di consultare il PE comporta che in caso di mancata consultazione l’atto eventualmente emanato dal Consiglio sia illegittimo per violazione delle forme sostanziali (art. 263-264 TFUE). Nel caso in cui la proposta subisca una modifica sostanziale, vige l’obbligo di riconsultazione e deve essere richiesto nuovamente un parere al PE. In via eccezionale il Consiglio può adottare l’atto senza il parere del PE, solo nel caso in cui il PE abbia gravemente ritardato a fornirlo. è da ricordare che tra le istituzioni vige il principio di leale collaborazione (art. 13 TUE). Sono previsti in materie di sicurezza sociale, tutela dei cittadini all’estero, cooperazione di polizia, concorrenza, ravvicinamento delle legislazioni… - L’approvazione del PE valida l’atto che è stato adottato dal Consiglio. L’atto non approvato non è valido e quindi si può affermare che il Parlamento esercita un potere di natura negativa. Esso tuttavia non può partecipare all'elaborazione dell’atto. Sono previste per l’adozione di provvedimenti contro le discriminazioni, completamento dei diritti dei cittadini dell’UE, adozione delle misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie, adozione del regolamento che stabilisce il quadro finanziario pluriennale. > La conclusione di accordi internazionali e la competenza dell’UE Il diritto internazionale generale, nello specifico la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (1969) e Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati tra Stati e organizzazioni internazionali (1986), disciplina capacità di stipulare i trattati degli Stati e delle Organizzazioni internazionali. I Trattati, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e codificando buona parte della giurisprudenza della Corte, disciplinano la capacità di stipulare trattati dell’Unione. Secondo la teoria del parallelismo elaborata dalla Corte nella sentenza Commissione c. Consiglio (1971), è da considerarsi la Comunità, oggi UE, come dotata delle competenze necessarie per concludere accordi internazionali in tutti quegli ambiti dove possiede una competenza interna. Questo principio si desume dal fatto che la Comunità è dotata di personalità internazionale e si desume anche dalla teoria dei poteri impliciti e dal principio di leale collaborazione tra Stati membri e Comunità. Nella sentenza Commissione c. Germania (1977) la Corte ammette la possibilità di concludere accordi prima che venisse esercitata una competenza interna, nel caso in cui per raggiungere gli obiettivi del Trattato sia necessario stipulare un accordo internazionale. Con Lisbona i due principi sono stato codificati dall’art. 216 TFUE, che rinvia ad altri articoli che si riferiscono a specifiche materie come gli accordi di politica commerciale, cooperazione allo sviluppo, politica ambientale, tassi di cambio e politica monetaria e valutaria. > La competenza esclusiva o concorrente dell’Unione L’art. 3 TFUE sancisce la competenza esclusiva dell’Unione a stipulare accordi, nel caso in cui un atto dell’Unione preveda ciò oppure se è necessario per esercitare le proprie competenze all’interno oppure nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata. La competenza a stipulare trattati non è sempre esclusiva, difatti le norme europee sanciscono che in alcune materie vi è una competenza di natura concorrente con gli Stati. L’art. 3 TFUE ha codificato il principio del parallelismo, che determina anche se una competenza è da considerarsi concorrente o esclusiva. In maniera esemplificativa, se una competenza è esclusiva dell’Unione, allora l’Unione avrà anche una competenza esclusiva a stipulare dei Trattati, a meno che non decida di autorizzare gli Stati. nell’attribuzione di una competenza esclusiva non è necessario che la materia risponda al criterio della completezza della regolamentazione, ma bisogna considerare l’evoluzione futura della disciplina. Nelle altre materie si parla di competenza concorrente. In questo caso, gli Stati non devono mai attuare comportamenti che ostacolino i fini dell’Unione. Inoltre alcuni atti dell’Unione possono prevedere la competenza a concludere trattati, ma non si deve considerare esclusiva. > Gli accordi misti Nel caso in cui un accordo riguardi più materie, alcune appartenenti alle competenze esclusive dell'Unione, altre alle competenze concorrenti oppure materie comprese parzialmente appartenenti all’Unione, si stipulano degli accordi misti, ratificati sia dall’Unione che dagli Stati. Esempi: accordo con il Canada-CECA; Unione e stati membri quando aderiscono alla Convenzione di Montego Bay devono chiarire la divisione della competenze. Inizialmente questa prassi era dovuta all'indisponibilità di alcuni Stati a riconoscere l’Unione, mentre oggi è richiesta dagli Stati membri per evitare che le relazioni esterne siano gestite esclusivamente dall’Unione, in risposta ad una tendenza iniziata dalla Corte con la sentenza AETS. Questi accordi possono produrre dei ritardi, per questo spesso vengono presi in via provvisoria. Spesso per maggiore chiarezza per le parti contraenti viene esplicato il riparto delle competenze tra Unione e Stati membri. Se dovessero sorgere dei problemi di coordinamento, questi possono essere risolti con degli accordi interni tra Unione e Stati membri. Si possono verificare situazioni dove una materia sia competenza esclusiva dell’Unione, ma solo gli Stati possono ratificare tale accordo. In questo caso devono essere gli Stati a stipulare tale accordo nell’interesse dell’Unione, dopo aver ricevuto un’autorizzazione alla firma o ratifica da parte del Consiglio, su proposta delle Commissione previa approvazione o consultazione del PE, in conformità dell’art. 218 TFUE. (es. Convenzione dell’Aja, 1999). In questi casi gli effetti giuridici restano in capo agli Stati Sentenza Hermès: contraffazione del marchio. Hermès aveva registrato il proprio marchio come nazionale in vari stati (Francia, Olanda). Olanda prevede procedimento cautelare che prevedeva che passato un certo tempo l’effetto di giudicato e l'assenza di giudizio di merito. 1994 ratifica accordi OMC, Ue adotta un regolamento sul marchio unitario. Corte di Giustizia era competente a giudicare sull’art. 70 accordo TRIPS? Accordo misto viene applicato alla parte nazionale, non a quella europea. Corte di giustizia la interpreta comunque perché vi è un interesse europeo (volontà di evitare che si formi una giurisprudenza nazionale errata). Giudici nazionali se interpreteranno male l'art. 70 in ambito nazionale, lo interpreteranno male anche in ambito europeo. La Responsabilità della Corte di Giustizia ad interpretare accordo misto è maggiore di quella a stipulare. Corte di giustizia è competente ad interpretare solo quella che possono avere un riflesso sulla responsabilità internazionale della Corte di Giustizia. > La procedura di stipulazione degli accordi dell’Unione e i loro effetti giuridici. Il parere della Corte di giustizia L’art. 218 TFUE descrive il procedimento generale di stipulazione degli accordi internazionali. A seguito di una raccomandazione della Commissione o Alta Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza (se l’accordo riguarda esclusivamente o principalmente la PESC), il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive, autorizza la firma e conclude gli accordi. Designa inoltre il negoziatore o capo della squadra del negoziato. Il PE, precisamente la commissione competente come prescrive il Regolamento interno del PE, deve essere immediatamente e pienamente informata durante tutte le fasi del trattato. Deve essere informata fin dall’inizio della procedura dalla Commissione e può chiedere al Consiglio di non avviare la procedura. In ogni momento può adottare delle raccomandazioni. In ogni caso si può considerare il PE esterno al procedimento, anche se si può esprimere con l’approvazione o consultazione. L’approvazione è richiesta: accordi di associazione, adesione alla CEDU, accordi di cooperazione, accordi che hanno ripercussioni finanziarie considerevoli, accordi che riguardano materie regolamentate con procedura legislativa ordinaria o procedura legislativa speciale che prevede l’approvazione del PE. Negli altri casi, gli accordi necessitano