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Diritto dell'Unione Europea, riassunto - Le competenze dell'Unione Europea - 6, Sintesi del corso di Diritto dell'Unione Europea

Diritto dell'Unione Europea, riassunto - Le competenze dell'Unione Europea - 6

Tipologia: Sintesi del corso

2010/2011

Caricato il 06/09/2011

eleo382
eleo382 🇮🇹

4.6

(20)

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Scarica Diritto dell'Unione Europea, riassunto - Le competenze dell'Unione Europea - 6 e più Sintesi del corso in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! PARTE VI LE COMPETENZE DELL’UNIONE EUROPEA 1. Le competenza comunitarie: il principio della competenza d’attribuzione. 1.1. L’art 5 : si tratta di una norma di grande importanza che sintetizza alcuni principi generali riguardanti la portata delle competenze comunitarie le condizioni per il loro esercizio. 1.2. il principio della competenza l'attribuzione o il principio d'attribuzione. La comunità può intervenire soltanto nei settori in cui ciò sia contemplato dal trattato e soltanto per gli obiettivi del trattato stesso indica. La corte di giustizia ha immerso che pure in mancanza di un'espressa attribuzione di poteri a comunità possa essere considerata competente quando l'esercizio di un certo potere risulti indispensabile per l'esercizio del potere espressamente previsto ovvero per il raggiungimento di obiettivi dell'ente: teoria dei. 1.3. il trattato stesso prevede una sia pur parziale deroga al principio della competenza d'attribuzione, attraverso l'articolo 308. L'inserimento di una norma rivela come gli stessi autori del trattato fossero coscienti dell'impossibilità di definire in anticipo alcune esattezze poteri in cui la comunità avrebbe avuto bisogno per raggiungere i fini complessi e variegati. Di qui la necessità di consentire l'assunzione autonoma cioè senza l'intervento degli Stati membri, di nuovi poteri. Le condizioni poste dall'articolo 308 sono alquanto restrittive. Da un punto di vista procedurale è richiesta una delibera unanime del consiglio, con il coinvolgimento sia della commissione, che formano la proposta, sia del Parlamento, che viene consultato obbligatoriamente. Dal punto di vista sostanziale, occorre da un lato la necessità della nuova azione in relazione ai fini della comunità e dall'altro la mancata previsione di poteri d'azione adeguati da parte del trattato. La prima condizione: necessità dell'azione, comporta un notevole margine di discrezionalità in favore dell'istituzione. La vastità degli scopi previsti dall'articolo due è tale che qualsiasi azione può essere agevolmente collegata con essi. Questo vale soprattutto per azioni in campo economico. Quanto requisito della mancata previsione di adeguati poteri una prima sentenza della corte sembrava volerne sminuire l'importanza. Più di recente però la corte ha mostrato un atteggiamento più restrittivo, sottolineando il carattere residuale della norma in esame ed escludendone l'utilizzabilità ogni volta che il trattato prevede una base giuridica alternativa. Articolo 308 affida alle istituzioni nella scelta del tipo di atti da adottare. Ci si domanda se esistano dei limiti intrinsechi alla possibilità di ricorrere a questa norma. Secondo la corte l'articolo 308 non può essere utilizzato per l'adozione di disposizioni che condurrebbero a una modifica del trattato che sfugga alla procedura prevista dal trattato medesimo. La norma in esame consente nuove azioni ma non deviazioni o deroghe rispetto la disciplina materiale fissato dallo stesso trattato. Tantomeno sarebbe possibile, di attribuire agli Stati membri competenze conferite dal trattato alla comunità. È invece possibile riconoscere alla comunità nuovi poteri nel senso di consentirle di intervenire in settori non menzionati espressamente dal trattato. Ora di apposite disposizioni inserite nel trattato in occasione delle modifiche apportate dall’ AUE e dal TUE dal trattato di Amsterdam. Una limitazione al ricorso all'articolo 308 è derivata dall'introduzione del principio di sussidiarietà applicabile ogni qualvolta la sola base giuridica disponibile per l'azione comunitaria costituita dall'articolo 308 ciò non può indurre ad una maggiore cautela nel considerare sussistente il requisito della necessità della nuova azione del consiglio. 2. I vari tipi di competenza comunitaria. 2.1. non tutte le competenze attribuite dal trattato alla comunità hanno pari natura. Conviene distinguere tra competenze esclusive e competenze concorrenti. La distinzione in esame attiene ai rapporti tra competenza comunitaria competenza degli Stati membri. 2.2. nei settori di competenza esclusiva, la competenza degli Stati membri è preclusa anche qualora la competenza comunitaria non sia stata ancora esercitata pienamente. Gli interventi degli Stati membri hanno carattere transitorio e debbono essere autorizzate dalla comunità. 2.3. nei settori di competenza concorrente, almeno inizialmente comunità è Stati membri possono ciascun esercitare i propri poteri. Una situazione che potrebbe verificarsi nel tempo favore della comunità. A man mano che questa agisce, diminuisce corrispondentemente lo spazio d'azione degli Stati membri. Non faccio il principio di leale collaborazione di cui l'articolo 10, gli Stati membri sono infatti tenuti ad astenersi non potrebbero pertanto adottare provvedimenti in materia già oggetto di una disciplina comunitaria completa e dettagliata. Adozione da parte dell'istituzione di una disciplina di questo tipo finirebbe per precludere agli Stati membri qualunque ulteriore intervento autonomo e trasformerebbe in esclusiva una competenza originariamente concorrente. Ne risulta che nei settori di competenza concorrente l'estensione alla sopravvivenza stessa della competenza degli Stati membri dipendano dai tempi e dai modi con cui la competenza comunitaria viene esercitata. La comunità può infatti scegliere di esercitare pienamente la propria competenza,1 competenza inizialmente concorrente finisce per assumere caratteristiche di esclusività. La comunità può preferire lasciare a lungo inutilizzati propri poteri o utilizzare le misure estremamente ridotta, facendo così sopravvivere la competenza concorrente degli Stati membri. 2.4. il trattato non precisa se una determinata competenza comunitaria e esclusiva o soltanto concorrente. Pertanto, il problema di come classificare una determinata competenza va risolto in via interpretativa, dando rilievo soprattutto gli scopi perseguiti dal trattato nell'attribuire alla comunità determinati poteri. La corte ha considerato come esclusiva alla competenza comunitaria nel settore della politica commerciale comune. Mancano affermazioni giurisprudenziali circa l'esclusività della competenza comunitaria in altri settori. Da semplice circostanza che un determinato settore si oggetto di una politica comune non implica che si possa parlare di competenza esclusiva. 2.4. un terzo tipo di competenze. In alcuni settori viene precisato che la competenza comunitaria deve essere esercitata in parallelo con la competenza degli Stati membri, attraverso azioni destinate a sostenere coordinare o integrare quelle degli Stati membri e senza che la competenza comunitaria possa sostituirsi a quella degli Stati membri. Esempi del genere si rinvengono le nuove azioni di politiche attribuite alla competenza comunitaria a partire dall’AUE. 3. Il principio di sussidiarietà. 3.1. il principio di sussidiarietà è previsto dall'articolo cinque. Il principio assunto un'importanza centrale nell'economia dell'intero trattato e costituisce un punto di riferimento obbligato quando si affronta il problema dei rapporti tra comunità è Stati membri. Il principio è richiamato anche nel preambolo e nell'articolo due, ad esso è dedicato un apposito protocollo allegato al TCE. Le istituzioni hanno ritenuto di dover concludere tra di loro un accordo istituzionale. 3.2.il principe in esame si pone ad un livello successivo rispetto al principio d'attribuzione. Esso presuppone, che il trattato abbia conferito alla comunità alla competenza in un certo settore e si preoccupa di regolarne le modalità di esercizio. Il campo d'applicazione del principio di sussidiarietà è specificato dall'articolo cinque. Vale soltanto nei settori che non sono di competenza esclusiva comunitaria. I settori di competenza esclusiva sono pochissimi. Il principio di sussidiarietà costituisce una garanzia per gli Stati membri che le loro competenze in settori di competenza concorrente comunitaria non vengano limitate o addirittura cancellate quando ciò non si giustifichi in relazione alla maggiore efficienza dell'azione comunitaria rispetto quell'autonoma degli Stati membri. Potrebbe essere considerato come neutrale nel senso che consente di dare la preferenza all'azione statale ovvero quella comunitaria sulla base di un giudizio di efficienza relativa. La scelta tra l'una o l'altra dovrebbe dipendere da un esame obiettivo, mirante a stabilire quale delle due azioni assicuri migliori risultati. 3.3.Le istituzioni si sono preoccupate di stabilire garanzie procedurali che favoriscano al rispetto di tale principio in occasione dell'approvazione dei variati. Il rispetto del principio di sussidiarietà può essere oggetto di controllo giurisdizionale. Avendo accettato di estendere il proprio sindacato al rispetto del principio in esame, la corte ha operato con estrema prudenza, tenendo conto che la scelta di considerare un atto comunitario conforme al principio di sussidiarietà appartiene a quella sfera di discrezionalità politica che deve essere riservata alle istituzioni. In un primo tempo alla violazione del principio di sussidiarietà è stato invocato dalle parti come vizio della motivazione. Successivamente la corte sarà chiamata a verificare l'esistenza della violazione del principio quanto vizio autonomo. Ciò ha dato modo alla corte di precisare che la verifica del rispetto va effettuata sotto due profili distinti: 1. se l'obiettivo dell'azione progettata potesse essere meglio realizzata a livello comunitario 2. che l'azione comunitaria non abbia oltrepassato la misura necessaria per realizzare l'obiettivo cui tale azione diretta. 4. Il principio di proporzionalità.
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