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Diritto Privato 1 Luiss, Sintesi del corso di Diritto Privato

Programma di diritto privato 1 Luiss

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 28/06/2021

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sofia-grossi-1 🇮🇹

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Scarica Diritto Privato 1 Luiss e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Privato solo su Docsity! NOZIONI PRELIMINARI Capitolo 1: L’ORDINAMENTO GIURIDICO 1 L’ordinamento giuridico L’ordinamento giuridico è cos2tuito dal complesso delle norme e di is2tuzioni, mediante le quali viene regolato e dire9o lo svolgimento della vita sociale e dei rappor2 tra i singoli. La cooperazione tra gli uomini rende realizzabili risulta2 che sarebbero altrimen2 irraggiungibili per il singolo. Per aversi un gruppo organizzato occorrono tre condizioni: a) che il coordinamento degli appor2 individuali non sia lasciato al caso o alla buona volontà di ciascuno, ma venga disciplinato da regole di condo-a; b) che queste regole siano decise da apposi2 organi ai quali tale compito sia affidato in base a precise regole di stru-ura o di competenza o organizza5ve; c) che tanto le regole di condo9a quanto quelle di stru9ura vengano effeCvamente osservate. Il sistema di regole, modelli e schemi mediante i quali è organizzata una colleCvità viene chiamato “ordinamento”. Quindi la finalità dell’ordinamento giuridico è quella di “ordinare” la realtà sociale. Gli uomini danno vita a colleCvità di vario 2po: si pensi alle chiese o ai par22 poli2ci, ai sindaca2 o alle organizzazioni culturali…Tra tu9e le forme di colleCvità, importanza preminente ha sempre avuto la società poli5ca: quella, cioè, rivolta alla soddisfazione non dei vari bisogni dei consocia2, bensì di quello più importante condizionandone il conseguimento, e che consiste nell’assicurare i presuppos2 necessari affinchè le varie aCvità promosse dai bisogni stessi possano svolgersi in modo ordinato e pacifico. Naturalmente le società poli2che hanno assunto forme diverse nella storia. Un ordinamento giuridico si dice originario quando la sua organizzazione non è sogge9a ad un controllo di validità da parte di un’altra organizzazione. 2. La norma giuridica L’ordinamento di una colleCvità è cos2tuito da un sistema di regole. Ciascuna di queste regole, proprio perché concorre a disciplinare la vita organizzata della comunità, si chiama norma; e poiché il sistema di regole da cui è assicurato l’ordine di una società rappresenta il diri9o di quella società, ciascuna di tali norme si dice giuridica. La norma giuridica non va mai confusa con la norma morale, nemmeno quando l’una e l’altra abbiano iden2co contenuto. DifaC, mentre ciascuna regola morale è assoluta, nel senso che trova solo nel suo contenuto la propria validità, la regola giuridica deriva la propria forza vincolante dal fa9o di essere prevista da un a9o dotato di autorità nell’ambito dell’organizzazione di una colleCvità. I faC produCvi di norme giuridiche si chiamano “fon2”. Di solito la norma viene consacrata in un documento norma2vo. In tal caso occorre non confondere la “formula” (il testo) della disposizione, con il “prece9o” (il significato) che a quel testo viene a9ribuito dall’interprete. 1 Non bisogna confondere il conce9o di “norma giuridica” con quello di “legge”. Per un verso infaC, la legge è un a9o o documento norma2vo, che con2ene norme giuridiche, e che quindi sta con queste in rapporto da contenente a contenuto; per altro verso, accanto a norme aven2 “forza di legge”, ogni ordinamento conosce tante altre norme giuridiche fru9o di altri aC norma2vi; per altro verso ancora, una medesima legge può contenere molte norme, ma una norma può anche risultare soltanto dal “combinato disposto” di più disposizioni legisla2ve, ciascuna delle quali può regolare anche un solo aspe9o del problema complesso. 3. DiriDo posiFvo e diriDo naturale Il complesso delle norme da cui è cos2tuito ciascun ordinamento giuridico rappresenta il “diri9o posi2vo” di quella società. Il c.d. “diri9o naturale” è talvolta inteso come matrice dei singoli diriC posi2vi, talaltra come criterio di valutazione cri2ca dei concre2 ordinamen2. 4. La sanzione Le norme giuridiche si cara9erizzano per il fa9o di essere susceCbili di a9uazione forzata (coercizione) o sono comunque garan2te dalla predisposizione, per l’ipotesi di trasgressione, di una conseguenza in danno del trasgressore, chiamata “sanzione”, la cui minaccia favorirebbe l’osservanza spontanea della norma. Spesso, accanto a “norme di condo9a” (de9e primarie), il legislatore prevede una “risposta” o una “reazione” dell’ordinamento (c.d. norme sanzionatorie o secondarie), da far sca9are in caso di a del comportamento prescri9o. Vi è peraltro da rilevare che la difesa dell’ordinamento non viene perseguita soltanto a9raverso misure repressive di una situazione preesistente illegiCmamente violata, ma anche mediante misure preven2ve, di vigilanza e di dissuasione, e perfino con l’ausilio di norme che si limitano ad affermazioni di principio, che svolgono un’importante funzione “esemplare”, indipendentemente dalla previsione di qualsiasi sanzione. Di recente sono frequen2 anche norme che stabiliscono “premi” e “incen2vi a favore dei soggeC che si vengano a trovare in par2colari situazioni (ad es. a favore di imprese che intraprendono nuove aCvità in zone considerate depresse o so9osviluppate). La sanzione può operare in modo dire-o (realizzando il risultato che la legge prescrive), o in modo indire-o: in questo caso l’ordinamento si avvale di altri mezzi per o9enere l’osservanza della norma o per reagire alla sua violazione. Nel diri9o privato, in par2colare, la sanzione non opera, di regola, dire9amente. CaraDeri della norma giuridica: il principio di w er singoli individui, bensì o per tuC i consocia2 o per classi generiche di soggeC. Con il cara9ere della astra-ezza si intende so9olineare che la legge non deve essere de9ata per specifiche situazioni concrete, bensì per fa9specie (stato di cose) astra-e, ossia per situazioni individuate ipote5camente. Importante è diventata, per cara9erizzare la norma avente valore di legge, il c.d. “principio di eguaglianza”(art. 3 Cost.). Dal principio di eguaglianza va tenuto dis2nto il principio per cui i pubblici uffici devono rispe9are il criterio della imparzialità (art. 97 Cost.), ossia l’obbligo di applicare le leggi in modo eguale. 2 Subordinate alle leggi si possono avere tante altre “fon2” di diri9o: l’art.1 delle preleggi menziona “ regolamen2”, “le norme corpora2ve” e “gli usi”. La Carta cos2tuzionale prevede pure la legge regionale ed il referendum popolare abroga2vo. 10. Il codice civile Nel linguaggio giuridici, il termine “codice” indica una raccolta di materiali norma2vi. Essi possono essere sempre modifica2 o, in tu9o o in parte abroga2, con leggi ordinarie successive; spesso le modifiche vengono apportate con la tecnica della “Novella”, ossia sos2tuendo dire9amente il testo di un ar2colo, ferma la numerazione originaria, ovvero aggiungendo ar2coli nuovi. 11. La consuetudine Affinchè sussista una consuetudine è necessario che siano soddisfa9e tre condizioni: 1) che un certo 2po di comportamento sia generalmente e costantemente ripetuto in un dato ambito per un tempo non breve; 2) che il comportamento ripetuto sia giudicato come vincolante (come un comportamento che deve essere tenuto); 3) che il 2po di comportamento in ques2one venga ripetuto perché viene avver2to come vincolante (che, cioè, la prima condizione sia soddisfa9a perché è soddisfa9a la seconda). Non c’è elemento che sia prioritario e determinante rispe9o all’altro. In do9rina si usa dis2nguere tre 2pi di consuetudini: a) si dicono consuetudini secundum legem quelle che operano “in accordo” con la legge; b) si dicono consuetudini praeter legem quelle che operano “al di là” della legge; c) si dicono consuetudini contra legem quelle che operano contro la legge. La consuetudine non è prevista e disciplinata dalla Cos2tuzione. Essa è fonte stru9uralmente subordinata alla legge, e può operare solo nei limi2 in cui la legge lo consente. Capitolo 3: EFFICACIA TEMPORALE DELLE LEGGI 12. Entrata in vigore della legge Per l’entrata in vigore dei provvedimen2 legisla2vi si richiede oltre all’approvazione da parte delle due Camere: a) la promulgazione della legge da parte del Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione (Art.73 Cost.); b) la pubblicazione sulla Gazze-a Ufficiale della Repubblica (Art.73.3 Cost.); c) il decorso di un periodo di tempo, de9o vaca5o legis, che va dalla pubblicazione all’entrata in vigore della legge, e che di regola è di 15 gg. Con la pubblicazione la legge si reputa conosciuta e diventa obbligatoria per tuC, anche per chi, in realtà, non ne abbia conoscenza. Vale, infaC, il principio per cui ignoran5a iuris non excusat, cosicchè nessuno può invocare a propria scusa, per evitare una sanzione, di aver ignorato 5 l’esistenza di una disposizione di legge. La Corte cos2tuzionale ha tu9avia stabilito che l’ignoranza della legge è scusabile quando l’errore di un sogge9o in ordine all’esistenza o al significato di una legge penale sia stato inevitabile. 13 Abrogazione della legge Una disposizione di legge viene abrogata quando un nuovo a9o dispone che ne cessi l’efficacia (anche se una norma, pur dopo abrogata può con2nuare ad essere applicata ai faC verifica2si anteriormente). Per abrogare una disposizione occorre sempre l’intervento di una disposizione nuova di pari valore gerarchico: e così una legge non può essere abrogata che da una legge posteriore. L’abrogazione può essere espressa o tacita. Espressa quando la legge posteriore dichiara esplicitamente abrogata una legge anteriore. Tacita se manca, nella legge successiva, una tale dichiarazione formale, ma le disposizioni posteriori: a) o sono incompa5bili con una o più disposizioni anteceden2; b) o cos2tuiscono una regolamentazione dell’intera materia già regolata dalla legge precedente, la quale, pertanto, deve ritenersi assorbita e sos2tuita integralmente dalle disposizioni più recen2 anche in assenza di una vera e propria incompa2bilità tra la vecchia e la nuova disciplina. La deroga si ha quando una nuova norma sos2tuisce, ma solo per specifici casi, la disciplina prevista dalla norma precedente, che con2nua però ad essere applicabile a tuC gli altri casi. Un’altra figura di abrogazione espressa può essere realizzata mediante un referendum popolare, quando ne facciano richiesta almeno 500.000 ele9ori o 5 Consigli regionali, e la proposta di abrogazione si considera approvata se alla votazione partecipi la maggioranza degli aven2 diri9o purchè la proposta di abrogazione consegua la maggioranza dei vo2 espressi (Art.75 Cost.). Anche la dichiarazione di incos2tuzionalità di una legge ne fa cessare l’efficacia. Ma mentre l’abrogazione ha effe9o solo per l’avvenire (la legge, benchè abrogata, può e deve essere ancora applicata ai faC verifica2si quando era in vigore), la dichiarazione di incos2tuzionalità, invece, annulla la disposizione illegiCma ex tunc, come se non fosse mai stata emanata, cosicchè non può più essere applicata neppure nei giudizi ancora in corso e neppure ai faC già verifica2si in precedenza. L’abrogazione di una norma che, a sua volta, aveva abrogato una norma precedente non fa rivivere quest’ul2ma, salvo che sia espressamente disposto: in tal caso la norma si chiama ripris5natoria. 14. IrretroaTvità della legge L’art.11.1 delle preleggi stabilisce che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effe-o retroa9vo”. Si dice, quindi, retroa9va una norma la quale a9ribuisca conseguenze giuridiche a faCspecie (concrete) verificatesi in momen2 anteriori alla sua entrata in vigore. Nel nostro ordinamento solo la norma penale non può essere retroaCva: “nessuno può essere punito per un fa9o che non cos2tuiva reato. Efficacia retroaCva hanno, poi, le c.d. “leggi interpreta2ve”, ossia emanate per chiarire il significato di norme anteceden2 e che, quindi, si applicano a tuC i faC regola2 da queste ul2me. 15. Successione di leggi In alcuni casi interviene il legislatore a regolare il passaggio tra la vecchia e quella nuova con specifiche norme, che si chiamano disposizioni transitorie. La legge nuova non può colpire i diriC quesi2, che, cioè, sono già entra2 nel patrimonio di un sogge9o (teoria del diri-o quesito); inoltre la legge nuova non estende la sua efficacia ai faC defini2vamente perfeziona2 so9o il vigore 6 della legge precedente, ancorchè dei faC stessi siano penden2 gli effeC (teoria del fa-o compiuto). Quest’ul2ma teoria è maggiormente seguita. Si parla, invece, di ultra9vità quando una disposizione di legge stabilisce che aC o rappor2, compiu2 o svolgen2si nel vigore di una nuova norma2va, con2nuano ad essere regola2 dalla legge anteriore. Capitolo 4: L’APPLICAZIONE E L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE 16. L’applicazione della legge Per applicazione della legge s’intende la concreta realizzazione, nella vita della colleCvità, di quanto è ordinato dalle regole che compongono il diri9o dello Stato. E’ compito dello Stato a9raverso i suoi organi, curare l’applicazione delle norme di diri9o pubblico. Viceversa l’applicazione delle norme di diri9o privato non è imposta in modo autoritario, ma è lasciata alla prudenza e al buon senso dei singoli. La maggior parte delle li2 che quo2dianamente insorgono, non viene portata all’esame del giudice: o si trascinano restando insolute, oppure vengono composte a9raverso una delle seguen2 vie. a) rinuncia alla lite da parte di uno dei li2gan2; b) transazione (Art.1965 c.c.), ossia accordo col quale le par2 compongono la lite facencosi reciproche concessioni rispe9o agli iniziali pun2 di vista; c) compromesso, ossia accordo per deferire la soluzione della controversia ad uno o più arbitri priva2, la cui decisione acquisterà valore vincolante analogo a quello delle sentenze. Ciascuna delle par2, se non vuole lasciare insoluta la lite e non trova alcun altro mezzo per giungere ad una composizione stragiudiziale, ha sempre il diri9o di rivolgersi ai giudici dello Stato, chiamando in giudizio la controparte. Di fronte all’inizia2va giudiziale dell’a9ore, il convenuto può assumere uno dei seguen2 a9eggiamen2: a) non cos2tuirsi in giudizio, rinunciando a difendersi; anche in tale ipotesi, tu9avia, il giudice no può accogliere la domanda proposta dall’a9ore, ma deve controllarne il fondamento sia in linea di fa9o che in linea di diri9o (se Tizio chiede la condanna di Caio al pagamento di una somma di danaro, ma non fornisce alcuna prova del credito vantato, il giudice deve respingere la domanda pure se Caio è contumace); b) cos2tuirsi in giudizio per opporsi all’accoglimento della domanda dell’a9ore; c) cos2tuirsi in giudizio per proporre a sua volta delle domande riconvenzionali contro l’a9ore. Per risolvere sia le ques2oni “di fa9o” che quelle “di diri9o” è indispensabile avere individuato la disposizione da applicare e averla “interpretata”. 17. L’interpretazione della legge Interpretare un testo norma2vo non vuol dire solo conoscere quanto il testo in sé già esprimerebbe, bensì decidere che cosa si ri2ene che il testo effeCvamente possa significare e, conseguentemente, come vadano risol2 i confliC che insorgono nelle sua applicazione. L’aCvità di interpretazione non può mai esaurirsi nel solo esame dei da2 testuali. 7 In ciascun Paese, vengono elaborate norme di diri9o internazionale privato: ossia regole che stabiliscono quale tra varie leggi nazionali vada applicata nelle singole ipotesi, scegliendo dal punto di vista spaziale, la legge più idonea a disciplinare quella faCspecie, ossia la legge vigente nello Stato ove il rapporto appaia meglio localizzato. Il diri9o internazionale privato: a) sebbene venga tradizionalmente denominato così, non è in realtà un diri9o internazionale: tale è il c.d. diri9o internazionale pubblico, ossia il diri9o che ha fonte in accordi tra soggeC internazionali, ma non il diri9o internazionale privato, che è invece il diri9o interno, ciascun ordinamento stabilendo il proprio; b) non abbraccia solo norme rela2ve a rappor2 di diri9o privato, ma comprende pure altri 2pi di rappor2 sopra9u9o quelli di 2po processuale; c) è cos2tuito non da norme materiali, ossia che disciplinano esse stesse la sostanza di taluni rappor2, bensì da regole strumentali, che si limitano cioè ad individuare a quale ordinamento debba farsi capo, per giungere poi, applicando l’ordinamento così individuato, a stabilire come quel rapporto vada disciplinato. 21. Qualificazione del rapporto e momenF di collegamento 
 Per stabilire quale sia l’ordinamento da applicare occorre in primo luogo procedere alla qualificazione del rapporto in ques2one, evidenziandone la natura. Fa9o ciò, occorre che la norma di diri9o internazionale privato precisi un elemento del rapporto per elevarlo a momento di collegamento, ossia al momento decisivo per l’individuazione dell’ordinamento competente a regolare il rapporto in ogge9o. 22. Il limite dell’ordine pubblico L’art.31 delle preleggi disponeva che “in nessun caso le leggi e gli aC di uno Stato estero possono avere effe9o nel territorio dello Stato, quando siano contrari all’ordine pubblico o al buon costume. L’ordine pubblico in ques2one non è il c.d. ordine pubblico interno, bensì quello internazionale, che abbraccia solo i fondamentali principi cui l’ordinamento pubblico giuridico italiano è ispirato. 23. I vari momenF di collegamento Per quanto riguarda la capacità giuridica delle persone fisiche si applica la legge nazionale della persona. Se questa ha più ci9adinanze si applica la legge di quello tra gli Sta2 di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stre9o. Se tra le ci9adinanze vi è quella italiana, questa prevale. La capacità d’agire delle persone fisiche è pure regolata dalla loro legge nazionale. Gli en2, le società, le associazioni e le fondazioni sono disciplina2 dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di cos2tuzione. Tu9avia si applica la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’ogge9o principale di tali en2. Per quanto riguarda il matrimonio si dis2ngue tra: a) la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio, sono regolata dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio; 10 b) per la forma del matrimoni vale la legge del luogo di celebrazione, ma può applicarsi pure la legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o la legge dello Stato di comune residenza in quel momento; c) per i rappor2 personali tra coniugi si applica la legge nazionale se hanno uguale ci9adinanza o, se hanno diversa ci9adinanza, la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è localizzata; d) i rappor2 patrimoniali tra coniugi vanno regola2 dalla legge applicabile ai rappor2 personali a meno che i coniugi abbiano convenuto per iscri9o l’applicabilità della legge dello Stato di cui almeno uno di essi è ci9adino o nel quale almeno uno di essi risiede. Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita. Il riconoscimento di un figlio naturale è regolato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o dalla legge nazionale del sogge9o che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene. L’adozione è regolata dal diri9o nazionale dell’ado9ato o degli ado9an2 se comune o, in mancanza, del diri9o dello stato nel quale gli ado9an2 sono entrambi residen2 al momento dell’adozione. La successione mor5s causa è regolata dalla legge nazionale del sogge9o della cui eredità si tra9a al momento della morte. Per i beni immobili immateriali si applica la legge dello Stato di u2lizzazione. Le obbligazioni contra9uali sono regolate dalla legge dello Stato con il quale il contra9o presenta il collegamento più stre9o. La responsabilità per il fa9o illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l’evento. 24. La condizione dello straniero Tra gli stranieri occorre dis2nguere i c.d. ci9adini comunitari dai c.d. extracomunitari. Per i primi si applica l’art.8 del Tra9ato Is2tu2vo della CE che ha introdo9o la “ci9adinanza dell’Unione”, a9ribuita a chiunque abbia la ci9adinanza di uno Stato membro. Ai ci9adini comunitari non solo va riconosciuto il godimento degli stessi diriC civili a9ribui2 al ci9adino nazionale, ma spe9ano perfino alcuni limita2 diriC poli2ci, quali il voto delle elezioni comunali. Per gli extracomunitari è applicabile sia il diri9o d’asilo, sia l’inammissibilità della estradizione per rea2 poli2ci. Inoltre allo straniero comunque presente alla fron2era o nel territorio dello Stato sono riconosciu2 i diriC fondamentali della persona umana previs2 dalle norme di diri9o interno. Pure all’extracomunitario è assicurato il godimento dei diriC in materia civile a9ribui2 al ci9adino italiano a meno che le convenzioni internazionali in vigore per Italia dispongano diversamente. Nei casi in cui sia prevista la condizione di reciprocità, ossia la concessione di un diri9o allo straniero a condizione che nella medesima faCspecie ad un italiano, nel paese di cui quello straniero è ci9adino, quel diri9o sarebbe parimen2 riconosciuto, la ricorrenza di tale reciprocità deve essere accertata secondo criteri da statuirsi in un apposito regolamento di a9uazione. A tuC i lavoratori stranieri, infine, è garan2ta parità di tra9amento e piena eguaglianza di diriC rispe9o ai lavoratori italiani. 