della consultazione obbligatoria del PE, che deve essere formulato entro i tempi prevista dal Consiglio, periodo oltre il quale il Consiglio può deliberare anche senza il parere. ln relazione alla PESC resta del tutto estraneo. La Corte ha specificato che se la materia rientra principalmente all’interno della PESC, allora anche in questo caso il PE è escluso. Tuttavia esso deve sempre essere informato. Tendenziale parallelismo con quello che avviene con le competenze orizzontali. Francia c. Commissione (1991), in cui la Commissione aveva concluso con Usa un accordo in materia di cooperazione per l'applicazione della norme antitrust. Questo principio non è assoluto, non è vero che tutte le competenze sul piano interno sono autonome anche sul piano esterno e può scavalcare il consiglio. Il principio del parallelismo sembra estendersi anche alle competenze orizzontali. Accordi PESC sono eminentemente gestiti dal Consiglio europeo, negoziati dall'Alto rappresentante il quale assistito dal SEAE. Art. 288 TFUE. I Trattati possono essere conclusi sia in forma semplificata sia in forma solenne. In quest’ultima il Consiglio può apporre un decisione di applicazione provvisoria. Il Consiglio delibera a maggioranza teoria dei poteri impliciti (secondo la quale, l’Unione non ha solo i poteri a lei espressamente conferiti, ma possiede anche poteri che sono necessari per raggiungere i fini dell’Unione o quelli necessari all’esercizio efficace dei poteri sanciti formalmente.) Inoltre, la corte ha sancito anche una interpretazione “storica” o evolutiva, (sent. 6 Ott 1982) poiché riconosce che le norme che fanno parte del sistema di fonti dell’UE devono essere interpretate anche in base all’evoluzione del diritto dell’Unione. Comunque, in questa sentenza vengono richiamate primariamente l’interpretazione sistematica e teleologica. Secondo la sentenza Ziolkowski e Szeja (21 dicembre 2011), il diritto dell’UE va interpretato in maniera uniforme, e non alla luce del significato che una disposizione potrebbe avere all’interno dell’ordinamento di uno Stato membro. Nella sentenza citata, in linea col principio di uguaglianza degli stati e con l’uniformità dell’applicazione del diritto, viene sancita una interpretazione autonoma e uniforme, a meno che la disposizione in questione non contenga un espresso richiamo all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri. Esistono poi dei principi costituzionali non modificabili (principi “supercostituzionali”) mediante il procedimento sancito all'art. 48 TUE. Es: parere del 14 Dic 1991, in cui la corte esclude la possibilità di creare un sistema che pregiudichi le competenze della Corte. Ne deriva che il principio sancito all’art. 19 TUE, che disciplina il ruolo della Corte di Giustizia, sarebbe immodificabile. Va poi ricordata la sent. Kadi (3 Sett 2008), nella quale la Corte esclude che gli accordi tra Stati membri e Stati terzi preesistenti possano essere in contrasto con i principi fondamentali del diritto dell’Unione. Alla luce di questa interpretazione sistematica della Corte di Giustizia, si può concludere che i valori sanciti all’ art 2 del TUE e i principi relativi alle competenze della stessa Corte si posizionino in una posizione sovraordinata rispetto alle altre disposizioni dei Trattati. Ovviamente, nel momento in cui questi principi coincidessero con norme internazionali consuetudinarie di ius cogens, essi sarebbero inderogabili. > Efficacia diretta delle disposizioni dei Trattati Sent. Van Gend en Loos → riconosce come soggetti del diritto UE anche gli individui. Da ciò discende l’attribuzione agli individui di diritti soggettivi da parte delle disposizioni dei Trattati istitutivi. Se le disposizioni hanno un contenuto chiaro, preciso e incondizionato, e quindi non richiedano di essere integrate dall’emanazione di altri atti da parte degli Stati membri o delle istituzioni UE, allora esse hanno un’efficacia diretta. Queste disposizioni infatti pongono in capo agli individui dei diritti soggettivi che possono essere fatti valere all’interno dell’ordinamento degli Stati membri e che sono tutelati giuridicamente. La volontà dello Stato membro non rileva ai fini dell’attribuzione di tali diritti soggettivi in capo agli individui. Perciò, essi sono attribuiti in maniera automatica e diretta. (es: divieto di discriminazione in base alla nazionalità rappresenta un obbligo per lo Stato membro verso gli individui). Sent. Van Gend en Loos: ex art. 12 Trattato CEE che stabilisce il divieto di imporre e aumentare i dazi doganali o le tasse che siano equivalenti nel commercio tra gli Stati membri pone un diritto in capo agli individui (diritto di non pagare i dazi e le tasse in questione)? La corte rispose che l’art aveva un contenuto chiaro e incondizionato, e che istituiva un divieto in capo agli Stati nei confronti degli individui. Stabilì quindi che l’ex art. 12 del Trattato CEE (oggi art 30 TFUE) aveva una efficacia diretta sui rapporti giuridici tra Stati membri e individui, e che gli stati non hanno la competenza a produrre un provvedimento di diritto interno che subordini l’efficacia dell’art. 12. In questo caso non venne azionata la procedura di infrazione prevista agli artt. 258 e 259 TFUE, che prevede un ricorso alla giurisdizione da parte della Commissione o di uno stato membro di fronte alla violazione dei Trattati da parte di un altro stato. Bensì, la tutela di questo diritto venne azionata dai singoli di fronte ai giudici statali. L’efficacia diretta quindi, oltre a potenziare la tutela dei diritti degli individui, che non possono legittimamente promuovere una procedura di infrazione di fronte alla Corte, è anche uno strumento che garantisce il rispetto del diritto dell’Unione. In altre sentenze la Corte ha poi statuito che l’obbligo di rispettare i diritti soggettivi non si pone solo in relazione ai poteri legislativi e che non può essere interpretato in modo che venga escluso l’intervento dell’autorità giudiziaria per l’applicazione diretta dei trattati. In questo modo, il giudice nazionale rappresenta un garante dell’applicazione del diritto dell’Unione. L’art 19 TUE, con il Trattato di Lisbona, stabilisce che gli stati membri devono stabilire dei rimedi giurisdizionali in modo da assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei campi disciplinati dal diritto UE. L’attribuzione dell’efficacia diretta a una disposizione è una questione interpretativa, che si rifà al contenuto che deve essere chiaro, incondizionato e preciso, ma si pone anche in relazione alla sua capacità di conferire diritti soggettivi in capo agli individui. La corte ha poi precisato che anche se una norma pone formalmente degli obblighi in capo agli Stati, non necessariamente non sancisce anche un diritto in capo ai singoli. NB: L’efficacia diretta è diversa dall’applicabilità diretta. Quest’ultima, pur facendo anch’essa riferimento a un contenuto della disposizione chiaro, preciso e incondizionato, si distingue dalla prima per il fatto che non è necessario un atto interno di esecuzione o di adeguamento da parte degli Stati membri. Le norme con applicazione diretta sono le c.d. disposizioni self-executing. è chiaro però che solo una norma direttamente applicabile ha l’effetto giuridico di attribuire diritti nell’ordinamento statale. L’efficacia diretta si applica primariamente nei rapporti tra i singoli e gli Stati membri, per questo è spesso definita come efficacia diretta “verticale”. Questo effetto diretto sorge nel momento in cui i Trattati attribuiscano ai singoli un diritto che gli Stati sono tenuti a rispettare. Ma l’efficacia diretta si applica anche nei rapporti tra privati: in questo caso si parla di effetti diretti orizzontali. (Es: sent 12 Dic 1974, Walrave → la corte afferma la diretta invocabilità del diritto a non subire discriminazioni sulla libera circolazione dei lavoratori; Sent. 6 Giugno 2000, Angonese → sviluppo della giurisprudenza precedente: viene sancito il divieto di discriminazione fondata sulla nazionalità in materia di relazioni contrattuali, e quindi efficacia diretta ache nei rapporti tra privati. Viene ampliata l’efficacia diretta dell’art 45 TFUE sulla libera circolazione dei lavoratori.) > I