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Diritto delle Comunicazioni, Schemi e mappe concettuali di Comunicazione Audiovisiva

Appunti presi a lezione e sintesi del libro

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

In vendita dal 23/01/2022

massimo-risso
massimo-risso 🇮🇹

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Scarica Diritto delle Comunicazioni e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Comunicazione Audiovisiva solo su Docsity! DIRITTO DELLE COMUNICAZIONI 19/20 - Prof.ssa Bonin e Avv. Invernizzi ART. 21 COST. LIBERTÀ DI PENSIERO E DI INFORMAZIONE: (1) Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. (2) La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. (3) Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. (4) In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da due ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattr’ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro si intende revocato e privo di ogni effetto. (5) La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. (6) Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e reprimere le violazioni. Risulta essere uno dei più lunghi, articolato su 6 commi: • Comma 1: “tutti” viene utilizzato per intendere non solo i cittadini, ma chiunque sia in grado di manifestare il proprio pensiero; risulta un dogma che va contro la censura, ad esempio contro quella di stampo fascista; c’è stata una lunga discussione per vedere se l’articolo fosse in grado di comprendere internet, ma considerando il “ogni altro mezzo” si va a ricercare proprio l’inclusione di mezzi più all’avanguardia rispetto al 1947. • Comma 2: la stampa all’epoca risultava una sorta di diritto sacro, quindi non si necessitava nessuna autorizzazione. • Comma 3: il sequestro risulta possibile solo nei casi espressi dalla legge; quindi si garantisce che l’autorità, pur trovandosi ad un livello maggiore rispetto a “tutti”, non possa impedire, limitare, o privare, di tale diritto. • Comma 4: in caso di urgenza esistono delle autorità che possono limitare il diritto, ma esiste sempre la tutela della libertà (per mezzo dei giudici); infatti in seguito al sequestro tempestivo, gli ufficiali devono denunciare il fatto immediatamente all’autorità giudiziaria, e se questa non convalida il sequestro, questo può intendersi revocato e privo di ogni effetto. • Comma 5: tutti sono liberi di sapere chi finanzia la stampa pubblica, anche perché i finanziatori possono applicare un peso sul giornale affinché divulghi o meno determinate informazioni.
 • Comma 6: risulta l’unico caso di limite esplicito, ovvero il “buon costume”, che assume un ruolo di concetto valvola, in quanto si adegua in modo elastico allo scorrere del tempo e al mutare dei costumi sociali ( ciò che veniva percepito nel 1947 come buon costume ovviamente cambia nel corso degli anni; applicare questo comma fino agli anni 50 era piuttosto semplice visto il livello tecnologico del tempo, nel momento in cui la tecnologia si è evoluta, la difficoltà di applicare questo limite è notevolmente aumentata). Il buon costume è un concetto in evoluzione che accompagna lo sviluppo dei canoni e dei concetti della società, per cui segue il loro stesso sviluppo. Tale sviluppo si basa su due pilastri:
 - Convergenza multimediale: per cui non soltanto la stampa cartacea, ma anche la presenza sempre più larga del digitale; uno stesso media permette di soddisfare anche obiettivi diversi e realizzare scopi diversi dalla funzione originaria per cui è stato inventato o creato.
 - Società pluralista: ossia esistenza di molteplici mezzi non tutti importanti come un giornale, ma anche soltanto un blog, per cui una società si trova circondata da molteplici voci; si tratta di una società all’interno della quale coesistono diversi valori, diversi pensieri, aspetti e manifestazioni della personalità, eterogenei tra loro, ma in una forma di convivenza che rispetta il massimo valore che è quello della dignità umana. Significa avere una visione molto ampia dei valori all’interno della società umana.
 
 Corte Costituzionale con la sentenza 293/2000: se in origine il buon costume ha come oggetto la cosiddetta parte sessuale, adesso questo limite va spostato ragionando su un concetto più di 1 58 ampio, ovvero sul rispetto della persona umana (si passa da un’interpretazione penalistica ad un’interpretazione costituzionale che scatta quando si supera il limite del rispetto della persona umana, alla luce dell’art. 2 della costituzione).
 
 Specificando ulteriormente, il buon costume è una manifestazione del diritto, ma non è diritto in forma vera e propria. Per cui si tratta di:
 - Un concetto con natura extra-giuridica;
 - Un’evoluzione dei mezzi di comunicazione;
 - Un’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, questo diritto non è più da attribuire al codice penale (con sanzioni di natura penale) degli anni ‘30, ma va traslato sul rispetto del concetto della persona umana. “Il buon costume è il comune sentimento della morale, ancorato all’esistenza di una società pluralistica e sempre e comunque ancorato al rispetto della persona umana” (art 2 cost). I pilastri su cui l’articolo si forma: • Poggia su una definizione ampia. • Devono esserci dei limiti “logici” per cui nel momento in cui si scontrano diritti differenti, ci siano limitazioni fra l’uno e l’altro (ci deve essere un bilanciamento, e per fare ciò si utilizza il rango costituzionale). • Libertà considerata anche nella sua accezione negativa, ovvero si impedisce alla pubblica autorità di inserirsi entro certi limiti nell’esercizio della libertà del soggetto. • Si ha il diritto ad informarsi ma anche ad essere informati ovviamente. Bisogna anche sempre tenere conto del fatto che l’informazione in quanto tale nel corso del tempo è cambiata e cambia anche sempre, molto velocemente. Interesse ad un’informazione pluralistica: la questione riguarda varie tematiche sulle quali la dottrina e la giurisprudenza costituzionale si interrogano: • Il diritto dell’informazione è un vero diritto sociale (ad esempio il diritto di organizzarsi, o diritti politici)? Questo diritto risulta un ingranaggio fondamentale dell’ordinamento costituzionale e democratico; infatti, si dice che le si fondano sulla libertà di espressione, ma bisogna stare attenti che con il mondo digitale i limiti di questo diritto tendono a sparire. L’informazione paragonata agli altri diritti sociali mostra una tendenza ad essere indicata come un diritto sociale fondamentale (escamotage), ciò però non esclude che incontri anche dei limiti. • Il diritto è esercitabile nei confronti dello Stato? Per certi sensi si, ma esiste ancora il “segreto di stato”, per cui esistono delle aree in cui si bilanciano gli interessi dello Stato e dei privati, tra ambiti in cui si ha il diritto di sapere, e altri in cui non si ha; con gli strumenti cartacei la segretezza è certamente più facile, ma con gli strumenti digitali, le barriere di protezione sono molto più aggirabili. • Il diritto è una libertà negativa nei confronti della PA, a patto di limitazioni specifiche. • Esistono limiti del diritto anche rispetto alle imprese e alle fonti di informazione. È possibile pretendere di essere o non essere informato in un certo modo dalle testate giornalistiche? Si tratta di un altro punto di incontro/scontro tra chi ha diritto ad informare e chi ha diritto ad essere informato (es. clausole di segretezza o libertà di divulgazione); specie quando le divergenze avvengono online. Una figura soggettiva di “diritto all’informazione”? Il diritto dell’informazione è un diritto sociale. Si fonda sull’art. 21 e sull’art. 3 comma 2, il quale introduce l’uguaglianza in senso sostanziale (quella formale si trova al comma 1, e stabilisce che tutti nascono uguali in base ai diritti che possiedono senza distinzioni), il cittadino, essendo questo un diritto sociale, può avere la pretesa nei confronti dello Stato, che esso: • Compia un’attività per permettere ai cittadini di essere informati; da qui l’uguaglianza sostanziale. • Ponga dei limiti e degli obblighi per permettere di usufruire dei mezzi; l’informazione risulta un diritto sociale che possiede una valenza più forte. Mezzi di diffusione del pensiero: tale diritto ha anche dei limiti nella sua diffusione: • Diffondere il pensiero significa disporre di taluni mezzi, ma non di tutti; infatti per questo motivo la Costituzione garantisce la “libertà di uso dei mezzi”. di 2 58 Soggetti titolari del diritto: • Persone fisiche: non solo i cittadini ma anche stranieri, apolidi e minori. • Formazioni sociali: nuclei che si realizzano intorno alla singola persona e alla famiglia. • Persone giuridiche di diritto privato: es. imprese come soggetto di diritto e di attività commerciali. • Stato ed enti pubblici: per quanto riguarda la titolarità del diritto non si troverà mai che la libertà delle comunicazioni si rifà solo all’art. 15, ma anche ad altri articoli, infatti esistono altre applicazioni e leggi ordinarie che vengono prese in considerazione, ad esempio la carta di Nizza e l’articolo della carta della UE, per quanto riguarda nello specifico la PA. Confronto tra Costituzione, carta dei diritti e CEDU: in tutte esistono diverse nozioni del concetto di “corrispondenza”, non troppo dissimili tra loro: • La Costituzione fa risalire la nozione di corrispondenza al nucleo essenziale dei valori della persona e comporta un particolare vincolo che permette di conferire a quella libertà un significato espansivo. • La Carta dei diritti fondamentali parla di “libertà dei media” (art. 11 carta UE); per cui questa nozione si avvicina alla nozione di informazione e di comunicazione. • La CEDU stabilisce che la corrispondenza “è ogni forma di comunicazione privata”, ossia anche la posta elettronica e gli strumenti nuovi, per cui “non solo corrispondenza di tipo epistolare”. Concetto di libertà di comunicazione: l’art. 15, come il 21, da un lato stabilisce una libertà e dall’altro ne pone dei limiti. Un limite è quello del buon costume (concetto valvola). Le garanzie costituzionali (il fatto che la corrispondenza sia tutelata a livello costituzionale) si estrinsecano all’interno di un quadro più netto rispetto al 21. La corrispondenza è caratterizzata da un momento iniziale e momento finale (ricevuta da un determinato destinatario) quindi io posso individuare e determinare il destinatario del mio messaggio (un tempo era più difficilmente realizzabile, non potevo seguire il testo cartaceo) oggi l’evoluzione tecnologica ci pone di fronte a questioni che riguardano la tracciabilità del percorso del messaggio (quindi il tema della segretezza, sotto lo statuto Albertino, si aveva la cosiddetta busta chiusa e la garanzia che rimanesse segreto il mio messaggio, oggi questo è messo in discussione, qui ragioniamo di garanzie che devono essere rapportate al mezzo da controllare, ad esempio la posta elettronica è più facile da controllare rispetto ad un messaggio in forma scritta). Garanzie (stesse dell’art. 21): • Costituzione rigida: se io voglio cambiare, integrare il testo costituzionale, lo posso fare solo attraverso un procedimento aggravato, art. 138, ma molti studiosi sostengono che i diritti di libertà della prima parte della Costituzione non possono essere modificati del tutto, quindi io potrei aggiungere delle nuove libertà, in realtà la soluzione ottimale è che sia la Corte Costituzionale a farlo); si ha quasi la certezza che l’art. 15 non possa essere eliminato dal catalogo dei diritti delle libertà. Oggi sopra la testa dei parlamenti non c’è solo la Costituzione, ma bisogna considerare anche la carta di Nizza e la convenzione Europea del 50 (angolazione trilaterale della tutela di questi diritti). • Riserva di legge: se dei limiti devono essere posti alla libertà di corrispondenza, questo può essere fatto solo con la legge, e con tutte le garanzie che accompagnano la formazione di quest’atto; le leggi vengono fatte in parlamento, coinvolgendolo maggioranze, opposizioni e minorane, che possono opporsi in sede di iter legislativo. • Riserva di giurisdizione: poniamo che la legge passi, prima o poi finirà dinanzi ad un magistrato che si rivolgerà alla Corte Costituzionale (chiedendo la valutazione sulla costituzionalità di tale legge). Limiti (comma 6, art 21): • Autorizzate da un magistrato competente, e per legge, sono ammesse le intercettazioni, per esigenze particolari che riguardano tutta la popolazione, e possono essere intercettazioni legali/ illegali, o riguardare limiti alla diffusione. • Esiste anche il limite che riguarda la non violazione e lesione della riservatezza, dell’onore, oltre alla non violazione del segreto di stato, professionale, scientifico e industriale. Nella Costituzione esistono 2 libertà: una garantita e protetta dall’art. 21 (più innovativo, solo dalla carta repubblicana), l’altra dall’art. 15 (comunicazione/corrispondenza, più antico, come il di 5 58 segreto epistolare nello statuto Albertino); entrambe servono per garantire al massimo numero di persone di manifestare il loro pensiero e comunicarlo, ma dato che si inseriscono in un contesto collettivo, possono incontrare dei limiti che sono simili (il comma 6 rappresenta l’unico limite espresso); le garanzie sono le stesse. PUBBLICITÀ COMMERCIALE: Tra Italia ed Europa: si tratta di un fenomeno che deve essere analizzato alla luce di una costituzione e di una manifestazione del pensiero. La pubblicità commerciale in sé ha iniziato a svilupparsi alla fine del 1800: coloro che si occupavano di pubblicità commerciale erano artisti, come Johann Georg Van Caspel; più che di pubblicità, si trattava di immagini commissionate dalle imprese agli artisti; in Italia il primo fu Leonetto Cappiello, la cui pubblicità più famosa fu quella relativa al Fernet Branca. La pubblicità creata dall’artista avveniva commercializzando un prodotto, tramite la creazione di un’innovazione in qualche modo (es. la creazione della figura di Babbo Natale con la Coca-cola). Le regole riguardanti la pubblicità vengono raccolte da una serie di fonti, fra cui 3 decreti legislativi ed un codice autodisciplinare: • D.lgs. 06/09/05, n° 206; • D.lgs. 31/07/05, n° 177; • D.lgs. 25/01/92, n° 74; • Fonte autodisciplinare, ossia il “Codice della comunicazione pubblicitaria” (1966, creato dagli operatori del settore). Per entrambi i pilastri (decreti e codice) vale una valutazione che rientra nella definizione generica di “pubblicità commerciale”. La sua realtà è complessa, infatti tocca ambiti di natura variegata, che appaiono quando si considerano le normative che disciplinano la pubblicità: • Sociale; • Economica; • Giuridica. La pubblicità commerciale, ha un ruolo di estrema centralità nell’ambito delle diverse forme di comunicazione in quanto, rispetto ad esse, è uno degli strumenti di finanziamento privilegiati di tutti i più importanti mass media; quindi la sua centralità deriva dal fatto che sia uno strumento importantissimo. Le risorse pubblicitarie nel loro complesso hanno un valore economico e commerciale importantissimo per tutti gli operatori del mercato delle comunicazioni; per cui le nuove ed ampissime risorse devono essere considerate dai giuristi che vogliono normare sul profilo sia micro che macro in questo ambito. Prospettiva macroeconomica e giuridica: le prospettive da considerare sono due: • Prospettiva macroeconomica: le imprese nel mondo dell’informazione, anche se operanti in tanti settori diversi, sanno che potranno creare maggiore valore per il bene reclamizzato solo tramite la comunicazione. In questo senso la: • Prospettiva giuridica: deve tenere conto del fatto che la pubblicità aumenta la portata economica del bene reclamizzato. Essendoci una natura economica dietro tale incremento, si tratta senza dubbio di un rapporto contrattuale tra le parti, e pertanto la normativa deve tenere in considerazione le libertà e la contrattazione tra consumatori e imprese. Quindi: il giurista constata la portata economica della pubblicità, e dato che esiste un rapporto economico esiste anche un contratto, di conseguenza si ricercano le parti di questo contratto, quindi le tutele di entrambi, e gli obblighi tra i contraenti. I 3 decreti sono l’ultimo anello di collegamento tra normativa a livello nazionale e internazionale. Si legano tra loro profili economici a livello macro per la tutela del mercato e infine, per la tutela della concorrenza. Ma il mercato non è più solo un mercato italiano, ma un mercato a livello europeo; quindi il mercato e i soggetti da tutelare sono dei soggetti che si sottopongono ad una normativa molto più ampia. Inoltre parlare di concorrenza significa anche parlare del principio di concorrenza che a livello europeo è assolutamente fondamentale. di 6 58 Pubblicità commerciale tra diritto pubblico, privato e sovranazionale: Dai profili macroeconomici ai profili microeconomici, fino al dettato normativo. Dal dettato normativo si evince la tutela di consumatori e imprese, che passa dalla tutela del mercato e avviene attraverso la tutela della concorrenza. Ma in che modo tutelare mercato, concorrenza, imprese e clienti, se esistono dei pericoli che minacciano tali soggetti? Bisogna considerare che esistono molte forme di pubblicità in grado di ledere il buon funzionamento del mercato e della concorrenza, gli interessi di consumatori e imprese (i consumatori devono essere tutelati dalla pubblicità ingannevole, dalla sovrabbondanza di pubblicità, …). A prevenzione di ciò interviene l’autodisciplina in modo molto più forte rispetto alla disciplina statale. DECRETO LEGISLATIVO 206/2005: “CODICE DEL CONSUMO”: Questo decreto abroga il decreto precedente (74/92), e contiene sia una definizione di carattere generale che norme di carattere specifico sulla pubblicità, le quali riguardano soprattutto le pubblicità ingannevoli e le pubblicità comparative. Viene data una definizione ampia e generica, infatti viene identificata la pubblicità commerciale: • Come “qualsiasi forma di comunicazione che supporti in modo non intenzionale un’attività economica, non necessariamente a carattere imprenditoriale”; per cui esiste un nesso tra comunicazione e natura economica. • Altri tratti importanti nella definizione sono:
 - La diffusione al pubblico;