11 PARTE GENERALE SEZIONE PRIMA: L’ATTIVITA’ GIURIDICA Capitolo 6: IL RAPPORTO GIURIDICO 25. Il rapporto giuridico Il rapporto giuridico è la relazione tra due soggeC, regolata dal diri9o oggeCvo. Sogge-o a9vo è colui a cui l’ordinamento giuridico a9ribuisce il potere (o diri9o soggeCvo) (per es. di pretendere il pagamento). Sogge-o passivo è colui a carico del quale sta il dovere (per es. di pagare). Quando si vuole alludere alle persone tra le quali intercorre un rapporto giuridico si usa l’espressione “par2”. Contrapposto al conce9o di parte è quello di terzo. Terzo è chi non è parte o non è sogge9o di un rapporto giuridico. Regola generale è che il rapporto giuridico non produce effeC né a favore, né a danno del terzo. 26. Situazioni soggeTve aTve (diriDo soggeTvo, potestà, facoltà, aspeDaFva, status) Con l’a9ribuzione del diri9o soggeCvo si realizza la più ampia protezione dell’interesse del singolo al quale, al tempo stesso si riconosce una situazione di libertà (di chiedere o non chiedere il risarcimento del danno secondo una mia personale valutazione di opportunità). In alcuni casi il potere non è a9ribuito al singolo nell’interesse proprio, ma per realizzare un interesse altrui. Le figure di poteri che al tempo stesso sono doveri (poteri-doveri) si chiamano potestà. Mentre l’esercizio del diri9o soggeCvo è libero, in quanto il 2tolare può perseguire i fini che ri2ene più opportuni, l’esercizio della potestà deve sempre ispirarsi al fine della cura dell’interesse altrui. Le facoltà (o diriC facolta2vi) sono, invece, manifestazioni del diri9o soggeCvo che non hanno cara9ere autonomo, ma sono in esso comprese. Le facoltà non si es2nguono se non si es2ngue il diri9o di cui fanno parte. Può avvenire che l’acquisto di un diri9o derivi dal concorso di più elemen2 successivi. Se di ques2 alcuni si siano verifica2 ed altri no, si ha la figura dell’aspe-a5va (si pensi per es. all’ipotesi di un’eredità lasciata a taluno a condizione che prenda la laurea. Egli non acquisterà il diri9o all’eredità se non quando avrà preso la laurea: intanto si trova in una posizione di a9esa che viene tutelata dall’ordinamento). Quest’ipotesi del diri9o soggeCvo che si realizza a9raverso stadi successivi viene anche considerata, oltre che dal lato del sogge9o (aspe9a2va), so9o il punto di vista oggeCvo della faCspecie. Si parla, infaC, di fa9specie a formazione progressiva, per dire che il risultato si realizza per gradi e l’aspe9a2va a9ribuita al singolo cos2tuisce un effe9o an2cipato della faCspecie. 12 des2nato cioè a morte sicura a breve, o ancora il nato presen2 gravi anomalie. Non è invece considerato “sogge9o” il concepito. Per l’art.462.2 c.c. si presume concepito al tempo dell’apertura della successione che è nato entro 300 gg. dalla morte della persona della cui successione di tra9a. Il comma 3 afferma che possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morta del testatore, benchè non ancora concepi2. Accanto alla capacità di succedere, ai nascituri non concepi2, il legislatore accorda pure una capacità di ricevere per donazione (art.784 c.c.) sempre che sia fa9a sempre in favore di figli di una determinata vivente al tempo della donazione e in favore di tu9 i figli di questa. A norma dell’art.22 Cost., nessuno può essere privato della capacità giuridica. 34. Inammissibilità di limitazioni della capacità giuridica individuale L’art.3 Cost. afferma che tuC i ci9adini hanno pari dignità sociale e sono uguali davan2 alla legge e senza dis2nzioni di sesso, di razza, lingua, religione, opinioni poli2che, di condizioni personali e sociali. Sono tu9ora individuabili figure di limitazione della capacità giuridica, come nel caso dello straniero che è ammesso a godere dei diriC civili a condizione di reciprocità, cioè nei limi2 in cui lo Stato di appartenenza dello straniero riconoscerebbe gli stessi diriC ad un ci9adino italiano. 35. La capacità di agire La capacità di agire è l’idoneità a compiere validamente aC giuridici che consentano al sogge9o di acquisire ed esercitare diriC o assumere ed adempiere obblighi. Se la persona fisica è incapace d’agire occorre che altri provvedano per lui alla cura dei suoi interessi (tutore). Ricorre in tal caso il fenomeno della rappresentanza legale. Anche la persona giuridica è sempre, in un certo senso incapace di agire, e può compiere aC giuridici esclusivamente tramite i propri amministratori o rappresentan2 (la c.d. rappresentanza organica). Peraltro gli aC personalissimi, non possono essere compiu2 tramite rappresentan2 (es. testamento, matrimonio). 36. La minore età Con la legge 8 marzo 1975 la maggiore età è fissata al compimento del 18° anno. Con essa si acquista la capacità di compiere tuC gli aC per i quali non si è richiesta un’età diversa (sup. inf.). Gli aC pos2 in essere da un minorenne sono, di regola, annullabili, a meno che il minore abbia, non soltanto dichiarato, falsamente, di essere maggiorenne, ma addiri9ura abbia con raggiri occultato la sua minore età (art.1426 c.c.). L’a9o annullabile può essere impugnato dal rappresentante legale del minore o dallo stesso minorenne quando sia divenuto maggiorenne. Non può mai, viceversa, essere impugnato dalla controparte maggiorenne (si parla perciò di negozi claudican5). 37. Interdizione giudiziale Manca nell’ordinamento un’organica disciplina che conceda tutela alle persone handicappate, disabili, psicolabilli. 15 Le ipotesi di tra9amento sanitario obbligatorio sono limitate e possono effe9uarsi solo in casi di urgenza e con cara9ere di eccezionalità: la degenza deve essere disposta dal sindaco e convalidata dal giudice tutelare il quale ado9a i provvedimen2 per la conservazione e l’amministrazione del patrimonio dell’infermo. Se un maggiorenne si trova “in condizioni di abituale infermità di mente” tale da renderlo incapace di provvedere ai propri interessi possono richiederne la interdizione (art.414 c.c.) qualora lo ritengano necessario, il coniuge o i paren2 entro il 4° grado, o gli affini entro il 2° grado, o il tutore o il curatore, ovvero il Pubblico Ministero (art.417 c.c.). Gli aC compiu2 dall’interde9o, dopo la sentenza di interdizione possono essere annulla2. L’incapacità decorre dalla pubblicazione della sentenza che il giudice pronuncia solo previo interrogatorio della persona so9oposta a procedimento d’interdizione e dopo aver a9eso all’istru9oria (consulenza medica, interrogatorio dei paren2). L’interdizione giudiziale è l’effe9o di un provvedimento del giudice che accerta lo stato di inidoneità della persona a curare i propri interessi. 38. Interdizione legale Il codice penale, oltre all’incapacità d’agire del minore e quella dell’interde9o giudiziale, prevede un altro caso di incapacità d’agire, come pena accessoria di una condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a 5 anni: per indicare questa ipotesi si parla di interdizione legale. Il condannato è in stato di interdizione legale fino a quando dura la pena. All’interde9o legale si applicano, per la disponibilità e l’amministrazione dei suoi beni, le norme de9ate per l’interde9o giudiziale. 39 L’incapacità naturale E’ incapace naturale la persona che sebbene legalmente capace, sia tu9avia incapace di intendere o di volere (art.428 c.c.). In tale situazione può trovarsi l’infermo di mente, il malato grave, l’anziano, il drogato, l’ubriaco. Come si vede l’incapacità naturale può consistere sia in una condizione permanente di incapacità, sia in una situazione transitoria: ciò che conta, affinchè l’incapacità naturale assuma rilevanza, è il momento in cui un a9o giuridico sia stato posto in essere. L’impugnabilità consegue automa2camente alla sola incapacità naturale per alcuni aC più gravi (matrimonio, testamento, donazione). L’art.428 dis2ngue due ipotesi: a) per gli aC unilaterali (es. acce9azione di una eredità dannosa), per l’invalidità dell’a9o occorre altre all’incapacità di intendere o di volere, un grave pregiudizio a danno dell’incapace. b) per i contraC, per l’invalidità dell’a9o occorre oltre all’incapacità di intendere e di volere la mala fede dell’altro contraente. 39. Incapacità relaFva (emancipazione, inabilitazione) La minore età e l’interdizione sono incapacità legali assolute: in quanto non consentono al sogge9o di compiere validamente alcun a9o giuridico. Ma il minore può essere talvolta emancipato o l’infermità non essere così grave da farsi luogo all’interdizione. In queste ipotesi si ha la c.d. incapacità rela5va o parziale: il sogge9o non può compiere da solo gli aC che possano 16 incidere sul suo patrimonio, ma può compiere validamente aC di ordinaria amministrazione (art. 394,424 c.c.). AC di ordinaria amministrazione sono quelli che riguardano la conservazione del bene e il consumo del reddito che il bene dà. Incapaci rela2vi o parziali sono il minore emancipato e l’inabilitato. L’emancipazione può essere quindi conseguita soltanto dal minore che venga ammesso dal tribunale a contrarre matrimonio prima del compimento del 18° anno (art.84 c.c.). In tal caso con il matrimonio il minore risulta emancipato di diri-o, ossia senza bisogno di altri provvedimen2 (art.390 c.c.). L’inabilitazione può essere pronunciata dal giudice nei confron2 dell’infermo di mente lo stato del quale non sia talmente grave da far luogo all’interdizione (art.415 c.c.). Sono anche causa di inabilitazione: l’abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacen2, il sordomu2smo o la cecità dalla nascita o dalla prima infanzia. La revoca dell’inabilitazione è disposta quando cessa la causa che via ha dato luogo. LegiCma2 a chiedere la revoca sono gli stessi soggeC che possono promuovere il procedimento di inabilitazione. 40. Rappresentanza legale Ogni sogge9o legalmente incapace di agire deve avere un rappresentante legale che sia in condizione di curare i suoi interessi e compiere ogni a9o giuridico opportuno in sos2tuzione dell’incapace. Per i minorenni, la rappresentanza legale spe9a ai genitori (art.320 c.c.). Se entrambi i genitori sono mor2 o per altra causa non possono esercitare la patria potestà deve essere nominato un tutore (art.343 c.c.): la nomina spe9a al giudice tutelare che deve scegliere “persona idonea all’ufficio, di ineccepibile condo9a, la quale di affidamento di educare e is2tuire il minore conformemente a quanto è prescri9o nell’art.320 c.c. . Sia i genitore che il tutore non possono compiere aC di straordinaria amministrazione dei beni del minore senza autorizzazione del giudice tutelare (ar9.320, 372, 374, 375 c.c.). All’interde9o può essere nominato pure un tutore provvisorio se, dopo l’esame dell’interdicendo, il giudice si convinca che ciò sia opportuno (art.419.3 c.c.). 41. Assistenza All’incapacità rela2va o parziale si ovvia, per gli aC di straordinaria amministrazione, facendo ricorso all’assistenza che è affidata al curatore. Ques2 non si sos2tuisce, come accade nella rappresentanza legale, all’emancipato o all’inabilitato, che esprimono anch’essi la loro volontà, ma integra la dichiarazione di volontà dell’uno o dell’altro. Purchè l’a9o sia valido il curatore deve dare il suo assenso. Il curatore è nominato dal giudice tutelare (ar9.392, 424 c.c.). 42. L’autorizzazione Per taluni aC più gravi, che possono depauperare il patrimonio dell’incapace occorre l’autorizzazione da parte di un organo pubblico, il quale deve controllare se l’a9o corrisponda agli interessi del minore. L’autorizzazione si chiede con ricorso al giudice competente che provvede in camera di consiglio con decreto mo2vato. 43. La legiTmazione. L’apparenza 17 morte, quindi, se la persona ritorna e se ne prova l’esistenza, recupera i beni nello stato in cui si trovano ed ha diri9o di conseguire il prezzo di quelli aliena2 (art.66 c.c.), il nuovo matrimonio contra9o dal suo coniuge è invalido (art.68 e 117.5 c.c.). Tu9avia, l’annullamento non pregiudica i figli, i quali restano legiCmi. Si applicano i principi che l’art.128 c.c. stabilisce per il matrimonio puta2vo. Per la dichiarazione di morte presunta occorre che siano trascorsi 10 anni dal giorno a cui risale l’ul2ma no2zia dell’assente (art.58 c.c.); termini minori sono richies2 dall’art.60 c.c. nell’ipotesi di scomparsa in operazioni belliche, prigionia di guerra, infortuni. 51. Gli aT dello stato civile Le vicende più importan2 della persona fisica sono documentate in apposi2 registri (registri dello stato civile), tenu2 nell’ufficio di ogni comune. I registri sono 4: a) di ci9adinanza b) di nascita c) di matrimonio d) di morte. Essi sono pubblici (art.450 c.c.): chiunque può chiedere estraC e cer2fica2. I registri dello stato civile adempiono, pertanto, anche alla funzione di pubblicità-no5zia delle vicende principali della persona fisica. Capitolo 8: IL SOGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO 20 B) LA PERSONA GIURIDICA 52. Gli enF Persone giuridiche dovrebbero essere soltanto gli en2 specificamente individua2 e registra2 (art. 33 e 2200 c.c.). Si cos2tuiscono inoltre, en2 “di fa9o”, ciascuno privo di riconoscimento come persona giuridica, ma comunque aCvi come centri ai quali è delegata la cura di interessi se9oriali di gruppi più o meno numerosi di individui (campo sociale, culturale, spor2vo…). 53. Classificazione degli enF Gli en2 si dis2nguono in base ai diversi criteri di classificazione: a) persone giuridiche pubbliche e persone giuridiche private, o persone giuridiche “di diri9o pubblico” (art.11 c.c.) e persone giuridiche “di diri9o privato” (art.12 c.c.). Tra le prime vi è innanzitu9o lo Stato e poi gli altri en2 pubblici territoriali (regioni, province, comuni), nonché altri numerosi en2 pubblici (Inps…); b) en2 registra5 (art.34 e 2200 c.c.) ed en2 “di fa9o” (quali le associazioni non riconosciute, le società semplici); c) en2 a stru9ura associa5va (a base contra9uale e con la partecipazione di una pluralità di persone) ed en2 a stru9ura is5tuzionale, cos2tui2 da volontà unilaterale di un fondatore (Stato o privato); d) en2 con finalità di lucro ed en2 con finalità ideali ( poli2che, sindacali, culturali, spor2ve….); e) tra gli en2 con finalità di lucro dis2nguiamo en2 con finalità egois2che, in cui cioè gli operatori intendono appropriarsi degli eventuali lucri ricava2, ed en2 c.d. non profit, in cui gli operatori, invece, si impegnano a non distribuirsi gli u2li, ma o a reinves2rli nell’impresa o a des2narli ad altri scopi non lucra2vi. Le figure più importan2 di en2 sono: le società, le associazioni, le fondazioni, le organizzazioni di volontariato. 54. Autonomia patrimoniale della persona giuridica Elemento cara9eris2co fondamentale della persona giuridica è la c.d. autonomia patrimoniale: vale a dire che il patrimonio dell’ente si dis2ngue ne9amente da quello degli associa2, degli amministratori, di qualunque altro sogge9o. 55. ElemenF della personalità giuridica Gli elemen2 cos2tu2vi della persona giuridica sono, per le associazioni, una pluralità di persone e lo scopo comune; per le fondazioni, il patrimonio e lo scopo. Ma non basta che ques2 elemen2 sussistano perché la personalità giuridica sia a9ribuita. Perché nasca, occorre il riconoscimento dello Stato, concesso con decreto del Presidente della Repubblica (art.12 c.c.). La facoltà di riconoscimento può anche essere delegata dal Governo ai prefeC per determina2 categorie di en2 che esercitano la loro aCvità nell’ambito della provincia. Il riconoscimento può, peraltro, anche essere conferito genericamente dalla legge (riconoscimento generico). Il riconoscimento è, di regola, preceduto da aC mediante i quali uno o più persone manifestano la volontà di dar vita ad una persona giuridica. Questo a9o si chiama a-o cos5tu5vo. 21 La vita e l’aCvità della persona giuridica sono regolate da un a9o che si chiama statuto. Esso può essere anche incorporato nell’a9o cos2tu2vo o nel negozio di fondazione. 56. Capacità e formazione della volontà della persona giuridica La persona giuridica non può unirsi in matrimonio, avere figli, essere 2tolari di rappor2 di natura familiare, …, peraltro, essa può essere 2tolare di alcuni diriC personalissimi (diri9o al nome, all0integrità morale ….). Le persone giuridiche non sono, per loro natura, in condizione di formare una loro volontà e di esprimerla. Esse si servono di persone fisiche, le quali si chiamano organi. La persona giuridica, dunque, agisce a9raverso i suoi amministratori, i quali ne hanno in primo luogo la ges2one e inoltre hanno il potere di rappresentare l’ente di fronte ai terzi. 57. La nazionalità e la sede La ci9adinanza è un conce9o riferibile alle persone fisiche, rispe9o alle persone giuridiche, per designare l’appartenenza a questo o a quello Stato, si usa il termine nazionalità. La nazionalità è determinata dallo Stato che ha proceduto al riconoscimento. Alle persone giuridiche non si applicano i conceC di dimora e di residenza; essi sono sos2tui2 da quello di sede, che è il luogo in cui la persona giuridica svolge la sua principale aCvità. La sede deve risultare dall’a9o cos2tu2vo (art.16 c.c.); deve essere indicato nel registro delle persone giuridiche (art.33 c.c. sede legale). Se, questa sede è diversa da quella effeCva, i terzi hanno facoltà di a9ribuire prevalenza a quest’ul2ma. 58. L’esFnzione Le persone giuridiche non sono sogge9e alla morte, ma la loro es2nzione ha luogo per cause previste nell’a9o cos2tu2vo o nello statuto. Inoltre, l’es2nzione si produce per il venire meno dell’elemento fondamentale per l’esistenza della persona giuridica: lo scopo. Ciò ha luogo quando lo scopo è stato raggiunto e ne è diventata impossibile la realizzazione. Nelle associazioni l’es2nzione di verifica anche per lo scioglimento disposto dall’assemblea o dal governo, oppure quando tuC gli associa2 sono venu2 a mancare. Non è sufficiente, invece, la perdita dei beni, perché il patrimonio si può ricos2tuire con lasci2, donazioni … L’es2nzione non ha luogo automa2camente, ma è necessario un provvedimento di cara9ere pubblico: la dichiarazione dell’autorità governa2va su istanza di qualunque interessato o di ufficio. Ma neppure questo provvedimento vale a segnare la fine della persona giuridica: esso serve solo a determinare il passaggio alla fase della liquidazione. Durante questa fase la personalità dell’ente con2nua a sussistere, ma con la limitazione che possono essere compiu2 solo gli aC necessari per la finalità della liquidazione. Ricevuta infaC la comunicazione del provvedimento di es2nzione, gli amministratori non possono compiere nuove operazioni. I beni residua2 dalla liquidazione sono devolu2 secondo le disposizioni dell’a9o cos2tu2vo o dello statuto, in mancanza di queste provvede l’autorità governa2va. 59. La pubblicità delle vicende delle persone giuridiche Le vicende fondamentali rela2ve alle persone giuridiche sono indicate in un registro is2tuito in ogni provincia (art.33 c.c.). Per spingere gli amministratori o i liquidatori ad effe9uare le richieste di iscrizione nei casi e nei termini previs2 dalla legge sono stabilite sanzioni penali (art.35 c.c.): 22 Qualsiasi sollecitazione all’inves2mento rivolta al pubblico per l’acquisto di strumen2 finanziari, deve essere preven2vamente comunicata alla Consob, allegando un apposito prospe9o des2nato alla pubblicazione e contenente ogni informazione u2le per consen2re ad ogni interessato una adeguata valutazione dell’inves2mento ogge9o della sollecitazione. 66. Beni fungibili ed infungibili Fungibile è il bene che può essere sos2tuito indifferentemente con un altro, in quanto non interessa avere proprio quel bene, ma una data quan2tà di beni di quel genere. Per adempiere l’obbligazione di dare una quan2tà di beni fungibile e renderne proprietaria un’altra persona è necessaria la separazione, la quale consiste nella numerazione, nella pesatura o nella misura della parte dovuta (art.1378 c.c.). 67. Beni consumabili e inconsumabili Consumabili sono quei beni che non possono prestare u2lità all’uomo senza perdere la loro individualità o senza che il sogge9o se ne privi (es. danaro). Gli altri beni (es. i ves22) sono inconsumabili , ancorchè si deteriorano con l’uso. I beni consumabili, siccome capaci di una sola u2lizzazione, sono anche deC beni di u2lità semplice;i beni inconsumabili, in quanto susceCbili di una serie di u2lizzazioni, sono invece deC beni di u2lità permanente 68. Beni divisibili e indivisibili Divisibili sono le cose susceCbili di essere rido9e in par2 omogenee senza che se ne alteri la des2nazione economica (es. un fondo, un edificio, un animale morto); è indivisibile, invece, un animale vivo, un appartamento. L’indivisibilità può dipendere pure dalla volontà delle par2, che possono considerare non susceCbile di divisione anche un bene che, secondo il comune modo di vedere, è ritenuto divisibile. 69. Beni presenF e futuri Presen2 sono i beni già presen2 in natura; solo ques2 possono formare ogge9o di proprietà o di diriC reali. Possono, peraltro, formare ogge9o di rappor2 obbligatori (art.1348 c.c.), salvo i casi in cui ciò non sia vietato dalla legge. La ragione per cui non è concepibile un rapporto di natura reale su un bene futuro è ovvia: non si può esercitare un potere immediato su una cosa che non esiste. Comunque può darsi che chi acquista un bene futuro non voglia assumere nessun rischio: è perciò stabilito che, se esso non viene ad esistenza, il contra9o non produce effe9o e nessun corrispeCvo è dovuto dall’altra parte. Del tu9o diversa è, invece, l’ipotesi in cui le par2 si affidano alla sorte (e perciò il contra9o è de9o aleatorio): comprano ciò che si ricaverà dal ge9o della rete, e quindi lo stesso prezzo sarà dovuto sia nel caso che la rete esca dal mare piena di pesci sia in quello in cui risul2 vuota. 