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Diritto penale generale e speciale - Schemi e schede - Diritto penale, Schemi e mappe concettuali di Diritto Penale

sono tratte integralmente dal testo della casa editrice simone un ottimo strumento per ripetere nei giorni prima dell' esame, mi preme sottolineare che si consiglia lo studio di un manuale per il superamento dell' esame, buon lavoro a tutti i colleghi!

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2012/2013
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Caricato il 07/03/2013

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Scarica Diritto penale generale e speciale - Schemi e schede - Diritto penale e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Diritto Penale solo su Docsity! CONCETTI INTRODUTTIVI ME Il diritto penale: nozione e caratteri Nozione Caratteri » Complesso di norme giuridiche con cui lo Stato, mediante la minaccia di una sanzione (pena), proibisce determinati comportamenti umani considerati contrari ai fini che esso persegue (reatà) » Positivo: promana esclusivamente da norme giuridiche » Statuale: lo Stato si è riservato in via assoluta il potere di emanare norme penali » Pubblico: il diritto penale è una parte del diritto pubblico che disciplina i rapporti tra un ente pubblico che si pone in posizione di supremazia e tuttii gli altri soggetti dell'ordinamento. I 2] Partizioni del diritto penale Il diritto penale può essere » Fondamentale: contenuto nel codice penale » Complementare: contenuto nelle leggi speciali e nelle leggi che inte- grano 0 modificano il codice penale » Comune: è il diritto penale che si applica a tutti coloro che si ritrovano nel territorio dello Stato » Speciale: è il diritto penale che si applica a determinate classi o cate- gorîe di persone per effetto di una loro qualità o condizione giuridica in cui si trovano (ad es. il diritto penale militare) MG Caratteri fondamentali del vigente sistema penale La dottrina più recente ha individuato i caratteri essenziali delle norme penali: Caratteri » Sussidiarietà: il ricorso al diritto penale è ammesso solo come extre- ma ratio e l’inflizione della pena si giustifica solo se risulta necessaria e conforme allo scopo cui tende l'ordinamento » Autonomia: il diritto penale pone dei precetti il cui contenuto va deter- minato non sulla base del richiamo ad altre branche del diritto, ma autonomamente in relazione alle particolari esigenze e finalità della norma penale » Frammentarietà: la funzione di tutela del diritto penale si esplica solo contro specifiche forme di aggressione dei beni giuridici IMI La norma penale | » La norma penale è quella disposizione di legge che vieta un determi Nozione nato comportamento minacciando, in caso di trasgressione, l'inflizione di una pena (cd. norma incriminatrice) » Precetto: comando o divieto di compiere una determinata azione Elementi ; n ; lari »_ Sanzione: conseguenza giuridica che deriva dalla violazione del precetto » Imperatività: una volta posta in essere è obbligatoria per tutti coloro Caratteri che si trovano nel territorio dello Stato. » Statualità: deriva solamente dallo Stato. Le norme penali possono essere classificate, in relazione ai loro elementi costitutivi, in: »_ Perfette: contengono precetto e sanzione ben determinati » Imperfette: contengono solo il precetto o solo la sanzione »_ Penali in bianco o cieche: contengono sanzione e precetto ma que- st'ultimo è generico, in quanto deve essere ulteriormente specificato da atti normativi di grado inferiore Classificazione »_ Integratrici: non contengono né il precetto né la sanzione e sono de- stinate ad integrare o a disciplinare l'applicabilità di altre norme In sintesi ll diritto penale prevede un sistema di norme che puniscono con sanzioni di carattere afflittivo dei comportamenti umani che l'ordinamento ritiene particolarmente offensivi di beni giuridici rite- nuti meritevoli di tutela. Sono beni giuridici, ad esempio, la vita, l'integrità fisica, l'onore, il patrimonio, la fede pubblica ecc. Quando la lesione o la messa in pericolo di tali beni è rilevante, l'ordinamento risponde con sanzio- ni penali; quando tale offesa è di minore rilevanza, si affida alle sanzioni civili (es. risarcimento dei danni) o amministrative (es. sanzioni pecuniarie per infrazioni stradali). La sanzione penale si riconosce rispetto ad una sanzione amministrativa, in relazione alla pena prevista: sono reati e quindiilleciti penali, quei comportamenti puniti con l'ergastolo, la reclusione, l'arresto, la multa, l'ammenda (v.art. 17 c.p.). Se un illecito prevede un altro tipo di sanzione, è un illecito amministrativo. Nei reati di competenza del Giudice di Pace, in sede di condanna, in taluni casi la pena detentiva può essere sostituita con le pene della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità (v. art. 52 D.Lgs. 274/2000). Corollario di natura ®.unfatto costituisce reato solo se il bene ‘sostanziale protetto è concretamente leso o posto in pericolo dalla condotta dell'agente. Non costituiscono reato quei fatti che, pur essendo conformi alle previsioni normative, non recano offesa al bene tutelato dalla norma (nullum crimen sine iniuria); non costituisce, ad esem- pio, reato il furto di un acino d'uva necessaria offensività Le fonti del diritto penale In diritto penale, il numero delle fonti è assai più limitato che negli altri rami del diritto: ’art. 25 Cost. pone al riguardo un’espressa riserva di legge. Il principio di riserva di legge coinvolge la tematica delle fonti del diritto penale poiché esprime il divieto di punire un determinato fatto in assenza di una legge preesistente che lo configuri come reato e che ne preveda la relativa sanzione (nullum crimen, nulla poena sine lege poenali scripta). La riserva di legge attiene alla fonte che può introdurre, modificare, abrogare una determinata fattispecie incriminatrice. Il nostro legislatore, a maggior tutela dell'individuo, non soltanto ha riservato allo Stato ogni com- petenza normativa in materia penale (principio della statualità), ma ha disposto che fonti del diritto penale siano solo la legge ordinaria e gli atti ad essa equiparati (decreti legge, decreti legislativi). Il diritto penale, come detto, è costituito da norme contenute nel codice penale e nelle leggi penali speciali, tuttavia, numerose sono le norme contenute nel codice di procedura penale (il quale discipli- na lo svolgimento del «processo penale» che può, eventualmente, portare alla irrogazione della pena) nonché talune nel codice civile. Quanto alla consuetudine essa, nel diritto penale, ha efficacia limitata. In particolare: a) la consuetudine innovatrice non opera nel diritto penale, ostandovi il principio della riserva di legge; b) Ja consuetudine abrogatrice, del pari, non opera nel diritto penale, in quanto l'abrogazione di una disposizione di legge può derivare solo da altra norma; c) la consuetudine integratrice si ritiene, in dottrina, possa operare solo se in senso favorevole all'im- putato (principio del favor rei). {al Le norme penali in bianco » Le norme penali in bianco sono norme penali nelle quali il precetto, Nozione essendo formulato in maniera generica, deve essere integrato da una fonte normativa diversa dalla legge ; >» Permettere un'attenta ed oculata disciplina penale in settori caratteriz- Funzione | zati da particolare complessità tecnica Le norme penali in bianco sono state oggetto d'attenzione da parte della dottrina che ne ha con- testato la legittimità costituzionale in quanto lesive del principio di riserva di legge. Secondo questa dottrina, la riserva di legge in materia penale è assoluta, non permette che norme secondarie possano concorrere alla creazione di una fattispecie penale. La Corte costituzionale è intervenuta sull'argomento con due sentenze specificando che, pur essen- do la riserva di legge in materia penale assoluta, è possibile che norme secondarie integrino norme penali. 11 La Corte Costituzionale ha stabilito che il rinvio è costituzionalmente legittimo se si tratta di: » tecnico: la norma secondaria si limita a specificare dal punto di vista tecnico elementi essenziali della fattispecie »_ per presupposizione: si ha nei casi in cui una norma penale sanziona l'inosservanza di provvedimenti emanati da un'autorità amministrativa; in tale ipotesi la norma penale deve indicare con sufficiente specifica- zione caratteri, contenuti e limiti dei provvedimenti che sono il presup- posto di fatto della norma stessa Rinvio È, in ogni caso, illegittima la norma penale che rinvii ad un regolamento o ad un atto amministra- tivo la determinazione d'elementi essenziali della fattispecie. L'art. 650 c.p. costituisce una tipica ipotesi di norma penale in bianco laddove sanziona il compor- tamento di «chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene». Pertanto, Tizio, legale rappresen- tante di una società esercente l'attività di lavorazione del legno, viene condannato, ai sensi dell'art. 650 c.p., in quanto non ottempera all'ordine contenuto in un'ordinanza comunale, emessa per ragioni di igiene e sanità pubblica e diretta a ottenere la conformità alla legge delle emissioni gassose in atmosfera prodotte da tale lavorazione (Cass. n. 10257/2007). _ Differenze Norma penale in bianco e elementi normativi della fattispecie costituiscono entità nettamente distinte l'una dall'altra. Infatti, mentre con la norma penale in bianco il legislatore penale si limita a prevedere la sanzione rinunciando a descrivere il precetto la cui descrizione, invece, è demanda- ta ad una fonte extrapenale, con gli elementi normativi della fattispecie, invece, intende soltanto chiarire il significato della fattispecie incriminatrice già determinata. Si tratta, dunque, di elementi che necessitano, per la determinazione del loro contenuto, di essere integrati da una norma diver- sa da quella incriminatrice; l'elemento normativo, esterno alla fattispecie, viene richiamato nella norma incriminatrice al solo fine di interpretare il significato di tale fattispecie, incidendo, in tal modo, solo sul profilo semantico. MG Il divieto di analogia e l’analogia in bonam partem L'analogia, come noto, è il procedimento attraverso cui vengono risolti i casi non previsti espressamente dalla legge estendendo ad essi la disciplina dettata per i casi simili (analogia legis) o altrimenti desunta dai principi generali del diritto (analogia iuris). L'analogia legis costituisce infatti il fenomeno volto ad assegnare alla previsione normativa un significato più ampio rispetto a quello risultante dalla portata letterale della stes- sa, mentre l'analogia iuris garantisce lo stesso risultato utilizzando i principi generali dell'ordinamento. Nei sistemi penali fondati sul principio di legalità formale, come quello italiano, il meccanismo dell'analogia non può trovare applicazione per colmare le lacune di previsione normativa. L'art. 14 disp. prel. c.c., infatti, stabilisce che «Ie leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali 0 ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati». Anche se solo implicitamente, questo divieto trova fondamento costituzionale nell'art. 25 Cost., in quanto è destinato ad eliminare qualsiasi rischio di arbitrio da parte sia del potere giudiziario sia dello stesso legislatore nell'interpreta- zione ed applicazione delle norme penali incriminatrici. L'orientamento maggioritario ritiene che il divieto di analogia, concepito a tutela del favor liberta- tis, è relativo, limitato perciò alla sola analogia in malam partem. Del resto, per «leggi penali» di cui all'art. 14 disp. prel. c.c. bisogna intendere esclusivamente le norme incriminatrici, quelle sulle quali cioè si fonda la previsione di un reato 0 di una sanzione penale. 12 Secondo la dottrina, il divieto di analogia in materia penale non preclude il ricorso a questa qualo- ra produca effetti favorevoli al reo. Si può ricorrere alla analogia a condizione che siano rispettati alcuni presupposti, in particolare: — l'interprete deve desumere rigorosamente l'eadem ratio della norma scritta di cui l'analogia costi- tuisce uno sviluppo ordinario; — lenormenon incriminatrici suscettibili di analogia devono essere in linea con il principio ditassatività; — l'analogia in bonam partem non è mai utilizzabile per le norme eccezionali. Differenze Dalla interpretazione o integrazione analogica, va tenuta distinta l'interpretazione estensiva: — l'interpretazione analogica, pur implicando una attività interpretativa della legge, ha un accen- tuato carattere creativo: essa, infatti, si muove al di fuori di una qualsiasi previsione normativa e consiste, appunto, nel dare una regolamentazione ad un caso non disciplinato, né espressa- mente né implicitamente, dalla legge attraverso l'applicazione della disciplina prevista in rela- zione ad un caso simil — l'interpretazione estensiva, per contro, opera sempre nell’ambito di una norma ma comporta la ricon- duzione sotto la disciplina della stessa norma di una ipotesi apparentemente fuori della sua sfera. Ciò significa che si è nell’ambito dell’interpretazione estensiva quando il contenuto effettivo delle singole disposizioni, accertato correttamente attraverso i mezzi consentiti dalla logica e dalla tecni- ca giuridica, è più ampio di quello che appare dalle espressioni letterali che compongono la dispo- sizione stessa, per cul ipotesi che apparentemente ne restavano fuori debbono invece ritenersi rientrare sotto la sua disciplina. Tale interpretazione non incontra limitazioni nell'art. 14 delle preleggi, perché non amplia il contenuto effettivo della norma, ma impedisce che fattispecie ad essa soggette si sottraggano alla sua discipli- na per l'ingiustificata mancanza di espressioni letterali; come tale, l'interpretazione estensiva è am- messa in relazione a tutte le disposizioni di legge, comprese quelle penali e quelle che fanno eccezioni a regole generali, in quanto anche di queste identifica i tempi e l'ambito di applicazione. lella analogia in bonam partem ricordiamo: — l'estensione del difetto di imputabilità oltre i casi previsti dagli artt. 85 e ss. c.p., ad esempio si ritengono non imputabili il selvaggio, il soggetto che ha vissuto in stato di segregazione sin dalla nascita e gli argati; — l'estensione delle scriminanti oltre il ristretto ambito previsto dalla legge; — l'estensione anche alle cause concomitanti o antecedenti della disciplina delle concause stabilita dal secondo comma dell'art. 41. Si discute se il divieto dell'analogia sia assoluto o relativo, se abbracci cioè anche le norme favore- voli all'imputato (analogia in bonam partem) oppure sia circoscritto alle sole norme sfavorevoli (analogia in malam partem). L'ANTOLISEI considera ammissibile l'analogia in bonam partem, a condizione che la norma che s'intende applicare non abbia carattere eccezionale. Il significato dell'espressione «norma eccezionale» è stato chiarito dal MANTOVANI, secondo il qua- le per «diritto eccezionale» deve intendersi quel complesso di norme che regolano un minor numero di ipotesi (criterio quantitativo) inmodo non solo diverso, ma addirittura antitetico (criterio qualitativo), rispetto al complesso normativo che regola il maggior numero di ipotesi (diritto regolare). Osserva tuttavia il MANTOVANI che le possibilità di applicare il procedimento analogico, nel diritto penale, sono assai limitate, in quanto il rigore con il quale sono formulate le fattispecie normative (anche quelle favorevoli al reo), in ossequio al principio di tassatività, ne delimita la ratio. 13 » si ha modificazione quando la nuova norma ritaglia un'area comune a quella precedente, aggiungendo elementi che ne specificano l'ambito Teoria del rapporto d'applicazione per cui, in assenza della seconda norma, i fatti sarebbero di continenza rientrati nell’ambito d'applicazione della prima » si ha abrogazione quando una fattispecie di portata generale succede ad una precedente di portata più specifica rl Osserv: In caso di abrogazione di una norma incriminatrice, per accertare se le tipologie di fatti in essa comprese siano riconducibili ad altra disposizione generale preesistente, è necessario procedere ‘al confronto strutturale tra le due fattispecie astratte, integrando eventualmente tale criterio attra- verso una valutazione dei beni giuridici rispettivamente tutelati. Ciò consente di verificare se l’even- tuale intenzione dell'intervento abrogativo sia quella di non attribuire più rilievo al disvalore insito nella fattispecie incriminatrice soppressa. È in questi termini che di recente la Corte di legittimità, pronunciandosi a Sezioni Unite, è interve- nuta in merito alla sorte del reato di bancarotta fraudolenta impropria commesso nel contesto di ‘amministrazione controllata, fattispecie specificamente prevista dall'art. 236, co. 2, n.1, della legge fallimentare, inciso poi dal D. lgs. n. 5/2006 che ha soppresso l'amministrazione controllata e tutti i relativi riferimenti (Cass. S.U., sent. 12 novembre 2009, n. 24468). A fronte dell'interrogativo se, a seguito dell'intervento normativo sulla disposizione incriminatrice dettata dal citato art. 236, si sia verificata abolitio criminis ovvero mera successione di fattispecie incriminatrici, le Sezioni Unite hanno optato per la prima soluzione, osservando che la soppressione dell'istituto dell’amministra- zione controllata e la soppressione di ogni riferimento ad esso contenuto nella legge fallimentare (art. 147 D.Lgs. n. 5/2006) hanno inesorabilmente determinato l'abolizione del reato di bancarotta societaria connessa alla suddetta procedura concorsuale (art. 236, comma secondo, R.D. n. 267/ 1942). Date le chiare differenze strutturali e teleologiche tra le procedure, la bancarotta impropria connessa all’amministrazione controllata non può dunque essere in alcun modo omologata alla corrispondente figura concordataria. - La reintroduzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale per opera dell'art. 1, co.8, L. n. 94/ 2009, che ha inserito l'art. 341bis c.p., ha indotto all'interrogativo se si sia o meno in presenza di una nuova incriminazione. Sul punto, autorevole dottrina sembra indirizzata a ritenere che il legisla- tore non abbia voluto introdurre una nuova figura di reato, bensì abbia prospettato un'ipotesi di successione nel tempo di leggi penali, dovendosi infatti ritenere che la fattispecie criminosa in esame, ancor prima della novella del 2009, era pur sempre punibile come ingiuria aggravata ex artt.594 e 61 n. 10c.p. MG Tempo del commesso reato » Teoria dell’evento: il reato è commesso nel momento in cui si verifica il risultato esteriore della condotta umana Le diverse teorie »_ Teoria della condotta: il reato è commesso nel momentoiin cui è stata del commesso reato compiuta l'azione o l'omissione. Questa teoria è quella maggiormente seguita dalla giurisprudenza » Teoria mista: il reato si considera commesso sia nel momento in cui si è verificata la condotta, sia nel momento in cui si è verificato l'evento Tra i criteri indicati appare prevalente, nel nostro diritto, quello della condotta anche se occorre precisare che non esiste un criterio valido in assoluto in quanto la scelta va effettuata tenendo conto della ratio dei singoli istituti. 