 - La finalità promozionale. Per quanto riguarda altri elementi del messaggio, il codice del consumo approfondisce le caratteristiche del messaggio pubblicitario, il quale: • Si concentra sulla forma del messaggio, intendendolo come diffuso e in qualsiasi modo; • Si concentra sul momento della trasmissione, il quale si realizza “nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale”. • Si concentra sulla finalità del messaggio, il quale ha lo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, lo scopo di realizzare la costituzione o il trasferimento dei diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opera e servizi. Quindi bisogna ricordare che forma, trasmissione e finalità del messaggio sono caratteri identici della pubblicità sia per il “codice del consumo” che per “il codice autodisciplinare”. Non costituiscono pubblicità commerciale: • Messaggi rivolti al pubblico per sensibilizzare su particolari tematiche di interesse sociale (ad esempio la “pubblicità progresso”). • Messaggi rivolti al pubblico per sollecitare un apporto volontario di contribuzione di qualsiasi natura, allo scopo di realizzare obiettivi di carattere sociale. Quando mancano collegamenti con le attività a carattere commerciale, la sfera di applicazione diventa quella del codice di autodisciplina, per espresso richiamo del codice stesso, ossia il codice di autodisciplina dichiara che devono essere applicate le normative in esso contenuto. DECRETO LEGISLATIVO 177/2005: “CODICE DELLA RADIOTELEVISIONE”: Si occupa specialmente della pubblicità radiofonica e televisiva, occupandosi di: • Interruzioni pubblicitarie; • Affollamento pubblicitario. FONTE AUTODISCIPLINARE: “CODICE DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA”: Cioè l’ex “Codice di autodisciplina pubblicitaria”. Si tratta di un corpo di norme non statali, frutto dell’accordo degli operatori di settore e delle loro associazioni di categoria, quindi è un codice di autodisciplina, con giudici che decidono in merito alle violazioni al codice stesso. Nelle “norme preliminari e generali” è definita pubblicità ogni comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o servizi quali che siano i mezzi utilizzati, nonché le forme di comunicazione disciplinate dal Titolo VI sulla cd “pubblicità sociale” (rimando ulteriore). Per cui nel codice viene disciplinata in maniera specifica questa forma di disciplina che nel codice del consumo non avviene. di 7 58 pubblicitari cosi come dei giornalisti), sia l’immagine di queste categorie professionali, oltre al fatto di non incorrere in violazioni delle norme. Pubblicità redazionale: a prima vista sembra di trovarsi di fronte ad un articolo fatto di libera iniziativa dal giornalista per dare informazioni ai lettori, perché può avere la forma di un articolo di giornale (o di servizio televisivo/radiofonico), ma non è esattamente cosi; inoltre sembra apparentemente una libera iniziativa del giornalista o della redazione. Invece, si tratta di una pubblicità anche se ha una forma “redazionale”, e questa pubblicità impedisce la autodeterminazione dei consumatori, venendo meno la possibilità del cliente di fare scelte economiche consapevoli (influenzati in maniera inconsapevole). Product placement: rappresentano altre forme di pubblicità tollerate dalla normativa in essere, solo in specifici limiti; ad esempio il cosiddetto piazzamento occulto all’interno di film o spettacoli. Il codice del consumo stabilisce che sia sanzionabile, in quanto viene evidenziato un prodotto presentato come una scelta artistica/culturale dell’autore o dell’opera, nell’ambito di spettacoli cinematografici o televisivi, ma in realtà si ha un accordo vero e proprio tra produttore dello spettacolo e produttore del bene; quindi trattandosi di un accordo, si torna nella materia di qualcosa che può essere sanzionabile. Trasparenza delle garanzie: bisogna considerare che la pubblicità deve essere trasparente anche in modo da permettere di riconoscere le garanzie legate ad un bene/servizio; infatti, non sempre le garanzie sono chiare. Alcune garanzie sono obbligatorie per legge, ma possono essercene anche altre a discrezione del produttore. Il codice di autodisciplina è molto esigente nel rispettare tali garanzie. L’operatore pubblicitario quando fa un’offerta nella quale inserisce delle garanzie relative al bene pubblicizzato, realizza due momenti: uno reclamistico e uno informativo; il primo cerca di essere trasparente riguardo al messaggio complessivo, il secondo sulle garanzie del bene. Le garanzie cercano di realizzare una trasparenza non tanto nel modo del messaggio, ma sul contenuto del messaggio; per cui questo principio di trasparenza “mira a qualificare il contenuto del messaggio, non le sue modalità di manifestazione”. Ci possono essere modalità diverse che rischiano di violare il principio di garanzia in modo più pesante o più leggero, ma ciò dipende dalle diverse modalità. In ogni caso la trasparenza delle garanzie deve essere tale da permettere al consumatore di capire concretamente come esse funzionano e di valutarle, sin dal momento in cui il consumatore si trova di fronte alla pubblicità. Divieto di pubblicità subliminale: tale pubblicità è vietata nel nostro ordinamento, in quanto esiste un condizionamento del consumatore, ma a livello sub-cosciente, ossia non consapevole ma per riflesso condizionato (inducendo il cliente a compiere delle scelte economiche a livello quasi subdolo). • Product placement/pubblicità redazionale: offrono una parziale possibilità di reazione o di autodifesa del consumatore (permette una possibilità di decodifica), infatti non sono vietate. • Pubblicità subliminale: induce inconsciamente al compimento di una determinata scelta, e quindi non esistendo nessun meccanismo di autodifesa per il consumatore, è vietata. SPECIFICITÀ DELLA PUBBLICITÀ RADIOTELEVISIVA: I principi generali visti in precedenza possono essere applicati in questo ambito, in quanto si tratta in ogni caso di pubblicità; esiste per un’evoluzione dagli anni ’90 (legge “Mammì”) fingo al 2005 (TU sulla televisione), infatti ci si addentrerà proprio nel quadro di queste due leggi. In particolare si deve ragionare concretamente su come viene effettuata la comunicazione pubblicitaria radiotelevisiva, considerando che le forme si evolvono costantemente. La comunicazione pubblicitaria si basa su una sorta di ripartizione: • Pubblicità: in senso proprio, ossia con l’obiettivo di incrementare il valore economico di un bene rivolto a potenziali consumatori. • Sponsorizzazioni: non troppo diverse da quella precedente. • Tele/radiovendite: ossia contenitori dedicati in specifico a vendere dei prodotti. di 10 58 Pubblicità in senso proprio: spot: • Un messaggio promozionale di durata variabile, molto breve, solitamente 10-30 secondi e in genere inferiore ad 1 minuto. • Interrompe la normale programmazione, per cui viene proiettato tra una parte e l’altra di un programma. • È predisposto dall’agenzia pubblicitaria dell’ente radio o televisivo, oppure dall’utente pubblicitario. • Si basa sulla trasmissione ripetuta del messaggio nello spazio che la società televisiva ha venduto all’agenzia pubblicitaria o all’emittente, in modo diretto o tramite la propria concessionaria televisiva. Pubblicità in senso proprio: radio/telepromozioni: • Forma di comunicazione promozionale. • Consistono nell’esibizione di prodotti o nella presentazione verbale e visiva di beni/servizi di un certo produttore o fornitore. • Questa tipologia di pubblicità è operata dall’emittente senza interrompere la programmazione (ma avviene tra un programma e l’altro). • Scopo di promuovere la fornitura, dietro compenso, di quegli stessi beni/ servizi che presenta. Differenza tra spot e radio/telepromozioni: Gli spot vengono inseriti all’interno di un programma e vanno ad interromperlo; le radio/ telepromozioni sono inserite all’interno di un programma che non interrompono, forniscono all’utente informazioni, sono simili alle televendite, ma risulta assente l’acquisto in via diretta (in origine sono state introdotte dalle reti private per evitare i limiti sull’affollamento pubblicitario). Le tele/radiovendite sono offerte direttamente al pubblico attraverso il mezzo televisivo o radiofonico e sono mirate a fornire, dietro pagamento, beni o servizi, compresi beni immobili, diritti e obbligazioni (si ha un acquisto senza passaggio per canali distributivi intermedi). Gli spot, invece, sono una vera offerta al pubblico (art. 1336 CC): vera e propria proposta contrattuale e non una semplice sollecitazione a contrarre (ossia “invito ad offrire”). In generale, le caratteristiche differiscono, ma hanno in comune il fatto che siano offerte al pubblico. Sponsorizzazioni: ad esse danno il loro contributo imprese pubbliche/private, non per forza impegnate nel settore televisivo, radiofonico o di produzione di opere radiotelevisive. La sponsorizzazione interessa all’erogatore televisivo per potersi finanziare, mentre allo sponsorizzato interessa promuove se stesso attraverso la diffusione del marchio (le pareti realizzano uno scambio economico attraverso un contratto); la promozione inserita in questi ambito ha lo scopo di fare conoscere il segno distintivo, con reciproco interesse. La sponsorizzazione prescinde dal prodotto ma esalta il segno distintivo, quindi non esiste un invito all’acquisto, ma il consumatore potrebbe per questo non riconoscere la pubblicità. Invece il consumatore dovrebbe essere il grado di discernere la pubblicità per ciò che è; infatti è un ulteriore importante elemento il fatto che non ci si riferisca specificamente alle attività e/o ai prodotti. Differenza tra pubblicità e sponsorizzazioni: la pubblicità è una promozione diretta di un determinato prodotto ed inoltre invita all’acquisto, mentre la sponsorizzazione ha lo scopo di divulgare un segno distintivo, non sussistendo nessun invito all’acquisto. • TUSMAR (testo unico sul sistema radiotelevisivo): esiste una stretta correlazione economica tra il programma sponsorizzato e lo sponsor, i quali devono rispettare diversi criteri per tutelare diversi soggetti, quali l’operatore televisivo, che deve essere libero di svolgere il proprio programma senza pressioni; e l’utente, che deve sempre poter riconoscere una pubblicità in quanto tale. La sponsorizzazione non può mai produrre una lesione della responsabilità e dell’autonomia editoriale dell’emittente nei confronti delle trasmissioni. • Sponsorizzazione televisiva: si ha un invito all’ascolto, con offerte di programma che precedono il programma stesso e ringraziamenti per l’ascolto, o comunicazioni simili ai ringraziamenti a fine programma (cd. billboards; es. “questo programma è stato presentato da…”); si ha sempre un esclusione di slogan pubblicitari e della presentazione di prodotti/ servizi. di 11 58 Promos: sono programmi dei quali è prevista la trasmissione in un momento successivo. Ovvero quelle scritte che appaiono ai margini dello schermo e avvisano che un programma verrà mandato in onda in un futuro prossimo (es. da mercoledì alle 21.30). Sponsorizzazione radiofonica: le regole sono le stesse relative a quella televisiva, ma esisto delle differenze dovute alla sua natura incentrata esclusivamente sull’audio: • I segnali acustici sono trasmessi alla fine dei programmi, o al momento dell’interruzione dei programmi (cd. spot jingles), accompagnati dalle sole citazioni del nome/marchio dello sponsor. • Sono sfruttati perché non esistono, in questo contesto, i limiti in termini di quantità che invece esistono per i cd. promos (in quanto questi messaggi sono più semplici da inserire senza delle immagini). LIMITI DELL’AFFOLLAMENTO PUBBLICITARIO: Il fenomeno della digitalizzazione di tutto ha fatto sì che anche chi non si trova nel posto fisico dove è tenuto un evento, possa fruire di quel determinato evento culturale ugualmente; molti concerti, spettacoli, …, vengono trasmessi tramite canali digitali per essere visti da tutti. Anche qui ci sono delle interruzioni pubblicitarie. L’affollamento pubblicitario si presenta quando la disciplina delle interruzioni pubblicitarie non riesce più a contenere il tutto. In questo contesto ci sono 3 tipi di pubblicità, per cui vigono delle regole differenti: 1. Tabellare (spot); 2. Extra-tabellare (televendite); 3. Telepromozioni: non si sa se siano nel tabellare o nell’extra-tabellare; alla fine degli anni ’90 le telepromozioni non erano equiparabili agli spot, nel ’97 venne emessa una sentenza dal TAR Lazio in merito: le sponsorizzazioni devono avere dei limiti qualitativi e non quantitativi; qualitativi nel senso che le sponsorizzazioni devono essere vere e proprie, e non un raggiro per riuscire a superare i limiti di affollamento pubblicitario. Non è considerata come pubblicità: • Una semplice citazione visiva o acustica nei titoli di testa/coda di un programma, del nome o del marchio delle imprese che abbiano contribuito alla realizzazione del programma stesso come co-produttori; se nel programma non c’è comunicazione promozionale relativa (anche alle imprese rappresentate dal co-produttore); in questo caso non viene definita una pubblicità, ma una sponsorizzazione. Se all’interno del programma si ha anche lo spot dedicato allo stesso marchio, allora in quel caso si aggira il limite e si ha una violazione della legge, e si viola la legge anche nel caso si tratti di un co-produttore del marchio reclamizzato. • Una semplice citazione visiva o acustica nei titoli di testa/coda di un programma, del nome o del marchio delle imprese che, a titolo oneroso o gratuito, abbiano fornito beni o servizi utilizzati per la realizzazione del programma; ma se nel programma non c’è la relativa comunicazione promozionale allora non è considerata in violazione della sentenza, perché non è una pubblicità. • Una trasmissione di programmi artistici, culturali, sportivi o di intrattenimento o di informazione; se riproducono avvenimenti, manifestazioni o spettacoli non dovuti ad iniziative della concessionaria e dei quali essa abbia acquisito i diritti di ripresa e/o trasmissione; anche se avvenimenti, manifestazioni o spettacoli sono sponsorizzati in ragione di accordi economici direttamente intercorsi fra i loro organizzatori e una o più imprese ai quali la concessionaria è rimasta estranea. Cosa non è considerato pubblicità? Se io all’inizio o alla fine cito (visivamente o acusticamente) un marchio, non sto facendo pubblicità ma posso considerarla sponsorizzazione. Se però all’interno del programma c’è una pubblicità dello stesso marchio sponsorizzato questo non va bene, perché vado a mischiare le due cose. Non si può camuffare in questo modo la sponsorizzazione al fine ultimo di scavalcare i limiti dell’affollamento pubblicitario. RAI: è una concessionaria pubblica, che ha dei limiti ragionevoli ed evidenti riguardo la pubblicità; il divieto di eccedenza può essere sottoposto a dei limiti ulteriori (dipende anche dal fatto che sia tabellare o extra-tabellare); questo perché la Rai conta anche sul canone. • Divieto di eccedenza:
 - 4% dell’orario settimanale di programmazione;
 - 12% di ogni ora;
 - Eccedenza eventuale del 2% nel corso di un’ora (ma da recuperare/compensare in quella antecedente o successive). di 12 58 Disposizioni particolari sulle televendite: la tutela del consumatore è stata rafforzata, per proteggerlo da ogni forma di sfruttamento della paura, superstizione, credulità, o per proteggerlo da scene di violenza fisica o morale tali da offendere il gusto e la sensibilità dei consumatori per indecenza, volgarità o ripugnanza, o ancora per proteggerlo da ogni forma di televendita che possa offendere la dignità umana, comporti discriminazione di razza, sesso o nazionalità, convinzioni religiose, politiche, ecc. Anche lo sfruttamento di queste condizioni soggettive è considerato illegale per l’antitrust, e AGCM, infatti essi stabiliscono se la pubblicità è ingannevole o meno basandosi anche su tali elementi. PUBBLICITÀ COMPARATIVA: Riferimento al codice del consumo e al codice di autodisciplina. Si tratta di una seconda forma particolare di pubblicità che si distacca dal modello tradizionale di pubblicità commerciale e che quindi richiede una disciplina diversa da quella generale, ovviamente considerando che i principi generali restano la base comune, ma declinata a seconda del tipo di pubblicità (ingannevole o comparativa). Caratteristiche: si tratta di un tipo di pubblicità definita in modo di massima dalla normativa e poi definita in modo concreto. È intesa come pubblicità comparativa qualsiasi messaggio promozionale che identifichi in modo implicito o esplicito un determinato concorrente, oppure beni e servizi offerti dal concorrente. • In altri paesi UE o USA, la pubblicità comparativa era considerata in modo benevolo, perché si pensava che confrontare due prodotti potesse dare al consumatore maggiori informazioni e lavorare sul suo piano di consapevolezza, in modo da permettergli scelte consapevoli. • Attenzione: dire che ha una finalità informativa non significa che il messaggio dia informazioni come un giornale. La pubblicità comparativa è tale quando si può identificare (identificabilità), o identifica (identificazione) il concorrente; quindi non è pubblicità comparativa una “generica rivendicazione di eccellenza” (es. i biscotti migliori del mondo), ma ciò apre all’ipotesi di ingannevolezza. Ci sono due tipi di comparazione pubblicitaria: • Diretta: il concorrente e/o il prodotto sono immediatamente identificati; c’è un segno distintivo. • Indiretta: il concorrente e/o prodotto sono identificati ma non compare il nome del concorrente o il marchio, anche se è ovvio quale sia; non c’è un segno distintivo. È diretta quando è esplicita la comparazione tra il sottoscritto e un'altra marca e/o prodotto. Le caratteristiche che vengono comparate devono essere ben determinabili e dimostrabili. Quindi se Barilla fa il confronto con De Cecco in termini di valori nutrizionali, è possibile in quanto i dati che ho riportato sono determinabili e verificabili. Quindi non è possibile una generica rivendicazione di eccellenza. Equilibrio tra consumatori e concorrenti nella pubblicità comparativa: • Consumatori: hanno un interesse forte all’informazione; nell’esempio della Barilla il confronto della pubblicità permette una certa acquisizione di informazione. Inoltre la pubblicità comparativa si scontra con un interesse particolare dei consumatori che è l’immagine dell’impresa, la sua credibilità. • Concorrenti: hanno un interesse forte alla tutela della propria immagine di mercato; per cui maggiore la comparazione, maggiore l’esposizione del concorrente a qualcosa che potrebbe ledere la sua immagine, con pesanti effetti sulla concorrenza. • Vantaggio: posizionare dei prodotti nuovi su un mercato monopolista o oligopolista, da parte di una impresa sconosciuta, comporta che quella pubblicità comparativa possa associare alla grande impresa il paragone con il prodotto nuovo della piccola impresa sconosciuta. • Svantaggio: agganciare le pubblicità al prodotto, in un confronto pasta-pasta, restringe le pubblicità comparative a pochi dati. Scegliere la comparazione non implica libertà di dare informazioni al consumatore riguardo il prodotto nello specifico. • Questo dipende sempre da come nella realtà viene declinata la pubblicità, per cui può emergere un profilo o l’altro. di 15 58 Criteri di liceità della pubblicità comparativa: I casi in cui non è possibile la pubblicità comparativa; la normativa dichiara cosa sia e cosa non sia questo tipo di pubblicità, ma stabilisce anche quando è possibile, nel rispetto della disciplina esistente rispettarne i criteri. I generali criteri di veridicità, correttezza e chiarezza sono ancora alla base, ma devono poi essere declinati a seconda del tipo di pubblicità che si deve considerare (codice del consumo e codice di autodisciplina). La nozione di liceità è ampliata in riferimento alla pubblicità ingannevole dall’esistenza del divieto di ingannevolezza. Per cui è illecita in base a: • Contenuto e presentazione del messaggio (profilo comune delle due nozioni di pubblicità); • Ingannevolezza del confronto (esclusivamente sui beni/servizi relativi a eguali esigenze/ obiettivi o segmenti di mercato). Ulteriori divieti di comparazione: Illecito è anche fare la comparazione delle caratteristiche. Confronto inteso come un profilo che rende più stringente il controllo sulla ingannevolezza. La comparazione deve riguardare: • Caratteristiche essenziali dei beni confrontati (soprattutto se la comparazione è parziale); le caratteristiche devono essere “essenziali e pertinenti”, “rappresentative” e “verificabili”. • Comparazione settoriale: la comparazione delle caratteristiche a volte avviene non solo tramite il prodotto, ma anche attraverso ad esempio la denominazione d’origine o altri tratti, per cui si mettono a confronto, e si possono mettere a confronto, solo prodotti con sigle uguali. È vietato anche comparare caratteristiche simili, a meno che non vada a vantaggio del set informativo per il consumatore. Non è ulteriormente corretta una comparazione: • Articolata sulle caratteristiche simili, cioè una pubblicità “parassitaria” o di “agganciamento”, che letteralmente si aggancia ad una caratteristica conosciuta del bene oggetto di confronto, ma non fa un confronto vero e proprio delle caratteristiche del bene; è una sorta di contraffazione delle differenze caratterizzanti dei due beni. Quando il confronto è un veicolo di informazioni per il cliente, allora è lecita; quando sembra soltanto trasmettere informazioni, ma invece applica dei paragoni parassitari, allora è una pubblicità illecita. Ma si tratta di un confine sottile, per cui il margine di giudizio del Giurì è davvero molto ampio: si dice che il ruolo dell’interprete è potenziato, perché lascia maggiore spazio alla valutazione dell’interprete del codice di autodisciplina e del consumo. Questo tipo di pubblicità parassitaria provoca il rischio di imitazione/contraffazione di beni/servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale speciale (che sono depositati). Ingannevole è quella pubblicità che costituisce un illecito di pericolo, quindi in qualche modo ci sono dei collegamenti con la pubblicità comparativa: • Forma e sostanza sono ingannevoli per la pubblicità ingannevole e per quella comparativa. • In più per la pubblicità comparativa è il confronto stesso che diventa ingannevole: questo elemento considera il confronto tra beni/prodotti e servizi che si pubblicizzano, e che interessano e confrontano segmenti diversi del mercato. PUBBLICITÀ PRODOTTI PERICOLOSI: Come si può e con quali limiti, fare pubblicità a questi prodotti? Si tratti di prodotti pericolosi per la salute (in generale) o per la sicurezza dei consumatori. Si ha il divieto di pubblicizzare tali prodotti in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza. Quando l’attenzione del consumatore non si attiva, allora la pubblicità è vietata. Bisogna analizzare come le norme reagiscono a questo, secondo le regole di prudenza e vigilanza. Fattispecie del Codice del Consumo: stabilisce in relazione a quali caratteristiche ci si trova di fronte ad una pubblicità di prodotti pericolosi, che quindi abbassa l’attenzione dei consumatori: • Omissione informativa: non si danno informazioni rispetto alla pericolosità del bene, quindi si tolgono informazioni che permetterebbero al consumatore di compiere una scelta consapevole. • Idoneità dell’omissione a determinare i destinatari a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza: se questa omissione è idonea a determinare nei destinatari una trascuratezza della normale soglia di attenzione, allora è vietata. di 16 58 Fattispecie per AGCM e Giuri IAP: l’Autorità Garante per la Concorrenza del Mercato, e il Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria valutano l’obbligo che graverebbe sul produttore di pubblicizzare un certo prodotto, perché è stata quella l’omissione che probabilmente ha reso pericoloso per la sua salute il comportamento del consumatore. Per cui non valutano la oggettiva pericolosità del prodotto pubblicizzato, ma il nesso che esiste tra prodotto e acquisto, ossia il nesso tra obbligo di informazione del produttore e assunzione di comportamenti imprudenti da parte del consumatore. PUBBLICITÀ E MINORI: La tutela ragiona moltissimo rispetto al soggetto a cui è destinata. Le fattispecie di pubblicità ingannevole, rispetto a questo aspetto, sono le stesse già viste (3 fattispecie), ma si aggiunge un profilo in più, ossia si tiene conto della rilevante presenza del bambino (minore) o dell’adolescente. Ingannevolezza relativa ai minori: la pubblicità è ingannevole: 1. Se si realizza una minaccia alla salute degli adolescenti o bambini: si inducono i minori ad una condotta pericolo, in modo indipendente dal destinatario del messaggio. La pubblicità è pericolosa perché mette a rischio la sicurezza fisica e psichica, per cui si tratta di un concetto di sicurezza molto ampio: infatti al giudice viene affidato un ampio margine di scelta della valutazione, essendoci anche una sfera psichica. 2. Quando si abusa della credulità o della mancanza di esperienza di bambini e adolescenti (non capacità decodificativa data dall’età). Per questo aspetto è ampliata ancora una volta la portata della ingannevolezza data da questo parametro di giudizio. 3. Se si impiegano minori abusando di conseguenza dei sentimenti degli adulti per i bambini e gli adolescenti (si tratta del tasto più delicato e difficile, in quanto la tenerezza istintiva porta un sentimento di interesse maggiore). AUTODISCIPLINA PUBBLICITARIA: Ci si muove nell’ambito della comunicazione pubblicitaria, e non solo di quella commerciale. Oggi definito “Codice della comunicazione commerciale”; nel 1966 viene pubblicata la prima edizione del “Codice di autodisciplina pubblicitaria”, in ragione dell’accordo tra UPA (utenti pubblicità associati) e FIP (federazione italiana della pubblicità). Si parlava ancora di pubblicità in generale, infatti il testo attuale è stato modificato/aggiornato per le successive innovazioni. Fonte delle norme autodisciplinari: non si trattava di norme a livello statale o di UE, ma erano gli operatori del settore a disciplinare il settore tramite delle norme auto date, di conseguenza questo codice scritto da privati vale solo in un ambito determinato, e non vale in modo generale come può esserne uno a livello europeo; quindi è vincolante solo per le aziende che investono in pubblicità, per le agenzie pubblicitarie, per i consulenti pubblicitari, mezzi di diffusione della pubblicità e loro concessionarie. Clausola di accettazione: si deve considerare che se riguardasse solamente chi l’ha creato, risulterebbe limitato ad una piccola cerchia; nel corso del tempo è stato possibile allargarne l’utilizzo attraverso la cd “clausola di accettazione”: ossia coloro i quali non sottostanno già alla autodisciplina, devo firmare la clausola vincolandosi a rispettare il codice e soprattutto alle decisioni che il Giuri prenderà. Gli obiettivi della clausola sono: • Inserimento obbligatorio nei contratti standard di pubblicità; • Assoggettamento della maggior parte della comunicazione pubblicitaria italiana al codice. Caso Armando Curcio: da un certo punto in poi anche l’ordinamento statale prende atto del codice e della sua importanza per il settore. Nel 1977 la Armando Curcio editore si contrappone alle decisioni e al ruolo del Giurì e lo porta davanti al giudice di Milano. Ciò che si mette in discussione è il fatto che, nonostante la clausola di accettazione, si possa o meno rispettare un norma non statale. Il tribunale di Milano invece dichiara che anche se lo stato è l’ordinamento maggiore, il codice è un ordinamento minore come tanti altri ordinamenti con delle proprie regole e dei propri organi giudicanti, per questo il tribunale riconosce che anche il Giuri abbia una certa efficacia vincolante relativa alle proprie sentenze. di 17 58 Compiti: • Sottopone in via autonoma al Giurì la comunicazione pubblicitaria che ritiene non conforme (messaggio o campagna) alle norme del codice poste a tutela dell’interesse del consumatore e della comunicazione commerciale (strumento che non intacca o intacca la credibilità delle imprese. Anche il mondo pubblicitario è composto da imprese che si occupano di pubblicità). Quindi in questo senso la tutela del consumatore viene solo dopo la tutela della pubblicità in quanto istituto giuridico. • Esprime pareri consultivi su richiesta del Giurì. • Può invitare in via preventiva a modificare la comunicazione pubblicitaria non conforme al codice. È una fattispecie a metà tra i pareri preventivi e le ingiunzioni di desistenza • Può emettere ingiunzioni di desistenza. • Le imprese, secondo il regolamento sui pareri prevenivi, possono chiedere al comitato di esprimere in via preventiva il suo parere circa la conformità della comunicazione commerciale (sottopostagli in via definitiva ma non ancora diffuse, quindi con lineamenti definitivi) alle norme del codice:
 - Il comitato dà un parere espresso sotto riserva della validità e completezza dei dati e delle informazioni fornite dalla parte richiedente; ossia un parere espresso in ragione della conformità dei dati ricevuti; è una clausola paracadute che salvaguarda il comitato.
 - Il parere preventivo contiene una sorta di approvazione, perché il comitato non agirà d’ufficio contro la comunicazione che ha approvato. Quindi il parere del comitato è vincolato a ciò che viene sottoposto, ma se il messaggio e la campagna vengono emessi con caratteristiche diverse, allora il comitato non è più vincolato alla parola data.
 - Inoltre le parti devono astenersi dall’utilizzazione del parere a fini commerciali. • Il comitato può esercitare altre funzioni diverse da quelle assegnate dal Consiglio Direttivo, e comunicate o rese note tramite sito internet dello IAP. GIURI’ AUTODISCIPLINA: Membri: • Nominati dall’Istituto. • Vengono scelti tra esperti di diritto, di problemi di consumatori e di comunicazione. Devono conoscere tutta la normativa ed devono essere in grado di rapportarla al mondo della comunicazione. • Possono rimanere in carica 2 anni con riconferma. Potrebbero sviluppare una giurisprudenza pubblicitaria che ha bisogno di più tempo per fare capire qual è l’atteggiamento e l’approccio del giuri nei confronti di una specifica fattispecie. Con i mandati brevi si cerca di rinnovare l’organo. Il fatto che si possano riconfermare riguarda la questione della continuità della giurisprudenza. • Presidenti e vicepresidenti nominati dallo IAP, e scelti tra i membri del giuri. • Mai scelti tra esperti che esercitano la loro attività professionale in materia di autodisciplina della comunicazione commerciale (conflitto interessi). Compiti: esamina la comunicazione commerciale a esso sottoposta e si pronuncia soltanto in base al codice di autodisciplina. Ma non si tratta di una limitazione, perché il codice è molto più rigido della normativa statale; questo perché una volta creato tale apparato, ciò permette di creare un mondo pubblicitario rispettoso di certe regole, con un valore alto di credibilità, il massimo lo si ottiene appunto con regole rigide. In qualsiasi momento Giurì e Comitato: • Possono richiedere documentazioni e dati utili a chi si avvale della comunicazione pubblicitaria, per consentire l’accertamento della veridicità dei dati, delle descrizioni, affermazioni, illustrazioni o testimonianze. • Ciò può essere fatto in qualsiasi momento, anche avvalendosi dell’opera e del parere di esperti. In questo modo si tiene sotto costante controllo la procedura pubblicitaria degli operatori commerciali. L’esame della comunicazione pubblicitaria può avvenire su segnalazione/richiesta del comitato di controllo, oppure tramite le aziende (non i consumatori come per il comitato; differenza netta). Il Giurì adotta una decisione definitiva in base alle disposizione del codice (come se fosse un giudice): di 20 58 1. Se la comunicazione pubblicitaria risulta difforme al codice, il Giurì formula un ordine di desistenza indicando i vari articoli infranti (nei casi più gravi ordina anche la pubblicazione per estratto della sua decisione). 2. Se l’ordine di desistere non viene osservato, formula una inosservanza di decisone, fornisce una notizia adeguata al pubblico circa l’inosservanza di tale comunicazione pubblicitaria (sanzione più pesante rispetto ad una pena pecuniaria, in quanto si va ad attaccare la credibilità sul mercato). Procedimento dinanzi agli Organi di Autodisciplina: i consumatori si rivolgono nei confronti di un organismo autodisciplinato in quanto le decisioni risultano più brevi (2/3 settimane; ciò risulta fondamentale all’interno di un ambiente così dinamico come quello pubblicitario), inoltre non si ha alcun particolare formalismo da seguire (segnalazioni più facili a livello burocratico). Solo di fronte al Giurì si esprime in questo procedimento un atteggiamento di favore processuale per il denunciante (inversione dell’onere della prova); per far si che il maggior numero di campagne sia esaminabile. Le conseguenze della decisione del Giurì in seguito all’ordine di desistenza e/o sanzione pecuniaria (il Giurì rappresenta un arbitro, ovvero una parte terza imparziale, nominabile): • Danno derivante dal mancato utilizzo della campagna pubblicitaria. • Danno all’attività commerciale. • Danno all’immagine aziendale (più pesante). Tutela della creatività: Titolo V del Codice di Autodisciplina. Esistono delle creazioni pubblicitarie non potette per legge ma che meritano di essere ugualmente tutelate. Il titolo V parla specificatamente della “tutela delle creazioni pubblicitarie non protette per legge”. Può essere depositato presso la segreteria IAP il materiale utile a creare le pubblicità (es storyboard): come forma di protezione rispetto alle indebite utilizzazioni. Esse possono essere depositate per un certo periodo di protezione: • 3 anni, per i progetti di campagne pubblicitarie • 12 mesi, per i progetti di campagne pubblicitarie a stampa • 18 mesi, per i progetti di campagne pubblicitarie radio e televisive. Si tratta di un servizio offerto solo dallo IAP, perché marchi e brevetti a livello statale operano con delle modalità diverse che non tutelano le creazioni pubblicitarie. Si tratta di un vuoto a livello statale, che però la normativa privata tutela e colma. PUBBLICITÀ ISTITUZIONALE: Secondo lo IAP non è un prototipo tradizionale di pubblicità. Definita dal Giurì ed inventata da Oliviero Toscani per la Benetton (es. immigrati su un barcone con logo Benetton), in cui si va a legare la sensibilizzazione nei confronti di un valore ad un logo, in modo da usare questi valori rendendo più interessante ed attrattivo il logo per un consumatore. La pubblicità commerciale (o la comunicazione commerciale), alla luce delle immagini della campagna di Benetton, apre il problema dinanzi al Giurì; le pubblicità commerciali, stando al codice di autodisciplina, sono uno strumento che incrementa il valore di ciò che si pubblicizza, quindi si inserisce nel fenomeno dell’iniziativa economica privata. Il pubblico per definizione persegue l’interesse di tutti e non quello di parte, mentre il privato, persegue il proprio interesse; detto ciò, il costituente reagisce di fronte a questa situazione stabilendo al comma 2 dell’art. 41, che quando un’iniziativa è privata, deve essere svolta entro certi limiti: l’imprenditore esercita la sua attività (diritto ad iniziativa economica privata) nel pieno rispetto degli interessi collettivi. Il Giurì da un certo momento in poi si trova a dover sciogliere questa questione, ed in questo frangente inventa la pubblicità istituzionale (all’estero lo stesso problema verrà risolto in modi diversi, ad esempio in Germania dalla Corte Costituzionale). Oliviero Toscani: la nuova comunicazione pubblicitaria: è colui che la inventa, già dagli anni ’80/’90; per “nuova” si intende che si sta dando una direzione diversa per lo strumento. Non si sa con quale fine, ma in effetti ciò che importa è la veste giuridica. di 21 58 PUBBLICITÀ “CIMITERO DI GUERRA”: Si tratta di una foto che scuote gli animi, ovvero le croci cristiane e la croce con stella ebraica di un cimitero americano durante la Guerra del Golfo. Giudizio del 5 febbraio del 1992 n. 21 presa dal Giurì: il Giurì deve capire se questa risulta pubblicità commerciale, e quindi se poggia sul comma 2 dell’art. 41 o sull’art. 21. Posizione Comitato di controllo: nel 1991 il Comitato di controllo sottopone al Giurì questa fotografia (pubblicata sul Sole24ore e sul Corriere della Sera), ovvero il cimitero di guerra dove si inseriva, oltre alla croce cattolica, anche la croce di David (ebrea); il Comitato dice che: • Per come è fatto il messaggio, esso è apprezzabile perché “l’annuncio si pone sulla scia di una politica pubblicitaria improntata a integrazione di etnie e di unione tra i popoli”, per cui questo messaggio mette insieme religioni diverse. • Ciononostante, “l’evocazione di una tragedia universale potrebbe tradursi nello sfruttamento dell’angoscia collettiva per promuovere l’immagine dell’impresa”. • Di conseguenza il messaggio viola gli art. 1 e 10 del Codice.
 - Viola l’art. 1: perché l’uso strumentale del lutto può recare discredito all’immagine della pubblicità (questione della credibilità e dell’immagine anche dell’impresa);
 - Viola l’art. 10: perché con questo messaggio si rischia di offendere le più profonde e radicate convinzioni della società civile per quanto riguarda la sacralità della morte e il rispetto che a essa è dovuto. Quindi il comitato è convinto che se questo messaggio fosse stato fatto in un diverso contesto più facilmente interpretabile come manifestazione del pensiero, non si avrebbe avuto nessun problema, ma il punto è che la manifestazione del pensiero ha una finalità privata (ossia sarebbe prerogativa delle persone singole e delle loro associazioni), mentre questa pubblicità rientra nella sfera economica dell’impresa, e non rientra nelle espressioni tipiche della libertà di manifestazione del pensiero. Per cui la pubblicità in questione riflette gli interessi produttivi e commerciali della stessa impresa, non una sua “libertà di pensiero”. Il Comitato chiede al Giurì che date le violazioni dell’art 1 (discredito) e 10 (uso strumentale del lutto), non solo che venga dichiarata la violazione del codice, ma anche l’inibizione dall’ulteriore diffusione. Posizione Benetton: la Benetton, convenuta in giudizio, sottolinea che ha scelto una serie di temi complessi legati all’attualità, perché ritiene che questo approccio si ponga come sviluppo naturale e logico della comunicazione stessa, pubblicitaria e commerciale, di quella già avviata in passato. Quindi la prospettiva non è quella di violare l’art. 10, ma nel fare sviluppare la pubblicità da commerciale ad un modello nuovo e diverso, tutto questo basato sull’idea trasmessa dal logo. Infatti in questo senso l’aggettivo “united” stava ad intendere un’uguaglianza e unione di popoli ed etnie diverse. Quindi afferma che è ingiusto l’approccio del comitato nel ritenere che la pubblicità fosse stata incriminata. Posizione Giurì: il Giurì capisce che applicare in modo facile la distinzione tra pubblicità commerciale e un “altro” con delle forme diverse, è molto difficile. Così decide (in modo criticabile, ma comprensibile, a differenza di ciò che accade all’estero) che: • L’esame del comunicato di Benetton dimostra quanto sia complesso perché mette “in gioco la capacità del messaggio commerciale di andare oltre i semplici fini commerciali; e l’uso oltre che l’abuso, degli stereotipi”: perché presenta messaggi diversi rispetto alla falsità degli altri messaggi delle pubblicità rivali, in quanto ha dei tratti di vita vera. Questo secondo il giuri è certamente possibile, come richiamo alla libertà d’espressione della campagna, ma si tratta di un modello nuovo. • Per cui “la ricerca di modelli nuovi può essere segno anche di una svolta nella comunicazione pubblicitaria, di un’azienda che ha voluto lasciare da parte i prodotti per mettere avanti soltanto il marchio”. In questo annuncio il messaggio concettuale è complesso, ma ci sono delle riserve sulla scelta di una sola stella di David e sulla scelta di pubblicarlo solo su i giornali, come se volessero sfruttare il momento drammatico. • Pur essendo un messaggio o una manifestazione del pensiero, il messaggio non è riconducibile all’art. 21; inoltre, trattandosi di una comunicazione di natura pubblicitaria, deve essere soggetta a limiti molto più rigidi per la natura e i fini economici che persegue. Non ci sono articoli nel codice che facciano riferimento a valori non collegati al prodotto, ma esistono dei limiti che si pongono nella sfera dei valori più sacri.
 di 22 58 La risposta tedesca è differente: essendoci due beni giuridici in gioco, la lealtà della concorrenza e la libertà di manifestazione del pensiero (art. 5 costituzione tedesca), i Giudici dovranno bilanciare, e fare una verifica di volta in volta, se i messaggi pubblicitari recano pregiudizio ai beni giuridici tutelati dalla disposizione costituzionale sulla libertà di manifestazione del pensiero. Stabilisce ulteriormente che: • E’ possibile limitare la libertà di pensiero solo se mette a rischio delle fondamentali esigenze di interesse pubblico; • La visione di immagini che colpiscono o rattristano il cittadino non può condurre a limitare un diritto fondamentale; • Irrilevante (nega) che il collegamento fra immagini utilizzare e prodotto che si vuole pubblicizzare non sia facilmente individuabile. Quindi per questi motivi, il tribunale stabilisce che il settimanale ha il diritto a proseguire nella diffusione del messaggio, perché e manifestazione del pensiero ed esercita il diritto della libertà di stampa. In Italia queste immagini non portano conseguenze all’attività economica della Benetton, mentre in Germania le vendite della Benetton crollano; quindi il nesso fra credibilità e immagine dell’azienda sul mercato, qui diventa realtà ma in modo paradossale, in quanto anche se il Giudice difende questa posizione, il mercato reagisce in modo contrario. EUROPEAN ADVERTISING STANDARDS ALLIANCE - EASA: Si tratta di un’organizzazione europea nata per perseguire obbiettivi specifici, che raccoglie tutte le autodiscipline europee. In italiano sarebbe “alleanza europea per gli standard pubblicitari”. L’obbiettivo principale è quello di “fare” una pubblicità che sia responsabile, e per fare ciò è necessaria una rete molto ampia, che a d’oggi conta: • 27 autodiscipline che creano gli standard; • 40 organizzazioni; • 13 organizzazioni che rappresentano l’ecosistema della pubblicità (pubblicitari, agenzie, …). L’alleanza è costruita sulla rete e la rete è costruita da organi di autodisciplina (definiti “sistemi autoregolantesi”) e altri; tra i vari soggetti esistono numerosi codici di autodisciplina, costruiti sul modello dello IAP; l’alleanza risulta un contenitore di riferimento per l’autodisciplina. In particolare si rivolge a: • Consumatori: a tutela; • Industria della pubblicità: imprenditoria; • Stato e regolatori: le amministrazioni, pubbliche o indipendenti che possono trarre beneficio dai codici di autodisciplina, piuttosto che stati che possono acquisire prassi. Ha due ruoli fondamentali che sono concatenati: • Pone in essere standard di alto livello per le autodiscipline presenti e future: come stabilito nel Best Practices Model e nella Carta fondamentale dell’EASA, la quale stabilisce obiettivo, regolamento e istituzioni interne. • Una volta fatto ciò, fornisce un ambito in cui l’ecosistema pubblicitario permette al mondo europeo e nazionale di funzionare congiuntamente, in modo che gli standard (non le regole) siano sviluppati per essere completamente consolidati, che possano affrontare sfide in comune e che assicurino standard di pubblicità che verranno rispettati in futuro. L’Alleanza crea degli standard che garantiscono che la pubblicità sia realizzata nel rispetto degli standard e delle best practices; ciò permette la creazione di un ecosistema pubblicitario le cui implicite regole si basano sugli standard da essa fissati. L’Alleanza stabilisce questi standard con gli strumenti delle Best Practice e dell’Easa’s Charter; questi standards stabiliscono che l’autodisciplina pubblicitaria è la migliore regolazione possibile del fenomeno (quindi l’autodisciplina è lo strumento degli strumenti perché è un mondo particolare). L’Easa aiuta a far si che le varie comunicazioni pubblicitarie siano legali, decenti, oneste e veritiere (rispettose dei criteri di liceità), e che siano responsabili a livello sociale (nei confronti dei consumatori) e che rispettino le regole della competizione leale. di 25 58 Protezione dei consumatori: la loro tutela avviene attraverso la considerazione della comunicazione come un elemento fondamentale dell’economia; infatti, la comunicazione riesce a informare i consumatori dell’esistenza di prodotti e servizi. Per cui la regolamentazione dell’autodisciplina, dato il ruolo informativo della pubblicità, deve tutelare e garantire al consumatore che si avvicini al mondo commerciale con fiducia che la pubblicità da essa norma sia responsabile e degna di fiducia. Il consumatore trae vantaggio dall’EASA nel momento in cui può avere un punto di riferimento per le sue doglianze e lamentele. Infatti: • Viene riconosciuto un livello di tutela del buon costume e ulteriori garanzie ad un livello maggiore dall’EASA, rispetto alle autodiscipline nazionali. • I consumatori possono rivolgersi all’EASA in modo rapido, veloce, poco costoso. E non spetta ai consumatori dimostrare che l’impresa abbia violato la legge, ma è sempre l’impresa che deve presentare i documenti per dimostrare la legittimità della propria pubblicità (inversione dell’onere della prova). Protezione dell’industria pubblicitaria: i consumatori hanno fiducia nell’impresa, senza tale l’impresa fallisce; quindi risulta fondamentale la reputazione del brand, e di conseguenza l’autodisciplina aiuta a costruire tale fiducia con un effetto positivo sull’impresa, ossia con potenziamento delle vendite, effetto sul mercato e benefici ulteriori, tramite la promozione di una pubblicità responsabile che: • Aiuta a creare fiducia nel consumatore; • Aiuta a creare fedeltà al marchio; • Incrementa i profitti e rafforza le quote di mercato. Vantaggi per i regolatori e per gli stati: gli standard della comunicazione pubblicitaria sono creati anche per integrare ed essere complementari alle norme già esistenti; le integrazioni vanno ovviamente a rafforzare i codici statali (es. codice del consumo) a costo zero; ciò risulta anche un vantaggio per gli stati, in quanto il costo di creare e pianificare gli standard sono sostenuti dalle autodiscipline e dall’alleanza. Parametri della regolamentazione: l’Alleanza stabilisce che la pubblicità: • Deve essere conforme alla normativa statale e rispettare i criteri di liceità (palese, veritiera, corretta), e in più deve rispettare il principio della fiducia. • Deve essere fatta nel rispetto della responsabilità sociale e dei principi sulla concorrenza leale. • Ma non deve mettere a repentaglio il livello di fiducia che il consumatore ha sulla pubblicità in generale. I due modi per realizzare tutto questo sono attraverso il sistema dell’autoregolamentazione, e attraverso l’Alleanza. Quadro legale: i dettagli dell’autoregolazione degli standard dell’Alleanza rientrano nelle regole europee e a livello nazionale, che generano una cornice generale. I codici della autoregolazione e dell’alleanza sono rintracciabili da varie fonti: • Camera di commercio internazionale; • Codice consolidato della pubblicità e del marketing e delle pratiche di comunicazione. L’organo che crea i codici: è composto dalle parti costituenti dell’industria responsabile di approvare il codice iniziale, e di fare in modo che sia costantemente aggiornato. È costituito da un collegio che ha il compito di creare il codice dell’EASA fatto da soggetti con ruoli di significato e che hanno redatto e aggiornato il codice originario. • Applicazione del codice: di solito viene supervisionato dal segretariato permanente dell’organizzazione auto-disciplinante. Prima della pubblicazione di una pubblicità, questo prende la forma di un avviso o un parere preventivo. Il segretariato è ulteriormente responsabile per la determinazione di se le doglianze siano o meno sostanziali in relazione al codice. • Giurì indipendente e imparziale: è responsabile dell’interpretazione del codice, una volta che una doglianza circa una pubblicità sia stata archiviata da entrambi il pubblico in generale o i concorrenti • Sanzioni del Giurì: il Giurì è responsabile di decidere le sanzioni; esse includono ammende o rimozione di una pubblicità (un processo molto costoso per i pubblicitari), pubblicazione delle decisioni (la quale genera una pubblicità inversa per i pubblicitari, infatti viene anche chiamata “name and shame”), pareri preventivi obbligatori per coloro che non rispettano le leggi in modo di 26 58 frequente ed espulsione dalle organizzazioni di commercio, o in estremi casi essi vengono ritenuti indegni dalle autorità rilevanti. • Conformità: dal momento che l’industria ha una parte in gioco nel sistema, solitamente troviamo che essa possa attenersi alle sanzioni. Nel caso in cui non lo faccia, le organizzazioni auto-regolatrici chiederanno al media di bloccare la promozione della pubblicità. • Procedure di appello: è considerata una buona pratica l’avere una procedura di appello per facilitare i giusti processi. Idealmente, la giuria di appello dovrebbe essere composta da persone diverse rispetto a quelle sedute nella giuria che sente il caso per prima. Organi: • Assemblea generale (General Assembly): discute delle regole infatti è la maggiore assemblea che prende decisioni nell’EASA; tutti i membri dell’EASA sono membri di ruolo della assemblea e hanno diritto e responsabilità di ratificarne le decisioni. • Consiglio di amministrazione (Board of Directors): responsabile delle amministrazioni dell’EASA e dura in carica 2 anni; individua i Dirigenti (Executive Officers). • Comitato esecutivo: riguarda il day to day management, le decisioni di policy tra i meeting del consiglio. I membri sono ripartiti in due porzioni che si occupano di organizzazioni degli standard pubblicitari, e di industria pubblicitaria. Il comitato esecutivo è guidato da un Presidente, supportato da due Vicepresidenti e da un Tesoriere. • Comitato di autodisciplina: fornisce una piattaforma per le organizzazioni di autodisciplina nazionali, per discutere degli aspetti operativi dell’autodisciplina pubblicitaria, ossia come le normative nazionali possono essere portate a livello europeo; la piattaforma è ideale per scambiare informazioni e migliori pratiche relativamente agli standard e alla loro esecuzione. • Consiglio dell’Europa centrale e orientale: cerca di creare un collegamento tra l’autodisciplina dei paesi nel centro e quelli nell’est Europa, per condividere pratiche e collaborare. L’obiettivo è di consolidare l’autoregolazione pubblicitaria in quei paesi che non hanno tradizioni nello sviluppare e nel portare avanti iniziative di autodisciplina (aiuta anche nel costruire e nell’allenare nuove organizzazioni in questa regione). Analizzando i suoi organi possiamo dire che l’EASA è una via di mezzo tra un'impresa e l’IAP. Sistema transnazionale delle doglianze: le doglianze internazionali riguardano pubblicità originate da media o provenenti da pubblicitari locati in un altro continente diverso da quello di chi presenta la doglianza. Il Cross Boarder Complaints System dell’EASA ha operato fin dal 1992 e fu creato per rispondere alla convergenza verso il mercato unico, oltre che per rispondere ai problemi emergenti da una circolazione delle pubblicità in tutti gli stati membri dell’Europa. Lo strumento è utile e permette di applicare le regole anche a pubblicità lontane dai confini nazionali. Si tratta di ricorsi trans frontalieri, ossia che attraversano i confini; infatti un cliente può lamentarsi di una pubblicità che reputa in contrasto con le norme, anche se la pubblicità è originaria da un paese diverso da quello dove sta venendo pubblicata. Quindi il consumatore può rivolgersi ad un soggetto intermedio tra consumatori e autodisciplina, in modo che sia avvertita l’autodisciplina nazionale. Un cittadino ungherese si lamenta di una pubblicità creata da una compagnia irlandese. La CBC fa si che il consumatore possa avere, rispetto al messaggio pubblicitario di un paese estraneo, lo stesso grado di protezione che avrebbe nel paese straniero. • Prima dell’EASA si applicava il principio del paese d’origine: per cui nulla si poteva fare quando consumatore e ente pubblicitario si trovavano in paesi diversi; infatti il Giurì del consumatore non aveva giurisprudenza nel paese differente. • Ma da quando i confini non sono più nazionali ma europei, resta fermo il principio del paese d’origine, ma con una visione diversa; infatti il pubblicitario deve rispettare le regole del paese nel quale si trova e nel quale presenta la pubblicità. Se quella pubblicità raggiunge un consumatore di diversa nazionalità, si realizza una eccezione al principio. In particolare fra le eccezioni al principio si hanno:
 - marketing diretto (postale, telefonico);
 - behavioural advertising (profilazione del cliente).
 Ed in questi casi valgono le regole del paese da cui ha origine la pubblicità anche se i consumatori sono di origine diversa. Ogni 4 mesi ci sono dei report che dichiarano le statistiche relative alle doglianze che hanno utilizzato l’alleanza per permettere ai consumatori di lamentare. di 27 58 Quindi esistono dei fini di preminente interesse generale, ad esempio comunicare per poter informare il cittadino in modo che possa svolgere il suo ruolo in modo consapevole, risulta un bene particolarmente significativo. Il mondo della comunicazione va inteso come un servizio essenziale, quindi la legge sulla base di questo articolo, può dire che l’erogazione di questo servizio spetta allo stato per soddisfare l’interesse di tutti i cittadini. Quindi sulla base dell’art. 43 è il soggetto pubblico che ha un determinato servizio perché è essenziale, e quindi lo può erogare alla collettività pubblica. Si parla di riserva statale, quindi riservare allo stato determinati servizi; si applica questa nozione alle telecomunicazioni, perché la riserva statale caratterizza il mondo delle telecomunicazioni fino agli anni ’80. Si hanno 4 profili specifici della riserva statale: 1. Telecomunicazioni come monopolio naturale per agire a favore della collettività, per l’importanza che hanno. 2. Impatto sociale dell’attività, perché riguarda tutta la società. 3. Alti costi per gli investimenti. 4. Relativa scarsità servizi offerti. Lo sviluppo delle nuove tecnologie ha portato all’apertura del mercato economico integrato delle telecomunicazioni, grazie anche alla convergenza multimediale, portando così alla nascita di nuovi ruoli economici. Quindi chi può installare ed essere proprietario delle infrastrutture, chi esercita il ruolo di gestione ed esercizio del servizio; inoltre bisogna distinguere l’erogazione dei singoli servizi, e individuare chi fornisce questi servizi. Infine bisogna delineare per bene la proprietà e la gestione. Tutti questi passaggi sono fondamentali, perché ci si trova a distinguere tra proprietari dell’infrastruttura e gestori del servizio. Oltre al mercato nazionale, dagli anni ’80 in poi, nasce il mercato unico europeo, in cui si hanno regole che rispondono al principio caratterizzante della concorrenza leale sul mercato, e dove la riserva statale stride; il tema può essere declinato su due profili: diritti e mercato. La formazione di una posizione dominante può portare alla violazione di questo principio; nelle telecomunicazioni l’Unione Europea disciplina la posizione degli operatori e degli utenti, in particolare modo tutela gli utenti in modo di fargli fare scelte economiche non in contrasto con il principio di concorrenza leale; questa politica si traduce in due fasi di intervento sovranazionale che riguardano la liberalizzazione (ovvero al posto che far si che lo Stato sia garante della comunicazione imparziale a tutti i cittadini con un monopolio di telecomunicazione, si va a favorire una concorrenza leale che porta con sé l’obbiettivo della riserva statale) e l’armonizzazione (far si che le regole siano il più possibile simili, per garantire l’utente all’interno di tutti gli stati europei). La politica dell’Unione Europea deve guardare la pozione degli operatori e la posizione degli utenti; la fase di liberalizzazione fa si che i servizi possano essere forniti liberamente, e per fare ciò bisogna creare un terreno simile all’interno di tutta l’Europa; nel momento in cui si vuole proteggere gli utenti, si devono introdurre delle norme a protezione dei diritti fondamentali e gli interessi dei cittadini. Assetto giuridico delle TLC nella CEE: Nel 1997 viene adottato all’interno della vecchia Unione Europea il cosiddetto Libro Verde sulla convergenza, in cui si tenta di rompere i monopoli statali grazie a regole giuridiche sovranazionali che aprono il mercato dei servizi e delle infrastrutture; quindi si agisce sui mercati per limitare i monopoli statali; per fare ciò si introducono due direttive, dir 88/301 CEE e dir 90/388 CEE. Nel corso del tempo si arriva ad una direttiva quadro, che è il cuore della disciplina sovranazionale delle telecomunicazioni, e che deve riuscire a scalfire i monopoli di stato in modo tale da trasformare i mercati allora “inesistenti” perché monopolistici, in nuovi mercati. Il Libro Verde e la Comunicazione sul quadro normativo delle comunicazioni del 1999 (COM. 97), servono per aprire una prima fase della CEE, in cui si ricerca la rottura dei monopoli e l’apertura dei mercati dei servizi e delle infrastrutture. Il primo passaggio non è adottare un regolamento per tutti gli stati membri, ma mettere una direttiva per portare gli stati gradualmente a questa situazione, ecco perché le direttive 1988 e 1990 mirano a precostituire una fase per aprire progressivamente i mercati. di 30 58 Pacchetto “Telecom” CE/UE: nella seconda fase si ha una direttiva quadro (quindi adeguarsi con i mezzi scelti dallo stato, ma nei tempi stabiliti), seguita da altre 4 direttive che servono per chiedere agli stati, in settori specifici, di intervenire. I. Direttiva Quadro (richiesta di impegnarsi per trasformare i mercati da monopolistici a basati sul principio di libera concorrenza): si occupa di molteplici aspetti, fra cui reti (satellitari, fisse, terrestri e senza filo), servizi di comunicazione elettronica, autorità di regolazione, gestione di risorse scarse (spettro radiofrequenze e la numerazione), disciplina antitrust, provvedimenti trasversali. 1. Direttiva Accesso: i servizi di comunicazione devono essere accessibili al pubblico, anche se si abbandona il monopolio statale, concorrenza e interoperabilità, servizi innovativi; non si vogliono limitare i diritti dei cittadini, ma si va a cambiare il mercato. 2. Direttiva e-Privacy: cerca di mantenere uguale il livello di riservatezza, nonostante i cambiamenti/aggiornamenti. 3. Direttiva Autorizzazioni: l’erogazione di un servizio concessa con monopolio, nel momento in cui il mercato si apre, fa venire meno il potere della concessionaria, ed il nuovo istituto giuridico è la “autorizzazione” con la quale un soggetto, lo Stato, dà un permesso all’impresa che lo chiede, a patto di gestire l’infrastruttura. Si identifica come un “titolo abilitativo”, ossia che garantisce di passare oltre il limite di non avere una autorizzazione. 4. Direttiva Servizio Universale: portata del servizio, diritti degli utenti, misure per compensare fornitori del servizio; da servizio pubblico si passa a servizio universale. Quando il mercato è liberalizzato, non si può ancorare il servizio e la sua fruizione soltanto ad un servizio pubblico. Infatti ora la pluralità di attori permette di accedere allo stesso servizio anche se offerto da soggetti diversi. Rimpiazza il servizio pubblico per effetto dell’innovazione del mercato.
 II. Direttiva sulla concorrenza: la direttiva che definisce in modo definitivo, l’eliminazione di tutti i monopoli di stato; mercati delle reti e dei servizi di comunicazione (diritti esclusivi o speciali). Processo di revisione delle direttive 2002: a questo punto si ha la necessità di rafforzare questo mercato aperto e rivedere il gruppo delle direttive; così nel 2002 la Commissione Europea avvia un riesame di tutto il quadro giuridico sovranazionale che riguarda le reti e tutti i servizi di comunicazione elettronica, nasce così nel 2006 una nuova comunicazione (com 334/06), che mira ad aggiornare la normativa in relazione alle novità tecnologica. Questa normativa deve tenere conto: • Dello spettro elettromagnetico che ha la possibilità di dare risorse a più persone; • Della separazione funzionale (necessità di mantenere separate le infrastrutture del servizio, dai creatori e responsabili del servizio stesso); • Della protezione dei cittadini, in quanto le esigenze sono differenti; • Della protezione degli utenti (regolare i contratti per i singoli consumatori).
 Si adottano due ulteriori direttive, la direttiva “cookies” e direttiva “better regulation”, che mirano a proteggere i consumatori. BEREC: parte delle riforme del pacchetto Telecom, che a differenza di una direttiva, produce un regolamento (quindi dopo 20 giorni diventa subito applicabile in tutti gli stati dell’unione). Questo ufficio si occupa di costruire una serie di pareri che possono essere utili all’Europa ed ai regolatori nazionali sul tema, quindi risulta una sorta di soggetto di stimolo e di raccordo con i regolatori nazionali (il suo riferimento è l’Unione Europea, ma anche le varie istituzioni regolatrici a livello nazionale). È un soggetto impegnato alla creazione di una regolamentazione indipendente, coerente e di alta qualità, per quanto riguarda il mercato delle comunicazioni elettroniche e i benefici dell’Europa con tutti i suoi cittadini. In Italia, specificatamente, il passaggio da pubblico ad universale si avrà con la Legge Meccanico e con il Codice delle comunicazioni elettroniche (codice, cioè un testo unico, quindi un decreto legislativo dove si mettono in ordine tutte le forme già esistenti che disciplinano un fenomeno, ciò si ha per mettere ordine ed evitare la confusione). Esso si è occupato di vari ambiti (telefonia, reti, on demand, ecc) che da quel momento in poi avrebbero dovuto rispettare le normative del servizio universale. di 31 58 INTERNET: Si passa in un tempo molto breve, dai mezzi tradizionali di comunicazione alla rete, ma questo passaggio avviene a principi costituzionali invariati. Ci si poneva quindi una domanda fondamentale: se l’accesso ad internet si configura come un diritto fondamentale ed inoltre se si hanno molte altre questioni giuridiche irrisolte o aperte? Esiste una serie di reti a livello mondiale che per la circolazione di dati utilizzano una serie di protocolli standardizzati; internet è caratterizzato da peculiarità tecniche straordinarie, che permettono di sviluppare una rete a livello internazionale (WWW). Dal punto di vista di chi ne può usufruire c’è una serie ampia di informazioni accessibili, inoltre la portata delle informazioni possono crescere a dismisura perché le peculiarità tecniche permettono di riprodurre, rielaborare e trasmettere queste informazioni, in modo da superare i confini territoriali tradizionali. La nascita di questo strumento mette in crisi lo strumentario giuridico tradizionale (in quanto si ha un inquadramento costituzionale completamente differente); risulta complesso non solo per l’inquadramento iniziale, ma anche per tutte le potenzialità applicative che la rete porta con sé (trasmissione testi, dati, programmi, immagine statiche e su video, ecc…). Quindi bisogna capire che cosa si disciplina, cosa si protegge e quale disciplina nazionale esistente è applicabile? ISP (Internet Service Provider): lo Stato, sulla base di un contesto costituzionale, può garantire l’accesso a tutti (servizio universale). L’accesso alla rete e tutte la attività svolgibili sulla rete non le decide il ministero, ma le decide un soggetto che funge da cerniera fra il cittadino e il mondo della rete, ovvero l’Internet Service Provider, cioè il soggette che fornisce il servizio della rete. Si tratta di una serie di soggetti che forniscono l’accesso ad internet: • Content provider: fornitore del contenuto. • Network provider: permette di accedere alla rete. • Access provider: quello che offre alla clientela le connessioni per l’accesso, permette di accedere al modem. • Host provider: colui che ospita i siti internet. • Service provider: chi fornisce servizi internet vari. • Cache provider: colui che immagazzina i dati in un’area temporanea. Responsabilità dell’ISP: risulta difficile capire chi è l’utente che scarica i contenuti (mentre è facile individuare chi ospita, istrada o organizza i contenuti); infatti, fino a che questi contenuti sono leciti non ci si pone il problema, ma nel momento in cui si hanno condotte illecite, bisogna capire come comportarsi, considerando che non si riesce a trovare chi ha usufruito di quei contenuti; l’ISP potenzialmente risulta concorrente dell’illecito altrui, quindi si può porre in capo a questo la responsabilità civile e penale (in che termini e in che misura?). Il consumer è il realizzatore dell’illecito, ma le responsabilità civile e penale in parte ricadono sull’ISP perché esso è rintracciabile. La disciplina prevalente trovava un equilibrio tra ISP e la necessità di tutelare gli utenti rispetto ai contenuti illeciti veicolati dalla rete. Questo quadro nasce da una direttiva dell’UE, e poi si sviluppa a livello nazionale in un d.lgs., per cui la normativa stabilisce sia tramite la direttiva 2000/03 sul commercio elettronico, che tramite il d.lgs. n. 70/03 una tripartizione dell’irresponsabilità dell’ISP. Il regime relativo si sviluppa attraverso tre attività: 1. Mere conduit (mero trasporto di dati). 2. Caching (memorizzazione temporanea). 3. Hosting (memorizzazione). Nello specifico la dir 2000/03 e il d.lgs. 70/03 disciplinano: • Irresponsabilità dell’ISP se l’attività è di ordine meramente tecnico, automatico o passivo, ossia se l’ISP non conosce e controlla le informazioni trasmesse o memorizzate. • Responsabilità dell’ISP se esso agisce come content provider, ossia se trasmette o memorizza sulla propria rete informazioni che ha generato. • Inesistenza dell’obbligo generale dell’ISP di (1) sorvegliare sulle informazioni che trasmette o memorizza e (2) di ricercare circostanze/fatti relativi ad attività illecite (dare un certo tipo di potere al privato è una forma di censura). di 32 58 Sentenza 7319/2008 Corte di Cassazione: • Si riconosce al giornalismo online un ruolo essenziale nella società democratica, e ai giornalisti si riconosce una tutela pari a quella dei giornalisti cartacei. • Si afferma che internet è un potente mezzo di diffusione di idee, e attraverso di esso si estrinseca il diritto ad esprimere le opinioni, un diritto fondamentale e centrale. Per cui diritto di cronaca e di critica discendono direttamente dalla costituzione, ma fanno riferimento non solo ai giornalisti, ma a tutti gli individui che con qualsiasi mezzo (quindi anche internet) può riferire e manifestare opinioni nei limiti del direttivo stesso. • Il sequestro preventivo, allorché cada su qualsiasi supporto (cartaceo o digitale), destinato a comunicare fatti di cronaca, questa censura va a colpire una libertà a sua volta tutelata in costituzione (una libertà che ha dignità pari a quello della libertà individuale), e che non incide solo sulla proprietà del supporto o del mezzo. Occorre che l’imposizione di questa limitazione sia giustificata da una effettiva necessità e da ragioni adeguate. La giurisprudenza della Corte Europea infatti risponde alla necessità e urgenza dettate da un bisogno sociale imperioso e che sia proporzionato allo scopo legittimo perseguito. I motivi forniti dalle autorità nazionali nel giustificarla infatti devono essere pertinenti e sufficienti. Il ragionamento parte dal tentativo di spostare l’attenzione dal mezzo alla tutela del diritto che veicola, ossia sugli art. 15 e 21; quindi l’attenzione è fortemente posta sul diritto che tutela e non sul mezzo che lo veicola. Dagli art. si passa poi alla questione di limitare le possibilità di sequestro preventivo, censura e quant’altro. L’art. 21 incontra solo un limite esplicite del buon costume, con l’oggetto che può variare nel tempo (concetto valvola), quindi l’evoluzione di questo concetto porta con se la variazione delle tutele. In Italia ci sono delle disposizioni generali in tema di tutela del buon costume, inoltre esistono una serie di figure di reato (in particolare pedo-pornografia). La disciplina organica per la comunicazione via rete, quali limiti deve incontrare? Per la normativa esistente i beni esistenti che possono essere tutelati sono la vita privata e i dati personali. • Tutela del software. • Repressione crimini informatici. • Contenuti diffamatori. • Protezione del diritto d’autore. • Nomi di dominio. Possono essere applicati gli ordinari strumenti processuali? Se fossimo nel mondo cartaceo non sarebbe difficile individuare i responsabili dei reati, ma per quanto riguarda il mondo virtuale risulta molto più complesso. Si deve ragionare in termini di individuazione dei responsabili dei reati, della configurabilità dei reati in luogo pubblico, sul momento della commissione del reato e quindi della competenza territoriale, ed infine sulla configurabilità degli obblighi di controllo degli operatori (ISP). La domanda che si è posta in sede giurisdizionale è se quando si ha a che fare con il mondo in rete, bisogna comprendere se si possono applicare le regole applicate ai fenomeni cartacei. Soluzioni: • Non si assimila in tutto e per tutto il mondo virtuale al cartaceo; sequestro contenuto online. • Equiparazione alla stampa cartacea. • Assimilazione stampa cartacea, rispetto alle garanzie costituzionali. • Esclusione equiparazione alla stampa cartacea, sequestro non automatico. La Corte di Cassazione con la sentenza 7319/2008 dice che sostanzialmente il sequestro preventivo finisce per toccare un diritto di libertà che ha dignità parti a quello della libertà individuale; quindi per riuscire ad applicare anche in quell’ambito particolare le garanzie note, sposta l’attenzione dal mezzo e la pone sul diritto tutelato (non interessa il mezzo, ma interessa che il diritto di libertà abbia pari dignità ovunque si esprima; quindi deve ottenere la stessa tutela). In particolare la libertà individuale è una, ovvero l’art. 13, e tutte le altre libertà che si trovano in Costituzione sono dei volti di questa. Si può arrivare a bloccare quell’esercizio quando il bisogno sociale imperioso è tanto significativo da dover essere bloccato (quindi la sua imposizione sia giustificata da effettiva necessità e da ragioni adeguate). Il punto focale su cui si concentravano le norme esistenti era quello di non dare all’ISP la possibilità di intervenire sui contenuti illeciti, ma solo di informare l’autorità competente; adesso, il nuovo regolamento formulato dal Parlamento Europeo sui diritti d’autore (non ancora in vigore), porterà il rischio sull’ISP in un modo particolare (responsabilità dei contenuti sull’ISP). di 35 58 DISCIPLINA DEL SISTEMA RADIOTELEVISIVO: DAL SERVIZIO PUBBLICO AL SERVIZIO UNIVERSALE: Aldo Grasso parte dal potere smisurato della televisione che si manifesta a livello generale, quindi studiando la storia dei programmi radiotelevisivi, si riesce a capire l’evoluzione dei partiti al potere, dei modi di produzione economica e del ruolo della programmazione economica di tutto il paese. In Italia la televisione ha “addomesticato” il mondo politico, ma di recente (ultimi 30 anni), ciò è cambiato. In qualche modo l’evoluzione della televisione ci fornisce l’evoluzione delle forme di produzione, di consumo e di rappresentanza. Sostanzialmente la storia della televisione è lo specchio/anfora della storia di un paese, e riesce quindi a creare l’immagine caratteristica di un paese; se crea un’immagine caratteristica, allora è in grado di uniformare alcuni profili di un paese (es. in passato ha unificato la lingua italiana, risulta lampante l’esempio del programma “Non è mai troppo tardi”, dove si insegnava appunto l’italiano). Alla fine degli anni ’70 nasce la televisione commerciale: in particolare nel novembre del 1980, Mike Bongiorno conduce un quiz (“I sogni nel cassetto”), e con un nuovo escamotage si riesce a far trasmettere su tutti gli emittenti privati lo stesso evento in contemporanea, nasce così Canale 5 (fusione di questi emittenti privati). • La RAI (concessionaria di stato), doveva esprimere una politica culturale, e quindi doveva costruire i programmi per i suoi spettatori (es. poca alfabetizzazione, creo un programma per insegnare la lingua). Risulta un servizio pubblico per statuto che riflette appunto la sua missione pubblica a livello culturale; avendo questa missione, realizza un ruolo pedagogizzante. • Le TV commerciali, invece, non seguono questo obbiettivo, in quanto l’inserzionista risulta il personaggio principale che si va a cercare (programma migliore significa più spettatori, quindi porta più soldi all’emittente privato grazie all’inserzionista); successivamente l’informazione farà il suo ingresso anche nella TV commerciale (es. con il tentativo fallimentare di Mondadori con rete 4, successivamente acquisito da Mediaset). La RAI con il “Carosello” riusciva ad avere 500 aziende di riferimento, rispetto alle 2000 degli emittenti privati. Il modello della BBC è la prima che si organizza secondo una rete pubblica ma che si aggancia anche ad un modello privato, in modo da poter trovare un equilibrio. Fino agli anni ’90, da un lato la RAI e dall’altro Mediaset, hanno analogie esemplari, da il numero di canali, al fatto di rappresentare degli ammortizzatori sociali; entrambi hanno lo stesso giudice, ovvero l’Auditel, quindi emerge un elemento caratteristico di quel mezzo che ragiona con le parole della Corte Costituzionale. La televisione in Europa nasce all’interno di un sistema monopolistico, quindi bisogna capire come si arriva al mercato o “oligopolio camuffato” di oggi. L’art. 21 Cost. risulta una cornice irrinunciabile, ma introduce una regolamentazione minuziosa per la stampa, ciò significa che non c’è un accenno ai mezzi di comunicazione di massa. Lo Stato rimane il soggetto che eroga il servizio radiotelevisivo, quindi rimane l’idea che ci debba essere un unico soggetto che eroghi i servizi essenziali per la popolazione, in questo caso perché veicola le informazioni per permettere al cittadino di esercitare e conoscere i suoi diritti (segue il filo fascista in un certo senso). Dopo il secondo dopoguerra non si ha ancora la piena conoscenza circa la forza dei mezzi di comunicazione di massa (eccetto la stampa), quindi la legislatura è costretta ad inseguire la tecnologia (anche per la velocità con cui si evolve); in particolare per rispondere a questo argomento, si hanno due posizioni, una statica del legislatore ed una dinamica della Corte Costituzionale, in quanto solo la corte ha il potere se sia legittimo o meno il concessionario di stato. DAL PERIODO PRE-REPUBBLICANO ALLA LEGGE GASPARRI: Periodo pre-repubblicano: dal 1910 al 1946, si ha la nozione di riserva statale, ovvero alcuni servizi dovevano essere erogati dallo Stato (tramite un concessionario). La legge 395/1910 introduce appunto la riserva statale all’esercizio dell’attività radiotelegrafica e radioelettrica, quindi lo Stato deve occuparsi di tali servizi; si riserva allo di 36 58 Stato in quanto è l’unico soggetto che può dare voce alla collettività pubblica rispetto a quella dei privati, che perseguirebbe un interesse proprio. Bisogna considerare che le dottrine autoritarie/classiste dell’inizio ‘900 si sviluppano in quegli anni; inoltre le spese per produrre questo strumento erano troppe elevate per ogni privato. Successivamente al 1910 lo Stato ha l’esclusiva sul servizio di trasmissione radiofonica (tramite le concessioni); quindi l’attività erogata ha natura di servizio pubblico; già in quegli anni si ragiona sulla possibilità di concedere i servizi in concessioni a società private. Periodo fascista: dal 1924 al 1927 si ha una svolta (legge 2191/1924 e 2207/1927), con il consolidamento della dittatura: nasce l’Ente italiano per le audizioni radiofonico (EIAR) finanziato dalla Istituto per la ricostruzione industriale (IRI), con un rafforzamento del controllo statale in quanto aveva il potere di nominare il consiglio di amministrazione (quindi il governo poteva approvare il piano annuale delle trasmissioni). In particolare, il codice postale del 1936 riflette la consapevolezza del regime fascista del valore della radio. Fino a quel momento la radio era considerata e “pensata” come la stampa in sé. In questi anni la legge del 1910 è ancora in vigore, e fissa ancora la riserva statale sull’esercizio di questa attività; nel 1910 il legislatore voleva tutelare il segreto delle comunicazioni estendendola a tutti i nuovi strumenti di comunicazione. Periodo repubblicano: dal 1946 al 1954, è caratterizzato dal fatto che il sistema radiofonico diventa radiotelevisivo dal 1954 in poi, con una normativa ancora non specifica (né per radio né per televisioni). Il problema di quegli anni: bisogna capire come fare per far si che gli strumenti di comunicazione diventino un “megafono” per i cittadini. Un primo punto è quindi di ragionare su “chi fa cosa” ossia sui soggetti, sugli operatori, sui mezzi e sugli strumenti che interagiscono tra loro. I due temi fondamentali sono: comunicazione-diritti e tecnologia-mercato, i quali devono essere sempre considerati. Infatti in tutti il periodo repubblicano si ragiona sull’art. 21 della Costituzione e sull’oggetto della disciplina: ossia la libertà. La questione che sorge spontanea è: • Il potere dei media viene compreso? (Ovviamente si…). • I media sono stati al servizio della politica? (Ovviamente si…). • M il legislatore interviene solo dal 1947 in poi. Corte Costituzionale: dal 1960 al 1975, la RAI nel 1957 inizia a trasmettere e certi soggetti privati chiedono se possono inserirsi in tale mercato, ricevendo un accesso negato da parte del Ministero poste e comunicazioni (società TempoTV); la sentenza 59/1960 della Corte Costituzionale, spiega che il monopolio di stato risultava incostituzionale, perché violava la possibilità di esercitare la libera iniziativa privata (quindi si può, ma non ci sono le possibilità). In particolare: • Per la corte i canali esistenti non potevano essere utilizzati da più soggetti a causa della tecnologia troppo arretrata, di conseguenza la Corte spiega che in questo momento storico il monopolio ha il suo fondamento per la limitatezza tecnologica (si rischia un duopolio in cui solo la concessionaria persegue interessi pubblici); la Corte utilizza quindi una barriera tecnologica. • A causa dello sforzo economico e finanziario di mantenere le infrastrutture, solo la concessionaria di Stato è in grado di farlo. La sentenza 225/1974 la Corte inizia ad erodere il ragionamento relativo al monopolio, in quanto nel 1970 si ha una novità costituzionale, ovvero si trasferiscono dai ministeri alle regioni i poteri per governare, quindi le regioni che sono più vicine ai cittadini posso riuscire ad informare i cittadini meglio. In particolare: • La Corte si esprime di nuovo a favore del monopolio statale, nel timore dell’oligopolio privato non garantisca il servizio pubblico come farebbe la concessionaria di stato; in quanto questo strumento (la radiotelevisione) ha la capacità di plasmare l’opinione pubblica. • Però ragionando in termini di evoluzione tecnologica, la televisione è un mezzo che grazie alle novità tecnologiche (nasce il cavo), ha un potenziale enorme; quindi la Corte chiede al parlamento di creare una legge di riferimento per porre le fondamenta del sistema radiotelevisivo, in quanto è necessario che i programmi siano improntati all’imparzialità. di 37 58 pluralismo come la concreta possibilità di scelta tra programmi che garantiscano l'espressione di tendenze aventi caratteri eterogenei (pluralismo dell’informazione).
 - Pluralismo esterno: corrisponde alla possibilità d'ingresso nel mercato di diversi players; per la legge esso si realizza con il concorso di soggetti pubblici e privati; il pluralismo esterno ha i suoi fondamenti costituzionali negli articoli 21 e 41 della Costituzione. • Introduce anche un piano di ripartizione delle radio frequenze, dove l’Italia in teoria è divisa in base al bacino di utenza, e ogni sezione è destinataria di un certo numero di frequenze (si distinguono le varie bande di frequenza). • Si crea la figura del garante (autorità amministrativa indipendente) per la radiodiffusione e l’editoria; poteva essere solo un esperto nel campo della comunicazione di massa o un ex giudice della Corte; esso aveva il compito di monitorare la situazione del mercato, registrare le imprese radiotelevisive e revisionare il loro bilancio. Perché si voleva ottenere non tanto un impedimento delle posizioni dominanti (ormai già createsi), ma un abuso delle posizioni dominanti. Di fatto questa legge però non agisce sull’oligopolio, quindi lascia i due pilastri talmente forti, impedendo di fatto la possibilità ai piccoli emittenti privati di poter scalfire questi due giganti. Referendum e legge Maccanico: dal 1995 al 1997: • 11 giugno 1995, 12 referendum, di cui 4 in materia radiotelevisiva; ovviamente 12 referendum creano molta confusione. • Di fronte all’esito di questi referendum, interviene ancora una volta la Corte con la sentenza 420/1994 (questione 3 reti/1 soggetto titolare): dichiara incostituzionale un articolo della legge Mammì, perché nel momento in cui non si introduce una normativa antitrust, si mette in pericolo l’art. 21, risulta necessaria una disciplina antitrust. • Il legislatore risponde alla Corte con la legge di riforma Meccanico (chiamata poi par condicio), del 31 luglio 1997 numero 249:
 - Si introduce l’antitrust (AGCOM);
 - Si modifica la denominazione del Ministero (diventando delle telecomunicazioni);
 - Si introduce un divieto della creazione o del mantenimento di una posizione dominante;
 - Divide le frequenze in due momenti, da un lato richiede un piano di ripartizione delle frequenze, dall’altro indica come localizzare gli impianti e le relative aree di servizio.
 - Introduce dei divieti ed una disciplina che teoricamente sulla carta dovrebbe impedire al singolo di avere più di un terzo delle risorse pubblicitarie nazionali. Ma ovviamente non si riesce a realizzare questa evoluzione. A livello comunitario ci si accorge che la normativa esistente è frammentata ed inefficace, quindi era necessario trovare un equilibrio all’interno degli stati membri fra i vari interessi divergenti. Ma se il settore venisse investito da un fenomeno di liberalizzazione (non esisterebbe più il fenomeno delle concessionarie di Stato), allora le regole del mercato permetterebbero di far funzionare meglio il mercato stesso. A questo punto la normativa proveniente dalla Comunità Europea dovrà porre delle regole e lavorare per liberalizzare questo settore. Fra il 1989 e il 1997 nascono una serie di leggi sull’esercizio delle attività radiotelevisive e dei servizi di comunicazione, cercando di avviare questo mercato alla liberalizzazione. Ma le direttive non possono garantire che la normativa sia omogenea in tutti gli stati membri, sia perché le telecomunicazioni sono delicatissime sia perché ci sono degli intrecci economici e politici molto stretti; inoltre le direttive sono ciascuna indirizzata ad un singolo e specifico ambito, quindi ancora e ancora la situazione resta intricata e frammentata. Dal 1998 ad oggi: Si inizia a ragionare sulla creazione di un disegno di legge di riforma del settore radiotelevisivo; questo arrivò poco prima che fu pronunciata la sentenza del 2002 e poco dopo la richiesta del presidente della repubblica; infatti anche se si voleva approvare entro il 2003, il presidente della repubblica non accettò subito la legge per far affrontare meglio alcuni profili alle camere. • Sentenza 466/2002 della Corte: si richiede nuovamente al parlamento una legge anche per inserire un elemento antitrust; in questa si da un termine inderogabile, cioè il 31/12/2003, per la creazione di una legge che applichi misure deconcentrative, cioè pro concorrenza. • di 40 58 • Legge Gasparri 112/2004: risponde alle sollecitazioni della sentenza della Corte, ed è il primo passo della normativa oggi vigente. Questo sistema integrato tra radio, telegrafo, tv, doveva fare in modo che i loro profitto non superasse il 20% dei profitti totali del sistema. Ma suddividere il mercato in questo modo non tiene conto di quanto pesi la pubblicità rispetto a ciascun segmento di mercato; infatti, potenzialmente ciascun operatore ha il 20% del mercato, ma grazie alla raccolta pubblicitaria può avere un forza ben maggiore.
 Quindi questo sistema non risolve i problemi di garantire il principio di concorrenza del mercato; si dovrebbe fare una legge su tutto il sistema che specificava i vari settori (molto diversi fra loro), mentre questo sistema integrato risulta troppo caotico.
 Il rinvio alle camere comporta che si superi il termine inderogabile (Berlusconi voleva mettere in stato di accusa il presidente della repubblica per costringerlo a firmare la legge).
 Era importante rispettare la scadenza, perché dopo quella data sarebbe stato necessario abbandonare una delle 3 reti per la RAI e per Mediaset, per garantire la concorrenza.
 Inizialmente si riesce a fare una legge che consente di continuare così (quindi non si ascolta la richiesta della Corte); dopodiché viene trasformata nella Legge Gasparri che non riesce ad essere una legge organica in materia, inoltre si rimanda ad una futura legge per riuscire ad individuare i principi generali di riassetto del sistema. 
 Decreto legislativo 177/2005: si arriva alla formazione del Testo unico sulla radiotelevisione, ossia un codice, che viene fatto dal governo su mandato del parlamento come decreto legislativo, per raccogliere in un unico testo omogeneo la normativa relativa ad una materia: • Mettere ordine alle norme radiotelevisive; • Governare il processo di convergenza delle nuove tecnologie; • Traghettare l’industria televisiva nel mercato digitale (es. problema del decoder); in Italia si hanno difficoltà nel portare le tecnologie a tutti (dovuti anche alla morfologia del nostro paese). • Risolvere la frammentazione delle direttive europee; A livello teorico le regole ci sono (il Testo Unico non è perfetto, ma è una buona base; inoltre a livello europeo le regole ci sono), ma a livello pratico il servizio universale non è ancora stato raggiunto a livello totale; inoltre bisogna considerare che la televisione è cambiata, è diventata di intrattenimento come dice Zenkovich (mentre Vigevani ribadisce l’importanza di una televisione come servizio universale). La riforma di Renzi nel 2015, di fatto non cambia quasi nulla in materia, e si rinnova la concessione RAI (riformando a livello tecnico). “SISTEMA” DI CONTROLLO? Il “sistema” dei controlli, sistema tra virgolette in quanto non è effettivamente un vero e proprio sistema, inoltre è stato cambiato così tante volte che risulta difficile identificarlo (molti avvocati vivono grazie alle inefficienze dovute alle regole). L’economia e il diritto ovviamente interferiscono, in particolare l’economista deve capire come è fatto il sistema. Ovviamente creare un sistema in questa materia risulta molto difficile (a causa della complessità e del continuo mutamento tecnologico), ma indubbiamente bisogna ordinalo. I controllori sono organi e soggetti di diverse nature: • Parlamento (inteso nel suo complesso e non solo per la commissione parlamentare); • Governo; • AGCOM (controllore più tecnico); • AGCM (ha un ambito di competenze proprie e collabora con l’AGCOM). I controllori si muovono su un terreno molto difficile, in cui si va ad interferire con le normative e la regole costituzionali; quindi bisogna mettere insieme una serie di regole che non stanno sul medesimo livello. CONTROLLO PARLAMENTARE: Perché c’è bisogno del controllo parlamentare? Principali ragioni di fondo e costituzionali (si cerca di raggiungere un controllo, pur essendo in un ambito molto difficile); così con la legge del 1975 viene istituita la commissione parlamentare che stabiliva la necessità di una modifica della legislazione, per permettere al servizio fornito dallo Stato maggiori garanzie di pluralismo informativo, per quanto riguarda il servizio radio televisivo: • Coinvolti diritti fondamentali (art. 21, 41, 43, 49, 51 Cost.); di 41 58 • Diretto influsso sulla vita politica; • Possibile determinante influsso elettorale: • Diritto ad un’informazione libera; • Diritto a farsi un’opinione completa e autonoma. Principali ragioni giuridiche e storico-politiche (anni 60/70 cambiamento culturale e politico): • Parlamentarizzazione del controllo sull’attività radio TV (sottrarre all’esecutivo il controllo molto forte, che in certi casi avviene anche a fin di bene, per prevedere il controllo parlamentare); • C. cost. 225/1974 (dove la Corte chiede al parlamento di intervenire); • La l. 103/1975 (legge in seguito alla richiesta della Corte). Finalità e natura del controllo parlamentare (la commissione parlamentare è un organo collegiale del parlamento della Repubblica Italiana, previsto dall'articolo 72 Cost., al quale vengono assegnati i disegni di legge prima che essi vengano discussi in sede parlamentare): • Varietà degli strumenti del controllo parlamentare; • Essenziale finalità politica; • Strumenti della politica; • Logiche della politica. Strumenti generali del controllo parlamentare (strumenti utilizzabili anche senza la legge 103): • Interrogazioni (nel diritto parlamentare è una domanda fatta da un gruppo parlamentare al governo e verte su una questione di fatto) e interpellanze (sempre una domanda, ma serve per esprimere il governo sui suoi orientamenti politici). • Indagini in commissione. • Commissioni permanenti anche consultive (decreti legislativi; nominabili da le due camere). • Possibili commissioni di inchiesta ex art. 82 Cost. mono o bicamerali. COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INDIRIZZO E VIGILANZA: Nella forma originaria la commissione è stata costituita per indirizzare l’attività radio dell’epoca e per vigliare proprio su questa; si crea questa perché risulterebbe impossibile far si che tutto il parlamento controlli l’indirizzo e vigili sull’attività radiotelevisiva. Questa commissione è composta a livello bicamerale (per evitare che solo una camera abbia una commissione, e l’altra no), da 20 deputati e 20 senatori (cercando di mantenere le proporzioni parlamentari, e obbligare per forza al compromesso in quanto sono in numero pari), inoltre la presidenza nella prassi è affidata ad un esponente della minoranza (perché il presidente risulta un ruolo con un potere molto forte). Art. 4 legge 103/1975 spiega i compiti di questa commissione: “Formula gli indirizzi generali per l'attuazione dei principi di cui all'articolo 1 (rinvia agli articoli costituzionali fondamentali), per la predisposizione dei programmi e per la loro equilibrata distribuzione nei tempi disponibili; controlla il rispetto degli indirizzi e adotta tempestivamente le deliberazioni necessarie per la loro osservanza; stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'organizzazione e dell'equilibrio dei programmi, le norme per garantire l'accesso al mezzo radiotelevisivo e decide sui ricorsi presentati contro le deliberazioni adottate dalla sottocommissione parlamentare di cui al successivo articolo 6 sulle richieste di accesso.
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 La Commissione trasmette i propri atti per gli adempimenti dovuti alle Presidenze dei due rami del Parlamento, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro per le poste e le telecomunicazioni, ai consigli regionali e al consiglio di amministrazione della società concessionaria. Per l'adempimento dei suoi compiti la Commissione può invitare il presidente, gli amministratori, il direttore generale e i dirigenti della società concessionaria e, nel rispetto dei regolamenti parlamentari, quanti altri ritenga utile; può, altresì, chiedere alla concessionaria l'effettuazione di indagini e studi e la comunicazione di documenti.”. Vengono dettate delle linee preferenziali, sempre a livello altamente strategico, esercitando un controllo diretto sulla RAI (quindi detta l’indirizzo generale e ne controlla il rispetto). di 42 58 • Tendenziale divieto di comparazione di interessi:l’autorità deve agire nel rispetto della legge, senza oltrepassarla, ossia possono avere potere discrezionale solo all’interno della fascia discrezionale che la legge ha stabilito per le autorità. Attività fondamentali: • La Regolazione: “la regolazione non è ogni specie di ingerenza pubblica nell’economia” ma fa capo a “quelle forme di ingerenza che non sono esterne al mercato, ma che sono parte del mercato” contribuendo “a conformarlo stabilendo equilibri che attivano interessi, i quali quindi si avvalgono della regolazione come opportunità di sfruttare” (Cassese, 2000); quindi questo soggetto terzo indipendente, quando fa regolazione, sta nel mercato, deve essere competente, ed ha dei poteri pubblici.
 In linea di principio la regolazione guarda avanti: essa interviene a prevenire il danno e non posteriormente; con l’uso del potere pubblico, ma non per effetto del potere dello stato. • La Garanzia: attività preventiva ma in specie sanzionatoria a presidio di interessi fondamentali tutelati dalla legge (garanzia si lega all’art. 41 della Cost.).
 La garanzia invece guarda all’indietro: ossia è un potere sanzionatorio che si realizza una volta che viene commesso qualcosa che va contro la tutela del mercato; dovrebbe avere un potere non tanto punitivo quanto di recupero e di scoraggiamento dei fenomeni per il futuro. Comunicazione e mercati: valori in gioco: • Il pluralismo e il diritto all’informazione (art. 21 Cost.). • La concorrenza, l’efficacia dei mercati, l’interesse del consumatore (art. 41 Cost.). • Elemento nevralgico: il consumatore-utente è anche titolare del diritto all’informazione. • Bilanciamento dei due ordini di interessi? Prevalenza art. 21 Cost., ossia diritto all’informazione e poi pluralismo. Si ha l’elaborazione di due accezioni del pluralismo: • Interno: nel mercato bisogna garantire il diritto alla buona e completa informazione in ogni momento dato (focus sul diritto all’informazione). • Esterno: esiste pluralismo esterno quando esiste la possibilità di nuovi ingressi sul mercato, e che garantiscano idealmente una vera e propria competizione; inoltre si aggiunge anche la possibilità di crescere nel mercato. • Il circolo virtuoso: pluralismo interno ed esterno si autoalimentano pur restando distinti. Le due autorità di settore: • L’Autorità di Garanzia per la Concorrenza e il Mercato (art. 101 e 102 TFUE, reg. 2003/1/Ce, legge 287/1990). • L’Autorità per la Garanzia delle Comunicazioni (legge 249/1998: legge “Maccanico”) Compiti rispettivi: • AGCOM: un regolatore di mercato non tanto un garante di mercato (anche se può sanzionare). • AGCM: competenza specifica nella garanzia del mercato e della concorrenza. • Il ruolo dell’art. 20 legge 287/1990: “Aziende ed istituti di credito, imprese assicurative e dei settori della radiodiffusione e dell’editoria” comma 1 “Nei confronti delle imprese operanti nei settori della radiodiffusione e dell’editoria l’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 (della legge antitrust), spetta all’autorità garante prevista dalla legislazione vigente per i settori della radiodiffusione e dell’editoria”; si aveva un garante, ma con la Legge “Meccanico” si è preferito affidare la tutela della concorrenza all’AGCM, così questo articolo è stato abrogato. Per ricapitolare: • AGCM e AGCOM si distaccano dal potere esecutivo e legislativo, ma sono comunque soggetti al sistema giuridico. • Hhanno delle competenze tecniche particolari che mirano a meglio fare funzionare il mercato. • Sono organi indipendenti, avendo indipendenza funzionale e strutturale. • Sono autonomi e hanno indipendenza di giudizio, • Hanno carattere tecnico. di 45 58 AGCM: STRUTTURA E COMPITI: L’AGCM è un’autorità amministrativa indipendente, istituita con la legge 287/1990 con funzione fondamentale di tutela della concorrenza e del mercato; si può dire che l’AGCM è il paradigma delle nostre autorità indipendenti (ci sono circa mille autorità che si occupano di questo ambito), inoltre c’è un controllo giurisdizionale che può annullare le sentenze dell’AGCM. L’AGCM e l’AGCOM sono legati dal principio di leale collaborazione, inoltre sono legati anche perché si muovono in un quadro normativo comune (specificato in determinate leggi, ma anche senza queste sarebbe ovvio). Il diritto alla concorrenza si sviluppa circa 30 anni fa, ma questo risulta fondamentale perché è garante del corretto funzionamento del sistema. Tutelare la concorrenza del settore della comunicazione e dell’informazione, significa tutelare i diritti fondamentali, andando ad agire sul mercato. La libertà di mercato risulta funzionale alla libertà di informazione. Il mercato dell’informazione può toccare sia interessi economici che interessi fondamentali (come l’art. 21 Cost.), ecco perché necessità di tanti controlli. Libertà dei mercati pertinenti all’informazione e comunicazione è condizione necessaria pur se non sufficiente alla libertà di informazione. Fino alla legge Meccanico l’AGCM (249/1998) non si occupava delle cose odierne, con questa legge si ha appunto il passaggio ad affidargli la garanzia della concorrenza del mercato anche delle comunicazioni. La CECA fu la prima istituzione che voleva limitare la concorrenza per favorirla, ma è nata dopo la 2GM con obbiettivi politici, in modo da mettere insieme la produzione di carbone, acciaio e petrolio e controllare/regolare questi mercati per evitare le guerre (si ha il paradosso di voler limitare la concorrenza, per favorirla). • La concezione costante dei Trattati europei è creare un mercato unico concorrenziale con temperamenti sociali (obbiettivo principale dei trattati). • Il sistema esige quindi che la concorrenza vi sia e che sia tutelata e promossa, ma lo sia anche tramite limitazioni, quindi risulta impossibile concepire un mercato unico in assenza di tutela della concorrenza; quindi bisogna agevolare la concorrenza tutelandola, perché le situazioni non efficienti creano distorsioni e problemi; un mercato unico si può garantire solo se si tutela la concorrenza. Nell’attuale formulazione dei trattati le norme fondamentali di tutela della concorrenza si trovano nel TFUE, in particolare gli articoli 101, 102 e 106, che riprendono i vecchi articoli del Trattato di Roma del 1956/1957; Questi articoli sono quasi identicamente ritrovabili nella normativa 287/1990 nella nostra legge antitrust, questo per dare l’idea del sistema uniforme. La tutela del diritto antitrust segue un doppio binario, europeo e italiano; si ha quindi un riparto di competenze tra Commissione UE e autorità nazionali, basato sull’ampiezza degli effetti dei comportamenti di mercato, perché i mercati sono troppo grandi. La Comunione UE principalmente si occupa di mercati che vanno oltre i confini di un singolo stato (quindi quando gli effetti sono estesi a più stati membri l’autorità UE che agisce è la Direzione generale Concorrenza della Commissione dell’UE), mentre quando gli effetti del fenomeno di mercato considerato limitati ad un solo Stato membro, la competenza è delle autorità nazionali (con riguardo all’UE ovviamente). Trattati europei: • Divieto di intese illecite (art. 101 TFUE): “Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri (quindi anche solo la possibilità di falsare la concorrenza) e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno (nel caso di mercato sovranazionale entra in gioco la Direzione Generale della Commissione UE) ed in particolare quelli consistenti nel (illecito a forma libera dove non sono definiti tutti i casi):
 - fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;
 di 46 58 - limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
 - ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
 - applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
 - subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.
 Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto.
 Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate inapplicabili a qualsiasi accordo, decisioni o pratiche concordate, che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva, ed evitando di:
 - imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi;
 - dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi”.
 • Divieto di abuso di posizione dominante (art. 102 TFUE): “È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.
 Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:
 - nell’imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;
 - nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;
 - nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;
 - nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi”.
 In generale è abusivo sfruttare illecitamente la posizione dominante, non raggiungerla o detenerla (quindi si può raggiungere la posizione dominante, ma non posso abusarne); nel settore dell’informazione, tuttavia, il detenere la posizione dominante è impedito. L'autorità in tali casi può reprimere gli illeciti procedendo con istruttorie o indagini conoscitive, che possono concludersi con una diffida o una sanzione amministrativa. Nei procedimenti avviati per presunte violazioni della disciplina in materia di concorrenza, le sanzioni possono arrivare sino al 10% del fatturato dell’impresa (nel periodo dove si accerti che c’è stata un intesa illecita o un abuso; logica economica per scoraggiare l’illecito, in quanto per le imprese che operano i diversi settori, si va a colpire tutta l’impresa, e non solo la parte operante nel determinato settore dove è stato riscontrato l’illecito; ciò vale anche per imprese controllate, dove si va a colpire il gruppo nel suo complesso); in caso di violazioni della normativa posta a tutela del consumatore, l'autorità può irrogare sanzioni fino ad un massimo edittale di 5.000.000 di euro. Qualora ravvisi particolari situazioni di necessità e urgenza, l'autorità può emettere, inoltre, provvedimenti cautelari, anche per la tutela di interessi generali.
 Quindi può agire con indagini, sanzioni e diffide, che si trovano fra gli articoli 12-15 della legge 287/1990). Funzioni complementari: • Potere di segnalazione al governo e al parlamento: si tratta di un immenso potere politico nel senso che riesce a mettere in ombra alcune imprese, per quanto parlamento e governo non abbiano poi alcun vincolo. • Potere di impugnazione di atti lesivi della concorrenza, presso il TAR del Lazio, soprattutto da parte della amministrazione pubblica • Attività consultiva a parlamento e governo, e anche di richiamo in caso di situazioni dubbie, prima ancora che vengano dichiarate illecite o prima che si proceda alla situazione illecita. • L'AGCM collabora con la Guardia di Finanza per tutte le indagini che ne ravvisino l'occorrenza. di 47 58 I componenti sono nominati d’intesa dai presidenti della camera dei deputati e del senato, quindi non direttamente dal governo, ma da soggetti esponenti della maggioranza parlamentare. Raffronto AGCOM e AGCM: si effettuano valutazioni su analogie e differenze delle rispettive indipendenze strutturali, dove risulta più indipendente l’AGCM. L’AGCM è sempre composta da 5 membri, ma il presidente e i componenti dell'autorità sono nominati dai presidenti di Camera e Senato, quindi risulta più garantita l’indipendenza strutturale rispetto alla nomina effettuata da “sole 3 persone” dell’AGCOM (sono espressione della maggioranza); ciascuno dura in carica 7 anni, non rinnovabili (per entrambe). Struttura ed organi: • Presidente. • Commissione per le infrastrutture e le reti (2 commissari più il presidente): competente su questioni di natura maggiormente tecnologica, il lato hardware. • Commissione per i servizi e prodotti (restanti 2 commissari più il presidente): competenze su questioni di natura più innovativa, il lato software. • Consiglio (i 4 commissari più il presidente): titolare delle funzioni regolamentari, delle funzioni residuali e di adattamento delle funzioni delle commissioni. PRINCIPALI SPECIFICHE E COMPETENZE DELL’AGCOM: Commissione infrastruttura e reti: presidente + 2 commissari; competenze tecniche di settore tecnologico (legge 482/1995) e competenze essenziali (legge 349/1998); in questa commissione i soggetti hanno competenze precise a livello tecnologico. • Gestione spettro radioelettrico: definizione delle frequenze radio disponibili e che possono essere usate senza intaccare lo svolgimento degli altri enti nello Stato (es. vigilanza sui tetti di radio frequenze e anche tutela della salute; rilascio di licenze o concessioni per installare apparati con emissioni elettromagnetiche). • Regolazione dell’interconnessione e accesso alle infrastrutture di telecomunicazione: dato che tutti i sistemi hanno dei problemi legati alle capacità, decidere chi e come può allacciarsi alla rete è essenziale, anche per evitare la concorrenza sgradita che elimina certe reti (garanzia di par conditio tra gestori di reti che necessitino accesso alle infrastrutture; promozione degli accordi tra operatori per ottimizzare/razionalizzare l’uso della rete e la presenza di impianti di trasmissione; ADR, Alternative Dispute Resolution che risolve le controversie in termini di diritti di accesso alle infrastrutture). • Servizio pubblico universale: individuazione oggettiva e soggettiva degli obblighi di servizio pubblico universale (delle prestazioni minime che possano essere abbordabili anche dalle fasce marginali della popolazione; es. vecchie cabine telefoniche per permettere le telefonate a tutti); questo concetto è mobile in quanto muta assieme al cambiamento del contesto economico e sociale (non rimane statico). Difficile dire che la regolazione sia solo tecnica, perché ciò che influisce sul mercato evidentemente interferisce anche sulla regolazione dell’Autorità; infatti esiste una intrinseca opinabilità di molte scelte tecniche, e di conseguenza un'inevitabile tensione delle autonomie strutturali e funzionali. Commissione servizi e prodotti: presidente + 2 commissari; competenze tecniche di settore culturale-giornalistico-informativo (sono più orientate a qualcosa di diverso, cioè che segue più strettamente il mercato e la comunicazione in senso stretto); dunque diretta attinenza ai contenuti della comunicazione. • Conformità alla legge dei servizi offerti dai concessionari o autorizzati; • Modalità di offerta dei servizi (pubblicità inclusa): cioè una questione delicatissima su come i servizi sono resi disponibili ai soggetti; • Controlli livelli di qualità dei servizi (devono corrispondere alle caratteristiche che trasmettono); • Verifica contenuti della programmazione (anche nell’ottica della tutela dei diritti fondamentali: informazione affidabile e pluralistica); • Tutela dei minori e delle minoranze linguistiche (attenzione ai mercati e a quei soggetti che per i mercati possono non risultare appetibili); • Rilevazione e controllo sulla pubblicazione degli indici di ascolto. di 50 58 Consiglio: presidente + 4 commissari; competenze specifiche e residuali, ma con potere regolamentare, che gli permette di spostare le competenze da una commissione all’altra (riassestamento che rende il regolatore più flessibile a seconda degli sviluppi sul mercato), quindi risulta la sede delle vere e proprie funzioni AGCOM. • Segnalazione a camera e governo per stimolare l’attività legislativa; • Regolamento per il rilascio di licenze/autorizzazioni radio/tv e proposta di relativi disciplinari (regolamentazione su cosa la concessionaria può fare); • Gestione Registro Operatori Comunicazioni (ROC), ossia emissione a favore del governo; • Funzioni antitrust (controllo sulle concentrazioni) e tutela del pluralismo; • Valutazione attività concessionaria pubblica e rispetto degli indirizzi della CPIV: se vengono rispettati gli obiettivi e non superati i poteri che la commissione e la concessionaria hanno; • Controllo e regolazione dei diritti e dell’informazione sportiva: è essenziale garantire a tutte le entità di trasmettere dei dati ma anche di garantire la tutela delle informazioni; • Regolamento e controllo su sondaggi e pubblicazione dei dati; • Controllo su informazione, propaganda e pubblicità politica ed elettorale (le influenze nei diritti fondamentali comportano una maggiore attenzione per questi aspetti). CONTROLLI ALLA PROVA: CONCORRENZA NEL SETTORE RADIO-TELEVISIVO: Linee guida: • Garanzie del pluralismo interno ed esterno e dei diritti fondamentali; • Garanzia della concorrenza; • Circolo virtuoso quando le due cose si alimentano e si sostengono, altrimenti circolo vizioso (cioè senza concorrenza tra informazioni, allora si ha anche assenza di pluralismo e assenza di informazioni affidabili). Caso rilevante: controllo delle posizioni dominanti nel settore TV: La posizione dominante in sé non è sanzionabile secondo l’antitrust, ma sul mercato radio-TV raggiungere la posizione è reato. Legge Mammì 223/1990: prima legge organica di disciplina del sistema pubblico-privato radiotelevisivo, nasce con l’intento di creare ordine nelle leggi in quegli anni: • Art. 15 (abrogato): posti dei limiti alle concentrazioni: 
 - Divieto di essere titolare di una concessionaria radiotelevisiva, se si possedeva una casa editrice di quotidiani di una certa tiratura nazionale (16%);
 - Divieto di essere titolare di due concessioni radiotelevisive, se si possedeva una casa editrice anche di modeste dimensioni (8%) e anche inferiori;
 Le concessioni rilasciate complessivamente ad un soggetto (tra imprese proprie e controllate), non potevano superare il 25% del numero di reti nazionali, o al massimo 3 reti. Sentenza 420/1994 Corte costituzionale: declaratoria incostituzionalità art. 15: • Il limite di 3 reti o del 25% considerato eccessivo e venne così dichiarata incostituzionale la legge Mammì. • La condizione non previene la formazione di posizioni dominanti e non impedisce la formazione di oligopoli (che pongono a rischio il pluralismo esterno e interno). • Il diritto all'informazione garantito dall'art. 21 Cost. implica indefettibilmente il pluralismo delle fonti e comporta il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire l'accesso nel sistema radiotelevisivo del massimo numero possibile di voci diverse (deve promuovere la disgregazione e favorire l’ingresso di maggiori soggetti nel mercato). Reazione del sistema: legge Maccanico 249/1997: • Prevede il quadro di creazione dell’AGCOM a delle elezioni politiche per mezzo di una diversa legge elettorale (evidenza di una debolezza del contesto politico di creare e legiferare in modo concreto e con polso la situazione). • Definizione di un regime transitorio (classica di fronte a dichiarazioni incostituzionalità): si cerca di posticipare la definizione di regole ben precise, portando avanti la situazione definendola come temporanea. • Effetto concreto: protrarsi della situazione precedente. di 51 58 • In anni salienti dello sviluppo economico, con incertezza sulla regolazione. Sentenza 466/2002 Corte Costituzionale: • Siamo difronte di fronte alla reazione della Corte all’inerzia del legislatore; infatti viene spinto a definire un assetto di sistema rispettoso delle indicazioni costituzionali già date (420/1994). • Il risultato:
 - Legge Gasparri 112/2004: norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione; la delega del parlamento permette al governo di legiferare sullo specifico argomento contenuto nella delega, nel rispetto delle linee guida della delega stessa; ciò velocizza il processo legislativo solitamente dei codici e dei TU.