70. I fruT 25 I fruC si dis2nguono in: fru9 naturali e fru9 civili. I fruC naturali provengono dire9amente da altro bene, con o senza l’opera dell’uomo, come i prodoC agricoli, i prodoC delle miniere (art.820.1 c.c.). perché si possa parlare di fruC, occorre che la produzione abbia cara9ere periodico e non incida sulla sostanza e sulla des2nazione economica della cosa madre. Finchè non avviene la separazione dal bene che li produce i fruC naturali si dicono penden5: essi formano parte della cosa madre, non hanno ancora esistenza autonoma. Si può tu9avia disporre di essi come di cosa mobile futura (art.820.2 c.c.). chi li vende non trasferisce al compratore il diri9o di proprietà su di essi, ma si obbliga a trasferirlo allorchè verranno ad esistenza. L’acquirente potrà chiedere che sia effe9uata la separazione; solo quando questa si sarà verificata, acquisterà il diri9o di proprietà sui fruC. Se la cosa madre forma ogge9o di procedimento di espropriazione forzata da parte del creditore che vuol soddisfarsi del proprio credito, il pignoramento che cade sulla cosa madre colpisce anche i fruC penden2, appunto perché essi non hanno ancora esistenza autonoma (art.2912 c.c.). FruC civili sono i reddi2 che si conseguono da un bene, come corrispeCvo del godimento che ne venga concesso ad altri. Tali sono gli interessi di capitali, i dividendi azionari, le rendite vitalizie, il corrispeCvo delle locazioni. I fruC civili devono avere il requisito della periodicità. Essi si acquistano giorno per giorno in ragione alla durata del diri9o: così ad es. se viene venduta la cosa locata, il canone in corso di maturazione va diviso tra alienante ed acquirente in proporzione della durata dei rispeCvi diriC. 71. Combinazione dei beni Cosa semplice è quella i cui elemen2 sono talmente compenetra2 tra di loro che non possono staccarsi senza distruggere o alterare la fisionomia del tu9o (es. un animale, un minerale, un fiore). Cosa composta è, invece, quella risultante dalla connessione, materiale o fisica, di più cose, ciascuna delle quali potrebbe essere staccata dal tu9o ed avere autonoma rilevanza giuridica ed economica (es. la cosa è fa9a di ma9oni, di un’armatura di ferro…). 72. Le perFnenze Se una cosa è posta a servizio o ad ornamento di un’altra, senza cos2tuirne parte integrante e senza rappresentare elemento indispensabile per la sua esistenza, ma in guisa da accrescerne l’u2lità o il pregio, si ha la figura della per2nenza (art.817 c.c.). Per la cos2tuzione del rapporto di per2nenza occorrono sia l’elemento oggeCvo (ornamento tra cosa e cosa) sia l’elemento soggeCvo (volontà di effe9uare la des2nazione dell’una cosa a servizio od ornamento dell’altra). Esempi di per2nenza d’immobile ad immobile: il box è des2nato al servizio di una casa d’abitazione; un pozzo per l’irrigazione di un fondo. Esempi di per2nenza di mobile ad immobile: la cucina a gas e lo scaldabagno. Esempi di per2nenza di mobile a mobile: le scialuppe di una nave. La des2nazione di una cosa al servizio o all’ornamento dell’altra fa sì che l’una cosa abbia cara9ere accessorio rispe9o all’altra, che assume posizione principale. Se manca il vincolo di accessorietà, non vi è figura della per2nenza. Il vincolo che sussiste tra due cose dev’essere durevole, ossia non occasionale, e dev’essere posto in essere da chi è proprietario della cosa principale ovvero ha diri9o reale su di essa (art.817 c.c.). 26 Le per2nenze seguono, di regola, lo stesso des2no della cosa principale, a meno che non sia diversamente disposto (art.818 c.c.). La legge tutela la buona fede dei terzi in riferimento a: a) cos5tuzione: i terzi, proprietari delle per2nenze, possono rivendicarle contro il proprietario della cosa principale. Se, tu9avia, costui ha alienato la cosa principale, senza esclusione della per2nenza, a terzi i quali ignoravano che la per2nenza non apparteneva al proprietario della cosa principale, l’art.819 c.c. protegge ques2 terzi contro facili frodi ai loro danni. Se la cosa principale è un bene immobile o un mobile registrato, ai terzi in buona fede non si può opporre l’esistenza di diriC altrui sulle per2nenze, se esse non risultano da scri9ura avente data certa (art.2704 c.c.), anteriore all’a9o di acquisto da parte del terzo in buona fede. Se poi la cosa principale è un mobile non registrato, il terzo acquirente in buona fede è prote9o in base al principio possesso vale 5tolo; b) cessazione: la cessazione della qualità della per2nenza non è opponibile ai terzi i quali abbiano anteriormente acquistato diriC sulla cosa principale (es. se la cosa principale è stata venduta dal proprietario a Tizio senza esclusione delle per2nenze e queste poi vengono vendute a Caio, questa seconda vendita non può essere opposta a Tizio (art.818.3 c.c.). 73. Le universalità patrimoniali L’art.816 c.c. definisce universalità di mobili la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una des2nazione unitaria (es. i libri di una biblioteca). L’universalità di mobili si dis2ngue dalla cosa composta perché non vi è coesione fisica tra le varie cose; si dis2ngue dal complesso per2nenziale in quanto le cose non si trovano l’una rispe9o all’altra in rapporto di subordinazione: l’una non è posta a servizio o a ornamento dell’altra, ma tu9e insieme cos2tuiscono una en2tà nuova dal punto di vista economico-sociale: la biblioteca, il gregge. I beni che formano l’universalità possono essere considera2 a volte separatamente (art.816.2 c.c.) a volte come un tu9’uno. Ciò dipende dalla volontà delle par2 ed assumere par2colare importanza nell’usufru9o. Il principio “possesso vale 2tolo” non si applica all’universalità di mobili (art.1156 c.c.). Inoltre, il possesso di un’universalità di mobili può essere tutelato con l’azione di manutenzione (art.1170 c.c.), che non è concessa, invece, per i beni mobili. 74. L’azienda Un’azienda è cos2tuita da un insieme di beni vari, tuC organizza2, ossia collega2 tra loro da un nesso di dipendenza reciproca, in guisa da servire al fine produCvo comune: danaro, credi2, bo9ega, merci. Tra gli elemen2 che formano l’azienda ha par2colare importanza l’avviamento che si può definire come la capacità di profi9o dell’azienda. Secondo la cassazione, l’avviamento è una qualità dell’azienda, che può anche mancare come accade nel caso di un’azienda di nuova cos2tuzione, o di azienda già in esercizio che abbia cessato temporaneamente di funzionare. Per quanto riguarda l’impresa, il c.c. non dà la definizione, ma dà quella dell’imprenditore, che, secondo l’art.2082 c.c., è chi esercita professionalmente un’aCvità economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (es. agricoltore, assicuratore…). L’impresa, dunque, è l’aCvità economica svolta dall’imprenditore; l’azienda è, invece, il complesso dei beni di cui l'imprenditore si avvale per svolgere l’aCvità stessa. 27 seguente non fes2vo; se il termine è a mese, si segue il criterio secondo il quale il termine scade nel giorno corrispondente a quello del mese iniziale. 79. Influenza del tempo sull’acquisto e sull’esFnzione dei diriT soggeTvi Il decorso di un determinato periodo di tempo insieme con altri elemen2 può dar luogo all’acquisto o all’es2nzione di un diri9o soggeCvo. Se il decorso del tempo serve a far acquistare un diri9o soggeCvo, l’is2tuto che viene in considerazione è l’usucapione; invece, l’es2nzione del diri9o soggeCvo per decorso del tempo forma ogge9o di altri due is2tu2: la prescrizione es2n2va e la decadenza. B) LA PRESCRIZIONE ESTINTIVA 80. Definizione e fondamento La prescrizione es2n2va produce l’es2nzione del diri9o soggeCvo per l’inerzia del 2tolare del diri9o stesso che non lo esercita (art.2934 c.c.) o non ne usa (art.954.4, 970, 1014, 1073) per il tempo determinato dalla legge. 81. OperaFvità della prescrizione Le par2 non possono rinunciare preven2vamente alla prescrizione (art.2937 c.c.) né prolungare né abbreviare i termini stabili2 dalla legge (art.2936 c.c.). Il debitore che paga spontaneamente il debito, non può farsi res2tuire quanto ha pagato (art. 2940 c.c.). Si verifica così, una ipotesi di obbligazione naturale (art.2034 c.c.). 82. OggeDo della prescrizione La regola è che tuC di diri9o sono soggeC a prescrizione es2n2va; ne sono esclusi i diriC indisponibili come gli sta2, la potestà dei genitori sui figli minori, … (art.2934 c.c. diriC imprescriCbili). La ragione dell’esclusione è che ques2 diriC sono a9ribui2 al 2tolare nell’interesse generale e cos2tuiscono, spesso, oltre che un potere anche un dovere. Anche il diri9o di proprietà non è sogge9o a prescrizione es2n2va (art.948.3), perché anche il non uso è un espressione della libertà riconosciuta al proprietario: inoltre la prescrizione ha sempre come finalità il soddisfacimento di un interesse, la dove l’es2nzione del diri9o di proprietà per non uso non avvantaggerebbe nessuno. Sono inoltre imprescriCbili sia l’azione di pe2zione di eredità (art.533.2 c.c.) sia l’azione per far dichiarare la nullità di un negozio giuridico (art.1422 c.c.). 83. Inizio della prescrizione La prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diri9o avrebbe potuto essere esercitato; quindi se il diri9o deriva da un negozio so9oposto a condizione o a termine, la prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata o il termine è scaduto. 84. Sospensione e interruzione della prescrizione La sospensione è determinata o da par2colari rappor2 fra le par2 (art.2941 c.c. tra i coniugi, tra il genitore che esercita la potestà sue figli minori), o dalla condizione del 2tolare (art.2942 c.c. minori non emancipa2 o interdeC per infermità di mente o militari in servizio aCvo in tempo di 30 guerra). Le cause indicate sono tassa2ve, cosìcchè i semplici impedimen2 di fa9o non valgono ad impedire il decorso della prescrizione. L’interruzione ha luogo o perché il 2tolare compie un a9o (art.2943 c.c.) con il quale esercita il diri9o o perché il diri9o viene riconosciuto dal sogge9o passivo del rapporto (art.2944 c.c.). Nella sospensione l’inerzia del 2tolare del diri9o con2nua a durare, ma è gius2ficata; nell’interruzione invece è l’inerzia stessa che viene a mancare o perché il diri9o è stato esercitato, o perché esso è stato riconosciuto dall’altra parte. La differenza tra la sospensione e l’interruzione è che: la sospensione spiega i suoi effeC per tu9o il periodo per il quale gioca la causa gius2fica2va dell’inerzia (quindi per esempio finchè dura la minore età), ma non toglie valore al periodo eventualmente trascorso in precedenza (es. prima del matrimonio). Nella sospensione quindi, il tempo anteriore al verificarsi della causa di sospensione non perde la sua efficacia e si somma con il periodo successivo alla cessazione dell’opera2vità della causa di sospensione. Invece, l’interruzione, facendo venir meno l’inerzia, toglie ogni valore al tempo anteriormente trascorso: dal beneficarsi del fa9o interruCvo, però, comincia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione (art.2945 c.c.). 85. Durata della prescrizione Rispe9o alla durata si dis2nguono la prescrizione ordinaria e le prescrizioni brevi. La prima è applicabile in tuC i casi in cui la legge non dispone diversamente e dura 10 anni (art. 2946 c.c.). Il periodo più lungo (20 anni) è stabilito in armonia con il termine per l’usucapione (art.1158 c.c.), per l’es2nzione dei diriC reali su cosa altrui (art.954, 970, 1014, 1073 c.c.). Termini più brevi sono previs2 per altri 2pi di rapporto e danno luogo alle c.d. prescrizioni brevi (art.2947 e segg.). Esse riguardano il diri9o al risarcimento del danno, le prestazioni periodiche (art.2948 c.c.) e vari rappor2 commerciali (società, spedizione, trasporto, assicurazione). 86. Le prescrizioni presunFve Le prescrizione presun2ve si basano sulla considerazione che vi sono rappor2 della vita quo2diana nei quali l’es2nzione del debito può avvenire senza che il debitore abbia cura di richiedere e conservare una quietanza che gli garan2sca la possibilità di provare anche a distanza di tempo, di avere già provveduto ad es2nguere il debito. A sua tutela perciò, la legge, trascorso un breve periodo, presume che il debito si sia già es2nto. Si no2 bene: non è che il debito si es2ngua, ma si presume che si sia es2nto ossia che il debitore è esonerato dall’onere di fornire in giudizio la prova dell’es2nzione. Le presunzioni sono di due specie: quelle che amme9ono la prova contraria e quelle che non la amme9ono (art.2728 c.c.). La presunzione che nasce a favore del debitore dalla prescrizione presun2va appar2ene alla prima categoria. Contro la presunzione di es2nzione non è ammesso qualsiasi mezzo di prova; il creditore, il quale abbia lasciato trascorrere imprudentemente l’intero periodo prescrizionale prima di pretendere il pagamento, ove la prescrizione presun2va sia stata posta in giudizio, può cercare di vincerla solo o9enendo dal debitore la confessione che il debito, in realtà, non è stato pagato (art.2959 c.c.); altrimen2 occorre deferire all’altra parte il giuramento decisorio (art.2736 c.c.), ossia l’invito ad assumere tu9e le responsabilità ineren2 ad una dichiarazione solenne davan2 al giudice con la quale il debitore confermi che l’obbligazione sia davvero es2nta (art.2960 c.c.). Il vantaggio che il debitore riceve opponendo la prescrizione presun2va è, perciò, chiaro: egli è esonerato dall’onere di provare quale fa9o avrebbe determinato l’es2nzione del debito: il giudice deve assolverlo dalla domanda di pagamento, senza bisogno che dimostri di avere effeCvamente già pagato ovvero che si è davvero verificata qualche altra causa di es2nzione del debito. 31 C) LA DECEDENZA 87. Fondamento e natura La decadenza produce l’es2nzione del diri9o in virtù del fa9o oggeCvo del decorso del tempo, esclusa, in genere, ogni considerazione rela2va alla situazione soggeCva del 2tolare. La decadenza implica, quindi, l’onere di esercitare il diri9o esclusivamente entro il tempo prescri9o dalla legge. La decadenza può, quindi, essere impedita solo dall’esercizio del diri9o mediante il compimento dell’a9o previsto (art.2966 c.c.). Con l’esercizio del diri9o cade, infaC, la stessa ragione d’essere della decadenza: l’onere, a cui era condizionato l’esercizio del diri9o, è ormai soddisfa9o. Non si applicano quindi gli is2tu2 della sospensione o interruzione. La decadenza legale cos2tuisce sempre un is2tuto eccezionale, in quanto deroga al principio generale, secondo il quale l’esercizio dei diriC soggeCvi non è so9oposto a limi2 e il 2tolare può esercitarli quando, come e dove gli pare opportuno. Capitolo 12: L’ATTO E IL NEGOZIO GIURIDICO 88. Classificazione degli aT giuridici Gli aC giuridici si dis2nguono in due categorie: aC conformi alle prescrizioni dell’ordinamento giuridico (a9 leci5) e aC compiu2 in violazione di doveri giuridici e che producono la lesione del diri9o soggeCvo altrui (a9 illeci5 art.2043 c.c.). Gli aC leci2 si dis2nguono in operazioni che consistono in modificazioni del mondo esterno (es. la presa di possesso di una cosa), e dichiarazioni, che sono aC direC a comunicare ad altri il proprio pensiero. Si dicono invece dichiarazioni di scienza di aC con quali si comunica ad altri di essere a conoscenza di un a9o o di una situazione (es. nella confessione). TuC gli aC umani consapevoli e volontari, che non siano negozi giuridici, sono denomina2 a9 giuridici in senso stre-o. 89. Il negozio giuridico Il negozio giuridico è una dichiarazione di volontà con la quale vengono enuncia2 gli effeC persegui2 ed alla quale l’ordinamento giuridico ricollega gli effeC giuridici conformi al risultato voluto. Il nostro c.c. non dedica un’apposita disciplina al conce9o di negozio giuridico: in esso è regolato il contra-o (ar9.1321-1469), il testamento (ar9.587-712), il matrimonio (ar9.84-142), alcune altre figure negoziali, ma non il negozio giuridico in generale. I negozi giuridici possono essere collega2 tra loro: la figura più importante è cos2tuita dal procedimento o a-o-procedimento, che consiste in più aC successivi, di cui ogni a9o cos2tuisce l’antecedente del successivo. 90. Classificazione dei negozi giuridici: a) in relazione alla struDura soggeTva 32 98. Formazione o perfezione del negozio In generale il negozio è formato o perfe-o quando la dichiarazione esce dalla sfera di colui che la manifesta. Per determinare il momento di perfezionamento occorre dis2nguere tra negozio unilaterale, negozio unilaterale receCzio e contra9o. I negozi unilaterali (es. testamento) non receCzi sono perfeC nel momento in cui la volontà viene manifestata; i negozi unilaterali receCzi nel momento in cui pervengono a conoscenza della persona a cui sono des2na2 (art. 1334 c.c.). L’efficacia, invece, è l’aCtudine nel negozio a produrre i suoi effeC. Non sempre perfezione ed efficacia coincidono: per es. il testamento è formato quando è stato reda9o, ma non produce i suoi effeC se non quando il testatore sia morto. Capitolo 14: CENNI SULLA PUBBLICITA’ 100. Fini e natura In mol2 casi, la legge impone l’iscrizione del negozio in registri tenu2 dalla pubblica amministrazione, che chiunque può consultare, o in giornali ufficiali, bolleCni…La pubblicità serve, pertanto, a dare ai terzi la possibilità di conoscere l’esistenza ed il contenuto di un negozio giuridico. 101. Tipi di pubblicità Dis2nguiamo tre 2pi di pubblicità: a) la pubblicità-no5zia, la cui omissione dà luogo ad una sanzione pecuniaria o penale, ma è irrilevante per la validità dell’a9o, che rimane anche opponibile ai terzi; b) la pubblicità dichiara5va che serve a rendere opponibile il negozio ai terzi. La sua omissione non determina l’invalidità dell’a9o, che produce egualmente i suoi effeC tra le par2; c) la pubblicità cos5tu5va: senza di essa il negozio non soltanto non si può opporre ai terzi, ma non produce effeC nemmeno tra le par2. Capitolo 15: MANCANZA DI VOLONTA’ E CONTRASTO TRA VOLONTA’ E DICHIARAZIONE A) IL PROBLEMA IN GENERALE 35 102. La teoria dell’affidamento Secondo questa teoria, se la dichiarazione diverge dall’interno volere, ma colui cui essa è des2nata non era in grado di conoscere la divergenza, il negozio è valido; è invalido se il des2natario sapeva che la dichiarazione non corrispondeva all’interno volere del dichiarante. Questa teoria vale per i negozi patrimoniali dell’intero volere a 2tolo oneroso, ma non per quelli mor2s causa, per i negozi di diri9o personale e familiare, e per quelli patrimoniali a 2tolo gratuito, nei quali occorre avere esclusivo riguardo alla volontà del dichiarante. B) CASI DI MANCANZA DI VOLONTA’ O DI DIVERGENZA 103. Dichiarazioni a scopo rappresentaFvo o didaTco; scherzo; riserva mentale; violenza fisica E’ applicando la teoria dell’affidamento che si risolvono i casi di mancanza di volontà o di divergenza tra volontà e dichiarazione. Dobbiamo dis2nguere le dichiarazioni fa9e nello scherzo, ossia in condizioni tali che ciascuno intenda che non si agisce sul serio; e le dichiarazioni fa9e per ischerzo, ossia con intenzione non seria, senza, però, che ciò risul2 all’altra parte. Nella prima il negozio è nullo, nella seconda è valido. La riserva mentale consiste nel dichiarare intenzionalmente cosa diversa da quel che si vuole effeCvamente, senza che l’altra parte sia in condizione di scoprire la divergenza. E, siccome chi riceve la dichiarazione non è tenuto ad indagare sulle reali intenzioni del dichiarante, questo rimane vincolato. La violenza fisica si ha quando manca del tu9o la volontà; la violenza psichica, invece, consiste in una minaccia che fa deviare la volontà inducendo il sogge9o ad eme9ere una dichiarazione che, senza la minaccia, non avrebbe emesso. Il negozio concluso per violenza fisica è nullo. 104. Errore ostaFvo L’errore osta2vo è l’errore che cade sulla dichiarazione (volevo scrivere 100 e ha scri9o 1000 per distrazione). C) LA FIGURA PIU’ IMPORTANTE: LA SIMULAZIONE 105. La nozione Si considera “simulato” un contra9o quando le par2 ne documentano la s2pulazione, al fine di poterlo invocare di fronte ai terzi, ma sono tra loro d’accordo che gli effeC previs2 dall’a9o simulato non si devono verificare. Così, la situazione giuridica che dovrebbe essere effe9o del contra9o è solo apparente, mentre la situazione giuridica reale rimane quella anteriore all’a9o. La divergenza tra la dichiarazione e la reale volontà delle par2 non soltanto è consapevole ma è addiri9ura concordata. Lo scopo per cui le par2 ricorrono alla simulazione si chiama causa simulandi. 106. Simulazione assoluta e relaFva La simulazione si dice assoluta se le par2 si limitano ad escludere la rilevanza, nei loro rappor2, del contra9o apparentemente simulato; si dice invece rela5va qualora le par2 concordino che nei 36 loro rappor2 interni assuma rilevanza un diverso negozio, che si dice dissimulato (nel qual caso, in realtà, le par2 non vogliono lasciare immutata la situazione giuridica preesistente, ma intendono modificarla secondo quanto da esse concordato con l’a9o dissimulato). La simulazione rela2va può essere ogge9va o sogge9va, a seconda che il negozio dissimulato differisca da quello simulato per quanto riguarda l’ogge9o dell’a9o, ovvero i soggeC. La figura più importante di simulazione rela2va soggeCva è la c.d. interposizione fi9zia di persona, che ricorre quando il contra9o simulato viene s2pulato tra Tizio e Caio, ma entrambi sono d’accordo con Sempronio che, in realtà, gli effeC dell’a9o si verificheranno nei confron2 di quest’ul2mo. L’interposizione fiCzia si dis2ngue dall’interposizione reale dove l’alienante non partecipa agli accordi tra acquirente (persona interposta) e terzo, cosicchè l’alienazione non è simulata, ma realmente voluta e gli effeC dell’a9o si producono regolarmente in capo all’acquirente, restando indifferente per l’alienante che quest’ul2mo non intende acquistare per sé, ma per conto di un terzo, con cui l’alienante non entra in rapporto e verso il quale né assume obblighi né acquista diriC. 