principi generali del diritto dell’Unione Europea Con questa espressione non ci si riferisce a disposizioni già contenute nel TUE o nel TFUE (come ad esempioil principio di sussidiarietà - art 5 TUE, di non discriminazione in base alla nazionalità - art 18 TFUE... che, appunto, sono già sanciti nelle disposizioni dei trattati), e nemmeno ai principi generali comuni degli Stati membri, richiamati dall’art 340, 2° comma del TFUE (si tratta nello specifico di un rinvio ai principi generali comuni agli stati membri in materia di risarcimento da parte dell’Unione dei danni causati dalle istituzioni o dagli agenti dell’Unione nell’esercizio delle loro funzioni). I principi generali del diritto dell’UE non hanno origine da specifiche disposizioni, ma derivano dalla giurisprudenza creativa della Corte di Giustizia. Sono principi non scritti e ai quali la Corte fa riferimento nelle sue sentenze senza specificare né l’origine né il fondamento. Si tratta di principi che la corte desume direttamente dall’ordinamento dell’Unione Europea. A tal proposito va ancora citata la sentenza Van Gend en Loos, nella quale la corte stabilisce il principio dell’effetto diretto (efficacia diretta). Un altro fondamentale principio generale del diritto UE è la preminenza del diritto UE sul diritto interno degli stati membri, in virtù del quale le norme interne incompatibili sono prive di efficacia. Un ulteriore principio individuato dalla corte è quello della leale collaborazione, che viene in questo caso desunto non da una situazione giuridica che dà vita a un procedimento giurisdizionale, ma da una disposizione del Trattato sulla CEE. Questo principio è stabilito all’art. 10 del Trattato sulla CEE (e sancisce il dovere degli stati in questo senso nei confronti della Comunità) ed è stato interpretato dalla Corte in maniera estensiva: il dovere di leale collaborazione non si pone solo in capo agli stati, ma anche tra le istituzioni europee e da parte di queste verso gli Stati membri. Questo principio è stato poi recepito dal Trattato di Lisbona che ha quindi esteso il principio di leale collaborazione così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Va poi citato il principio di uguaglianza: anch’esso fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione. In alcuni casi la corte afferma questi principi in correlazione agli ordinamenti interni degli Stati membri, come nel caso dei diritti fondamentali, che sono entrati a far parte dell'ordinamento europeo in virtù della giurisprudenza e che si desumono anche dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri. In altri casi, la Corte sancisce principi che appartengono alla logica giuridica, come il principio della certezza del diritto e del legittimo affidamento. Per quanto riguarda la collocazione dei principi suddetti nella gerarchia delle fonti, si può dire che essi siano equiparati ai trattati, e che quindi siano fonti primarie non scritte, che integrano il diritto dell’Unione. Tuttavia la corte non si è pronunciata su questa questione. Vi sarebbe poi la questione della ipotetica incompatibilità tra un principio generale del diritto dell’Unione Europea e i Trattati. Ma tale incompatibilità è meramente ipotetica, in quanto la Corte, come si è detto, desume tali principi dallo stesso ordinamento dell’Unione. I principi generali inoltre operano sia nei confronti delle istituzioni europee, sia nei confronti degli Stati membri, che in caso di una violazione potrebbero essere soggetti di una procedura di infrazione. Le prime sono tenute ad applicare tali principi nell’esercizio delle loro funzioni. Per quanto riguarda gli stati, un esempio potrebbe essere il caso Rutili (sent 28 Ott 1975). In questo caso il principio in questione era il principio di proporzionalità, sancito all’art. 5, par 4 TUE. Esso trae origine dalla Art. 218: Funzione consultiva della Corte di Giustizia per la conclusione degli accordi internazionali. Accordi internazionali conclusi dall'Ue stanno in posizione intermedia tra trattati istitutivi e fonti di diritto derivato. Se lo stato non è adempiente dell'accordo, non pone in essere le misure necessarie per attuare l'accordo internazionale, inizia il procedimento di infrazione (accordo è vincolante per tutti gli stati). Non tutti gli accordi entrano nel sistema della fonti se si verifica il fenomeno di successione. Art. 216 TFUE: tratta delle fonti internazionali pattizie (accordi). Si riteneva che le norme consuetudinarie fossero integralmente derogate dal Trattato, non era necessario un'ulteriore precisazione. Idea che non esaurisce tutte le ipotesi. Sentenza Opel-Austria: Ue conclude con EFTA (eu free trade association) creazione di spazio economico europeo (SEE). Accordo prevedeva l'obbligo di non alzare i dazi doganali e di eliminarli progressivamente. Ue, prima che l'accordo entrasse in vigore (delay di tre mesi per completare il processo di ratifica), alza i dazi doganali. Opel Austria impugna il regolamento perché viola norma consuetudinaria (art. 18 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, obbligo di non privare del suo oggetto o scopo quando si sottoscrive il trattato e esprime il suo consenso a vincolarsi al trattato). Corte di Giustizia annulla il regolamento perché viola la norma consuetudinaria. Regolamento che fissa la tariffa doganale regola dei rapporti con stati terzi che sono regolati dal diritto internazionale, norme contenute nella Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati). Sentenza Rackett. Competenza dell'Ue a stipulare accordi internazionali, norme limitate che attengono a talune competenze: ● t. 37 TUE: disposizioni specifiche su PESC ● Art. 207 TFUE: politica commerciale comune (merci, servizi e aspetti delle proprietà intellettuale, stesse competenze dell'OMC) ● Art. 212 TFUE: cooperazione economica e finanziaria ● Art. 209 TFUE: cooperazione con paesi terzi e aiuto umanitario ● Art. 214 TFUE: aiuto umanitario ● Art. 217 TFUE: accordi di associazione (nella prassi usati con gli stati che mirano a diventare membri e per creare cooperazione commerciale più stretta con paesi terzi) Nelle altre materie, si applica il principio del parallelismo. Inventato nel 1971 dalla Corte di giustizia nella sentenza AETS: concludere convenzione sul trasporto di merci su strada. Laddove c'è competenza interna prevista dai trattati, Ue acquista competenza esterna corrispondente. Concetto recepito da Lisbona art. 3 e 316 TUE, principio del parallelismo ulteriormente esteso. Laddove c'è competenza interna, l'Ue ha già competenza esterna per consentire il funzionamento interno. > Accordi conclusi tra gli Stati membri Gli accordi conclusi tra Stati membri e tra Stati membri e terzi precedenti alla partecipazione alla comunità/unione sono abrogabili se contengano disposizioni contrarie agli obblighi derivanti dai trattati istitutivi. Per quanto riguarda gli accordi tra Stati membri conclusi dopo la partecipazione alla comunità o all’Unione, sono anch’essi subordinati al diritto dell’Unione . Infatti, nel caso di stipula di un accordo contrastante con gli obblighi istituiti dai Trattati, si assisterebbe ad una violazione del principio di leale cooperazione, in base al quale gli Stati non devono porre in essere comportamenti ostativi al raggiungimento dei fini dell’Unione. Comunque, se gli accordi non sono contrastanti, gli Stati membri sono liberi di concludere accordi su materie di competenza dell’Unione (a patto che la competenza UE non sia esclusiva). Spesso gli accordi possono essere conclusi in seno al Consiglio, in questo caso si tratta di atti degli stati membri riuniti in tale sede, rappresentano accordi conclusi in forma semplificata, e non hanno la natura giuridica degli atti dell’Unione. La corte non può quindi statuire su tali accordi, essendo essi “esterni” rispetto all’ordinamento comunitario. Spesso gli stessi trattati rinviano ad accordi, come nel caso della nomina dei giudici e degli avvocati generali della Corte di Giustizia. L’art 19 TUE stabilisce che tali nomine siano effettuate di comune accordo tra i governi degli stati membri. Questi accordi possono ritenersi parte integrante dell’ordinamento comunitario, in una posizione subordinata