16 rl Osserv: L'individuazione della condotta, ai fini dell'individuazione del tempo di commissione dell'illecito pe- nale, risente delle caratteristiche strutturali delle varie tipologie di reati. Peri reati cd. unisussistenti, che cioè si perfezionano con un solo atto (qui uno actu perficiuntur), occorre limitarsi ad individuare l'unico atto in cui si è perfezionata la condotta. Per i reati omissivi si tende a far risalire il tempus commissi delicti al termine, espresso o tacito, entro cui il soggetto attivo del reato avrebbe dovuto adempiere all'obbligo giuridico di facere. Per i reati a condotta frazionata si ritiene che debba farsi riferimento senza ulteriori precisazioni all'ultimo atto, poiché lo stesso fissa il momento definitivo della condotta penalmente rilevante. Quanto ai reati abituali, che si caratterizzano perla reiterazione nel tempo di condotte analoghe o della stessa specie (ad es. i maltrattamenti in famiglia ex art.572 c.p.) l'opinione prevalente è nel senso di considerare decisivo il momento in cui il reato si perfeziona, ossia viene in essere, e cioè allorchè si compie l'atto che, unito al precedente, conferisce particolare risonanza agli episodi precedenti. Riguardo, infine, al reato continuato, ex art.81 cpv., poiché «il medesimo disegno criminoso» non comporta di per sè la natura unitaria dei singoli fatti di reato, occorrerà in tal caso considerare singolarmente i singoli reati in base al diverso tempus in cui sono stati posti in essere, valutando perciò per ognuno di essi l'operatività dei principi in materia. Ain inte: La materia della successione di leggi penali si articola nelle seguenti questioni: a) le nuove incriminazioni; b) la abrogazione di norme; ©) la successione di leggi meramente modificative; d) le deroghe alla disciplina generale costituite dalle leggi eccezionali e temporanee; e) le problematiche poste dalla riformulazione delle norme penali; f)_le ipotesi della mancata conversione dei decreti legge e della dichiarazione di incostituzionalità delle norme penali. La legge 646/1982 ha introdotto l'art. 416bis c.p. che prevede, come specifica e autonoma figura criminosa, l'associazione di tipo mafioso in aggiunta al più generico reato di associazione per delinquere di cui all'art. 416 cip. ll legislatore ha voluto colmare una lacuna normativa relativa a quelle associazioni che, pur costituendo un pericolo per l'ordine pubblico, non presentavano tutti i requisiti propri dell’associazione per delinquere. La nuova norma, pertanto, si pone in rapporto di specialità rispetto alla precedente solo per una parte dei fatti in essa riconducibili, mentre per gli altri si presenta come nuova incriminazione retta dal «principio di irretroattività». Nell'associazione di stampo mafioso che abbia un programma indeterminato di delitti, il metodo mafioso è l'elemento specializzante rispetto all'associazione per delinquere, ma nell'ambito della nuova norma sono riconducibili anche quelle associazioni che non abbiano un programma delin- quenziale, bensì scopi attinenti ad attività astrattamente lecite che però diventano illecite unica- mente per il metodo mafioso utilizzato. Questi fatti non potevano rientrare nel reato di associazione per delinquere proprio per lamancanza di un programma delinquenziale e, quindi, sicuramente per questa parte del suo ambito applicativo la nuova fattispecie deve essere qualificata come nuova incriminazione non comportando l'abrogazione di norme preesistenti. 17 Reati commessi all’estero punibili secondo la legge penale italiana » Delitti comuni sono puniti se: ®. sono puniti con la reclusione * il reo è presente nel territorio] dello Stato. » Il delitto comune commesso dal cit- tadino italiano è punibile se: ® trattandosi di delitto commesso a danno dello Stato o di un cittadino italiano la pena stabilita dalla leg- ge non è inferiore nel minimo a tre anni di reclusione; * la pena è inferiore a tre anni, per cui occorre la richiesta del Mini- stro della Giustizia o l'istanza o la querela della persona offesa; trattandosi di delitto commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di un cittadino straniero, occorre che la estradizio- ne non sia stata concessa o non sia stata accettata dallo Stato estero, e chevisia la richiesta della Giustizia. » Il delitto comune commesso da un cittadino straniero è punibile secon- do la legge italiana se: ® si tratta di un delitto commesso a danno dello Stato 0 di un cittadino italiano sanzionato con una pena minima non inferiore ad un anno di reclusione; occorre anche la ri chiesta del Ministro della Giustizia e la querela o l'istanza dell'offeso; ® si tratta di un reato commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di un cittadino straniero, punito con una pena in- feriore nel minimo a tre anni; oc- corre la richiesta del Ministro della Giustizia e che l'estradizione non sia stata concessa o accettata né dal governo dello Stato in cui fu commesso il reato né dallo Stato cui appartiene il reo. 21 IMM Estradizione (artt. 10, 13) Nozione Procedimento di estradizione Principio di specialità »_ È la consegna da parte di uno Stato di un individuo che si sia rifugiato nel suo territorio, ad un altro Stato, perché sia sottoposto al giudizio penale (se imputato) o alle sanzioni penali (se già condannato). » Attiva: lo Stato italiano richiede ad uno Stato estero la consegna di un individuo imputato o condannato in Italia ® il fatto che forma oggetto della doman- da di estradizione deve essere pre- veduto come reato sia dalla legge ita- liana che da quella straniera (cd. re- » Passiva: lo Stato italiano rice- | quisito della doppia incriminabilità) ve la richiesta di consegna | è non si devetrattare di reato peril qua- ‘avanzata da uno Stato estero | le le convenzioni intemazionali faccia- no espresso divieto di estradizione * l'estradando deve essere straniero: in caso contrario, l'estradizione deve es- sere espressamente consentita nelle convenzioni internazionali » per reati politici, esclusi quello di genocidio »_ per motivi di razza, religione, nazionalità » peri reati puniti all'estero con la pena di morte » la procedura perla concessione dell'estradizione è disciplinata dal co- dice processuale penale (artt. 697-722 c.p.p.). In tale sede basterà ricordare che l'estradizione è concessa dal Mini- stro della Giustizia, previa deliberazione favorevole della Corte di Ap- pello nel cui distretto si trova l'estradando e che, nei rapporti fra gli Stati membri dell'Unione Europea si deve aver riguardo alle disposizio- ni contenute nella L. 22-4-2005, n. 69, disciplinante il cd. mandato di arresto europeo. » per un principio generale |e dell'obbligo di non processare l’estra- dell'ordinamento internazio- | dato perun fatto anteriore e diverso nale (principio che la dot-| da quello per il quale è stata conces- trina chiama «di speci sa l'estradizione tan) la chesta di estradizio” * del dovere di non assoggettare /o ne per determinati reati iM-| stesso ad una pena diversa da quel- porta la preventiva accetta” | Ja relativa al fatto per cui è stata con- ione, da parte dello Stato i- | sssa l'estradizione chiedente: Il principio di specialità opera tanto nella estradizione attiva (art. 721 c.p.p.) quanto in quella pas- siva (art. 699 c.p.p.). 22 In sintesi La norma, come è noto, è una regola generale ed astratta: generale, perché diretta ad una catego- ria indeterminata di persone (es. i cittadini; coloro che si trovano sul territorio dello Stato, ecc.); astratta, perché disciplina situazioni future e non casi concreti già verificatisi. In taluni casi, ed eccezionalmente, le norme possono essere carenti dei predetti caratteri: ad es. se una legge si applica retroattivamente, finisce per disciplinare casi già verificatisi e quindi relativi a persone de- terminate. La norma penale, così come qualsiasi altra norma, ha un suo ambito spaziale e temporale di applicazione; nonché ha sue regole interpretative. In estrema sintesi può dirsi che, considerata l'incidenza delle norme penali su beni primari dell’in- dividuo, il nostro ordinamento guarda con sfavore alla possibilità di applicazione retroattiva delle disposizioni precettive; inoltre, in ordine ai canoni interpretativi, guarda con ostilità alla possibilità di interpretazione estensiva e vieta il ricorso all'analogia (in malam partem). 23 ® gli Agentidiplomaticiaccreditati pres- so il Capo dello Stato * i Consoli, i Vice Consoli e gli Agenti consolari ® i reparti di truppe straniere che si tro- vano nelterritorio dello Stato con au- torizzazione di quest'ultimo i diplomatici stranieri accreditati pres- so la Santa Sede » immunità derivanti dal diritto internazionale. Riguardano: ® i Membri del Parlamento Europeo ® i giudici della Corte dell'Aja e, in mi- ‘sura minore, i membri della Corte Eu- ropea dei diritti dell’uomo Nel novero delle immunità di diritto pubblico interno rientrano anche le immunità dei membri del Parlamento (art. 68 Cost.), nei confronti dei quali non è possibile muovere alcun rimprovero con riguardo alle opinioni espresse e ai voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Al fine di limitare l'esercizio dell'attività giudiziaria al corretto funzionamento del sistema politico interno ed interna- zionale, l’art. 68, co. Il e III, Cost. dispone che, senza l'autorizzazione della Camera di appartenen- za, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Dal dettato costituzionale relativo all'immunità parlamentare di cui all'art. 68 Cost. si è registrato un acceso dibattito circa la questione concernente la delimitazione della categoria di atti che costitui- scono estrinsecazione della funzione parlamentare e che quindi danno luogo a fattispecie di insin- dacabilità. Un primo orientamento ha accolto un'interpretazione estensiva dell'art. 68 Cost.ritenendo che la norma abbia ad oggetto, oltre alle opinioni espresse nell'esercizio della funzione tipicamente parla- mentare, anche quelle rese nello svolgimento di attività lato sensu politica in contesti extra-parla- mentari. Su altro versante si è posta invece la tesi restrittiva che ricomprende nell’ambito di effica- cia dell'art. 68 Cost. solo gli atti tipici inerenti all'ufficio. Allo stato prevale la tesi del cd. nesso funzionale, accolta anche dalla Corte Costituzionale, che, dando rilevanza alla relazione esistente tra atto e funzione, fa rientrare tra le condotte insindacabili quelle che, pur non essendo propriamente tipiche, presentano tuttavia un nesso con la funzione parlamentare (C. Cost., sentt. n. 347/2004 e 335/2006). Pertanto, allorché Tizio, deputato, nel corso di un comizio dinnanzi a numerosi presenti e a teleca- mere di un'emittente televisiva, pronunci frasi offensive dell'onore e della reputazione di taluni parlamentari che con il proprio voto abbiano, in passato, emesso una mozione di sfiducia nei con- fronti del Govemo, l'autorità giudiziaria dovrà condannare Tizio per il reato di diffamazione, dal momento che in tal caso dovrà ritenersi esclusa l'operatività dell'immunità di cui all'art. 68 Cost. Infatti, nella suddetta circostanza può agevolmente desumersi che non si tratta di un comizio nel- l'ambito del quale il deputato aveva illustrato le sue iniziative parlamentari, bensì di un comizio svoltosi in un contesto che esulava del tutto dalla funzione parlamentare ricoperta dal deputato stesso. (cfr. Cass. pen., sez.V, n. 8330/2005). 26 ta Osserv: Discusso è il problema della natura giuridica delle cd. immunità. AI riguardo sono state prospetta- te diverse teorie. A) Cause personali di esclusione della pena (BETTIOL, ANTOLISEI) Secondo tale dottrina, le immunità rientrano nella categoria delle cause personali di esclusione della pena, cioè di quelle cause che escludono l’applicabilità della sanzione (cd. punibilità), lasciando sussistere l'illiceità penale del fatto e, quindi, l’esistenza del reato. B) Recenti orientamenti dottrinari La dottrina recente, invece, distingue: 1) le immunità deriva! al diritto pubblico interno: — sotto il profilo sostanziale, sarebbero vere e proprie cause di esclusione dell’antigi penale, con la conseguenza che il fatto commesso nell'esercizio di una delle funzioni indica- te dalle singole norme sarebbe da considerare ab origine lecito (FIANDACA-MUSCO); — sotto l'aspetto processuale, esse sarebbero cause di esenzione dal processo (o limiti all'esercizio del potere giurisdizionale); 2) le immunità derivanti dal diritto internazionale, invece, costituirebbero semplicemente una forma disottrazione alla potestà di coercizione penale, ispirata a mera opportunità politica nei rapporti intercorrenti tra Stati (FIANDACA-MUSCO). In tal senso si è espressa anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 48 del 1979; sotto l'aspetto processuale esse si risolvono in un limite temporale all'esercizio dell’azione pena- le, in quanto si applicano solo per un periodo di tempo ben definito (finché il soggetto rimane nel territorio nazionale o fino alla scadenza delle funzioni di rappresentanza). n In sinte: La norma (art. 3), insieme con l'art. 6 c.p., traduce in termini codicistici il principio di territorialità adottato quale criterio-base per la definizione del campo di applicazione della legge penale nazio- nale. Per effetto di tale principio la legge penale italiana obbliga tutti coloro che si trovano nel territorio dello Stato, siano essi cittadini o stranieri, anche se non imputebil L'immunità, che comporta la sottrazione per taluni soggetti all’applicabilità delle sanzioni penali, costituendo un'eccezione al principio di obbligatorietà della legge penale, non può che derivare da disposizioni legislative ed è insuscettibile di interpretazioni estensive ed analogiche, come del re- sto avverte l'art. c.p. nel limitarla ai soli casi stabiliti dal diritto pubblico interno e dal diritto interna- zionale (Cass. III, 12-5-98). 27 » Il soggetto attivo o agente: il soggetto che pone in essere il compor- tamento vietato dalla norma incriminatrice. Tutte le persone fisiche pos- Nell'ambito della struttura i sono essere soggetti attivi del reato del reato si distingue »_ Un oggetto giuridico: il bene o l'interesse tutelato dalla norma penale i Differenze ll soggetto passivo del reato va tenuto distinto dal danneggiato dal reato, per tale intendendosi colui che dal reato ha subito un danno civilmente risarcibile, anche senza essere titolare del bene giuridico protetto. La figura del titolare del bene giuridico protetto, cioè, appunto, del soggetto pas- sivo del reato, è rilevante perché a lui spetta, nei casi in cui sia ammissibile, di prestare il proprio consenso, con efficacia scriminante exart.50 c._., nonché il diritto di presentare querela, nei casi di reati punibili a querela della persona offesa. Il semplice danneggiato non ha alcun potere di quere- la, ma può solo esercitare l’azione civile per ottenere il risarcimento dei danni. Si tenga presente che soggetto passivo e persona danneggiata dal reato possono coincidere (così nel delitto di lesio- ni), o risultar distinte (ad esempio nel delitto di omicidio). Taluni distinguono, altresì, il soggetto passivo del reato dal soggetto passivo della condotta, cioè da colui su cui la condotta criminosa viene a incidere immediatamente, e pertanto viene considerato, più propriamente, oggetto della condotta. Spesso,peraltro, i due concetti coincidono (ad esempio, nell'omicidio il soggetto passivo è l'ucciso, che è anche soggetto passivo della condotta). n Osserv: In relazione al soggetto attivo del reato rileva la distinzione tra reati comuni e reati propri: men- tre per reato comune si intende quel reato che può essere commesso da chiunque, il reato cd. proprio può essere commesso soltanto da colui che riveste una determinata qualifica 0 abbia uno status precisato dalla norma o possieda, infine, un requisito necessario per la commissione dell'i- lecito. Inoltre, nell'ambito del reato proprio si suole ulteriormente distinguere tra reati propri esclu- sivi, per la cui esistenza è sempre richiesta la specifica qualifica soggettiva del reo, e reati propri non esclusivi che, in mancanza della qualifica del soggetto agente, risultano comunque penal- mente rilevanti e come tali punibili a titolo di reato comune. I 5] L'elemento oggettivo (art. 40) * azione: un movimento del corpo ido- » Condotta: ilcomportamen- neo ad offendere il bene o l'interesse to umano che costituisce protetto dalla norma reato può consistere in ® omissione: il mancato compimento di una azione che il soggetto aveva il dovere di compiere Struttura ® evento materiale: l’effetto naturale del- la condotta umana (ades. la distruzione » Evento: pudessere inteso | dÎun oggetto nel danneggiamento) in due modi ® evento giuridico: offesa o messa in pericolo dell'interesse tutelato dalla norma 31 * norme che contrapponendo l'evento alla condotta o indicandolo « come con- seguenza» dell'azione o della omissio- Il codice pare alludere ad ne sembrano riferirsi ad un evento na- entrambe le accezioni, turalisticamente inteso infatti esistono: * norme che delineano il concetto di dolo e colpa e di reato impossibile le Struttura quali non possono riferirsi all'evento naturale, in quanto sarebbero esclusi da tali concetti i reati di pura condotta »_Nesso di causalità: il fatto dannoso o pericoloso da cui dipende l'esi- stenza del reato deve essere conseguenza dell’azione o della omissio- ne del soggetto attivo IMSA 11 rapporto di causalità (art. 40) Per aversi la tipicità del fatto occorre un terzo elemento rappresentato dal nesso causale tra la condotta posta in essere e la conseguenza da essa determinata. In sostanza il nesso di causalità sussiste quando è possibile attribuire un determinato evento offensivo ad una determinata condotta (FIORE). L'esigenza del nesso di causalità tra condotta ed evento è sancita dal legislatore in via generale nell'art. 40 c.p., per cui «nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione». Il legislatore, peraltro, non ha fomito indicazioni utili all'interprete nella ricostru- zione della nozione stessa di causalità e nella definizione del criterio di accertamento del nesso cau- sale, dal momento che, con l’art. 40 c.p., si è soltanto limitato a pretendere l'esistenza nel fatto storico di un rapporto causale che riconduca l'evento lesivo alla condotta del reo, quale condizione necessa- ria perché possa dirsi integrata una fattispecie di reato. L'esigenza di individuare una regola idonea a consentire il concreto accertamento del nesso cau- sale ha introdotto la dottrina ad elaborare diverse teorie, di seguito sinteticamente esposte. » della condicio sine qua non: è causa ogni condizione dell'evento, ‘cioè ogni antecedente senza il quale l’evento non si sarebbe verificato » della causalità adeguata: è causa ogni condizione dell'evento ade- guata, secondo lid quod plerumque accidit, a produrlo » della causalità umana: possono imputarsi all'uomo solo gli effetti del- la sua condotta dominabili in virtù dei suoi poteri conoscitivi e volitivi, Teoria quindi è causa ogni condotta che costituisce una condizione dell’even- to alla cui produzione non devono concorrere elementi eccezionali cioè non prevedibili dall’agente al momento della condotta » della sussunzione sotto legi itifiche:l'esame del nesso di cau- salità deve effettuarsi in due fasi separate, nella prima va accertato se una condotta, in base ad una legge scientifica, può essere causa di un evento; nella seconda fase occorre verificare, in forza della accertata legge di copertura, se nelcaso concreto questo rapporto causale assu- ma rilievo peril diritto penale »_ leggi universali: leggi scientifiche che consentono di affermare che al verificarsi di un evento si accompagna sempre il verificarsi di un altro evento Le leggi di copertura possono distinguersi in: | leggi statistiche: leggi scientifiche che consentono di affermare che al verificarsi di un evento consegue, con un alto grado di probabilità il verificarsi di un altro evento. 