107. EffeT della simulazione tra le parF Se la simulazione è assoluta si giunge alla conclusione che il negozio simulato non produce effe9o (art.1414 c.c.). Se la simulazione è rela2va, il contra9o simulato non può produrre effeC tra le par2 in quanto queste sono d’accordo nell’averlo s2pulato quale mera apparenza ma senza volerne realmente gli effeC. 108. EffeT della simulazione di fronte a terzi La prima situazione è quella dei terzi interessa5 a dedurre la simulazione (art.1415.2 c.c.): i terzi estranei al contra9o simulato, se ne sono pregiudica2, possono farne accertare la nullità. L’art.1415.1 c.c. dispone che la simulazione non può essere opposta né dalle par2 contraen2 né dagli aven2 causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diri9 dal 5tolare apparente. Per quanto riguarda l’onere della prova della buona fede, si applica il principio dell’art.1147 c.c., in base al quale la buona fede si presume. Perciò spe9a a chi vuole opporre la simulazione fornire la prova che il terzo acquirente è in mala fede. È importante chiarire che il terzo non solo è chi ha acquistato a 2tolo oneroso, ma anche chi ha acquistato a 2tolo gratuito. 109. EffeT della simulazione nei confronF dei creditori I creditore dell’apparente alienante hanno interesse a far valere la simulazione, perché ne vengono ad essere pregiudica2, in quanto non possono agire sui beni che sono apparentemente usci2 dal patrimonio del loro debitore; quelli dell’acquirente simulato invece, hanno un interesse contrario: essi infaC, hanno tu9o da guadagnare dalla possibilità di espropriare i beni che sono fiCziamente entra2 nel patrimonio del loro debitore. Ora, i creditore del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diriC e, facendo prevalere la realtà sull’apparenza, agire sui beni che solo apparentemente sono usci2 dal patrimonio del loro debitore (art.1416 c.c.). 37 Un negozio è annullabile ove sia stato posto in essere, in conseguenza di raggiri faC ai danni del suo autore. Per l’annullabilità dell’a9o devono concorrere: a) il raggiro, ossia un’azione idonea a trarre in inganno la viCma; b) l’errore del raggirato: non è sufficiente che l’autore dell’inganno abbia tentato di farmi credere cose non esa9e; se io ho capito come stavano in realtà le cose, non posso trarre a pretesto il comportamento della controparte. Il negozio, cioè, è annullabile solo se l’inganno ha avuto successo, c) la provenienza dell’inganno dalla controparte: se sono viCma di raggiri di terzi, che nulla hanno a che fare con l’altro contraente, l’a9o non è impugnabile, a meno che quest’ul2mo ne fosse a conoscenza e ne abbia tra9o vantaggio (art.1439.2 c. c.). Il dolo omissivo si ha quando si tacciono circostanze che avrebbero potuto indurre la controparte a rinunciare alla s2pulazione dell’a9o. Esso è sufficiente a far annullare il negozio. Il dolo incidente, invece, si limita ad incidere sulle condizioni contra9uali. Esso ricorre quando la viCma dell’inganno non si è determinata alla s2pula dell’a9o per effe9o del raggiro subito. In questo caso (art.1440 c.c. il contra9o non è annullabile, proprio perché il comportamento fraudolento del raggirante non è stato determinante del consenso. 118. Rilevanza del dolo Il dolo può avere rilevanza in tuC gli aC, tranne quelli in cui, per par2colari ragioni, tale rilevanza è esclusa dalla legge. 119. RapporF tra il dolo vizio della volontà e la nozione generale di dolo Il dolo, come elemento intenzionale dell’illecito, non indica un par2colare 2po di azione, un fa9o che si verifica nel mondo esterno, ma cos2tuisce soltanto un elemento soggeCvo o psicologico, ossia l’intenzione dell’agente di realizzare un determinato risultato e si concreta, quindi, nella corrispondenza tra un programma perseguito deliberatamente da una persona e l’azione da essa posta in essere; il dolo quale vizio della volontà, invece, denota proprio l’azione di chi inganna e che si concreta, quindi, in un determinato fa-o esterno. D) VIOLENZA 120. Nozione La violenza psichica consiste nella minaccia di un male ingiusto, rivolta ad una persona allo specifico scopo di estorcerle il consenso alla s2pulazione di un contra9o. La violenza assume rilievo come vizio della volontà esclusivamente quando miri soltanto ad o9enere dal minacciato il compimento di un a9o a cara9ere negoziale. 121. Violenza e stato di pericolo Nella faCspecie della violenza il 2more che spinge il sogge9o ad eme9ere la dichiarazione negoziale è provocato dalla minaccia altrui; nello stato di pericolo vi è una situazione di paura, ma non determinata dalla minaccia di altra persona dire9a a far concludere il negozio, bensì da una stato di fa9o oggeCvo, nella maggior parte dei casi da forze naturali (un incendio pone in 40 pericolo la vita di una persona cara ed io accedo alla richiesta esosa fa9a da chi ha la possibilità di intervenire per cercare di salvarla). Se per effe9o dello stato di pericolo una persona ha assunto obbligazioni a condizioni inique, il negozio non è annullabile, ma rescindibile. 122. RequisiF della violenza La legge richiede che si traC di una minaccia tale da fare impressione su una persona media(art. 1435 c.c.), anche se, ovviamente, per stabilire se la violenza esercitata presentava tale cara9eris2ca si deve guardare in concreto alle circostanze del caso (età, sesso, condizione delle persone art.1435 c.c.). Il male minacciato deve essere ingiusto e notevole e deve riguardare la viCma stessa , il coniuge, il discendente, un ascendente o i rispeCvi beni. Capitolo 17: LA CAUSA DEL NEGOZIO GIURIDICO 123. Nozione Elemento essenziale di ogni negozio giuridico è la sua causa. Si parla di causa dell’obbligazione per indicare “il 2tolo” da cui il debito deriva, la sua “fonte” (art.1173 c.c.); e di causa con riguardo a ciascuna a9ribuzione patrimoniale. Quando il contenuto del negozio dipende dalla libera scelta del privato è necessario che gli effeC complessivamente persegui2 siano gius2fica2. L’esigenza della causa lecita indica la necessità che siano leci2 non soltanto i singoli effeC persegui2 (es. trasferimento di una proprietà), ma sopra9u9o la loro combinazione, cioè non sempre un certo risultato può realizzarsi solo perché voluto e promesso: un “nudo” consenso non è sufficiente per dare luogo ad effeC giuridici. Per i contraC 5pici, che sono quelli disciplina2 specificatamente dal legislatore (compravendita, locazione…), l’esistenza e la liceità della causa è già valutata posi2vamente in linea di principio dalla legge: ma resta da valutare se anche in concreto il contenuto effeCvo del singolo accordo sia meritevole di approvazione. Per i contraC a5pici, che sono quelli che la pra2ca pone in essere pur in assenza di uno schema legisla2vo, la valutazione deve riguardare non solo il contenuto concreto dell’accordo, ma pure lo stesso schema generico della pa9uizione. 124. Negozi astraT In alcuni negozi, gli effeC si producono astraendosi dalla causa, la quale resta, per così dire accantonata. Tali negozi sono deC astra9 in contrapposizione agli altri che sono deC causali. Dis2nguiamo ora, l’astrazione sostanziale da quella processuale. La prima è quella per cui il negozio nel suo funzionamento resta svincolato dalla causa; la seconda presuppone, invece, che il negozio sia casuale: chi agisce per o9enere la prestazione, derivante a suo favore da siffa9o negozio, non ha l’onere di dimostrare l’esistenza e la liceità della causa, ma chi è chiamato in giudizio deve provarne l’eventuale mancanza o l’illiceità, se vuol so9rarsi alla condanna. La legge prevede l’astrazione processuale a proposito della promessa di pagamento e della ricognizione di debito: basta dimostrare che vi è stata siffa9a promessa o che vi è stato un siffa9o 41 riconoscimento, perché colui, a cui favore la dichiarazione è stata fa9a, sia dispensato dall’onere di provare il rapporto che gius2fica la promessa o il riconoscimento (art.1988 c.c.). 125. Mancanza della causa Dife-o gene5co della causa: Nei negozi 2pici la causa esiste sempre perché il legislatore l’ha prevista nel de9are le regole di quel determinato 2po di contra9o. Essa può, peraltro, mancare quando, per la situazione in cui dovrebbe operare, il negozio non può esplicare la sua funzione. Se compro una cosa che è già mia (supponendo che non si sappia che ma appar2ene, ma che ciò si venga a conoscere successivamente), ecco che il negozio non può realizzare il risultato di trasferirmi la proprietà di una cosa che è già di mia proprietà, e, se io ho pagato il prezzo, ho diri9o a riaverlo, perché, altrimen2, l’a9ribuzione patrimoniale non avrebbe gius2ficazione, sarebbe senza causa. Nei negozi a2pici la causa manca, quando il negozio non è dire9o a realizzare interessi meritevoli di tutela (art.1322 c.c.). Può darsi che la causa manchi originariamente solo in parte (dife-o gene5co parziale della causa). Ciò può avvenire nei contraC a prestazioni corrispeCve, nei quali al sacrificio patrimoniale di una parte fa riscontro quello dell’altra (es. vendita, nella quale il venditore trasferisce la cosa e il compratore paga il prezzo). Perché la causa debba ritenersi in parte mancante basterebbe che le due prestazioni non siano equivalen2: ma, per la sicurezza delle contra9azioni, la legge a9ribuisce rilevanza al dife9o di causa solo se lo squilibrio tra la prestazione di una parte e il corrispeCvo assuma proporzioni inique o notevoli. Possono esserci anche circostanze che impediscono alla causa di funzionare (dife-o sopravvenuto o funzionale della causa). Sia nel caso d’inadempimento che di impossibilità sopravvenuta o di eccessiva onerosità sopravvenuta il contra9o non è nullo, ma la parte può agire per la risoluzione del contra9o e così sciogliersi dal vincolo. 126. L’illiceità della causa La causa è illecita quando è contraria alla legge e all’ordine pubblico ( negozio illegale) e al buon costume (negozio immorale) (art.1343 c.c.): l’illiceità della causa produce la nullità del negozio (art.1418 c.c.). Se è stata eseguita una prestazione in esecuzione di un negozio avente causa illecita, essendo il negozio nullo, chi l’ha eseguita avrebbe diri9o ad o9enere la res2tuzione di ciò che ha dato (art.2033 c.c.: ripe5zione dell’indebito). Invece, la ripe5zione non è sempre ammessa. Bisogna tener presente a riguardo che l’immoralità può essere unilaterale o bilaterale: se per liberare una persona a me cara che è stata sequestrata, pago la somma richiesta, non comme9o un’azione immorale; l’immoralità è solo dalla parte dei bandi2 ed in questo caso il diri9o di chiedere la res2tuzione di quanto sia stato pagato è ovviamente riconosciuto all’interessato. Tale diri9o, invece, deve essere negato se il pagamento deve considerarsi immorale anche in relazione a chi effe9ua la prestazione (es. di colui che dà danaro per corrompere un pubblico funzionario) art.2035 c.c. 127. I moFvi 42 La revoca e le modificazioni della procura devono essere porta2 a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. 134. Vizi della volontà e staF soggeTvi nel negozio rappresentaFvo Il negozio concluso dal rappresentante sarà annullabile, se egli versava in errore, o è stato costre9o alla sua conclusione da violenza … Si fa eccezione nel caso in cui l’anomalia della volontà o lo stato soggeCvo influente si riferiscano ad un elemento predeterminato dal rappresentato, cioè, incidano sulle istruzioni da lui date. 135. Il confliDo di interessi tra rappresentante e rappresentato Se il rappresentante è portatore di interessi propri o di terzi in contrasto con quelli del rappresentato, si ha confli-o d’interessi tra rappresentato e rappresentante. L’a9o posto in essere dal rappresentante in confli9o di interessi è viziato, indipendentemente dal fa9o che il rappresentato sia stato effeCvamente danneggiato. Naturalmente il confli9o di interessi è irrilevante se il rappresentato, essendone a conoscenza, autorizzi il rappresentante a concludere egualmente il negozio. Se il rappresentante agisce in confli9o d’interessi con il rappresentato, il negozio è annullabile su domanda del rappresentato. Anche qui, il negozio è annullabile solo se il confli9o era conosciuto o poteva essere conosciuto con l’ordinaria diligenza dal terzo (art.1394 c.c.). Rientra nello schema del confli9o di interessi la figura del contra-o con se stesso (unico sogge9o che svolge contemporaneamente due par2). Questo contra9o è, di regola, annullabile: è valido quando il rappresentato abbia autorizzato espressamente la conclusione del contra9o oppure il contenuto del contra9o sia stato determinato preven2vamente dallo stesso rappresentato in guisa da escludere la possibilità di confli9o (art.1395 c.c.). Così, ad es., il commesso di negozio può acquistare merci nell’azienda a cui è adde9o, corrispondendo il prezzo stabilito dal principale per la vendita al pubblico. 136. Rappresentanza senza potere Il negozio compiuto da chi ha agito come rappresentante senza averne il potere (dife-o di potere) o eccedendo i limi2 delle facoltà conferitegli (eccesso di potere) non produce alcun effe9o nella sfera giuridica dell’interessato. Il negozio è perciò inefficace. InfaC esso non può dirsi nullo, perché la nullità opera in maniera defini2va, ed invece, secondo l’art.1399 c.c., l’interessato può ra2ficare, con effeC retroaCvi, il negozio s2pulato per lui dal c.d. falsus procurator; e nemmeno annullabile, perché prima della ra2fica il negozio concluso senza rappresentanza o eccedendo dei poteri conferi2 al rappresentante non produce effeC per l’interessato. Ques2 può, per altro, con una propria dichiarazione di volontà, approvare ciò che è stato fa9o da altri senza che egli avesse a9ribuito il potere di rappresentarlo. Questa dichiarazione si chiama ra5fica. La ra2fica può essere espressa o tacita: essa deve rives2re le forme previste dalla legge per la conclusione del negozio. Perciò, se Tizio, qualificandosi, senza esserlo, procuratore di Caio, ha venduto in immobile a Sempronio che lo ha rivenduto a Mevio, rende il primo negozio valido fin dall’inizio e per conseguenza elimina anche il vizio dell’acquisto di Mevio. La retroaCvità della ra2fica non può, peraltro, pregiudicare i diriC acquista2 dai terzi (art.1399.2 c.c.). Perciò, se Tizio ha venduto un suo immobile a Caio e poi viene a sapere che Mevio, 45 qualificandosi suo rappresentante senza averne il potere, ha concluso in suo nome una vendita a migliori condizioni, la ra2fica che egli faccia della vendita fa9a da Mevio non può toccare la validità del negozio (vendita a Caio) che egli ha già compiuto perdendo così il potere di disporre ulteriormente dell’immobile. Se il contra9o, mancando la ra2fica del rappresentato, rimane defini2vamente inefficace, vi è da chiedersi se il terzo possa chiedere il risarcimento dei danni allo pseudo-rappresentante. L’art. 1398 c.c. subordina un simile diri9o del terzo alla condizione che ques2 abbia confidato senza sua colpa nella validità del contra9o: se sapeva che colui che agiva in nome altrui non aveva il rela2vo potere, non può pretendere alcun risarcimento; se invece è stato ingannato, non si è accorto di aver a che fare con persona in realtà priva del potere di spendere, per quell’a9o, il nome del rappresentato, allora avrà diri9o di chiedere il risarcimento del danno subito. 137. La gesFone di affari altrui La legge (art.2028 c.c.), nel caso in cui taluno, spontaneamente assume la ges5one di affari altrui, stabilisce che, qualora la ges2one sia stata u2lmente iniziata, l’interessato deve adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunto in nome di lui (art.2931 c.c.). Non si deve guardare perciò, al risultato, cioè se dall’a9o il rappresentato ha tra9o vantaggio, ma occorre, invece, tener conto dell’u2lità iniziale e vedere, quindi, se l’affare stesso si prevedeva necessario o u2le, in base alla valutazione che il rappresentato come buon padre di famiglia avrebbe fa9o al momento in cui fu intrapreso. La ges2one di affari può avere anche le alienazioni di beni altrui. 138. Altre figure di cooperazione nell’altrui aTvità giuridica: in parFcolare il contraDo per persona da nominare La rappresentanza si dis2ngue da altre figure in cui una persona presta il proprio ausilio all’aCvità giuridica altrui. La forma più semplice è cos2tuita dal consiglio che una persona può dare ad un’altra sulla convenienza o sulla necessità di un determinato punto di vista giuridico, del tu9o estraneo all’a9o. Forme più complesse di cooperazione si riscontrano nell’assistenza. Nel momento della conclusione di un contra9o una parte può riservarsi la facoltà di nominare la persona nella cui sfera giuridica il negozio deve produrre effeC (art.1401 c.c.). può dire cioè: acquisto l’immobile, ma per persona che mi riservo di nominare. Se segue entro 3 gg. La dichiarazione di nomina, accompagnata dalla dichiarazione di acce9azione da parte della persona indicata, si producono gli stessi effeC che si sarebbero verifica2 se fosse stata conferita la procura anteriormente al negozio (ar9.1402, 1403, 1404 c.c.): l’acquisto si intende, cioè, fa9o fin da principio dalla persona indicata. Se manca la dichiarazione di nomina, il negozio produce effeC dire9amente nei confron2 di colui che ha s2pulato il contra9o riservandosi di fare la dichiarazione di comando, ma poi non l’ha fa9a (art.1405 c.c.). Le par2 possono convenire che la dichiarazione di nomina possa essere effe9uata entro un termine maggiore di 3 gg. fissato dalla legge, purchè si traC di un termine certo e determinato. Il contra9o per persona da nominare si dis2ngue dalla rappresentanza indire9a, in quanto non occorre un nuovo negozio perché gli effeC si producano a favore dell’interessato: basta la dichiarazione unilaterale di nomina, purchè fa9a nei termini. Si dis2ngue dall’interposizione fi9zia o simulata, perché in questa, con l’intesa dell’altra parte, il contraente dichiara apparentemente di agire in nome proprio, ma, in realtà, chi contrae è 46 l’interponente; nel caso del contra9o per persona da nominare il contraente, invece, dichiara di contrarre per persona da nominare. Il contra9o per persona da nominare si dis2ngue inoltre dal contra9o per conto di chi spe9 previsto dalla legge in alcuni casi (ar9.1513, 1690, 1891 c.c.). Capitolo 19: GLI ELEMENTI ACCIDENTALI DEL NEGOZIO GIURIDICO B) LA CONDIZIONE 140. Definizione La condizione è un avvenimento futuro ed incerto, dal quale le par2 fanno dipendere o la produzione degli effeC del negozio, cui la condizione è apposta, o l’eliminazione degli effeC che il negozio ha già prodo9o (art.1353 c.c.). La condizione può essere di due specie: sospensiva, se da essa dipende l’efficacia del negozio, risolu5va, se da essa dipende l’eliminazione degli effeC del negozio. Es. di condizione sospensiva: mi impegno a comprare il fondo tusculano al prezzo pa9uito se il Comune rilascerà la concessione ad aedificandum che è stata richiesta. Se invece compro il fondo subito, ma so9o la condizione che, ove entro un anno non venga rilasciata la concessione ad edificare, ili contra9o cesserà di avere i suoi effeC, la condizione è risolu2va. Altro es. di condizione risolu2va: il pa9o di risca9o. Non tuC i negozi giuridici tollerano l’apposizione della condizione: essa, per es., è inapponibile al matrimonio e, in genere, ai negozi di diri9o familiare, all’acce9azione dell’eredità, alla cambiale, all’acce9azione e alla girata della cambiale. La condicio fac5 dipende dalla volontà delle par2 che sono libere nello s2pulare un a9o, di opporre o non opporre la condizione secondo la valutazione che le par2 stesse fanno dei loro interessi. Invece, la condicio iuris cos2tuisce un elemento stabilito dalla legge, sul quale la volontà delle par2 non può influire. La condizione si dis2ngue in: casuale, se il suo avveramento dipende dal caso o dalla volontà dei terzi; potesta5va, se dipende dalla volontà di una delle par2; mista, se dipende in parte dal caso o dalla volontà di terzi, in parte dalla volontà di una delle par2. La condizione potesta2va si suddis2ngue in: meramente potesta5va se consiste in un comportamento della stessa parte obbligata, che può tenero o meno a suo arbitrio; potesta5va vera e propria o semplice o ordinata, se consiste in un comportamento che, pur essendo volontario, non è meramente arbitrario compiere o non compiere, perché costa qualche sacrificio o perché la volontà del debitore o dell’alienante dipende da un complesso di mo2vi ed interessi, sia pure rimessi alla sua valutazione (es. se costruirò un impianto per lo sfru9amento di energia ele9rica, 2 assumerò nel personale di tale stabilimento). 