rispetto alle disposizioni dei trattati che li prevedono. (Es art 19 TUE) Accordi conclusi prima dell'entrata nell'Ue, art. 351 TFUE. In caso di incompatibilità tra accordo e diritti dell'Ue, lo stato deve eliminare tali incompatibilità (art. 4 TUE, principio di leale cooperazione). Si eliminano recedendo dall'accordo. Es: Diritto dell'Ue parità uomo-donna si pone in antitesi con convenzione che impediva il lavoro notturno femminile (trattato firmato dall'Italia). > Accordi tra Stati membri e stati terzi Gli accordi conclusi da Stati membri con Stati Terzi prima dell’adesione alla comunità o all’Unione sono tutelati dalla clausola di salvaguardia contenuta nell’articolo 351 TFUE, il quale prescrive che le disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse anteriormente alla partecipazione alla comunità o all’Unione. Inoltre, uno stato membro può sottrarsi agli obblighi previsti dai Trattati dell’Unione se ciò è necessario per adempiere ad un obbligo prescritto da un accordo concluso prima della partecipazione alla comunità o all’Unione. Per le materie di competenza esclusiva dell’Unione, la corte di giustizia ha affermato che l’Unione ha sostituito gli Stati membri nei diritti e negli obblighi che derivano dal GATT (Accordo generale sulle tariffe e il commercio). Accordi GATT conclusi da stati membri dell'Ue, e dopo l’entrata nell’UE la politica commerciale comune era competenza esclusiva ue, si ipotizza che ue sia succeduta agli obblighi che avevano gli stati membri nell’accordo GATT. Questo fenomeno avviene in rapporto al GATT e Carta delle Nazioni unite (secondo sentenza Kadi). Seconda peculiarità del GATT è rappresentata dal fatto che non può produrre effetti diretti non perché le sue norme non sono chiare precise e incondizionate, ma per una ragione diversa: le norme dell’accordo GATT sono prive della flessibilità (disposizioni sono caratterizzate dall’assenza di meccanismi coercitivi, che dipendono dal negoziato delle parti) e reciprocità (fatto che i negoziati commerciali avvengono sulla base di reciproci vantaggi, stato membro GATT accorda vantaggi per ricevere dei vantaggi). [Controversia su importazioni OGM da USA. Prodotti tuttora caratterizzati da un accordo transattivo che prevede una moratoria. (1998)]. Secondo il tribunale (sent 21 Sett 2005) la sostituzione degli stati membri in favore della comunità è avvenuta anche negli obblighi che derivano dalla carta delle nazioni unite. La corte ha però annullato (con la sent 3 sett 2008, cause Kadi e Al Barakaat International Foundation) la sentenza del tribunale, e non ha escluso una obbligatorietà della carta delle nazioni unite per l’Unione, soprattutto per l’attuazione di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza in merito al congelamento dei conti bancari di persone sospettate di essere affiliate a organizzazioni terroristiche. Nonostante ciò, la corte ha affermato che un trattato internazionale non può pregiudicare il sistema di competenze definito dai trattati. Dunque, se gli obblighi istituiti da un accordo preesistente sono in contrasto con l’ordinamento europeo, essi dovrebbero arretrare nei confronti dell’ordinamento dell’Unione europea. La corte ha anche annullato alcuni regolamenti attuativi di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, in quanto contrari al diritto europeo. nella sentenza di annullamento dei suddetti regolamenti attuativi, la corte ha stabilito che gli obblighi imposti da un accordo internazionale non possono compromettere i principi costituzionali dei Trattati. L’art. 351 TFUE prescrive inoltre che gli stati membri devono adoperarsi per risolvere eventuali incompatibilità tra le convenzioni e i Trattati. Questo obbligo rileva in funzione dell'interpretazione dei giudici nazionali dello stato in questione; infatti il giudice nazionale è tenuto ad interpretare le disposizioni della convenzione preesistente in modo conforme al diritto dell’Unione. Lo stato membro deve anche perseguire con tutti i mezzi la risoluzione dell’incompatibilità, rinegoziando la convenzione in questione oppure denunciandola. Corte di Giustizia richiede che gli accordi internazionali producano effetti diretti. Requisiti che deve avere norma per produrre effetti diretti: contenuto chiaro preciso e incondizionato. Accordi internazionali non sono così: accordi commerciali internazionali devono avere ulteriori requisiti. Giurisprudenza che inizia con l'accordo GATT (anni '70): ● accordi GATT erano stati conclusi dagli stati membri, e siccome la politica commerciale diventa comune, si ipotizza che l'Ue è succeduta agli obblighi in relazione all'accordo GATT. Fenomeno della successione delle norme internazionali. Sentenza Kadi: Ue ha poteri di successione anche in relazione alla Carte delle Nazioni Unite. ● Accordo GATT non può produrre effetti diretti perché hanno carattere della flessibilità e reciprocità (caratteristiche proprie del sistema GATT). Assenza di meccanismi coercitivi, stati del GATT hanno potere di negoziare soluzione concordata (flessibilità) e negoziati commerciali avvengono sulla base di reciproci vantaggi (reciprocità). Accordi conclusi all'interno dell'OMC può concludere effetti interpretativi. Sentenza Kadi: Ue per dare attuazione a parere delle Nazioni unite, bloccare conti correnti di coloro che sono sospettati di collaborare con al-Qaeda. Ma la circolazione di capitale è una libertà fondamentale e rispetto a questa si è verificato un fenomeno di successione. > Il diritto internazionale generale Nell’ordinamento delle fonti dell’Unione deve essere considerato anche il diritto internazionale consuetudinario. Esso ha una rilevanza nell’azione esterna dell’Unione, cioè nei rapporti che intrattiene con gli stati terzi e con le altre OI. Essendo l’UE un soggetto di diritto internazionale, essa è destinataria di diritti derivanti dal diritto internazionale ed è tenuta a rispettare gli obblighi da esso La firma e le forme di pubblicità degli atti dell’Unione sono disciplinate dall’art. 297 TFUE. Questo prescrive che, per gli atti adottati con procedura ordinaria, la firma sia apposta dal Presidente del PE e dal presidente del Consiglio. Gli atti adottati con procedura legislativa speciale sono invece firmati dal Presidente dell’istituzione che li ha adottati. Per quanto riguarda le forme di pubblicità e le condizioni per l’entrata in vigore, queste sono disposte dall’art 297 TFUE, che prescrive che tutti gli atti siano pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea e che essi entrino in vigore alla data stabilita, oppure dopo venti giorni dalla pubblicazione dell'atto in Gazzetta. Un atto può entrare in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione solo in circostanze eccezionali, e generalmente ha efficacia ex nunc, rispettando così il principio della certezza del diritto. Gli atti dell’Unione sono adottati in tutte le lingue ufficiali stabilite da due regolamenti del 15 aprile 1958, che stabilivano il regime linguistico della CEE e della CEEA. Nella sentenza del 20 Feb 2018, la Corte di Giustizia ha stabilito che tutte le lingue ufficiali sono da considerarsi le lingue autentiche degli atti, e dunque tutte le versioni linguistiche hanno lo stesso valore. Infine, è da considerare che gli atti obbligatori possono imporre sanzioni nei confronti di persone fisiche o giuridiche. In questo caso siamo di fronte ad un atto con efficacia di titolo esecutivo. (art 299 1° comma, TFUE). La formula esecutiva è apposta dall’autorità nazionale designata da ciascuno Stato, che verifica l’autenticità del titolo. > I Regolamenti Come recita l’art 288, par 2, TFUE, il regolamento ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile in tutti i suoi Stati membri. I caratteri del regolamento sono, dunque, la generalità, l’integrale obbligatorietà e la diretta applicabilità, e sono caratteristiche che li assimilano ad una legge nazionale. I regolamenti si applicano sia agli individui, agli stati membri e alle istituzioni europee. I destinatari sono individuati in via generale e astratta ai quali il regolamento conferisce diritti o obblighi giuridici. Questa caratteristica rappresenta un’importante differenza tra regolamenti e decisioni: queste ultime infatti sono sì interamente obbligatorie ma nella sua originaria concezione era destinata a conferire diritti o obblighi giuridici a specifici destinatari (in tal proposito, sent. 14 Dic 1962). La Corte ha però specificato che un atto è qualificabile come un regolamento anche se sia possibile determinare il numero dei destinatari, ciò che rileva in questo caso è che per la qualificazione di un atto come regolamento è necessario che i destinatari di esso vengano individuati sulla base di elementi oggettivi, e non sulla base di qualità personali. Il requisito della portata generale viene interpretato in maniera estensiva: Caso Kadi (blocco dei conti correnti a lui intestati o riconducibili a lui). Nel regolamento vi era una elencazione, quindi non aveva portata generale. In questo caso la corte ha detto che è sufficiente che vi sia l’individuazione di una categoria generale. Questa caratteristica della portata generale è stata interpretata in maniera piuttosto estensiva dalla Corte. Spesso l’UE emana regolamenti diretti a singoli individui (es congelamento di risorse finanziarie di governanti o persone sospettate di terrorismo). Anche se questi regolamenti hanno un oggetto specifico, la portata generale è rappresentata dal fatto che si rivolgono ad un destinatario astratto e generale che ha l’obbligo di non fornire assistenza finanziaria alle suddette persone. Il secondo elemento è che siano obbligatorie in tutti i suoi elementi: va applicato così come è scritto, non si possono eludere delle parti. Ciò costituisce una ulteriore differenza rispetto alle decisioni che invece hanno una obbligatorietà limitata allo scopo previsto, e agli stati è riservata la possibilità di perseguirlo con i mezzi che ritiene opportuni. Data questa caratteristica, uno Stato non può attuare un regolamento in maniera incompleta o selettiva. Il carattere dell’obbligatorietà si collega con quello della diretta applicabilità. Quest’ultima caratteristica è un aspetto essenziale del carattere sovranazionale dell’atto in questione. Per diretta applicabilità si intende che il regolamento va applicato e entra di diritto nell’ordinamento interno. Esso va applicato dal momento in cui entra in vigore, a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE. Si dice che la diretta applicabilità prescinde dal contenuto delle norme: è sufficiente prenderle ed applicarle direttamente anche se sono produttive di situazioni svantaggiose per i singoli. Di norma il regolamento non richiede alcun atto di adattamento, recezione o attuazione da parte dello Stato. Anzi, atti riproduttivi di regolamenti europei sono vietati. Può tuttavia accadere che dei regolamenti europei implichino l’intervento dello stato, solo se si tratta di completare il regolamento, non se si tratta di sostituire la norma europea. (Es: Il regolamento che istituisce la procura europea prevede che ogni stato invii determinati magistrati, e spetta allo stato individuare i magistrati competenti e inviarli in sede. Oppure il regolamento 1 del 2003 sul funzionamento dei procedimenti antitrust prevede che la commissione può svolgere indagini, ma devono essere accompagnati da agenti dello stato membro per facilitare l’accesso ai locali se c’è l’opposizione dell’impresa.) Comunque, a fronte della prassi italiana che era solita emanare atti legislativi interni per attuare i regolamenti, riproducendo il testo della normativa europea nell’atto interno, la corte di giustizia si è pronunciata dichiarando illegittima questa prassi, poiché viola il carattere della diretta applicabilità (sent. 10 Ott 1973, causa Variola). La riproduzione del testo di un regolamento europeo in un atto interno avrebbe poi la conseguenza di sottrarre l’atto alla giurisdizione della Corte di Giustizia europea. Va poi ricordato che i regolamenti sono spesso completati da atti esecutivi della Commissione o del Consiglio (regolamenti di esecuzione). questi atti sono gerarchicamente subordinati all’atto che viene attuato da essi. L’applicabilità diretta fa sì che i regolamenti creino obblighi a carico e diritti in favore dei singoli. dunque, sono produttivi di effetti giuridici diretti nei rapporti tra privati e tra gli individui e lo Stato. > Le direttive La direttiva, facendo sempre riferimento all’art 288 (3° comma) TFUE, può essere generale (cioè destinata a tutti gli stati membri), ovvero particolare (destinata solo ad alcuni stati membri). La sua peculiarità risiede nel fatto che è diretta esclusivamente agli Stati membri e non ai singoli. La direttiva è parzialmente obbligatoria in quanto è vincolante per gli Stati solo in merito al raggiungimento del fine prefissato da questo atto, e non vincola gli stati a perseguire tale obiettivo tramite mezzi predefiniti. Si tratta quindi di un atto meno “intrusivo”, rispetto al regolamento descritto precedentemente, e in virtù di ciò rispetta a pieno il principio di sussidiarietà e di proporzionalità. È la tipica forma internazionalistica, mentre il regolamento è tipico di uno stato federale. La direttiva, come è ovvio, non è direttamente applicabile, ma la sua efficacia è mediata attraverso degli atti statali volti a dare attuazione all’atto e a integrarne il contenuto normativo. Nella prassi si rilevano anche casi in cui direttive sottraevano agli stati la discrezionalità della scelta dei mezzi, poiché tali direttive fornivano una disciplina esaustiva della materia in questione. Sono queste le c.d. direttive dettagliate, le quali non sono mai state annullate dalla Corte di Giustizia nonostante non rispettino le prescrizioni dell’art 288 TFUE. La giurisprudenza è dunque andata oltre le prescrizioni del 288. Le direttive stabiliscono un termine entro il quale devono essere adottati i provvedimenti per dare esecuzione alla direttiva, tale termine può essere fissato a distanza di mesi o anni a seconda della difficoltà nel raggiungere un fine o a seconda dell’urgenza di questo. prima della scadenza del termine l’effetto giuridico principale è l’obbligo di stand-still, cioè l’obbligo di non adottare misure che rendano più complessa l’attuazione della direttiva. Questo obbligo è stato desunto dalla Corte di Giustizia e deriva dal principio di leale collaborazione nella sentenza del 18 Dic 1997. Nella stessa pronuncia la corte distingue tra disposizioni transitorie, che non costituiscono un pregiudizio grave per l’attuazione della direttiva, dalle disposizioni dello Stato di carattere permanente, che invece ostano all’attuazione della direttiva europea. Gli stati tuttavia non sono da ritenere inadempienti nel caso in cui non abbiano emanato misure di attuazione prima del termine stabilito. Il secondo elemento che ha condizionato la prassi è che gli stati erano sempre in ritardo nel dare attuazione alle direttive (esse prevedono un termine per l’attuazione). Spesso prevedono un termine non breve. Caso Francovich: direttive inattuate. L’Italia non aveva ancora non aveva dato attuazione a una direttiva del 1980 nel 1991. Allo scadere del termine prestabilito, lo stato deve aver posto in essere tutti i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla direttiva nell’ordinamento interno. Non rilevano le eventuali difficoltà dello stato ai fini dell’adempimento dell’obbligo, si può tuttavia richiedere una proroga. L’obbligo in questione non si produce nel momento in cui l’ordinamento statale sia aderente a quello dell’Unione, ciò accade quando quest’ultima usa come modello di legislazione sulla materia in questione la legislazione di uno stato. Le misure adottate dagli stati per l’adempimento dell’obbligo devono essere comunicate alla Commissione. Per quanto riguarda l’obbligo di comunicazione dei provvedimenti alla Commissione, esso se non rispettato può essere oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione. Va specificato che gli stati non godono di discrezionalità assoluta nella scelta dei mezzi per raggiungere il fine della direttiva, questi devono infatti emanare atti normativi idonei a garantire pienamente il risultato prescritto dalla normativa. Se lo stato, trascorso il termine, non ha dato piena attuazione alla direttiva, esso è responsabile per la violazione dell’articolo 288 TFUE (e quindi