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La nascita della Repubblica Romana: dall'età monarchica alla costituzione repubblicana, Dispense di Diritto Privato Romano

Storia Politica AnticaStoria giuridica anticaStoria romana antica

Questo testo tratta del periodo transitorio dalla monarchia alla repubblica romana, analizzando la struttura politica e giuridica di entrambi i sistemi. Vengono descritte le figure dei sette re, l'introduzione della legge e il passaggio dalla monarchia alla repubblica, caratterizzata dalla figura del tribuno e dal consolato.

Cosa imparerai

  • Come la società romana passò dall'età monarchica alla repubblica?
  • Che ruoli ricoprivano i consoli nella repubblica romana?
  • Che figure rappresentano i sette re nella tradizione romana?

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 21/10/2019

Giuliclass_
Giuliclass_ 🇮🇹

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Scarica La nascita della Repubblica Romana: dall'età monarchica alla costituzione repubblicana e più Dispense in PDF di Diritto Privato Romano solo su Docsity! LIBRO SECONDO – L’ETA’ ARCAICA “LA CITTA”, la fondazione, leggi e diritti. Quando Roma fu fondata, è certo che esistevano nel Lazio, molte altre città con organizzazioni politiche e ordinamenti giuridici, ovviamente si tratta di strutture semplici. Già alla fine della repubblica i Romani non sapevano dire che cosa fosse successo al tempo delle loro origini, l’assetto peculiare della società romana è stato trattato dalla storiografia antica direttamente alle figure della tradizione, come sono i sette Re (Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marcio, Tarquinio prisco, Servio Tullio, Tarquinio il superbo). Pomponio dice che Romolo, fu il primo a fare leggi, dopo che vi era stato un periodo incerto, in cui quello che riguardava i rapporti tra i cittadini era stato risolto in fatto (manu) dall’autorità di un capo. Romolo è il primo che è stato descritto come il primo che si occupò dell’organizzazione economica, amministrativa e anche sociale. Per quanto semplice può sembrare, quest’organizzazione suppongono una struttura, che implica un’idea ed una forza organizzatrice e, inoltre, volontà del cittadino a farsi organizzare. E’ giusto ritenere che, in un contesto sociale così fatto, il diritto sia stato molto semplice. In quanto nella società delle origini, sicuramente vi sarà stato il bisogno di regole riferite alla persona, al suo status (servo o libero), al suo divenire (nascita vita e morte); ma anche alla famiglia ed ai modi in sui si forma (matrimonio), si implementa (adozione e filiazione), e si scioglie (morte o ripudio). Così come ve ne saranno state con riferimento ai legami che si possono creare tra soggetti quando, nell’azione economica, avviene uno scambio. Vi saranno stati anche mezzi di tutela, strumenti con i quali si otteneva che i semplici atteggiamenti divenissero comportamenti giuridicamente rilevanti. Allora, il pensiero giuridico romano ha imputato all’età risalente, ed ai miti delle origini, le strutture giuridiche di cui si serviva. Vediamo che, dopo Romolo, che innovò proprio con la legge rispetto al comportamento fattuale e personalistico dei precedenti re, anche i re che lo seguirono fecero approvare delle leggi. Dunque l’età monarchica è caratterizzata dall’introduzione della legge, ben presto sarà indicata col termine di lex publica. Questo sistema di amministrazione della giustizia risulta dalle fonti affidato all’intervento del re, e bisogna ritenere che dapprima, con tessuto sociale omogeneo e non molto complesso, egli sia intervenuto direttamente; mentre poi, col crescere del numero dei cittadini, avrà fatto riferimento a propri delegati. Il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica La struttura politica della Città delle origini è omologa a quella delle altre città antiche, sebbene la figura del rex romano si differenzi nelle tradizioni delle monarchie antiche. Oltre al re abbiamo i patres, che potremmo intendere come l’assemblea degli anziani delle famiglie che conoscono la propria risalenza, e che verranno poi indicati con il nome di Senato; e l’assemblea del popolo, cioè coloro che abitano stabilmente a Roma e si sono collocati in una delle trenta unità (curiae). In questo sistema costituzionale vi è una novità, ovvero l’apertura della società cittadina a tutti coloro che avessero voluto parteciparvi. Venivano accolti come veri e propri cittadini, questo perché era stato ritenuto che comunque il destino avrebbe fatto emergere chi fosse “migliore”, era quindi interesse della Città avere tra i suoi abitanti persone che me avrebbero potuto assicurare la fortuna. A Roma, vi è, quindi, una struttura aperta e regolare delle leggi. Questa prospettazione è puramente teorica, Romolo divise gli abitanti in patrizi (cui è riservato il governo) e i plebei (cui sono riservate le attività materiali). Entrambi cittadini liberi, ma che non godono dei stessi diritti. Ci furono contraddizioni che portarono a conflitti violenti e sanguinosi e si provocò nel tempo l’evoluzione del sistema politico – costituzionale e di quello dei diritti individuali. Dal 753 al 509 a. C. – monarchia, cui sarebbe seguita la repubblica. La tradizione da credito ad un’ipotesi per quanto riguarda questo passaggio, ovvero sostiene sia avvenuto in modo violento e travolgente. Vi sono però, elementi per ritenere probabile un passaggio più graduale, ovvero da un lento esautoramento del poteri del rex da parte dei suoi stessi ausiliari, cioè i patres, che lentamente avrebbero ridotto la figura del comandante supremo. In età repubblicana emerge un quadro in cui la Città appare come composta da due forze, coesistenti e vicine, ma separabili. A 15 anni dalla cacciata dei re, troviamo una classe dominante composta solo di ricchi, che si rifiuta di ammettere la partecipazione al governo dei rappresentanti della classe meno abbiente. Questo dualismo è indicato dalla contrapposizione fra patrizi e plebei. Entrambe le classi restano sempre cittadini nello stesso modo. Si mette in evidenza che anche tra la plebe si sono strutturate istituzioni politiche, quali la sua assemblea (concilium plebis), adunata prima secondo le curie e poi secondo le tribù. Il ritorno della plebe in Città (nel 494 a.C. secessione sull’Aventino), portò le due componenti a raffrontarsi ed a fare sì che dall’opposizione delle istituzioni politiche di entrambe le classi, scaturisca la forma costituzionale patrizio-plebea che costruirà l’impero e la sua grandezza economica. Gli organi costituzionali Alla coppia consolare dei patrizi, i plebei oppongono il tribuno che hanno dichiarato inviolabile, comminando la pena della sacertà (sacertas), a chi osi recargli offesa. La sacertas consiste nella consacrazione del reo agli dei degli inferi, e comporta che l’homo sacer possa essere ucciso da chiunque. Il tribuno esercita lo ius auxilii, vale a dire porta al cittadino dapprima plebeo e poi al cittadino senza distinzione di classe, quanto aiuto gli serve contro le misure che il magistrato patrizio abbia arbitrariamente preso contro di lui. Esercita la intercessio (il veto contro la delibera del magistrato patrizio) e poi la coercitio (la possibilità di irrogare sanzioni ai magistrati); è un insieme di poteri essenzialmente di controllo. Altro tema di contrasto tra le classi, è il dissidio attorno al cosiddetto ager publicus (possesso della terra). Queste aree non vengono considerate alienabili a proprietari esclusivi, ma vengono definite appunto ager publicus per dire che non vi insiste il dominio di uno solo, ma quello collettivo dei cittadini. La diatriba su di esse sorge quando ci si avvede che quella che doveva essere terra comune, era solo appannaggio di coloro che avevano beni da mettervi a frutto ed armenti da farvi pascolare. Il dissidio si incentra sulla richiesta di distribuzione dell’ager alla popolazione povera. primo tempo per curiae (comitia curiata), per centurie (comitia centuriata) e per tribù (comitia tributa). I soli plebei si riuniscono prima per curie, e poi sempre per tribù (concilia plebis tributa). Caratteristica comune a tutte le forme di adunanza è l’espressione del voto per unità di riferimento. Il comizio centuriato approva, se si esprimono a favore almeno 97 centurie (in totale sono 193), ed il comizio tributo approva, se si esprimono a favore almeno 18 tribù (in totale sono 35). Le competenze dei vari organi, sono diversificati per importanza. La provocatio ad populum è attestata come tipico intervento del tribuno della plebe contro la coercitio consolare. Le assemblee inoltre si occupano dell’elezione dei magistrati, dell’approvazione delle leggi e della repressione criminale: mentre i comitia centuriata eleggono i magistrati maggiori, i comitia tributa eleggono i magistrati minori e giudicano sulle multe irrogate da magistrati. I concilia plebis eleggono i tribuni e gli edili della plebe. Tutte approvano provvedimenti generali e vincolanti, chiamati leggi (lex). Dai commentari di Gaio leggiamo “legge è ciò che il popolo ordina e stabilisce”; ovvero lex è iussum populi, è in evidenza il potere autonomo ed esclusivo del populus e della plebs di statuire norme giuridiche. Il pareggiamento politico fra le classi I passaggi del progressivo pareggiamento politico fra le classi possono essere individuati nella lotta per il diritto scritto; nell’approvazione della lex canuleia de conubio (opposizione al divieto di matrimonio tra patrizi e plebei); nell’approvazione delle leggi liciniae sextiae; e nell’equiparazione dei plebisciti alle leggi. Ma le fonti della storia repubblicana focalizzano sulla