141. La presupposizione 47 146. EffeT del termine In relazione al termine si dis2nguono due momen2: pendenza (finchè la data indicata non sia giunta o l’avvenimento certo non si è avverato) e scadenza. Durante la pendenza, il diri9o non può essere esercitato, perché il termine ha appunto lo scopo di differirne l’esercizio. Ma, se l’altra parte adempie la sua obbligazione, essa non può ripetere la prestazione, perché non può chiedere la res2tuzione di ciò che deve successivamente dare. D) IL MODO 147. Natura Il modo è una clausola accessoria che si appone a una liberalità (is2tuzione di erede, donazione) allo scopo di limitarla. La limitazione può consistere in un obbligo di dare (2 is2tuisco erede con l’obbligo di dare 50 euro annue ai poveri), di fare (2 dono un immobile con l’obbligo di costruire un ospedale nel mio paese9 o di non dare (2 lascio in legato un terreno con l’obbligo di non costruirvi). Il modo non cos2tuisce cara9ere gratuito del negozio (gratuità del negozio modale). Da ciò deriva che il beneficiario del legato o della donazione modale non è mai tenuto oltre il valore della cosa che forma ogge9o del negozio stesso (ar9.671-793 c.c.). Il modo si dis2ngue dalla raccomandazione o dal semplice desiderio, espresso dal donante o dal testatore, che rappresenta un dovere esclusivamente morale per chi riceve l’a9ribuzione patrimoniale. Esso si dis2ngue anche dalla condizione sospensiva, in quanto questa non produce un obbligo a carico della persona, e, d’altro canto, il modo non sospende, a differenza della condizione sospensiva, l’efficacia del negozio. 148. Modo impossibile o illecito Poiché il modo cos2tuisce un mo2vo, si applica al modo illecito (2 dono una somma, ma devi uccidere un mio nemico) e al modo impossibile la disciplina che la legge ado9a rispe9o al mo2vo illecito negli aC a 2tolo gratuito (ar9.626, 799, 1419 c.c.). L’onere impossibile o illecito, sia che si traC di liberalità inter vivos che mor2s causa, si ha per non apposto. 149. Adempimento del modo Il modo cos2tuisce un obbligo giuridico. Perciò, l’adempimento dell’obbligo che forma ogge9o del modo può essere chiesto da ogni interessato (art.648.1 c.c.). Circa gli effeC dell’inadempimento ricordiamo che il modo non inerisce alla causa del negozio e non si confonde con il corrispeCvo, che cara9erizza i negozi a 2tolo oneroso. 50 Capitolo 20: INTERPRETAZIONE DEL NEGOZIO GIURIDICO 150. Le regole legislaFve di ermeneuFca Le regole di interpretazione si dis2nguono in due gruppi: a) regole di interpretazione sogge9va, quelle che sono dire9e a ricercare il punto di vista dei soggeC del negozio (ar9.1362-1365 c.c.); b) regole di interpretazione ogge9va, che intervengono quando non riesca possibile a9ribuire un senso al negozio nonostante il ricorso alle norme di interpretazione soggeCva (ar9. 1367-1371 c.c.). Il punto di riferimento dell’aCvità dell’interprete deve essere il testo della dichiarazione negoziale: ma non ci si deve limitare al senso le9erale delle parole (art.1362 c.c.); occorre invece ricercare quale sia stato il risultato perseguito con il compimento dell’a9o, e, quando si traC di un contra9o, quale sia stata “la comune intenzione delle par2”, ossia il significato che entrambe a9ribuivano all’accordo. Valgono ancora come sussidiari i seguen2 principi: a) gli usi interpreta5vi (art.1368 c.c.), ciò che pra2ca generalmente nel luogo in cui il contra9o è stato concluso o, se una delle par2 è un imprenditore, nel luogo in cui si trova la sede dell’impresa; b) la regola secondo cui le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese in quello più conveniente alla natura e all’ogge9o del contra9o (art.1369 c.c.); c) la clausola predisposta da una delle par2 nelle condizioni generali di contra9o o in moduli o formulari, nel dubbio si interpreta contro chi ha predisposto la clausola (art.1370 c.c.). Vi è da ul2mo una regola finale che si applica quando tu9e le altre si siano dimostrate inefficien2: l’art.1371 c.c. stabilisce che il negozio deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, se è a 2tolo gratuito, e nel senso che esso realizzi l’equo contemperamento degli interessi delle par2, se è a 2tolo oneroso. Capitolo 21: EFFETTI DEL NEGOZIO GIURIDICO 151. EffeT: a) tra le parF L’art.1372 c.c. afferma che il negozio giuridico ha forza di legge rispe9o alle par2 che lo hanno perfezionato. Vale a dire che gli effeC a9ribui2 all’a9o sono vincolan2 per chi lo ha posto in essere, quand’anche se ne sia pen2to (salvo, quando sia ammissibile la revoca dell’a9o o, per mutuo consenso, lo scioglimento del vincolo): ad es. chi ha concluso un contra9o è vincolato ad adempierlo e non può a suo arbitrio liberarsi dagli obblighi assun2. Per stabilire quali effeC un negozio è idoneo a produrre occorre non solo averlo interpretato, ma anche aver proceduto ad altre due operazioni: la qualificazione dell’a9o e la integrazione dei suoi effeC. 51 Per qualificazione dell’a9o s’intende la sua sussunzione so9o il nomen iuris dal quale si determina la disciplina applicabile. L’a9o non produce solo gli effeC persegui2 dalle par2, ma anche quelli dispos2 dalla legge, dagli usi e dall’equità. L’integrazione degli effeC del negozio è importante sopra9u9o per risolvere i problemi pos2 dalle eventuali lacune della disciplina negoziale, che possono essere colmate da norme disposi2ve. 152. b) rispeDo ai terzi Il negozio giuridico produce, di regola, i suoi effeC tra le par2: esso non può danneggiare né giovare al terzo estraneo (art.1372 c.c.). Naturalmente i negozi giuridici, se non producono effeC direC rispe9o ai terzi, possono peraltro produrre rispe9o ad essi effeC indire9 o riflessi. Se io vendo una cosa a Tizio, la proprietà della cosa passerà a Tizio e non ad una persona estranea al negozio, ma il terzo che voleva acquistare da me la stessa cosa rimarrà pregiudicato, perché non può più acquistarla da me. 153. Negozi ad effeT reali e negozi ad effeT obbligatori Gli effeC che i negozi aven2 contenuto patrimoniale possono produrre sono di due specie: reali ed obbligatori. In conformità a questa dis2nzione, essi si dis2nguono in negozi disposi5vi ad effe9 reali e negozi ad effe9 obbligatori: i primi hanno per ogge9o la trasmissione o la cos2tuzione di un diri9o reale o il trasferimento di un altro diri9o; i secondi danno luogo alla nascita di un rapporto obbligatorio. Capitolo 22: INVALIDITA’ ED EFFICACIA DEL NEGOZIO GIURIDICO A) IL PROBLEMA GENERALE 154. Invalidità Il negozio giuridico è invalido quando, per l’inosservanza dei limi2 stessi, il negozio è viziato, dife9oso, malato. L’invalidità può assumere due aspeC dis2n2: la nullità e l’annullabilità. B) LA NULLITA’ 155 Nozione Un a9o si dice nullo quando va valutato come inidoneo a produrre i suoi effeC 2pici. Per affermare la nullità di un negozio occorre individuare la causa che gius2fica l’inidoneità dell’a9o a produrre i suoi effeC. Tali cause possono raggrupparsi in tre categorie: a) specifica comminatoria di nullità contenuta in una norma di legge (art.1418.3 c.c.); b) la mancanza di uno degli elemen2 essenziali del negozio; c) quando l’a9o è contrario alla legge (art.1418.1 c.c.). 52 162. Nozione L’inefficacia può essere originaria (rispe9o alle par2 è sempre transitoria), e successiva (può dipendere dall’impugna2va di una delle par2 o di terzi). La cessazione degli effeC può anche derivare da apposi2 aC negoziali che si dis2nguono in: revoca, negozio successivo che toglie il negozio originario e determina l’eliminazione della situazione effe9uale derivante dal negozio originario; e recesso, negozio che è invece dire9o a sciogliere immediatamente il rapporto determinato dal contra9o (art.1373 c.c.). SEZIONE SECONDA: LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI Capitolo 23: LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI 164. Cenni sui Fpi di azione Chi esercita l’azione proponendo la domanda giudiziale si chiama a-ore (perché agisce), colui contro il quale l’azione si propone convenuto (perché è invitato nel suo interesse a presentarsi, se lo crede, nel giudizio e ad esporre le sue ragioni). Il diri9o di agire in giudizio per la tutela dei propri diriC non può essere soppresso o limitato nei confron2 di nessuno e per nessuna ragione. Se tra me e un’altra persona sorge controversia circa la sussistenza di un diri9o soggeCvo a mio favore, s’instaura un processo di cognizione che ha il compito di individuare il comando contenuto nella norma di diri9o sostanziale applicabile al caso concreto. Se io ho o9enuto la sentenza con cui Tizio viene condannato a pagarmi i danni e, ciò nonostante, egli non o9empera a quest’obbligo, io posso instaurare contro di lui un processo di esecuzione, la cui finalità consiste nel realizzare il comando contenuto nella sentenza (in questo caso, mediante l’espropriazione dei beni di Tizio e la loro vendita; sul danaro ricavato io soddisferò il mio credito). Per impedire che, nel corso del processo di cognizione, Tizio si spogli dei suoi beni, io posso avvalermi del processo cautelare (per es. posso chiedere ed o9enere il sequestro conserva2vo di quei beni), infaC, la finalità di tale processo è quella di conservare lo stato di fa9o esistente per rendere possibile l’esecuzione della sentenza. L’azione di cognizione può tendere ad una di queste tre finalità: 1) all’accertamento dell’esistenza o dell’inesistenza di un rapporto giuridico incerto e controverso ( se Tizio sia o meno proprietario di una cosa: azione e sentenza di mero accertamento); 2) all’emanazione di un comando, che il giudice rivolgerà alla parte soccombente di eseguire la prestazione che egli stesso riconosce dovuta all’a9ore (azione e sentenza di condanna); 3) alla cos2tuzione, modificazione o es2nzione di rappor2 giuridici (art.2908 c.c.). 55 165. La cosa giudicata L’efficacia del giudicato concerne anzitu9o il processo, esso preclude ogni ulteriore riesame ed impugnazione della sentenza. La cosa giudicata ha anche un valore sostanziale: non solo non si può impugnare la sentenza, ma, se in essa è stato riconosciuto il mio diri9o di proprietà o di credito, ciò non può formare più ogge9o di riesame tra me e l’altra parte in futuri processi. 166. Il processo esecuFvo e il pignoramento Se non viene adempiuto il comando contenuto nella sentenza, colui a cui favore è stato emesso può iniziare il processo esecu5vo. Esso può avere per ogge9o la consegna di una cosa mobile o il rilascio di un immobile (art.2930 c.c.), se non è adempiuto l’obbligo di consegnare l’una o l’altro. Se, invece, non è adempiuto un obbligo di fare, l’avente diri9o può o9enere solo che esso sia eseguito a spese dell’obbligato, tranne che si traC di un facere infungibile, nel qual caso può soltanto o9enere il risarcimento del danno. Se non è stato adempiuto un obbligo di non facere, l’avente diri9o può o9enere la distruzione a spese dell’obbligato (art.2933 c.c.). La forma più importante di processo esecu2vo è l’espropriazione dei beni del debitore, nel caso che egli non adempia l’obbligazione di pagare una somma di danaro (espropriazione forzata). Il pignoramento, invece, è l’a9o con il quale si assogge9a il bene all’azione esecu2va. L’art.2913 c.c. stabilisce che non hanno effe9o, in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, gli aC di alienazione dei beni so9opos2 a pignoramento. Capitolo 24: LA PROVA DEI FATTI GIURIDICI 167. Nozioni generali Tu9e le volte che su una circostanza vi sia divergenza tra le par2, il giudice è tenuto, per poter arrivare a definire la lite, a scegliere tra le contrapposte versioni. Nel giudizio civile, sono le par2 che devono preoccuparsi di indicare quali siano i mezzi di prova, ossia gli elemen2 in base ai quali ciascuna di esse ri2ene che la propria versione dei faC li2giosi risul2 più convincente di quella della controparte. Al giudice spe9a valutare anzitu9o se i mezzi di prova che le par2 offrono siano ammissibili, cioè conformi alla legge; e rilevabili, cioè abbiano ad ogge9o faC che possano influenzare la decisione della lite. Dopo aver ammesso e assunto le prove, egli valuterà, con la sentenza, la loro concludenza, ossia la loro idoneità o meno a dimostrare i faC sui quali vertevano. In ogni caso, comunque, il giudice deve mo2vare la sua decisione, spiegando le ragioni del suo convincimento. 168. L’onere della prova 56 Può darsi che, riguardo ai faC ogge9o di opposte versioni delle par2, nel processo siano del tu9o mancan2 mezzi di prova. In questo caso, il giudice, non potendo rifiutarsi di decidere, dovrà per forza scegliere una soluzione. La regola do giudizio che il legislatore gli offre si chiama “onere della prova” (art.2697 c.c.): in ordine a ciascun fa9o grava sempre su una sola delle par2 l’onere di persuadere il giudice, ossia, se il giudice non considera convincente o provata la versione offerta dalla parte gravata dall’onere, dovrà dare ragione, su quel punto, alla controparte, anche se consideri parimen5 non convincente la versione che a quel fa-o è stata data da quest’ul5ma. L’onere della prova, quindi, è una regola da applicare al termine del giudizio, risolvendosi nel rischio che sia accolta la versione sostenuta dalla controparte, se il sogge9o gravato dall’onere non riesce ad offrire al giudice elemen2 di prova sufficientemente convincen2. 169. I mezzi di prova Per mezzo di prova s’intende qualsiasi elemento idoneo ad influenzare la scelta che il giudice deve fare per stabilire quale tra le contrapposte versioni di un fa9o sostenute dalle par2 in lite sia più convincente. Il principio fondamentale è quello della loro libera valutazione da parte del giudice. Ci sono però, anche prove legali, la cui rilevanza è già predeterminata dalla legge, cosicchè il giudice non ha alcuna discrezionalità nel valutarle. I mezzi di prova si dis2nguono in due specie: prova precos5tuita o documentale (a9o pubblico, scri9ura privata), de9a precos2tuita perché esiste già prima del giudizio; e prova cos5tuenda (prova tes2moniale, confessioni, presunzioni, giuramen2), de9a cos2tuenda perché deve formarsi nel corso del giudizio. 170. La prova documentale Per “documento” s’intende ogni cosa idonea a rappresentare un fa9o, in modo da consen2rne la presa di conoscenza a distanza di tempo. Importanza preminente tra i documen2, rivestono l’a9o pubblico e la scri9ura privata: L’a-o pubblico è il documento reda9o, con par2colari formalità stabilite dalla legge, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad a9ribuire all’a9o quella par2colare fiducia nella sua veridicità che si chiama “pubblica fede” (art.2699 c.c.). L’a9o pubblico fa piena prova della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha so9oscri9o e di tu9o quanto egli a9esta essere avvenuto alla sua presenza (art.2700 c.c.). Con ciò significa che il giudice è vincolato a considerare senz’altro vere le circostanze, senza che siano possibile alterna2ve, dubbi o controprove. Se una parte intende contrastare tale speciale forza probatoria privilegiata deve fare necessariamente ricorso ad un par2colare procedimento che si avvia mediante una querela di falso: ossia mediante la richiesta che il giudice accer2, invia separata rispe9o al processo in cui il documento è prodo9o e se ne chiede l’u2lizzazione, che quel documento è in realtà oggeCvamente falso. Scri-ura privata è qualsiasi documento che risul2 so9oscri9o da un privato. Quest’ul2mo, con la sua firma, si assume la paternità del testo e, quindi, la responsabilità in quanto in esso sia dichiarato. La scri9ura privata, proprio perché non proviene da un pubblico ufficiale, non ha la stessa efficacia probatoria dell’a9o pubblico. Essa, infaC, fa prova soltanto contro chi ha so9oscri9o il documento e non a suo favore. Se, invece, la so9oscrizione è auten2cata o è riconosciuta, essa, come l’a9o pubblico fa piena prova legale fino a querela di falso, ma della sola 57 Il giuramento non è ammissibile quando si traC: a) di diriC indisponibili (es. ques2oni di stato); b) di fa9o illecito; c) di a9o per cui sia richiesta la forma scri9a ad substan5am; d) di contestare l’a9estazione, contenuta in un a9o pubblico, che un determinato fa9o è alla presenza del pubblico ufficiale che lo ha firmato. Il giuramento suppletorio può essere deferito in base ad un potere discrezionale dello stesso giudice, quando ques2 si trovi di fronte ad un fa9o rimasto incerto, ma per il quale la parte che aveva l’onere di provarlo abbia fornito elemen2 abbastanza rilevan2, sebbene non defini2vamente persuasivi: in tal caso il giudice può offrirle di perfezionare la prova, già quasi raggiunta, confermando con il giuramento che i faC afferma2 sono veri. Una par2colare specie di giuramento suppletorio è il giuramento es5matorio, che può essere deferito per stabilire il valore di una cosa quando non sia possibile accertarlo diversamente. I DIRITTI ASSOLUTI A) I DIRITTI DELLA PERSONALITA’ Capitolo 25: LA NATURA ED IL CONTENUTO DEI DIRITTI DELLA PERSONALITA’ 177. Nozione I diriC della personalità sono diriC assolu2, ineren2 ad a9ribu2 essenziali della personalità: essi perciò si dicono essenziali o necessari, perché non possono mai mancare. Essi, inoltre, non si possono perdere: sono indisponibili, intrasmissibili agli eredi, si acquistano con la nascita e si es2nguono con la morte. Essi non anno cara9ere patrimoniale, salvo il diri9o al risarcimento dei danni in caso di loro violazione. 178. Il diriDo all’idenFtà personale Con la legge 31.12.96, n.676 (Delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri sogge9 rispe-o al tra-amento dei da5 personali) si è a9ribuito al singolo un diri9o all’autodeterminazione informa2va: occorre il consenso dell’interessato per la legiCmità del tra9amento di qualunque suo dato personale. Inoltre al rela2vo potere di controllo individuale è stato affiancato uno strumento is2tuzionale, nella forma di una Autorità Garante, organo indipendente al quale è stata affidata una sorta di “governo” del se9ore, nell’oCca di vigilare affinchè il nuovo diri9o sia rispe9ato. 179. Inviolabilità fisica della persona Per l’art.32 Cost. ”La Repubblica tutela la salute come fondamentale diri-o dell’individuo e interesse della colle9vità, e garan5sce cure gratuite agli indigen5”. Conseguentemente spe9a al singolo sia il diri9o di esercitare ogni legiCma difesa contro qualsiasi aggressore, sia il diri9o di pretendere il risarcimento di qualsiasi danno subìto per effe9o di aC lesivi del bene della vita o della incolumità personale. Lo stesso ar2colo, afferma, inoltre, che “nessuno può essere obbligato 60 ad un determinato tra-amento sanitario se non per disposizione di legge”: ma un tra9amento sanitario può diventare obbligatorio solo dove si traC di neutralizzare una malaCa diffusa considerata pericolosa per le sor2 della colleCvità e di ciascun individuo. La legge 25.02.92 n.210 prevede un indennizzo a carico dello Stato a favore dei soggeC che siano “danneggia5 da complicazioni di 5po irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni, somministrazioni di emoderiva5 “. Il singolo può acconsen2re a diminuzioni transitorie della propria integrità fisica (es. trasfusione di sangue), ma sono vieta2 (art.5 c.c.) aC di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica (es. un espianto di un organo). La legge 01.04.99 n.191 (Disposizioni in materia di prelievi e di trapian5 di organi e di tessu5), consente, esclusivamente allo scopo di provvedere a trapian2 terapeu2ci, il prelievo di organi e di tessu2, purchè da un sogge9o di cui sia stata accertata la morte e che abbia previamente concesso il suo assenso ( che può anche solo essere presunto, dove il ci9adino non abbia espresso volontà contraria). Il prelievo deve essere effe9uato in modo da evitare mu2lazioni non necessarie e dopo il prelievo il cadavere deve essere ricomposto con la massima cura. Gli espian2 devono essere finalizza2 a trapian2 a favore di soggeC che ne abbiano necessità, assicurando, per la rela2va scelta, criteri di trasparenza e di pari opportunità tra i ci9adini. Le par2 staccate del proprio corpo (unghie, capelli, den2), diventano beni autonomi dal momento del distacco. L’accertamento della morte richiede la verifica della cessazione irreversibile di tu9e le funzioni dell’encefalo. 180. L’integrità morale So9o il punto di vista dell’integrità morale, ha importanza il diri9o all’onore, prote9o oltre che sul piano penale, anche sul piano civile , specie con l’obbligo di risarcire alla viCma ogni danno arrecato illecitamente, compresi quelli c.d. “non patrimoniali” o morali (art.2059 c.c.). A ciascuno va anche riconosciuto il diri9o di escludere ogni invadenza estranea nella sfera della propria in2mità personale e familiare (c.d. diri9o alla riservatezza). Infine è tutelato il diri9o alla propria immagine (art.10 c.c.), intendendosi per tale sia le sembianze fisiche del sogge9o che possono essere riprese da un ritra9o, sia le cara9eris2che individuan2 di una persona che possono risultare da una rappresentazione cinematografica o televisiva. Per l’art.10 c.c., qualora l’immagine di una persona sia esposta o pubblicata senza il consenso di questa, l’autorità giudiziaria può disporre che cessi l’abuso (azione inibitoria), oltre al diri9o del sogge9o leso al risarcimento degli eventuali danni. Tu9avia non occorre il consenso dell’interessato quando la riproduzione dell’immagine è gius5ficata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di gius5zia o di polizia, da scopi scien5fici o culturali, ovvero, quando la riproduzione è collegata a fa9 di interesse pubblico o svol5si in pubblico. Peraltro il ritra9o non può essere esposto o messo in commercio in nessun caso qualora ciò rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritra-ata. B) I DIRITTI REALI 61 Capitolo 26: I DIRITTI REALI 181. CaraDeri e categorie dei diriT reali Di regola il diri9o reale a9ribuisce al 2tolare il potere di u2lizzare il bene. Ma ciò non accade nelle servitù nega2ve e nei diriC reali di garanzia (pegno, ipoteca), nei quali il 2tolare del diri9o non ha alcun potere di u2lizzare la cosa. Viceversa, vi sono diriC di u2lizzazione della cosa (come ad es. quelli che spe9ano al locatario) che non cos2tuiscono diriC reali, in quanto non sono opponibili erga omnes. Conseguenza dell’assolutezza che li cara9erizza è pure il c.d. diri9o di seguito o di sequela di cui i diriC reali beneficiano. I diriC reali sono cara9erizza2 dalla 5picità. Vale a dire che mentre i priva2 sono liberi di concludere, nella loro autonomia negoziale (art.1322 c.c.), qualsiasi 2po di contra9o a contenuto obbligatorio, anche diverso dai 2pi legali (contraC a5pici), non sono liberi di cos2tuire diriC reali diversi da quelli espressamente disciplina2 dal c.c. ciò dipende proprio dalla assolutezza che cara9erizza i diriC reali. Tra i diriC reali bisogna dis2nguere la proprietà dai diriC reali parziali o frazionari. Al proprietario competono sia il potere di u2lizzazione dire9a della cosa (c.d. potere di godimento), sia il potere di appropriarsi del valore di scambio del bene (c.d. potere di disposizione). I diriC reali parziali si dis2nguono in diriC reali di godimento (usufru9o, enfiteusi, uso, abitazione, servitù, superficie), se a9ribuiscono al 2tolare il diri9o di conseguire dire9amente dal bene determina2 vantaggi; e in diriC di garanzia (pegno, ipoteca), se a9ribuiscono al 2tolare il potere di farsi assegnare con prelazione rispe9o agli altri creditori il ricavato dell’alienazione forzata del bene, in caso di mancato adempimento dell’obbligo garan2to. Capitolo 27: LA PROPRIETA’ 182. Il contenuto del diriDo Con la Cost. repubblicana del 1948, la proprietà non è più dichiarata “inviolabile” o “intangibile”. L’art.42 Cost. dichiara che la proprietà è pubblica o privata., ed impone al legislatore “di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tuC”. Inoltre, dichiara che la proprietà privata è riconosciuta e garan5ta dalla legge. L’art.832 c.c. afferma che il proprietario “ha diri9o di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”. Secondo questa definizione il diri9o del proprietario si cara9erizzerebbe per la sua assolutezza e per la sua esclusività, con divieto di ogni ingerenza della colleCvità in ordine alle scelte che il proprietario si riserva di effe9uare con totale arbitrio e discrezionalità; per la sua imprescri9bilità (art.948.3 c.c.); per la sua perpetuità. Pertanto al proprietario vanno riconosciu2: 62 sul proprietario come tale: egli, cioè, è obbligato perché è proprietario della cosa. Ques2 limi2 riguardano: a) le distanze nelle costruzioni e nelle piantagioni (ar9.873-899 c.c.). i regolamen2 comunali stabiliscono la distanza tra edifici: in mancanza provvede il c.c. stabilendo che la distanza stessa non può essere inferiore a 3 mt (c.d. distanza minima); b) luci, che danno passaggio alla luce e all’aria, ma non perme9ono di affacciarsi sul fondo vicino. Il proprietario del muro con2guo può aprire luci senza osservare distanze, ma le luci possono essere chiuse dal vicino che costruisca in aderenza o che, avendo acquistato la comunione del muro con2guo al fondo altrui, vi abbia appoggiato il suo edificio (art.904 c.c.). vedute o prospe9, sono quelle finestre che perme9ono di affacciarsi e guardare di fronte (vedute dire9e), obliquamente (vedute oblique) o lateralmente (vedute laterali); c) acque private: tu9e le acque superficiali e so9eranee, e quelle non astra9e dal so9osuolo, sono pubbliche e cos2tuiscono una risorsa che è salvaguardata ed u2lizzata secondo criteri di solidarietà. 188. Estensione della proprietà La proprietà si estende in linea ver2cale, teoricamente all’infinito, cioè nel so9osuolo e nello spazio soprastante al suolo. In senso orizzontale, ciascuna proprietà immobiliare si estende nell’ambito dei propri confini. L’accesso di terzi al fondo non può essere impedito (ar9.842, 843, 924-926 c.c.) per l’esercizio della caccia, nell’ambito delle leggi speciali che regolano l’aCvità venatoria, per costruire o riparare un muro o altra opera, per riprendere una cosa o un animale, … 189. Divieto d’immissioni Le immissioni materiali riguardano cose o persone. Quelle immateriali (fumo, calore, rumori…) non sono conseguenza di una intrusione nella sfera altrui, ma di quanto ciascuno fa in casa propria, ma che, peraltro, si propaga inevitabilmente anche sui fondi vicini. L’art.844 c.c. dispone che ciascun proprietario non può opporsi alle immissioni che non superano la normale tollerabilità. In nessun caso, peraltro, sono gius2ficabili immissioni che non solo superano la normale tollerabilità, ma risultano addiri9ura intollerabili. 190. Modi di acquisto della proprietà Per l’art.922 c.c. la proprietà si acquista “per occupazione, invenzione, accessione, specificazione, unione, usucapione, successione a causa di morte, per effe9o di contraC e negli altri modi stabili2 dalla legge”. Tra i modi di acquisto della proprietà, dis2nguiamo quelli a 5tolo originario (nascita di un diri9o nuovo in cui non vi è un precedente 2tolare, il diri9o è nuovo, pieno, libero da pesi e diriC di terzi a parte in caso di obbligazioni e oneri reali) e quelli a 5tolo deriva5vo (cioè la successione dello stesso diri9o è già appartenente ad un altro sogge9o, sia inter vivo con contra9o che mor2s causa con testamento, per cui gli eventuali vizi che inficiavano il 2tolo d’acquisto del precedente proprietario si riversano anche sul successore). 65 Importante sia a livello teorico che probatorio (dimostrando di aver acquistato validamente il diri9o di proprietà). Modi di acquisto a 2tolo originario: a) l’occupazione; presa di possesso delle cose mobili che non sono in proprietà di alcuno; b) l’invenzione; riguarda le cose smarrite che devono essere res2tuite al proprietario o al sindaco (art.927 c.c.), altrimen2 si comme9e il deli9o di appropriazione indebita di cose smarrite. Trascorso un anno, se la cosa è stata consegnata al sindaco e non si presenta il proprietario, la proprietà spe9a a colui che l’ha trovata. Se, invece, si presenta il proprietario, ques2 deve al ritrovatore un premio proporzionale al valore della cosa o all’en2tà della somma smarrita (ar9. 929-930 c.c.). una par2colare forma di invenzione è quella che riguarda il tesoro, cosa mobile di pregio, nascosta e so9errata, di cui nessuno può provare di essere proprietario. Esso appar2ene al proprietario del fondo in cui si trova, ma, se è trovato per caso nel fondo altrui, spe9a per metà al proprietario e per metà al ritrovatore (art.932 c.c.); d) l’accessione; mentre nell’occupazione e nell’invenzione, l’acquisto della proprietà dipende dal comportamento del sogge9o che apprende materialmente la cosa (a-razione personale), nell’accessione una proprietà preesistente (es. il suolo), aCra nella sua orbita altre cose che prima ne erano estranee (es. l’albero piantato, a-razione reale), astraendo dalla volontà del sogge9o, il quale diventa proprietario delle nuove cose anche senza saperlo e senza volerlo. L’accessione si dis2ngue in: 1) accessione di mobile ad immobile; il suolo è considerato la cosa principale che a9rae nella sua orbita le piante, gli alberi, le costruzioni. Peraltro, il proprietario del suolo può rinunciare a tale acquisto, cos2tuendo a favore di chi ha costruito o intende costruire sul suo suolo il diri9o di superficie (art.952 c.c.). la costruzione del diri9o di superficie richiede l’a9o scri9o (art.1350.2 c.c.); 2) accessione d’immobile ad immobile; consiste nei c.d. incremen2 fluviali (alluvione, avulsione, isola formata nel fiume, l’alveo abbandonato); 3) accessione di mobile a mobile che dà luogo alle seguen2 figure: a) unione di più cose mobili appartenen2 a diversi proprietari in modo da formare un tu9o inseparabile: la proprietà diventa comune; b) specificazione; creazione di una nuova specie con materia appartenente ad altri (con grassi e simili ingredien2 altrui taluno, produce, per es. il sapone). 4) usucapione. 191. Azioni a difesa della proprietà Azioni a difesa della proprietà sono: 1) la rivendicazione (art.948 c.c.): è concessa a favore di colui che si afferma proprietario di un bene, ma, non avendone il possesso, ne pretende la consegna da colui che lo possiede o de2ene. Legi9mato a9vamente è chi sos2ene di essere il proprietario del bene, senza trovarsi nel possesso della cosa. Legi9mato passivamente è colui che, avendo il possesso o la detenzione della cosa, ha la facoltà di res2tuirla. L’a9ore ha l’onere di dimostrare il suo diri9o (art.2697 c.c.); perciò, se l’acquisto non è a 2tolo originario, ha l’onere di dare la prova del suo 2tolo di acquisto dei preceden2 2tolari fino ad arrivare ad un acquisto a 2tolo originario. A voler andare all’infinito, la prova sarebbe, se non 66 addiri9ura impossibile, estremamente difficile. Soccorrono, pertanto, due is2tu2. Rispe9o agli immobili è sufficiente che l’a9ore, unendo al tempo per cui è durato il suo possesso quello dei suoi autori , provi il possesso con2nuato per 20 anni (art.1158 c.c.), che egli avrebbe in ogni caso fa9o acquistare per usucapione la proprietà sulla cosa. Se si tra9a di beni mobili è sufficiente che l’a9ore abbia, a suo tempo, ricevuto in buona fede ed in base ad un 2tolo idoneo al trasferimento della proprietà (art.1153 c.c.) il possesso del bene; 2) l’azione negatoria: è un’azione di accertamento nega2vo, che è data al proprietario o per far cessare eventuali moles2e (di fa-o) provocate da altri sul suo bene (salvo il risarcimento dei danni) o per far cessare eventuali moles2e di diri-o, ossia per far dichiarare inesisten2 diriC di godimento che altri van2no sulla cosa (art.949 c.c.). E’ sufficiente che il proprietario provi di avere un valido 2tolo di acquisto; 3) l’azione di regolamento di confini: presuppone l’incertezza del confine tra due fondi. I rispeCvi 2toli di proprietà delle par2 non sono contesta2; ciò che è incerto e che l’azione tende ad accertare è l’estensione delle proprietà con2gue: è, quindi, il confine. Ciascuna delle par2 è, al tempo stesso, a9ore e convenuto; ogni mezzo di prova è ammesso; in mancanza di altri elemen2, il giudice si aCene al confine delineato dalle mappe catastali (art.950 c.c.). anche l’azione di regolamento di confini, essendo posta a tutela del diri9o di proprietà, è imprescriCbile; 4) l’azione per apposizione di termini: presuppone la certezza del confine e serve a far apporre o a far ristabilire i simboli del confine tra i due fondi, che manchino o siano divenu2 irriconoscibili (art.951 c.c.). Tu9e queste si chiamano azioni pe5torie per dis2nguerle da quelle a tutela del possesso (possessorie). Capitolo 28: I DIRITTI REALI DI GODIMENTO 192. La natura Cara9eris2ca comune ai diriC reali di godimento consiste nel fa9o che essi comprimono il potere di godimento che spe9a al proprietario. Essi sono la superficie, l’enfiteusi, l’usufru9o, l’uso, l’abitazione, la servitù. A) LA SUPERFICIE 193. Natura La superficie consiste o nel diri9o di costruire, al di sopra del suolo altrui, un’opera, di cui il superficiario, quando l’abbia realizzata, acquista la proprietà; o nel diri9o di mantenere una costruzione già esistente, di cui il superficiario acquista la proprietà separatamente dalla proprietà del suolo, che resta al concedente. Una separazione analoga si può stabilire per il so9osuolo (art.955 c.c.) ma non per le piantagioni (art.956 c.c.). Fino a quando la costruzione non sia stata eseguita, il diri9o, che il proprietario del suolo ha concesso, limita il potere del proprietario del suolo e l’estensione della sua proprietà in senso ver2cale: è un diri9o reale su cosa altrui, che si es2ngue se il 2tolare non costruisce per 20 anni (art.954.4 c.c.). L’es2nzione della superficie o per decorso del termine o per altra ragione, dà luogo all’acquisto della proprietà della costruzione da parte del proprietario del suolo (art.953 c.c.). 67 All’usufru9uario spe9ano i fruC naturali separa2 durante l’usufru9o e i fruC civili matura2 giorno per giorno fino al termine dell’usufru9o; c) alienabilità del diri-o di usufru-o (art.980 c.c.).: l’usufru9uario può cedere ad altri (contro un corrispeCvo o anche mediante donazione) il proprio diri9o di usufru9o e può anche concedere ipoteca sull’usufru9o (art.2810.2 c.c.). S’intende che la cessione non può danneggiare il nudo proprietario prolungando la compressione del suo diri9o: perciò l’usufru9o si es2nguerà egualmente nel termine stabilito nell’a9o di costruzione e, in mancanza, con la morte non dell’acquirente, bensì del primo usufru9uario. L’usufru9uario può anche dare in locazione le cose che formano ogge9o del suo diri9o (art.999 c.c.). Le locazioni dovrebbero es2nguersi quando si es2ngue l’usufru9o, ma quelle in corso al momento della cessazione dell’usufru9o possono proseguire per la durata stabilita, ma a condizione che la locazione e la sua durata risul2no da a9o pubblico o da scri9ura privata con data certa, ed in ogni caso per non oltre 5 anni dalla cessazione dell’usufru9o. Peraltro, se l’es2nzione dell’usufru9o si verifica per effe9o della scadenza del termine fissato per la sua durata, la locazione non può durare se non per l’anno in corso (art.999 c.c.). 201. Obblighi dell’usufruDuario L’usufru9uario ha il dovere di res2tuire la cosa al termine del suo diri9o (art.1001 c.c.); è inoltre tenuto ad usare la diligenza del buon padre di famiglia nel godimento della cosa (art.1001.2), a fare l’inventario e a prestare garanzia (art.1002, 1003 c.c.). egli è anche tenuto alle spese rela2ve alla custodia, all’amministrazione, alla manutenzione ordinaria della cosa, alle imposte, ai canoni, alle rendite fondiarie e agli altri pesi che gravano sul reddito (art.1008 c.c.). Sono, invece, a carico del proprietario le riparazioni straordinarie, cioè, in genere quelle che superano i limi2 della conservazione della cosa e delle sue u2lità per la durata della vita umana. 202. EsFnzione dell’usufruDo L’es2nzione dell’usufru9o si verifica: 1) per la scadenza del termine o la morte dell’usufru9uario; 2) per la prescrizione es2n2va ventennale; 3) per la consolidazione, ossia la riunione dell’usufru9o e della nuda proprietà nella stessa persona; 4) per il totale perimento della cosa; 5) per l’abuso che faccia l’usufru9uario del suo diri9o, alienando i beni o deteriorandoli o lasciandoli perire per mancanza di ordinare riparazioni. 203. Uso ed abitazione L’uso e l’abitazione sono 2pi limita2 di usufru9o. L’uso consiste nel diri9o di servirsi di un bene e, se è fruCfero, di raccogliere i fruC limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia (art. 1021 c.c.); l’abitazione nel diri9o di abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia (art.1022 c.c.). I due diriC si dis2nguono dall’usufru9o solo so9o l’aspe9o quan2ta2vo: l’usuario ha le stesse facoltà dell’usufru9uario, ma solo entro il limite indicato. I due diriC non si possono cedere o dare in locazione. Essi si es2nguono con la morte del 2tolare: pertanto, non possono formare ogge9o di disposizione testamentaria. 70 D) LE SERVITU’ PREDIALI 204 Natura La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo (fondo servente) per l’u2lità di un altro fondo (fondo dominante), appartenente a diverso proprietario (art.1027 c.c.). L’u2lità può essere anche rivolta ad un edificio da costruire o ad un fondo da acquistare (art.1029 c.c.). Il c.c. esclude le c.d. servitù irregolari o personali, in cui il servizio è prestato da un fondo a favore di una persona. Principi fondamentali in materia di servitù sono: 1) la servitù può imporre al proprietario del fondo servente un dovere nega2vo di non facere (per es. egli non può elevare la costruzione esistente sul fondo) o di pa5 (per es. egli deve sopportare che il proprietario del fondo dominante passi sul suo fondo) (art.1030 c.c.): perciò le spese per le opere necessarie al fondo servente, di regola, sono a carico del proprietario del fondo dominante (art.1069 c.c.); 2) la servitù presuppone che i fondi appartengono a proprietari diversi. Nel caso in cui un solo sogge9o è proprietario sia del fondo servente che di quello dominante, l’intersoggeCvità del rapporto è data dal concorso di altri 2tolari del bene comune; 3) i fondi devono trovarsi in una situazione, tale che l’uno (fondo servente) possa arrecare u2lità all’altro (fondo dominante). Nei casi in cui il proprietario del fondo servente è tenuto, in forza del 2tolo, ad una prestazione posi2va, non si ha un unico rapporto giuridico, ma si hanno due rappor2 dis2n2: a) il rapporto reale di servitù; b) un rapporto obbligatorio congiunto con quello reale ed accessorio rispe9o ad esso. Le servitù si dis2nguono in: 1) apparen5 e non apparen5; 2) afferma5ve e nega5ve; 3) le servitù afferma2ve in con5nue e discon5nue. 205. CosFtuzione delle servitù La cos2tuzione delle servitù può avvenire in due modi: a) o coaCvamente, per imposizione della legge (servitù coa9ve); b) o per volontà dell’uomo (servitù volontarie art.1031 c.c.). la cos2tuzione può avere luogo anche per effe9o dell’usucapione e della des2nazione del padre di famiglia. 206. Le servitù coaTve o legali In alcuni casi, la legge, in vista della situazione nella quale si trova un fondo, si preoccupa del pregiudizio che essa arreca alla produCvità dell’immobile e a9ribuisce al proprietario il diri9o potesta2vo di o9enere l’imposizione della servitù sul fondo altrui e così ovviare alla situazione pregiudizievole. Traggono quindi la loro fonte dalla legge. In corrispeCvo del sacrificio che subisce, il proprietario del fondo, su cui si è imposta la servitù, ha diri9o ad una indennità (art. 1032 c.c.). 71 È necessario anche un accordo tra i proprietari mediante contra9o (stabilisce modalità di esercizio, indennità) e la pronuncia di una sentenza cos2tu2va (indicante indennità) o un a9o amministra2vo. È la legge che stabilisce il contenuto delle servitù legali che formano un numerus clausus e sono 2piche. Le figure più importan2 di servitù legali sono: a) acquedo-o coa9vo (art.1033 c.c.): il proprietario è tenuto a consen2re il passaggio delle acque, sia che servano ai bisogni della vita, sia che siano des2nate ad usi agrari od industriali. Il diri9o all’acquedo9o coaCvo sussiste anche quando l’acqua non è necessaria, ma u2le. Lo stesso vale per l’energia ele9rica (art.1056 c.c.); b) passaggio coa9vo (ar9.1051 e ss.c.c.): l’imposizione della servitù di passaggio sul fondo vicino, nel caso che esso manchi. Il diri9o alla servitù sussiste anche nel caso in cui il proprietario non può procurarsi l’uscita senza eccessivo dispendio o disagio. Il sacrificio che con l’imposizione della servitù si impone al fondo servente, dev’essere, in tuC i casi, il minore possibile. La via breve dev’essere preferita in quanto sia anche la meno dannosa: ma, se essa recasse un danno maggiore di una più lunga, al criterio della brevità dovrebbe preferirsi quello del minor danno. Con la cessazione dell’interclusione cessa anche la servitù (art.1055 c.c.). 207. Le servitù volontarie La servitù può essere imposta anche per testamento, oltre che contra9o (art.1058 c.c.). Il contra9o, riferendosi ad un diri9o reale immobiliare, deve farsi per iscri9o (art.1350.4 c.c.) ed è sogge9o, per l’opponibilità ai terzi, a trascrizione (art.2648 c.c.). Anche l’acce9azione di eredità che impor2 l’acquisto di una servitù è sogge9a a trascrizione (art.2648 c.c.). Alcune servitù si possono cos2tuire anche mediante usucapione o per des2nazione del padre di famiglia (riguarda solo le servitù apparen2 e ricorre quando due fondi divisi sono sta2 di uno stesso proprietario che li ha resi visibilmente, tramite pon2, strade, in rapporto di subordina2 o di servizio) Possono avere ad ogge9o qualsiasi u2lità stabilita dai priva2. 208. Esercizio delle servitù L’esercizio delle servitù è regolato dal 2tolo; se questo manca, dalla legge e dal codice (art.1063 c.c.). Si chiama modo di esercizio della servitù, l’elemento che determina come la servitù deve essere esercitata. Le servitù devono essere esercitate soddisfacendo il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente (principio del minimo mezzo, art.1065 c.c.). 209. EsFnzione delle servitù Le servitù si es2nguono: a) per rinuncia da parte del 2tolare (art.1350.2 c.c.): se la rinuncia ha luogo contro un corrispeCvo, occorre allora un contra9o; se, viceversa, essa ha luogo per decisione del 2tolare, è sufficiente un a9o unilaterale; b) per confusione (quando il proprietario del fondo dominante acquista la proprietà del fondo servente e viceversa;art.1072 c.c.); c) per prescrizione es2n2va ventennale (non uso). 