può essere avviata la procedura di infrazione). Effetti di una direttiva non attuata: - Effetti diretti verticali: La corte di giustizia ha inoltre riconosciuto (sent. 4 Dicembre 1974, causa van Duyn) che le direttive non attuate dallo stato che abbiano un contenuto chiaro e preciso, che costituiscano per gli stati un obbligo incondizionato e che siano dirette a conferire dei diritti in capo ai singoli, hanno una efficacia diretta che crea diritti in capo ai singoli esercitabili in via giurisdizionale dinanzi ai giudici nazionali. Questa efficacia diretta può riguardare sia l’intera direttiva, sia le singole disposizioni di essa. La direttiva deve essere fondamentalmente self-executing, cioè deve avere un contenuto autosufficiente e completo in modo da essere direttamente applicabile dal giudice nazionale. la direttiva direttamente applicabile comporta anche che il giudice disapplichi le norme nazionali in contrasto con essa. Si tratta comunque di un’eccezione che va connessa alle circostanze prima enumerate. le direttive possono avere solo effetti diretti verticali, cioè dello stato in favore dei singoli; la corte ha infatti specificato nel caso Marshall che le direttive non hanno effetti diretti orizzontali. (Caso Marshall, 1986: la corte di giustizia dice che lo stato esercita l’attività da privato, ovvero è il datore di lavoro. Signora Marshall era insegnante, quindi dipendente dello stato.) Caso van Duyn: la direttiva in questione disciplinava cause ostative alle libera circolazione delle persone (in particolare i lavoratori). Normativa descrive la nozione di disturbo dell'ordine pubblico. Non possono discendere effetti diretti orizzontali, non possono esserci obblighi in capo agli individui. L’effetto verticale delle direttive è anche unilaterale, nel senso che opera solo a favore del singolo e lo stato non può avanzare delle pretese nei un fondo istituito con legge. La Commissione riteneva che fosse un aiuto di stato interno e impedisce all'Italia di erogare i fondi. Corte di Giustizia dà ragione all'Italia. Le decisioni che sono rivolte ad uno o più Stati membri possono produrre effetti diretti alle stesse condizioni previste per le direttive (sentenza Grad): la norma deve essere chiara precisa e non condizionata e far sorgere, nei confronti dei singoli, diritti. Caso Grad, 1970: decisione indirizzata allo stato produce effetti diretti verticali come le direttive. Oggi, si può affermare che non producono effetti diretti verticali alla stregua della direttive perché sono a favore dei singoli. La giurisprudenza sugli effetti diretti verticali non è applicabile. Non li possono produrre nemmeno le decisioni organizzative prive di destinatari. Il Caso Grad resta un caso isolato. In materia di effetti diretti orizzontali, la sentenza Carp, ha stabilito che le considerazioni svolte per le direttive sono applicabili allo stesso modo per quanto riguarda la possibilità di far valere contro un singolo una decisione rivolta agli Stati membri. Qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre ricorso ad un atto che lo riguarda direttamente e individualmente o incide sulla sua sfera giuridica, cioè può impugnare la decisione. Anche le decisioni possono avere un’efficacia interpretativa, cioè favorire l'interpretazione del diritto. > Le Raccomandazioni e i pareri L’art 288 TUE al 5° comma descrive le raccomandazioni e i pareri come atti non vincolanti. Si ritiene che la raccomandazione abbia il fine di esprimere una volontà di una istituzione, la quale chiede al destinatario in maniera non vincolante di attenersi a una certa condotta. nella sentenza 20 Febbraio 2018, causa Belgio c. Commissione, la corte ha statuito che con le raccomandazioni, così come descritte nell’articolo 288 TFUE, sono uno strumento a scopo persuasivo e di stimolo in mano alle istituzioni. Il parere è invece un consiglio o un giudizio, e manca l’elemento persuasivo. Possono adottare raccomandazioni, secondo l’art 292 TFUE, la Commissione e il Consiglio, nonché la BCE nei casi previsti dai trattati. si ritiene tra l’altro che tutte le istituzioni abbiano una generale competenza ad adottare raccomandazioni. i destinatari di questo atto possono essere un'istituzione, uno o più Stati membri, oppure persone fisiche o giuridiche. Comunque, la raccomandazione pur non essendo vincolante fa parte degli atti dell’Unione, ed è per questo oggetto della competenza pregiudiziale di interpretazione della corte di giustizia. Sono poi attribuiti alle raccomandazioni degli effetti giuridici non vincolanti. (Es: il non conformarsi da parte di uno Stato ad una raccomandazione della Commissione in merito ad una normativa di tale Stato che possa provocare una distorsione alla concorrenza, provoca l’impossibilità di poter richiedere agli altri stati la modifica delle loro disposizioni nazionali per eliminare la suddetta distorsione). Inoltre il giudice nazionale è tenuto a “prendere in considerazione” le raccomandazioni nelle decisioni delle cause ad esso sottoposte. Un altro effetto giuridico è quello della liceità: lo Stato che si conforma a un comportamento suggerito o auspicato in una raccomandazione agisce in maniera lecita rispetto al diritto dell’Unione. Per quanto riguarda i pareri, alcune specifiche disposizioni dei Trattati prevedono delle conseguenze per la loro inosservanza. Come esempio può essere citato il parere motivato della Commissione nella circostanza di una violazione di un obbligo derivante dai trattati da parte di uno Stato membro (previsto dagli artt. 258 e 259 TFUE). L’inosservanza di tale parere può portare al deferimento dello Stato alla Corte di Giustizia. Va poi tenuta in considerazione la possibilità che con il nomen juris di parere venga ad essere indicata una decisione, che comporta delle conseguenze giuridiche per i destinatari. la problematica più rilevante è l’impugnabilità, poiché il parere non è impugnabile a differenza della decisione. Ad esempio, la corte di giustizia ha qualificato come decisione un atto che era stato inteso come parere dalla Commissione (sent. 15 marzo 1967). Con tale atto la Commissione aveva comunicato l’inapplicabilità delle disposizioni che sospendevano l’applicazione delle norme sulle ammende per alcune imprese. Dunque l’atto, essendo qualificato dalla corte come decisione, fu giudicato in quanto tale, e quindi considerando i requisiti di validità ed efficacia prescritti per le decisioni. > Gli atti atipici Gli atti che non sono citati nell’art. 288 TFUE sono denominati “atti atipici”. Essi si dividono in tre categorie: atti espressamente previsti dai trattati che hanno lo stesso nomen juris degli atti tipici menzionati nell’art.288 TFUE, ma con caratteri giuridici differenti; atti previsti dalle disposizioni dei Trattati, con nomen juris e caratteri giuridici diversi dagli atti tipici di cui all’art.288 e infine atti non contemplati dalle disposizioni dei Trattati scaturiti dalla prassi. La problematica degli ultimi atti atipici menzionati è l’individuazione dei loro effetti, poichè appunto non sono previsti da alcuna disposizione. Come esempi della prima categoria possiamo citare i regolamenti interni delle istituzioni e degli organi dell’Unione Europea. Non hanno caratteristiche in comune con i regolamenti menzionati all’art 288, e hanno una rilevanza solo all’interno dell’istituzione o dell’organo a cui fanno riferimento. I regolamenti del PE, del consiglio e della commissione (rispettivamente artt. 232, 240, 249 TFUE) sono adottati dalle stesse istituzioni a cui si riferiscono. quello della Corte dei Conti anche se redatto da essa stessa, deve essere approvato dal Consiglio, come anche i regolamenti di procedura della Corte di Giustizia. A volte comunque i regolamenti interni delle istituzioni o degli organi hanno una valenza esterna, come nel caso in cui creino dei diritti in favore di terzi (come ad esempio, quando stabiliscono la certezza del diritto e la stabilità delle situazioni giuridiche). Fanno parte della prima categoria degli atti atipici anche le direttive che il Consiglio adotta verso il negoziatore, per la conclusione di accordi internazionali. Per quanto riguarda le decisioni, esse vanno classificate come tipiche