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Diritto e Stato nell'Ancien Régime: Costituzioni, Diritto Naturale e Leviatano - Prof. Car, Sintesi del corso di Diritto Privato Romano

Una panoramica del sistema giuridico dell'ancien régime, con un particolare focus sulle costituzioni, il diritto naturale e il leviatano. Esplora la natura del diritto, la sua evoluzione e le sue fonti, come la consuetudine, il diritto romano e il diritto naturale. Inoltre, analizza la figura del sovrano e il suo rapporto con il popolo, la nascita del diritto internazionale e la critica al diritto romano. Utile per chi studia la storia del diritto, la storia dell'europa moderna e la filosofia politica.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 26/03/2024

Elisa.deangelis
Elisa.deangelis 🇮🇹

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Scarica Diritto e Stato nell'Ancien Régime: Costituzioni, Diritto Naturale e Leviatano - Prof. Car e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Privato Romano solo su Docsity! Costituzione di Ancien Régime Konstitution: legge formale, scritta Verfassung: insieme di usanze e consuetudini Ancien Régime: Età moderna (1453 ⇒ 1789) Si fonda su tre imposizioni inviolabili dal re: - Legge salica: ereditarietà delle cariche nobiliari subordinate alla primogenitura maschile. - Fede cristiana del sovrano. - Inalienabilità del demanio: le terre facenti parte del regno non possono essere cedute. Lo stato francese è diviso in tredici dipartimenti (regioni) ognuna delle quali ha un parlamento. Il più importante è quello di Parigi. Oltre ai parlamenti sono presenti anche gli stati generali: un’assemblea dove il popolo (diviso in nobiltà clero e terzo stato) poteva fare proposte al re. Gli stati generali per entrare in funzione dovevano essere convocati dal sovrano. I tribunali (parlamenti francesi) avevano una funzione semi-legislativa. Dal Cinquecento/Seicento i sovrani iniziano a legiferare, dunque i parlamenti svolgono solo una funzione interinale. Sono organi istituzionali, emettono sentenze e registrino le leggi del sovrano. Se una legge non viene registrata non entra in vigore. In caso di mancata registrazione di una legge il sovrano può indire una sentenza speciale nella quale, di fronte ai giudici, può imporre il proprio volere in modo assoluto, obbligando i magistrati a registrare la legge. Si chiama letto di giustizia (lit de justice), cerimonia al quale i sovrani europei si sono appellati molto raramente. Pur rimanendo monarchi assoluti, i vari re europei sapevano bene che restare nei limiti della verfassung era il modo più saggio e sicuro di esercitare il potere. L’appello al letto di giustizia era, inoltre, un segno di debolezza e di instabilità dei rapporti tra il sovrano e i suoi magistrati. I parlamenti, a mano a mano che otterranno potere, riusciranno a rovesciare il potere del re di Francia. Nell’emissione delle sentenze i tribunali erano estremamente liberi. L’assenza di una konstitution garantiva ai magistrati un notevole margine interpretativo. La principale fonte del diritto restava la consuetudine (ius), dopo il quale veniva la volontà regia (lex). Il diritto romano era lo sfondo del panorama giuridico moderno, gli “antichi” restavano fonti autorevoli, alle quali i magistrati potevano appellarsi nei processi. Durante l’Ancien Régime si andrà verso un’affermazione dei diritti locali ai danni dei diritti “universali” e generali. I piccoli monarchi acquisiranno importanza ai danni degli imperatori e lo stesso varrà anche in campo clericale: nel XVI secolo i cristiani protestanti si staccheranno dal cattolicesimo di Roma. Lo stato moderno cerca un ordine distante dalla natura “interpretativa” del diritto romano. La tendenza dei sovrani moderni sarà quella di voler abbattere gli status e i ceti, sui quali si fondava la società medievale. Per re come Luigi XIV, uno stato ideale vedrebbe tutti i cittadini sullo stesso piano giuridico, con solo il sovrano assoluto a detenere uno grado superiore. A concretizzare questa visione (seppur per breve periodo) sarà Maximilien Robespierre con il suo terrore bianco. Nel sistema giuridico moderno è bene distinguere i concetti di codice e consolidazione. Il primo è un sistema legale slegato dal diritto romano e composto da leggi nuove; il secondo invece consiste in una raccolta di leggi consuetudinali con il diritto romano come base di ispirazione. La leopoldina (dal nome del suo autore Pietro Leopoldo) risulta essere un’eccezione. Emanato nel 1786 nel Granducato di Toscana, il codice leopoldino (a discapito del nome) è un ibrido tra il concetto di codice e consolidazione. Non è di ispirazione romana, consolida leggi passate e ne introduce di nuove. Leopoldo si appellerà spesso agli insegnamenti di Beccaria: il “codice” abolirà la pena di morte e svuoterà la confessione del suo valore legale abbattendo il sistema delle prove legali. Quest’ultima innovazione porterà all’abolizione, de facto, della tortura. concreto sono le “Ordonnances” di Luigi XIV (emanate tra il 1660 e il 1690): amministravano in maniera uniforme per tutta la Francia svariate materie quali: procedura penale, foreste, navigazione, diritto commerciale e tratta degli schiavi (code noir). *Malgrado il titolo della sua opera, Bodin era uno strenuo oppositore della repubblica e della democrazia. Queste due forme di governo (concettualmente sovrapponibili tra loro nella concezione cinquecentesca) erano considerate analoghe a oligarchia e aristocrazia. Le poche repubbliche esistenti all’epoca (San Marino, Venezia, Lucca ecc.) erano luoghi corrotti e “infelici”. Lo stato di Bodin si compone di tre elementi: - famiglia - sovranità - bene comune La caratteristica principale però resta il potere “perpetuo e assoluto” del sovrano verso i sudditi. Lo scopo del re è quello di controllare il popolo al fine di tenerlo lontano da impulsi violenti e distruttivi. • François Hotman (1524-1590) Giurista francese e acceso ugonotto (protestanti francesi), fu proprio la persecuzione ai danni del suo culto (strage di San Bartolomeo, 23/24 agosto 1572) a renderlo uno dei primi critici dell’assolutismo. La sua critica si concentra in particolare sul diritto romano, tuttavia è bene specificare che l’anti-romanismo di Hotman è rivolto a delle reinterpretazioni contemporanee degli scritti giuridici ulpinianei. Il vero obbiettivo di Hotman è il diritto della chiesa di Roma, ampiamente ispirato (ma non uguale) a quello in vigore in epoca premoderna. La sua critica si concretizza ne “L’Anti-Triboniano”. Triboniano fu il giurista di Giustiniano, uno dei massimi autori del diritto romano. Questa è la “pars destruens” del pensiero di Hotman. La “pars costruens” è invece “La Franco-Gallia”, dove Hotman esalta il diritto locale e consuetudinale della Francia. Lo stato nuovo, secondo il giurista, dovrebbe avere un sovrano assoluto limitato dagli Stati Generali e da un diritto nazionale francese. L’errore, a occhi attuali, di Hotman è quello di riporre troppa fiducia negli Stati Generali, organo che perpetrare in funzione ha bisogno dell’assenza de re e che, infatti, perderà sempre più potere con l’avanzare dell’assolutismo. Il potere rappresentativo finirà nelle mani dei parlamenti. Per le sue posizioni critiche, Hotman viene accostato ai monarcomachi, ovvero coloro che ritengono corretto uccidere il re in caso di infrazione del contratto sociale. Code noir Regolamentazione degli schiavi delle nelle colonie Francesi. Dalla sua istituzione nel 1685 per volere di Luigi XIV, rimase in vigore fino 1848. Pur venendo considerato uno delle più terribili legislazioni dell’era moderna (a causa dei temi trattati), il suo intento era quello di limitare i poteri dei padroni sugli schiavi. A dispetto del nome, il “code noir” è una consolidazione: si appella a consuetudini coloniali e la concezione della figura dello schiavo è molto simile a quella presente nel diritto romano: lo schiavo è privo di capacità giuridica, non è soggetto ma è oggetto del diritto, non è un cittadino ed è sottoposto al potere del padrone. Ordinare la schiavitù e attenuare la condizione degli schiavi si rese necessario nel XVII secolo a causa dell’incremento della produzione nelle colonie. L’isola di Saint Dominique (odierna Haiti) produceva tre quarti della ricchezza francese; non poteva essere lasciata all’abbandono nelle mani dei padroni. Pur avendo molte somiglianze col diritto romano, il “code noir” ha alla sua base un’importante differenza ideologica: il razzismo. In antichità la schiavitù non aveva alcuna connotazione razziale, banalmente non serviva una tale giustificazione per sottomettere un essere umano. Le somiglianze, invece, tornano guardando alla figura dei liberti (ora chiamati “liberi di colore”, terminologia declinata in tutte le varie lingue coloniali). Si tratta di un terzo status intermedio, dove l’individuo è libero, ma subisce discriminazioni. Non era ammesso che praticassero professioni “nobili”, dunque si dedicarono ai commerci. Questa pratica li rese la categoria di gran lunga più odiata, anche perché molti di loro si arricchirono e comprarono schiavi a loro volta. Un free-black poteva nascere, illegittimamente, da una donna bianca e uno schiavo. Pur essendo una cosa rara, il “code” regolava la questione. La fuga degli schiavi era punita con ferocissime pene: era previsto il taglio di un arto al primo tentativo, di un ulteriore arto al secondo e la morte al terzo. La repressione della resistenza era assoluta: gli schiavi nella maggior parte dei casi non avevano gli strumenti intellettuali per ordire una rivolta. Le forme di resistenza più comuni, seppur rare, erano: il boicottaggio, incendi nelle piantagioni; uccisione dei nascituri, le madri non volevano mettere al mondo nuovi schiavi; avvelenamento dei pasti dei padroni, questo causò psicosi nelle varie colonie. Illuminismo Lo spirito di questa corrente culturale è incarnato dal “Candite” di Voltaire (1759), romanzo filosofico che ricopre il ruolo di “coscienza critica” dell’illuminismo. Il Settecento e l’Ottocento sono caratterizzati da una grande fiducia nei confronti del futuro. In “Candido o l’ottimismo” Voltaire critica con forza lo smodato ottimismo dei suoi contemporanei. Sarà particolarmente duro con Gottfried Leibniz (1646-1716), al quale dedicherà il personaggio di Pangloss (un uomo “tutto lingua”), filosofo ciarlatano mentore di Candido. Sempre in quest’opera, Voltaire metterà a nudo l’opulenza europea: un grosso manto di ipocrisia sorretto dalla disumana schiavitù delle colonie.
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