72 comunione ai vari condomini. È una forma par2colare di comunione che ricorre quando un edificio è cos2tuito di più unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini collegate, stru9uralmente e funzionalmente, da par2 comuni di cui gli stessi condomini sono comproprietari. Il diri9o di ciascuno dei condomini e l’obbligo di partecipare alle spese per la manutenzione delle par2 comuni sono stabili2 nel 2tolo: in mancanza, essi corrispondono al valore del piano o della porzione di piano (ar9.1118, 1123 c.c.). In genere le quote sono indicate in millesimi. Per tu9o ciò che riguarda l’uso e l’amministrazione delle cose comuni sono previs2 due organi, uno delibera2vo (assemblea dei condomini) e uno esecu2vo (l’amministratore). All’assemblea è a9ribuito il compito di decidere le innovazioni e le opere di manifestazione straordinaria, di stabilire il regolamento di condominio, di approvare il preven2vo delle spese, nonché il rendiconto della ges2one. All’amministrazione è invece a9ribuito il compito di curare l’osservanza del regolamento. Egli ha l’obbligo di rendere annualmente il conto della sua ges2one. Nei condomini più numerosi è obbligatoria la formazione del regolamento di condominio (art.1138 c.c.). Questo regolamento con2ene le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripar2zione delle spese ed è approvato dall’assemblea con la maggioranza richiesta. Può essere impugnato davan2 al giudice dai condomini dissenzien2 (art.1138.3 c.c.). All’assemblea, che è l’organo supremo, si applicano le regole generali che disciplinano il funzionamento degli organi collegiali: a) presuppos2 per la validità della deliberazione: invito a tuC i condomini di partecipare all’assemblea e intervento di un numero di essi che rappresen2no una parte del valore dell’intero edificio, determinato dalla legge (quorum); b) principio maggioritario: la maggioranza vincola la minoranza; la maggioranza è calcolata in relazione non solo al numero delle persone, ma anche al valore delle quote. 214. La mulFproprietà Con l’espressione mul2proprietà si intende l’a9ribuzione ad un sogge9o, da parte del proprietario di un bene, di un diri9o di u2lizzazione di una singola unità ricompresa nel complesso, limitatamente ad una o più seCmane all’anno, ma in perpetuo o per parecchi anni. Il venditore ha l’obbligo di fornire un’informazione de9agliata nella fase della tra9a2va; l’ogge9o del trasferimento, e cioè un diri9o reale o un altro diri9o di godimento su uno o più immobili per un periodo determinato dell’anno, non inferiore ad una seCmana, per non meno di un triennio; il corrispeCvo che deve essere cos2tuito da un prezzo globale. Tale contra9o deve essere concluso per iscri9o a pena di nullità. E’ vietato pretendere accon2, an2cipi o caparre fino alla scadenza dei termini concessi per l’esercizio del recesso. Qualora si traC di immobile in costruzione, il venditore ha l’obbligo di prestare specifica fideiussione, bancaria o assicura2va, a garanzia dell’ul2mazione dei lavori. Capitolo 30: IL POSSESSO 75 215. Natura L’esercizio di fa9o dei poteri sulle cose dà luogo alle situazioni possessorie (detenzione, possesso vero e proprio (corpo e anima) e il possesso mediato (solo anima)). La detenzione consiste nell’avere la possibilità di u2lizzare la cosa tu9e le volte che si voglia, senza bisogno di superare ostacoli, pur riconoscendo che essa è di altri. Se colui che ha la detenzione sulla cosa, ha anche ricevuto o acquistato la cosa con l’intenzione di esercitare su di essa qualunque potere, ed escludendo ogni volontà di res2tuirla o di riconoscere diri9o alcuno di altri sul bene, si ha il possesso pieno (corpo e anima); possessore mediato è invece colui che non ha la detenzione del bene, ma al quale il detentore riconosce di dover rendere conto dell’u2lizzazione della cosa (art.1140c.c. es. il locatore). 216. Ragioni della tutela del possesso Le ragioni per cui la legge tutela il possesso sono varie. Anzitu9o essa assicura allo stesso proprietario, che di solito è lui il possessore, la difesa del suo interesse a conservare lo status quo. La legge assicura al possessore e al detentore una protezione provvisoria (in quanto è des2nata a cadere allorchè risul2 la mancanza del diri9o soggeCvo nel possessore. Il possesso a9ribuisce al possessore, il vantaggio di trarre dalla cosa le u2lità di cui questa è capace. Differenza tra ius possessionis e ius possidendi: il primo designa l’insieme dei vantaggi che il possesso di per sé genera a favore del possessore e il diri9o alla tutela possessoria; il secondo il diri9o di chi abbia effeCvamente 2tolo a possedere la sua cosa: il ladro ha lo ius possessionis, ma non lo ius possidendi che spe9a al proprietario. 217 L’acquisto e la perdita del possesso L’acquisto del possesso avviene in modo originario con l’apprensione della cosa o con l’esercizio su di essa di poteri di fa9o corrisponden2 a quelli che spe9ano al 2tolare di un diri9o reale di godimento. Ma ques2 non fanno acquistare il possesso se si verificano per mera tolleranza altrui (art.1144 c.c.), ossia quando chi potrebbe impedire l’acquisto se ne as2ene per amicizia, gen2lezza, buon vicinato,… Il possesso si acquista in modo deriva5vo con la consegna (de9a tradizione): questa, per gli immobili può aver luogo con la consegna delle chiavi. Quando il possesso viene acquistato da più persone insieme si ha il compossesso. La perdita del possesso si verifica per il venir meno di uno dei due elemen2 del possesso e, cioè, o della signoria sulla cosa (corpo) o della volontà di tener la cosa per sé (anima). Il possesso delle cose mobili si perde quando esse sono uscite dalla custodia del possessore in modo permanente.; per i beni immobili la conservazione può avvenire anche per solo effe9o della persistenza dell’anima, nonostante si sia perduta la disponibilità fisica, limitatamente al periodo di tempo entro cui si può esercitare l’azione di spoglio (un anno; art.1168 c.c.). 220. Possesso di buona fede Si ri2ene in buona fede in senso soggeCvo chi ri2ene di comportarsi corre9amente, di possedere in conformità a un diri9o che gli spe9a (art.1147.1 c.c.). Il 2tolare è sempre un possessore di buona fede; chi invece possiede una cosa senza avere un corrispondente diri9o, è possessore di buona fede solo se ignora il dife9o del suo 2tolo di acquisto, purchè la sua ignoranza non dipenda da colpa grave. La buona fede, in materia di possesso, si presume (art.1147.3 c.c.). Si tra9a di presunzione iuris tantum: grava su chi contesta la buona fede del possessore l’onere di provare la sua mala fede, adducendo, per es., gli indizi idonei a dedurre che l’uomo medio, in quelle circostanze, non avrebbe potuto non rendersi conto di acquistare il possesso con un 2tolo 76 dife9oso. Non occorre che la buona fede perduri per tu9a la durata del possesso, è sufficiente che vi sia al momento dell’acquisto (art.1147.3 c.c.). 221. La successione nel possesso e l’accessione del possesso Secondo l’art.1146.1 il possesso con2nua nell’erede con effe9o dall’apertura della successione, con gli stessi cara9eri che aveva rispe9o al defunto (buona o mala fede, viziosità o meno; successione nel possesso). L’art.1146.2, invece, parla di accessione del possesso, applicabile solo a chi acquista il possesso a 5tolo par5colare (compratore), e purchè acquis2 egli stesso il possesso. Egli acquista un possesso nuovo, diverso da quello del suo dante causa, e pertanto può essere in buona fede benchè il suo dante causa fosse in mala fede, e viceversa. 222. EffeT del possesso Per far riconoscere il suo diri9o ed o9enere la res2tuzione della cosa posseduta da altri, il proprietario può agire con l’azione di revindica. Se questa è accolta, il possessore è tenuto a res2tuire il bene ma: il possessore in buona fede non è tenuto a res2tuire i fruC che ha percepito. Per determinare il momento nel quale cessa il diri9o del possessore di buona fede ai fruC, occorre tener presente che gli effeC della sentenza retroagiscono al momento della domanda (effe9 an5cipa5 del giudicato); invece, il possessore in mala fede, deve res2tuire la cosa con tuC i fruC, non solo con quelli percepi2 successivamente alla domanda giudiziale di res2tuzione, ma anche con tuC i fruC percepi2 anteriormente, a par2re dal momento in cui ha avuto inizio il possesso, salvo quelli per i quali sia già maturata la prescrizione. Le spese si dis2nguono in: a) Spese necessarie: sono quelle che servono per la produzione dei fruC (rispe9o ai fruC matura2). Il possessore tenuto alla res2tuzione dei fruC, o perché in mala fede, o perché si tra9a di fruC percepi2 dopo la domanda giudiziale, ha diri9o al rimborso delle spese (art. 1149 c.c.). Le altre spese necessarie si dis2nguono in ordinarie e straordinarie: le prime sono quelle che servono per le riparazioni ordinarie e sono rimborsabili solo quando il possessore è tenuto alla res2tuzione dei fruC e, se è tenuto alla res2tuzione solo dalla domanda giudiziale, limitatamente a tale periodo (art.1150.4 c.c.). Se il possessore non è tenuto alla res2tuzione dei fruC, il rimborso non è dovuto, perché quelle spese si ritengono compiute per il godimento della cosa, e, quindi, vengono a compensarsi con i fruC. Le spese straordinarie, in quanto superano il limite della conservazione della cosa e delle sue u2lità, devono essere rimborsate sia al possessore in mala fede sia a quello in buona fede. b) Spese u5li: riguardano i miglioramen2 che hanno aumentato il valore della cosa. Il rimborso è dovuto, purchè ques2 sussistano al tempo della res2tuzione, sia al possessore in mala fede che a quello in buona fede. Inoltre vale il principio che non è giusto che il proprietario tragga vantaggio dall’aumento di valore della propria cosa a spese altrui (art.2041 c.c.). Per il possessore in buona fede, l’indennità si deve corrispondere nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa per effe9o dei miglioramen2; per il possessore in mala fede, nella minor somma tra lo speso ed il migliorato. Al possessore in buona fede è riconosciuto il diri9o di ritenzione, ossia la facoltà di non res2tuire la cosa fino a che non gli siano corrisposte le indennità dovutegli (art.1152 c.c.). c) spese volu-uarie: non sono rimborsabili. 223. Possesso in buona fede di beni mobili: a) La regola “possesso vale Ftolo” Altro effe9o ricollegabile alla tutela del possesso di buona fede, è l’acquisto della proprietà di una cosa mobile, in forza di un 2tolo d’acquisto proveniente a non domino, vale a dire da chi non 77 possesso. Il giudice può vietare o perme9ere la con2nuazione dell’opera, stabilendo le opportune cautele (art.1171 c.c.). La denunzia di danno temuto è data al proprietario, al 2tolare di un diri9o reale di godimento o al possessore nel caso in cui vi sia pericolo di un danno grave e prossimo derivante da qualsiasi edificio, albero o altra cosa (non quindi da una persona), senza che ricorri l’ipotesi di nuova opera (art.1172 c.c.). il giudice dispone idonea garanzia per i danni eventuali. Capitolo 31: L’USUCAPIONE 230. Nozione e fondamento L’usucapione è il mezzo in virtù del quale, per effe9o del possesso protra9o per un certo tempo, si produce l’acquisto a 2tolo originario della proprietà e dei diriC reali di godimento (art.1158 c.c.). Perme9e di garan2re la certezza delle situazioni giuridiche (dimostrazione in caso di acquisto a 2tolo deriva2vo) e favorire il sogge9o che u2lizza il bene rendendolo produCvo rispe9o al proprietario che non se ne cura. Si tra9a di una prescrizione acquisi2va. Differenza tra l’usucapione e la prescrizione es2n2va: in entrambi gli is2tu2 hanno importanza il fa9ore tempo e l’inerzia del 2tolare del diri9o, ma nella prescrizione ques2 elemen2 danno luogo all’es2nzione, nell’usucapione all’acquisto di un diri9o. Inoltre, la prescrizione si riferisce a tuC i diriC tranne eccezioni (la più importante, la proprietà); l’usucapione riguarda invece solo la proprietà ed i diriC reali di godimento. 231. RequisiF Requisi2 dell’usucapione sono il possesso e il tempo. Il possesso non deve essere vizioso, cioè, non deve essere stato acquistato in modo violento o clandes2no, bensì deve essere palese e non violento. L’art.1163 c.c. stabilisce che il possesso, benchè acquistato in modo violento o clandes2no, giova per l’usucapione dal momento in cui la violenza o la clandes2nità è cessata. Il possesso, inoltre, non deve subire interruzioni, bensì essere con2nuo. Si ha interruzione civile quando il proprietario del bene propone una domanda giudiziale per la res2tuzione del bene o quando il possessore riconosce il diri9o di proprietà altrui. L’interruzione naturale si verifica quando il possessore è stato privato del possesso per faC naturali, aC leci2 o spoglio. L’interruzione si verifica anche quando il possessore è stato privato del possesso per oltre un anno. 232. Durata In relazione al tempo per cui il possesso deve durare, si dis2ngue l’usucapione ordinaria da quella abbreviata. L’usucapione ordinaria si compie, per i beni immobili, in 20 anni (art.1158 c.c.). nell’usucapione ordinaria (art.1166 c.c.), la legge ha stabilito l’inefficacia delle cause di impedimento e di sospensione rispe9o al terzo possessore che spesso non è in grado di conoscerle. Per 80 L’usucapione abbreviata richiede per gli immobili 10 anni (art.1159 c.c.) e per i mobili registra2 3 anni (art.1162 c.c.). per l’usucapione abbreviata, oltre il possesso non vizioso e senza interruzione, occorrono: a) la buona fede; b) un 2tolo idoneo in astra9o a trasferire la proprietà o il diri9o reale di godimento su un immobile; c) la trascrizione del 2tolo. I 10 anni (o i 3 per i mobili registra2) decorrono dalla data di trascrizione. L’usucapione in materia di beni mobili acquista importanza solo quando manchi il 2tolo o la buona fede: altrimen2, l’acquisto della proprietà si verifica istantaneamente (art.1153 c.c.). Essa, quando manchi un 2tolo idoneo, ma non la buona fede, si compie in 10 anni; occorrono, invece, 20 anni, quando il possessore sia in mala fede (art.1161 c.c.). Alle universalità di mobili, si applica un regime analogo a quello degli immobili (usucapione ordinaria: 20 anni; usucapione abbreviata: acquisto in buona fede da chi non è proprietario, in forza di 2tolo idoneo, 10 anni) (art.1160 c.c.). 233. Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale Con l’art.1159-bis, il termine normale di usucapione di beni immobili (20 anni) è stato rido9o a 15 anni per i fondi rus2ci con annessi fabbrica2 situa2 in comuni che per legge siano classifica2 come “montani”; cioè, anche se non sono situa2 in comuni montani, purchè abbiano reddito dominicale iscri9o in catasto non superiore a complessivi euro 2.5. La stessa norma stabilisce, inoltre, per gli stessi beni, un termine di soli 5 anni per il caso che ricorrano i presuppos2 dell’usucapione abbreviata, e cioè acquisto in buona fede in forza di un 2tolo idoneo al trasferimento della proprietà, che sia stato debitamente trascri9o. I DIRITTI REALI LE OBBLIGAZIONI A) PARTE GENERALE Capitolo 32: IL RAPPORTO OBBLIGATORIO 234. Nozione 81 L’obbligazione consiste in un rapporto tra due par2 in virtù del quale una di esse (debitore) è obbligata, ha il dovere giuridico di tenere un certo comportamento, di eseguire una prestazione a favore dell’altra parte (creditore). Il rapporto obbligatorio è sempre rela5vo: il diri9o di credito può essere fa9o valere solo nei confron2 del debitore (si dice, perciò, che è un diri9o personale). Il debitore risponde dell’inadempimento delle obbligazioni con tuC i suoi beni presen2 e futuri (art.2740 c.c.). quindi, in caso di inadempimento, il creditore può invocare misure coerci2ve sul patrimonio dell’obbligato. 235. L’obbligazione naturale Per obbligazione in senso naturale (art.2034 c.c.), si intende qualunque dovere morale o sociale, in forza del quale un sogge9o determinato sia tenuto ad eseguire un’a9ribuzione patrimoniale a favore di un altro sogge9o parimen2 determinato. Il debitore naturale, quindi, non è obbligato giuridicamente ad adempiere, ma è obbligato solo in forza di doveri morali e sociali. Perciò il creditore naturale, benchè non abbia il diri9o di agire in giudizio per pretendere l’adempimento dell’obbligo, ha il diri9o di tra9enere la prestazione che sia stata spontaneamente adempiuta dal debitore, il quale, quindi, non può o9enerne la res2tuzione. Perché sia esclusa la ripe2zione è necessario che: a) la prestazione sia stata spontanea, cioè effe9uata senza coazione; b) che la prestazione sia stata fa9a da persona capace. 236. FonF delle obbligazioni Secondo l’art.1173 c.c., fonte dell’obbligazione può essere il contra9o, l’a9o illecito ed ogni altro a9o idoneo a produrla secondo l’ordinamento. Capitolo 33: GLI ELEMENTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO 237. I soggeT I soggeC sono almeno due: creditore o sogge9o aCvo; debitore o sogge9o passivo. Essi sono di regola determina2 all’epoca in cui l’obbligazione sorge, ma a volte può accadere che uno dei soggeC del rapporto sia determinato solo successivamente al sorgere del vincolo. 238. L’obbligazione solidale Se 100 è il mio debito complessivo, ma da ciascun debitore posso pretendere solo la sua parte, l’obbligazione si dice parziaria; se invece da ciascun debitore posso pretendere l’intero, 82 In linea di principio è proibito l’anatocismo, ossia la capitalizzazione degli interessi dovu2 affinchè ques2 producano a loro volta altri interessi. Tu9avia gli interessi scadu2 possono essere capitalizza2 e produrre a loro volta interessi (art.1283 c.c.) solo quando si traC di interessi già scadu2 da almeno 6 mesi ed intervenga o una convenzione in tal senso o una domanda giudiziale rivolta ad o9enere il pagamento sia degli interessi scadu2 sia degli interessi sugli interessi dovu2. 244. Obbligazioni alternaFve L’obbligazione nella quale è dedo9a un’unica prestazione si dice semplice; se ci sono più prestazioni, abbiamo l’obbligazione alterna5va. Se le par2 non hanno stabilito diversamente, la scelta spe9a al debitore (art.1286 c.c.). nell’obbligazione facolta5va, invece, una sola è la prestazione prevista, e l’obbligazione è, pertanto semplice, ma il debitore si può liberare prestando altra cosa. Capitolo 34: MODIFICAZIONE DEI SOGGETTI DELL’OBBLIGAZIONE A) MODIFICAZIONI NEL LATO ATTIVO DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO 246. La cessione del credito Si parla di cessione del credito (art.1260 c.c.) sia per indicare il contra9o con il quale il creditore (cedente) pa9uisce con un terzo (cessionario) il trasferimento in capo a quest’ul2mo del suo diri9o verso il debitore (ceduto); sia per indicare l’effe9o di tale contra9o e cioè, il trasferimento del credito in capo al cessionario. Per quanto riguarda il contra9o di cessione, qualunque credito può formare ogge9o, purchè il credito non abbia cara9ere stre9amente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge (art.1260.1 c.c.) ovvero la cessione non sia stata convenzionalmente esclusa dalle par2 (art. 1260.2 c.c.): in quest’ul2mo caso, però, il pa9o di non trasferibilità non è opponibile al cessionario se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione. Se la cessione ha luogo per es2nguere un diverso debito del cedente verso il cessionario (cessione solutoria), si deve dis2nguere a seconda che la cessione operi pro soluto o pro solvendo. 247 Efficacia della cessione Affinchè la cessione abbia efficacia nei confron2 del debitore ceduto, occorre che a quest’ul2mo la cessione venga no2ficata dal cedente o dal cessionario ovvero sia da lui acce9ata (art.1264 c.c.). Ove, peraltro, anche se non sia intervenuta acce9azione o no2fica, il debitore abbia comunque conoscenza della cessione, egli non può invocare la buona fede e, se ha pagato al cedente, può essere costre9o dal cessionario ad un nuovo pagamento. E poiché la buona fede si 85 presume, incombe al cessionario l’onere di provare che il debitore era a conoscenza dell’avvenuta cessione (art.1264.2 c.c.). L’acce9azione o la no2ficazione della cessione servono inoltre ad a9ribuirle efficacia di fronte ai terzi. (se il cedente ha ceduto lo stesso credito prima ad A e poi a B ed è stata no2ficata, o è stata acce9ata per prima, con a9o di data certa (art.2704 c.c.), la cessione fa9a a B, è questa che prevale sull’altra (art.1265 c.c.). Quanto agli effeC della cessione, in conseguenza di essa, benchè venga ad essere modificato il sogge9o aCvo del credito, l’obbligazione rimane, per tu9o il resto, inalterata: perciò il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le garanzie personali e reali e gli altri accessori (art. 1263 c.c.). Parimen2, il debitore ceduto può opporre al cessionario le stesse eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente. 248 RapporF tra cedente e cessionario Se la cessione è a 2tolo oneroso, il cedente è tenuto a garan2re l’esistenza del credito, ma non risponde affa9o se il debitore risulta insolvente (art.1266 c.c.). Il cedente può, peraltro, con apposito pa9o, garan2re anche la solvenza del debitore: in tal caso, qualora il debitore ceduto non adempia, il cedente sarà tenuto a res2tuire quanto aveva eventualmente ricevuto come corrispeCvo della cessione, oltre agli interessi, alle spese della cessione e a quelle sostenute dal cessionario per escutere il debitore, salvo sempre l’obbligo ulteriore del risarcimento del danno, ove ne ricorrano i presuppos2 (art.1267 c.c.). Quando la cessione sia stata effe9uata per es2nguere un debito del cedente verso il cessionario (art.1198 c.c.), si presume che la cessione avvenga pro solvendo (ossia che la liberazione del cedente si verifichi solo quando il cessionario abbia o9enuto il pagamento dal debitore ceduto); qualora risul2 una diversa volontà delle par2, nel senso che il cessionario liberi senz’altro il cedente dall’obbligo che quest’ul2mo aveva nei suoi confron2, accollandosi, pertanto, l’intero rischio della solvenza del debitore ceduto, si parla di cessio pro soluto. In ogni caso il cedente è tenuto a consegnare al cessionario i documen2 probatori del credito che si trovino in suo possesso (art.1262.1 c.c.) 249 Il contraDo di factoring Con il contra9o di factoring, un’impresa specializzata (factor) si impegna contro pagamento di una commissione variabile a seconda dell’en2tà degli obblighi assun2, a ges2re per conto di un’impresa cliente, l’amministrazione di tuC o di parte dei credi2 di cui quest’ul2ma diventa 2tolare verso i propri clien2 nella ges2one della sua aCvità imprenditoriale. Spesso il factor concede al cliente an2cipazioni sull’ammontare dei credi2 ges22, spesso accompagna2 dalla cessione di tali credi2, o pro solvendo, e cioè lasciando a carico del cliente il rischio dell’eventuale insolvenza dei debitori cedu2, o pro soluto, e cioè accollandosi il factor il rischio dell’insolvenza dei debitori cedu2, cosicchè, in caso di inadempimento di ques2 ul2mi, il factor non potrà pretendere dal cliente la res2tuzione degli an2cipi versa2gli. Le banche o gli intermediari finanziari, possono rendersi cessionari, dalle imprese clien2, solo di credi2 pecuniari, sor2 nell’esercizio dell’impresa, ma può tra9arsi anche di credi2 in massa e di credi2 futuri (cioè cedu2 anche prima che siano s2pula2 i contraC dai quali sorgeranno), purchè in un periodo di tempo non superiore a un anno dalla s2pulazione della cessione. La cessione è opponibile ai terzi, ed in par2colare all’eventuale fallimento del cedente. 