32 Di recente, dottrina e giurisprudenza hanno ripreso la teoria condizionalistica, apportandovi però alcuni correttivi. È stato, infatti, individuato quale criterio di accertamento del nesso causale tra condotta ed evento quello della sussunzione sotto leggi scientifiche di copertura (universali o statistiche), in omaggio ai principi di legalità e di tassatività. L'esame relativo alla esistenza del nesso, quindi, oggi viene effettuato in due fasi nella prima, si accerta se una condotta possa essere causa di un evento sulla base di una legge scientifica (giudizio cd. di probabilità-statistica); nella seconda si accerta se nel caso concreto questo rapporto causale assuma rilievo periil diritto penale, alla luce della legge scientifica di copertura preventivamente accer- tata (giudizio cd. di probabilità-logica). Sulla scorta di tali considerazioni, ne deriva che è causa di un evento penalmente rilevante il fatto umano che, valutato alla stregua di leggi scientifiche di copertura, risulti capace di pro- durre l'evento stesso che, senza di esso, non si sarebbe verificato. rl Differenze Di recente la giurisprudenza, in occasione di pronunce relative alla responsabilità medica per reati commissivi mediante omissione, quali omicidio e lesioni colpose, ha precisato ulteriormente l'ope- ratività edi limiti del modello della sussunzione del nesso causale sotto leggi scientifiche. In ordine infatti al rilievo attribuito alle leggi statistiche, dal 2002 l'orientamento consolidatosi in giurispru- denza è stato nel senso di non consentire soltanto di dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la sussistenza o meno del nesso causale (probabilità statistico-astratta), bensì di verificarne sempre la validità dello stesso nel caso concreto (proba- bilità logico-concreta), sulla base delle circostanze di fatto esistenti (Cass., S.U., n. 30328/2002). Le leggi statistiche, allora, sembrerebbero rappresentare solo uno degli elementi che il giudice deve tener conto ai fini dell'accertamento del nesso causale, dovendo a ciò aggiungersi la neces- saria nonché contestuale valutazione di tutte le altre circostanze del caso concreto. In definitiva, partendo dalle leggi scientifiche, e statistiche in particolare, occorre che il giudice, esaminando tutte le circostanze di fatto disponibili, accerti l'adattabilità delle leggi medesime al caso concreto. Negli anni cinquanta, un'azienda farmaceutica tedesca miseiin vendita un farmaco, in Italia conosciuto con il nome di talidomide, che, dopo alcuni anni, fu ritirato dal commercio in quanto venne riscontrato che le donne che lo avevano assunto in stato di gravidanza avevano partorito dei bambini malformati. Seppur all'epoca non fosse conosciuta scientificamente una ragione per cui l'assunzione del farmaco provocava malformazioni al feto, la giurisprudenza in più di un'occasione ebbe modo di ritenere sussi- stenteilnesso causale sulla base di alcunidati statistici, quali il fatto che lamaggioranza delle donne che aveva assunto Îl farmaco aveva partorito bambini malformati, e, inoltre, che le malformazioni si erano verificate nelle aree di vendita del prodotto ed erano scomparse conilritiro del medesimo dal mercato. Le concause (art. 41) L'articolo 41 disciplina la ipotesi del concorso delle cause esterne all'operato dell'agente e alla produzione dell'evento. Esso stabilisce che «il concorso di cause preesistenti o simultanee 0 sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione e l'evento. Le cause sopravvenute escludono il nesso di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento». Il primo comma dell'articolo, che non pone particolari problemi interpretativi, costituisce espressa affermazione del principio della equivalenza delle condizioni: si ritiene, infatti, che l'incidenza causale di ciascuna causa concorrente non venga meno per il fatto che una di esse, disgiunta dalle altre, non abbia realizzato l'evento. Il secondo comma ha posto particolari problemi in dottrina soprattutto per il riferimento alle cause «sopravvenute ... da sole sufficienti a determinare l'evento». 33 CLASSIFICAZIONE DEI REATI ME Nozione e caratteri Distinzione in base alla condotta Di ne in base all'evento » Reati d'azione: possono essere commessi solo me- diante una azione essere commessi solo tra- mite una omissione cioè tramite un comportamento umano negativo * di offesa: quando si concreta in un movimento del corpo idoneo ad offen- dere uno specifico interesse protetto dalla norma o sentito dalla collettività * di ostacolo o di mero scopo: quan- do si concreta un movimento del cor- po idoneo ad offendere l'interesse sta- tuale a che una determinata situazio- ne di pericolo non si verifichi * propri: è sufficiente la semplice omis- sione di una azione dovuta (ad es. omissione di atti di ufficio) * impropri: è necessario che l'omissio- ne cagioni un evento materiale » Reatimisti: che possono consistere sia in una azione sia in una omissione » Reati condotta: sono i reati che si perfezionano con il semplice ‘compimento di una azione o omissione » Reatidi evento: per la cui perfezione la legge richie- de che l'azione l'omissio- ne produca un determina- to evento esteriore * causali puri o a forma libera: sono i reati per la cui commissione la legge ri- chiede solo la produzione di un evento prescindendo dal modo in cui questo è cagionato (ad es. commette omicidio chiunque cagiona la morte di un uomo) * a forma vincolata: sono reati di cui la legge descrive precisamente l'attività richiesta per la determinazione del- l'evento (per es. percommettere il rea- todi truffa è necessario indurre taluno in errore con artifizi o raggiri) » Reati di danno: che determinano la lesione o la distruzione del bene giuridico protetto (ad es. omi » Reati di pericolo: consi- stono nella semplice mes- sa in pericolo del bene tu- telato. La lesione del bene è quindi solo potenziale icidio) *. concreto: sono quei reati in cui il pe- ricolo è un elemento concreto della fattispecie; il giudice deve quindi ac- certarne l'esistenza in concreto. * presunto: sono quei reati in cui il le- gislatore incrimina una condotta pre- sumendone (iuris et de iure) la peri colosità; la sussitenza del pericolo in concreto non è quindi necessaria per l'esistenza del reato 37 »_ Reati comuni: sono reati che possono essere commessi da qualsiasi persona * «esclusivi»: sono quei reati che pos- sono essere commessi solo ed esclu- sivamente da una persona avente una determinata qualifica. » Reati propri: sono reati La stessa condotta, se posta in essere Distinzione în base che possono essere com- da un soggetto non avente quella de- al soggetto attivo messi solo da persone che terminata qualifica, è penalmente ini rivestono particolari quali- levante (ad esempio solo un testimone fiche giuridiche (pubblico può commettere falsa testimonianza) ufficiale, imprenditore) 0_| e «non esclusi ;ono quei reati co- particolari qualità naturali- stituiti da fatti che, senza la qualifica stiche (gestante) soggettiva, rappresenterebbero un di- verso reato più o meno grave, ovvero un illecito extrapenale o comunque offensivo di altrui interessi » Reati semplici o unisussistenti: reati che consistono in una sola azione ‘od omissione » Reali abituali: reati chesi | ® propri: le condotte reiterate, prese in perfezionano con la reite- considerazione isolatamente, non co- razione nel tempo di più stituiscono reato condotte identiche edomo- | ® impropri: le singole condotte già di Distinzione in base genee per sé costituiscono reato alla durata nel tempo »_ Reati permanenti: reati che danno luogo ad una situazione dannosa o pericolosa che si protrae nel tempo a causa del perdurare della con- dotta dell'agente (ad es. sequestro di persona). Sono ipotizzabili solo in relazione a quei beni che è possibile compri- mere (ad es. libertà individuale) »_ Reati istantanei: la realizzazione del fatto tipico integra ed esaurisce l'offe- sa, in quanto la lesione del bene protetto non può persistere nel tempo » Reati monoffensi reati che offendono un solo bene giuridico Distinzione in base all'oggetto giuridico » Reati plurioffensi reati che offendono più beni giuridici » Reati a soggetto passivo determinato: reati il cui interesse offeso appartiene a soggetti ben individuabi Distinzione in relazione al soggetto passivo » Reati a soggetto passivo indeterminato o reati vaghi o vagani reati il cui interesse offeso appartiene ad una collettività indeterminata e che pertanto offendono un numero indeterminato di individui 38 Le posizioni protezione: hanno lo scopo di preservare determinati beni o interessidatuttii pericoli che possono minacciame l'integrità, qualsiasi sia la fonte da cui derivano Ad esempio rivestono una posizione di protezione: * i genitori nei confronti dei figli minori * i dipendenti della Amministrazione penitenziaria nei confronti della vita e incolumità personale dei detenuti »_ Posizioni di controllo:hanno lo scopo di neutralizzare determinate fonti di pericolo per garantire tutti ibeni e interessi che possono esseme minacciati IS Le singole posizioni di garanzia Gli obi di protezione possono nascere: Condizioni Le posizioni di controllo possono nascere: Condizioni » daun rapporto di famiglia » dauna stretta relazione comunitaria » dalla assunzione volontaria o consensuale, espressa o tacita di un tale obbligo » intervento in qualità di parte contraente dello stesso titolare del bene protetto o di un garante a titolo originario (es. il genitore che in quanto tale ha l'obbligo di protezione dei beni dei figli minori) »_ assunzione in concreto dei beni da proteggere, non essendo sufficien- te che il soggetto si sia obbligato in astratto: così ad es., la persona che si era impegnata ad accudire ed assistere un malato facendogli da infermiere, risponde della sua morte solo se effettivamente ha iniziato a svolgere tale sua attività ma non anche se, dopo essersi obbligato, non si è poi mai presentato per assolvere ai suoi compiti » creazione di una situazione di effettivo affidamento al garante del bene da proteggere, indipendentemente da eventuali invalidità del contratto ai sensi delle norme civilistiche » da un potere di disposizione o di organizzazione relativamente a cose o situazioni potenzialmente pericolose che si verifichino nella sfera di signoria » da un rapporto di educazione, istruzione, cura, custodia » da una assunzione volontaria o consensuale » iltitolare del bene tutelato deve trovarsi nella impossibilità di protegge- re il bene stesso » il garante deve avere sotto controllo la fonte da cui possa aver origine la situazione di pericolo per il bene da tutelare Il rapporto di causalità nei reati omissivi impropri Nei reati omissivi impropri non è possibile riscontrare un rapporto di causalità simile a quello esistente nei reati commissivi, in quanto si deve valutare se e in che modo l’azione dovuta, qualora fosse stata compiuta, avrebbe modificato il corso degli avvenimenti impedendo il verificarsi dell'evento lesivo. 41 Oggi prevale la concezione c.d. normativa, che afferma la diversità strutturale tra la causalità commissiva e la causalità omissiva, dal momento che quest'ultima è naturalisticamente priva di ogni efficacia causale e soltanto la legge, ex art. 40 co.Il c.p., interviene ad equiparare il non impedire l'evento al cagionarlo. La causalità omissiva viene definita anche causalità ipotetica, in quanto il suo accerta- mento si fonda su un giudizio ipotetico o prognostico, con il quale si verifica se, qualora fosse stata tenuta l’azione doverosa, l'evento si sarebbe realizzato ugualmente 0 meno; si esige, dunque, che l’azione doverosa, supposta come realizzata, avrebbe impedito l'evento con una probabilità vicino alla certezza. Secondo la dottrina maggioritaria, per evidenziare il collegamento tra condotta omissiva ed evento occorre formulare un giudizio prognostico o ipotetico, attraverso una valutazione circa il venire meno dell'evento lesivo qualora fosse stata realizzata l’azione doverosa omessa. Più precisamente l'omissione sarà causa dell'evento quando non potrà essere mentalmente sosti- tuita dall'azione doverosa, senza che l'evento venga meno. Trattandosi di un giudizio ipotetico la formula della condicio sine qua non non potrà fornire certezze. In sostanza, nei reati omissivi impropri il nesso di causalità finisce con il configurarsi come una struttura probal rl Osserv: La Corte di Cassazione più volte si è pronunciata in merito alla posizione di garanzia ricoperta dal datore di lavoro, sanzionando così la sua condotta omissiva a fronte di infortuni occorsi ai dipen- denti sui luoghi di lavoro. La posizione di garanzia del datore, infatti, rinviene la propria ratio nell'art. 2087 c.c. (che impone al datore, per l'appunto, di preservare la salute fisica e l'integrità morale dei lavoratori), la cui violazio- ne non solo genera inadempimento contrattuale, ma può altresì comportare l'addebito penalmente rilevante. Dall’art. 2087 c.c., infatti, si evince che il datore di lavoro è garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei propri dipendenti, cosicché, qualora non ottemperi agli obblighi di tutela, per il principio dell'equivalenza causale tra condotta attiva ed omissione non impeditiva, può essere chiamato a rispondere penalmente delle conseguen- ze della propria condotta allorché, beninteso, venga accertato il nesso di causalità omissiva rispetto all'evento lesivo della salute del lavoratore. Nel 2006 la Suprema Corte ha affermato la responsabilità a titolo di omicidio colposo di un datore di lavoro per la morte di un suo dipendente, osservando che il medesimo ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici e del fatto che il lavoratore possa prestare la propria opera in condizioni di sicurezza, vigilando affinché le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l'opera (Cass. n. 2286/2006). Il datore di lavoro, dunque, deve sempre attivarsi positivamente per organizzare l’attività lavorativa in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecni- che ed organizzative per ridurre al minimo ii rischi connessi all’attività lavorativa. Ancor più di recente la Suprema Corte è intervenuta sullo stesso tema, giungendo ad affermare che, in base alla circostanza per cui le norme di prevenzione antinfortunistica sono destinate alla tutela del lavoratore anche a fronte di incidenti che possano derivare da sua negligenza, impruden- za ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri di eccezionalità, del- l'abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizza tive ricevute, che sia del tutto imprevedibile ed opinabile. In ogni caso, nell'ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque alla mancanza o insufficienza delle cautele che, se adottate, avrebbero neutralizzato proprio il rischio di siffatto comportamento (Cass. n. 16422/2007). In materia di infortuni sul lavoro, infatti, il d.lgs. n. 626/94, il cui contenuto è poi confluito nel D. lgs. n. 81/2008, se da un lato prevede anche un obbligo di diligenza del lavoratore, non esime il datore di lavoro e le altre figure ivi istituzionalizzate e, in mancanza, il soggetto preposto alla responsabilità ed al controllo della fase lavorativa specifica, dall'obbligo di sicurezza nei confronti dei subordinati. Si 42 tratta, oltre che di un generico dovere di formazione ed informazione, anche di forme di controllo idonee a prevenire i rischi dell'attività lavorativa che tali soggetti devono adoperare al fine di prevenire i rischi. Anche in tema di responsabilità omissiva per morte o lesioni cagionate dall'esposizione a polveri di amianto la giurisprudenza di legittimità ha affermato che in tali ipotesi deve essere accertato che il comportamento doveroso, esclusa ovviamente l'interferenza di decorsi causali atipici, avrebbe, con elevato grado di credibilità razionale, impedito il verificarsi dell'evento. Più volte la giurisprudenza si è occupata di casi di morte di lavoratori a seguito di lunghi contatti con ‘amianto avvenuti anche alcune decine di anni prima, tentando dunque di risolvere alcuni problemi peculiari, primo tra tutti, dunque, quello dell'accertamento della responsabilità dell'amministratore anche nel caso in cui il lavoratore risulti incautamente e scorrettamente sottoposto all'esposizione ‘ad amianto in azienda per un periodo ben più lungo di quello durante il quale l’indagato o imputato ha amministrato l'impresa omettendo di adottare le doverose cautele. La Cassazione è così intervenuta con riferimento a casi di morte di lavoratori affetti da mesotelioma pleurico e peritoneale, a causa dell'incontrollata esposizione ad inalazione a polveri di amianto: nel caso di specie, riguardante omicidio colposo consistito in un mesotelioma occorso a lavoratori esposto ad amianto, sussiste il nesso causale tra condotta dei responsabili aziendali succedutisi in tutto il periodo di esposizione del lavoratore e malattia, qualora l'omesso controllo delle polveri di ‘amianto nei periodi ad essi ascrivibili abbia anticipato significativamente quell’esito, quando, cioè, senza la condotta considerata, quello stesso esito si sarebbe verificato in un momento apprezza- bilmente successivo 0 con una intensità lesiva inferiore, sicché occorre valutare se l'inalazione prolungata, benché non necessaria per l'induzione, abbia abbreviato i tempi concludendosi con la morte del lavoratore (Cass. n. 22165/2008). Il principio affermato nella sentenza è quello secondo cui la causalità, sia essa commissiva, sia essa omissiva, va riconosciuta non solo al verificarsi dell'evento prodottosi, ma anche in relazione alla natura e ai tempi dell'offesa. Il rapporto causale, dunque, deve riconoscersi non solo nei casi in cui sia provato che l'intervento doveroso omesso avrebbe evitato il prodursi dell'evento effettivamente verificatosi, 0 ne avrebbe causa- to unodi intensità lesiva inferiore, ma anche nei casi in cui sia provato che l'evento si sarebbe verificato in tempi significativamente più lontani, ovvero ancora quando sia ricollegabile alla condotta colposa omissiva o commissiva un'accelerazione dei tempi di latenza di una malattia provocata da altra causa. I sl L'elemento psicologico nei reati omissivi impropri Il dolo deve comprendere la conoscenza dell'obbligo giuridico extrapenale di impedire l'evento tipico; non deve invece rientrare nella coscienza e volontà dell'obbligo giuridico penale di impedire; tale conoscenza infatti sarebbe equivalente alla consapevolezza del divieto di cagionare, sotteso alla fattispecie commissiva base. In proposito, è opportuno distinguere: » riguardante la consapevolezza di rivestire una posizione di garanzia si converte in errore sul fatto; quindi, ha efficacia scusante ex art. 47 c.p. Errore » riguardante l'esistenza dell'obbligo di garanzia si converte in errore sulla legge penale; ha quindi efficacia scusante ex art. 5 c.p.solo se si tratta di ignoranza inevitabile Quanto alla colpa, si ritiene che, pur se contenutisticamente il dovere di diligenza coincide con l'obbligo di impedire l'evento (dovendo il garante, per impedire il verificarsi dell'evento exart. 