 - TU sulla Comunicazione d.lgs 177/2005: testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici.
 Bisogna considerare che il parlamento è l’unico organo che abbia legittimità democratica, perché i parlamentari vengono eletti da popolo, mentre il governo si forma in parlamento, e non per mezzo delle elezioni democratiche. Concetto fondamentale: Sistema integrato delle comunicazioni (SIC). Art 2 TU: “si tratta del settore economico comprensivo di stampa pubbliche e periodica, editoria cartacea ed elettronica, radio e servizi di media audiovisivi, cinema, pubblicità esterna, iniziative di comunicazione di prodotti e servizi, sponsorizzazioni”; sono settori eterogenei lautamente unificati dalla pertinenza alla comunicazione in senso ampio, ma con connotati tuttavia piuttosto diversi su piano degli impatti sulla comunicazione. Pausa tecnica antitrust: il mercato rilevante è il fulcro della valutazione circa posizioni dominanti o meno, di intese illecite, ecc. infatti definire il mercato rilevante è importantissimo nel capire chi deve controllare e chi deve operare nel mercato; si tratta di un “gioco delle parti”. Inoltre il problema diventa più grande o più piccolo a seconda del fatto che il mercato sia piccolo o grande, infatti la diluizione del mercato è un concetto che fa da corollario alla considerazione del mercato rilevante (una posizione dominante in un mercato piccolo è molto dominante, in un mercato grande non è affatto dominante). Lettura della riforma: • Diluizione: la legge stessa ha creato un sistema sempre più eterogeneo e ampio, senza confini ben definiti; addirittura dal sistema televisivo si era passato ad un SIC. • Creazione per legge di un ambito di riferimento molto ampio: la soglia di rilevanza dei comportamenti critici che il sistema vorrebbe scoraggiare, si è allargata moltissimo, quindi si è ridotta la possibilità di delineare in maniera precisa gli ambiti e le conseguenze delle azioni. • Conseguenze intuitive per gli economisti. Norma chiave: art 43 del TU: • Limite tecnico (comma 7): il fornitore di contenuti, per mezzo proprio e delle società controllate, non può essere titolare di autorizzazioni a diffondere più del 20% dei programmi televisivi o radiofonici irradiabili sulle frequenze mediante le reti previste dal piano; ciò significa che ogni operatore può avere al massimo 24 reti televisive (tante). • Limite economico (comma 9/10): fermo restando il divieto di posizione dominante nel SIC, i soggetti iscritti nel registro degli operatori di comunicazione, non possono né direttamente né mediante società controllate, conseguire ricavi maggiori del 20% dei ricavi complessivi del SIC; dove i ricavi complessivi riguardano: canone RAI, pubblicità in generale, abbonamenti a quotidiani, cinema, … Essi sono stati stimati dall’AGCOM nel 2016 in 17,60 miliardi, dunque il 20% sono 3,52 miliardi (una somma immensa). Valutazioni critiche: limite mai raggiunto, anche se sarebbe possibile raggiungerlo con una sola delle attività incluse nel SIC, a livello di singolo mercato e non di mercato nel sistema. COMUNICAZIONE NEI MERCATI FINANZIARI: Mercati: luoghi dello scambio (trading values), dove le unità in surplus (es. famiglie) portano risorse finanziarie alle unità in deficit (Stato e imprese); avviene per mezzo di due canali: di 52 58 3. Negli ultimi anni gli investitori sono attenti alla soft information (posizionamento competitivo e risultati che l’impresa vuole raggiungere) e alle informazioni indirette (informazioni sulle emittente prodotti da terzi rispetto alle emittenti). 4. Crescita del reporting sulla sostenibilità. 5. Distinzione tra diritto societario (corporate law) e diritto dei mercati finanziari, si stanno mischiando tantissimo. Il TU della finanza, art. 114, richiamando l’art. 17 “market abuse regulation” dice: • Comma 1: le quotate devono riportare al pubblico le informazioni privilegiate, secondo le modalità stabilite dalle norme specifiche; tutte le informazioni price sensitive devono essere dichiarate. • Comma 5: l’autorità responsabile ha il diritto di chiedere agli emittenti e agli altri soggetti relativi di divulgare, anche in linea generale, notizie e documenti necessari per l’informazione; a giudizio dell’autorità, qualsiasi siano le informazioni ritenute idonee, anche se non hanno influenza sui prezzi (potere esercitato in Italia dalla CONSOB). Informazione price sensitive: approssimativamente rappresenta l’informazione privilegiata; ha 4 caratteristiche: • Di carattere preciso: si tratta di una informazione che ha una certa determinazione temporale, quindi si tratta di individuare il momento in cui l’informazione deve essere fornita. 
 Se viene fornita prima dell’avvenimento del fatto, l’informazione rischia di essere manipolatrice (rischia di creare delle incertezze e delle aspettative che alterano i prezzi), mentre se viene fornita in ritardo può portare ad una fuga di informazioni (leakage) che poi richiede l’intervento dell’autorità per ripristinare la parità informativa. • Che non è stata resa pubblica: si intendono rese pubbliche solo quelle informazioni che vengono rese pubbliche con un preciso sistema di diffusione, ossia il “sistema di emissione delle informazioni regolamentate”. • Concerne direttamente o indirettamente una o più emittenti di strumenti regolamentati: quelle indirette non devono essere dall’emittente comunicate, mentre quelle dirette si. • Se resa pubblica può avere un effetto significativo sui prezzi: bisogna definire la significatività dell’informazione sui prezzi. Divulgazione informazione nella pratica: nel regolamento le informazioni privilegiate devono essere divulgate tramite il Sistema di diffusine delle informazioni regolamentate SDIR, che si occupa della dissemination (distribuire le informazioni erga omnes). Si tratta di una piattaforma informatica nella quale vengono caricati i documenti, con certezza di provenienza, data, ora, e luogo; in questo modo le informazioni arrivano nello stesso istante e con certezza a tutti. Avviene un’archiviazione in modo ufficiale (si ha la sicurezza che non siano state modificate le informazioni), infatti l’informazione si considera diffusa solo se viene comunicata tramite il SDIR (in particolare per le quotate). Caso: diffusione di informazioni price sensitive: • Nel novembre 2016 una società francese dichiara a borsa aperta (non tramite il SDIR), tramite email ad alcune agenzie di stampa, che il CFO si era dimesso per irregolarità contabili e che il bilancio del 2015 andava rivisto; ovviamente, nonostante l’invio non ufficiale la notizia venne ripresa dalla stampa. • La comunicazione scatena un effetto devastante ed il titolo precipita del 18%, costringendo la Borsa di Parigi a sospenderlo. La società reagisce comunicando che il comunicato emesso in precedenza era falso. • Venne avviata un’indagine dove si cercava di trovare gli emittenti e di capire come mail le società come Bloomberg abbiano creduto al comunicato (senza verificare che l’informazione price sensitive venisse davvero dalla società). La Borsa francese, dopo 3 anni, non ha ancora trovato i responsabili, ma ha notificato 5 milioni di euro di multa a Bloomberg. • Anche in Italia esistono norme molto rigorose sulla diffusione delle informazioni da parte dei giornalisti; si cerca di evitare problemi come questi, che spesso procurano un danno di immagine per le imprese, ma anche un grosso danno economico per l’investitore. di 55 58 FAKE NEWS E RIMOZIONE DEI CONTENUTI: I contenuti creati sono distribuiti in modo più veloce per mezzo del digitale (in particolare modo tramite i social network). Il condizionamento avviene non solo per il tipo di informazioni, ma anche per i micro targeting degli obiettivi sui quali le informazioni fanno perno. Modi di disinformare: • Collegamento ingannevole (es. titoli); • Contesto ingannevole; • Contenuto ingannevole o fuorviante. Bisogna considerare che il modo in cui circolano le informazioni può porre delle barriere alla libertà e alla trasparenza delle informazioni stesse (es. Cambridge analitica). Fake news: si tratta di un’informazione imprecisa o fuorviante, diffusa a scopo di lucro o per deviare l’opinione pubblica (definizione UE). Fact checking: è la verifica dei fatti/informazioni, cioè il lavoro di accertamento degli avvenimenti citati e dei dati usati in un testo o in un discorso. Rimozione dei contenuti pregiudizievoli per quanto riguarda: • Violazione copyright; • Contenuti diffamatori; • Diritto all’oblio (orma di garanzia che prevede la non diffusione, senza particolari motivi, di informazioni che possono costituire un precedente pregiudizievole dell'onore di una persona, per tali intendendosi principalmente i precedenti giudiziari di una persona). • Lesione della privacy. Nel 2005 regolamento, rimozione in sede AGCOM (procedimento amministrativo per effetto di regolatore). Quando viene riscontrata una violazione: 1. Bisogna rivolgersi al gestore del sito o del social per notificare la violazione; 2. Il gestore deve effettuare un bilanciamento tra gli interessi contrapposti; 3. Considerazione della responsabilità o meno del gestore Violazione proprietà intellettuale: • Violazione di marchi; • Violazione del diritto d’autore. Direttiva e-commerce, recepito con d.lgs 70/2003 responsabilità del prestatore di servizi: • Mere conduit: trasmettere informazioni fornite da un destinatario del servizio o fornire un accesso alla rete; il prestatore non è responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che: non dia origine alla trasmissione; non selezioni il destinatario della trasmissione; non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse. • Caching: attività memorizzazione temporanea; il prestatore non è responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta, a condizione che: non modifichi le informazioni; si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni; si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni; non interferisca con l’uso lecito di tecnologia riconosciuta; agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato. • Hosting: memorizzazione delle informazioni; il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta del destinatario, a condizione che detto prestatore: non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita; non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni. • Internet service provider beneficia della net neutrality, cioè si stabilisce che ogni contenuto distribuito in Rete, debba avere le stesse opportunità di arrivare sul dispositivo degli utenti finali. Dal punto di vista pratico ha quindi impedito negli ultimi anni agli internet provider di vendere corsie preferenziali sulla banda larga ai grandi produttori di contenuti digitali.p di 56 58 Diffamazione: dalla stampa al digitale è sempre necessario il bilanciamento tra diritti personali e diritti del pubblico (es. è considerato responsabile il proprietario di un blog, quando sa o quando viene informato, di contenuti lesivi sul proprio blog, ma non si attiva per rimuoverli). DIFFAMAZIONE: Si parla spesso di onore e reputazione come di beni fondamentali della persona, ma i confini di tali diritti, per come percepiti dai cittadini, sono spesso soggettivi, dettati a volte da un eccessivo amor proprio ed altre da una visione arcaica della società. Bisogna considerare che anche ciò che si intende parlando di onore, decoro e reputazione ha un significato che varia nel tempo in base al periodo storico (si adeguano alla cultura che è in continua evoluzione). Quindi il giudice è sempre libero di uscire dal solco interpretativo. • Onore:
 - In senso soggettivo: una considerazione privata di sé (ingiuria);
 - In senso oggettivo: attributo dell’essere umano in quanto tale o nella società; non è il valore attribuito dal soggetto a sé, ma il valore che gli deriva come consociato (diffamazione);
 - Onore minimo: limite invalicabile della persona umana. • Decoro: la considerazione di ciò che viene soggettivamente inteso come giusto e dignitoso. • Reputazione: considerazione in cui l’individuo è tenuto dalla comunità nel quale si trova. Tre illeciti differenti: ingiuria e diffamazione fino al 2016 erano reati penali: • Ingiuria: è l’offesa recata all’onore e al decoro di una persona, ma se la vittima si trova altrove non si può parlare di ingiuria; delitto del codice penale, abrogato e convertito in un illecito amministrativo (quindi solo una sanzione pecuniaria in seguito ad una causa civile); attenzione che adesso si considerano anche i mezzi informatici (oltre a quelli cartacei e telefonici). • Diffamazione: offesa alla reputazione commessa comunicando con altre persone (due o più); di solito la vittima è assente; si considera che il reato scatta anche se si parla male di una persona con un solo individuo per volta, e quindi continuamente; appartiene ancora al codice penale; la vittima in un lasso di tempo si deve attivare per instaurare il processo penale (querela). • Calunnia: quando una persona viene accusata ingiustamente davanti ad una pubblica autorità di un fatto che non è vero; l’autore del reato deve essere in malafede, deve cioè agire pur conoscendo l’altrui innocenza. Elementi costitutivi del reato di diffamazione: 1. Condotta. 2. Bene giuridico tutelato (reputazione). 3. Assenza dell’offeso: quindi questo è un elemento più forte contro la persona offesa, perché si diffonde ad una indistinta massa di persone un comportamento offensivo.
 Non deve essere indicato specificatamente il soggetto, basta che sia identificabile (es. un post ch fa intendere il soggetto a cui ci si riferisce). 4. Elemento soggettivo: dolo generico, cioè il soggetto agente deve essere consapevole del suo comportamento lesivo, mentre lo intraprende. Fattispecie aggravanti speciali, ossia aggravanti della pena per più di 1/3 della pena. Per: • Fatto determinato, che in quanto tale è ben definito, e ben più lesivo. • Mezzo stampa prevede una maggiore sanzione: per qualsiasi mezzo destinato alla pubblicazione, quindi alla più ampia diffusione, perché l’offesa è ampia sia a livello spaziale (tante persone), sia a livello temporale (possibilità rilettura), dunque viene ritenuta più pesante. • Diffamazione a mezzo stampa con attribuzione di un fatto determinato, che riunisce il c.p. e anche la legge sulla stampa: nel caso di diffamazione a mezzo televisivo con attribuzione di un fatto determinato è punita con la reclusione 1/6 anni e una sanzione pecuniaria molto elevata. • Diffamazione online come fattispecie aggravante: gli “altri mezzi di pubblicità” comprendono anche gli altri mezzi, e quindi anche internet. La competenza per territorio nel caso di reati su internet, sta al soggetto dove l’evento si è verificato o dove si è letto: • Fase 1: Internet come strumento non è equiparabile alla stampa. di 57 58
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