richiesta plebea della nomina di una commissione di legislatori, che fissasse per iscritto le norme fondamentali che dovevano guidare la vita della società ormai stabilizzatasi nella Città (tema del decemvirato legislativo). Le istanze plebee prendono corpo nel 462 a.C. con le richieste del tribuno della plebe Tarentilio Arsa, ma si deve aspettare il 454 a.C. per avere l’invio di un’ambasceria di Atene per studiare la legislazione scritta greca. Tornata l’ambasceria , nel 451 a.C. vennero approntate dieci tavole di leggi ma, trovate delle lacune, furono nominati altri legislatori e aggiunte altre due tavole (prendono il nome di “leggi delle 12 tavole”). Il testo delle 12 tavole era molto diffuso, si stima però che quanto pervenuto corrisponda a meno di un terzo del testo completo. L’importanza del documento è descritta da Pomponio. Sesto elio e i tripertita: la centralità della codificazione decemvirale e l’importanza dell’interpretatio prudentium, che si generò una volta pubblicate le 12 tavole, emerge anche all’opera chiamata Tripertita del giurista Sesto Elio Peto Cato (prima parte dell’opera conteneva il testo delle 12 tavole, seconda parte un commento e terza parte trattava dei rimedi processuali contenuti nella legge). La compilazione decemvirale non esauriva il panorama delle fonti del diritto; c’erano infatti argomenti che non risulta fossero stati trattati, come i mores e le leges publicae. La lotta per il diritto scritto è stata soltanto uno dei momenti attraverso i quali il diritto si è sviluppato grazie allo scontro di interessi opposti. Intorno al 450 è attestato un contrasto diretto fra Valeri e Orazi da un lato, e Claudi dall’altro, traccia di questo è nella legislazione Valeria Orazia del 449 a.C. complesso di leggi che avrebbero sancito: l’equiparazione dei plebisciti alle leggi (lex valeria horatia de plebiscitis; il ripristino delle magistratura (lex valeria horatia de provocationes); il riconoscimento della sacrosantictas dei tribuni (lex valeria horatia de tribunicia potestate). Nel 445 a.C. risulta che i plebei ottennero l’approvazione della lex canuleia de conubio, cioè veniva eliminato il divieto di matrimoni tra patrizi e plebei. Rimaneva il problema dll’eleggibilità dei plebei al consolato. Tra le ragioni, vi era quella della diversificazione etnica l’una dall’altra, ciò impediva ai plebei l’auspicatio (potere di prendere gli auspici per tutto il popolo all’atto del compimento di qualunque operazione militare e politica. Ammesso al conubium, non c’erano giustificazioni valide er impedire l’accesso agli auspicia. Il conflitto duro dal 376 al 367 a.C. finchè si giunse all’accettazione delle richieste plebee e all’elezione di una coppia consolare composta dal plebeo. Le leggi che determinano la composizione del conflitto e che prendono il nome di leggi liciniae sestie, costituiscono, il risultato di un compromesso fra patrizi e plebei. Lex licinia sextia de aere alieno: regolava l’ammontare dei debiti e degli interessi. Lex linia sextia de modo agrorum: fissava in 500 iugeri l’estensione massima occupabile da ciascun pater familias. Lex licinia sextia de praetore creando: delegò ad un magistrato subalterno del console, la iurisdictio. Lex licinia sextia de aedile curule creando: istituì una carica magistratuale riservata ai patrizi. Con queste leggi vi è l’ingresso non completo, ma a pieno titolo, della plebe all’interno degli organi costituzionali. Ebbero accesso alla dittatura, alla censura e alla pretura. Il l plesbiscito ovinio fa si che la lectio senatus spetti ai censori, cosi facendo, i plebei facevano parte anche del senato. E nel 300 a.C. con la lex ogulnia i plebei poterono accedere anche ai collegi sacerdotali dei pontefici e degli àuguri. Infine il problema del valore dei plebisciti come disciplina che deve vincolare tutto il popolo. Poiché la convivenza delle due componenti sociali si sarebbe potuta avere solo se la più forte, cioè quella patrizia, avesse tenuto conto delle necessità della più debole, cioè della plebea, si doveva trovare un modo per fare sì che quanto deliberato dall’assemblea plebea fosse tenuto in conto anche dai patrizi. Le ragioni del dissidio erano fondate ed il processo di parificazione dei plebisciti alle leggi è presentato dalla tradizione storica con una progressiva scansione d’eventi, che poi sembra essersi perduta nelle fonti dell’impero classico, quali sono i commentari di Gaio o l’Enchiridion di Pomponio. Le fonti storiche attestano la lex valeria horatia de plebisciti, la legge di publilio filone (primo plebeo che sarebbe stato eletto pretore nel 337 a.C.) e la lex Hortensia del 287 a.C. con la quale sarebbe stato tolto il vincolo dell’auctoritas ed i plebisciti sarebbero stati definitivamente equiparati alle leggi.
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