40, com- ma 2, c.p., tenere il comportamento che gli viene imposto dalle regole cautelari da osservare nel caso concreto), «concettualmente le due entità devono essere tenute distinte onde poter valutare meglio, di volta in volta, la loro portata» (FIANDACA-MUSCO). Si è, inoltre, precisato che «l'obbligo di diligenza deve basarsi sulla posizione di garanzia dell'omittente, che la misura della diligenza imposta non può oltrepassare quella cui egli è obbligato come garante» (FIANDACA-MUSCO). Oggetto (fatto tipico o costitutivo di reato) » l'evento naturalistico, che deve essere preveduto e voluto. »_ l'evento giuridico, cioè la lesione 0 messa in pericolo del bene-interes- se protetto » il nesso di causalità fra la condotta e l'evento Non rientrano, invece, nell'oggetto del dolo, perché non sono elementi essenziali del fatto: le circo- stanze; le condizioni obiettive di punibilità. Le forme e l'intensità del dolo Le forme del dolo » generico: è sufficiente che sia voluto il fatto descritto dalla norma incri- minatrice, senza indagare sul fine perseguito dall’agente » specifico: è necessario che l'agente agisca per raggiungere un deter- minato fine che non rileva per l'esistenza del reato » didanno: l'agente ha voluto effettivamente ledere il bene protetto dalla norma » di pericolo: l'agente ha voluto solo minacciare il bene protetto dalla norma » d : la decisione di commettere un reato sorge improvvisa e vie- ne immediatamente eseguita senza intervallo tra il momento conosci- tivo e quello volitivo » di proposito: tra il sorgere del proposito criminoso e la sua attuazione trascorre un lasso di tempo. Ricorre l'aggravante della premeditazione se, durante il lasso di tem- po, l'agente preordina le modalità dell’azione e i mezzi al fine di assicu- rarsi il successo del piano delittuoso » intenzionale o diretto: si ha quando la volontà ha avuto direttamente di mira l'evento tipico. Taluni distinguono le ipotesi di dolo intenzionale da quello di dolo diretto, ritenendo configurabile il primo quando l'evento co- stituisce il fine in vista del quale il soggetto agisce o lo strumento necessa- rio a conseguire il fine ultimo, edil secondo quando l'evento costituisce la conseguenza accessoria necessariamente connessa al fatto principale »_ indiretto oeventuale: si haquandol'agente, ponendoin essere una condot- ta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce ugual- mente, accettandoil rischio dicagionarle (ad es.se siincendia un negozio per lucrare sull’assicurazione, l'eventualemorte di una persona occasionalmen- te presente, è imputabile a titolo di omicidio con dolo eventuale). Non può invece parlarsi di dolo eventuale o indiretto nel caso in cui il soggetto, pur essendosi rappresentato l'evento, abbia agito con la si- cura convinzione che il medesimo non si sarebbe verificato. Infatti, se si accerta che l'agente, qualora avesse previsto l'evento come conse- guenza certa della sua condotta, si sarebbe astenuto dall’agire, si con- figura la cd. colpa con previsione 0 colpa cosciente » iniziale: si riscontra solo nel momento della condotta. » concomitante: accompagna lo svolgimento del processo causale da cui deriva l'evento » successivo: si manifesta dopo il compimento della condotta 46 rl Differenze Dal dolo occorre tener nettamente distinto il movente del reato: il movente, infatti, altro non è che il motivo per cui il soggetto compie il fatto costituente reato e, generalmente, tale motivo è irrilevan- te (salvo per la valutazione delle circostanze) rl Osservazioni Il dolo c.d. alternativo costituisce un'ulteriore forma di manifestazione del dolo che ricorre allorché il soggetto attivo prevede e vuole alternativamente, con scelta sostanzialmente equi- pollente, l'uno o l’altro degli eventi ricollegabili alla sua condotta (ad es. la morte o il grave ferimento della vittima). Gli aspetti idonei a qualificare il dolo alternativo sono essenzialmen- te due: da un lato, l'ontologica incompatibilità degli obiettivi verso cui è diretta la condotta antidoverosa del reo e, dall'altro, l'assoluta pariteticità di essi nella prospettiva volontaristica del reo. Dottrina e giurisprudenza a lungo hanno discusso in merito alla possibilità di ricondurre il dolo altemativo nelle forme del dolo diretto 0 del dolo eventuale. In un primo tempo, il dolo alternativo è stato considerato una species del più ampio genus di dolo eventuale, in quanto anche in questo caso il soggetto agisce per uno scopo diverso rispetto ad eventi che lui stesso si rappresenta astrattamente ed indifferentemente come probabili, accettan- done così il rischio del loro verificarsi. Nel dolo eventuale sarebbe unico l'elemento di riferimento di accettazione del rischio, mentre nel dolo alternativo sarebbe plurimo. In giurisprudenza, oggi, invece, domina quell’orientamento che configura il dolo alternativo quale componente appartenente al genus del dolo diretto; il dolo alternativo infatti è inteso quale mani- festazione di una volontà diretta e non eventuale in quanto il reo si rappresenta e vuole indifferen- temente e alternativamente sia l'uno che l'altro degli eventi che siano casualmente riconducibili alla condotta coscientemente posta in essere. Gli eventi si equivalgono e l'agente risponde per quello effettivamente realizzato. In giurisprudenza si è assistito ad un apprezzabile dibattito circa la precisa individuazione dell'elemento soggettivo doloso per le ipotesi di lancio di sassi dal cavalcavia. Sul punto, si è affermato che tale condotta, seppur non diretta a colpire i singoli veicoli in transito, integra di per sé un'azione «idonea a creare il concreto pericolo di incidenti stradali, anche mortali, al cui verificarsi, sotto il profilo soggettivo, deve intendersi diretta la volontà dell'agente (Cass., 11 febbraio 2005, n. 5436)». Peraltro, la Corte ha precisato che l'atteggiamento di indifferenza verso la vita delle persone che transitano al momento del lancio dei sassi, lungi dal configurare un'ipotesi di dolo eventuale, rappresenta un caso di dolo diretto, nella forma di dolo alternativo, che ricorre quando l'agente si rappresenta e vuole indifferentemente che si verifichi l'uno o l’altro degli eventi casualmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, cosicché lo stesso risponde per quello effettivamente realizzato (cfr. Cass., n. 16976/2003). Il dolo può avere una diversa intensità: l'aumentare di questa determina una maggiore gravità del reato e, consequenzialmente, della commisurazione della pena (art. 133 c.p.). L'intensità del dolo muta con il mutare del grado di partecipazione della coscienza e volontà al reato. 47 In particolare: MZ] La colpa Nozione Fondamento Elementi costitutivi Tipologia » » la volontà è più intensa nel dolo intenzionale che in quello indiretto in quanto nel primo il risultato è direttamente preso di mira dal soggetto, mentre nel secondo è solo accettato come conseguenza eventuale della sua azione quanto alla coscienza l'intensità del dolo aumenta con l'aumentare della durata e del contrasto dei motivi che hanno portato alla risoluzio- ne criminosa. Il dolo quindi, è più intenso nella premeditazione meno nel dolo di impeto la consapevolezza della antigiuridicità del fatto rende il dolo più inten- so rispetto ad un fatto commesso in assenza di tale consapevolezza è la forma meno grave di volontà colpevole, caratterizzata dalla man- canza della volontà del soggetto di cagionare l'evento, che si verifica a causa di negligenza, imperizia, imprudenza o per inosservanza di leg- gi, regolamenti, ordini, o discipline ilfondamento politico-criminale della colpa è ravvisato in quella spe- cifica esigenza di conferire una tutela rafforzata a taluni beni giuridici considerati dall'ordinamento medesimo di particolare rilievo; in tal modo, infatti, il legislatore penale contrassegna con una nota di disvalore pi nalmente rilevante le condotte caratterizzate da un atteggiamento di trascuratezza per i beni in questione Mancanza di volontà del fatto — leggi . — regolamenti ® Scritte: - ordini Inosservanza delle regole - discipline di condotta preventive — diligenza * Nonscritte: |- prudenza — perizia Attribuibilità dell’inosservanza all’agente impropria: ricorre in casi |® eccesso colposo nelle cause di giu- eccezionali in cui l'evento è stificazione; Voluto ma l'agente rispon- | è errata supposizione di una causa di de di reato colposo e in par- giustificazione; ticolare in caso di: . * errore determinato da colpa. propria: è la forma normale di colpa e ricorre in tutti i casi in cui l'even- to non è voluto dall'agente 48 aberratio delicti aberratio ictus plurioffensiva concorso nel reato proprio variante individuale al piano comune nel concorso di persone nel reato (cd. concorso anomalo) » delitti aggravati dall'evento » Quiinre illicita versatur etiam tenetur pro casu. Giustificazioni politico-criminali » Esigenza di prevenzione generale. » Esigenza di evitare complessi accertamenti probatori. na] Osserv: La dottrina moderna contesta la legittimità costituzionale delle ipotesi di responsabilità oggetti- va presenti nel codice penale, definendoli incisivamente come “fossili del passato’. In particolare la dottrina rileva l'evidente contrasto tra le ipotesi di responsabilità oggettiva con il principio di personalità della responsabilità penale previsto dall'art.27 Cost. che non si limita solo ad imporre che nessuno venga punito per un fatto commesso da altri, ma prevede anche che nessuno venga punito per un fatto non colpevole, cioè a lui non attribuibile almeno a titolo di colpa. La responsabilità oggettiva contrasta anche con il principio costituzionale della funzione rieducati- va della pena (art. 27, 3° co. Cost.): non avrebbe, infatti, senso irrogare una sanzione penale ad un soggetto cui non può essere mosso alcun rimprovero neppure di semplice leggerezza. La Corte Costituzionale in una celebre sentenza (n. 364/88) ha accolto le considerazioni della dottrina stabilendo che “i fatto imputato perché sia legittimamente punibile, deve necessariamente includere almeno la colpa dell'agente in relazione agli elementi più significativi della fattispecie tipica’. La giurisprudenza, seguendo i dettami della Corte Costituzionale è intervenuta sulle singole ipotesi di responsabilità oggettiva cercando di adattarle; la dottrina ne auspica, invece, una rapida esclu- sione dal codice penale. Ra) Differenze Circai rapporti fra responsabilità oggettiva e colposa, in dottrina si precisa che la differenza consi ste nell'essere quest'ultima riferita ad un’area comportamentale di rischio consentito, mentre la re- sponsabilità oggettiva sarebbe connessa ad un rischio non consentito. Per converso, lesività del fatto, prevedibilità concreta ed evitabilità dell'evento sono uguali nell'una e nell'altra forma di responsabilità. [ Osservazioni Con l’espressione «reati aggravati (o qualificati) dall'evento» si ha riguardo alle fattispecie per le quali si prevede un aumento di pena allorché si verifichi un evento ulteriore, che viene posto a carico del soggetto senza alcun accertamento sul suo atteggiamento doloso 0 colposo, ma sulla base del solo rapporto di causalità tra condotta ed evento stesso. Questa categoria di reati si fonda anch'essa sul principio del versari in re illecita, cosicché è stata tradizionalmente inserita tra le ipotesi più significative di responsabilità oggettiva. Nell'ambito di tale categoria è possibile però individuare tre tipologie di reati: i reati in cui l'evento più grave deve essere non voluto, pena l'integrazione di una fattispecie diversa, i reati in cui è indifferente che l'ulteriore evento sia voluto 0 meno, in quanto è comunque accollato al soggetto, ed 51 i reati in cui l'evento è necessariamente voluto rappresentando esso la realizzazione dello scopo costitutivo del dolo specifico del reato base. Sono molteplici le figure tipiche di reati aggravati dall'evento previste dal legislatore. Si pensi al delitto di rissa, exart. 588 c.p., in cui la pena base, prevista per la mera partecipazione alla rissa, è aggravata se si verificano gli eventi di lesione o morte. Rileva, altresì, il reato di omissione di soccorso, ex art. 593, co. III, c.p., laddove il verificarsi della morte di colui che è vittima dell'omissione di soccorso aggrava la pena prevista per il reato perché al pericolo per l'incolumità individuale, prodotto per opera della condotta omissiva, si aggiunge il danno rappresentato dall'evento morte. Da ultimo, la morte nel reato di maltrattamenti in famiglia, ex art. 572 co. Il c.p., se non è voluta, determina un aggravamento del trattamento sanzionatorio; se è voluta trasforma il reato in omicidio. | el La preterintenzione » il delitto è preterintenzionale o oltre l'intenzione quando dall'azione o dalla omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di Nozione € quello voluto dall'agente. »_ Volontà di un evento minore (dolo). Elementi »_ Non volontà di un evento più grave, che va quindi “oltre l'intenzione”. » Dolo misto a responsabilità oggettiva: non è richiesto che l'evento più grave sia dovuto a negligenza, imprudenza o imperizia. Natura » Dolo misto a colpa: la colpa è talvolta individuata nella violazione della stessa legge penale. [ Osserv: Si discute in dottrina se la preterintenzione sia: 1) un dolo misto a colpa (dolo per l'evento minore voluto e colpa per l'evento più grave: cfr. Cass. 8-6-06, n. 19611); 2) un dolo misto a responsabilità oggettiva (dolo per l'evento voluto e responsabilità oggettiva per quello non voluto: cfr. Cass. 14-4-06, n. 13673). La scelta tra le due teorie non è priva di conseguenze pratiche: infatti, mentre secondo la teoria del dolo misto a responsabilità oggettiva l'agente risponde di tuttigli eventi ulteriori, peril solo fatto che questi sono conseguenza della sua condotta, secondo la teoria del dolo misto a colpa l'agente risponde soltanto di quei risultati ulteriori, che sono prevedibili ed evitabili La giurisprudenza dominante aderisce alla tesi del dolo misto a colpa, ritenendo che, in tal modo, la preterintenzione rientra a pieno titolo nel principio di personalità della responsabilità penale. Una recentissima teoria ha opposto un'attenta critica alle tesi della complessità dell'elemento sogget- tivo della preterintenzione. Sembra infatti possibile ammettere che il rischio dell'evento più grave venga assorbito nel danno o pericolo di danno che si arreca alla vittima con la condotta base, così che in tal modo non rivelerebbe la possibile violazione dei parametri di prudenza, diligenza e perizia. A sostegno della tesi dell'unicità dell'elemento della preterintenzione si è osservato che in tema di omicidio preterintenzionale, ex art. 584 c.p., la prevedibilità dell'evento morte verrebbe assorbita nell'intenzione di risultato della condotta base. L'elemento soggettivo è allora unico ed è rappresentato dal dolo del delitto sussidiario (percosse o lesioni), in considerazione del carattere omogeneo dell'evento morte rispetto all'evento meno gra- ve del delitto sussidiario; il requisito della prevedibilità è allora irrilevante perché interamente assor- bito nel dolo di quest'ultimo. 52 Nel Codice penale è formalmente tipizzato un solo tipo di delitto preterintenzionale, ovvero l'omii dio preterintenzionale (art. 584 c.p.), a cui poi si è aggiunta la fattispecie dell'aborto preterinten- zionale di cui all'art. 18 della |. 194/1978. L'omicidio preterintenzionale ricorre quando, con azioni dirette a provocare percosse (art. 581 c.p.) o lesioni (art. 582 c.p.), si cagioni, come effetto non voluto, la morte. Il caso in cui l'agente, con atti diretti a percuotere o ferire, cagioni la morte di una persona diversa da quella che intendeva offendere, è stato oggetto di un ampio dibattito che di recente si è concluso a favore della tesi per cui in tal caso ricorre la figura dell’aberratio ictus e l'agente risponde a titolo di omicidio preterintenzionale, dal momento che il reato commesso, nel suo nucleo doloso (le- sioni o percosse), è identico a quello voluto, mutando solo il soggetto passivo. L'addebito a titolo di omicidio preterintenzionale trova ragione nel fatto che, ai sensi dell’art.82 c.p., l'agente risponde a titolo doloso come se avesse compiuto l'atto di percosse o lesioni in danno della persona che voleva offendere e, quindi, ai sensi dell'art. 584 c.p., sarà chiamato a rendere conto della morte derivata dall'atto di violenza (Cass. n. 2146/2000). L’elemento soggettivo nelle contravvenzioni L'art. 42, comma 4, del codice penale disciplina espressamente l'elemento soggettivo nelle con- travvenzioni disponendo che «nelle contravvenzioni ciascuno risponde della sua azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa 0 colposa». In un primo momento, secondo l'interpretazione dominante del comma in questione, si riteneva che per la punibilità delle contravvenzioni fosse sufficiente la coscienza e volontà della condotta, indipendentemente dalla sussistenza del dolo o della colpa. Successivamente la dottrina e la giurisprudenza interpretarono la norma nel senso che questa non stabilisce la irrilevanza del dolo o della colpa ma preveda solo che l'elemento soggettivo nelle contravvenzioni può essere costituito indifferentemente dal dolo o dalla colpa. Mentre nei delitti il dolo rappresenta il criterio tipico e la colpa è l'eccezione, nelle contravvenzioni per la punibilità è sufficiente la sola colpa. In sintesi Va detto che mentre l'elemento psicologico del dolo costituisce il normale criterio di imputazione soggettiva del fatto all'autore, da cui si desume presuntivamente la sussistenza di tale atteggia- mento nel momento della commissione del reato, per la punibilità a titolo di colpa e di preterinten- zione è necessaria una espressa disposizione normativa (art. 42, comma 2). Va inoltre segnalato che la distinzione trova una sua giustificazione con riferimento ai delitti, mentre nelle contravven- zioni si risponde delle proprie azioni o omissioni, coscienti e volontarie, a prescindere dall'atteggia- mento psicologico tenuto dai soggetti (art. 42, ult. comma), salvo i particolari effetti che la legge fa dipendere da tale distinzione (art. 43, ult. comma). 53 In entrambi i casi, allora, si realizza un evento sproporzionato rispetto alla situazione di pericolo, ma mentre nel primo caso l'evento non è voluto, nel secondo è voluto. Rispetto alla seconda ipotesi si è posto il dubbio se possa correttamente parlarsi di delitto colposo, in considerazione del fatto che se l'evento è voluto, il fatto sarebbe necessariamente doloso ed il rimprovero a titolo di colpa sarebbe unicamente quoad poenam (PANNAIN). Altra dottrina ha invece ritenuto che, seppur voluto, l'evento cagionato è diretta conseguenza di una falsa rappresentazione della realtà, così che mancherebbe la coscienza e la volontà dell'intero fatto tipico (MATOVANI, FIANDACA-MUSCO). Altri autori individuano in tal caso un'ipotesi di colpa impropria, ritenendo che l'evento voluto derivi da un errore colposo (ANTOLISEI). IM La legittima difesa (art. 52) » non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla Nozione necessità di difendere un diritto proprio o altrui da un pericolo attuale o da una offesa ingiusta (Vim vi repellere licef) » lo Stato ritiene prevalente l'interesse aggredito ingiustamente rispetto Fondamento all'interesse dell'aggressore > Pericolo di offesa * attualità del pericolo determinato da derivante da un’ingiusta | una condotta, sia pure omissiva, che aggressione faccia presumere l'inevitabilità della lesione di un diritto proprio o altrui * aggressione di un diritto soggettivo anche di natura patrimoniale *. ingiustizia dell'aggressione come con- trarietà a precetti del'ordinamento > Difesa * reazione ad uno stato di costrizione derivante dall'inevitabilità | © necessità di difesa per salvare il dirit- del pericolo to aggredito Elementi 1. accertamento in concreto ad opera del giudice (art. 52 | co.c.p.) 2. presunzione di proporzionalità (art.52 Il co. c.p.): ® aggressione in dimora privata o in » Proporzione tra difesa luogo dove si svolge attività pro- e offesa fessionale o commerciale o im- prenditoriale * detenzione legittima dell'arma uti lizzata per difendersi * offesa rivolta congiuntamente a beni personali e patrimoniali. Osservazioni La L. n. 56/2006 ha operato una tipizzazione del rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa al ricorrere di determinate circostanze, in virtù delle quali opera la scriminante della «Iegittima difesa domiciliare». Allorquando, cioè, l'aggressione si realizzi in una dimora privata, 0 nel luogo dove legittimamente si svolge un'attività professionale o commerciale, e chi reagisce si trovi legittima- mente in quei luoghi e detenga legittimamente l'arma che usa per difendersi, il rapporto di propor- 56 zione tra difesa e offesa si presume rispettato. Va precisato, però, che la giurisprudenza ha inter- pretato questa presunzione in termini relativi e ne ha limitato l'operatività solo al caso in cui l'offesa ingiusta sia rivolta a beni patrimoniali unitamente a beni personali, sia pure in via strumentale, come accade ad esempio nella rapina ai sensi dell'art. 628 c.p. in cui la violenza alla persona accompagna ed è strumentale, infatti, alla sottrazione della cosa mobile altrui. Peraltro è stato ribadito che, ai fini del riconoscimento della scriminante in esame, il requisito della necessità della difesa, anche alla luce delle modifiche apportate dal legislatore del 2006, va inteso nel senso che la reazione deve essere, nelle circostanze della vicenda apprezzate «ex ante», l'unica possibile, non sostituibile con altra meno dannosa egualmente idonea alla tutela del diritto. La legittima difesa ricorre ad esempio nel caso in cui un soggetto uccida colui che con un coltello abbia tentato di infliggergli colpi mortali. Lo stato di necessità (art. 54) » non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di evitare a sé, 0 ad altri il pericolo attuale di un danno grave Nozione alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo (Necessitas non habet legem) » consiste nella mancanza di danno sociale nell'azione compiuta e nel bilanciamento di interessi. Poiché uno degli interessi è destinato a soc- Fondamento combere l'ordinamento non esprime alcuna preferenza tra questi pur- ché l'interesse sacrificato sia di rango inferiore, o almeno equivalente, rispetto a quello salvato * Attuale * ldoneo a minac- |. ciare un danno |_ Vita greve all perso. | 'Ngrità fisica » Pericolo SEE grave ican. |- ibettà personale lan” |_ libertà sessuale no arrecato a: Elementi ® Non causato volontariamente dal- l'agente ® Non altrimenti evitabile * Necessaria per salvarsi, cioè il perico- lo non deve essere altrimenti evitabile »_ Azione lesiva . . * Rigorosamente proporzionata al pe- ricolo Proporzione tra pericolo e azione lesiva » nel giudizio di proporzione tra i beni confliggenti, è necessario che il bene minacciato sia prevalente 0 al più equivalente a quello sacrificato Anche l'altrui minaccia di un male ingiusto, il cd. costringimento psichico, può determinare uno stato di necessità; in questo caso del reato eventualmente commesso dalla persona minacciata ri- ‘sponde colui che ha posto in essere la minaccia. 57 domicilio). Lo stato di necessità ricorre allorchè un naufrago per salvarsi respinge in mare un individuo che intende aggrapparsi alla stessa tavola capace di sostenere una sola persona. Ancora, l'art. 54 c.p. opera laddove un soggetto, aggredito da chi intende ucciderlo, si vede costretto a rifugiarsi nell’abi- tazione di un terzo, estraneo ai fatti, realizzando così la condotta di cui all'art. 614 c.p. (violazione di ri Differenze Legittima difesa ‘sonali che patrimoniali. Si reagisce contro colui che aggredisce. Esclude l’antigiuridicità del fatto. ll male minacciato può riguardare sia diritti per- Stato di necessi ll male minacciato deve riguardare solo diritti per-- sonali. Si reagisce contro un terzo estraneo ed incolpe- vole, a tal proposito la dottrina definisce lo stato di necessità come la scriminante amorale. Esclude l’antigiuridicità del fatto ma residua pei l'agente l'onere di versare un equo indennizzo! alla vittima. MMI Consenso dell’avente diritto (art. 50) » non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto con il consenso Nozione della persona che può validamente disporne (Volenti et consentienti non fit iniuria) Fondamento » esistenza di un diritto Elementi » consenso del titolare del di » mancanza dell'interesse a punire da parte dello Stato, in quanto con la rinunzia del titolare viene meno lo stesso interesse da proteggere disponibilità del diritto esclusione dei diritti indisponibili (es. diritto alla vita) * personale (proveniente dal titolare del diritto) * espresso (manifestato in modo ine- quivocabile) * informato (relativamente ad ogni pos- sibile rischio) * specifico (manifestato in maniera chiara in ordine alle precise modali- tà di disposizione del diritto) ® attuale ® non presunto La scriminante si applica solo a quei reati in cui il dissenso o il consenso non sono elementi costitutivi. 58 rappresentanti del titolare — un'attività di educazione o vigilanza. Non spetta, invece, al terzo non titolare che lo eserciti per una situazione di mera contingenza (esempio: nel caso che un terzo schiaf- feggi un minorenne che maltratta una fanciulla indifesa) rispetto alla quale può ipotizzarsi (se ne ricor- rano gli estremi) la legittima difesa o lo stato di necessi Adempimento di un dovere (art. 51) Nozi »_ non è punibile chi ha commesso il fatto per adempiere un dovere impo- fozione sto da una norma giuridica o da un ordine della autorità Fondament » principio di non contraddizione, l'ordinamento non può esigere un com- ‘ondamento portamento e allo stesso tempo punirlo » Dovere imposto da una norma giuridica Fonti del dovere » Dovere imposto da un ordine della autorità » Tra colui che dà l'ordine e colui che lo riceve deve esserci un rapporto di supremazia-subordinazione di diritto pubblico *. Sostanzialmente: devono ricorre tutti i presupposti richiesti dalla legge per l'emanazione dell'ordine Presupposti > L'ordine d — deve essere emanato nella ‘ordine deve forma prescritta dalla legge essere legittimo . ° è Formalmente: |- il superiore deve essere com- petente ad emanarlo — l'inferiore deve essere compe- tente ad eseguirlo »_Se l'ordine. illegittimo il reato sussiste e ne risponde il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine Responsabilità ® per errore di fatto abbia ritenuto di » L'esecutore dell'ordine ri- | obbedire ad un ordine legittimo sponde in concorso con chi |, ha dato l'ordine a meno che: per l'ordine illegittimo la legge non gli consenta alcun sin- dacato sulla legittimità dell'atto La giurisprudenza ritiene applicabile al diritto penale comune il limite della manifesta crimino: dell'atto previsto dall'ordinamento militare. A titolo esemplificativo, l'adempimento del dovere ricorre allorchè il testimone rilasci dichiarazioni diffamatorie, in ottemperanza al dovere di dire la verità di cui all'art. 198 c.p.p. L'art. 51 c.p., sub speciedi adempimento del dovere, opera laddove un agente di polizia giudiziaria, conformemente all'ordine contenuto nell'ordinanza di misura cautelare adottata dall'autorità giudi- ziaria, provvede all'arresto dell'indagato. 61 IMMA uso legittimo delle armi (art. 53) Nozione Fondamento Caratteri Condizioni ISO Le scriminati non coi » non è punibile il pubblico ufficiale che al fine di adempiere un dovere del suo ufficio fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di altri mezzi di coazione fisica | » permettere al pubblico ufficiale l'uso delle armi per adempiere i doveri del proprio ufficio » ha natura sussidiaria, è cioè invocabile solo qualora i presupposti della legittima difesa o dello stato di necessità vengano a mancare »_ può essere invocata solo dai pubblici ufficiali che possono portare armi senza licenza (art. 73 del regolamento T.U.L.P.S.) e da tutti i soggetti che su legale richiesta del pubblico ufficiale gli prestino assistenza »_ Il pubblico ufficiale deve essere indotto ad agire al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio » Il pubblico ufficiale deve essere costretto ad usare le armi in situazioni di assoluta necessità; il ricorso alle armi deve essere una extrema ratio »_ Tra l'interesse offeso e quello tutelato dall’adempimento del dovere deve esserci proporzione cate (o tacite) Oltre alle scriminanti previste dagli artt.550-54 esistono altre situazioni di fatto che hanno efficacia scriminante, pur non essendo espressamente previste dalla legge. Il fondamento di tale efficacia viene individuato: — nella interpretazione analogica in bonam partem delle norme sulle scriminanti; — nella combinazione o nell’applicazione delle singole scriminanti codificate. 62 Tipologie » le informazioni commerciali fomite dietro richiesta a più persone il cui contenuto può essere offensivo per la altrui reputazione. Formal- mente ricorrerebbero gli estremi del reato di diffamazione, ma il fatto non è punibile in quanto applicazione dell'esercizio di un diritto: infatti la facoltà di richiedere informazioni commerciali è volta a prevenire i rischi dell'inaffidabilità dei propri partners commerciali e troverebbe implicito rilievo costituzionale nell'art. 41 della Costituzione; » _iltrattamento medico-chirur- gico, attività ontologicamen- te pericolosa per la quale sussiste, nel rispetto delle cd. leges artis, un rischio consentito, in vista dell'ele- vata utilità sociale Problema dell'inquadramen- to tra le scriminanti: » L'attività sportiva violenta, caratterizzata da una carica agonistica particolare e da un contatto fisico che può comportare lesione in dan- no di atleti. Problema dell'inquadramento tra le scriminanti codificate: teoria tradizionale, stato di necessità (art. 54 c.p.); la malattia configura la situazione che abilita il medico ad in- tervenire a prescindere dal consenso del paziente (limite: art. 32 Cost.) teoria giurisprudenziale più recente, consenso dell'avente diritto (art. 50 c.p.): il consenso del paziente com- porta che l'attività medica, qualsiasi esito ne derivi, sia sempre lecita, pur- chè il consenso sia correttamente manifestato (limite: art. 5 c.c.) teoria della dottrina moderna, eserci- zio del diritto adempimento del dove- re (art.51 c.p.):l medico riveste una posizione di garanzia da cui, accanto al diritto di esercitare le attività di uti- lità sanitaria sociale, deriva l'obbligo di cura del paziente, purchè vi sia il suo consenso quale presupposto per l'operatività della scriminante ex art. 51 cp. Itesi, esercizio del diritto (art. 51 c.p. l'atleta esercita un vero e proprio di- ritto a praticare l’attività sportiva se vi è il consenso dell'avversario e il rispet- to delle regole di gioco Iitesi, consenso dell'avente diritto (art. 50 c.p.): purchè il diritto sia disponi le e il consenso sia specifico in ordi- ne alla previsione dei rischi connessi allo sport praticato Ill tesi della dottrina e della giurispru- denza oggi prevalenti: scriminante atipica non codificata avente limiti suoi propri derivanti dalle regole di gioco che consentono il soddisfacimento dell'interesse della collettività a svol- gere l'attività sportiva, con l'assunzio- ne del rischio di lesione dell'integrità fisica altri termini, allora entrambi questi fattori escludono l'elemento soggettivo, ma mentre il caso fortui- to si connota per la sua imprevedibilità, in quanto si ha l'improvviso inserimento nella condotta dell'agente di una circostanza imprevedibile che determina il verificarsi dell'evento, la forza mag- giore si caratterizza per la sua inarrestabilità, l'evento derivando da un fatto naturale o di terzi alla cui azione l'agente non si può sottrarre. IM L'errore (artt. 47, 5) Nozi » falsa conoscenza della realtà; ai fini della legge penale l'ignoranza è fozione equiparata all'errore » sul processo di formazione della volontà che nasce quindi viziata; in tal caso si ha il cd. errore motivo L'errore può incidere: ; inni cai avi » sulla fase di esecuzione cioè sul momento in cui la volontà viene attuata; in tal caso si ha il cd. di errore-inabilità che può determinare il reato aberrante (sul punto, v.Cap. XV) »_ Errore sul divieto: il soggetto vuole e realizza un fatto identico a quello vietato dalla norma penale, credendo per errore che non costituisca reato. Esso è penalmente irrilevante, quindi, non scusa a meno che non sia inevitabile. ® da ignoranza o errata interpretazio- L'errore sul divieto può de- ne della legge penale rivare: ® da ignoranza o errata interpretazio- ne della norma extrapenale ® errore di fatto: mancata o imperfetta percezione di un dato della realtà sen- sibile: il soggetto crede di compiere un fatto diverso da quello vietato dal- la norma penale — sugli elementi po- Errore motivo » Errore sul fatto: l'agente sitivi del fatto ma- crede di realizzare un fatto teriale (la condot- diverso da quello vietato. L'errore ta, l'evento, il nes- Esso esclude il dolo se è scusabile e non dipende da colpa; se l'errore è ine- scusabile l'agente rispon- de atitolo di colpa se il fat- to è previsto dalla legge come delitto colposo * errore sulla legge extrapenale: in- cide su norme diverse da quelle pe- nali da questa richiamate per deter- minare la fattispecie criminosa può cadere: so di causalità) — sugli elementi ne- gativi del fatto, cioè le cause di giusti- ficazione errore sul divieto Può tradursi errore sul fatto * errore su una norma sociale richia- mata dalla legge penale 66 L'errore sul fatto che, ex art. 47 cip., esime dalla punibilità, è quello che cade su un elemento materiale del reato e che si sostanzia o in una difettosa percezione o in una difettosa ricognizione della realtà che così altera il presupposto del processo volitivo indirizzandolo verso una condotta viziata alla base. Se invece la realtà è stata esattamente percepita nel suo concreto essere non v'è errore sul fatto, bensì errore sull'interpretazione tecnica della realtà percepita e sulle norme che la disciplinano, ininfluente ai fini dell’applicazione della citata disposizione. La Cassazione di recente si è espressa in tali termini, escludendo la configurabilità dell'errore di fatto, nel caso della condotta del concorrente di cessione illecita di stupefacenti, al quale era stato affidato in Olanda un borsone dichiaratamente contenente altre sostanze proibite, e cioè steroidi, che, attraverso l'Italia, si sarebbero dovuti trasportare in Grecia (Cass., n. 32329/2010). Classico esempio di errore sul fatto è ravvisabile nel caso in cui il soggetto agente scambi la propria autovettura per un’altra dello stesso modello e colore, tentando di utilizzarla. È evidente che in tal caso il soggetto versa in una condizione di falsa rappresentazione della realtà che cade su una circostanza materiale del fatto tipico; agendo nell’erronea convinzione che l'autovettura sia di sua proprietà, l'agente non si rappresenta di commettere il reato di furto. Ancora, l'errore sul fatto rileva anche nel caso in cui un soggetto che, avendo inviato alcuni mes- saggi telefonici a contenuto pornografico a un minore, agisce nell'erronea convinzione di inviarli ad una persona -maggiorenne- di propria conoscenza, avendo lo stesso sbagliato a memorizzare in rubrica il numero di cellulare del destinatario di tali messaggi (Cass., sent. n. 36225/2005). MS Errore su legge extrapenale . » è l'errore che cade su tutte le norme diverse da quelle incriminatrici da Nozione | queste richiamate > errore sulfatto: ll soggetto vuole un fatto diverso da quello incriminato; l'errore escludendo il dolo ha efficacia scusante Errore su legge extrapenale > errore sul divieto: l'agente vuole un fatto identico a quello incriminato ritenendo, per errore, che il fatto non sia vietato; l'errore non scusa perché non esclude il dolo L'efficacia riconosciuta dal legislatore all'errore su legge extrapenale di escludere l'elemento sog- gettivo del reato, allo stesso modo dell'errore di fatto, ha comportato la formazione di due orienta- menti interpretativi della norma. Da un lato, v'è chi ritiene che con essa si sia voluto introdurre una deroga all'art. 5 c.p., consideran- do eccezionalmente non punibile l'errore che ricada pur sempre sulla legge penale incriminatrice e riconoscendo, sia pur indirettamente, che anch'esso sia idoneo ad escludere il dolo. Dall'altro, si opina che la norma in oggetto non derogherebbe l'art. 5 c.p., in quanto diretta a disciplinare un fenomeno diverso, assimilabile più all'errore di fatto che a quello di diritto. La giurisprudenza, poggiando sulla natura della norma il discrimine tra legge penale ed extrapena- le, ha da sempre ritenuto che legge diversa da quella penale sia solo quella destinata in origine a disciplinare rapporti giuridici di carattere non penale, né richiamati, né implicitamente o esplicitamen- te incorporati in una norma penale (Cass. V| 23-2-2000, n. 2174; Cass. IV, 26-3-2004, n. 14819). Ne consegue che va considerato errore su legge penale, e quindi inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie (Cass. II, 6-6-86, n. 5144). Alla stregua di questo indirizzo anche di recente la Suprema Corte ha affermato che l'errore su legge diversa da quella penale non rileva nel caso di norme da ritenersi incorporate nel precetto penale, fra le quali, tuttavia, non vanno annoverate quelle che — come nel caso delle norme privatistiche che disciplinano il trasferimento della proprietà — siano destinate in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale (Cass. II, 8-5-2002, n. 17205). La rigidità di tale soluzione, ha spinto la dottrina a prospettare altri due orientamenti. Il primo pone la distinzione sulla funzione integrativa o meno della norma richiamata. Se essa è diretta ad individuare o specificare un elemento precettivo della fattispecie, ricadrebbe sotto la previsione dell'art. 5 c.p., se, invece, interviene sul fatto materiale tipico, si verterebbe in una situa- zione inquadrabile sotto l’art. 47, comma 3, c.p. Il secondo, e preferibile orientamento, poggia la distinzione su un diverso e più pregnante profilo. Si ritiene che allorquando un soggetto ponga in essere un comportamento corrispondente a reato, ma per errore su norma extrapenale consideri che esso non sia illecito, tale ignoranza sarà irrilevante ai fini della punibilità per il crimine compiuto. Quando, invece, il soggetto per errore su norma extrapenale non si renda conto di realizzare con il proprio comportamento il fatto tipico del reato perché vuole un fatto diverso da quello incrimina- to, questo errore, convertendosi in errore sul fatto, esclude la punibilità. Più volte dottrina e giurisprudenza hanno affrontato il problema relativo ai casi in cui, nell’ambito dei reati propri, l'errore cada sulla qualifica del soggetto attivo. AI tal fine, è stata generalmente operata una distinzione, a seconda si tratti di reati propri ed esclusivi o reati propri non esclusivi In tema di reati propri esclusivi, ossia di quei reati che, senza la qualifica soggettiva sarebbero penalmente irrilevanti (ad es., lo stato di coniugato nel delitto di bigamia), la dottrina rileva che un errore di interpretazione o di conoscenza della fonte extrapenale di determinazione della qualifica soggettiva, sul piano psicologico, si traduce in un errore sul fatto, come tale rilevante ex art.47 co. Ill c.p., tanto è vero che, proprio a causa di questo errore, il soggetto non vuole l'offesa e non se la rappresenta, venendo quindi meno uno degli oggetti principali del dolo: l'evento, inteso, ovviamen- te, in senso giuridico. Nei reati propri non esclusivi, invece, la soluzione non è così univoca: in alcune ipotesi il fatto in assenza della qualifica integra un illecito solo extrapenale (quindi civile o amministrativo), men- tre in altri casiintegra comunque un illecito penale, sia pure punito ad altro titolo. Con riguardo a siffatta prima categoria di reati, l'eventuale ignoranza od erronea interpretazione della qualifica si risolve in un errore sul precetto, privo dunque di efficacia scusante, irrilevante ex art. 5 c.p., dal momento che in capo all'agente permane quella consapevolezza della generica offensività-illiceità del fatto, idonea a fondare la responsabilità penale del soggetto medesimo. La qualifica svolge solo il ruolo di delimitare l'ambito del precetto penale, cioè la sfera dei suoi destina- tari. Quindi non ha alcuna attinenza alla descrizione del fatto, né alla sua portata offensiva. Diversamente, rispetto ai reati propri non esclusivi costituiti da fatti che, senza la specifica qualifica del soggetto attivo integrerebbero gli estremi di un diverso reato, più o meno grave, l'ignoranza o l'erronea conoscenza della qualifica si risolve sempre in un errore sul fatto, idoneo ad escludere la colpevolezza del soggetto agente, in quanto dovuto ad ignoranza o fraintendimen- to di altre norme integratrici della disposizione definitoria, sulla base del fatto che i presupposti che fondano la qualifica determinano l’offensività-illceità specifica. La giurisprudenza aderisce a quest'orientamento dottrinale solo in relazione ai reati propri ed esclusivi, in cui, cioè, la mancanza della qualifica soggettiva determina la liceità del fatto: qui la qualifica è elemento costitutivo e l'errore dunque si traduce in un errore sul fatto. Peri reati propri non esclusivi, invece, qualunque sia l'illecito residuale, penale od extrapenale, la qualifica soggettiva svolge unicamente la funzione di mero presupposto soggettivo di applicazione della norma penale. Quindi, è un elemento del tutto estraneo al fatto e, allora, l'errore relativo a questo elemento sarà sempre non rilevante, perché, appunto, l'errore sui presupposti soggettivi si riduce ad un errore sulla norma, quindi è sempre un errore sul precetto, non rilevante ex art. 5 c.p. 68 E ] ) LA COLPEVOLEZZA MEI Il principio di colpevolezza Nell'ordinamento penale italiano domina il cd. principio di soggettività del fatto con il quale è stata soddisfatta la sentita esigenza che, per aversi reato, non basta che il soggetto abbia posto in essere un fatto materiale offensivo, ma occorre anche che questo gli appartenga psicologicamente, che sussista cioè non solo un nesso causale tra condotta ed evento ma altresì un nesso psichico tra l'agente ed il fatto criminoso, affinché quest'ultimo possa considerarsi opera di costui. Il principio di soggettività, espresso dall'antico brocardo «nullum crimen, nulla poena sine cul- pa», si è affermato nel nostro ordinamento tramite il concetto di colpevolezza. Il ruolo centrale della colpevolezza nel sistema penale italiano è confermato già a livello costituzio- nale dall'art. 27 Cost. che sancisce il principio della personalità della responsabilità penale. Tale principio va infatti inteso, come ha stabillto la Corte Costituzionale (sent. n. 364/1988), oltre che come divieto di responsabilità per fatto altrui, anche come responsabilità per fatto proprio colpevole. La colpe- volezza, pertanto, riguarda l'atteggiamento psichico antidoveroso nei confronti del singolo fatto, doven- dosi rimproverare all'agente un fatto compiuto con un certo grado di partecipazione psichica. » la colpevolezza può essere definita come giudizio di appartenenza Nozione psicologica del fatto al suo autore, comprendente le condizioni che consentono di muovere un rimprovero personale all'autore del reato » svolge il fondamentale ruolo di limite della potestà punitiva del giudice e di criterio di graduazione della pena, consentendo, da un lato, di de- limitare la responsabilità penale alle sole condotte che rientrano nelle sfere di possibilità soggettive di controllo dell'agente e, dall'altro, di Funzione determinare la pena in relazione alle forme psicologiche rilevanti e al disvalore dell'azione e dell'evento e di altre circostanze sulle quali si è formata la determinazione criminosa, rivelandosi funzionale alla salva- guardia dei valori della persona umana contro le possibili strumentaliz- zazioni per fini utilitaristici di politica criminale » in senso psicologico: il nesso psichico tra l'agente e il fatto è sempre uguale in tutti i casi e non è graduabile non permettendo di valutarne la La colpevolezza gravità può essere intesa » in senso normativo: è un giudizio di rimproverabilità per l'atteggiamen- to antidoveroso della volontà. In questo caso la colpevolezza è graduabi- le in rapporto alla maggiore o minore antidoverosità della volontà Circa la complessa struttura della colpevolezza, la concezione normativa, oggi prevalente, po- stula: l’imputabilità, ossia la capacità di intendere e di volere del soggetto, la conoscenza o la conosci- bilità del precetto penale, il dolo, la colpa o la preterintenzione, quali criteri di imputazione soggettiva, e l'assenza di cause di esclusione della colpevolezza. tal MMM Limputabilità (artt. 85-90) »_l'imputabilità è lo status di un soggetto che lo rende punibile per un reato commesso. È imputabile chi al momento della commissione del reato è Nozione capace di intendere e di volere e cioè in grado di rendersi conto del valore sociale dell'atto che compie e di determinarsi in modo autonomo *. Fino al compimento dei 14 anni c'è la presun- zione assoluta della assenza della capacità di intendere e di volere — le misure di sicurez- za del riformatorio Nei confronti di un giudiziario e della li- Minore infra qattor- bertà vigilata » Minore età dicenne responsa- | - le misure amministra- bile diun delitto giu- tive dell'affidamentoal dicato pericoloso servizio sociale mino- sono applicabili: rile 0 del collocamen- to in una — casa di rieducazione *. Dai 14 anni ai 18 amni lmputabilità deve essere accertata caso per casodal giudice con riferimento alla singola violazione compiuta dal minore * Vizio totale di mente: la infermità è tale da Cause che comportare una assoluta mancanza della ca- escludono pacità di intendere e di volere 9 diminuiscono - il proscioglimento l’imputabilità n OT » Infermità di mente dell'imputato — l'applicazione della mi- suradisicurezza del ri- covero in un ospedale Comporta sotto il psichiatrico o di altra profilo del tratta- misura di sicurezza, mento penale: prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell'in fermo di mente e a far fronte alla sua perico- losità sociale * Vizio parziale di mente: la capacità di inten- dere e di volere non manca del tutto ma è gran- demente scemata; comporta sotto il profilo san- zionatorio una diminuzione di pena e la appli- cazione della misura di sicurezza dell'assegna- zione ad una casa di cura e custodia da ese- guirsi dopo che la pena è stata scontata 72 ® Laimputabilità deve |- viene considerato accertarsi caso per imputabile se è capa- caso; il sordomuto ce di intendere e di (come anche chi sia volere affetto da sola sor- |- è parificato alla per- sona affetta da vizio totale di mente se la » Sordomutismo capacità di intendere e di volere non sus- siste è parificato alla per- sona affetta da vizio parziale di mente se la capacità diintende- re e di volere è gran- ‘demente scemata — Se l'ubriachezza è piena il soggetto non è imputabile Cause che — Selaubriachezzanon escludono * accidentale: deri- è piena ma è tale da va da caso fortuito scemare grandemen- o forza maggiore te la capacità d'inten- dere e di volere, l'agente fruisce di una . diminuzione di pena » Ubriachezza * volontaria o colposa: non esclude né diminu- isce la imputabilità vata: non esclude né diminuisce la im- putabillità ma dà luogo ad un aumento della pena in applicazione del principio di cui all’art.87 abituale: comporta un aumento di pena e l'ap- plicazione della misura sicurezza del ricovero in una casa di cura e custodia se il soggetto ven- ga riconosciuto anche socialmente pericoloso » Cronica intossicazione | ® Si applicano le norme relative al vizio da alcol totale di mente » Azione di sostanze ® È previsto lo stesso trattamento dello stupefacenti stato di ubriachezza Osservazioni Da anni la giurisprudenza si è interrogata relativamente all'individuazione di una corretta interpre- tazione del concetto di infermità di cui agli artt. 88 ed 89c.p. Pertanto, da una parte si è posto quell'orientamento più risalente e consolidato che ha ritenuto che «intema di imputabilità, le anomalie che influiscono sulla capacità di intendere e di volere sono le malattie mentali in senso stretto, e cioè le insufficienze cerebrali e quelle derivanti da conseguenze stabilizzate di danni cerebrali di varia natura, nonché le psicosi acute o croniche». Dall'altra parte, una tesi minoritaria ha invece interpretato il concetto di infermità mentale recepito nel Codice pena- le in termini più ampirispetto a quello di malattia mentale. 73 76 Id. IL TENTATIVO ME L’iter criminis Il reato si realizza passando attraverso determinate fasi che costituiscono il cd. iter criminis. » Ideazione: nell'agente sorge l'idea di commettere un reato (risoluzio- ne criminosa). È presente solo nei reati dolosi » Esecuzione: l'agente attua la sua risoluzione criminosa attraverso la realizzazione di una condotta tipica Iter criminis » Consumazione: l'agente realizza un fatto concreto del tutto confor- me alla ipotesi astratta delineata dalla norma incriminatrice determi- nando l'offesa del bene protetto » Perfezione: fase dell'iter criminis la cui rilevanza è ammessa da una parte della dottrina che distingue tra perfezione e consumazione. Il reato è perfetto quando si sono verificati tutti i requisiti della norma incrimina- trice, mentre si consuma quando raggiunge la massima gravità concreta Differenze Inbase alla durata del reato si pone la distinzione tra reati istantanei e reati permanenti. | reati istantanei sono quelli in cui l'offesa è istantanea, essa infatti viene ad esistenza e si conclude nello stesso momento, cioè quando è portata a termine la condotta, e non è idonea a protrarsi nel tempo (ad es. l'omicidio). Si ha reato permanente quando l’offesa al bene giuridico si protrae nel tempo per effetto della persistente condotta volontaria del soggetto (ad es.il sequestro di persona). Due sono i suoi requisiti indispensabili: il carattere continuativo dell’offesa e la persistente condotta volontaria dell'agente. Il reato permanente è un reato unico, perché è offensivo di uno stesso bene giuridico; si perfeziona nel momento in cui si realizza la situazione offensiva, il minimum necessario per la sussistenza del reato; si consuma, invece, quando cessa la condotta volontaria destinata al protrarsi dell'offesa. L'elemento differenziale tra reati istantanei e permanenti non è dato dall'unicità o pluralità di violazioni poste in essere ma dalla durata dell’unica condotta costitutiva del reato che si traduce nell’aggressione perdurante dell'interesse sotteso al precetto violato, la cui efficacia si protrae an- che oltre la sua iniziale trasgressione. Il reato è istantaneo con effetti permanenti quando perdurano nel tempo le conseguenze dannose del reato, anche se la condotta si esaurisce nel momento stesso in cui è posta in essere (ad es. la bigamia). Si parla, infine, di reato eventualmente permanente per indicare i casi in cui il soggetto lascia perdurare in concreto l'offesa, senza che ciò sia richiesto dalla legge per l’esistenza del reato (ad es. l'ingiuria determinata da una pluralità di espressioni ingiuriose). I 2] Nozione e fondamento (art. 56) » siha tentativo quando l'agente programma di commettere un reato e si Nozione attiva in tal senso ma non riesce a realizzare il proposito criminoso per cause indipendenti dalla sua volontà Fondamento . i < honi : . . politico-sostanziale »_ prevenire la messa in pericolo dei beni protetti e punire la manifesta della punibilità zione di volontà criminosa dell'agente 85 Differenze Sul piano sostanziale, il tentativo costituisce un «minus» rispetto al delitto consumato: infatti, mentre in quest’ultimo si ha una lesione effettiva dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice, nel tentativo ricorre solo una lesione potenziale, cioè la messa in pericolo di tale interesse. Ciò giustifica, sotto il profilo sanzionatorio, un trattamento meno severo del tentativo rispetto al delitto consumato. Sul piano normativo, il tentativo costituisce un titolo autonomo di reato rispetto al delitto consuma- to: esso, infatti, è previsto e sanzionato dalla legge e costituisce un reato perfetto in sé e per sé. Elementi Il tentativo è inammissibile » Intenzione di commettere un delitto * Sono idonei quegli atti congrui che sono, cioè, adeguati alla commissione diun delittoe che siinseriscononel pia- no criminoso come condiciones sine quibus, tali da farlo procedere verso la >» Compimento di atti idonei | | sua realizzazione. diretti in modo non equivoco | _ L'idoneità va accertata ex ante in con- ‘a commettere un delitto ‘creto * Sono diretti in modo non equivoco quegli atti che, riguardati nel contesto in cui sono inseriti, possiedono l'attitu- dine a denotare il proposito criminoso perseguito * Tentativo compiuto: l'agente pone in essere l'intera condotta punita ma l'evento non si realizza (Tizio spara » Mancata consumazione mancando la vittima) del delitto; in proposito ‘el de *. Tentativo incompiuto: l'agente inizia si distingue tra: PI 9 l'attività diretta alla commissione del delitto senza portarla a termine (Ti- zio punta il bersaglio ma è disarmato prima di premere il grilletto) » Nelle contravvenzioni: l'articolo 56 lo prevede solo per i delitti v Nei delitti colposi: in essi manca l’intenzione di commettere un fatto previsto dalla norma incriminatrice » Nei reati di pericolo: ammettere il tentativo di un reato di pericolo equivarrebbe ad anticipare la soglia di punibilità al pericolo di un peri- colo attentato: la soglia di punibilità è già anticipata al tentativo v Nei reati unisussistenti: in quanto la condotta non è frazionabile v Nei reati abituali propri: le singole azioni che lo compongono non assumono rilevanza penale autonoma 86 15 IL REATO ABERRANTE MMMTI nozione e forme di aberratio (artt. 80-83) » è il reato diverso da quello voluto dall’agente, realizzato per un errore Nozione sull'uso dei mezzi di esecuzione o per altra causa, 0 cagiona un'offesa nei confronti di una persona diversa da quella che voleva offendere »_Aberratio ictus: l'agente cagiona offesa a persona diversa da quella voluta Tipi » Aberratio delici l'agente realizza un evento diverso da quello voluto » Aberratio causae: il processo causale si svolge in modo diverso da come l’aveva previsto e voluto l'agente. Rileva solo nei reati a condotta vincolata Me Aberratio ictus (art. 82) » Monolesiva: si cagiona |® L'agente risponde di un unico reato offesa solo alla persona doloso come se l'avesse commesso diversa da quella voluta nei confronti della persona designata (Tiziospara a Caioma col- |. T È Per quanto riguarda le circostanze si pisce Sempronio) applica l'art. 60 c.p. »_ Plurilesiva: si cagiona una offesa alla persona voluta ed una ulteriore offesa ad una persona diversa (Tizio spara a Caio ferendolo, ma la pallottola colpisce anche Sempronio). L'agente risponde a titolo di dolo dell'evento voluto e a titolo di respon- sabilità oggettiva per l'evento non voluto. La pena stabilita dal codice penale è quella prevista per il reato più grave aumentata fino alla metà. Tipi Al comma 2 dell’art.82 che disciplina la cd. aberratio ictus mono - o plurilesiva, sono riconducibili tre diverse situazioni, solo la prima delle quali è espressamente presa in considerazione dal comma 2 dell'art. 82: 1) l'offesa viene arrecata alla vittima designata ed a persona diversa (es.:Tizio spara verso Caio, uccidendolo, e con lo stesso proiettile ferisce Sempronio). In tal caso opera in pieno il secondo comma, con irrogazione della pena prevista per il reato più grave, aumentata fino alla metà; 2) l'offesa viene arrecata alla vittima designata ed a due o più persone diverse. Tale ipotesi non è presa in considerazione espressamente dal cpv. dell'art. 82, ma la giurisprudenza dominante ritiene egualmente applicabile la relativa disciplina. Secondo parte della dottrina, invece, l'agente deve ri- spondere a titolo di aberratio per l'offesa alla vittima designata e quella meno grave arrecata alle ulteriori vittime; mentre per gli altri reati risponderà a titolo di colpa secondo le regole del concorso di reati; 3) l'offesa viene arrecata a due o più persone diverse senza la vittima designata. Anche tale ipotesi non è disciplinata espressamente dalla norma, ma secondo la dottrina e giurisprudenza domi- nante, può egualmente trovare applicazione il capoverso dell'art. 82; secondo altra dottrina, invece, uno degli eventi (il meno grave) andrebbe attribuito a titolo di dolo, secondo i principi dell'aberratio, 89 all'agente, mentre l'ulteriore potrebbe essergli addebitato a titolo di colpa secondo le regole del con- corso di reati. Aberratio delicti (art. 83) | » il reato si realizza allorché nel corso dell'esecuzione di un reato si rea- Nozione lizza un evento diverso da quello voluto I | »_ plurioffensiva: si realizza quando viene consumato oltre al reato diver- ipo soanche quello voluto Differenze A fronte delle difficoltà incontrate circa l'effettiva differenza tra i casi di aberratio ictus e di aberra- tio delicti, si sono sviluppati nel tempo due distinti orientamenti. Il primo indirizzo ermeneutico fa leva sul bene o interesse tutelato. In particolare, di recente la Cassazione ha chiarito che, mentre la norma di cui all'art. 83 disciplina il caso della realizzazione di un evento di natura diversa da quello che l’agente si proponeva, l'art. 82 c.p. prevede che l'errore che cade sull'oggetto materiale (persona o cosa) del reato, tale che in tale circostanza il reato lede lo stesso bene-interesse seppur di altra persona (Cass., n.15990/2006). Diversamente, il secondo indirizzo sviluppatosi sul tema individua il criterio discretivo nelfatto che l'art. 83 richiede, oltre alla eterogeneità del bene giuridico leso rispetto a quello voluto, anche il fatto che la diversità dell'evento non sia dovuto unicamente ad un mutamento del soggetto passivo o dell'oggetto materiale. A Aberratio causae » il reato voluto si realizza, ma il processo causale si è svolto in maniera Nozione diversa da quella voluta » è irrilevante nei reati a condotta libera, per i quali poco importa come Rilevanza l'evento si sia realizzato » è rilevante nei reati a condotta vincolata, in quanto può comportare la non punibilità per la realizzazione di un fatto tipico In sintesi Gliartt.82 e 83 disciplinano il cd. reato aberrante che si realizza allorché l'agente commette, per errore neimezzi di esecuzione o per errore dovuto ad altra causa, un reato diversoda quello voluto (aberratio delicti: art. 83), ovvero cagiona un'offesa a persona diversa da quella voluta (aberratio ictus: art. 82). Nei casi di aberratio l'errore incide sulla mera esecuzione del fatto costituente reato (cd. errore inabilità) ed in ciò si distingue dall'errore che cade sul momento formativo della volontà disciplina- to dall'art. 47 (cd. errore vizio). | predetti due tipi di aberratiovanno tenuti distinti dalla cd. aberratio causae (od itineris causarum), non esplicitamente disciplinata dal codice e frutto di una creazione dottrinale e giurisprudenziale. Essa si realizza quando l’evento che l'agente vuole realizzare si produce, ma attraverso un proces- so causale svoltosi in modo diverso da quello previsto. L'abetratio causae, nei reati a condotta libera (per la cui realizzazione necessita il verificarsi di un dato evento indipendentemente dalla condotta posta in essere), è irrilevante per cui l'agente è responsabile del fatto commesso; nei reati a condotta vincolata (per la cui realizzazione necessita porre in essere una condotta tipica), se l'evento non si verifica a seguito di quella condotta, l'agente non è punibile. 90 u LE è | 16 IL REATO PUTATIVO | Il ED IMPOSSIBILE ME Il reato putativo (art. 49, comma 1) . » si ha reato putativo quando il soggetto crede di commettere un fatto Nozione che costituisce reato mentre reato non è La dottrina maggioritaria ritiene la previsione normativa del reato putativo inutile in quanto ripetiti- va della disciplina dell'errore. La dottrina più recente ritiene, invece, che la previsione normativa del reato putativo rappresenti una affermazione del principio di materialità. » Pererrore dì itto: l'agente crede di realizzare un fatto che costituisce reato, mentre in realtà realizza un fatto non sanzionato penalmente »_ Per errore di fatto: la condotta dell'agente non integra la fattispecie prevista dalla norma incriminatrice per mancanza di un elemento di Tipi di reato fatto (es. Tizio ruba una cosa propria ritenendola altrui) putativo » Per errore sulle scriminanti: la fattispecie realizzata concretamente corrisponde a quella prevista da una norma incriminatrice tuttavia è applicabile una causa di giustificazione non rappresentata dall’agente ma oggettivamente esistente I 2] Il reato impossibile (art. 49, comma 2) »_Si configura un reato impossibile quando per inidoneità dell'azione o Nozione per inesistenza dell'oggetto è impossibile si verifichi l'evento dannoso 0 pericoloso Osservazioni La esatta collocazione dogmatica del reato impossibile è stata oggetto di particolari controversie dottrinali infatti: — parte della dottrina ritiene la previsione del reato impossibile inutile in quanto ripetitiva di quan- to già affermato dal legislatore in materia di tentativo: il reato impossibile non sarebbe altro che un tentativo inidoneo; — altra dottrina afferma la autonomia del reato impossibile sostenendo che la sua previsione normativa è una applicazione del principio di necessaria offensività. »_ inesistenza dell'oggetto: quando la mancanza dell'oggetto è assolu- ta e attuale secondo un giudizio ex antee in concreto effettuato ponen- cina dosi nella stessa situazione in cui si è trovato il soggetto agente Applicabilità: oggetto ag » loneità dell’azione: quando l’azione appare inidonea a ledere il bene protetto, in quanto assolutamente inadeguata e inefficiente ai fini della realizzazione del proposito criminoso 91 MU La struttura del concorso di persone nel reato iti strutturali » Pluralità di agenti » Realizzazione di una fatti- specie oggettiva di reato * Peralcuni autori la pluralità di agenti viene meno se alla commissione di un reato partecipano persone non imputabili o non punibili. Quindi, non vi sarebbe concorso di persone nel reato nei casi previsti dagli artt. 111, 48, 86, 54. In questi casi la dottrina parla di autore mediato La dottrina dominante e la giurispru- denza contestano quest’impostazio- ne considerando che, in base agli artt. 112 e 119 del codice penale, il con- corso di persone nel reato sussiste ‘anche quando qualcuno dei concor- renti ha agito senza dolo o non è im- putabile * È necessario che uno dei concorrenti abbia posto in essere almeno gli estremi di un tentativo * Non è sufficiente il semplice accordo o la sola istigazione » Contributo di ciascun concorrente alla realizzazione del fatto co- mune Le più importantiteorie sul- la causalità nel concorso di persone nel reato sono: » Elemento soggettivo | singoli concorrenti devono avere: * teoria condizionalistica: l’azione del concorrente deve essere una condi cio sine qua non del fatto, nel senso che senza di essa il reato non sareb- be stato commesso *. teoria della causalità agevolatrice 0 di rinforzo: l’azione del concorrente deve essere tale da agevolare o faci- litare la realizzazione del fatto. Secon- do la maggiore dottrina e la giurispru- denza, l'efficacia agevolatrice del- l’azione deve essere valutata ex ante la coscienza e la volontà del fatto crimi noso la volontà di concorrere con altri alla realizzazione del fatto comune secondo la giurisprudenza, non oc- corre la reciproca consapevolezza dell'altrui contributo 94 rl Osservazioni Perché sia integrato l'elemento soggettivo nel concorso di persone nel reato occorre innanzitutto la coscienza e la volontà del fatto criminoso. In secondo luogo occorre il cd. dolo di concorso, ossia la volontà di concorrere con altri alla realizzazione di un reato comune, che di per sé consta di due elementi, quali la conoscenza e la rappresentazione delle azioni che altri esplicano per giungere alla commissione del reato, nonché la volontà di contribuire con il proprio operato alla commissione di quel reato (ANTOLISEI). Questioni interpretative sono sorte in dottrina e giurisprudenza circa l'ammissibilità di un concorso doloso nel reato colposo e di un concorso colposo nel reato doloso. Quanto alla prima fattispecie, è emerso che, laddove si negasse la sua ammissibilità, rimarrebbe- ro ingiustificatamente privi di incriminazione tutti coloro che concorrono nel fatto colposo altrui mediante una condotta atipica. La giurisprudenza più recente si è così espressa positivamente circa la sua configurabilità allorché un soggetto, assecondando e sostenendo la condotta colposa altrui, si rappresenti ed accetti il possibile verificarsi, come conseguenza della stessa, dell'evento tipico del reato, non previsto invece dall'autore diretto della condotta stessa. In relazione, invece, all'ipotesi di concorso colposo nel reato doloso, se tradizionalmente la giurisprudenza aveva negato la sua configurabilità in base al fatto che in tema di colpa l'art. 42 co. 2 c.p. richiede un'espressa previsione che nella specie manca (Cass. 11-10-1996 in Cass. Pen., 1997, 3401), di recente ha mostrato segni di apertura rispetto alle forme di concorso colposo nel reato doloso altrui. In particolare, la Corte ha affermato che è configurabile il concorso colposo nel delitto doloso, sia nel caso in cui la condotta colposa concorra con quella dolosa alla causazione dell'evento secondo lo schema del concorso di cause indipendenti, sia in quello di vera e propria cooperazione colposa, purchè in entrambi i casi il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella sua condotta siano effettivamente presenti tutti gli elementi che caratte- rizzano la colpa. È necessario che la regola cautelare inosservata sia diretta ad evitare anche il rischio dell'atto doloso del terzo, risultando dunque quest'ultimo prevedibile per l'agente (Cass., 28-1-2009, n. 4107). La Corte ha, pertanto, confermato la condanna del medico psichiatra che, sospendendo in maniera imprudente il trattamento farmacologico cui era sottoposto il paziente ricoverato in una comunità, ne aveva determinato lo scompenso, ritenuto la causa della crisi nel corso della quale lo stesso paziente aveva aggredito ed ucciso uno degli operatori che lo accudiva- no (Cass. 11-3-2008, n. 10795). dh Differenze Circa la differenza tra il concorso di persone ed il reato associativo, la giurisprudenza è giunta a consolidati indirizzi. Il criterio distintivo sta nel fatto che, mentre nel concorso di persone le intese tra i concorrenti sono dirette alla commissione di uno o più reati determinati con la consumazione del quale o dei quali l'accordo si esaurisce, nei reati associativi, e nell'associazione per delinquere in particolare, l'accordo è stabilmente indirizzato all'attuazione di un determinato e più vasto programma delittuo- so, precedente e comunque autonomo rispetto agli accordi particolari relativi ai singoli delitti, e destinato a sopravvivere ai medesimi per l'ulteriore realizzazione del programma stesso. Fermo restando Îl citato distinguo fra concorso eventuale e reato associativo, in dottrina e giuri- sprudenza si è consolidato un orientamento di pensiero secondo cui dalla condotta concorsuale «intema», propria del partecipe, andrebbe distinta quella, eventuale, di soggetto estraneo al soda- lizio criminoso, configurante il cd. «concorso esterno». Per tale deve intendersi un concorso (even- tuale) di persone in tipici reati a concorso necessario, come i reati associativi (la giurisprudenza più corposa sul tema concerne, in particolare, l'associazione mafiosa). Nel dettaglio, in una delle più recenti sentenze favorevoli a tale opzione teorica si afferma che integrano il concorso esterno le condotte realizzate da soggetti che, pur volendo restare estranei alla struttura organizzativa (agendo, cioè, senza «affectio societatis»), arrechino un concreto apporto eziologicamente rilevante alla conservazione, al rafforzamento ed al con- seguimento degli scopi dell'organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali, nella 95 consapevolezza delle finalità perseguite dall associazione a vantaggio della quale è presta- to il contributo (Cass.17-1-2007, n. 1072). Ancor più di recente, la medesima Corte ha pun- tualizzato che nella fattispecie di concorso esterno l'evento del reato è integrato dalla con- servazione, agevolazione o rafforzamento di un organismo criminoso già operante e lo stes- so deve essere posto in diretta relazione eziologica con la condotta attuata dal concorrente. Nella medesima occasione, la Corte ha, altresì, precisato che la fattispecie del concorso esterno in associazione di tipo mafioso ha natura di reato permanente al pari di quella di partecipazione alla medesima associazione da parte del soggetto organicamente inserito nel sodalizio (Cass. 8-1-2008, n. 542). IS Distinzioni del concorso di persone nel reato riguardo al tipo di contributo prestato da ciascun concorrente » Coautore: colui che compie gli atti esecutivi del reato assieme all'agente Materiale o fisica » Ausiliatore o complice: colui che si limita ad apportare un aiuto ma- teriale nella preparazione o esecuzione del reato » Istigatore: colui che si limita a rafforzare o eccitare in altri un proposito criminoso già esistente Psichica » Determinatore: colui che fa sorgere in altri un proposito criminoso pri- ma inesistente L'autore mediato è colui che si avvale della cooperazione di altri soggetti non punibili (perché non imputabili, immuni o agenti senza dolo né colpa) come strumento materiale per commettere un reato. Per integrare la fattispecie incri del concorso di persone, occorre il contributo di più soggetti, ma non anche che questi siano tutti imputabili e punibili ed abbiano agito, altre- sì, tutti con dolo o tutti con colpa, poiché ciò riguarda non la sussistenza del concorso ma solo la punibilità o il titolo di responsabilità dei concorrenti. ll nostro codice riconosce e punisce ipotesi specifiche di reità mediata, ad esempio: a) l'art. 111 c.p. punisce chi determina al reato persona non imputabile con la pena prevista per il reato com- messo da quest'ultimo; b) l'art. 86 c.p. incrimina la condotta di colui che ha messo altri nello stato di incapacità di intendere e volere al fine di fargli commettere un reato; c) l'art. 46 c.p. afferma che del fatto commesso da chi vi è stato costretto risponde l'autore della violenza. In tutti i casi sopraelencati l’autore mediato risponde come concorrente alla stregua dell’art. 110 c.p. ed è sottoposto alla di: ra del concorso e, in particolare alle aggravanti previste dal codice.II codice italiano non limita, infatti, il concorso alle tradizionali forme dell'autore, dell'istigato- re e dell'ausiliatore, ma ne abbraccia tutte le possibili forme, compresi i casi di autore mediato, che non sono altro che ipotesi speciali di concorso risultanti dalla combinazione dell'art. 110 c.p.con le sopraelencate disposizioni. AM L'agente provocatore » è colui che spinge altre persone a commettere dei reati al fine di coglie- Nozione re gli autori in flagranza o di farli scoprire e punire. Spesso si tratta di appartenenti alle forze di polizia 96 La comunicabilità delle circostanze nel concorso di persone nel reato (art. 118) » sono quelle che aggravano o diminuiscono le pene concementi i motivi a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti la persona del colpevole devono essere valutate solo riguardo alle persone cui si riferiscono Circostanze soggettive » sono quelle che concemono la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell'offeso. Si applica l'art. 59 Circostanze oggettive * Si applicano per il solo fatto di con- » Attenuanti correre nel reato Tipi * Si applicano solo se conosciute dal _ concorrente o se ignorate per colpa » Aggravanti o se ritenute inesistenti per errore de- terminato da colpa I sl Il concorso nel reato proprio (art. 117) Un soggetto privo della qualifica personale, cd. estraneo, può concorrere ex art. 110 c.p. alla realizzazione di un reato proprio; per l'affermazione della sua responsabilità è necessaria la consape- volezza di concorrere ad un reato proprio e cioè la consapevolezza della qualifica di intraneo dell'altro ‘concorrente. Elemento oggettivo » tra la pluralità di compartecipi al reato deve esservi il soggetto avente la qualifica richiesta dalla legge e deve essere commesso il reato proprio » tutti i partecipanti rispondono del reato proprio se sono a conoscenza della qualifica soggettiva rivestita da taluno e richiesta dalla legge per la trasformazione del reato comune in reato proprio Elemento soggettivo » se si tratta di un reato proprio esclusivo non risponde di alcun reato Qualora l’estraneo ignori a n » se si tratta di un reato proprio non esclusivo si verifica solo un muta- la qualifica dell'intraneo: mento del titolo del reato ex art. 117 c.p. e l'estraneo risponde ugual- mente del reato proprio IS Il concorso anomalo (art. 116) L'articolo 116 prevede che “quando il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione. Se il reato diverso è più grave di quello voluto, la pena può essere diminuita nei confronti di chi volle il reato meno grave”. La norma sembra configurare una ipotesi di responsabilità oggettiva fondata esclusivamente sul rapporto di causalità, quindi non pare ossequiosa del principio di personalità della responsabilità penale imposto dall'art. 27 della nostra Costituzione. 99 Osservazioni | dubbi circa la legittimità della norma sono stati risolti dalla Coste Costituzionale secondo la quale la responsabilità del concorrente per l'evento non voluto deve essere ravvisata non solo sulla base del rapporto di causalità materiale, ma anche su di un rapporto di causalità psichica, inteso nel senso che il reato diverso commesso dal concorrente deve potersi rappresentare nella psiche dell'agente come sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto. Proprio in virtù della necessaria esistenza del nesso causale, la Corte Costituzionale ha negato in tal caso un'ipotesi di responsabilità oggettiva parlando, piuttosto, di una responsabilità anomala che imputa il fatto a titolo di dolo pur ricorrendo gli estremi di una responsabilità colposa. Anche la Corte di Cassazione ha accolto tale ricostruzione, precisando che i presupposti di questo concorso anomalo sono: a) l'adesione dell'agente ad un reato concorsualmente voluto; b) Ja commissione da parte di un altro concorrente di un reato diverso; c) l'esistenza di un nesso causale e psicologico tra l'azione del compartecipe al reato inizialmen- te voluto ed il diverso reato poi commesso dal concorrente, che deve essere prevedibile, in quanto logico sviluppo di quello concordato, senza che l'agente lo abbia effettivamente voluto o ne abbia accettato il rischio, sussistendo in tale ultimo caso concorso ordinario ai sensi del- l'art. 110 c.p. a titolo di dolo diretto od eventuale (Cass. n. 8837/2006). ID La cooperazione colposa (art. 113) » è un concorso di persone nel reato in cui manca la volontà dei soggetti Nozione di cooperare ai fini della realizzazione del fatto criminoso Pluralità di agenti Realizzazione dell'elemento oggettivo del reato Elementi Contributo causale alla realizzazione dell'evento Non volontà di concorrere alla realizzazione del fatto criminoso vVvvyvvwvwyw Volontà di concorrere alla realizzazione della condotta contraria a re- gole cautelari Qualora l'ultimo elemento sia assente non si avrà una cooperazione colposa ma un concorso di fatti colposi indipendenti. Differenze La cooperazione nel delitto colposo, di cui all'art. 113 c.p. costituisce istituto concettualmente distinto dal concorso di cause colpose indipendenti. Mentre, infatti, nel concorso di cause col- pose indipendenti più comportamenti colposi producono l'evento senza che tra gli autori di essi vi sia alcun vincolo psicologico, sicché i vari comportamenti possono ritenersi cause produttrici del- l'evento in modo del tutto indipendente, nella cooperazione nel delitto colposo sussiste tra i più soggetti un vincolo psicologico riferito alla condotta di ciascuno, nel senso che ognuno contribui- sce, con la proptia, all’altrui azione, conferendo il proprio apporto alla condotta causativa dell’even- to (Senza, ovviamente, volere l'evento stesso). Come visto, infatti, per configurare la cooperazione colposa è richiesta la volontà di concorrere alla realizzazione della condotta contraria a regole cautelari e causa dell'evento. Nella cooperazione colposa si ha, pertanto, unicità di reato con plura- lità di soggetti che lo pongono in essere, mentre nel concorso di cause colpose indipendenti si ha pluralità di reati, nonostante l'unicità dell'evento. 100 101 » in caso di concorso materiale si applica il cumulo materiale tempera- to dai limiti previsti dagli artt.78 e 79 »_incaso di concorso formale si applica la pena prevista periil reato più grave aumentata fino al triplo Ipotesi *. secondo la giurisprudenza si applica »_incaso di concorso forma- solo il cumulo materiale; le di reati puniti con pene |® secondo la dottrina si applica il cu- eterogenee si è discusso in | | mulo giuridico ma l'aumento di pena dottrina e giurisprudenza sui | | deve essere convertito nel tipo di pena criteri da seguire in partico | | prevista per il reato base secondo i lare: criteri previsti dagli artt. 182 e ss. _ Differenze Per la concezione naturalistica si verifica un solo reato 0 una pluralità di reati a seconda che si abbia, rispettivamente, una sola azione o più azioni, un unico evento o una pluralità di eventi. La tesi è smentita, però, dal diritto positivo che ammette la pluralità di reati nonostante l’unicità del- l'evento e, viceversa, l'unicità del reato nonostante la ripetizione della condotta o la pluralità di comportamenti. Per la concezione normativa, l’unità o pluralità di reati è desunta esclusivamente dalla norma penale, che è l'unico metro per stabilire se il fatto storico sia valutato dal diritto penale come un solo illecito o come più illeci La concezione normativa a base ontologica, scongiurando il rischio di un eccessivo arbitrio da parte del diritto, pur affermando che la norma costituisce il prius logico per la valutazione del fatto storico come unico 0 plurimo, tuttavia riconosce che determinati schemi ontologici non possono non costituire la struttura portante del sistema penale, indicando il minimum di elementi ontologici per aversi unità di reato. n Osserv: Dall'unità e pluralità di azioni non deriva sempre rispettivamente l'unità e la pluralità di reati. L'azio- ne, o l’omissione, può originare tanto un unico reato quanto una pluralità di reati, e quindi un concorso formale. La pluralità di azioni o omissioni può talora dar vita ad una pluralità di reati (concorso materiale) e talaltra ad un unico reato. A fronte della sovente problematica relativa alla corretta individuazione dei casi di concorso materiale e di concorso formale, nel corso del tempo la dottrina ha individuato specifici criteri idonei a distinguere le ipotesi in cui si è dinnanzi ad un'unica azione da quelle in cui invece ricorre una pluralità di azioni. Il problema non si è posto nei casi in cui la stessa fattispecie astratta tipizzata dal legislatore richieda, ai fini della consumazione, la realizzazione di più atti perchè in tali circostanze l'azione è sempre unica (ad es.il reato di rapina, ex art. 628 c.p., postula l'impossessamento della res accom- pagnato da violenza o minaccia). Pertanto, la dottrina tradizionale (ANTOLISEI) ha adottato i criteri della contestualità degli atti e dell’unicità del fine, ritenendo che si ha azione unica se gli atti in cui si realizza la condotta si susseguono tra loro senza un apprezzabile intervallo temporale (elemento oggettivo) e se perse- guono tutti lo stesso lo stesso obbiettivo (elemento soggettivo). La dottrina più moderna (MANTOVANI, FIANDACA-MUSCO), rilevando che il criterio della unicità del fine potrebbe rilevare solo peri reati dolosi e non per quelli colposi, ha operato una sostituzione ditale elemento con quello della natura del bene giuridico tutelato. Secondo questa interpreta- zione, perciò, ricorre un'unica azione criminosa, nonostante la pluralità di atti, laddove gli stessi siano contestuali si rivelino idonei ad offendere il medesimo bene protetto. Nei reati colposi occorre tener conto non solo dell'unicità o pluralità degli obblighi di diligenza violati, quanto piuttosto degli eventi cagionati, perché, a seconda che questi ultimi siano uno o più 104 di uno, ha luogo rispettivamente unicità o pluralità di azioni. La stessa soluzione è prospettabile per mentre nei reati omissivi impropri ricorre una sola condotta omissiva se i molteplici eventi verificatisi potevano essere impediti soltanto attivandosi contemporaneamente, nei reati omissivi propri vi è unica violazione se l'agente poteva adempiere contestualmente ai propri obbli- ghi di agire. Il reato continuato (art. 81) . » È la versio in unumdi più reati commessi anche in tempi diversi con più Nozione azioni od omissioni, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso Fondament » La medesimezza del disegno criminoso dimostra una minore riprove- ‘ondamento volezza del comportamento tenuto dall'agente » Parte della dottrina ritiene che si tratti di una pluralità di reati fittizia- mente unificati sia ai fini della applicazione della pena che ad altri fini espressamene previsti dal legislatore; altra dottrina ritiene si tratti di un reato unico a certi effetti e plurimo ad altri effetti Natura »_Medesimo disegno criminoso: la iniziale programmazione e delibe- razione generica di una pluralità di reati diretti al conseguimento di un medesimo fine Elementi » Più violazioni di legge » Compimento di più azioni od omissioni »_ Si applica la pena prevista perl reato più grave aumentata fino al triplo. La pena, in tal modo determinata, non potrà mai essere superiore a quella che sarebbe applicabile in base al cumulo materiale delle pene stabilite peri reati in continuazione (0 in concorso formale). Nel caso in cui i reati avvinti dal vincolo della continuazione col più grave o in con- corso formale siano commessi da soggetti cui sia stata applicata la recidiva reiterata, l'incremento sanzionatorio non potrà essere comun- que inferiore ad un limite minimo, pari ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave Sanzioni Ipotesi di reato continuato è ravvisabile allorché un soggetto nel corso di un anno programmi e realizzi tre rapine ai danni di soggetti preventivamente individuati, al fine di destinare il provento ottenuto ad finanziamento di altre operazioni criminose. Ancora, la continuazione è ravvisabile quando un soggetto, coerede con altri di un ingente patrimo- nio, volendo eliminare gli altri eredi, approfitta del fatto che gli stessi si trovano in un determinato luogo e li uccide facendo scoppiare una bomba (MANTOVANI). Ulteriore caso paradigmatico di reato continuato ricorre laddove un consigliere regionale si fa cor- rompere e compie una condotta di concussione per finanziare la propria campagna elettorale. È discusso in dottrina quale violazione debba ritenersi più grave ai fini del computo della pena, in particolare: — alcuni ritengono che si debba fare riferimento alla previsione legislativa astratta cioè ai limiti edittali tenendo conto anche delle circostanze aggravanti e attenuanti e del loro bilanciamento; 105 — altri sostengono che la determinazione della violazione più grave vada fatta in concreto facen- do riferimento atutti gli elementi utili per la determinazione concreta della pena (titolo del reato, minimi edittali, circostanze contestate). La giurisprudenza preferisce, non senza oscillazioni, seguire il criterio astratto della maggiore pena edittale. La Suprema Corte anche di recente ha, per l'appunto, ribadito che in tema di reato conti- nuato, per la determinazione della violazione più grave, il giudice deve fare riferimento alla pena edittale prevista per ciascuno dei reati, con la conseguenza che più grave deve essere considerata la violazione punita più severamente dalla legge (Cass., n.34382/2010). È possibile che si verifichi un concorso di persone nel reato continuato, anche relativamente ad uno solo dei reati avvinti in continuazione. A tal fine non è necessario che il medesimo disegno criminoso sia comune a tutti i concor- renti; tuttavia, // soggetto che ha partecipato alla commissione di uno solo dei reati in continuazio- ne, per rispondere a titolo di concorso in tui azione, sul piano oggettivo deve aver arrecato un contributo, anche solo morale; sul piano soggettivo, invece, deve essere consapevole di arrecare tale contributo alla commissione dei futuri ulteriori reati necessari per la realizzazione del disegno criminoso altrui, del quale quanto meno ha conoscenza. I Reato complesso (art. 84) _ » Ricorre quando la legge considera come elementi costitutivi o circo- Nozione stanze aggravanti di un «solo» reato fatti che costituirebbero per se stessi reato »_ Per aversi reato complesso occorre che i reati siano legatitra loro, non da un rapporto di mera occasionalità, ma da precise connessioni so- stanziali; di regola occorre un nesso teleologico di mezzo a fine. La disciplina applicabile, pertanto, è quella del reato unico. Fondamento Il reato di procurata incapacità mediante somministrazione di sostanze stupefacenti, previ- sto dall'art. 613 c.p., non può concorrere con la rapina aggravata ai sensi dell'art. 628 co.Ill n.2 cp., che riguarda il caso in cui la violenza sia consistita nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire. Il reato di rapina aggravata, così circostanziato, è costituito dalla fusione del reato di furto con quello di procurata incapacità, dando luogo ad un'unica fattispecie criminosa, secondo il principio di specialità che regola il concorso apparente di norme e che trova applicazione speci- fica nella configurazione del reato complesso. ll reato di cui all'art. 613 cip. è, dunque, una delle possibili forme entro cui si pone taluno in stato di incapacità, e si realizza uno dei reati componenti il reato complesso di rapina aggravata. Osservazioni Uno dei principali problemi applicativi che riguardano il reato complesso attiene all’individuazione della continenza: bisogna cioè verificare quando un reato è elemento costitutivo della fattispecie complessa e quando, invece, mantiene la propria autonomia. Il problema si è posto, in particolare, nei casi di reato complesso connotato da minaccia o da violenza, come accade nella rapina, ex art. 628 cp. In tal caso è necessario che l'interprete stabi- lisca «soglie» di violenza oltre le quali il reato non può essere inglobato della fattispecie complessa: si ritiene, infatti, che la violenza sulle persone sia assorbita nel reato di rapina solo nella misura in cui non superi la soglia delle percosse. Altra questione giurisprudenziale si è posta in ordine alla disciplina applicabile nel caso in cui l'assor- bimento non si verifichi per il superamento dei limiti della continenza. Secondo un primo orientamen- 106 19 IL CONCORSO DI NORME ME Nozione e principi per la soluzione Nozione Funzione Criteri di soluzione » Più nome appaiono applicabili allo stesso fatto costituente reato, mentre solo una è applicabile. Il concorso apparente di norme non sussiste in tutti quei casi in cui la legge espressamente, mediante una clausola di riserva, esclude l'applicazione di una delle due norme astrattamente applicabili »_ Tutela del principio ne bis in idem, teso ad evitare che un'artificiosa moltipica- zione delle ipotesi di reato conduca a punire più volte la medesima condotta » Pri i specialità L'articolo 15 stabilisce che “quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge 0 la disposizione di legge speciale deroga alla legge 0 disposizione di leg- ge generale salvo che sia altrimenti stabilito”. Per l'operatività del principio di specialità occorrono: una pluralità di norme che regolano la stessa materia; la presenza in una delle norme di elementi peculiari che valgono a differenziarla dalle altre; tali ele- menti sono da ritenere prevalenti rispetto a quelli delle norme concor- renti che restano quindi escluse o assorbite. * “stesso bene protetto”: la specialità può sussistere solo tra norme poste a tutela dello stesso oggetto giuridico “medesimo fatto concreto”: il principio di specialità è applicabile anche nel caso in cui un fatto concreto rientri in più norme che, astrattamente, non sono in rapporto di specialità ipio dell’assorbimento o consunzione Il fatto contemplato dalla norma ricomprende in sé anche il fatto con- templato da una norma diversa, in quanto la prima è di più ampia por- tata per l'operatività del principio dell'assorbimento; pertanto, occorre: l'esistenza di un rapporto di valore tra due o più fattispecie, una delle quali appare più grave delle altre; l'unitarietà, in senso normativo so- ciale di un fatto pur naturalisticamente non unitario. È discusso cosa si debba in- |, tendere per “stessa materia”: * è prevalente quella che prevede il trat- Perindividuare la norma pre- | tamento sanzionatorio più severo valente possono essere uti- sè prevalente quella che tutela beni di lizzati due criteri: rango e qualità superiori rispetto alle norme concorrenti » Principio di sussidiarietà Una norma ha carattere sussidiario rispetto ad un'altra quando en- trambe descrivono gradi o stadi diversi dell’offesa dello stesso bene, in modo che il grado e lo stato descritto dalla disposizione sussidiaria resta assorbito in quello descritto dalla disposizione principale; il prin- cipio in questione, implicando l'assorbimento di un fatto meno grave in uno più grave, non risulta agevolmente distinguibile dal criterio dell’as- sorbimento ed appare, pertanto, privo di un rilievo autonomo. 109 Il criterio di specialità è rinvenibile in molteplici fattispecie tipizzate dal legislatore. Il reato di asso- ciazione di tipo mafioso anche straniere (art.416bis c.p.), ad esempio, è norma speciale rispetto al reato di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), laddove il cd. metodo mafioso rappresenta l'elemento specializzante rispetto alla fattispecie associativa «semplice» prevista dall'art.416 c.p. Ancora, la specialità ricorre nel delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.) rispetto alla fattispecie base del sequestro di persona (art. 605 c.p.). Diversamente, l'assorbimento rileva nel caso in cui un soggetto reiteri dichiarazioni mendaci, volte a favorire l'autore di un reato, prima dinnanzi alle forze dell'ordine, durante la fase delle indagini, poi davanti al giudice, nella fase propriamente processuale. In tale vicenda il criterio in esame opera relativamente ai reati di favoreggiamento personale (art. 378 c.p.) e falsa testimo- nianza (art. 372 c.p.). ll carattere di sussidiarietà è configurabile invece in relazione alla fattispecie di abuso di ufficio di cui all'art.323 cp. che è prospettabile soltanto nella residuale ipotesi in cui la condotta del soggetto agente non integri alcun altro delitto contro la Pubblica Amministrazione. Il criterio di sussidiarietà è altresì riscontrabile tra le fattispecie di cui agli artt. 640bis e 316 ter c.p., in virtù della clausola «salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'art. 640bis»; come infatti confermato dalle Sezioni Unite nel 2007, con la sent. n. 16568, il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato è in rapporto di sussidiarietà con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche». rl Osservazi In relazione al principio dell’assorbimento, autorevole dottrina ha puntato l’attenzione su deter- minati concetti. In primo luogo, emerge il reato cd. progressivo, che ricorre laddove una fattispecie criminosa ne contiene un'altra attraverso cui è necessario passare perché possa essere integrata la prima. Ciò accade, per esempio, nel reato di riduzione in schiavitù, ex art. 600 c.p., per la cui consumazione occorre che l'agente compia un sequestro di persona. In seconda istanza, la progressione criminosa rappresenta il contestuale susseguirsi di offese di crescente gravità ad uno stesso bene giuridico tutelato, come accade per l'omicidio preterintenzio- nale ex art. 584 c.p. preceduto da percosse e lesioni nei confronti della vittima. Da ultimo, come accennato, rilevano i concetti di antefatto e postfatto non punibili, costituiti dalle condotte precedenti o successive alla commissione del reato che non rientrano nell'ambito del «penalmente rilevante» poiché, secondo l’id quod plerumque accidit, rappresentano rispettiva- mente o la normale preparazione 0 il normale sbocco dell'unico reato rimproverabile al reo. In alcuni casi questa valutazione è tipizzata dal legislatore, ad esempio in materia di ricettazione (art. 648 c.p.) laddove non è punibile ad alcun titolo la condotta del dante causa perché considerata il normale sbocco del reato presupposto connesso in forma mono o plurisoggettiva. In altri casi questa valutazione è affidata al giudice caso per caso, ad esempio l'avvelenamento di acqua impli- ca la detenzione di sostanze nocive per la pubblica incolumità: in questi casi la responsabilità penale limitata all'unico reato, pur essendo il risultato dell’applicazione del ne bis in idem sostan- ziale, si traduce nell'irrilevanza di un fatto che altrimenti sarebbe rilevante. Proprio questa grave conseguenza giustifica l'estrema opinabilità dell'istituto per il rischio di contrasto con il principio di legalità e di sottoposizione dal giudice solo alla legge (art. 101 Cost.), cosicché antefatto e postiat- to sarebbero non punibili solo nei casi espressamente previsti dalla legge. La norma in esame individua il criterio fondamentale per l'accertamento del concorso apparente di norme. Tale fenomeno, che ricorre quando due 0 più norme sembrano a prima vista applicabili ‘ad uno stesso fatto mentre una soltanto deve essere applicata, va tenuto distinto dal fenomeno del concorso di reati, ed, in particolare, dal concorso formale eterogeneo che ricorre quando il sog- 110 111
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