o atipiche a seconda dell’ambito della categoria di decisione che si ritiene sia configurata dalla disposizione in questione. Sono quindi atipiche le decisioni che non hanno portata generale aventi contenuto normativo. La seconda categoria di atti atipici è costituita da atti previsti dalle disposizioni dei Trattati, con nomen juris e caratteri giuridici diversi dagli atti tipici di cui all’art.288. Un atto atipico del genere può essere l’atto del Consiglio volto ad accertare se uno Stato possegga i requisiti per adottare la moneta unica, previsto all’art 140 TFUE. un altro atto atipico appartenente a questa categoria può essere quello previsto dall’art. 314 TFUE, cioè l’atto del Presidente del Parlamento Europeo, con il quale constata l’adozione del bilancio. O ancora possono citarsi i programmi di azione in materia ambientale e dunque le misure di attuazione connesse, previste dall’art. 192 TFUE. Inoltre meritano di essere citati gli accordi interistituzionali previsti dalle disposizioni dei trattati (nello specifico: art. 295 TFUE per gli accordi tra Parlamento Europeo, consiglio e Commissione e art. 287 TFUE che prevede un accordo tra Corte dei Conti, Banca europea per gli investimenti e Commissione.) Nella prassi esistono una varietà di denominazioni di accordi interistituzionali: dichiarazioni comuni, codici di condotta (...). La prassi degli accordi interistituzionali, rispondendo al principio di leale collaborazione, è da ritenersi legittima anche in virtù dell’art. 295 (citato pocanzi), che attribuisce alle istituzioni il potere di concludere accordi tra di esse per regolare la cooperazione. Gli accordi interistituzionali hanno effetti obbligatori quando questa è l’intenzione delle due o più istituzioni interessate. Passando ora alla terza categoria di atti atipici, cioè quelli nati dalla prassi, possono annoverarsi sia atti a rilevanza esterna, che quindi si riferiscono a soggetti esterni alle istituzioni e agli organi dell’UE, sia atti con rilevanza interna. tra i primi possono citarsi le risoluzioni di carattere politico emanate in varie materie. Sono numerosi gli atti di questo tipo adottati dalla Commissione che hanno rilevanza esterna (libri bianchi o verdi, orientamenti, codici di condotta…). > Gli atti PESC Il Trattato di Lisbona ha eliminato la precedente struttura a tre pilastri dell’UE. ciò non ha modificato le particolarità dell’azione dell’Unione in merito alla politica estera e di sicurezza comune. Gli atti in materia di PESC sono innanzitutto atti che non hanno carattere legislativo (art 24 TUE), e non hanno un’efficacia diretta verso i singoli. tuttavia si tratta di atti obbligatori nei confronti degli stati membri e delle istituzioni a cui si rivolgono. al vertice degli atti PESC ci sono le determinazioni del Consiglio Europeo, che ha il compito di individuare gli interessi strategici dell’Unione, fissarne gli obiettivi e definirne gli orientamenti generali (art 26 TUE). L’oggetto delle determinazioni del consiglio è poco definito e ha spesso carattere politico. Alle determinazioni del Consiglio Europeo sono subordinate le decisioni del Consiglio (si tratta di decisioni per attuare o definire la PESC), il quale infatti adotta questi atti in base agli orientamenti generali e alle linee strategiche individuate dal Consiglio Europeo (art 26 TUE). CAP. 8 - LE COMPETENZE GIUDIZIARIE Art. 13 TUE (Elencata nelle 7 istituzioni) Art.19 TUE → STRUTTURA E QUADRO DEI COMPITI, annuncia l’obiettivo principale. Art. 251 e ss. TFUE → elenco dettagliato di competenze. Si scende nel dettaglio di ciò che è anticipato nel TUE. In questa sezione vi è un dettaglio sulla ripartizione di competenze tra corte di giustizia e Tribunale. Prevede la possibilità di istituire nuovi tribunali specializzati Protocollo n.3 → contiene lo Statuto della Corte di Giustizia, un documento costitutivo e un riferimento fondamentale per la sua composizione e le sue competenze. Regolamento di procedura della Corte di Giustizia/del Tribunale Il quadro normativo è molto complesso e il suo ruolo è fondamentale. Art 19. “La Corte di giustizia dell’Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati.” Art 19 → la Corte in quanto istituzione è composta da 2/3 organi. Gli organi permanenti sono Tribunale e Corte di giustizia. Il Tribunale è nato per esigenze di natura pratica. Nel corso degli anni il numero di ricorsi cresceva e il tribunale doveva snellire il lavoro della corte di giustizia europea. Insieme a corte e Tribunale ci sono i tribunali specializzati. Attualmente non vi sono tribunali specializzati, la loro istituzione è prevista dal 257 TFUE, consente alle istituzioni di creare un tribunale che esaminerà in 1 grado ricorsi su materie specifiche. Non ci sono limiti temporali entro i quali il giudice nazionale deve sollevare il rinvio pregiudiziale, poiché è un procedimento incidentale/indiretto, è il giudice che solleva il problema. Dunque la ripartizione di competenze tra Corte di Giustizia e Tribunale avviene solo in parte per quanto riguarda l'oggetto del ricorso, piuttosto si fonda su degli elementi soggettivi. Come ad esempio sulla circostanza che il ricorrente sia un'istituzione o uno Stato membro, oppure una persona fisica o giuridica. Nel primo caso la competenza è esclusivamente della Corte (ad eccezione dei ricorsi statali diretti contro la Commissione o in alcuni casi contro il Consiglio), nel secondo la competenza spetta al Tribunale. A diverse condizioni uno stato membro o una persona fisica o giuridica possono formulare ricorsi dinanzi alla Corte di giustizia. Ciascuno di questi ricorrenti è soggetto a requisiti differenti. Se una persona fisica o giuridica può contestare un atto o la mancata esistenza di un atto, gli stati membri non devono dimostrare un interesse nell’agire. “La Corte di giustizia dell’Unione europea si pronuncia conformemente ai trattati: a) sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da un’istituzione o da una persona fisica o giuridica; b) in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni nazionali, sull’interpretazione del diritto dell’Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni; c) negli altri casi previsti dai trattati.” c) es: controversie in materia di lavoro e responsabilità extracontrattuale dell’unione europea. Va poi menzionata la procedura di infrazione contro gli stati membri per la violazione degli obblighi derivanti dai Trattati. Questa procedura può essere promossa dalla Commissione, secondo l'articolo 258 TFUE, oppure da uno Stato membro (articolo 259 TFUE). La procedura di infrazione è sottoposta ad una competenza riservata alla giurisdizione della Corte di Giustizia. Inoltre, nonostante la competenza pregiudiziale fosse una esclusiva competenza della Corte prima del Trattato di Nizza, ora, dopo la modifica, anche il tribunale ha questa competenza, ma in materie specifiche determinate dallo Stato. Una ulteriore competenza della Corte è quella consultiva, che viene esercitata per quanto riguarda la compatibilità di un accordo previsto dall'Unione con i Trattati. Comunque va ricordato che le competenze vengono spesso ripartite anche dagli atti di diritto derivato, e che l’elencazione del riparto di competenze è di carattere tassativo. Merita una menzione anche fatto che l'unione non gode di immunità dalla giurisdizione degli Stati membri, quindi è possibile presentare ricorso contro un’azione dell'Unione Europea dinanzi al giudice nazionale per inadempimento contrattuale. > La litispendenza tra Corte e Tribunale e l’impugnazione delle sentenze del Tribunale. La litispendenza viene in considerazione nel momento in cui un ricorso viene presentato da due ricorrenti distinti a due giudici. Ciò avviene perché, come specificato nel precedente paragrafo , spesso le competenze tra Tribunale e Corte sono ripartite in base al ricorrente, e non all’oggetto del ricorso. la litispendenza è inoltre possibile nel momento in cui viene sottoposto ai due giudici lo stesso problema interpretativo o di validità di un atto. Il problema consiste nel modo in cui garantire l’unità del diritto dell’Unione e coordinare i due processi nei due organi giudiziari diversi. L’art. 54 dello Statuto della Corte