86 250. Altre figure di successione nel lato aTvo Altre figure di successione nel lato aCvo del rapporto obbligatorio sono la delegazione a9va e la surrogazione per pagamento. Il c.c. si occupa solo della delegazione passiva. La delegazione aCva è un accordo tra creditore, debitore e un terzo, con il quale il creditore dà mandato al debitore che acce9a, di pagare al terzo. Al creditore originario (delegante) si aggiunge il delegatario, ma senza es2nzione del diri9o del primo, cosicchè, in caso di successiva inadempienza da parte del debitore, contro quest’ul2mo potrà ancora agire pure il primo creditore. B) MODIFICAZIONI NEL LATO PASSIVO 251. Principi generali La sos2tuzione del sogge9o passivo del rapporto obbligatorio può realizzarsi mediante la delegazione passiva, la espromissione e l’accollo. La sos2tuzione del debitore non è possibile senza l’espressa volontà del creditore: se questa manca, il precedente debitore non viene liberato, ma si aggiunge un nuovo sogge9o passivo a quello che già c’era. 252 La delegazione Sa ha la delegazione quando una persona (delegante) ordina o invita un’altra persona (delegato) ad eseguire o a prome9ere di eseguire un determinato pagamento in favore di un terzo sogge9o (delegatario). L’operazione quindi si perfeziona solo con la collaborazione di tuC e tre i soggeC e consiste perciò in un’operazione trilaterale. Conviene tra9are separatamente la delegazione di pagamento e la delegazione a prome9ere. Si ha la prima quando il delegante invita il delegato ad effe9uare un determinato pagamento. Il delegato, non è tenuto ad acce9are l’incarico (art.1269.2): se però esegue il pagamento, la prestazione da lui eseguita nelle mani del delegatario vale come effe9uata a quest’ul2mo dal delegante, e vale contemporaneamente come effe9uata dal delegato al delegante per quanto riguarda i rappor2 tra ques2. Nella delegazione a prome9ere, il delegante ordina al delegato di assumere l’obbligo di effe9uare successivamente un determinato pagamento al delegatario. 253 L’espromissione Un terzo può assumere verso il creditore il debito di un altro, prome9endo che provvederà lui al pagamento. Quest’obbligo può essere assunto spontaneamente, ossia senza il consenso o l’incarico del debitore, dal momento che si tra9a di un a9o vantaggioso per costui. Il contra9o con il quale il creditore e il terzo convengono che il terzo si assuma che il debito dell’obbligato originario si chiama espromissione. 87 invece, la prestazione è fungibile (es. pagamento di una somma di danaro), il creditore non può rifiutare la prestazione che gli venga offerta da un terzo (art.1180 c.c.). Solo se il debitore gli ha comunicato la sua opposizione, il creditore può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo (art. 1180.2 c.c.), pur essendo naturalmente libero di acce9are la prestazione nonostante l’opposizione del debitore. In ogni caso il terzo, a meno che sia intervenuto per spirito di liberalità, potrà esperire contro il debitore avvantaggiatosi l’azione di arricchimento (art.2041 c.c.). 259. Imputazione del pagamento Se una persona, che ha più debi2 della stessa specie verso la stessa persona, fa un pagamento che non comprenda la 2tolarità dei debi2, è importante stabilire quale tra i vari debi2 viene es2nto. L’art.1193 c.c. riconosce al debitore la facoltà di dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare: in mancanza il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debi2 scadu2, a quello meno garan2to; tra più debi2 ugualmente garan22, al più oneroso per il debitore; tra più debi2 ugualmente onerosi, al più an2co. Se tali criteri non soccorrono, l’imputazione va fa9a proporzionalmente ai vari debi2. 260. Il pagamento con surrogazione Il pagamento può anche dar luogo alla sos2tuzione del creditore con altra persona (surrogazione). Anche la surrogazione, come la cessione, dà luogo ad una successione nel lato aCvo del rapporto obbligatorio ma con la differenza che la surrogazione suppone che l’obbligazione sia adempiuta; la cessione, che l’adempimento non si sia ancora verificato. La finalità della surrogazione è, infaC, quella di agevolare l’adempimento verso il creditore originario con l’a9ribuire ad un terzo, che rende possibile l’adempimento, i diriC, e sopra9u9o le garanzie, che erano ineren2 al rapporto obbligatorio. La surrogazione può avvenire per volontà del creditore che, ricevendo il pagamento da un terzo, può dichiarare espressamente di volerlo far subentrare nei propri diriC verso il debitore (art. 1201 c.c.); o per volontà del debitore che, prendendo a mutuo una somma di danaro al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nella posizione del creditore; o per volontà della legge (surrogazione legale) nei vari casi elenca2 nell’art.1203 c.c.). 261. La prestazione in luogo di adempimento Il creditore, avendo diri9o all’esa9a esecuzione della prestazione dovuta, può rifiutare di acce9are una prestazione diversa da quella dedo9a in obbligazione, anche se si traC di prestazione avente valore eguale o addiri9ura maggiore., oppure può acce9ala (art.1197 c.c.). Se la prestazione eseguita in luogo di adempimento consiste nel trasferimento della proprietà di una cosa, il debitore è tenuto alla garanzia per i vizi della cosa secondo le norme de9ate per il contra9o di vendita. 262. La cooperazione del creditore nell’adempimento e la mora credendi A volte per la realizzazione dell’adempimento è necessaria la cooperazione del creditore, come nel caso in cui il debitore sia tenuto alla consegna di una cosa: questa non si può effe9uare, se il creditore non sia disposto a riceverla. 90 La figura della mora del creditore ha luogo quando il creditore, senza legiCmo mo2vo, rifiuta di ricevere il pagamento offertogli dal debitore (art.1206 c.c.), oppure ome9e di compiere gli aC preparatori per il ricevimento della prestazione. Perché si abbia mora credendi, è necessario che il debitore faccia al creditore offerta della prestazione secondo delle modalità. Così si dis2nguono due 2pi di offerta: a) solenne, compiuta secondo le prescrizioni stabilite nell’art.1208 c.c. da un pubblico ufficiale; b) secondo gli usi, dove gli effeC della mora non si verificano dal giorno dell’offerta ma da quello del deposito delle cose dovute (art.1214 c.c.). l’offerta non formale (per es. mediante le9era), invece, dimostrando l’intenzione del debitore, vale ad escludere la mora debendi, ma non produce gli ulteriori effeC propri della mora credendi (risarcimento del danno, art.1220 c.). 2) I MODI DI ESTINZIONE DIVERSI DALL’ADEMPIMENTO 263. La compensazione Quando tra due persone intercorrono rappor2 obbligatori reciproci, ques2 ul2mi possono es2nguersi, in modo parziale o totale, senza bisogno di provvedere ai rispeCvi adempimen2, mediante compensazione tra i rispeCvi credi2. La legge prevede tre 2pi di compensazione: 1) Compensazione legale. Essa richiede (art.1243 c.c.): a) omogeneità delle prestazioni dovute: i due credi2 devono avere per ogge9o entrambi o una somma di danaro o una quan2tà di cose fungibili dello stesso genere; b) liquidità di entrambi i credi2, e cioè che sia già stato determinato il loro ammontare; c) esigibilità dei credi2 stessi: non è esigibile il credito so9oposto a condizione sospensiva, prima che questa si sia verificata, o a termine, prima che il termine sia scaduto. Perché la compensazione legale operi, è necessario che la parte la eccepisca in giudizio: il giudice non può rilevarla d’ufficio (art.1242 c.c.). Tu9avia, i debi2 si es2nguono non dal giorno della sentenza e per effe9o di questa, ma dal momento della loro coesistenza, automa2camente, per effe9o della legge. 2) Compensazione giudiziale. Qualora nel corso di un giudizio sia invocato un credito liquido ed esigibile, e l’altra parte opponga in compensazione un controcredito omogeneo ed anch’esso esigibile, ma non ancora liquido, il giudice può dichiarare l’es2nzione dei due debi2 fino alla quan2tà corrispondente, a condizione che il credito opposto in compensazione sia di facile e pronta compensazione (art.1243.2 c.c.). 3) Compensazione volontaria. Quando i debi2 reciproci non presentano i requisi2 per far luogo alla compensazione legale o giudiziale, la loro es2nzione per compensazione può verificarsi solo in forza di uno specifico contra9o, con il quale le par2 rinunciano scambievolmente, in tu9o o in parte, ai rispeCvi credi2 (art.1252 c.c.). Questa specie di compensazione può anche essere anteriore alla scadenza dei credi2. 4) Compensazione facolta5va. Ha luogo quando la parte rinuncia ad eccepire un ostacolo che si frapporrebbe alla compensazione legale: consente, per es., che si operi la compensazione, nonostante che il credito non sia scaduto. Alcuni credi2, per la loro causa esigono che la prestazione sia in ogni caso eseguita: perciò, non possono formare ogge9o di compensazione. Essi sono indica2 nell’art.1246 c.c., il più importante tra essi è il credito degli alimen2. La compensazione non è ammessa tra un’obbligazione civile e un’obbligazione naturale. 91 264. La confusione Qualora creditore e debitore sia la stessa persona, l’obbligazione si es2ngue (art.1253 c.c.): ciò può accadere, per es., perché il creditore diventa erede del debitore o viceversa; oppure perché il creditore diventa cessionario dell’azienda del debitore ed il suo credito era rela2vo all’azienda ceduta. In caso di successione ereditaria, tu9avia, non si ha confusione se l’erede acce9a col beneficio d’inventario (art.490 c.c.). 265. La novazione La novazione è un contra9o con il quale i soggeC di un rapporto obbligatorio sos2tuiscono un nuovo rapporto a quello originario. Se la sos2tuzione riguarda il debitore, la novazione si dice sogge9va. Se viene modificato l’ogge9o o il 2tolo, la novazione si dice ogge9va. Gli elemen2 che cara9erizzano la novazione oggeCva sono due: uno oggeCvo, consistente nella modificazione dell’ogge9o o del 2tolo; e uno soggeCvo, la volontà di es2nguere l’obbligazione precedente, che può risultare, come ogni dichiarazione di volontà, anche tacitamente. Se l’obbligazione originaria era inesistente o nulla, la novazione manca di causa e, perciò, è senza effe9o (art.1234.1 c.c.). Può, invece, novarsi un’obbligazione dipendente da 2tolo annullabile, se il debitore conosceva il vizio che produceva l’annullabilità (art.1234.2 c.c.). 266. La remissione La remissione è la rinunzia del credito. Essa consiste in un negozio unilaterale receCzio, che produce effe9o quando la dichiarazione è comunicata al debitore, il quale, peraltro, può dichiarare di non volerne profi9are (art.1236 c.c.). La remissione es2ngue oggeCvamente il debito. Essa fa cadere le garanzie ineren2 al credito e, se si tra9a di obbligazioni solidali, libera tuC gli altri debitori. 267. L’impossibilità sopravvenuta L’impossibilità sopravvenuta es2ngue l’obbligazione liberando il debitore, se essa dipende da causa non imputabile al debitore, ossia se la prestazione è diventata impossibile senza colpa del debitore (art.1256.1 c.c.). L’effe9o es2n2vo si verifica se l’impossibilità ha cara9ere defini2vo; se, invece, essa è temporanea, il debitore è esonerato dalla responsabilità per il ritardo nell’adempimento. Non cos2tuiscono causa di impossibilità della prestazione faC che si limitano a rendere difficile per il debitore l’adempimento dell’obbligo. Capitolo 36: L’INADEMPIMENTO E LA MORA 268. L’inadempimento L’inadempimento è imputabile al debitore, che ne risponde con l’obbligo di risarcire i danni che la mancata esecuzione della prestazione provoca al creditore (art.1218 c.c.). il debitore può evitare 92 273. La garanzia generica Se il debitore non adempie la prestazione dovuta, tuC i suoi beni, sia quelli che aveva al momento in cui sorse l’obbligazione, sia quelli che egli ha successivamente acquistato, possono essere espropria2 dal creditore (cioè vende i beni del debitore per soddisfarsi sul danaro ricavato; art.2740 c.c.). Quindi tu9o il patrimonio del debitore cos2tuisce la garanzia generica del creditore. 274. Concorso di creditori e cause di prelazione Se vi sono più creditori, tuC hanno uguale diri9o di soddisfarsi con il ricavato della vendita dei beni del debitore (art.2741 c.c.). tu9avia, ad alcuni creditori la legge assicura il soddisfacimento a preferenza degli altri. Le cause legi9me di prelazione, sono i privilegi, il pegno e l’ipoteca. Se la cosa sogge9a a pegno, ipoteca o a privilegio perisce o è deteriorata, il creditore perde la possibilità di esercitare il diri9o di prelazione. Tu9avia, se il debitore si era assicurato contro i danni, si verifica la c.d. surrogazione reale. 275. Il privilegio Il privilegio è la prelazione che la legge accorda in considerazione della causa del credito (art.2745 c.c.). Alcuni creditori sono, cioè, sono preferi2 nella distribuzione di quanto venga ricavato dalla vendita forzata dei beni del debitore, ai creditori chirografari, non assis22 cioè da cause di prelazione. Tra i credi2 privilegia2 l’ordine di preferenza è stabilito dalla legge. Il privilegio è generale (su tuC i beni mobili del debitore) o speciale (su determina2 beni mobili e immobili) (art.2746 c.c.). Il privilegio generale non a9ribuisce il diri9o di sequela; il privilegio speciale cos2tuisce un diri9o reale di garanzia. Perciò di regola il privilegio speciale sui mobili, a differenza di quello generale, può esercitarsi anche in pregiudizio dei diriC acquista2 dai terzi posteriormente al sorgere del privilegio (art.2747 c.c.). Tu9avia, in alcuni casi l’esistenza del privilegio è fa9a dipendere dalla condizione che la cosa si trovi in un determinato luogo (art.2757 c.c.). Il pegno è preferito al privilegio speciale sui mobili, il privilegio speciale sugli immobili è preferito all’ipoteca (art.2748 c.c.). Capitolo 38: I DIRITTI DI GARANZIA (pegno ed ipoteca) A) CARATTERI GENERALI E COMUNI 276. Natura 95 Sia il pegno che l’ipoteca sono diriC reali. La differenza tra pegno e ipoteca, da un lato, e privilegio speciale, dall’altro, consiste in questo: i privilegi sono stabili2 dalla legge per la causa del credito; il pegno e l’ipoteca hanno bisogno di un proprio 2tolo cos2tu2vo. Mentre il privilegio cade sempre su un bene del debitore, pegno e ipoteca possono essere concessi anche da un terzo (terzo datore di pegno o ipoteca). Sia i, terzo datore che il fideiussore garan2scono il debito di un terzo, ma il fideiussore risponde con tuC i suoi beni, il terzo datore solo con il bene su cui è cos2tuito il pegno o l’ipoteca. 277. Pegno e ipoteca: differenze 1) il pegno ha per ogge9o cose mobili, mentre l’ipoteca ha per ogge9o beni immobili o diriC reali immobiliari: tra i beni mobili possono essere so9opos2 ad ipoteca solo i mobili registra2 e le rendite dello Stato (art.2810); 2) nel pegno il possesso della cosa passa al creditore, nell’ipoteca esso rimane al debitore. 278. Il paDo commissorio Sia il creditore pignora2zio che ipotecario, qualora la cosa data in pegno o ipoteca perisca o si deteriori, in modo da diventare insufficiente alla sicurezza del credito, può chiedere che gli sia prestata idonea garanzia e, in mancanza, può esigere l’immediato pagamento del debito (art. 2743 c.c.). Il legislatore vuole tutelare il debitore contro il rischio che, confidando di poter riuscire a pagare il debito, acceC di pa9uire ex ante, per il caso di mancato adempimento, l’automa2co trasferimento in favore del creditore della proprietà del bene concesso in garanzia (non importa se con pegno o ipoteca). Ha perciò sancito la nullità di un simile pa9o (pa-o commissorio), senza bisogno neppure di accertare se il valore della cosa ipotecata o data in pegno sia superiore o no all’importo del debito e senza che assuma rilievo se il pa9o viene s2pulato contestualmente al sorgere del debito e alla concessione della garanzia ovvero successivamente (art.2744 c.c.). Naturalmente la nullità si estende pure all’ipotesi in cui le par2 si accordino di vendere un bene contro un prezzo (apparente), ma con clausola risolu2va della vendita qualora il venditore res2tuisca entro un tempo definito l’importo ricevuto. Si vuole, invece, che la cosa ipotecata o pignorata, se il debitore non paga, sia venduta agli incan2 e sul ricavato il creditore si soddisfi nel limite del suo credito: la gara tra gli aspiran2 varrà a garan2re l’interesse del debitore a che il prezzo sia il più elevato possibile. B) IL PEGNO 279. Natura Il pegno è un diri9o reale su una cosa mobile del debitore o di un terzo, che il creditore può acquistare mediante un accordo con il proprietario (art.2784 c.c.). Oltre ai beni mobili possono essere concessi in pegno credi2, universalità di mobili e altri diriC aven2 per ogge9o dei mobili. È invece vietato il suppegno, ossia il pegno che abbia per ogge9o un altro diri9o di pegno (art.2792 c.c.). Il diri9o di prelazione del creditore pignora2zio consiste nel diri9o di pretendere che il debitore provveda al pagamento in suo favore prima di quelli dovu2 ad altri creditori. La prelazione comporta che , sull’eventuale ricavato della vendita coa9a del bene cos2tuito in pegno, il 96 creditore ha diri9o di soddisfarsi con priorità rispe9o ai creditori chirografari, e ciò perfino se, nel fra9empo, la cosa sia stata trasferita in proprietà di terzi (c.d. diri9o di sequela), purchè la cosa sia rimasta in suo possesso (art.2787 c.c.). Scaduta l’obbligazione, se il debitore non adempie spontaneamente, il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far vendere coaCvamente la cosa ricevuta in pegno (art.2796 c.c.), previa in2mazione al debitore (art.2797.1 c.c.); la vendita può essere effe9uata alterna2vamente o ai pubblici incan2, se la cosa non ha un prezzo di mercato, o a mezzo di priva2 autorizza2. Il creditore può anche domandare al giudice che la cosa gli venga assegnata in pagamento, fino alla concorrenza del loro credito, purchè si provveda previa s2ma peritale del bene, a meno che questo abbia un prezzo corrente di mercato (art.2798 c.c.). 280. CosFtuzione Un diri9o di pegno può essere cos2tuito, mediante un accordo contra9uale, a favore del creditore dal debitore oppure anche da un terzo. La cos2tuzione del pegno potrebbe avvenire, se si guarda solo agli effeC inter partes, perfino con un accordo soltanto verbale. È indispensabile che il pegno sia opponibile ai terzi, ma a questo fine è necessario: a) che il contra9o cos2tu2vo del pegno risul2 da a9o scri9o; b) che la scri9ura abbia data certa; c) che nella scri9ura risul2no specificatamente indica2 sia il credito garan2to ed il suo ammontare, sia il bene dato in pegno. Infine per la cos2tuzione del pegno occorre lo spossessamento del debitore (o del terzo cos2tuente) nel senso che la cosa ogge9o del pegno deve essere consegnata al creditore, ovvero ad un terzo di comune fiducia; può anche essere mantenuta in custodia di entrambe le par2, ma a condizione che il cos2tuente sia nell’impossibilità di disporne senza la cooperazione del creditore (art.2786 c.c.). Per il pegno di un credito occorrono ai fini della prelazione l’a9o scri9o e la no2fica della cos2tuzione al debitore o l’acce9azione da parte si quest’ul2mo con un a9o di data certa (art. 2800 c.c.). 281. EffeT del pegno Gli effeC che la cos2tuzione del pegno produce sono: a) il creditore, se la cosa data in pegno non è affidata alla custodia di un terzo, ha diri9o di tra9enerla, ma, per converso, ha l’obbligo di custodirla (art.2790.1). Se perde il possesso, può esercitare l’azione di spoglio (art.1168 c.c.) e anche l’azione pe2toria di rivendicazione (art. 948 c.c.), se questa spe9a al cos2tuente (art.2789 c.c.). b) il pegno non può a9ribuire poteri che vanno al di là della funzione di garanzia: perciò il creditore non può usare o disporre della cosa (art.2792 c.c.): se viola questo divieto, il cos2tuente può o9enere il sequestro della cosa stessa (art.2793 c.c.). c) infine, il creditore, per il conseguimento di quanto gli è dovuto, può chiedere che il bene sia venduto ai pubblici incan2, previa in2mazione al debitore (ar9.2796-2797 c.c.), e può anche domandare al giudice che la cosa gli venga assegnata in pagamento, fino alla concorrenza del debito, secondo la s2ma del bene stesso (art.2798 c.c.). C) L’IPOTECA 97
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