di Giustizia prevede il caso in cui la Corte e il Tribunale si trovino a doversi pronunciare sullo stesso problema interpretativo o di validità di uno stesso atto. il problema può essere risolto in tre modi: il Tribunale può innanzitutto sospendere il procedimento giudiziario fino alla sentenza della Corte, tutelando così la doppia giurisdizione, ma vincolandosi alla pronuncia della Corte di Giustizia. Quando si tratta di ricorsi di annullamento, il Tribunale può rinunciare alla sua competenza e far sì che sia la Corte a pronunciarsi, in questo caso però non viene garantito il doppio grado di giurisdizione. Il terzo caso prevede la sospensione del procedimento da parte della Corte, soluzione che tutela sì la doppia giurisdizione, ma può in qualche modo rendere il procedimento meno celere. Per quanto riguarda l’impugnazione delle sentenze del Tribunale di fronte alla Corte di Giustizia, l’articolo di riferimento è il 256 del TFUE. Questo prevede che le decisioni emesse dal Tribunale possano essere impugnate di fronte alla Corte entro i limiti e alle condizioni di diritto previsti dallo Statuto della corte di Giustizia. Nell’art. 58 dello statuto della corte di giustizia contempla l’impugnazione delle sentenze in esame per motivi di diritto, cioè un vizio procedurale da parte del Tribunale che pregiudichi gli interessi del ricorrente, una violazione del diritto dell’Unione da parte di esso, o ancora l’incompetenza del Tribunale relativa al ricorso in questione. La Corte, dunque, si limita a constatare o meno la presenza di vizi a livello giuridico nella pronuncia emessa dal Tribunale e non prevede un riesame dell’oggetto del ricorso. Essa ha ribadito in alcune sentenza che il ricorrente non può presentare nuovi motivi rispetto al procedimento di primo grado e che l’impugnazione deve essere motivata non dai motivi del ricorso davanti al tribunale, ma da vizi di diritto della sentenza. Comunque, se il vizio in questione non influisce ai fini del dispositivo della sentenza del Tribunale, il ricorso è respinto. Viene escluso quindi un esame da parte della corte sulle questioni di fatto. Tuttavia vi è un’eccezione che si verifica quando l’accertamento del fatti o la valutazione delle prove siano erronei, soprattutto nel caso di “snaturamento dei fatti”. Ovviamente l’impugnazione in questo caso deve essere motivata dal ricorrente con le prove dello snaturamento dei fatti o dell’inesattezza dell’accertamento di essi da parte del Tribunale. Il limite temporale per l’impugnazione delle sentenze del Tribunale è di due mesi a decorrere dalla notifica della pronuncia interessata. L’impugnazione può essere presentata dagli Stati membri e dalle istituzioni UE anche se non siano intervenuti nel giudizio di I grado, perché si riconosce un interesse al rispetto della legalità di questi soggetti. Inoltre è legittima l’impugnazione di qualsiasi parte che sia rimasta soccombente in maniera parziale o totale. Se l’impugnazione è accettata, la corte annulla la decisione del tribunale. quest’ultimo può decidere in conformità alla decisione della corte sui vizi di diritto, oppure sulla questione può statuire direttamente la Corte nel momento in cui l’accertamento dei fatti sia completo e puntuale. Dopo la riforma del 2019 con il regolamento del 17 Aprile, l’art. 58 bis dello Statuto istituisce un meccanismo di filtraggio delle impugnazioni del Tribunale che hanno come oggetto una decisione di una commissione indipendente di alcune agenzie dell’Unione, che deve essere adita prima di poter proporre un ricorso dinanzi al Tribunale. L’esame di queste impugnazioni è subordinato all’ammissione preventiva della CdG, nel momento in cui essa ritenga che tale impugnazione sollevi una questione importante per lo sviluppo e la coerenza del diritto dell’Unione. Il trattato di Nizza prevede un nuovo procedimento di riesame da parte della Corte per le sentenze del tribunale quando ad esso è attribuita una competenza pregiudiziale, o per le impugnazioni di fronte ad esso delle sentenze dei tribunali specializzati. Questo procedimento è attuato su proposta del primo avvocato generale, la quale viene esaminata dopo una decisione preliminare della Corte. Sempre nello statuto della corte è previsto un rimedio straordinario della revocazione per le sentenze di primo grado passate in giudicato. Condizione per la sua attuazione è la scoperta di un fatto molto influente sul ricorso, che al momento della pronuncia non era possibile conoscere. Comunque, questo rimedio non può essere proposto dopo 10 anni a decorrere dalla sentenza. La corte ha anche una competenza sull’interpretazione delle sentenze europee, conferita dall’art. 43 dello Statuto. Art. 277 TFUE: Controversia che mette in causa atto a portata generale per invocare l'inapplicabilità dell'atto, anche dopo lo spirare del termine di due mesi in via d'eccezione. Si solleva la questione davanti al giudice nazionale, quale giudice dipende dall'ordinamento nazionale. Diritto eu enuncia determinate situazioni giuridiche, ma non si preoccupa delle partizioni di giurisdizioni all'interno degli ordinamenti. Es . Presenza di un dazio doganale, lo si impugna davanti al giudice tributario (in Italia). Eccezionalità: atto non conosciuto dal soggetto se non nel momento in cui viene applicato. Il termine di due mesi è pensato per le decisioni (atto a portata individuale). Bisogna motivare perché non si è riusciti a venir a conoscenza prima. Recuperare slides > Procedura d’infrazione nei confronti degli Stati membri. Art. 258-260 TFUE: convenuto è sempre uno stato membro. Il controllo da parte della corte di giustizia del rispetto del diritto dell’Unione da parte degli stati membri è una sua competenza esclusiva. La procedura di infrazione è regolata dagli artt. 258-260 TFUE, i quali prescrivono che l’iniziativa spetta alla Commissione o a uno Stato membro. A seconda di chi prenda tale iniziativa vi sono alcune varianti nella procedura. Se è proposta dalla Commissione, allora essa emette un parere motivato dopo aver dato allo Stato in questione la possibilità di presentare le sue osservazioni. Se lo Stato non si conforma al parere della Commissione nel termine stabilito da essa, la commissione può adire alla Corte di Giustizia. Questo potere di iniziativa della Commissione nell’ambito della violazione dei trattati è in linea con il compito dell’Istituzione stessa, conferitole dall’art. 17 del TUE. La commissione riceve comunque denunce e esposti da parte di svariati soggetti, compresi privati cittadini, che segnalano una possibile violazione degli obblighi derivanti dai trattati. Nonostante l’importanza delle denunce, queste non implicano un obbligo da parte della Commissione di iniziare un procedimento di infrazione contro lo Stato interessato. Tuttavia la commissione è tenuta ad entrare in contatto con gli autori della denuncia e a informarli per iscritto circa le decisioni prese. La vasta discrezionalità della Commissione in questo ambito è confermata da due sentenze della Corte di Giustizia (Pisciotti c. Commissione, 28 Gen 2015 e Commissione c. Germania, 11 Agosto 1995). Questa discrezionalità della commissione è limitata in alcune materie, come le violazioni delle regole sulla concorrenza. in questo caso infatti la commissione è tenuta a esaminare gli elementi di fatto e di diritto della denuncia in maniera puntuale e imparziale. Comunque la commissione non ha una competenza esclusiva nel controllo del rispetto del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri: basti ricordare la procedura in materia di disavanzi pubblici eccessivi, nella quale è il Consiglio a emanare misure contro lo Stato inadempiente, ma in questa materia non può concretizzarsi una procedura di infrazione verso lo Stato. La condotta dello Stato che può provocare una procedura di infrazione può essere di tipo commissivo o di tipo omissivo. Nel primo caso si può trattare di una prassi amministrativa o di un atto in violazione degli obblighi imposti dai Trattati. Nel secondo caso può trattarsi di una direttiva inattuata entro il termine prestabilito da parte di organi legislativi, giudiziari o amministrativi dello
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved