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Esecuzione forzosa e pignoramento: soddisfazione creditori, Appunti di Diritto

Il procedimento di esecuzione forzosa e il pignoramento, istituzioni legali che consentono al creditore di prendersi il controllo di un bene del debitore per soddisfare una sua pretesa. Della natura del pignoramento, delle sue fonti, della scelta del creditore tra diverse forme di esecuzione, e della possibilità per il debitore di convertire il pignoramento in denaro. Viene inoltre esplorata la differenza tra l'oggetto dell'espropriazione e l'oggetto della responsabilità patrimoniale, e la possibilità dell'utilizzo della prova testimoniale.

Tipologia: Appunti

2011/2012

Caricato il 13/01/2012

pandalon
pandalon 🇮🇹

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Scarica Esecuzione forzosa e pignoramento: soddisfazione creditori e più Appunti in PDF di Diritto solo su Docsity! LE ESECUZIONI La prima parte delle esecuzioni è la parte che serve a rispondere alla più semplice delle domande: dopo aver vinto la causa che cosa faccio per far sì che il soccombente adempia? Possiamo anche pensare che egli non adempia. E allora che si fa di quell'ordine del giudice che sta scritto sulla sentenza? Ci sono delle procedure, dei modi per dare attuazione all'ordine del giudice e quindi cercare di dare esecuzione a quell'ordine in modo da garantire a chi ha vinto di avere la sua soddisfazione sul piano sostanziale. Come si può capire non è una fase irrilevante perché rientra nel valore costituzionale tutelato dall'articolo 24; l'articolo 24Cost tutela il diritto d'azione, che è una garanzia di efficienza della tutela giurisdizionale, cioè la garanzia di attribuire il risultato concreto (e non il risultato teorico), che passa attraverso un sistema di mezzi che possa garantire a quella parte, che aveva diritto ad ottenere un bene a cui era affezionato, di averlo, non di avere il diritto di averlo ma poi non averlo. La seconda parte del corso ha come oggetto i procedimenti speciali. Che cosa si intende per procedimenti speciali? Si intende una serie di procedimenti che si pongono accanto al processo ordinario di cognizione. Il porsi accanto però a vari significati che cambieranno a seconda del processo speciale del quale parleremo, ma a grandi linee abbiamo un porsi accanto in una funzione alternativa, sostitutiva al processo ordinario, vale a dire dei processi che tendono a far ottenere, a garantire alla parte che li utilizza lo stesso risultato che otterrebbe attraverso il processo ordinario, in modi diversi e più semplificati, e sovente questi modelli di procedimento hanno una utilizzabilità circoscritta, cioè non valgono per tutto: per tutto vale il processo ordinario, poi ci sono processi semplificati che di volta in volta possono essere utilizzati. Abbiamo poi processi, procedimenti speciali che hanno una funzione strumentale rispetto al processo ordinario: qui si intendono i procedimenti di natura cautelare. Solo strumentali perché, mentre i modelli che hanno una funzione alternativa sostituiscono in un qualche modo il processo ordinario, questi procedimenti invece si pongono in una funzione di aiuto al processo ordinario, nel senso di garantire degli strumenti che consentano l'anticipazione degli effetti del processo in modo da garantire alla parte l'efficienza, cioè la materiale attua abilità della sua tutela; allora sono strumentali perché sono procedimenti che hanno una funzione rapportata al processo ordinario, non esistono da soli, ma esistono in quanto c'è un processo ordinario, al servizio del quale vengono utilizzati ed in funzione del quale esistono, quindi non sono una strada alternativa, ma sono una strada, come dire, che si aggiunge, cumulativa perché serve un qualcosa di diverso ma che è utile, talvolta essenziale, a chi sceglie di utilizzare lo strumento del processo ordinario. Il procedimento di esecuzione è (in senso molto generale, perché ce ne sono vari) è quel procedimento che si attua quando si deve passare dalla funzione di accertamento e di condanna tipica del processo ordinario alla funzione di attuazione materiale, coattiva di quell'ordine del giudice contenuto nella sentenza. Si parla di una pretesa da eseguire e di una pretesa di eseguire. La prima è quella che era l'oggetto del processo di merito. Noi assumiamo di avere una pretesa sostanziale inadempiuta, ci rivolgiamo al giudice chiedendo che accerti che abbiamo un diritto non adempiuto, una pretesa sostanziale e che condanni il nostro debitore della prestazione a eseguirla. Poi otteniamo la sentenza, c'è un provvedimento del giudice che condanni quel soggetto ad adempiere e a questo punto abbiamo la pretesa di eseguire quel provvedimento che ha ad oggetto la pretesa da eseguire, quindi quando noi parliamo di esecuzione parliamo della pretesa, della domanda di eseguire quell'ordine del giudice, quella condanna, quel provvedimento che ha ad oggetto la pretesa sostanziale da eseguire, cioè la pretesa che abbiamo devoluto nel giudizio ordinario di cognizione o comunque nel giudizio nel quale è stata valutata dal giudice. Quindi la pretesa da eseguire è che io sono creditore di € 1000 del signor Rossi che però, nonostante glieli abbia chiesti, non me li ha restituiti; se il giudice accerta che io sono titolare di questo diritto di credito, che non si è prescritto, che abbiamo la prova a suo fondamento, condannerà il signor Rossi a pagarmi € 1000 e se questi non adempie spontaneamente, noi abbiamo la pretesa di eseguire quella sentenza in modo da ottenere il pagamento di € 1000 dal Sig. Rossi. Allora noi ora ci occupiamo di come si fa a far valere la pretesa di eseguire, cioè la domanda al giudice che ha ad oggetto per esempio la dichiarazione al giudice che un suo collega mi ha dato ragione, che ho un ordine, un provvedimento che dice che sono creditore di € 1000 verso il Sig. Rossi che non mi paga, disinteressandosi dell'ordine del giudice e quindi vorrei costringerlo ad adempiere. Quali sono i modelli in cui si può forzare, costringere all'adempimento un soggetto? In astratto noi conosciamo due modelli di esecuzione: l'esecuzione in forma diretta e l'esecuzione in forma indiretta. L'esecuzione in forma indiretta è un modello di esecuzione diffuso molto poco in Italia e molto più diffuso all'estero, più o meno è quello che si vede nei telefilm quando un presidente di una corte americana minaccia l'oltraggio alla corte; è un sistema che è molto utilizzato in Francia, in Belgio e nei paesi anglosassoni e comporta l'attribuzione al giudice del potere di prevedere delle sanzioni a carico del soggetto che non adempie a quel provvedimento che l'ha visto soccombente, cioè che non adempie all'ordine del giudice. Questo modello teorico lo possiamo ricostruire attraverso l'attribuzione del potere di una sanzione di natura penale o civile, dipende da come lo ricostruiamo, può prevedere entrambi i modelli di sanzione; in Italia lo conosciamo in modo molto residuale e viene utilizzato in materia di diritto industriale, nei casi di concorrenza sleale: il giudice mi ordina di cessare o non compiere atti di concorrenza sleale che mi condanna al pagamento di € 1000 per ogni atto che da quel momento farò in violazione di questo ordine, oppure a € 100 per ogni prodotto contraffatto che da domani metterò sul mercato. Questa è la tipica sanzione coercitiva indiretta. Qual è il vantaggio e qual è lo svantaggio di questo modello di esecuzione? L'evidente vantaggio è che un modello di esecuzione generico, quindi si adatta, si conforma a qualunque modello di ordine, a qualunque modello di pretesa da adempiere, proprio perché è un'attribuzione di un potere al giudice di conformare la sanzione che irroga rispetto alla situazione. La seconda caratteristica è quella di forzare, invogliare o spaventare il soggetto che deve adempiere attraverso la minaccia che il suo inadempimento gli costi caro, per esempio nei telefilm americani la minaccia relativa alla violazione dell'ordine del giudice è la prigione; quindi si dice al soggetto bada bene che, a lato di questo ordine, se tu continui a violarlo, avrai delle altre sanzioni, quindi è un meccanismo di coercizione all'adempimento attraverso la previsione che se no ci sono ulteriori sanzioni, come nel caso dei prodotti contraffatti dopo l'ordine di cessare alla contraffazione. Gli svantaggi sono sostanzialmente due. Il primo è che questo modello non garantisce il raggiungimento della finalità ultima, ciò vuol dire che in realtà, nell'evolversi dei tempi, un po' in tutti gli ordinamenti che conoscono questo modello di esecuzione si sono poi introdotti anche dei limiti alle sanzioni a carico del soggetto; il problema, che rimane teorico, è che è pur vero che io lo forzo ad adempiere, ma se non adempie questo è un modello di costrizione che non garantisce il risultato effettivo voluto dal soggetto che ha la pretesa, cioè se noi vogliamo il quadro della vecchia nonna e il soggetto soccombente non ce l'ho rida non ci interessa avere la sanzione pecuniaria collegata all'inadempimento, ma vogliamo il quadro, quindi questo modello ha il limite di non garantire la possibilità di ottenere l'esatto adempimento della pretesa che abbiamo fatto valere nel processo ordinario, è un mezzo che ci porta vicino ma dipende dal grado di resistenza del debitore, perché se non gliene importa nulla di adempiere e subisce malvolentieri, ma subisce le costrizioni collaterali, noi con questa impostazione non otteniamo il risultato che volevamo. Il secondo svantaggio, che è legato al primo, è che evidentemente è anche un modello che intanto ha una funzione effettiva in quanto il debitore sia patrimonialmente solvibile, per esempio se noi sanzioniamo la maglietta contraffatta con una multa da € 50 l'una, però la vogliamo far valere contro il povero extracomunitario che le vende in piazza i soldi non glieli prendiamo perché non li ha: è evidente che questo sistema è deterrente nella misura in cui ci sia un rapporto tra la sanzione e il patrimonio del debitore al credibile ragionevolmente; se la sanzione è sproporzionata rispetto al patrimonio e non rispetto al diritto, diventa evidentemente non più un deterrente per il debitore che tanto sa che non potrebbe mai essere chiamato in qualche modo a far fronte a un ordine del genere. In Italia invece abbiamo tradizionalmente un modello diverso. Il nostro ordinamento come tradizione conosce la forma dell'esecuzione diretta. È un procedimento nel quale lo Stato garantisce un'attività sostitutiva di quella del debitore che continua a non adempiere all'ordine del giudice, cioè un'attività, talvolta accertamento della sussistenza della pretesa sostanziale da adempiere, il che da un lato ha la funzione di accelerare i tempi e dall'altra quella di deflazionare il carico della giustizia ordinaria. Dopo il susseguirsi di una serie di proposte ripetutamente variate, a un certo punto è uscito questo n. 2 nel quale si dice che costituisce titolo esecutivo la scrittura privata nella quale ci sia il riconoscimento della pretesa da adempiere, in realtà circoscritta perché ci dice due cose: la prima che non qualunque scrittura privata ma a condizione che sia certa la provenienza, cioè che sia autenticata la firma; la seconda che riguarda soltanto le obbligazioni di danaro, quindi non qualunque altra obbligazione che possa essere prevista nel contratto, perciò si tratta di una idea di semplificazione del giudizio in generale: se in una scrittura che ha la firma autenticata riconosci che è vero che devi € 20.000 allora quello è titolo esecutivo, se riconosci che alla scadenza di un termine deve restituire un certo bene, questo non è titolo esecutivo perché è anche l'impatto di utilità di questa previsione sui numeri del processo era funzionale alle obbligazioni pecuniarie, che riguardano la grande massa del numero dei nostri processi. All'ultimo comma all'articolo 474 dice che l'esecuzione forzata per consegna o rilascio si può fare solo non col numero 2; la consegna riguarda i beni mobili, il rilascio i beni immobili, cioè, come poi vedremo, lo sfratto. La terza categoria è quella degli atti ricevuti dal notaio o dal pubblico ufficiale autorizzato dalla legge; l'esempio tipico è quello dei contratti di mutuo: faccio un mutuo sulla casa per atto pubblico e, se non pago le rate del mutuo, la banca mutuante non ha il dovere di fare la causa di accertamento per verificare che non ho pagato alcune rate, ma salta alla fase esecutiva. Su quello che abbiamo detto dovremmo fare istintivamente un'osservazione. Abbiamo fatto tutto un discorso sulla pretesa da eseguire e la pretesa di eseguire e sul fatto che nel processo di esecuzione si discute della pretesa di eseguire e non della pretesa da eseguire perché sulla seconda c'è già stato qualcuno che ha già detto che così stavano le cose. Quadra tutto questo discorso con l'elencazione dei titoli esecutivi o c'è qualcosa che non funziona? Quello che abbiamo detto funziona col numero uno, titolo esecutivo di matrice giudiziale, perché, quale che sia il titolo esecutivo giudiziale, c'è stata la valutazione di un giudice, nel senso che in una sentenza ci sarà stata la valutazione anche approfondita tipica del processo ordinario di cognizione, in altri provvedimenti ci sarà una valutazione sommaria (articolo 186bis c.p.c), in altri casi, come studieremo, ci saranno delle valutazioni anticipate, cioè prima del contraddittorio, ma comunque sia c'è sempre un giudice che ha fatto una valutazione sulla fondatezza della pretesa da adempiere, sarà completa e finale, sarà soggetta a gravame, sarà provvisoria all'interno di un processo che proseguirà, ma c'è. Nei numeri 2 e 3 non c'è talora tutto il discorso che abbiamo fatto deve essere diverso quando si parla di una pretesa esecutiva su titoli stragiudiziali: quando si parla di una pretesa su titoli stragiudiziali, non c'è la preventiva valutazione di un giudice sulla sussistenza della pretesa da adempiere. Non c'è per scelta del legislatore, perché, per le più svariate ragioni, quelle del 1930 sulla cambiale, del 1933 sull'assegno e degli anni 2000 sulla scrittura privata autenticata, ha scelto di attribuire questa particolare è importante efficacia a certi documenti che sorgono per matrice privata. Questo vuol dire che in queste ipotesi, cioè quelle nelle quali si procederà ad una esecuzione sulla base di un titolo esecutivo stragiudiziale, avremmo significative differenze dall'altra, nel senso che arriveremo a un punto in cui scopriremo che lì il debitore ha evidentemente ben altre possibilità difensive rispetto al suo amico debitore che è aggredito in base ad una sentenza. Ciò è ovvio perché se Mario viene aggredito perché paghi € 50.000 in quanto condannato con una sentenza e suo fratello Giovanni viene aggredito perché paghi € 50.000 sulla base di tre cambiali che lui ha firmato, entrambi devono la stessa somma ma la situazione processuale è completamente diversa. Mario è risultato soccombente in un processo dove il giudice ha deciso che doveva € 50.000 e allora scopriremo che quello che ha già detto in quel processo non può continuare a dirlo in sede esecutiva, ma l'ha già detto nel processo di merito e gli è stato dato torto; suo fratello Giovanni si vede arrivare addosso un'esecuzione sulla base di una cambiale firmata un anno prima, allora è evidente che invece lui potrà avere le più ampie facoltà difensive sulla pretesa da adempiere, cioè sul merito. Se il debito sale perché hanno entrambi comprato 1000 seggiole blu e hanno consegnato loro 1000 seggiole rosse senza una gamba, i vizi della cosa venduta il primo gli avrà fatti valere nel processo e se gli hanno dato torto probabilmente ci sono stati dei motivi precisi; il fratello che ha firmato le cambiali quando gli hanno consegnato la merce invece non ha mai potuto far valere che gli hanno consegnato 1000 seggiole rosse senza una gamba invece di 1000 seggiole blu e allora poi vedremo dove farà valere la sua pretesa, ma di certo non gli possiamo dire che è preclusa a lui la questione dell'esistenza della pretesa da adempiere, perché non ne ha mica mai discusso, mentre Mario ha potuto discutere in una sede in cui la discussione si poteva fare. Giovanni invece non ha potuto fare ciò perché, scaduta la cambiale, non paga e subisce immediatamente l'esecuzione sulla base di un titolo stragiudiziale e vedremo dove farà valere i vizi della cosa venduta e le differenze che ci sono rispetto all’ipotesi tradizionale. Prima di iniziare una procedura esecutiva, qualunque essa sia, abbiamo la necessità di disporre di un documento e di fare svolgere un'attività; disporre di un documento è disporre di un titolo esecutivo. Abbiamo già detto il titolo esecutivo è la condizione necessaria e sufficiente per dar corso, per dare inizio ad un'esecuzione forzata, qualunque tipo di esecuzione forzata, qualunque tipo di modello espropriativo si debba coltivare. Abbiamo anche detto che il titolo esecutivo si suddivide in due grandi categorie, giudiziali e stragiudiziali; c'è un evidente differenza tra i due, non solo dal punto di vista di cui abbiamo già parlato cioè dal contenuto di accertamento della pretesa sostanziale, ma anche da un punto di vista molto più semplice: il titolo esecutivo stragiudiziale è esecutivo perché lo dice la legge ed è il titolo in sé ad essere esecutivo, non ha bisogno di null'altro. Per esempio se noi andiamo a pagare una qualsiasi cosa, facciamo un assegno e poi l'assegno non viene pagato quando viene presentato in banca, l'assegno è titolo esecutivo, quel documento che abbiamo firmato noi. Se invece parliamo di un titolo esecutivo di natura giudiziale, non è così, non basta, nel senso che i titoli di formazione giudiziale devono essere, si dice, spediti in forma esecutiva (è un modo di definizione); in sostanza significa che la sentenza deve avere l’apposizione di una formula, che poi nella pratica è un timbro, in cui la definizione esatta è all'articolo 475 cpc, che in realtà contiene un ordine, un comando a tutti gli ufficiali giudiziari di dare esecuzione al contenuto di quel provvedimento. C'è questa formalità perché non tutti titoli di formazione giudiziale sono esecutivi, allora, poiché non è l'ufficiale giudiziario che deve interpretarlo, l'ufficiale giudiziario, cioè il soggetto che poi sarà incaricato dell'esecuzione, vedrà arrivarsi un documento che lui deve solo verificare se sia o non sia titolo esecutivo e perché abbia la esteriorità del documento titolo esecutivo; quindi il controllo non è rimesso alla discrezionale valutazione dell'ufficiale giudiziario e quindi c'è la necessità di avere questa formula, rispetto alla quale il soggetto ha diritto di averla ovviamente, per esempio se noi abbiamo una sentenza di condanna al pagamento di € 100.000 dopo aver vinto la causa che andiamo dall'ufficiale giudiziario, l'ufficiale giudiziario non far esecuzione se noi non siamo stati accorti nell'ottenere prima questa formula esecutiva apposta in calce che è necessaria. Il titolo esecutivo si forma contro un determinato soggetto, per esempio Rossi vince la causa e si forma il titolo contro bianchi che l'ha persa, ovviamente il titolo vale anche contro gli eredi di bianchi (qui c'è anche una particolarità che è la possibilità di notificare agli eredi impersonalmente al domicilio del de cuius entro un anno dalla morte); c'è poi il problema speculare se il titolo esecutivo possa anche passare dal lato attivo, cioè dal lato del soggetto che è titolare della prestazione contenuta. L'interpretazione che si dà la si ricava dall'articolo 475 cpc chi dice che l'acquisizione del titolo in forma esecutiva può farsi solo a favore della parte a favore della quale è stato pronunciato il procedimento… o ai suoi successori; qui significa che ciò vale senza dubbio per i successori a titolo universale, ma il problema dove si discute, dove c'è un'opinione prevalente ma è un problema aperto, è se valga per il successore a titolo particolare e l'opinione prevalente va in questo senso. Il titolo esecutivo deve essere portato formale conoscenza del soggetto che è tenuto alla prestazione richiesta; noi ora parliamo di un procedimento di esecuzione e come tutti i procedimenti, di qualunque genere essi siano, è una successione nel tempo di atti legati tra di loro da un certo fine unitario. Nel processo di esecuzione avviene questo ma con una particolarità che nasce dal fatto che vi è l'esigenza di compiere due atti che si definiscono gli atti prodromici all'esecuzione e che devono essere promossi prima dell'inizio del procedimento vero e proprio; sono dunque atti necessari ma antecedenti all'esecuzione alla quale sono estranei, ma, sebbene stiano così le cose, sono atti che non possono non esserci perché se non ci sono non si può iniziare il processo di esecuzione. Questi due atti sono la notificazione del titolo esecutivo e l'atto di precetto. Abbiamo già visto cos'è il titolo esecutivo e vedremo poi perché va notificato; l'atto di precetto ha un contenuto previsto dalla legge dall'articolo 480 cpc ma sostanzialmente è un'intimazione ad adempiere: è l'ultimo estremo avvertimento dato dal creditore al suo debitore con il quale in sostanza gli dice che se non adempie inizia l'esecuzione. Ovviamente va anche notificato il titolo esecutivo, ma è un problema che però pone alcune questioni perché, per notificare un qualunque documento, occorrerebbero almeno due copie: possiamo immaginare che ciò succeda per i titoli di formazione giudiziale perché c'è un originale e si possono fare quante copie quante se ne vogliono, ma il problema cade sui titoli esecutivi di formazione stragiudiziale, perché c'è un assegno o una cambiale e, per definizione, se sono due sono diverse. La norma però dice che il titolo esecutivo va notificato al debitore; la norma qui dice una cosa e poi però non è più adottata nella realtà. Per quanto riguarda i titoli esecutivi stragiudiziali la norma sostanzialmente dice che il titolo va trascritto nell'atto di precetto; una volta si prendeva il titolo e si scriveva esattamente tutto quello che c'era scritto sul titolo sull'atto di precetto, anche la parte che l'ha stampata dalla banca, perché non c'era un altro mezzo per trasferire il contenuto del titolo nell'atto di precetto; con il passare del tempo ciò non si è più verificato perché nella pratica si è arrivati a prevedere che si facciano delle fotocopie (l'articolo 480 cpc è del 1942 e non è stata cambiata): oggi quella norma che ci dice che il titolo deve essere trascritto in realtà significa che si devono fare delle copie dell'assegno o della cambiale, si devono far autenticare, cioè bisogna accertare la conformità della copia con il titolo in originale, conformità che viene attestata dall'ufficiale giudiziario, e poi si può procedere alla notifica. Perché bisogna rinotificare il titolo? Intanto diciamo che il ri davanti a notificare lo dobbiamo mettere tra parentesi, perché dipende, nel senso che, se parliamo di un titolo giudiziale, è un discorso, se parliamo di un titolo stragiudiziale è un altro discorso, nel senso che se parliamo di un titolo stragiudiziale non rinotifichiamo ma notifichiamo, nel senso che non c'è null'altro prima; per esempio il debitore ha emesso le sue cambiali nel 2010 una al mese, qualcuna gli è scappata e quindi non ha effettuato il pagamento e quindi la prima notifica del titolo esecutivo che lui tiene ad avere è quella che avviene prima dell'esecuzione. L'altro invece è un titolo che può già essere stato notificato però la notifica nel titolo esecutivo di natura giudiziale ha due finalità diverse e ha due destinatari diversi; nella prima parte di procedura civile abbiamo studiato una norma che dice che tutte le notifiche vanno fatte da un certo momento in poi al domicilio del difensore della parte, allora la notifica della sentenza, nel caso in cui il nostro provvedimento sia una sentenza, nel caso di impugnazione la notifica alla finalità di far decorrere il termine breve per l'impugnazione e va fatta al difensore, qui invece abbiamo la notifica che va fatta alla parte e non al suo difensore perché non è un atto del processo, ma è un atto stragiudiziale precedente il processo che riguarda una fase nuova e diversa, che è quella esecutiva, che non è la prosecuzione, processualmente parlando, dei giudizio in cui è stata resa la sentenza, e la prosecuzione di quel giudizio sarà eventualmente l'impugnazione della sentenza. Qui allora, poiché queste attività prodromiche hanno la finalità duplice di avvertire il debitore che se non adempie avrà delle conseguenze peggiori, più negative e di cercare di scongiurare che ciò avvenga, evitare l'aggravio strutturale di un altro processo esecutivo e quindi intimare ma anche sollecitare all'adempimento il debitore; questi due atti prodromici, titolo esecutivo e atto di precetto, vanno notificati alla parte personalmente, non c'entra il suo difensore. L'atto di precetto ha un contenuto che è fissato dall'articolo 480 cpc. Nel suo contenuto, a pena di nullità, ci deve essere l'indicazione delle parti, della data di notifica del titolo esecutivo, se è stata fatta separatamente, e la trascrizione integrale del titolo quando è richiesta dalla legge; in realtà questi requisiti non bastano perché il precetto è un'intimazione ad adempiere e allora, se lo è, deve contenere due elementi di buon senso oltre che di diritto sostanziale, per esempio se intimiamo l'adempimento a qualcuno dobbiamo inserire che cosa deve adempiere e un termine, entro quanto deve adempiere, perché se gli si dà una diffida, un cartellino giallo, bisogna capire quando gli si darà il cartellino rosso, cioè bisogna dirgli che è l'ultimo avvertimento perché lui possa adempiere e poi incomincio con l'esecuzione, e devo dirgli che adempia entro un termine dopo il quale inizio con l'esecuzione: nell'atto di precetto occorre individuare quindi la prestazione che si intima al debitore, cioè per esempio il pagamento della somma riportata dal titolo esecutivo, e un termine. principio fissato dal 2740cc si concretizzi ed individui qual è il bene che diviene la garanzia specifica e non più generica della nostra pretesa che non è stata adempiuta e che quindi di conseguenza, se il debitore continua a non adempiere, e anche quel bene che verrà sottratto alla disponibilità del debitore, messo in vendita e convertito in denaro per, alla fine, darmi il denaro che mi spetta. In questo caso abbiamo esattamente i vari tipi di esecuzione: immobiliare, mobiliare (anche se un po' particolare), presso terzi; è un caso, ma è uguale perché possiamo immaginare che il nostro debitore abbia un primo quadro, un secondo quadro e un terzo quadro per esempio, ma il concetto è lo stesso. Ma non è finita qua. Il pignoramento ha anche un effetto molto più importante: pignorare un bene significa imprimergli un vincolo di destinazione alla soddisfazione della nostra pretesa rimasta inadempiuta. Questo vincolo di destinazione si concretizza nel fatto di far sì che quel bene da quel momento sia destinato soltanto alla nostra soddisfazione e che sia insensibile agli atti compiuti su quel bene medesimo, sia dal debitore sia da terzi; diciamo una po’ semplicemente che lo si astrae dalla vita reale mettendolo in una situazione di formale disponibilità a garanzia della nostra pretesa. Perché? Abbiamo fatto degli esempi ma possiamo farne altri meno fortunati, per esempio che il nostro debitore ha una casa; se noi diciamo che il tiro di fichi a precetto e poi diamo inizio l'esecuzione forzata e gli diciamo che vogliamo aggredire la sua casa. Se lui prende la casa e la vende, noi non è che non ci facciamo più niente del nostro pignoramento; tutto questo discorso vuol dire c'è una norma del codice civile, che é l'articolo 2910, che dice che tutti gli atti di disposizione compiuti dal debitore o da terzi sul bene colpito da pignoramento sono inefficaci nei confronti del creditore procedente (e di quelli intervenuti (ne riparleremo fra due lezioni)). Cosa vuol dire che gli atti di disposizione compiuti sono inefficaci? Nel processo ogni tanto si trova il concetto di inefficacia relativa, cioè di un atto che in sé è valido, esplica i propri effetti, ma nei confronti di alcuni è come se non fosse mai stato compiuto. Immaginiamo che il 1 ottobre è la data in cui viene eseguito il pignoramento e immaginiamo che il nostro debitore vende il suo quadro di Picasso il 30 settembre e arriva l'ufficiale giudiziario e lo pignora. Quel quadro può essere pignorato? Per ora no, perché l'ha venduto, non è suo; non c'è un problema di efficacia, ma c'è un problema che il bene è uscito dal patrimonio del debitore prima. Arriva l'ufficiale giudiziario, lo pignora e il debitore, un po' ingenuo, pensa di salvarsi dalla vicenda vendendo il suo quadro a un amico, che comunque glielo paga; quell'atto di vendita è inefficace e ciò vuol dire che per il creditore procedente è come se non fosse stato compiuto ma l'atto è valido, non è invalido. C è il creditore, A è il debitore, B è il terzo che compra il quadro: A vende a B il quadro, questo atto è come non ci fosse per C, quindi C, che aveva pignorato il quadro, continua a poter far valere le sue ragioni di credito su quel quadro; immaginiamo che il quadro valga € 100.000 e noi abbiamo un credito di € 50.000, viene venduto a 100.000 il quadro alla fine di tutto questo processo del quale parleremo, a noi vengono dati 50.000 rimangono € 50.000, che vanno a B che ha comprato il quadro: l'atto è semplicemente incapace di esplicitare i suoi effetti nei confronti del creditore procedente che si comporta come se quell'atto non ci fosse, ma solo lui e quelli intervenuti, ma l'atto fra le parti è valido e nei confronti di altri terzi è valido. Questa indisponibilità del bene, a seguito del pignoramento, è assoluta nel senso che non vale soltanto per gli atti di disposizione del debitore, ma vale per qualunque atto che sia in grado di incidere sul valore patrimoniale del bene, anche se il terzo non c'entra, lo subisce; per esempio (ipoteca giudiziale) l'ipoteca iscritta su richiesta di un creditore contro il debitore, quindi il debitore l'ha subita, se è iscritta dopo il pignoramento non serve, o meglio è valida, è efficace ma non serve a rendere quel creditore ipotecario, quindi privilegiato, nei confronti del creditore procedente, lo sarà nei confronti di tutti gli altri, di tutti quelli che arriveranno dopo in altre ipotesi che vedremo, ma certo il creditore procedente è protetto da tutte queste vicende. Questo significa imprimere il vincolo di destinazione sul bene: significa far sì che, tra tutti i beni che compongono il patrimonio del debitore e che costituiscono la garanzia generica dell'articolo 2740, quello lì diventi la tua specifica garanzia e che è prenotato da te; il suo controvalore economico, derivante dalla sua vendita coattiva in sede di esecuzione, è a te destinato, con alcune particolarità degli altri creditori intervenuti, ma dal momento che lo vincoli con il pignoramento nulla e nessuno lo può più sottrarre alla tua garanzia. Non è che con il pignoramento non si possa più far nulla, gli atti sono validi come abbiamo detto e, così come vale l'atto dispositivo massimo, cioè l'alienazione, vale sugli atti dispositivi di diritti reali inferiori, io però che sono il creditore ho prenotato un bene a garantire la mia posizione fatta in un certo modo, quello è quello che io ho, non lo posso avere di meno, non si può toccarlo, salvo per esempio ovviamente se perisce, ma non ci sono atti dispositivi volontari del debitore o di terzi che possano incidere sul valore patrimoniale di quel bene, quindi non può iscrivere un'ipoteca, non può costituire un usufrutto, o meglio lo può fare ma per me è come se non ci fossero. La situazione è un po' più complessa di come l'abbiamo fatta oggi e nelle prossime elezioni ne parleremo, nel senso che le regole sono un po' diverse, perché se giochiamo con un immobile la partita si fa in un modo e se giochiamo con un mobile la partita si fa in un altro modo, perché tutte queste norme poi in realtà si sposano con quelle di diritto sostanziale che riguardano le regole di circolazione dei beni, allora, poiché la regola di circolazione di un bene mobile è diversa da quella di un credito ed è ancora diversa da quella degli immobili, tutto questo discorso fatto sul principio generale per capire cos'è poi va calato nei singoli beni perché diverso è il problema di come si imprime ed il che effetti ha il vincolo su bene mobile rispetto a quello su bene immobile, perché banalmente nel bene mobile avremo il problema di rendere compatibile questa disciplina con il principio possesso vale titolo e che il possesso di buona fede si presume e qui si può capire che questo principio non vale per l'immobile, quindi sull'immobile questo tipo di problema non ce l'abbiamo. Conseguentemente parleremo di come si fa il pignoramento, cioè di come si esegue perché è diverso il modo; una volta che poi avevo capito bene cos'è il pignoramento e come esplicita i suoi effetti, poi dovremo vedere come si esegue perché di nuovo dipende dal bene. La regola base sulla circolazione dei beni immobili è che circolano attraverso trascrizione del registro immobiliare, allora si può intuire in qualche modo che il pignoramento centrerà con quelle trascrizioni, perché se abbiamo studiato che ciò che fa fede è la continuità delle trascrizioni, se dobbiamo fare un pignoramento e far sì che non ci siano atti di disposizione su quel bene, in qualche modo sui registri si dovrà essere perché se no ci sarà uno scontro frontale fra due principi, la tutela del creditore procedente in sede di esecuzione e la tutela del terzo acquirente di buona fede ed è un problema che non c'è con i beni mobili; poi però ne abbiamo un altro col terzo, cioè quando dobbiamo andare all'esecuzione presso terzi, perché, come abbiamo detto prima, dobbiamo coinvolgere questo terzo per sapere se è vero che quel bene è presso di lui, se ha delle pretese su quel bene, e allora di nuovo il modo, la formalità con la quale si esegue il pignoramento muta e muta in ragione del bene sul quale si vuole imprimere questo vincolo di destinazione. Avevamo iniziato a parlare del pignoramento, primo atto del processo esecutivo, che ha l'effetto principale di prenotare il bene specifico determinato a garanzia specifica del credito rimasto insoddisfatto di chi ha la titolarità del titolo esecutivo, che cioè dunque il pignoramento è quell'atto che serve a trasformare, a dare concretezza al generale principio di responsabilità patrimoniale del debitore ricavabile dall'articolo 2740cc e cioè far sì che quel principio, che dice che il debitore risponde con tutti i suoi beni di tutti i suoi debiti, diventi il debitore risponde di quel suo debito con quel bene specifico. La seconda cosa che abbiamo detto e che costituisce l'evidente conseguenza di questo principio è che questo atto ha poi l'effetto di, diciamo in un modo un po' improprio, astrarre il bene dalla sua vita reale, cioè di imprimergli questo vincolo di destinazione alla soddisfazione del creditore rendendolo insensibile agli atti di disposizione che sul medesimo possano essere compiuti, che è un effetto naturale e essenziale del primo; se noi vogliamo far sì quel quadro diventi la garanzia del nostro credito, è evidente che bisogna in un qualche modo immaginare che quel quadro sia sottratto alla disponibilità del debitore e poi vedremo anche degli altri terzi, perché, se così non fosse, resteremo in una garanzia astratta, generica perché sarebbe sufficiente qualunque atto che colpisse quel bene, voluto o non voluto dal debitore, per far cadere, per far immediatamente venir meno quella che invece è diventata la nostra garanzia specifica. Le norme sul pignoramento si dividono un po' in due parti: c'è una corposa parte di norme che ovviamente stanno nel codice di procedura civile e ci sono alcune importantissime norme che stanno nel codice civile, cioè quelle che riguardano gli effetti sostanziali del pignoramento (e che regolano determinati effetti del processo, come per esempio alcune in tema di prove o gli effetti della cosa giudicata (articolo 2909 c.c.)). In tema di effetti sostanziali del pignoramento, cosa ci dicono le norme del codice civile? La prima cosa che detta l'articolo 2910cc è esattamente quello che abbiamo detto prima, cioè che, a seguito del pignoramento, non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento, poi aggiunge salvi gli effetti del possesso di buona fede per i beni mobili non iscritti nei pubblici registri; ciò perché possesso vale titolo, l'acquisizione in tema di possesso è una regola di diritto sostanziale che fa sì che l'acquisizione del possesso di un bene mobile da parte di chi è in buona fede sia un'acquisizione che prevale sui titoli degli altri soggetti, ovviamente solo per i beni non registrati, perché vale la sua regola di acquisizione in prevalenza dei titoli degli altri soltanto laddove non ci sia un sistema di trasferimento del titolo che abbia in sé la pubblicità verso i terzi, perché se ci fosse la pubblicità c'è un altro regime e poi comunque la pubblicità farebbe venir meno il requisito della buona fede. Se però escludiamo questa ipotesi, allora noi sappiamo per il momento che non hanno efficacia nei confronti del creditore procedente le alienazioni; qua però si apre il problema, cioè che bisogna incominciare a ragionare sul fatto che parliamo di un atto che non ha effetti nei confronti del creditore procedente, non di un atto che non è valido: l'atto è valido, è lecito, ha una causa, è completo di tutti gli elementi essenziali del contratto, se vogliamo anche di quelli accessori, è compiuto da chi ha la disponibilità ecc… il problema è che quell'atto valido ha la caratteristica di essere colpito da un'inefficacia relativa, perché è inefficace relativamente al soggetto creditore procedente (con la consueta nota a piè di pagina in rosso) e quelli a lui equiparati, cioè i creditori intervenuti. Accade però che questa regola che vale in generale, cioè la definizione integrativa della regola che abbiamo detto prima, si deve in un qualche modo collegare con le regole di diritto sostanziale che governano il regime di circolazione di beni e diritti; sappiamo che abbiamo tutta una serie di beni e di diritti che circolano in un modo più complesso di quello normale e che questo modo più complesso di circolazione di questi beni e questi diritti ha la caratteristica di essere un sistema di risoluzione degli eventuali conflitti fra terzi. Dimentichiamo di essere in sede di esecuzione e facciamo finta di essere al corso di diritto civile o di diritto privato; per esempio io sono A e vendo un bene il 1 febbraio a B, poi vendo lo stesso bene il 3 febbraio a C. Chi è l'acquirente del bene? La domanda è di che bene parliamo, perché è la regola base sarebbe evidentemente B, perché quando A vendere a C non è più titolare del diritto che aliena, perché il diritto l'ha già alienato a B; immaginiamo che però si venda una casa, chi acquista fra B e C? Dipende da chi trascrive per primo. La regola di trascrizione è una norma che serve a regolare il conflitto fra terzi possibili pretendenti in conflitto, perché non prevale la regola di diritto sostanziale, cioè chi ha comprato per primo, ma prevale la regola di chi ha trascritto per primo, quindi, se C trascrive il 5 febbraio e B trascrive il 6 febbraio, l'acquisto va in capo a C, sebbene abbia comprato per secondo, quindi in un regime basato sulle regole generali di diritto sostanziale dovremmo giungere alla conclusione opposta. Arriviamo al nostro problema. Immaginiamo di colpire beni che hanno regole di circolazione che sono tra loro diverse. Facciamo il caso più semplice, cioè quello dell'immobile. Il debitore ha la sua casa e fa un atto di compravendita il 20 gennaio, il creditore fa il pignoramento il 1 febbraio; secondo la regola generale dovremmo concludere che il creditore sbaglia, colpisce un bene che non è più del suo debitore per ché lo ha alienato anteriormente al pignoramento, quindi secondo la regola dell'articolo 2740 il debitore risponde di tutti i suoi debiti con i suoi beni presenti e futuri, non con quelli passati ovviamente, e quindi quel pignoramento sarebbe viziato. Ma è così? Dipende, quando si è perfezionato l'atto, vale a dire quando si è concluso questo sistema di perfezionamento che il legislatore ha predisposto per quel trasferimento di quel diritto; nel nostro caso il legislatore dice che va anche trascritto, allora dipenderà dal fatto che se per il nostro bene la compravendita è trascritta nell'arco temporale tra il 20 gennaio e il 1 febbraio oppure no: se è trascritta il 27 gennaio del pignoramento sarà diciamo sbagliato, avrà colpito un bene che non è più del debitore, non è più in modo efficace verso tutti i terzi; se invece questo atto, comunque perfetto, senza vizi (compiuto davanti al notaio, pagato il prezzo, ha rispettato formalmente sostanzialmente tutte le regole previste), ma per qualche ventura a una trascrizione che è il 3 febbraio accadrà che quell'atto è valido, ha trasferito la proprietà, ma quel trasferimento non è efficace, non è opponibile al creditore procedente e ai creditori intervenuti, ma l'atto è valido, è efficace verso tutti, salvo verso il creditore procedente. Ciò vuol terzi o fra contraenti che possano successivamente retrodatare un documento e questo non vale solo nelle esecuzioni ma l'articolo 2704 vale in qualunque controversia fra terzi pretendenti. Qua di nuovo il meccanismo è lo stesso e di nuovo la cessione di credito è valida, è efficace, il diritto in questo caso è uscito dal patrimonio di A ed è entrato nel patrimonio di C, semplicemente in modo non opponibile a quel creditore procedente, quindi se questo credito era di 100 e l'altro di 50, B, che deve pagare 100, continuerà a pagare 100, 50 andranno a D e 50 andranno a C, non ad A, perché il bene, in questo caso diritto di credito, è uscito correttamente, lecitamente, giustificatamente dal suo patrimonio nel giorno in cui hanno concluso l'atto di cessione del credito, perché quell'atto, essendo valido, è causa del trasferimento del diritto dal patrimonio di A, cioè il cedente, al patrimonio di C, acquirente del credito. La quarta categoria prevista dall'articolo 2914 c.c. è l'alienazione di una universalità di mobili ed è la meno comune. Qui la regola è semplice: l'alienazione di una universalità di mobili è opponibile in tanto in quanto abbia data certa. Non c'è più niente da dire al riguardo. Finora abbiamo parlato di atti di disposizione compiuti dal debitore attraverso i quali il debitore dispone in modo assoluto del diritto oggetto del pignoramento del terzo creditore, ma la regola dell’insensibilità del bene pignorato per effetto dell'avvenuto pignoramento è più estesa, non riguarda soltanto gli atti di disposizione compiuti dal debitore volti ad alienare il bene, ma questa regola colpisce anche gli atti di disposizione del debitore che possano gravare il valore patrimoniale del bene; poi colpisce anche atti subìti dal debitore, non compiuti dal debitore. Qual è un tipico atto che, non toccando la titolarità del diritto, può incidere sul valore patrimoniale del bene e può essere compiuto o subito dal debitore? I diritti reali di garanzia, pegno e ipoteca. Le regole di indisponibilità del bene quale effetto concreto, pratico vogliono raggiungere? Vogliono raggiungere l'effetto di garantire al creditore procedente la soddisfazione economica, il fatto di poter realizzare la soddisfazione del suo diritto che continua ad essere inadempiuto nonostante ci sia un titolo esecutivo e quindi vogliono garantirgli che quel bene, che è stato colpito da pignoramento, rimanga nel suo valore patrimoniale che aveva al momento del pignoramento; allora è evidente che questo significa che non solo il bene deve essere indisponibile ad atti di alienazione totale ma, parlando del nostro esempio, deve in un qualche modo essere indisponibile anche ad atti che ne diminuiscano il valore. La regola allora vale ovviamente innanzitutto per le iscrizioni di ipoteche volontarie. Anche qui la regola è e il conflitto funziona secondo le regole normali di diritto sostanziale adeguate al processo. Come si accende un'ipoteca? Si va dal notaio, si fa l'atto costitutivo dell'ipoteca e poi l'ipoteca va iscritta nei pubblici registri; la pubblicità ha un effetto costitutivo, cioè l'ipoteca sorge con l'iscrizione nel pubblico registro. Per esempio andiamo dal notaio il 25 gennaio, facciamo l'atto di costituzione di ipoteca perché vogliamo fare un mutuo dando in garanzia la nostra casa; se questa ipoteca viene iscritta dopo il 25 gennaio, arriverà un pignoramento che sarà valido ed efficace ma colpirà la nostra casa già gravata dall'ipoteca, quindi se la casa vale 200 e abbiamo un'ipoteca di 100, ha un valore residuo di 100 e quindi il pignoramento sa che ha, a sua prenotazione di garanzia, il valore residuo dedotto l'importo dell'ipoteca; se invece questa ipoteca viene iscritta qua, è stato stipulato il relativo contratto in data anteriore, ma viene trascritta nei pubblici registri in data successiva, la regola che si applica è che quella ipoteca soccombe nel conflitto col creditore procedente, quindi questo creditore ipotecario avrà l'ipoteca su un immobile che è già gravata dal pignoramento, quindi la sua ipoteca non è opponibile al suo creditore procedente, che si comporta come se quella ipoteca non ci fosse, ma l'ipoteca è valida, è iscritta e vige. Immaginiamo che a un certo punto per qualsiasi ragione quel pignoramento venga meno, non ci sia più; il bene è ipotecato, cioè questo bene la cui iscrizione di ipoteca è qua, se, per qualsivoglia ragione, questo pignoramento cade, non c'è più il bene risulterà a quel punto nei confronti di tutti ipotecato, quindi se cade questo pignoramento quel bene sarà gravato da un'ipoteca che sarà valida verso chiunque e se quindi qualcun altro volesse ricominciare l'esecuzione, lo potrà fare ma avrà un bene che è già gravato da quell'ipoteca che è stata costituita, iscritta validamente e che aveva solo quel limite di inefficacia relativa verso quel creditore che aveva fatto il pignoramento, ma che se è venuto meno quel pignoramento lì e quindi le ragioni di quel creditore li, quell'ipoteca validamente costituita è opponibile a tutti. La stessa regola vale anche nei confronti del medesimo atto se quell'atto è stato compiuto senza la partecipazione del debitore. Le ipoteche hanno tre fonti, può essere volontaria, giudiziale o legale; finora noi abbiamo sempre parlato di atti compiuti dal debitore, ma qua il legislatore non è interessato, la norma non è dettata per colpire l'atto in frode del debitore, non è questa la finalità, ma la finalità è quella di prenotare, vincolare il valore del bene alla soddisfazione del creditore. Allora se questa è la finalità, che l'ipoteca sorga perché la concesse il debitore o perché la ottiene coattivamente il creditore è irrilevante, ciò che rileva è che l'ipoteca depaupererebbe quel valore patrimoniale che si è voluto vincolare a garanzia del creditori; la finalità del pignoramento non è quella di colpire degli atti del debitore perché lì si intende fraudolenti o volti a sottrarre il bene, ma è quella di garantire il permanere del valore patrimoniale di quel bene sul quale il creditore deve ottenere soddisfazione, allora se questa è la finalità è irrilevante che l'atto che riduce il valore del bene provenga dalla volontà del debitore o da un anche legittimo atto del creditore, ma che il creditore subisca, quindi sul piano del regime normativo è esattamente la stessa cosa che l'ipoteca sia volontaria ossia giudiziale: ciò che rileva è sempre la regola di soluzione dei conflitti tra terzi pretendenti. La stessa regola quindi si applica se noi abbiamo un provvedimento di condanna che ci consente di iscrivere ipoteca giudiziale, la nostra ipoteca sarà efficace, cioè prevarrà sul creditore pignorante, se è stata completata, cioè iscritta prima del pignoramento; se l'ipoteca anche giudiziale, sorta in forza di un provvedimento, sentenza di condanna ampiamente anteriore al pignoramento, ma che nel perfezionamento dell'iscrizione è intervenuta dopo il pignoramento, quell'ipoteca è valida, è efficace ha colpito il bene ma per il creditore procedente è come non ci fosse e se cade il suo pignoramento quell'ipoteca invece valida, efficace, opponibile e si impone a tutti. La stessa regola di indisponibilità vale anche per tutti quegli atti che importino vincoli di indisponibilità sul bene (per esempio fondo patrimoniale, cessione dei beni ai creditori); qui la regola è che il negozio che trasferisce un diritto in assoluto, cioè in totale, il negozio che trasferisce un diritto parziale hanno la stessa disciplina, se vale per il contratto di compravendita vale per la costituzione di usufrutto. Ciò vale anche per dei beni che ne tocchino la disponibilità, perché è un vincolo di indisponibilità ha l'effetto di depauperamento sul valore del bene, allora il principio è poi molto semplice in se: a quella data, che è il 1 febbraio, hai vincolato a tuo favore il valore di quel bene così com'era ed è ciò che io legislatore ti devo garantire, nulla di ciò che avviene dopo ti deve essere opponibile, tutto quello che è avvenuto prima ti è opponibile, per cui lo prendi come è, se ha delle ipoteche che lo prendi con le ipoteche, se è gravato di usufrutto se lo prendi gravato di usufrutto, ma dopo quel momento in cui tu hai fatto la scelta sul patrimonio del debitore di colpire quel bene lì e prenotarti quel bene li, perché alla fine dell'esecuzione quello sia ciò che ti arriva in soddisfazione della tua pretesa inadempiuta, io devo garantirti che resti tale e quale. Su questo ci rimane un'ultima norma, cioè l'articolo 2917 c.c., che è quella dell'estinzione del credito pignorato. Se prendiamo quello che abbiamo appena detto e lo applichiamo all'ipotesi in cui oggetto di un pignoramento sia un credito, ci viene da pensare che quel credito potrebbe estinguersi nel corso del giudizio; le cause di estinzione di un credito successive alle pignoramento sono inopponibili al creditore pignorante. Per esempio se noi siamo il creditore e poi facciamo un atto di remissione del debito, cioè rinunciamo al nostro credito, questa è inopponibile, perché è un atto di disposizione, non sarà una compravendita però è un atto con cui dismettiamo la titolarità di quel credito. Questa norma, molto utilizzata anche in via interpretativa, vuol dire in sostanza che il credito, il diritto oggetto di pignoramento deve restare quello che è all'atto e non può essere colpito da eventi estintivi, da cui si ricava poi totale o parziale, non imputabili al debitore, non prevedibili, fortuiti perché è evidente che, se noi pignoriamo la casa e poi viene il terremoto e la casa cade, ciò che estingue il pignoramento, ma questo non è imputabile né al debitore né ad atti di imposizione del terzo. Perché l'articolo 2917 c.c. ha una sua importanza, e cioè che le cause di estinzione del credito vendute in essere successivamente al momento di efficacia del pignoramento non sono opponibili al creditore pignorante? Qual è una tipica causa di estinzione di un credito che può essere facilmente operativa? La compensazione, cioè una situazione nella quale ci sia la reciproca titolarità di debiti e crediti; per esempio se A è debitore di B e quest'ultimo diventa a sua volta debitore di A, dovrebbe poter eccepire la compensazione, ma per effetto del pignoramento, questo lo può fare se la conversazione opera, cioè estingue i contrapposti debiti e crediti, prima del pignoramento; se interviene dopo, cioè prima A è creditore di B, ma B diviene creditore di A dopo il pignoramento, quella compensazione che secondo le regole generali dovrebbe operare ed estinguere il rapporto di debito-credito, non opera più in danno del creditore procedente perché la contemporanea titolarità di credito -debito o di altri requisiti che sono previsti dal codice per l'effettuarsi della compensazione non operano perché l'articolo 2917 impedisce anche questo effetto di estinzione quando viene a maturarsi dopo la notifica del pignoramento. Vediamo quali sono l'utilità e la finalità del pignoramento, come si esegue il pignoramento e come si può evitare o rimediare al pignoramento. Chi esegue il pignoramento? Il pignoramento è un atto dell'ufficiale giudiziario, necessita dell'istanza di parte, cioè il creditore chiede il pignoramento, ma il pignoramento è un atto che viene eseguito dall'ufficiale giudiziario. Di che cosa necessita l'ufficiale giudiziario per eseguire il pignoramento? Degli atti prodromici all'esecuzione, quindi l'ufficiale giudiziario deve disporre, deve avere l'atto di precetto notificato e soprattutto il titolo esecutivo che è la condizione necessaria e sufficiente per poter procedere all'esecuzione forzata. Il pignoramento può colpire varie categorie di beni, beni mobili, beni immobili, beni mobili, compresi i diritti, che siano detenuti da terzi. La scelta è fatta dal creditore, è il creditore che sceglie se dare corso ad una esecuzione mobiliare, cioè vuole colpire dei beni del debitore presso il debitore, o dare corso ad un'esecuzione immobiliare, se vuole colpire dei beni immobili del debitore, o dare corso ad una esecuzione per espropriazione, se vuole colpire dei beni mobili del debitore presso terzi. La scelta, come abbiamo già detto, la fa il creditore e la fa nel momento in cui si rivolge all'ufficiale giudiziario, perché il pignoramento ha forma e natura e si esegue in modi diversi a seconda della categoria, del tipo di bene che vuole colpire, il pignoramento mobiliare si esegue in modo diverso da quello immobiliare. Innanzitutto il debitore può evitare il pignoramento quando l'ufficiale giudiziario arriva presso di lui per eseguirlo pagando nelle mani dell'ufficiale giudiziario l'importo dovuto, importo che ovviamente non sarà soltanto importo dovuto, cioè quello contenuto nel titolo esecutivo, ma sarà l'importo dovuto aggravato, maggiorato delle spese che il creditore nel frattempo ha dovuto sostenere per giungere a quel momento. Questo pagamento evidentemente impedisce l'esecuzione del pignoramento, è un adempimento diciamo tardivo a quell'intimazione di adempimento che è il connotato del precetto; questo pagamento quindi evita al debitore di diventare un debitore esecutato e può anche essere effettuato dal creditore sotto condizione dell'eventuale ripetizione, nel senso che può accadere che il debitore sia soggetto all'esecuzione ma che il titolo esecutivo non sia definitivo, per esempio immaginiamo di essere soccombenti in un giudizio di primo grado, la sentenza è esecutiva, siamo condannati a pagare per esempio € 10.000, ci viene notificato il precetto, arriva l'ufficiale giudiziario, paghiamo ma facciamo salva la possibilità di ripetere quanto pagato ove in grado di appello fossimo vincitori e non più soccombenti e quindi il pagamento non è definitivo, può esserlo ma occorre che questa salvezza di ripetizione venga esplicitata dal nostro debitore. Se il debitore non vuole o non può effettuare questo pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario, allora abbiamo l'esecuzione, l'effettuazione del pignoramento. La prima caratteristica del pignoramento mobiliare, cioè più correttamente del pignoramento mobiliare presso il debitore, quello diciamo più tradizionale, consiste nel fatto che la prima parte di questa fase che porta al pignoramento è una fase orale, nel senso che necessita l'impulso di parte, ma questo impulso non è poi racchiuso in un atto scritto: la richiesta del pignoramento all'ufficiale giudiziario avviene verbalmente con la consegna del titolo esecutivo e del precetto notificato. A quel punto l'ufficiale giudiziario, richiesto dal creditore e munito di titolo esecutivo e di precetto, si reca presso il debitore per eseguire il pignoramento; immaginiamo di avere un debitore benestante e quindi l'ufficiale giudiziario quando arriva a casa sua trova tante cose: chi sceglie che cosa pignorare? Qua i criteri si intersecano. La regola generale è che la scelta del bene da pignorare è fatta dall'ufficiale giudiziario, quindi, se arriva a casa nostra l'ufficiale giudiziario e di adeguare questa norma alle mutate realtà perché anche qui bisogna tenere presente che la norma era del 1942, in cui la dimensione della vita quotidiana delle persone era totalmente diversa, per esempio non c'erano neanche i bot o i cct, e allora se il debitore oggi non ha un quadro di Picasso o un tappeto antico, ma ha i soldi in bot, in qualche modo questo problema andava affrontato. L'articolo 492cpc allora ci dice che, se l'ufficiale giudiziario arriva a casa nel corso dell'esecuzione del pignoramento, si rende conto che i beni utilmente pignorabili sono insufficienti, ha la facoltà di invitare il debitore a dichiarare se ha altri beni utilmente pignorabili, dove quei beni si possono trovare, se ha dei crediti o dei beni presso terzi, se lui è creditore di qualcuno o se ha i quadri depositati da qualche parte, avvertendolo anche del fatto che di quella sua dichiarazione se ne darà atto nel verbale e che ci sono delle sanzioni previste per l'omessa o falsa dichiarazione; quindi si è costruito un primo sistema di monitoraggio del patrimonio del debitore attraverso la facoltà dell'ufficiale giudiziario e il dovere del debitore di dichiarare qual è il suo patrimonio, ponendo, a presidio della veridicità di questa dichiarazione, una sanzione di natura penale. Ovviamente poi qua dipenderà da che cosa dice il debitore. Se il debitore fa una dichiarazione positiva, nel senso che indica altri beni, troveremo all'articolo 492 il meccanismo, il procedimento di coinvolgimento di questi altri beni nell'esecuzione che è ovviamente diverso, perché dipenderà da qual è la natura dei beni che il debitore indica, se sono beni mobili sarà semplice, perché sono automaticamente coinvolti in quell'esecuzione, se sono beni mobili presso terzi, crediti o beni immobili, la situazione è un po' più complessa perché cambia il modello di esecuzione che deve essere utilizzato, ma diciamo che la finalità che aveva il legislatore in questo modo sarebbe raggiunta: l'ufficiale giudiziario non ha trovato beni sufficientemente capienti per coprire il credito per il quale gli era stato chiesto di agire, tramite questo meccanismo è questa intimazione al debitore di offrire una sorta di panorama della sua situazione, si raggiunge la finalità di trovare dei beni che presumibilmente siano capienti per coprire il credito del debitore. Immaginiamo che invece la dichiarazione sia negativa o che comunque non sia sufficiente. Qui il legislatore ha previsto la possibilità che l'ufficiale giudiziario si rivolga all'anagrafe tributaria e alle altre banche di dati pubblici; c'è una differenza rispetto a prima: mentre per quanto riguarda l'intimazione di dichiarare gli ulteriori beni che il debitore abbia è un atto che fa l'ufficiale giudiziario perché rientra nelle sue prerogative, la richiesta all'anagrafe tributaria e alle altre banche di dati pubblici è una prerogativa dell'ufficiale giudiziario ma che necessita della richiesta del creditore procedente, per cui l'ufficiale giudiziario non la fa in autonomia ma è necessario che il creditore procedente ne faccia apposita richiesta all'ufficiale giudiziario. Che cosa deve ancora accadere per completare questa ipotesi? Che il nostro debitore non sia un debitore qualunque, o come si dice tecnicamente un debitore civile, uno di noi, ma sia un debitore che sia anche un soggetto che abbia un'attività commerciale. Qual è uno dei principali obblighi di un imprenditore? Tenere le scritture contabili, per cui noi possiamo sapere se ha dei beni ulteriori dalle scritture contabili, allora l'ufficiale giudiziario, se il debitore è un imprenditore commerciale, gli intima di dire dove sono tenute le scritture contabili; ancor più di prima è necessaria l'istanza del creditore procedente: l'atto è dell'ufficiale giudiziario, la prerogativa è sua, però deve essergli richiesto dal creditore procedente perché, una volta che si sappia dove sono le scritture contabili del debitore imprenditore, viene nominato un consulente, un avvocato o un dottore commercialista, che le esamini, al quale è attribuita anche la facoltà di rivolgersi agli uffici pubblici, all'anagrafe tributaria e alle altre banche dati per verificare la situazione e l'eventuale esistenza di altri beni utilmente pignorabili attraverso l'esame di tutta la contabilità di quell'imprenditore. Quindi è ancor più necessaria l'istanza del creditore procedente perché questo esperto, consulente sarà poi pagato da qualcuno e allora il costo di questa indagine è a carico del creditore procedente, salvo che da questa indagine emerga che esistono altre disponibilità che il debitore non aveva dichiarato, quindi aveva fatto una dichiarazione non corrispondente al vero, e allora in questo caso tutti questi costi sono a carico del debitore esecutato, quindi si aggiungono alle somme che dovranno essere ricavate dalla vendita dei suoi beni. Tutto questo è un'ipotesi, l'altra ipotesi è che non ci siano dei beni da pignorare: se non ci sono beni utilmente pignorabili, il pignoramento viene eseguito ugualmente con un nulla di fatto e quindi ci sarà un verbale di pignoramento negativo, cioè un verbale nel quale l'ufficiale giudiziario darà atto che non ha rinvenuto dei beni che fossero utilmente pignorabili. Si apre qui un duplice problema. Per quanto riguarda il primo, l'ufficiale giudiziario deve tenere in qualche conto le eventuali contestazioni del debitore in ordine al bene che sceglie di pignorare? Immaginiamo che l'ufficiale giudiziario arrivi a casa nostra, pignori un bene che ci interessa ma che non è nostro, per esempio di nostra sorella che se l'è dimenticato lì la sera prima; noi diciamo all'ufficiale giudiziario che questo bene appartiene a nostra sorella, ma in una situazione del genere l'ufficiale giudiziario pignora lo stesso: l'ufficiale giudiziario pignora tutti i beni che rinviene nell'abitazione del debitore a prescindere dalle dichiarazioni del debitore, ci sarà poi un meccanismo, un procedimento che vedremo che concerne i mezzi di tutela che sono previsti per nostra sorella, cioè quel terzo dice che il bene era suo e non del debitore, cioè nostro. Intanto questo ci serve per aprire un argomento. All'inizio del corso abbiamo detto che l'esecuzione per espropriazione è l'innaturale prosecuzione della norma dell'articolo 2740cc: il debitore risponde con tutti i suoi beni di tutte le sue obbligazioni; verrebbe da dire allora che oggetto dell'espropriazione è uguale a oggetto del patrimonio del debitore, ci potrebbe venire in mente che sono perfettamente sovrapponibili. Se ci viene in mente quest'idea è sbagliata, ma in realtà sappiamo già che è sbagliata perché lo abbiamo già detto, nel senso che non sempre coincidono; qua la non coincidenza deriva da una serie di regole che però hanno un minimo comune denominatore, che è rappresentato dal fatto che si tratta di regole che estendono sempre la possibilità di aggressione del creditore procedente, cioè sono norme di tutela dei creditori, non c'è un'ipotesi che l'oggetto dell'esecuzione possa essere solo una parte del patrimonio del debitore e che il resto non lo sia: ciò che è nel patrimonio del debitore è oggetto di espropriazione. Può accadere invece che l'oggetto in senso tecnico del processo di espropriazione sia più ampio dell'oggetto costituito dal patrimonio del debitore, allora può accadere che l'oggetto dell'espropriazione sia più ampio del patrimonio del debitore, e in questo oggetto più ampio ci mettiamo quei beni che sul piano sostanziale civilistico sono usciti dal patrimonio del debitore ma in un modo non perfetto, cioè non opponibile ai terzi, allora (e l'abbiamo già visto con l'applicazione degli articoli 2914 e 2917cc) ci sono dei beni che, secondo le regole del diritto privato, sono usciti dal patrimonio del debitore, sono stati venduti da uno e comprati da un altro, ma che, poiché le regole prevedono che quell'atto relativo a quel bene sono opponibili ai terzi solo a certe condizioni, che se non ci sono accade che il bene, ai fini della procedura esecutiva, è ancora considerato del debitore. Ciò vuol dire allora che non solo quei beni che alla data del pignoramento possono rientrare nel patrimonio del debitore, ma anche quelli che non ne sono usciti in modo efficace nei confronti dei terzi, allora già sappiamo che c'è una prima regola di estensione; poi abbiamo una seconda regola di estensione che è quella di cui hanno parlato prima: l'ufficiale giudiziario arriva a casa nostra, nostra sorella ha lasciato il suo anello di fidanzamento con il brillante e l'ufficiale giudiziario lo pignora, poi si vedrà, ma lo pignora, ciò significa che quell'espropriazione legittimamente colpisce anche beni di terzi. Teniamo poi conto che, poiché l'ufficiale giudiziario ha legittimamente colpito l'anello di nostra sorella, quell'esecuzione su un bene di un terzo presso il debitore è legittima, quindi se nostra sorella parte e va per un anno in Sudafrica e non fa quel procedimento che è necessario per dire che l'anello è suo o lo fa e lo perde, perché come vedremo ha poi delle regole restrittive e non è semplice darne la prova, l'esecuzione contro di noi legittimamente venderà come se fosse nostro il bene che è di nostra sorella: non fa un atto illegittimo, illecito, invalido o colpito da qualsiasi altro vizio, ma fa un atto legittimo, quindi nell'oggetto dell'espropriazione nei nostri confronti possono anche rientrare dei beni che non sono nostri e quindi con il 2750 non c'entrano nulla, sotto un'applicazione rigorosa di quella norma; vi rientrano soltanto perché ci sono una serie di norme di protezione del ceto creditorio che fanno sì che si considerino del debitore dei beni che non sono più suoi ma si ritiene che lo siano perché non è completo il procedimento e non è opponibile a terzi, perché sono nella disponibilità del debitore, quindi sono appresi all'interno dell'esecuzione, ed è rimessa al terzo che vuole vantare diritti su quel bene la reazione contro l'aggressione dell'ufficiale giudiziario che l'ha pignorato, ma che, se non viene fatta o viene fatta male o viene fatta soccombendo, quel bene rientra nella disponibilità patrimoniale del debitore ai fini del processo esecutivo. Quindi con questo, se lo riassumiamo e chiudiamo questa parentesi, concludiamo dicendo che l'oggetto dell'espropriazione può legittimamente essere più ampio dell'oggetto della responsabilità patrimoniale prevista dall’articolo 2740cc. e che non può mai essere meno ma può essere di più. In questa prospettiva infatti si parla di beni non di proprietà del debitore, ma si parla di beni che gli appartengano, c'è quindi questo concetto di appartenenza, che è un concetto più lato evidentemente della proprietà, non specificamente consacrato nel codice civile e che serve per l'appunto ad individuare questa maggior area di disponibilità che riguarda l'ambito dei beni, delle cose che possono essere oggetto di pignoramento. Il secondo profilo dove rileva il concetto di appartenenza riguarda lo spazio, l'ambito spaziale, il luogo. Abbiamo detto che l'ufficiale giudiziario si reca all'abitazione del debitore e li ha facoltà di ricercare le cose da pignorare (leggere l'articolo 513cpc dove si tratta sempre dell'abitazione del debitore), ma se il debitore ha dei beni in altri luoghi la regola è sempre all'articolo 513 che dice che l'ufficiale giudiziario ricerca le cose, i beni da pignorare nell'abitazione del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti; l'ufficiale giudiziario può essere autorizzato dal giudice, presidente del tribunale o un giudice delegato, a sottoporre a pignoramento dei beni che non si trovino in luoghi appartenenti al debitore ma di cui egli possa ugualmente disporre; l'ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento le cose del debitore che il terzo possessore consenta di esibirgli. Con tutto ciò si vuole dire che quando parliamo di cose o beni presso terzi, ci riferiamo a due ipotesi: la prima è quella di un bene che si trova in un luogo che appartiene al debitore, il concetto quindi di appartenenza significa che si trova in un luogo che non è la sua abitazione ma un luogo del quale il debitore dispone, per esempio il garage affittato in una casa di fronte alla sua dove tiene i suoi beni gli appartiene, è di un terzo ma lui, in virtù di un titolo di obbligazione o contratto di affitto, ne dispone direttamente, quindi quello spazio appartiene al debitore, non è suo ma ne dispone, ed è per questo che il concetto di appartenenza è più lato, perché non è la sua abitazione, è una propaggine della sua abitazione e quindi l'ufficiale giudiziario direttamente può andare a colpire per esempio i tappeti che il debitore ha tolto da casa sua sapendo che stava per arrivare all'ufficiale giudiziario in quanto gli è stato notificato il precetto che li ha messi nel magazzino piuttosto che nel box auto. Poi invece il problema ce l'abbiamo se il bene è presso terzi. La differenza è che dipende qual è il titolo in forza del quale il terzo dispone del bene; se è un titolo autonomo che legittima il terzo a detenere il bene anche contro la volontà del debitore, allora non siamo in questa ipotesi ma saremo nell'ipotesi in cui dobbiamo parlare di un pignoramento come di un'esecuzione presso terzi. Quando è che si parla e siamo in questa ipotesi? Quando il bene è presso il terzo ma il debitore ne dispone direttamente, cioè il terzo non ha un autonomo titolo per impedire al debitore, per opporsi a che il debitore usi quel bene; per esempio il nostro debitore è possessore di una bellissima Porsche, ma la Porsche la tiene in un garage nel quale peraltro il bene è a sua disposizione, perché lo prende e lo ritira; qui il bene è presso il terzo ma ne ha la diretta disponibilità, il terzo non si oppone, non ha un titolo di opposizione a che il debitore vada tra un quarto d'ora nel garage e porti via la Porsche. Qui è un caso diverso dall'ipotesi nella quale quel bene sia presso un terzo è che il terzo sia legittimamente in grado di impedirgli di usarla, perché se noi affittiamo per sei mesi la Porsche a qualcuno non possiamo andargli a dire di restituircela oggi, perché questa persona è legittimata a dire di no perché gliel'abbiamo data per sei mesi e quindi la usa lui, in quanto ha un titolo autonomo che gli consente di opporsi a che il debitore gli possa richiedere il bene; se invece sono il proprietario di un garage pubblico in cui il debitore mette la sua Porsche, non ho un titolo autonomo; nel primo caso siamo nell'ipotesi in cui il bene è pignorabile nell'ambito dell'esecuzione per espropriazione contro e presso il debitore, perché nel concetto di appartenenza rientrano i beni nei quali lui ha la disponibilità diretta; se invece parliamo di una situazione nella quale il bene presso un terzo, ma il debitore non ha questo diritto, facoltà di disporne liberamente, allora non siamo più nell'ambito di un'esecuzione mobiliare contro e presso il debitore, ma andremo in un'ipotesi di esecuzione mobiliare contro il debitore ma presso terzi, perché prossimamente vedremo che in quel caso noi dovremo coinvolgere quel terzo nell'esecuzione perché venga a dire se e quali sono le sue ragioni. Parliamo di due ipotesi particolari ma che possono accadere. Possiamo immaginare che accada che il nostro debitore ha più di un debito; qui abbiamo dei principi che cercano di rendere efficiente l'esecuzione. Ci può essere un concorso soggettivo nel pignoramento, vale a dire che più creditori possono con un solo pignoramento colpire un bene; lo stesso bene può essere oggetto di più pignoramenti perché può avere un valore sufficiente, per esempio noi abbiamo un credito di € 50.000 e pignoriamo un immobile che vale € debitore; ciò che cambia rispetto al passato è il fatto che non è il debitore ad avere il diritto di chiederlo, nel senso che lui ha la facoltà di chiederlo ma non il diritto, nel senso che la rateizzazione è data dal giudice se ricorrono giustificati motivi, quindi oggi il debitore chiede la rateizzazione, ma questa rateizzazione è una facoltà del giudice che la può concedere ove lo ravvisi giustificato. Se la concede, il debitore deve provvedere a pagare il dovuto alle singole scadenze con puntualità, perché oggi è previsto che, se il debitore omette di pagare anche una sola di queste mensilità, di queste rate, decade e perde il beneficio di questa rateizzazione, perde il beneficio della conversione del pignoramento. Che cosa accade se il debitore avanza la domanda di conversione del pignoramento e poi non è adempiente, non è puntuale? Questo vale per entrambi i casi: chiede la conversione del pignoramento mobiliare, deposita il 20% e poi, quando il giudice fissa con ordinanza il totale, non lo versa o lo versa in modo non corretto, per esempio il saldo è 80 e lui versa 40 o 60, ovvero in quella immobiliare omette di versare le rate. Che succede di ciò che ha versato? Abbiamo appena detto che perde il beneficio della conversione però ha versato del denaro, quel 20% iniziale, e magari alcuna delle rate se parliamo di un pignoramento immobiliare; ovviamente non ottiene in restituzione queste somme, che invece vengono acquisite al processo esecutivo, cioè vanno ad integrare, arricchire l'oggetto dell'espropriazione, infatti in questi casi accadrà che il giudice dell'esecuzione, su domanda dei creditori, quindi del procedente o degli intervenuti, potrà rifar partire l'esecuzione e quindi disporre la vendita del bene oggetto del pignoramento. Allora in questo caso avremo un'esecuzione che ha come oggetto le somme di denaro che quel debitore ha versato nella speranza di poter fare la conversione, di portare a termine la conversione e il bene pignorato, per esempio si ha versato 30, poi viene venduto il bene pignorato per 100, quell'esecuzione ha un ricavo da distribuire ai creditori di 30+100, avrà 130 con i quali farà fronte alle richieste di pagamento dei creditori procedente e intervenuti. L'ultimo comma dell'articolo 495 fissa una regola, oggi ferrea, che è che questa istanza può essere proposta una sola volta per esecuzione, al fine di impedire che in quell'esecuzione il debitore che non abbia adempiuto ad una conversione possa ripresentarla. Se invece il debitore adempie e quindi versa le somme che individua e determina il giudice nella sua ordinanza, muta l'oggetto del processo espropriativo, perché, in luogo del bene pignorato, oggetto dell'esecuzione diventa il denaro; questo comporta che da un lato abbiamo raggiunto lo scopo bilaterale: il debitore ha ottenuto di salvare il quadro della vecchia nonna a cui teneva tanto mettendo il denaro in sostituzione e il creditore ha ottenuto di accelerare il tempo dell'esecuzione perché è già alla fine, al denaro, ed ha la tranquillità che in quell'esecuzione percepirà l'intero suo credito, perché c'è già, e allora è evidente che questo comporterà a sua volta che in un qualche modo il bene pignorato venga liberato, cioè venga svincolato da quel vincolo di destinazione che abbiamo visto essere e costituire l'essenza del pignoramento. Ovviamente ciò avviene, se parliamo di un bene immobile, quando avrà completato il pagamento, quindi, se ha avuto come normalmente accade una rateazione del tempo del pagamento di quanto dovuto, la liberazione dell'immobile avverrà quando avrà pagato tutte le rate, non certo prima, perché se no il meccanismo sarebbe squilibrato perché toglierebbe al creditore la garanzia derivante dal pignoramento prima di avere l'equivalente importo in sostituzione e quindi si troverebbe con un immobile che a quel punto potrebbe essere alienato, trasferito, ipotecato o soggetto a qualunque atto di disposizione, e dall'altro magari aver soltanto il 40 o 50% del suo valore. Sappiamo che, se abbiamo notificato l'atto di precetto il 1 ottobre, abbiamo un primo termine di 10 giorni entro i quali non si può fare nulla, bisogna attendere 10 giorni dalla notifica del precetto per poter iniziare l'esecuzione, poi sappiamo già che l'esecuzione si inizia con il pignoramento; quel precetto non è però illimitato, ma ha una durata di efficacia che è di 90 giorni, quindi il pignoramento deve intervenire dopo 10 ma prima di 90 giorni, quindi c'è un arco temporale di 80 giorni nel quale può iniziare l'esecuzione. Se si arriva dopo i 90 giorni, che sono 90 giorni e non tre mesi, dal precetto, il pignoramento non può più essere eseguito, il pignoramento ha perso l'efficacia; ciò certamente è grave nel senso che si è lasciato perdere efficacia ad un atto, ma l'atto è di natura stragiudiziale, cioè precedente il processo, allora ciò vuol dire che quel precetto andrà rinnovato, rinotificato. Essendo un atto stragiudiziale col quale abbiamo intimato al debitore di adempiere, abbiamo almeno ottenuto che è un atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore, quindi avrà gli effetti di un atto stragiudiziale di costituzione in mora, ad esempio interrompe la prescrizione ovviamente; immaginiamo che il nostro pignoramento sia eseguito il 30 dicembre, cioè entro 90 giorni nel nostro esempio, una volta eseguito il pignoramento, siamo tranquilli? No, perché il regime del pignoramento segue a grandi linee quello del precetto, cioè dopo il pignoramento l'atto (che vedremo poi) che deve essere depositato si chiama istanza di vendita, cioè è un ricorso al giudice col quale si dice voglio che quel bene colpito da pignoramento sia venduto. Questa istanza di vendita ha un regime temporale identico a quello del precetto: per 10 giorni non lo possiamo presentare, poi abbiamo 80 giorni per presentarlo nel senso che questo atto qua deve essere presentato entro 90 giorni dal pignoramento. Nel caso del precetto la situazione è diversa perché si tratta del primo atto del processo esecutivo, qui inizia il processo, l'esecuzione ed è l’atto che abbiamo visto avere un'importanza fondamentale, è l'atto di prenotazione del bene su cui ci si vuole soddisfare, è l'atto con cui si imprime il vincolo di destinazione al bene, è l'atto che fa sì che quel bene diventi insensibile e che diventi inefficace a tutti gli atti di disposizione compiuti dai terzi o dal debitore. Allora che cosa accade se l'istanza di vendita non viene depositata nel termine? Qui la conseguenza è identica a quella del precetto, molto diversa dal punto di vista dell'effetto pratico della conseguenza, vale a dire se quell'istanza non viene presentata nell'arco temporale di 90 giorni, il pignoramento perde la sua efficacia, il processo esecutivo si estingue; dal punto di vista pratico può venire in mente di rifarlo e, come nel gioco dell'oca, si ritorna alla casella numero uno, si riparte, si rinotifica il precetto, si aspettano di nuovo 10 giorni e si rifà il pignoramento: da questo punto di vista perdiamo del tempo, ma tutto sommato non cambia nulla. Che cos'è che invece cambia e che è la vera conseguenza grave di una situazione del genere? Che se noi prima avevamo il pignoramento, era la barriera, il muro invalicabile che faceva sì che quel bene fosse per noi nella situazione in cui si trovava al 30 dicembre; immaginiamo che il 1 febbraio ci sia una banca che iscrive un'ipoteca giudiziale oppure il 1 febbraio il debitore fa un atto di compravendita, qual è il regime di questi atti? Se l'esecuzione va avanti, io me ne disinteresso, non mi riguardano, è come se per me non ci fossero, ma se mi scappa l'istanza di vendita e quindi la deposito fuori termine, il pignoramento perde l’efficacia, il processo esecutivo si estingue e io ricomincio da capo. Posso di nuovo colpire col pignoramento quello stesso bene? Certo, però è ipotecato, se è venduto non lo colpisco più, perché tutti questi atti mi sono opponibili, perché ho perso quell'effetto di insensibilità del bene, di vincolo di destinazione del bene alle mie esclusive ragioni di creditore, quindi questo termine è il termine che è sostanzialmente disegnato su quella del precetto, ha conseguenze normative identiche, ma sul piano degli effetti la differenza è fondamentale, perché nel primo caso in realtà perdo solo un po' di tempo, nel secondo caso, oltre alla perdita del tempo, posso avere delle conseguenze esiziali, perché, se il debitore ha solo quel bene, ha solo quella casa e l'ha venduta, non ha più un bene da pignorare: avevo una garanzia, è arrivata un'ipoteca che copre il suo valore, quindi non ho più un bene patrimonialmente capace di garantire la mia posizione creditoria. Da un certo punto di vista l'ipoteca è un istituto che ha una finalità collaterale ma un po' divergente da quella del pignoramento, perché in realtà l'ipoteca, se la trasformiamo nella sua essenza, vuol dire che io ho un credito e voglio essere maggiormente sicuro del fatto che il debitore me lo pagherà e quindi acquisisco una garanzia sul fatto che me lo pagherà, per cui io posso iscrivere ipoteca giudiziale e poi fermarmi, per esempio ho un credito di 100, iscrivo ipoteca e poi sto tranquillo, perché so che prima o poi il mio credito verrà pagato e sono più tranquillo, ho qualche sicurezza in più che mi venga pagato perché ho anche la garanzia ipotecaria; l'esecuzione per espropriazione, il pignoramento è una cosa diversa, è cioè dire che voglio essere pagato, non voglio la garanzia di star tranquillo che prima o poi il debitore mi pagherà, ma voglio che il debitore mi paghi adesso e, poiché non lo fa spontaneamente, ho questo procedimento coattivo per vendere i suoi beni. Quindi sono due situazioni diverse. Nei sistemi processuali che conosciamo esiste una scelta di fondo in tema di disciplina del rapporto tra chi inizia l'esecuzione e gli altri creditori di quello stesso debitore; per esempio noi abbiamo debitore, Rossi, che ha, per motivi diversi, come creditori A,B,C e D. Come si regola il rapporto fra questi creditori e il debitore? Più specificatamente, come si regola il rapporto tra quei creditori, cioè se A inizia l'esecuzione e colpisce un bene del signor Rossi, gli altri tre creditori in che rapporto stanno con quell'esecuzione? In astratto abbiamo tante scelte possibili: se A ha colpito la casetta del signor Rossi, gli altri tre si vadano a cercare un altro bene, perché la casetta è per A; A ha colpito la casetta e gli altri tre possono partecipare però dopo, quindi prima si soddisfa A poi si soddisferanno gli altri tre; sono tutti uguali, cioè gli altri tre partecipano alla pari con A in quell'esecuzione. Secondo problema. A,B,C e D NON è detto che siano dei creditori uguali tra di loro, non uguali per l'importo, che non c'interessa, è irrilevante, ma perché possono avere una ragione di credito differente; ritornando alle istituzioni di diritto privato, i creditori si dividono in due grandi categorie: i creditori normali, che sono chiamati col termine corretto chirografari, e i creditori privilegiati; i creditori privilegiati poi a loro volta si dividono in due categorie diverse: quelli del privilegio, chiamiamolo, generale e quello di un privilegio, chiamiamolo, specifico o speciale, vale a dire che quelli che hanno un privilegio (che stiamo usando in un termine non pienamente tecnico) specifico (quindi all'interno di questa categoria di privilegio ci inseriamo l'ipoteca, cioè il diritto reale di garanzia), non hanno un privilegio generale che colpisce tutto il patrimonio del debitore, ma hanno un privilegio su un determinato bene e sugli altri non ce l'hanno (quindi pegno e ipoteca sono privilegi speciali), oppure ci sono quei creditori che hanno un privilegio generale, dove la qualità del credito è quella che genera il privilegio, cioè è legato la qualità del credito, l'esempio tipico è quello del lavoratore subordinato che ha un privilegio generale che nasce dal fatto di essere creditore per un importo dovuto derivante da un rapporto di lavoro subordinato. Queste scelte tra i vari modelli allora si incrociano con questo problema evidentemente, perché per esempio la scelta di dire che il bene se l'è preso il creditore e tutti gli altri stanno fuori dal gioco e vanno su altri beni non è possibile in astratto sui privilegi speciali, perché se io ho un'ipoteca su quel bene, solo su quella ce l’ho e non puoi farmi star fuori da quell'esecuzione. Un altro tema di questo argomento è quale sia la condizione legittimante l'eventuale partecipazione del creditore all'esecuzione promossa da un altro creditore. Abbiamo detto prima che è A il creditore che inizia; gli altri tre a quali condizioni soggettive partecipano a quell'esecuzione? Anche questo è un tema delicato nel senso che sappiamo che il creditore procedente, quello che inizia l'esecuzione ha un'esigenza imprescindibile, ha una condizione fondamentale, che il possesso del titolo esecutivo che è condizione necessaria e sufficiente per dare corso all'esecuzione per espropriazione; sappiamo che A ha bisogno di un titolo esecutivo e se non ce l'ha non si parla di un’esecuzione; gli altri tre, per partecipare a quell'esecuzione, di cosa hanno bisogno? Anche loro di un titolo esecutivo oppure no, quindi di un qualcosa di meno o un qualcosa di diverso? Il problema non è semplice perché nasce da una scelta legislativa di fondo fatta nel nostro ordinamento che non è fatta in altri ordinamenti. Più o meno sappiamo che nel nostro ordinamento se quel debitore Rossi è un imprenditore commerciale, potrebbe accadergli di essere dichiarato fallito; il fallimento è un'esecuzione che ha le caratteristiche di essere concorsuale e generale, cioè colpisce tutti i beni del debitore, tutti tranne specifiche eccezioni, e va a favore di tutti i creditori, non c'è un procedente: se uno è dichiarato fallito, se ha una casa, sette Ferrari e 12 quadri di Picasso, sono tutti compresi nel fallimento, che ha una disciplina avvicinabile, simile a quella del pignoramento in cui il primo atto imprime un vincolo di destinazione su tutti i beni del debitore, ma, a seguito della dichiarazione di fallimento, tutti quei beni vanno a favore di tutti i creditori. Nel nostro ordinamento non è così ovviamente, perché il fallimento è previsto per l'imprenditore debitore commerciale, il requisito essenziale è essere imprenditore commerciale, quindi noi non abbiamo una simile, analoga disciplina sul debitore civile; in altri ordinamenti non è così, perché ci sono degli ordinamenti europei nei quali esistono due procedure di fallimento, una che riguarda l'imprenditore commerciale, più articolata, più complessa, con vari problemi in più che nascono dal fatto che si sta colpendo un'impresa, e una sorta di dichiarazione di fallimento, chiamiamola così impropriamente, che colpisce il debitore civile, vale a dire una procedura che abbia dei connotati di generalità e concorsualità anche sul debitore civile, cioè il debitore che abbia molti più creditori, ma che quindi in un qualche modo si occupi di regolare il concorso tra le pretese dei vari creditori sul patrimonio del debitore. Noi non abbiamo la disciplina di questo genere, quindi quei problemi che abbiamo evidenziato sono problemi più delicati da Vediamo brevemente la situazione ante riforma solo per capire quanto sia stata incisiva la riforma che è stata introdotta. Prima della riforma la norma in tema di intervento era di quattro righe: potevano intervenire nell'esecuzione i creditori. Questo provocava una situazione nella quale un'esecuzione promossa da un creditore poteva vedere l'intervento di molti altri creditori sebbene privi di titoli esecutivo, in quanto era sufficiente la situazione di essere creditore; questo provocava un problema delicato che era quello di individuare in una normativa che non aveva previsioni in quel senso la disciplina sulle contestazioni che il debitore poteva effettuare verso quel debitore che interveniva diciamo nudo, senza titolo esecutivo. Il primo problema era se e in che misura il creditore dovesse dare prova dell'esistenza del proprio credito, poi se, in che misura e quando il debitore potesse fare questa contestazione e come si risolveva questa contestazione, cioè per esempio si apriva una discussione sull'esistenza o meno di quel credito derivante da una qualunque fornitura, questa contestazione con che procedimento doveva essere risolta, in quali tempi (subito, all'inizio, c'erano termini preclusivi per far la contestazione, la si poteva fare alla fine e a quel punto che cosa succedeva); la situazione insomma era molto discussa, c'erano delle soluzioni più o meno condivise da una maggioranza di decisioni giurisprudenziali e di autori, ma il problema esisteva ed era di difficile soluzione. Quando si iniziò a parlare della riforma, ovviamente nelle commissioni, che prepararono interessi della riforma, fu un tema molto discusso. Quale fu la soluzione a cui si arrivò? Non è quella che troviamo perché la riforma entrò il vigore in un modo strano; nel 2005 fu promulgato il testo della riforma (che riguardava vari profili, ad esempio riguardava anche il fallimento), che entrò in vigore per alcune piccole e circostanziate parti nel maggio 2005, in cui venne pubblicato però l'intero testo della riforma e quel testo doveva entrare in vigore a gennaio 2006. La riforma quindi, come venne promulgata ma non entrata in vigore, prevedeva un articolo 499, cioè la norma che disciplina l'intervento, parimenti semplice a quella precedente, con un cambio di rotta totale: potevano intervenire soltanto i creditori muniti di titolo esecutivo; quindi c'è stata l'inversione totale della situazione e quindi in un qualche modo l'assoluta risoluzione del problema: a quel punto tutti i creditori che partecipavano all'esecuzione erano davvero uguali in questo senso, tutti avevano il titolo esecutivo, quindi tutti avevano diritti e poteri di impulso nella procedura, quindi ciascuno partecipava a tutela del proprio diritto di credito con una situazione sostanziale diciamo largamente identica (il possesso del titolo esecutivo), largamente perché quella disciplina comunque non elideva il problema del tutto, ma perché non è comunque risolvibile nel senso che, essendoci titoli giudiziali e stragiudiziali, è evidente che la disciplina di queste due ipotesi non può essere identica perché è diversa la natura del titolo che è posseduto. Tutti però avevano un titolo esecutivo, tutti avevano poteri di impulso nella procedura, di presentare domande, nessuno era subordinato ad un altro creditore e quindi rimesso alle decisioni per lui eventualmente anche negative che quel creditore potesse assumere. Quella norma quindi promulgata in realtà non è mai entrata in vigore perché nel periodo di vacatio lungo che era previsto fu promulgato il decreto correttivo. Quella norma certamente aveva dei pregi, semplificava la situazione, poi si può essere o meno d'accordo sulla soluzione, ma la condivisione della soluzione è una scelta di politica legislativa; quella norma però certamente aveva un limite, presentava un problema ed era quello che, secondo quanto osservavano alcuni, non si può limitare l'intervento ai soli titolari del documento titolo esecutivo, perché certamente ci sono dei creditori dei quali non ci si può dimenticare, che sono quelli che hanno un titolo di prelazione specifico su quel bene. Per esempio se noi immaginiamo di avere l'ipoteca su un immobile e c'è un'esecuzione che colpisce quel bene, allora quel creditore ipotecario deve in qualche modo essere stato presente nella scelta perché si vuole andare a vendere a favore di altri il bene che lui ha vincolato a preferenziale soddisfazione sua; non si può immaginare che quel creditore aveva venduto il bene su cui grava il suo diritto di garanzia senza in un qualche modo una disciplina che lo riguardi, che possa intervenire o che sia fatto salvo il suo diritto di ipoteca. Prossimamente vedremo che una delle caratteristiche più tipiche dell'esecuzione è che il bene oggetto della vendita in sede espropriativa è un bene che sempre per definizione viene acquistato il libero, puro, pulito: c'è un effetto di cui parleremo che si chiama effetto purgativo della vendita che significa che si cancellano trascrizioni, iscrizioni e quant'altro; quindi il problema del creditore titolare di un diritto di garanzia specifica esisteva. In questa situazione, con un colpo di scena, viene col decreto correttivo modificato l'articolo 499. Se oggi apriamo un codice il 499 è lungo una pagina, se guardiamo un codice ante riforma o del periodo della vacatio il 499 era lungo quattro righe, perché la modifica è stata molto articolata, ma è stata molto articolata nel tentativo di offrire soluzioni a quel problema del quale abbiamo parlato, ma nello stesso tempo ha radicalmente cambiato, con una serie di problemi dei quali parleremo, la scelta di quali creditori siano quelli che possono intervenire. La norma oggi dice che possono intervenire nell'esecuzione i creditori muniti di titolo esecutivo e questo è il primo principio, su cui non c'è dubbio ed è ovvio: il creditore che, munito di titolo esecutivo, può dare corso ad una esecuzione ovviamente, in luogo di iniziare un'esecuzione nuova, interviene in un'altra esecuzione; poi la norma ha detto che, oltre ai creditori muniti di titolo esecutivo, possono intervenire nell'esecuzione anche altre categorie di creditori, cioè i creditori che al momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati, i creditori che al momento del pignoramento erano titolari di un diritto di pegno o di un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri, i creditori che siano titolari di un diritto di credito per una somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214cc. Le prime due previsioni sono assolutamente comprensibili; noi non conosciamo la prima, perché ne parleremo quando poi parleremo dei procedimenti speciali, ma si può intuire di cosa parla: il sequestro è un mezzo, uno strumento cautelare di natura conservativa del patrimonio del debitore che, in un certo modo e a certe condizioni, consente al creditore di sequestrare dei beni, il che sostanzialmente vuol dire individuare dei beni dicendo che quei beni sono già sin d'ora vincolati alla mia tutela per quando il giudice mi darà ragione nel merito (vedremo che il sequestro è una forma anticipata di pignoramento, tant'è che, quando il sequestro è concesso ed eseguito e quando si avrà ragione se la causa di merito, il sequestro conservativo si converte automaticamente con effetto da quando abbiamo avuto il sequestro in un pignoramento). La norma vuol dire allora che, se tu creditore hai già eseguito il sequestro, ti sei già prenotato quel bene lì e allora io, che arrivò dopo come creditore che esegue, non posso fare l'esecuzione coattiva su quel bene senza avere il conto di te, quindi tu sei legittimato a partecipare alla mia esecuzione, perché ti sei già prenotato quel bene con un provvedimento legittimo previsto dall'ordinamento a tua esclusiva garanzia; in realtà è un qualche cosa che concettualmente è vicino alla seconda categoria, a quella nel quale il bene è prenotato a garanzia del creditore, non in virtù di un provvedimento di un giudice che autorizza il sequestro, ma in virtù di un atto di autonomia delle parti che hanno gravato quel bene da un diritto di pegno o di privilegio, di garanzia specifica risultante dai pubblici registri, cioè il debitore ha concesso l'ipoteca su quel bene o il creditore ha iscritto ipoteca giudiziale su quel bene. È evidente allora che in questi due casi quell'esecuzione che vuole vendere e quindi disporre del valore economico del bene oggetto di esecuzione non può essere condotta a termine senza che quei creditori, che avevano già riservato a sé una parte o tutto il valore di quel bene, possano partecipare alla distribuzione del ricavato. Il punto che invece ha creato discussione è l'ultimo, che dice che possono intervenire nell'esecuzione altrui i creditori di somma di denaro che risulti dalle scritture contabili previste dall'articolo 2214cc (vedremo che nella parte successiva di questo articolo è poi disciplinato un subprocedimento all'interno del processo esecutivo che disciplina come e quando i creditori che intervengano possano essere contestati, quindi si possa discutere se essi sono creditori); qual è il punto dell'articolo 2214, che è discusso ed è discutibile? Che cosa vuol dire che possono intervenire i creditori di somme di denaro risultanti dalle scritture contabili dell'articolo 2214? Vuol dire che possono intervenire nell'esecuzione altrui gli imprenditori commerciali; le scritture del 2214 sono le scritture contabili che è tenuto a tenere l'imprenditore commerciale. Questo vuol dire che solo gli imprenditori commerciali hanno una norma di favore che consente loro di intervenire nell'esecuzione altrui. Qui ci si potrebbe chiedere perché quel credito li è un credito che ha una maggiore tranquillità di prova perché non è che lo dice lui; le scritture private, sul piano della prova, hanno un effetto di prova contro l'imprenditore e a favore dell'altro, non hanno una valenza probatoria a favore dell'imprenditore e contro l'altro; quando hanno una valenza probatoria a favore e contro, ce l'hanno in un caso limitato, che è quello tra imprenditori e la ragione di ciò è che le scritture contabili sono reciproche e quindi l'iscrizione nelle mie scritture contabili dovrebbe in teoria corrispondere, se sono tenute correttamente, all'iscrizione nelle tue scritture contabili: in una partita di dare e avere, ci sarà un dare e un avere delle scritture contabili, quindi ho un credito e tu avrai un debito, quindi c'è corrispondenza tra questa documentazione contabile. Qui però non si dice questo, ma si dice che il titolare di un credito risultante da scritture contabili può intervenire nell'esecuzione altrui, il che vuol dire in qualunque esecuzione contro chiunque, quindi anche contro ognuno di noi studenti che non abbiamo le scritture contabili, a meno che non abbiamo un esercizio commerciale, quindi per esempio quel signore dal quale abbiamo comperato il divano per la casa nuova in cui andremo a vivere da soli può fare l'intervento nell'esecuzione contro di noi sulla base della sua scrittura contabile; quindi sul piano della “credibilità”, cioè fondatezza probatoria, la sua posizione non è diversa da quella di chiunque altro, cioè di quell'altro signore che potrebbe essere nostro creditore perché è sempre stato € 1000 e non glieli abbiamo restituiti, perché per esempio gli abbiamo scritto una lettera in cui lo ringraziamo di averci dato un mutuo o di averci prestato € 1000 e che glieli restituiamo tra 20 giorni, poi non glieli restituiamo, siamo pacificamente debitore di quell'importo, lo abbiamo anche scritto, quindi c'è, se non una confessione, almeno una prova documentale, un riconoscimento della nostra posizione debitoria, ebbene quel signore non può intervenire nell'esecuzione contro di noi. Ma c'è di più. Questa norma crea poi un problema di conformità alla costituzione. Qual è il rapporto tra il processo, il diritto del processo e il diritto sostanziale? È un rapporto nel quale il diritto del processo si pone in una funzione servente rispetto al diritto sostanziale: deve essere il diritto che consente l'attuazione delle norme sostanziali così come esse sono, non può essere il processo che muta il diritto sostanziale; accade invece che, tramite questa norma, noi garantiamo ad una categoria di creditori (l'imprenditore commerciale) la possibilità di soddisfarsi in un'esecuzione meglio, prima, con preferenza rispetto a dei creditori che sul piano sostanziale sono a lui preferiti. Per esempio io sono il debitore, perdo una causa e quindi un tizio che ha la sua sentenza di condanna promuove l'esecuzione contro di me; poi per esempio ho altri due debiti, uno perché ho comprato qualcosa e non l'ho pagata e questo bene che ho comprato, l'ho comprato da un signore che mi ha emesso la sua fattura; dopo di che io non pago da un po' la mia donna di servizio, che quindi è mia creditrice perché non le ho pagato le retribuzioni degli ultimi sei mesi. Sul piano sostanziale la posizione di chi mi ha venduto il televisore e quello della mia colf che non ho pagato non è uguale, perché è preferita la colf, che ha un privilegio come lavoratrice subordinata, mentre l'altro non ha un privilegio; se portiamo questo nel processo esecutivo, chi interviene? Chi mi ha venduto la televisione al plasma, la colf non può intervenire perché non ha le scritture contabili e non le ho neanch'io; allora questo sistema altera, sul piano del effettività della tutela, la regola di diritto sostanziale: attribuisco una facoltà di soddisfazione a chi sul piano sostanziale è meno tutelato, mentre non l'attribuisco al soggetto che sul piano sostanziale è più tutelato e dovrebbe essere quindi soddisfatto prima, con preferenza, infatti si chiama preferenziale. Questa è la ricaduta della norma del primo comma che abbiamo descritto, i soggetti che possono intervenire quelli sono. Come fanno intervenire questi soggetti? Prima c'è una domanda a monte di questo: come fanno a sapere che c'è un'esecuzione? Qual la situazione è diversa nel senso che c'è una norma, che è quella precedente, l'articolo 498cpc, che dice che il creditore procedente ha l'onere di informare i creditori titolari di un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri che gravi sul bene oggetto di pignoramento; questo avviso deve essere dato dal creditore pignorante con un atto notificato, un atto formale, dovrebbe essere dato entro cinque giorni dal pignoramento ma non è un termine perentorio, ma è un termine che ha una sanzione: fino a che non è fatto, il giudice dell'esecuzione non può andare avanti e l'esecuzione si sospende, proprio perché non si può andare avanti se c'è un creditore che ha ipoteca su quell'immobile fino a che non c'è la prova che è stato avvertito. Quindi i creditori titolari di un diritto di prelazione che risulti dai pubblici registri stanno tranquilli: una volta che hanno iscritto il loro diritto di prelazione, sanno che su quel bene nulla accadrà in sede esecutiva perché, se qualcosa accade, cioè inizia un'esecuzione, devono essere avvertiti e se non sono avvertiti quell'esecuzione non va avanti; salvo questi, cioè i creditori titolari di un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri, non c'è obbligo o dovere di avvertimento ovviamente, quindi la facoltà, la possibilità di intervenire nell'esecuzione altrui deriva da un'iniziativa, da un'attivazione, da un controllo di ciascun creditore. Che ci sia stata o non ci sia stata la variante, cioè questa ipotesi che il creditore indichi altri beni utilmente pignorabili, siamo a quell'udienza nella quale il debitore ha riconosciuto o in tutto o in parte contestato i crediti. Quei crediti di che sorte hanno? A seconda che siano riconosciuti o contestati. La norma qua è completa per un problema e un po' lacunosa sull'altro. La norma ci dice che i creditori che siano stati riconosciuti, per davvero o per presunzione, quindi esplicitamente o implicitamente, sono considerati a tutti gli effetti i creditori in quella procedura esecutiva e quindi parteciperanno alla distribuzione del ricavato nella misura del credito riconosciuto, quindi sono intervenuti per 100, il credito è riconosciuto per 100, parteciperanno per 100 oppure sono intervenuti per 100, sono stati riconosciuti per 70, parteciperanno per 70. Quello che non dice, e dove è lacunosa, è qual è la sorte processuale di questi crediti di questi creditori, cioè abbiamo già detto che questi creditori possono intervenire ma nell'esecuzione hanno poteri di impulso soltanto quelli muniti di titolo esecutivo, quindi le domande al giudice, le istanze e le fanno soltanto i creditori muniti di titolo esecutivo; quei creditori lì, cioè quelli intervenuti senza titolo esecutivo ma riconosciuti, dove li mettiamo? Stanno ancora nella categoria creditore privo di titolo esecutivo e quindi privo dei poteri di impulso o, grazie a questo riconoscimento, fanno un salto in avanti e diventano creditori col titolo esecutivo o quanto meno creditori titolati a fare domande al giudice, cioè a dare impulso alla procedura? Qua la norma non lo dice, quindi il problema esiste, è aperto; la soluzione preferibile, più o meno prevalentemente condivisa, ma non è la soluzione, il dogma, ritiene che facciano un salto in avanti, cioè non abbiano un titolo esecutivo ma abbiano un titolo legittimante agli atti di impulso all'interno di quella procedura esecutiva. Poiché il riconoscimento vale in quella procedura esecutiva, loro in quella procedura esecutiva potranno avere la facoltà di presentare domande, atti di impulso della procedura, in un'altra procedura esecutiva non li avranno più perché non vale più nell'altra procedura esecutiva quel riconoscimento del debitore circoscritto a loro, quindi hanno un titolo esecutivo endoprocedimentale, cioè che vale in quel procedimento li, ma intendendosi che è un titolo esecutivo che vuol solo dire che hanno una legittimazione agli atti di impulso uguale a quella che hanno i creditori muniti di titolo esecutivo all'interno esclusivo di quella procedura esecutiva li. Poi abbiamo l'ipotesi che il creditore sia stato contestato in tutto o in parte, per esempio non è vero che ti devo 100 ma te ne devo solo 70; di quel creditore lì che cosa si deve fare? Anche qui la soluzione è originale. Potrebbe venire ragionevolmente in mente che se quel creditore che non è munito di titolo esecutivo è contestato sta fuori dall'esecuzione; se la prima regola dell'articolo 499cpc è che intervengono i creditori muniti di titolo esecutivo più queste categorie qua; se la terza di queste categorie, quella che ci interessa, abbisogna, per consentire al creditore non munito, del riconoscimento e se il principio da cui si parte è quello di semplificare e velocizzare l'esecuzione, uno si aspetterebbe forse che il ragionamento di conseguenza sia non hai il titolo, non te lo sei procurato prima, sei intervenuto e l'altro ti contesta, in quest'esecuzione quasi fuori perciò vatti a procurare un'idonea certificazione, un accertamento giudiziale che sia una condanna al pagamento che sarà quello che quel giudice riterrà. Non è così perché l'ultima parte dell'ultimo comma dell'articolo 499 dice una cosa diversa. Questi creditori hanno la facoltà di chiedere al giudice dell'esecuzione che sia accantonata la somma che ad essi spetterebbe in sede di distribuzione se fossero stati riconosciuti, quindi non ovviamente l'importo corrispondente al loro credito, ma quanto a loro sarebbe attribuito in sede di distribuzione secondo il riparto, quindi se sono tre creditori che hanno un credito di 100 perché da distribuire 100, ciascuno prenderà 33,3, allora avranno diritto a far accantonare 33,3 e non di più, ma devono farne richiesta, quindi è un diritto del creditore che va esercitato dal creditore e poi devono dimostrare che nei 30 giorni successivi hanno dato corso all'azione necessaria per ottenere il titolo esecutivo, cioè devono dimostrare che nei 30 giorni successivi hanno iniziato un giudizio idoneo a far sì che il provvedimento conclusivo sia un titolo esecutivo. Poiché il legislatore ama sovente complicarsi e complicare a noi la vita, la cosa non è finita qua, perché è necessario che non sia finita qua, nel senso che, se riprendiamo l'esempio di prima, noi abbiamo tre creditori da 1000,1 di questi è contestato in tutto, fa l'istanza e ciò significa che questi 1000 verranno risolti con 333,3 a testa agli altri due creditori e 333.33 verranno accantonati. Non può finire così per due ragioni. La prima è evidente perché può essere quello che ha l'accantonamento inizia il suo giudizio per ottenere un provvedimento con un titolo esecutivo, ma poi soccombe perché aveva ragione il debitore a contestarlo; la seconda ragione è chiedersi quanto sta lì questo accantonamento, cioè, se quel giudizio dura 12 anni, gli altri due creditori aspettano 12 anni? Nel nostro caso la soluzione è questa, che sta alla norma successiva che è l'articolo 510cpc, in tema di distribuzione della somma ricavata. Quell'accantonamento ha una durata limitata nel tempo, cioè tre anni, cioè quel creditore ha il diritto all'accantonamento condizionato temporalmente dal fatto che entro tre anni deve giungere alla soluzione per lui positiva di ottenere un provvedimento che sia titolo esecutivo; allora accade che, se in quel periodo ottiene il titolo esecutivo (è scontato che il creditore contestato ha diritto a chiedere l'accantonamento se nei 30 giorni dà prova di avere iniziato un giudizio ed è ovvio che può anche averlo iniziato prima, per esempio io ho iniziato la controversia, sono in una controversia pendente, intervengo perché il mio debitore ha una bellissima villa ma ha solo quella, non devo iniziarne uno nuovo, l'ho già iniziato e darò prova che è pendente e che lo porto avanti) che lo riconosce creditore per la somma contestata di 1000, allora avrà diritto a vedersi attribuita la somma. Accade che il giudice, su istanza delle parti, o anche d'ufficio ma sarà quasi sempre su istanza delle parti, dovrà convocare dinnanzi a sé il debitore, quel creditore lì e gli altri creditori che vi abbiano interesse; immaginiamo che ora la somma sia 1500 e che c'è un creditore che chiamiamo A1 che aveva 500 e ha preso 500, chi convoca il giudice innanzi a sé? I tre creditori di prima. A1 no perché non ha interesse in quanto è stato integralmente soddisfatto, quindi lui non viene convocato perché lui non ha interesse a partecipare in quanto ha già preso tutto il suo credito, quale sia la sorte di quel 333 a lui non compete perché ha avuto integrale soddisfazione, quindi il giudice deve convocare C che è il creditore contestato, il debitore esecutato e A e B che hanno interesse alla sorte di questi 333. Se ragioniamo ci solo quattro ipotesi: non c'è la decisione, non è arrivato in tempo; c'è la decisione che dice C è creditore di 1000; c'è la decisione che dice che C è creditore di 0, cioè aveva ragione il debitore a contestarlo; c'è la decisione che dice che C è creditore di una somma intermedia tra 0 e 1000. Il giudice allora provvederà ad una nuova distribuzione sulla base di quella decisione li, quindi, se C è creditore di 1000, assegnerà 333 a C (l'abbiamo accantonato, lui è stato contestato male, era creditore, quindi quelle 333 lo diamo a C e quindi lo rimettiamo alla pari con A e B); se C non è creditore oppure non è arrivato in tempo, al nostro fine è uguale: dal momento che il legislatore dice che è una norma di salvaguardia che ti consente di essere provvisoriamente tutelato però devi arrivare col titolo entro tre anni e, se non arrivi col titolo entro tre anni, ai fini del giudice, che deve decidere cosa fare del tesoretto, è come se tu non lo fossi, allora prenderà il 333 e lo assegnerà ad A e B, lo dividerà in due, perché qui è semplice, e lo assegna a loro due; se la sentenza o la decisione resa fra C e il debitore dicesse che non è 1000 ma è un'altra somma, il giudice farà dei calcoli, bisognerà riparametrare la distribuzione di quello che era ricavato tra creditori che hanno 1000, 1000 e C quello che sarà deciso (600,500,700, quel che sarà): è una banale equazione matematica in cui si dirà che era 1000 e, fatte le proporzioni tra le situazioni, ad A, che ha preso 333, gliene spettano ancora 51, a B 51, e C prenderà l'altra parte. L’intervento dei creditori. Chiarito lo scenario sull'argomento, dobbiamo in realtà ragionare sul fatto che questi creditori non sono poi tutti uguali e la disciplina si incrocia con due problemi: il primo è quello della natura del credito fatto valere dal creditore nel senso che i crediti non sono tutti uguali, in quanto abbiamo dei crediti che sono di natura privilegiata e altri sono di natura normale, che tecnicamente si dice di natura chirografaria; il secondo è vedere se quella domanda che il creditore avanza per partecipare all'esecuzione altrui e quindi partecipare a quella distribuzione di ricavato sia una domanda che possa essere presentata in qualunque momento del processo esecutivo o se abbia dei termini nei quali debba essere presentata, perché evidentemente ci sono dei termini e questo fa sì che gli interventi a loro volta si dividono poi sotto il profilo temporale in interventi tempestivi e intervento tardivo. Abbiamo allora quattro categorie che si incrociano: interveniente chirografario tempestivo, interveniente chirografario tardivo, interveniente privilegiato tempestivo, interveniente privilegiato tardivo. Come giocano queste categorie, quindi questi due criteri, in sede di intervento e quindi quali conseguenze o quali diritti sono attribuiti a ciascuna di queste situazioni? I due punti in sé sono abbastanza semplici nel senso che per la natura del credito dipende dalle norme di diritto sostanziale, in quanto è il diritto sostanziale che attribuisce a un credito la qualità di creditore privilegiato o creditore chirografario; c'è quella piccola marginale differenza del creditore procedente che inviti i creditori intervenienti ad estendere il pignoramento e questi non lo facciano, allora ha un privilegio di natura processuale, ma, esclusa quella piccola particolarità, è il diritto sostanziale che dice che certi crediti hanno natura privilegiata (privilegio generale o privilegio speciale) oppure che costituiscono dei diritti reali di garanzia (pegno o ipoteca). Per quanto riguarda invece il criterio temporale, qui dipende dal tipo di esecuzione della quale si parla; secondo il criterio generale, che è quello costituito dalla esecuzione per espropriazione mobiliare, il momento determinante è fissato all'udienza per l'autorizzazione della vendita dei beni pignorati, l'articolo 525cpc dice che l'intervento deve aver luogo non oltre quella udienza: si viene effettuato dopo quel momento, l'intervento si qualifica tardivo. Il momento finale nel quale un creditore può intervenire (cioè può intervenire fino a) è il provvedimento con cui si distribuisce il ricavato; quindi il primo momento è stato individuato dal legislatore, il perché dell'ultimo è immediatamente comprensibile perché per esempio ho ricavato 100, ho quattro creditori, ho fatto la distribuzione tra quei quattro, a quel punto l'esecuzione ha raggiunto il suo obiettivo, in quanto ho distribuito tra quelli che in quel momento erano legittimamente partecipanti e non si interviene più. Qual è la conseguenza di essere interveniente tardivo? È di immediata percezione del fatto che essere tardivi sia portatore di una conseguenza negativa rispetto alle facoltà esercitabili in quell'esecuzione, perché, se non fosse così, non ci sarebbe ragione di far la distinzione (in qualunque modello che abbiamo trovato l'impugnazione incidentale dà dei diritti, l'impugnazione incidentale tardiva ne da qualcuno di meno perché se non avrebbe senso fare la distinzione); l'interveniente tardivo ha una conseguenza seria nel senso che diventa un interveniente di serie B nel senso che si soddisfa, potrà essere soddisfatto solo sul residua del ricavato una volta che siano stati soddisfatti creditore procedente e creditori intervenienti tempestivi. Per esempio (questo è quello che semplice in cui non succede niente di grave) il ricavato dell'esecuzione è 450, il creditore pignorante ha un credito di 100 ed è chirografario, B è un interveniente per 100 con un credito privilegiato, C è un'altro interveniente per 100 con credito chirografario, D è un interveniente tardivo con un credito di 100 chirografario; è intuitivo che non succede nulla in un'ipotesi del genere: qual è l'ordine di distribuzione della somma 450? Il primo è D perché è privilegiato, poi abbiamo A e C che sono insieme perché sono alla pari, e poi abbiamo B e in totale ne restano 50, che vengono ridati al debitore esecutato perché non è stato privato della proprietà di quel bene: se quel bene vale di più, il residuo, soddisfatti i creditori, torna a lui. Immaginiamo nello stesso esempio che il ricavo sia 350; l'ordine di distribuzione è sempre quello di prima: D prende 100, A più C prendono 200, quindi ne rimangono 50, B prende 50, si soddisfa sul ricavato residuo una volta che sono soddisfatti quelli effettivamente intervenuti e ovviamente il procedente. Se il ricavo è 300 B prende 0. Se il ricavo è 200 cosa succede? D prende 100, A e C prendono 100, quindi uguale 50%. Immaginiamo di avere un creditore B1 che a sua volta ha anche lui 100 di privilegio e di avere sempre un ricamo di 200: D prende 100, B1 prende 100, A e C prendono 0. Se abbiamo 150 di ricavo bisogna vedere la natura del privilegio, dipende dalle regole di diritto sostanziale (sul codice civile ci sono 18 gradi di privilegio): se B1 ha un privilegio di grado due e B ha un privilegio di grado cinque, B1 prende 100 e B 50, non conta il tempo dell'intervento; tra i tempestivi la legge dice che si soddisfa prima e chi si soddisfa dopo e quella è la regola sostanziale che il processo deve consentire di attuare. Tra A e C che sono chirografari c'è par condicio, quindi se invece parlassimo di 150, pagati i privilegi, che va diviso tra A e C il problema non esiste: c'è la par condicio, sono tempestivi, il loro credito si divide pro quota (nel nostro caso è alla pari, ma se non lo fosse si farebbe una banale operazione matematica e ciascuno avrà una certa percentuale); se invece siamo nell'ambito del grado del creditore privilegiato, dipende dall'ordine fissato dal legislatore. La complicazione è che la norma di legge, che é l'articolo 528cpc, che dice una cosa in più, cioè che l'interveniente tardivo bisogna vedere se è chirografario o privilegiato, perché l'interveniente tardivo privilegiato non perde il diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata insieme agli altri creditori, cioè come se fosse tempestivo; l'esempio che abbiamo fatto prima allora si complica perché, se supera. Nella vendita senza incanto non c'è questo momento, ma c'è una vendita che ha una base di prezzo, che è sempre fissata dal giudice (in quell'ordinanza che fissa la vendita dice anche qual è il prezzo minimo) e di li il commissionario cercherà di avere delle offerte che siano del prezzo pari o superiori al prezzo indicato dal giudice, ma non ha necessità di indire l'asta cioè la gara tra i potenziali acquirenti; la differenza è che per esempio io metto in vendita un televisore, il giudice dice che il televisore ha un prezzo base di € 1000 e il commissionario cerca chi glielo compri a € 1000: se trova uno che gli offre € 1010 glielo vende; invece viene pignorato un quadro di Picasso, allora il giudice dice che il valore base d’asta è di 1 milione di euro, incanto: in quell'ordinanza del giudice ci deve essere quando si terrà l'incanto, quindi giorno, mese, anno, ora, luogo in cui si terrà l'incanto; a quell'incanto i 10 di noi che hanno 1 milione di euro e che hanno interesse a comprarsi un quadro di Picasso partecipano e li si apre l'asta; per esempio prezzo base 1 milione di euro, il giudice avrà detto che le offerte in aumento sono di almeno € 30.000, poi chiede chi offre 1 milione e € 30.000, poi magari ci sarà uno che offre 1.000.060, si continua così e ci sarà una gara tra gli interessati sino a che si raggiungerà 1.000.150 per esempio e più nessuno offre di più, quindi chi è il soggetto che offre di più sarà quello che avrà vinto l'incanto, non ancora quello che ha comprato il bene, ma è quello che ha vinto la gara e quindi è quello che si pone come soggetto, tecnicamente chiamato, aggiudicatario del bene, cioè il soggetto che ha maturato il diritto di essere quello che avrà la proprietà di quel bene dietro versamento del prezzo che è stato indicato. Ovviamente legata all'asta abbiamo la necessità di una pubblicità perché, poiché l'incanto significa invitare il potenziali interessati a partecipare, bisogna che il giudice, quanto emana l'ordinanza di vendita, indichi le modalità di pubblicità che si presentano per esempio sotto forma di annunci nei giornali, dove verrà riportato un estratto dell'ordinanza di vendita del giudice dove fissa le modalità di incanto e le regole di partecipazione a quell'incanto. Nello svolgimento molto sintetico della procedura, ma per capirci, dobbiamo dire che all'istanza di vendita seguirà l'udienza di comparizione delle parti di cui abbiamo parlato prima per discutere delle modalità con le quali si procede alla vendita; dopo l'udienza c'è un'ordinanza del giudice con cui dispone la vendita e quindi dice come il bene dovrà essere venduto, a cui seguirà la vendita del bene (l'asta o la vendita con commissionario e poi asta), cioè il momento in cui finalmente, dopo aver colpito col pignoramento quel bene, l'ufficio lo vende; alla vendita seguirà il pagamento del prezzo, che non è mai contemporaneo: chi compra dovrà aver pagato il prezzo. Per ora teniamo questo così perché questa parte è diversa tra bene mobile e bene immobile per motivi intuitivi, cioè perché il bene mobile ha le sue regole semplici di trasferimento, per esempio se noi compriamo all'asta un orologio e lo paghiamo € 2000, succederà che ci viene consegnato l'orologio e noi paghiamo il prezzo, non c'è bisogno d'altro; se invece parliamo della vendita di un immobile le cose si complicano intanto perché le cifre sono diverse quindi è probabile immaginare che all'asta non andremo con € 300.000 che è il prezzo per comprare l’immobile a cui ce lo siamo aggiudicato, ma poi non è che ce lo consegnano perché la proprietà in questo caso circola in modi complessi (atto scritto a pena di nullità che va trascritto e deve essere opponibile ecc…); quindi in quella parte lì lo svolgimento è identico, è sempre quello il passaggio, ma il contenuto del passaggio è diverso a seconda del modello espropriativo del quale parliamo. Poi arriviamo al momento finale: pagato il prezzo si fa la distribuzione. La distribuzione è la divisione del ricavato ed è fatta in due modi, giudiziale o amichevole: amichevole se i creditori sono d'accordo; normalmente non è così, ma è il giudice che fa il progetto di distribuzione, vale a dire fa quel progetto che abbiamo visto prima: ho ricavato tanto, ho questi crediti che sono messi in fila secondo i loro diritti rispettivi (ordine dei privilegi, creditori tempestivi, creditori tardivi e così via), quindi si assegna il ricavato ad ognuno e, se ci sono situazioni di par condicio, il giudice fa le proporzioni matematiche in rapporto a quello che c'è. Fatta la distribuzione ci sarà poi la materiale esecuzione della distribuzione, cioè il pagamento ai creditori dalla cancelleria delle somme sulla base di quella distribuzione fatta dal giudice (vedremo che c'è un provvedimento, nel senso che ovviamente quella distribuzione va approvata dai creditori, non deve essere contestata) e a quel punto lì l'esecuzione è finita. Può accadere che in sede di distribuzione possono sorgere contestazioni tra le parti. La norma che disciplina questa ipotesi è l'articolo 512cpc, che riguarda la risoluzione delle contestazioni in sede di distribuzione. È una norma molto importante non tanto per la disciplina in sé, ma perché contiene un problema che non è semplice ma che è un problema giuridicamente e concettualmente di rilievo e che troveremo in altre situazioni, cioè l'oggetto processuale di queste controversie. Tra chi può sorgere controversia? Può sorgere non solo tra creditore o creditori e debitore, ma anche tra i creditori stessi, perché stiamo parlando di una situazione nella quale c'è un concorso tra quei creditori sul ricavato di quell'esecuzione, quindi la partecipazione di quei creditori ha l'effetto diretto di incisione sulla posizione degli altri creditori e la partecipazione di ognuno di loro comprime la quota di partecipazione alla distribuzione del ricavato degli altri; allora questa contestazione può quindi riguardare i creditori tra di loro e il debitore nei confronti del creditore, perché anche lui in un qualche modo ha un effetto diretto di incisione per ché noi già sappiamo che, se senza un creditore c'è un residuo, quella residuo va a lui, ma non solo per questo perché noi sappiamo che il debitore che sia espropriato di un bene rimane debitore se quel bene non è sufficiente a pagare i creditori; per esempio se in un'esecuzione i creditori percepiscono il 50% del loro credito, il 50% residuo rimane in capo al debitore, quindi sarà esposto ad un'altra esecuzione, allora è evidente che lui ha interesse a che quel che gli viene portato via sia distribuito e dato in modo corretto ai suoi creditori in modo da non averne ulteriori. Questa contestazione, anche fra creditori, poi può avere ad oggetto non soltanto il fatto che uno di quei creditori sia creditore, ma anche un qualcosa diciamo di meno e cioè che sia creditore in quel modo nel senso che la contestazione può essere in un contesto che dice che tu sei creditore, ma non sei privilegiato, sei chirografario, cioè la qualità del suo credito può essere oggetto di contestazione sempre per la stessa ragione, perché l'attribuzione della qualità di privilegiato gli attribuisce quel diritto di preferenza che comprime la mia possibilità di soddisfazione. Fatto questo discorso, la banale osservazione che ci deve venire è che tutto questo si sposa con i principi generali del processo, quindi sotto che dovrà essere l'articolo 100cpc, vale a dire l'interesse, quindi i creditori A, B, C e D possono contestare tra loro le rispettive posizioni a condizione di avervi interesse; per esempio A è chirografo, B è privilegiato, C è chirografo, D è privilegiato: D non può contestare C non perché non può, ma perché non ha interesse, perché è soddisfatto dopo di lui; in sede di distribuzione C è legittimato a contestare sia A, perché concorre con lui, che B e D, perché vengono prima di lui, quindi se non c'è B, c'è un solo privilegio e quindi è ovviamente favorito, se non c'è C, il residuo è tutto suo quindi ha interesse; B e D non hanno interesse a contestare C e A perché si soddisfano dopo di loro, quindi, anche se hanno una legittimazione per essere creditori concorrenti, non hanno interesse alla proposizione perché non sono influenzati, non sono toccati dalla partecipazione uguale, maggiore, minore dei creditori che sono soddisfatti dopo di loro in sede di distribuzione. Ovviamente il debitore ha interesse su tutti. Qual è l'oggetto del processo che è previsto dall'articolo 512? Sappiamo che un processo ha un momento fondamentale che è l'individuazione del suo oggetto, perché abbiamo una domanda che è l'oggetto del processo, che diventa l'oggetto della sentenza, che diventa l'oggetto del giudicato: quindi, in uno svolgimento perfetto, è sempre la stessa questione che viene portata dalla parte, discussa davanti al giudice, decisa dal giudice, diventa definitiva e quindi diventa giudicato; quindi dal problema della litispendenza al problema dei limiti oggettivi del giudicato, sempre quello è il problema. L'oggetto di questo processo qui è il credito che ciascuno ha verso il debitore o qualcos'altro di più, di meno, di diverso ( non importa )? Non è il credito di ciascun creditore, quindi questo vuol dire che, quando si risolve quella lite li tra creditori, non si decide se D è creditore del debitore, quella sentenza lì non serve a far sì che ci sia una statuizione volta ad acquisire efficacia di giudicato sulla sussistenza di credito di D verso il debitore, non è quella l'oggetto del processo, ma è un qualcosa di diverso. Questo qualcosa di diverso lo si definisce in due o tre modi, lo possiamo chiamare il diritto al concorso, lo possiamo chiamare diritto ad essere collocati sul ricavato; è importante che noi capiamo ciò perché qua si discute di una situazione processuale nella quale non è detto che sia sufficiente essere creditore per vedersi riconosciuti il diritto di partecipare o di partecipare in quel modo lì. Sappiamo che uno degli effetti più importanti del pignoramento è quell'insensibilità del bene a qualunque atto successivo e quindi quel vincolo di destinazione a garanzia della posizione del creditore procedente a cui sono equiparati i creditori intervenuti. Ciò significa che qui io decido queste controversie anche sulla base degli effetti del pignoramento, cioè di tutte quelle norme che abbiamo visto dal 2912 e seguenti; per esempio il pignoramento è avvenuto il 1 febbraio; un creditore ha un'ipoteca iscritta il 3 febbraio. L'ipoteca è valida o non valida? Sì è valida, ma non è opponibile agli altri creditori. Se si fa una contestazione che lui sia privilegiato o non privilegiato, sarà decisa (sulla base di quello che sappiamo ora) che lui è creditore, ha diritto ad essere collocato sul ricavato, ma non è chirografario ma un ipotecario; allora questa è la stessa decisione che si avrebbe se non ci fosse l'esecuzione? No, nella lite tra debitore e D, quello sarebbe un credito ipotecario; se litigassero solo loro due, non c'è dubbio: D ha un'ipoteca e quindi lui è ipotecario; qui però la regola diversa perché la regola si interseca con quelle derivanti dal pignoramento e allora quella lite viene risolta sulla base di regole e quindi ha una sorte che è diversa da quella che avrebbe se si parlasse della sola lite tra debitore e quel creditore, nel nostro caso D. Ciò vuol dire che la lite tra D e il debitore e quella tra i vari creditori e il debitore non è la stessa, perché, se una lite è identica, la decisione è identica, non può essere su regole diverse; se è su regole diverse, anche solo parzialmente, cioè alcune sono diverse, è evidente che quella lite è oggettivamente diversa, allora questo fa sì che quindi secondo questo processo, cioè quello dell'articolo 512, la lite tra D e debitore a una sorte diversa da quella di D più C più B più A tra di loro o contro il debitore. Si possono fare tanti esempi, basta pensare a tutte le ipotesi nelle quali abbiamo un effetto di inopponibilità verso gli altri di situazioni che maturano dopo il pignoramento a favore di un creditore. In tutte queste ipotesi allora noi ci troviamo di fronte ad una lite nella quale abbiamo soggetto che nel rapporto sostanziale, ovvero nella rapporto processuale diretto vedremo una decisione che ci riconosce ragione, ma che in queste situazioni, in questo tipo di processo diventa un soggetto che molti chiamano il cosiddetto terzo pretendente sacrificato, perché la sua posizione è sacrificata, è perdente rispetto a quella degli altri creditori in virtù del fatto che qua discutiamo di un qualcosa di diverso e cioè di questo diritto, che abbiamo chiamato diritto al concorso o di essere collocato sul ricavato, che diventa un diritto un po' diverso: noi abbiamo un diritto di credito, se litigano questi due, ma se invece è quest'altra situazione, a quel diritto di credito c'è un qualcosa di più che nel nostro caso è che l'ipoteca sia opponibile, che sia un diritto completo e opponibile nei confronti del debitore e dei terzi (vale per la cessione di credito, vale per l'acquisto di universalità di mobili, vale per gli immobili da registrare, vale per gli atti di iscrizione); allora questa diversa situazione da luogo ad un diverso diritto che è più ricco e che abbiamo chiamato diritto al concorso, diritto a collocarsi sul ricavato: questo diverso diritto più ricco, più complesso è l'oggetto di quel processo la; rispetto a questo diritto, l'esistenza del diritto di credito è una delle componenti di questo diritto, non è l'unica. Abbiamo parlato dell'esecuzione per espropriazione mobiliare, quindi del pignoramento mobiliare nell'ipotesi più frequenti, più tradizionali, cioè le esecuzioni contro il debitore e presso il debitore, cioè all'ufficiale giudiziario viene richiesto di eseguire il pignoramento recandosi all'abitazione del debitore e quindi pignorando dei beni che si trovano nei luoghi dove lui era residente oppure a lui appartenenti. Fin dall'inizio però abbiamo detto che c'è un'altra ipotesi che si può verificare, cioè quella nella quale il creditore ritenga di dare corso ad un'esecuzione colpendo dei beni del debitore ma che non sono nella disponibilità del debitore, quindi presso il debitore, ma solo nella disponibilità di un terzo; quando avevamo toccato di sfuggita questo argomento, avevamo detto che la fondamentale differenza è quella che il terzo ha questo bene in virtù di un suo apporto ovvero lo ha ma quel bene è nella completa disponibilità del debitore; avevamo fatto l'esempio dell'automobile dentro il garage dove andiamo e la prendiamo quando vogliamo che è un bene che appartiene al debitore e quindi è un pignoramento presso il debitore contro il debitore; se invece parliamo di situazioni nelle quali il terzo ha questi beni, per il momento in senso lato detto, in forza di un rapporto che ha con il debitore, questa è l'ipotesi dell'espropriazione, quindi del pignoramento contro il debitore presso terzi. Quali sono le ipotesi in cui questo può avvenire? Sostanzialmente sono due: la prima è quella nella quale il terzo sia nel possesso, o nella detenzione qualificata, di un bene che è del debitore; la seconda è quella nella quale il terzo sia debitore del debitore, per esempio c'è un soggetto A che è il creditore, che ha un credito credito ed è presso terzi, perché il datore di lavoro deve una somma al lavoratore e io creditore procedente cerco di avere quella somma a pagamento del mio debito. Questa la terza grande ipotesi per cui questo è un modello di espropriazione che è abbastanza frequente nella realtà, perché più o meno quasi tutti hanno un rapporto con una banca, più o meno quasi tutti hanno uno stipendio, hanno un reddito da lavoro e quindi può essere colpito. Sul problema del pignoramento da reddito di lavoro c'è però una particolarità: c'è una norma che è l'articolo 545cpc che dice che in realtà non si può pignorare lo stipendio perché è un credito che serve al sostentamento della persona quindi ci sono dei limiti di pignoramento, si può pignorare solo fino ad una certa concorrenza dell'importo, che varia a seconda della natura del credito che è fatto valere; normalmente è il quinto, il 20% che può salire in ragione della natura del credito, cioè se a sua volta chi agisce ha un credito particolarmente tutelato, a sua volta ha un credito chiamiamolo alimentare, esempio tipico il marito che non paga gli alimenti alla moglie in sede di separazione e la moglie può agire con il pignoramento presso terzi e allora il limite del 20% sale perché a sua volta è un credito particolarmente tutelato perché anche quello è un credito che serve al sostentamento del soggetto né più né meno come serve quello percepito dalla lavoratore. Siamo arrivati nel punto nel quale andiamo dall'ufficiale giudiziario e gli consegniamo titolo esecutivo e precetto notificati al debitore, poi gli consegniamo l'atto di pignoramento mobiliare presso terzi che è un atto scritto e che contiene quelle due parti ufficiale giudiziario e creditore procedente. A quel punto l'ufficiale giudiziario esegue il pignoramento e notifica perché lo esegue contro il debitore, perché gli fa ingiunzione del pignoramento cioè quella del 492, quindi anche quest'esecuzione inizia con l'esecuzione del pignoramento, e poi lo notifica al terzo perché è il terzo non subirà l'ingiunzione del 492, ma subisce come terzo la notifica nella quale il creditore procedente lo avvisa di non consentire al debitore di disporre dei beni o di non adempiere comunque a quel che da lui ha dovuto. Qual è la situazione che si crea in quel momento? In quel momento noi abbiamo una situazione nella quale da un lato abbiamo il debitore esecutato che è esattamente uguale al debitore esecutato del pignoramento mobiliare contro il debitore: ha subito l'ingiunzione, è pignorato e ha i doveri e gli obblighi di un debitore pignorato. Qual è la situazione del terzo invece? La prima regola è che il terzo da quel momento, cioè per effetto della notifica diventa un soggetto che detiene ciò che gli è indicato nell'interesse altrui e quindi diventa un soggetto che è rispetto quei beni custode, perché li detiene nell'interesse del creditore procedente ma è un interesse un po' indifferenziato perché noi non sappiamo quali sono i creditori che ci saranno, perché ci potranno essere poi dei creditori intervenuti, quindi il terzo detiene quel bene nell'interesse del processo esecutivo, cioè del creditore procedente e di quegli eventuali altri creditori che potranno successivamente intervenire. Ma cosa detiene? E che obblighi ha? Qua si distingue perché intanto incominciamo a capire perché nell'atto di pignoramento bisogna indicare che cosa voglio pignorare, cioè il bene o il credito, perché se io terzo devo fare il custode, mi devi dire di che cosa, se il quadro o le somme di denaro sul conto corrente, perché se no non posso fare il custode di un bene, né potrei farlo di tutti, nell'ipotesi che ce ne siano molti, perché comunque ci va una proporzione rispetto al credito fatto valere, per esempio se ho il quadro, il tappeto e il mobile antico e tu agisci per € 10.000, non è che io devo tenere bloccati tutte e tre, perché probabilmente tutti e tre fanno € 10.000 e il tuo credito è di 10.000. Il vero problema, che si è posto per moltissimi anni e che poi è stato risolto quando è stato qualche anno fa riformato il codice, è un altro e cioè che nel caso in cui A ha un credito di € 10.000, però B ha su C € 100.000, qualunque sia il rapporto, se io ti notificò un precetto che sarà per € 10.000 più qualcosa (interessi ulteriori, spese), cosa devi fare tu B se l'ordine è di non disporre o di non lasciare disporre fino a che non ci sia l'ordine, il provvedimento del giudice? B non paghi € 100.000? Mi blocchi € 100.000, cioè vai in banca hai € 100.000 e non puoi prelevarne 50? Era così fino al 2006 cioè fino a quando hanno fatto la riforma, ora non è più così perché se prendiamo l'articolo 546cpc ci dice che il debitore terzo, C, è tenuto nei limiti della somma dovuta come risulta dall'atto di precetto, quindi nel nostro caso di 11.000, aumentata della metà; quindi nel nostro caso il terzo trattiene € 16.500 e l'altra parte la dovrà pagare secondo le regole del suo rapporto sostanziale se sono debiti, chiamiamoli, commerciali, sarà a nostra disposizione se la somma è un conto corrente: lui ha obblighi di custodia, e quindi di non farti disporre, per l'importo contenuto nell'atto di precetto aumentato della metà a garanzia del fatto che ci saranno ulteriori spese nel corso dell'esecuzione e quant'altro. Questa udienza è volta a chiarire nel processo di esecuzione il rapporto tra B e C, tra debitore esecutato e terzo. A quell'udienza C deve comparire, come B, ma deve comparire C, perché in quell'udienza deve chiarire, quindi dichiarare se ha un rapporto con B, ovviamente il rapporto indicato dal creditore, si ha i beni che il creditore procedente indica o se di quali somme è debitore verso B, quindi l'importo, e quando deve procedere al pagamento o alla consegna, cioè se sono liquidi ed esigibili i crediti che scadono a fine anno, se il bene ce l’ha lui perché ce l’ha lui ma lo può consegnare in qualunque momento, se ce l'ha lui però ad esempio è gravato da pegno. Ancora poi dovrà dichiarare non solo il suo rapporto, e quindi se vero sia che ha quel bene o se vero sia chi ha un debito e di quale è l’entità del debito, ma anche se quel bene o quel debito è libero, vale a dire se ha ricevuto prima degli altri atti che abbiano in un qualche modo gravato quel bene, per esempio un sequestro o un altro pignoramento; immaginiamo un debitore che ha più di un debito e la banca arriva dice che è vero però mi ha già notificato la Rossi S.p.A. un pignoramento e la Bianchi S.p.A. un altro pignoramento, quindi la banca dice guarda che quelle somme ci sono già qui, ti metti in coda. Quindi la dichiarazione che deve fare il terzo deve essere per verificare la realtà del rapporto nella sua consistenza alla data di notifica dell'atto di pignoramento al terzo. Noi in realtà abbiamo tre ipotesi su questo argomento. Come prima ipotesi può accadere che il terzo non compare, quindi io lo cito e lui non viene, già può non comparire e non costituirsi il convenuto in una qualunque causa normale, quindi anche in queste ipotesi può accadere; poi invece abbiamo l'ipotesi che compare e qui dichiara quello che si aspetta il creditore oppure nega e contesta (poi vediamo che cosa) oppure dichiara a metà. Nella prima ipotesi all'udienza compare il debitore e il terzo non si presenta, quindi siamo in una situazione in cui non sappiamo qual è la realtà del rapporto di C: il creditore dice che a lui risulta che B sia creditore di C però non lo sappiamo. Poi abbiamo invece l'ipotesi in cui compare e dichiara che è vero che il quadro è presso di lui, che non ha diritti, non ha ragioni del debitore e presso di me, oppure compare la banca e dice mi hai notificato un precetto per € 10.000 e sul conto corrente c'è disponibilità di € 15.000, quindi si tratta di dichiarazioni conformi alle attese del creditore procedente. Poi abbiamo l'ipotesi in cui il terzo compare e contesta la situazione: può contestare tante cose, però possiamo immaginare che dica che non è vero che ha rapporti con B, per esempio la banca dice che per lei B è uno sconosciuto perché non ha un rapporto di conto corrente con lei quindi non lo conosce, oppure dice che lo conosce ma il conto corrente l'ha chiuso tempo fa quindi non è più suo cliente; oppure contesta il rapporto, cioè ammette il rapporto ma contesta l'esistenza nello specifico, dicendo per esempio che è vero che il bene ce l’ha lui ma perché gliel'ha venduto e quindi ora è un bene che appartiene a lui, oppure la banca per esempio compare e dice che conosce B e che è suo cliente, ma che il conto è in rosso, quindi non ha disponibilità economica; oppure ci può essere una dichiarazione a metà, c'è una dichiarazione che dica che al posto di € 10.000 sul conto ci sono € 2000, oppure mi hai pignorato il quadro e il tappeto, il tappeto non so dove sia e ho solo il quadro, quindi si tratta di una dichiarazione parzialmente favorevole e parzialmente negativa. In questa situazione che cosa succede? Qua la situazione è complicata dal punto di vista dell'impostazione: noi abbiamo la dichiarazione di un soggetto, il creditore procedente, che afferma, secondo le regole, l'esistenza di una situazione fra il suo debitore e un terzo e il terzo nega l'esistenza di questa situazione. Innanzitutto qui non vale nessun criterio di implicito riconoscimento, ma valgono le regole generali quindi il debitore che non compare o che compare e non dichiara è come dichiarasse negativo, nel senso che valgono le regole generali e quindi non c'è un'inversione di un onere di contestazione o di riconoscimento, quindi non vale una regola come abbiamo visto che vale nell'intervento dei creditori in cui, se il debitore non contesta specificamente, è riconosciuto: qui non è così, valgono le regole normali. La situazione quindi è a questo punto è ovviamente molto variegata a seconda delle ipotesi nella quale ci troviamo. Come seconda cosa dobbiamo dire che siamo in un processo esecutivo e quindi siamo in un processo nel quale alcune regole di fondo del processo valgono e vale innanzitutto il principio della domanda e dell'impulso di parte e non certo di una procedibilità d'ufficio, quindi la scelta va in capo al creditore procedente; a questa situazione, a seconda dei casi, sarà il creditore procedente che decide cosa fare, il giudice non fa nulla, riceve le dichiarazioni, ci sarà l'udienza, ci sarà il verbale, ma a quel punto è il creditore che deve decidere. A seconda della posizione, della scelta del creditore, può essere quindi che gli vada bene la dichiarazione del terzo o non gli vada bene; se non gli va bene, si apre la necessità di accertare in un giudizio la reale ed effettiva, esistente consistenza del rapporto tra B e C. Quel nucleo iniziale contenuta nell'atto di pignoramento e che possiamo individuare nell'esistenza all'interno di una citazione, di una vocatio in ius fa sì che, se il creditore ritiene, si apre, prosegue su sua domanda un giudizio ordinario di cognizione: la norma dice che il giudice prosegue istruendo la causa a norma del libro secondo, quindi secondo le regole dell'ordinario processo di cognizione. Ciò funziona così perché dipende sostanzialmente dalla posizione nella quale si pone il creditore rispetto alla dichiarazione, ovviamente, se il creditore riceve una dichiarazione più o meno conforme a ciò che lui si attendeva, è contento e non andrà accertato nulla: il terzo riconosce l'esistenza del rapporto affermato, quindi non ce n'è bisogno; se il terzo fa una dichiarazione negativa, dipenderà dal contenuto della dichiarazione, per esempio se la banca che compare dice che non è mai stato suo cliente, probabilmente il creditore ci crede; se dice che era suo cliente ma mostra all'estratto di chiusura della posizione di sei mesi fa, il creditore dirà che ha sbagliato banca e cercherà un'altra banca; se invece compare un terzo che dice che il bene l'ha comprato lui e quindi il quadro adesso è suo, bisogna vedere se il creditore ci crede o non ci crede. Bisogna ricordare che qua di nuovo (e facciamo un passo indietro) il creditore procedente è terzo rispetto al terzo, quindi nei suoi confronti valgono quelle regole che abbiamo visto di protezione dei terzi, quindi valgono gli articoli 2912cc e seguenti; ciò significa che per esempio se il terzo arriva lì e dice che ha comprato il quadro e mostra il documento, il terzo incomincerà a vedere se quel documento gli è opponibile secondo le regole che abbiamo visto perché è terzo, quindi deve avere quei requisiti per l'opponibilità di un documento; se per esempio il terzo dichiara che aveva un debito di 100 ma ha già ha pagato 50, dipenderà quando ha pagato, perché se per caso ha pagato il giorno dopo del pignoramento, al creditore non gli è opponibile perché è successivo alla notifica. Tutte queste questioni quindi, che sono nient'altro che l'applicazione dei principi in tema di pignoramento, ovviamente giocano. Se allora il terzo ritiene di avere delle ragioni per non accettare la dichiarazione a lui sfavorevole che il terzo rende in udienza, fa istanza al giudice e lì si apre un giudizio di cognizione che ha ad oggetto solo ed esclusivamente il rapporto esistente tra B e C, rapporto che verrà deciso e regolato però non sulla base delle regole strettamente applicabili al rapporto tra B e C, ma alla rapporto tra B e C visto con la lente di protezione della posizione di A. Se questo accade però abbiamo un problema evidente: che ne facciamo dell'esecuzione? L'esecuzione rimane sospesa, non c'è altra possibile soluzione; A agisce contro B mettendo quale oggetto dell'espropriazione il rapporto o il bene B-C; su quel bene o su quel rapporto si apre una contestazione che ha ad oggetto l'esistenza del bene utilmente pignorabile, quindi noi in quel momento non sappiamo se quell'esecuzione ha un utile oggetto di espropriazione, quindi non può andare avanti se non ha l'oggetto: il processo esecutivo quindi resta sospeso fino a quando non venga definita con sentenza, perché come abbiamo detto si tratta di un ordinario giudizio, la controversia sul rapporto tra B e C; quando e se verrà decisa, dipenderà da come sarà decisa: se accerterà l'esistenza di un rapporto utile a costituire oggetto dell'espropriazione, allora il giudice fissa un termine perentorio per la prosecuzione dell'esecuzione. Se la sentenza sarà favorevole a C, e quindi negativa per A, l'esecuzione finirà lì, verrà archiviata, perché ci sarà una decisione che avrà accertato che quell'esecuzione non ha un oggetto utilmente escutibile che consenta a quell'espropriazione di andare avanti; è un po' come se il pignoramento avessi avuto esito negativo: in questo modo ha cercato di colpire un bene che poi scopro, a seguito di una pronuncia di accertamento del giudice, che non era un bene del debitore o che non c'era il bene perché non c'era una provvista sul rapporto di conto corrente. Sappiamo che però nel processo esecutivo può accadere che ci siano altri creditori che vogliono partecipare: può accadere anche in questo processo e può accadere in tutte le esecuzioni. La regola è unica nel senso che l'intervento deve avvenire entro, non oltre l'udienza di comparizione delle parti. E se avviene dopo? L'intervento è tardivo, la regola è sempre quella: fino a quell'udienza l'intervento è tempestivo e quindi è alla un atto scritto in triplice copia perché, se abbiamo un atto di pignoramento, avremo l'esigenza che una copia sia al soggetto pignorato, una copia sarà al soggetto pignorante, che non la riceve ma sarà contenuta nel fascicolo dell'esecuzione, e ci andrà una terza coppia che è quella che andrà al conservatore per registrare gli atti, perché sempre ovviamente alla registrazione c'è un atto corrispondente che rimane nella disponibilità di tutti cioè di chi, andando in conservatoria, vede una trascrizione e vedrà all'atto. Fermo questo, il contenuto poi è identico ovviamente, quindi ci vorrà l'indicazione della notifica del titolo esecutivo, del precetto, l'importo, esattamente come se fosse un pignoramento, ma che si completa e arricchisce con questi due elementi. L'ufficiale giudiziario in questo caso, quando pignora, notifica perché è un immobile quindi, per sua definizione ontologica, non si muove, non può essere asportato, non c'è nessun problema di questo genere, quindi l'ufficiale giudiziario notificherà questo atto scritto contenente tutti questi elementi e anche, ovviamente, l'ingiunzione dell'articolo 492 e, una volta che ha notificato, consegna la copia al conservatore dei registri immobiliari perché provveda alla trascrizione; è uno dei due fondamentali adempimenti per l'esecuzione del pignoramento e quindi la esegue, la completa l'ufficiale giudiziario all'interno dei suoi compiti di portare a termine questo primo atto di esecuzione. Ciò ci porta ad un ulteriore problema, cioè che c'è un evidente ed inevitabile discrasia di tempi, perché io per esempio eseguirò il pignoramento oggi e trascriverò dopodomani o domani: non ci può essere coincidenza tra il momento in cui si esegue il pignoramento e il successivo adempimento per necessità materiale. Allora noi avremo una situazione nella quale il debitore è pignorato ed è quindi assoggettato ai doveri e agli obblighi che conseguono a ricevere l'ingiunzione dell'articolo 492 dal giorno nel quale gli è notificato l'atto di pignoramento, perché quello è il giorno in cui è debitore esecutato, quello è il giorno nel quale viene assoggettato agli obblighi conseguenti; il giorno nel quale quel pignoramento rimane opponibile ai terzi però non è quello, ma sarà il giorno dopo o due giorni dopo, sarà il giorno nel quale avviene la trascrizione del pignoramento nei pubblici registri. Quindi avremo questa inevitabile discrasia che si riverbererà poi con sue conseguenze, nel senso che il debitore è tenuto a non compiere atti di disposizione del bene da quando riceve la notifica del pignoramento: se li compie, viola quel precetto, ha delle conseguenti responsabilità; mentre i terzi compiranno o meno atti legittimi e qui bisognerà ovviamente dividere: si compiranno un atto dispositivo con il debitore, dipenderà se sono in buona fede o non sono in buona fede, dipenderà dalla situazione, si compiono atti senza il concorso del debitore, per esempio l'iscrizione di ipoteca giudiziale, questo atto sarà o non sarà efficace, valido lo è sempre, a prenotare per loro il valore del bene a garanzia a seconda che quell'ipoteca venga iscritta, e quindi costituita, prima o dopo della trascrizione del pignoramento sui pubblici registri. Ovviamente, essendo un bene immobile, il pignoramento colpisce questo bene attraverso questo meccanismo del quale abbiamo parlato, ma ovviamente il bene rimane dov'è, non si può immaginare che ci sia un'altra soluzione: la regola generale vuole che il debitore sia costituito custode del bene immobile, salvo che si ravvisi la necessità, su domanda, su istanza del creditore, di nominare un terzo quale custode del bene pignorato. Ciò perché il pignoramento colpisce il bene e i suoi frutti, allora se per esempio noi pignoriamo un quadro, pignoriamo il valore del quadro, si pignoriamo un negozio, un immobile, pignoriamo il bene e i suoi frutti; cosa sono i suoi frutti? Se per esempio l'immobile è locato, c'è un problema di pertinenza all'esecuzione dei frutti, cioè dei canoni di locazione che vengono incassati, allora può essere interessante che disponibilità di quelle somme non resti nelle mani debitore esecutato, ma venga consegnata nelle mani di un soggetto terzo designato custode in modo che l'attivo di quell'esecuzione sia il valore dell'immobile più la sommatoria dei canoni che possono essere incassati nel periodo nel quale l'esecuzione prosegue. La disciplina generale, diciamo in senso lato, dell'esecuzione è la stessa però ovviamente, quindi tutto quello che non diciamo di importante è perché è esattamente identico all'esecuzione mobiliare contro il debitore, quindi il meccanismo di notifica del precetto entro 90 giorni, chiedere il pignoramento, ottenuto il pignoramento dopo i 10 giorni ma prima dei 90 è esattamente identico: la disciplina generale è quella dell'esecuzione mobiliare, che è la prima ed è quella che detta la linea generale, ci sono poi ovviamente una serie di differenze che riguardano l'esecuzione immobiliare. Anche per quanto riguarda la posizione dei creditori che intendono partecipare all'esecuzione, la situazione è identica, cioè l'intervento dei creditori è disciplinato allo stesso modo. Qui è importante soltanto che ci ricordiamo in tema di intervento la regola che governa la distinzione tra intervenienti tempestivi e intervenienti tardivi, perché è il modello esecutivo in cui più di frequente accade: la regola è la stessa, ma il fatto che l'interveniente tardivo concorra soltanto sul residuo del ricavato una volta soddisfatti creditore procedente e creditori intervenuti tempestivamente, salvo che l'interveniente tardivo sia un interveniente privilegiato. Questa regola è di più frequente applicazione qui, perché è dove più frequentemente ci possono essere i creditori privilegiati; se pensiamo a un creditore privilegiato tipico, pensiamo all'ipotecario, al titolare del diritto di garanzia reale, allora, mentre non è usuale che il titolare di una garanzia reale ci sia in un'esecuzione mobiliare, perché bisogna prestare un pegno e il pegno è complesso perché è costituito con lo spossessamento del debitore, quindi a mani del creditore o di un terzo, nell'ipoteca, poiché l'ipoteca invece non comporta nient'altro che un atto formale, cioè l'iscrizione dell'ipoteca, è più frequente che su un immobile troviamo un'ipoteca, vuoi originale, cioè per esempio l'ipoteca della banca che ha concesso il mutuo per l'acquisto della casa, vuoi un'ipoteca in corso perché è stata iscritta dopo, volontaria o giudiziale. Quel creditore lì, cioè il creditore privilegiato nel nostro esempio, è un creditore che non subisce la conseguenza del suo intervento tardivo, ma, sebbene tardivo, rimane titolare dei suoi diritti come se fosse effettivo. La situazione è diversa quando arriviamo alla vendita del bene. Qui noi abbiamo varie differenze; intanto ce n'è una importante sul piano organizzativo della procedura ed è che il giudice dell'esecuzione può delegare le operazioni di vendita ad un terzo, ad un professionista incaricato, normalmente è un notaio, può essere un avvocato o un dottore commercialista. C'è una norma che è stata introdotta una decina di anni fa, non c'era nel codice fino ad allora, per sostanzialmente alleviare il carico di lavoro nella speranza di accorciare i tempi delle esecuzioni immobiliari, cioè togliere tutta un'attività esecutiva al giudice e trasferirla ad un terzo. Al giudice innanzitutto cosa rimane? E quando può dare questa delega? La dà con l'ordinanza con cui, in accoglimento dell'istanza del debitore, dispone la vendita del bene; quindi il giudice ha il potere di disporre la vendita e in quell'ordinanza fissa le modalità della vendita, quindi quanto deve durare la delega, il termine per le operazioni, dove deve avvenire la vendita e così via. Il delegato è invece delegato a tutte le operazioni successive, prima delle quali la determinazione del prezzo base della vendita che avviene sulla base ovviamente di una relazione, perizia di un esperto, quindi di un professionista che svolge normalmente l'incarico di CTU in un giudizio normale (qua la si chiama in un modo diverso), che attribuisce il valore presumibile di realizzo che viene posto a base della vendita. La seconda importante differenza è che qui il creditore è onerato di alcuni adempimenti in più, nel senso che, quando il creditore chiede la vendita, cioè deposita l'istanza di vendita, non deposita una domanda pura, come nella vendita mobiliare in cui chiede la vendita, ma ha un'esigenza, che è disciplinata all'articolo 567cpc, di allegare, di produrre insieme alla sua domanda di vendita una serie di documenti che sono i documenti relativi all'immobile pignorato, cioè i certificati catastali. Su quest'istanza di vendita il giudice, per prima cosa, deve individuare e nominare il soggetto che deve valutare il bene; quando ci sono questi due elementi, quindi il deposito a distanza con tutta la documentazione nonché la nomina e l'avvenuto deposito della relazione da parte di un esperto che attribuisce valore al bene, si può passare alla fase dell'ordinanza con cui il giudice autorizza la vendita del bene pignorato perché a quel punto ci sono, agli atti del procedimento esecutivo, l'esatta individuazione del bene, la sua presumibile stima, la sua valorizzazione stimata che costituisce la base della vendita del bene. Come si vende un bene immobile? Qui la situazione normativa è cambiata nel senso che, dall'inizio del nostro codice fino a un po' di anni fa, la regola era che la vendita sempre con incanto salvo ipotesi residuale in cui poteva essere disposta senza incanto. Quando un po' di anni fa c'è stata una delle tante riforme del codice di procedura civile, la regola è cambiata nel senso che, sempre per cercare di semplificare la procedura e di accelerare i tempi delle esecuzioni immobiliari, si è invertito l'ordine anche nelle esecuzioni immobiliari, cioè il giudice può disporre la vendita senza incanto o può in subordine anche disporla con incanto. Chi può comprare un bene immobile in sede di esecuzione? Chiunque tranne una persona che è il debitore esecutato, il che sul piano del sistema è ovvio: il debitore esecutato è esecutato perché non ha i soldi per adempiere o perché non vuole adempiere, quindi l'esecuzione coattiva è fatta per recuperare il controvalore in denaro per soddisfare la pretesa e c'è una sanzione esecutiva nel senso di colpire quel bene e sottrarlo, espropriarlo, allora è evidente che il debitore non può “ giocare” con l'esecuzione e cioè rendersi di nuovo acquirente lui stesso di quel bene. Questo anche per una ragione di capiremo tra poco, cioè della conseguenza della vendita, ma perché comunque, se il debitore ha delle disponibilità economiche, il suo dovere giuridico è quello di adempiere a un ordine consacrato e contenuto nel titolo esecutivo. Se la vendita avviene senza incanto, significa che non c'è un momento pubblico nel quale i vari concorrenti si trovano tutti insieme per partecipare all'acquisizione; allora senza incanto avviene una vendita che sostanzialmente fissa un termine entro il quale gli eventuali interessati devono formulare le loro offerte consegnando nel luogo e nei tempi fissati un'offerta in busta chiusa. L'esito di questa offerta è però diversa a secondo del contenuto dell'offerta nel senso che, se l'offerta supera il valore stimato dell'immobile, quello che l'esperto ha stimato e che quindi è il valore di base recepito dal giudice, di almeno un quinto, cioè del 20%, l'offerta viene accolta, ovviamente, se ce n'è più di una, la più alta, l'interesse dell’esecuzione sia per i creditori sia per il debitore di realizzare il massimo prezzo. Se l'offerta non è superiore di un quinto, allora il giudice ha due limiti, cioè che non la può accogliere se c'è il dissenso del creditore procedente oppure può comunque non accoglierla se la ritiene insoddisfacente e se ritiene che vi siano ragionevoli, serie possibilità di realizzare un prezzo più alto se si desse luogo ad un incanto. Se in quelle buste ci sono più offerte, più offerenti e quindi se il giudice realizza che c'è l'interesse di più persone su quel bene, allora apre una gara tra gli offerenti che ha a base l'offerta più alta. L'alternativa che ha il giudice è quella di ordinare l'incanto. Si fissa l'incanto, le regole sono quelle già viste, cioè ci sarà un'ordinanza, l'ordinanza ha un contenuto, quindi dirà qual è il prezzo base, qual è il bene venduto, dove si terrà l'incanto, quali saranno le regole dell'incanto, quale sarà l'aumento che dovrà essere fatto in sede di incanto per ogni offerta; anche in questo caso ovviamente la regola è sempre la stessa: tutti possono partecipare tranne il debitore esecutato, quindi la ragione del vincolo della sua non partecipazione è la stessa. Tutti possono partecipare personalmente oppure a mezzo di un procuratore speciale: c'è un unico caso in cui non è così è della partecipazione all'asta di un avvocato che può partecipare per persona da nominare, cioè l'unico soggetto che può partecipare senza dichiarare chi é il concorrente è un avvocato quindi chi incarica l'avvocato di partecipare a quell'asta copre la sua individuazione (fatto che può essere interessante in qualche vicenda per far sì che non sia noto il soggetto che è interessato perché magari non si vuole che sia lui che lo compra per esempio). La dichiarazione di chi è il soggetto deve essere fatta entro tre giorni dal termine della gara, ovviamente se si è vinto, e, se l'avvocato non lo fa, compra in proprio, cioè la conseguenza di questo meccanismo è che, se io sono incaricato di partecipare a un'asta che si tiene oggi e in quell'incanto sono io che mi aggiudico, vinco la gara, quindi sono io che ho fatto l'offerta più alta, io entro i tre giorni da oggi devo dichiarare che ho partecipato per il signor Mario Rossi e che quindi il soggetto che comprerà è Mario Rossi, se non lo faccio, non ha nessun effetto invalidante sulla gara, ma il soggetto tenuto all'acquisto e al pagamento del prezzo rimango io che ho partecipato questa gara. Quando il soggetto in sede di incanto fa l'offerta più alta, vince l'incanto; immaginiamo che il prezzo fosse € 200.000, si realizza l'incanto, ci sono un po' di offerte e il prezzo finale è di € 250.000. Per partecipare alla gara, ritornando un attimo indietro, chi è interessato a partecipare deve versare una somma a titolo di cauzione: l'importo di questa somma è determinato dal giudice nell'ordinanza di fissazione dell'incanto; il giudice la determina liberamente con un unico limite, cioè che non può essere superiore al 10% del prezzo base, quindi nel nostro caso può essere € 10.000, 12.000, 15.000, 18.000, 19.000, 20.000 e non può essere 21.000: se il prezzo base è di 200.000, non può essere superiore al 10%. Questo deposito deve essere fatto dal creditore che è interessato a partecipare all'incanto, è requisito per ammettere il creditore a partecipare alla gara e deve essere fatto entro un termine che il giudice fissa nell'ordinanza con cui dispone la vendita. Immaginiamo che nella nostra gara ci fossero cinque partecipanti, cinque interessati, tutti e cinque hanno versato una cauzione, immaginiamo che fosse il 10%, € 20.000, nella sede della vendita, cioè normalmente Questa nuova fase che si apre richiede però a coloro che vogliono partecipare di integrare la loro cauzione, quindi tutti, aggiudicatario e sconfitti nella prima fase, per partecipare alla seconda integrano la cauzione nel nostro caso da 20 a 40. Se siamo in quest'ipotesi allora, il giudice riapre la gara, che è di nuovo un altro incanto, che avrà come base 300.000 e le regole sono poi le stesse, però con una caratteristica; se questo signore qua che fa l'offerta in aumento di un quinto poi non partecipa alla gara, ha una conseguenza più grave delle altre viste prima: se l'offerente in aumento non partecipa alla gara, perde tutta la cauzione, non come prima che gli viene restituita decurtata. Perché? Perché qua ha giocato col processo (io avevo un provvedimento finale, mi fa riaprire l'esecuzione ecc…) quindi nel nostro caso vorrebbe dire che, se ce n'è uno solo che offre, deposita l'atto scritto con l'offerta in aumento di un quinto, poi non partecipa alla gara, l'esecuzione nel nostro caso diventerà +40, cioè avrà un ricavato distribuibile di 290.000. Immaginiamo invece che non accada tutto questo, quindi siamo fermi alla situazione nella quale io debba pagare € 250.000 come versamento del prezzo e qui ci sono due ipotesi. La prima è che io versi il prezzo e le cose vanno avanti regolarmente, nel termine che mi fissa il giudice io verso il mio prezzo e poi vedremo che cosa accade; la seconda è invece che nel termine che mi fissa il giudice io non verso il prezzo. In questo secondo caso io sono inadempiente, mi si è consacrato in capo una aspettativa-diritto e un obbligo e al mio obbligo non adempio: da ciò consegue che il giudice dichiara la decadenza dell'aggiudicatario dall'aggiudicazione e la perdita della cauzione che lui ha versato a titolo di multa, di sanzione. A quel punto il giudice ricomincia, dovrà di nuovo provvedere con un nuovo incanto, però non è finita qua. Nella nostra ipotesi noi abbiamo un'aggiudicazione a 250.000 che viene caducata, perché quel soggetto inadempiente perde € 20.000, quindi la nuova esecuzione parte da € 20.000, ha all'attivo € 20.000; abbiamo detto che il giudice deve fare un nuovo incanto, tornare indietro e ripartire dall'ordinanza di vendita, immaginiamo che tutto questo avvenga, ma che nel nuovo incanto, per 1000 ragioni (non ci interessano in questo momento), l'incanto si concluda aggiudicando il bene ad un altro a € 200.000; ovviamente chi è decaduto non può più partecipare al nuovo incanto e allora immaginiamo che nel nuovo incanto non si ottengano aumenti, quindi avevo una prima aggiudicazione a 250 e ho una seconda aggiudicazione a 200. Ai creditori sarebbe dovuto andare 250, invece andrà 200 + la cauzione confiscata, quindi 220. Quei 30.000 che avanzano i creditori li perdono? No, l'aggiudicatario decaduto risponde a titolo risarcitorio dell'eventuale differenza esistente tra l'offerta che lui aveva fatto e alla quale si era aggiudicato il bene e quanto esistente nell'esecuzione per soddisfare i creditori. Che cosa accade invece, tornando ad una visione fisiologica della procedura, quando l'aggiudicatario versa il prezzo? Quando l'aggiudicatario versa il prezzo realizza condizione necessaria per diventare acquirente del bene. Come ne diventa acquirente? In base a quali regole? Ne diventa acquirente con un provvedimento del giudice che si chiama decreto di trasferimento. Quindi nella procedura esecutiva immobiliare noi abbiamo un decreto di aggiudicazione e poi il decreto di trasferimento: è con il decreto di trasferimento che l’aggiudicatario diventa proprietario, il decreto di trasferimento è esattamente l'omologo dell'atto di compravendita che facciamo dal notaio, cioè il titolo con il quale diventiamo acquirenti di quel bene, è il titolo che viene trascritto alla conservatoria dei registri immobiliari, è il documento che ci riconosce proprietari quindi se cinque anni dopo vogliamo vendere quell'immobile il documento che ci legittima come venditori è il decreto di trasferimento. Questo decreto ha un effetto e una particolarità in più: non è solo il titolo di proprietà, ma è anche un titolo che ci garantisce una proprietà perfetta, nel senso che il decreto di trasferimento ha un effetto chiamato effetto purgativo; questo effetto è il contenuto di questo decreto perché il giudice ordina la cancellazione delle trascrizioni dei beni e delle iscrizioni pregiudizievoli precedenti. Qui capiamo una serie di cose che abbiamo detto fino ad ora; se io compro quel bene a € 250.000, lo compro libero da qualunque trascrizione e iscrizione che ci fosse prima, allora qui capiamo perché il creditore ipotecario deve essere avvertito che c'è un'esecuzione a cui lui deve partecipare, perché, se non partecipa, quando si arriva al decreto di trasferimento, la sua ipoteca non vale più nulla, è cancellata, se ha partecipato perché verrà pagato, se non ha partecipato ha perso la sua ipoteca: tutti coloro che hanno un titolo di trascrizione, al momento del decreto di trasferimento, perdono il titolo che era trascritto, perché chi compra, compra libero da precedenti iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli. Quindi chi compra in una sede di questo genere, cioè quella esecutiva, sa che compra con tranquillità, perché sa che non c'è nulla che gli possa essere opposto perché c'è il pignoramento che ha reso insensibile l'atto, questo è un atto della procedura iniziata col pignoramento e quindi tutto ciò che è avvenuto prima del pignoramento viene cancellato per effetto del decreto di trasferimento, ciò che è dopo il pignoramento non gli è opponibile perché non è opponibile alla procedura esecutiva. Il decreto di trasferimento è anche il titolo esecutivo per ottenere la consegna dell'immobile perché nel decreto di trasferimento è contenuto l'ordine al debitore, ovvero a un custode, di rilasciare l'immobile a mani del soggetto che l'ha acquistato; quindi se l'immobile è l'immobile nel quale il debitore abita, pendente l'esecuzione continua ad abitarci, ma al momento del decreto di trasferimento quel decreto è il titolo esecutivo che legittima il creditore procedente a promuovere un'azione (che più avanti vedremo) che è il rilascio dell'immobile e cioè a buttarlo fuori, detto volgarmente, di casa. Nell'ambito dell'esecuzione per espropriazione abbiamo ancora due argomenti da affrontare, cioè due diversi modelli di esecuzione per espropriazione che si caratterizzano per essere non più la tradizionale esecuzione contro il debitore ma si complicano per diverse particolarità fattuali, cioè della situazione sulla quale si deve incidere. La prima delle due è l'esecuzione contro il terzo proprietario. Da questa definizione si può ricavare che questa esecuzione è indirizzata contro questo terzo, quindi il soggetto esecutato è anche, per ora, il terzo, mentre nell'altra esecuzione di cui abbiamo parlato il soggetto esecutato è il debitore che, per le ragioni che abbiamo visto, vede coinvolto un terzo perché detiene beni del debitore o è il debitore del debitore, ma quel terzo la non c'entra nulla, è estraneo all'esecuzione; qui invece il terzo è coinvolto nell'esecuzione contro il debitore, quindi diventa un'esecuzione che è indirizzata anche contro questo terzo. Perché l'esecuzione contro Rossi vede coinvolto come soggetto esecutato il signor Bianchi? Il rapporto è Rossi con il suo creditore, il titolo esecutivo è del creditore contro Rossi, come mai coinvolgiamo il terzo? È una regola generale o riguarda l'ipotesi specifiche quella di coinvolgere come soggetto passivo un terzo? Ovviamente non è una regola generale, consegue per definizione il fatto di chiedere l'adempimento di un obbligo che fa capo al debitore a un terzo e quindi l'ipotesi nella quale colpiamo, aggrediamo un terzo sono ipotesi specifiche. Le ipotesi nelle quali ciò può avvenire sono sostanzialmente due. La prima ipotesi è quando il bene del terzo è gravato da un diritto reale di garanzia, cioè pegno o ipoteca, a favore di un debito altrui; la seconda è l'ipotesi in cui l'alienazione, l'atto di acquisto del bene fra il debitore e il terzo venga meno per effetto di una domanda revocatoria, di revocazione ordinaria, articolo 2901cc, accolta. Nella prima ipotesi si verifica evidentemente una scissione tra la responsabilità e il debito: il debito rimane in capo al soggetto debitore ma, per vicenda pattizia, negoziale, di quel bene la responsabilità, cioè la garanzia viene assunta da un terzo; quindi assistiamo a questa particolare scissione tra la posizione debitoria pura e la responsabilità patrimoniale di adempimento di quella responsabilità che viene assunta da un soggetto terzo. Questa situazione si può verificare in due modi, diciamo originario e sopravvenuto. Il primo è il modo in cui ab origine il rapporto sorga in questo modo, per esempio andiamo in banca, chiediamo un finanziamento perché vogliamo aprire una nostra attività, abbiamo poco più di vent'anni, non abbiamo un patrimonio della banca ci dice che ci dà il finanziamento ma nostro padre deve dare una garanzia, un'ipoteca sulla sua casa: ab origine il rapporto nasce come un rapporto di debito nostro verso la Banca per il finanziamento che ci viene concesso, ma che fin dall'origine sorge con a lato la garanzia reale rilasciata da nostro padre, quindi sin dall'origine abbiamo la scissione tra responsabilità e debito. Il secondo modo è che questa scissione si possa realizzare durante il rapporto, per esempio chiediamo il finanziamento e diamo ipoteca sulla casa, dopo di che per mille ragioni vediamo la casa d'un terzo, il debito ci rimane se non lo trasferiamo, ma per trasferire un debito ci va il consenso del creditore, ma se non c'è il trasferimento accade che ci rimane il debito e il bene con cui si garantiva l'adempimento alla restituzione di quel debito passa ad un terzo e quindi abbiamo di nuovo una scissione successiva tra responsabilità e debito. In questa ipotesi accade che è evidente che, se poi il debitore, sia nell'una che nell'altra ipotesi, non adempia alla sua obbligazione, il creditore si trova in una situazione nella quale ha due soggetti nei confronti dei quali rivolge le sue pretese, perché ovviamente potrà chiedere il pagamento e quindi fare tutte le iniziative che abbiamo visto quindi da chiedere la condanna al pagamento a poi eseguire il titolo della condanna contro il suo debitore, ma potrà anche utilizzare quella garanzia che ha avuto e che vedrà coinvolto il terzo che ha dall'origine dato la garanzia ipotecaria sul proprio bene. L'altra, la seconda, ipotesi prevista nella quale si può coinvolgere il terzo è un'ipotesi diversa, è un'ipotesi chiamiamola patologica rispetto alla situazione, cioè l'ipotesi nella quale si è avuta una violazione delle regole per cui il debitore ha alienato un proprio bene a un terzo; c'è una norma, l'articolo 2901cc, che prevede la possibilità di agire in revocatoria, cosiddetta ordinaria, nei confronti degli atti di alienazione compiuti dal debitore quando questi atti di alienazione siano caratterizzati dalla sussistenza dei requisiti del eventus damni e del consilium fraudis: se ci sono questi presupposti, il creditore può agire con l'azione revocatoria, se rientra in quei mezzi cosiddetti di conservazione della garanzia patrimoniale, per far sì che l'atto con cui il debitore si è spogliato alienando il proprio bene e si ritiene che quindi sia stato fatto ledendo quell'obbligo di garanzia patrimoniale del debitore venga meno e sia considerato, e questo è l'effetto della revocatoria ordinaria, come un atto inefficace, atto cioè valido tra debitore e terzo acquirente, atto che però è come se non ci fosse, come se non fosse stato compiuto nei confronti di quel creditore o di quei creditori che agiscono in sede di revocatoria. Allora il creditore che ha esperito con successo l'azione revocatoria ordinaria può comportarsi come se quel bene fosse ancora del suo debitore; la conseguenza della revocatoria ordinaria allora è che, per quel creditore procedente, può rivolgersi anche in via esecutiva contro il terzo che ha la titolarità del bene, perché per lui il bene è come se fosse ancora del debitore. Allora in quest'ipotesi noi siamo di fronte ad una situazione nella quale l'azione esecutiva non è più rivolta solo contro il debitore, ma è contro il terzo perché attacca, aggredisce un bene che è nel patrimonio del terzo, non è un bene nel quale un terzo abbia la detenzione a qualche titolo, il possesso o qualunque altra vicenda, ma è un bene del quale il terzo è proprietario, fa parte del suo patrimonio. In questo modello espropriativo il terzo è esecutato, quindi è nell'identica posizione nella quale si trova il debitore esecutato; se quindi il debitore esecutato ha qualche diritto, qualche facoltà all'interno del processo, quello stesso diritto, quella stessa facoltà va riconosciuta al terzo esecutato; se il debitore deve essere sentito nel processo esecutivo, il terzo deve essere sentito nello stesso modo, alle stesse condizioni, nelle stesse occasioni, perché è nella sostanziale identica posizione del debitore esecutato. Allora questo ci consente di dire un'altra cosa e cioè che in questa esecuzione gli atti prodromici, vale a dire notifica del titolo esecutivo e notifica dell'atto di precetto, vanno notificati anche al terzo, perché qui non è più come nell'esecuzione presso il terzo in cui non aveva senso un'intimazione ad adempiere ad un terzo che non c'entrava nulla, che era estraneo o che solo deteneva il quadro o aveva un debito, ma intimi di adempiere al terzo perché se non puoi aggredisce il suo patrimonio, i suoi beni; quindi l'intimazione ad adempiere cioè il precetto occorre arricchirlo con l'indicazione del bene del terzo che si vuole espropriare in modo da avvertire il terzo, che si vede giungere il precetto, del perché gli arriva il precetto, del fatto che si vuole aggredire il bene che lui ha nel suo patrimonio e che ha acquisito. Qua si crea poi una situazione particolare nel senso che abbiamo un'evidente ipotesi di possibile concorso e conflitto tra creditori diversi. Immaginiamo che il debitore Bianchi abbia un bene, però questo bene non è sufficiente, non basta e quindi viene aggredito anche il terzo o comunque Bianchi non viene aggredito; il bene colpito è il bene del terzo che può essere aggredito da iniziativa del creditore, ma può essere che il signor Rossi abbia dei suoi debiti. Come regoliamo la situazione tra i creditori che agiscono contro il terzo proprietario e i creditori del terzo, quelli suoi propri? Concorrono o concorrono in modo diverso tra di loro su quel bene? Incominciamo a dire che ovviamente questo bene qui non c'entra, è un bene del terzo che, quale debitore, è destinato a garantire i suoi creditori, quindi su questo bene qua, che possiamo chiamare il bene A, si soddisfano i creditori di Rossi; i creditori di Bianchi sul bene A non c'entrano nulla, loro non sono creditori di Bianchi, ma sono creditori in via eccezionale di Bianchi e quindi questa natura eccezionale del loro rapporto fa sì che sia vincolato al bene che in via eccezionale loro possono aggredire, quindi i creditori lo si soddisfano solo su quest'altro bene. Sul bene B invece come funziona la regola? È complicato, perché si cumulano più regole tra di loro. In via generale il bene B è destinato al soddisfacimento dei creditori di Bianchi e poi dei creditori di Rossi, ma non è detto che sia così, è un principio che possiamo darci per capire, Se non è così, e normalmente non è così, si procede a divisione e qui nasce il problema. Che cosa significa procedere a divisione? Innanzitutto crea un problema nel processo perché significa che il processo di esecuzione rimane sospeso fino a che non si concluderà il giudizio di divisione e quindi non c'è dubbio che in questo caso la prima conseguenza oggettiva, non giuridica, ma fattuale, importante è che l'esecuzione allunga i suoi tempi moltissimo, perché l'esecuzione a quel punto si sospende e a quel punto occorre dar corso a un giudizio ordinario che abbia ad oggetto la divisione del bene in comune: solo quando si arriverà alla sentenza che decide della divisione, si potrà far ripartire, a ricominciare il processo esecutivo. Poi in realtà c'è un secondo problema che è quello più delicato, secondo il quale occorre affrontare il tema del bene. Per esempio se la nonna ci lascia una casetta, se è fatta a piani, si può fare la divisione, quindi A prenderà il piano 1 e B prenderà il piano 2, poi non è detto che la comunione riguardi un singolo bene, ma può avere ad oggetto più beni, allora, se la nonna ci ha lasciato due beni, uno lo prenderà A l'altro lo prenderà B e la divisione probabilmente porterà a dire che A prendere un bene, B prende l'altro e forse ci saranno dei conguagli. Il problema sta se la nonna ci ha lasciato un alloggio: non è divisibile, perché non è che uno si prende la cucina e un altro la camera da letto, non è divisibile in natura il bene. Allora, quando il bene non è divisibile in natura, c'è il punto di scontro e di scelta tra i due valori che abbiamo visto all'inizio: prevale il terzo comproprietario che ha la sua quota ideale sul bene e vuole tenerselo o la posizione del creditore procedente che vuole trovare soddisfazione economica al suo credito verso il condebitore inadempiente? Se il bene non è utilmente divisibile, l'unica soluzione possibile è che lo si vende tutto, cioè c'è una compressione del diritto del comproprietario rispetto alla pretesa del creditore di avere l'adempimento coattivo del proprio diritto. Ma il terzo che è comproprietario in che modo viene tutelato? Attraverso l'osservazione, il ragionamento che a quel punto si converte il suo diritto di proprietà sulla quota indivisa del bene, sul diritto di proprietà esclusiva, nel nostro esempio sul 50% del ricavato in sede di esecuzione, cioè, di fronte alla situazione nella quale noi abbiamo un creditore, che vanta un credito che chi aggredisce quel bene e che quindi vuole avere la sua soddisfazione esecutiva su quel bene, e un terzo comproprietario coinvolto in quella situazione della quale nulla sa ma che, per casualità o sventura, è comproprietario su un bene che non è separabile in natura, non è divisibile, non è vendibile la quota che non c'è un'altra soluzione, c'è solo quel bene e di quel bene bisogna trovare una soluzione, il bene intero viene venduto (perché abbiamo già detto che non è vendibile a pezzi o in quote ideale); se questo bene ricava 1000, questo 1000 è il ricavato di un bene costruito in due parti: 500 vanno ad A e 500 vanno a B. Il nostro terzo comproprietario coinvolto vede convertito il suo diritto di comproprietà pro indiviso sul bene in un diritto di proprietà esclusiva sul controvalore ricavato dall'alienazione di quel bene, quindi, da un punto di vista astrattamente patrimoniale, il terzo comproprietario non subisce un decremento, per esempio aveva la comproprietà di un alloggio che valeva 1000, oggi ha 500 tutti i suoi, l'equivalente economico di quel bene che aveva in comproprietà e in questo modo il residuo di 500, che era del comproprietario debitore esecutato, viene utilizzato e destinato alla soddisfazione dei suoi creditori. È un ragionevole compromesso, punto di equilibrio tra le due situazioni che dovevano essere tutelate: B avrà i suoi soldi e si andrà a comprare un alloggio tutto suo che sarà pagabile con 500 e che, in un mondo perfetto, sarà la metà di quello che gli è stato sottratto e quindi sostanzialmente non ha un decremento perché ha un valore patrimoniale identico. Abbiamo ancora due modelli esecutivi da vedere: l'esecuzione per consegne e per rilascio e l'esecuzione degli obblighi di fare e di non fare. Si tratta di espropriazioni, come dice la definizione, che non hanno ad oggetto la pretesa esecutiva del creditore di ottenere il pagamento di una somma di denaro in adempimento di un obbligo, ma parliamo di diritti diversi, quindi non al pagamento ma all'esecuzione, alla consegna o al rilascio ovvero a obblighi di natura ancora diversa, cioè il fare o il non fare, cioè tenere un certo comportamento oppure tenere un comportamento negativo e non quello positivo. Quando si parla di esecuzione per consegna o per rilascio? Che differenza c'è? La differenza è molto banale. Si parla di situazioni nelle quali il creditore ha diritto ad ottenere la disponibilità di un bene che lui non ha: la consegna riguarda i beni mobili, il rilascio riguarda i beni immobili. La ragione ovvia, cioè che il bene mobile può essere consegnato fisicamente, l'immobile è immobile e quindi viene rilasciato perché rimane nel posto dov'è. Siamo allora nelle situazioni nelle quali si ha un creditore che ha diritto di riavere un certo bene, per esempio litighiamo con nostro fratello sull'eredità della nonna, nostro fratello ha lui il vecchio anello della nonna, non ce lo ridà e facciamo una causa per riavere quel bene; se vinciamo abbiamo un titolo che ci consacra aventi diritto ad avere quel bene e per metterlo in esecuzione facciamo l'esecuzione per consegna. L'esecuzione per rilascio è quella più comune di tutti perché riguarda il rilascio degli immobili, quella che sul giornale viene riportata come sfratto; il rilascio di un bene immobile non è comunque solo lo sfratto, che è la conseguenza di un contratto di locazione, ma si può verificare anche in sede di divisione, per esempio se nostro fratello si è tenuto interamente la nostra casa, noi facciamo la causa perché, invece dell'assegnazione dei beni ereditari, dobbiamo ottenere la disponibilità di quel bene. Questo modello di espropriazione è un modello che per sua natura è molto più semplice perché non abbiamo tutto quel necessario iter procedimentale che nelle esecuzioni per espropriazione impone il dover vincolare un bene al pignoramento, scegliere il bene, decidere se, come e in che modo venderlo, quanto vale, fare la procedura e quant'altro; qui il modello è più semplice perché dobbiamo semplicemente individuare il bene e consegnarlo al creditore procedente o fare in modo che il creditore procedente ne possa prendere possesso liberamente e, ove sia un immobile, libero. Se prendiamo gli articoli 605cpc e seguenti, vedremo che per esempio l'esecuzione per consegna è disciplinata in un articolo più un riferimento in quello precedente. La prima connotazione da sottolineare è che nell'atto di precetto bisogna individuare il bene, bisogna descrivere il bene: se noi intimiamo di adempiere ad un debitore la consegna di qualche cosa o il rilascio di un immobile, in un'intimazione ad adempiere dobbiamo dirgli qual è il bene che vogliamo e sommariamente descriverlo o qual è l'immobile che egli deve rilasciare. Se parliamo di un'esecuzione per consegna, che è quella più semplice perché è un bene mobile, l'esecuzione avviene sostanzialmente in un unico atto: portiamo all'ufficiale giudiziario titolo esecutivo e precetto e l'ufficiale giudiziario, avuti questi atti, si reca presso il debitore, prende il bene e ce lo consegna e così si conclude l'esecuzione per consegna. Di tutto ciò darà atto in un verbale che redigerà ad esecuzione avvenuta, non c'è bisogno di altro; l'ufficiale giudiziario è un pubblico ufficiale e si può far assistere dalla forza pubblica, una volta che ottiene il bene ce lo consegna, noi abbiamo raggiunto il nostro fine cioè quello di ottenere la disponibilità del bene e non c'è bisogno di null’altro. Immaginiamo che l'ufficiale giudiziario arrivi a casa dell’esecutato, nel nostro esempio nostro fratello, il quale dice il quadro è quello li ma le dico solo che 10 giorni fa è arrivato un suo collega che l'ha pignorato. Qui abbiamo un conflitto tra due pretese esecutive, quella di un signore qualunque che nessuno conosce che per il suo credito munito di titolo esecutivo ha avviato un pignoramento e quindi un'esecuzione mobiliare contro il debitore, è arrivato a casa di nostro fratello, c'era quel quadro e l'ufficiale giudiziario ha pignorato quel quadro legittimamente perché era all'interno dell'abitazione, quindi del domicilio, in luogo appartenente al debitore; sette giorni dopo arriva l'altro ufficiale giudiziario col nostro titolo esecutivo che è una sentenza che riconosce che il quadro non è di nostro fratello ma nostro, quindi abbiamo un conflitto tra due posizioni creditorie, tra due titoli esecutivi che in astratto non confliggono, ma confliggono nella loro esecuzione concreta. In questo caso il nostro ufficiale giudiziario prende atto, da atto nel verbale che il bene è pignorato e si astiene dall'eseguire l'esecuzione per consegna. Ci informa di quello che è accaduto, ci rimette, ci riconsegna gli atti e toccherà a noi reagire (la reazione è l'opposizione di terzo all'esecuzione, che poi vedremo); d'altronde non è altro che la conseguenza, una delle conseguenze di quello che abbiamo sempre detto, cioè che in realtà noi abbiamo un'esecuzione dove l'oggetto del processo esecutivo può essere più ampio dell'oggetto della responsabilità patrimoniale, secondo la quale, secondo l'articolo 2740cc, il debitore risponde con i suoi beni ma, secondo le regole dell'esecuzione, in realtà il debitore risponde con i suoi beni più alcuni e quegli alcuni sono il bene revocato ai sensi dell'articolo 2901 aggredibile con l'opposizione contro il terzo, le altre ipotesi ma tra queste ci sono i beni di terzi che si trovano presso il debitore e che vengano aggrediti dal creditore procedente e quindi colpiti col pignoramento. Abbiamo sempre detto che l'esecuzione che colpisce un bene altrui ma che è presso il debitore è valida, legittima, pienamente efficace e non ha conseguenze perché i mezzi di tutela sono lasciati al terzo; per esempio il creditore che ha promosso l'espropriazione ha colpito il bene che era legittimamente presso il debitore così come nel nostro esempio siamo andati da nostro fratello, ci siamo dimenticati l'anello di fidanzamento e ce l'hanno pignorato, quindi l'ufficiale giudiziario che arriva per avere la consegna del bene non può perché andrebbe in violazione di quel divieto di sottrarre i beni alla garanzia del creditore che è insito nel pignoramento, quindi confligge il suo dovere di aver la consegna con il dovere di astenersi da qualsiasi condotta, qualsiasi atto che sottrae il bene alla garanzia. Quindi accade che si astiene, ci informa, il bene rimane indisponibile, quindi dal nostro punto di vista il bene non è sottratto perché vincolato dal pignoramento e rimette a noi la decisione se e in che modo reagire a quel pignoramento che ha colpito un bene che ci appartiene. Se invece parliamo di un'esecuzione per rilascio, la situazione si complica un po'; è sempre un'esecuzione molto semplice, almeno quella del codice, ma poi in realtà è un po' più complicata di quella per consegna, perché è più complicata anche già solo la materiale esecuzione del provvedimento perché se arrivo e devo liberare l'immobile la cosa è più complicata. La prima cosa che accade dopo aver notificato titolo esecutivo e precetto, cioè l'atto di inizio, è l'avviso che l'ufficiale giudiziario notifica al soggetto tenuto al rilascio indicandogli la data, cioè giorno e ora, nella quale procederà al rilascio; questo avviso va notificato al soggetto interessato almeno 10 giorni prima della data indicata. Secondo la previsione del codice, nel giorno dell'ora indicata l'ufficiale giudiziario si presenta, se è il caso assistito dalla forza pubblica, e immette il creditore, il titolare nella disponibilità del bene e quindi sostanzialmente mette fuori fisicamente chi è dentro l'immobile; questo è quello che dice il codice, ma in realtà le cose non vanno così, ma noi non ci complichiamo la vita. Diciamo che l'esecuzione per consegna o per rilascio tutta qui è; quella per rilascio così è ed è così sostanzialmente semplice ogni qualvolta il rilascio dipenda da un titolo diverso dal contratto di locazione abitativo; si complica, in via di fatto o in via di norma specifica che disciplina temporalmente quella situazione, ogni qualvolta si parli di rilascio di immobili ad uso abitativo vero, cioè ad uso abitativo residenziale, non uso abitativo vacanziero o come seconda casa. Per quanto riguarda l'esecuzione degli obblighi di fare o di non fare, diciamo che è uno degli argomenti più discussi ed è stato soggetto di modifica nel nostro codice intervenuta un anno e mezzo fa. Qui parliamo dell'esecuzione di provvedimenti di condanna con i quali si ordina ad un soggetto di tenere un certo comportamento o di non tenere un certo comportamento; si tratta quindi di obblighi per loro natura indeterminati, sono molteplici le situazioni nelle quali possiamo avere ipotesi di questo genere, possiamo pensare a tutto, storicamente possiamo pensare ai diritti reali, per esempio alle servitù (non posso costruire più in alto di tanto oppure non posso costruire in aderenza al muro), al diritto industriale o al diritto commerciale, per esempio le violazioni degli obblighi di concorrenza leale (non puoi mettere sul mercato le borse di Louis Vitton contraffatte), al diritto di famiglia, per esempio sono papà di un bambino di mia moglie non me lo fa vedere. Ovviamente sono tutte situazioni diverse, che hanno un problema e quindi necessitano di una soluzione, cioè quella che l'esecuzione non può essere così semplice, non è così semplice, cioè a notifica di titolo esecutivo e di precetto, non si può passare immediatamente ad un'iniziativa dell'ufficiale giudiziario perché occorre capire come eseguire quell'ordine; questo modello esecutivo allora si complica perché passa attraverso la necessità di presentare un ricorso al giudice dell'esecuzione, un ricorso che serve per determinare le modalità con cui eseguire. Questo però non è ancora risolutivo perché in realtà c'è a monte un altro problema e cioè l'obbligo che io voglio adempiuto è fungibile? Non è detto che sia fungibile, immaginiamo per esempio di avere un contatto con un famoso scrittore che si è impegnato a consegnarci il suo prossimo libro il 31 dicembre 2010, non lo fa, noi otteniamo una condanna per questa condanna è coercibile? Come facciamo ad obbligare il famoso scrittore a scrivere il libro? Non è una prestazione fungibile. Intanto c'è il problema di chiedersi il giudice che cosa fa in questo caso e come si comporta a seconda della fungibilità o infungibilità del relativo obbligo da attuare ed è qua che c'è la novità perché, dopo l’esecuzione degli obblighi di fare o di non fare? Problema delicato non solo sul piano teorico della discussione su quale è il sistema esecutivo migliore, ma anche sul piano pratico nel senso di quale è il sistema preferibilmente utilizzabile rispetto ai valori in gioco e rispetto anche alla utilità pratica (cioè al fatto di poter ottenere il bambino in visita ogni 15 gg). Dopo lunga discussione quello che oggi si ritiene giusto è l’esecuzione di obblighi di fare o di non fare e non quello di consegna, diciamo, del bene mobile bambino. L’altro grande problema di questo modello esecutivo è che qua si parla di violazione di obblighi di fare o di non fare, problema di natura sostanziale che si riversa inevitabilmente, come sempre accade, sul processo: la distinzione tra obblighi di fare fungibili e obblighi di fare non fungibili. E’ evidente che questo modello di esecuzione è adattabile, utilizzabile rispetto ad un obbligo di fare o non fare fungibile, la cui esecuzione possa essere parte di attuativa attraverso coadiutori di un ufficiale giudiziario; se pensiamo ad abbattere un muro o elevare un muro che non c’era, è un obbligo pacificamente fungibile, se non lo fa il soggetto obbligato lo farà un muratore nominato dal giudice in aiuto all’ufficiale giudiziario. Abbiamo una serie di obblighi che invece non sono fungibili attraverso chiunque e quindi l’obbligazione viene ad essere difficilmente adempibile se non dal soggetto che era tenuto a tale adempimento e non è quindi surrogabile il suo adempimento attraverso qualcun altro. Riguardo ciò c’è stata una grande discussione che per noi era un grande problema sostanzialmente irrisolto perchè nel nostro ordinamento non esistevano dei provvedimenti cosiddetti convulsivi; molti altri ordinamenti hanno all’interno del sistema una facoltà, un dovere, una possibilità, a seconda dell’ordinamento, in capo al giudice di emanare dei provvedimenti “correlati”(termine improprio) che hanno la finalità di forzare, spingere, indurre il soggetto obbligato all’adempimento. Sono quelli di cui abbiamo parlato nella prima lezione cioè i modelli di esecuzione indiretta, non dei modelli che servono ad eseguire esattamente quella prestazione, ma dei modelli che servono ad indurre il soggetto obbligato sotto minaccia di conseguenze, sanzioni ad adempiere a quel provvedimento; a grandi linee questi modelli si dividono in due categorie: modelli in cui la sanzione prevista è una sanzione di natura anche penale, modelli tendenzialmente anglosassoni (common law), e modelli nei quali la sanzione è di natura civile, modelli tendenzialmente europei continentali che vanno genericamente sotto il nome di astrent (è sbagliato perché in realtà i modelli sono 2, uno è quello francese, che c‘è in belgio, e poi c’è un modello tedesco). Questo modello, cioè quello che porta all’irrogazione di sanzioni, si divide poi in 2 submodelli rispetto al soggetto beneficiario della sanzione, perché anche qua, almeno astrattamente, ci sono 2 valori che possiamo mettere in gioco. La prima disciplina è quella di prevedere che la sanzione sia devoluta allo stato, o comunque ad un ente terzo; il valore sottostante ad una scelta di questo genere è che qua siamo di fronte all’inadempimento di un soggetto nei confronti di un ordine dello stato (la sentenza di condanna o il provvedimento di condanna), quindi la violazione dell’obbligato è nei confronti del provvedimento giurisdizionale, quindi è una condotta lesiva di un valore pubblico, collettivo e di discredito rispetto all’autorità giurisdizionale, che vede il proprio ordine emanato alla fine di un lungo e costoso procedimento messo in un cassetto e con l’obbligato che se ne frega del suo dovere di adempiere, quindi la sanzione derivante viene ad essere devoluta allo stato o all’organo demandato. Il secondo sub modello è quello in cui la sanzione è devoluta al creditore, nel senso di ritenere che il perseverare nell’inadempimento è in realtà una situazione che è generatrice di un “danno”, di una lesione del diritto del creditore che ha fatto il suo procedimento, ha ottenuto il suo provvedimento e continua a vederlo inadempiuto e continua ad essere in una situazione di lesione del suo diritto soggettivo consacrato nel provvedimento, e quindi continuare a non adempiere a quel provvedimento genera una situazione lesiva del suo diritto e quindi questa somma viene a lui devoluta. Quindi si tratta di due visioni diverse, ma entrambe con una natura da un lato risarcitoria, in senso molto lato, verso lo stato o verso il soggetto e certamente compulsiva nei confronti del soggetto obbligato al quale sostanzialmente si dice che se continua a non adempiere questo suo constante perseveranto inadempimento ha anche altre conseguenze. Questa scelta ordinamentale di prevedere questo modello è una scelta che ha sia grandi vantaggi e qualche svantaggio evidentemente. Il vantaggio ovvio di questo modello esecutivo è che si applica a qualunque esecuzione, nulla impedirebbe di prevederlo anche in sede espropriativa (se ti ordino di pagare 10.000 euro nel provvedimento di condanna e continui a non pagarlo nulla vieterebbe di costruire a seconda del valore che vogliamo tutelare anche in quel modello un provvedimento di condanna di questo genere). Dall’altro è evidentemente un provvedimento di condanna che soprattutto nella visione europea, cioè sanzionatoria sul piano civile, ha un suo valore deterrente in un necessario rapporto tra la somma a cui si viene condannati e la propria capacità di pagare (se mi condannano a 1 milione di euro al giorno francamente me ne disinteresso perché non li avrò mai, tanto non c’è più la prigione per debiti; se invece sono condannato a 100 euro al giorno forse mi preoccupo perchè 3000 euro al mese sono una somma in cui posso essere tenuto responsabile). Certo è che un meccanismo compulsivo di questo genere è utile ed era da molto tempo invocato nel nostro ordinamento proprio in riferimento alle obbligazioni di fare o di non fare, e soprattutto con riferimento alle obbligazioni di fare o di non fare quando l’obbligo sia infungibile, altrimenti ci troviamo in una situazione in cui la forzata, coattiva esecuzione di un provvedimento di condanna è una speranza, perché non è materialmente poi attuabile. In questa situazione sinteticamente riassunta, nel giugno del 2009, quando c’è stata l’ennesima mini riforma del codice di procedura civile, è stato introdotto il 614 bis. Il 614 bis è una piccola introduzione, poi anche assai problematica per come è stato scritto, di un provvedimento di condanna accessorio di natura vagamente francese, vagamente astrent. Le scelte del legislatore sono state duplici. La prima è stata, rispetto ai vari modelli, la scelta di un modello di natura europea, con sanzioni compulsive di natura civile e non penale (noi d’altronde non conosciamo questa figura, che più o meno conosciamo tutti perché c’è un telefilm su rai 2, dell’oltraggio alla corte che è tipico del procedimento inglese e americano. La seconda scelta che è stata fatta è che il destinatario della somma che potrà essere dovuta dal soggetto obbligato è il creditore procedente, non come in alcuni ordinamenti europei, soggetto terzo, lo stato, quindi il valore posto a base della norma e tutelato non è il valore ordinamentale di vedere disatteso un proprio ordine ma il valore del soggetto creditore titolare del diritto consacrato e che si vede non eseguito quanto ordinato nel provvedimento di condanna. Il primo problema che pone questa norma (ne pone più di uno) ma, se prendiamo il 614bis, ha una rubrica che è così: attuazione di fare infungibile e di non fare. Sappiamo che la rubrica non è la norma e cioè ha una valenza indicativa dell’interpretazione della norma, ma non è sulla rubrica che si interpreta; diciamo questo perché nella norma di obblighi di fare infungibile non si parla più, quindi il primo grande problema è che poi questo 614bis si applichi a tutti gli obblighi di fare o non fare o solo a quelli di natura infungibile. La norma è del 2009, e quindi una soluzione non vi è, ma possiamo dire che il problema è dibattuto e che l’orientamento al momento più o meno prevalente è che comunque sia riferibile ai soli obblighi di fare infungibile, ma può essere che tra qualche anno la cosa sia contraria. C’è una prima vera caratteristica curiosa di questo provvedimento: questa ipotesi di comminare una sanzione per l’inadempimento dell’obbligo è contenuta nel 614 bis, quindi da soli sappiamo che sta all’interno delle norme sulla esecuzione (titolo quarto si parla dell’esecuzione forzata degli obblighi di far o non fare, ma da delle norme sull’esecuzione), quindi sarebbe ragionevole pensare che è una norma che si attua in sede esecutiva e che quindi in qualche modo, con qualche regola, sia una norma che andiamo a chiedere di applicare al giudice dell’esecuzione, ma non è così, perché, con una scelta quantomeno un po’ originale, la norma è chiara, e su questo nessuno ha un dubbio, perché la norma così inizia: “con il provvedimento di condanna il giudice” e poi va avanti; questo vuol dire che è una domanda che va rivolta al giudice del merito, quindi è una domanda che curiosamente deve essere presentata nel corso del giudizio nel quale si discute se esista o non esista l’obbligo di fare o di non fare. E’ quindi una domanda che va presentata con le regole del giudizio ordinario a quel punto o del giudizio nel quale si discute di quel provvedimento, il che significa dei tempi e con i modi ossia con le regole preclusive di quel giudizio; una domanda che dobbiamo andare a presentare quando ancora non sappiamo se saremo i titolari, lo sosteniamo ma la pronuncia non c’è ancora, quindi in quel momento dobbiamo già chiedere formalmente la domanda che in conseguenza, se accolta la domanda principale che consacra l’obbligo di fare o non fare, ci sia anche la domanda di condanna ai sensi del 614 bis nelle modalità che adesso vedremo. Questa è la prima grande curiosità della scelta del nostro legislatore, non è una scelta in cui, come ragionevolmente ci si attendeva, ci fosse il provvedimento di condanna, di fronte all'inadempimento del provvedimento di condanna, cioè alla necessità di dare corso all'esecuzione forzata, si andasse dal giudice e gli si dicesse che quello è il provvedimento, non è adempiuto, ti chiedo di provvedere all'esecuzione, in quest'ambito provvedi anche sul 614bis, con una scelta curiosa, originale (non del tutto, ma un po' in linea con gli altri ordinamenti europei dove la situazione è un po' più diversa perché in quegli ordinamenti è vero che è il giudice del merito che la commina, ma sono diversi presupposti, cioè sono poteri più vasti del giudice del merito, poteri che può applicare in via molto più discrezionale, ovvero può applicare qualunque tipo di procedimento, ovvero il giudice lo pronuncia persino d'ufficio). Nel nostro ordinamento ciò funziona con una domanda di parte, quindi ne più ne meno con le regole di qualunque altra domanda, che va proposta nell'ordinario giudizio di cognizione. Allora su richiesta di parte, quindi su domanda, il giudice fissa una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento; violazione o inosservanza successiva concerne una condotta attiva, per esempio siamo condannati ad astenerci da compiere atti di concorrenza sleale individuati nel porre in vendita il cappotto rosso sul mercato di Alessandria, per ogni condotta successiva in cui continui a mettere sul mercato di Alessandria il cappotto rosso, € 100 per ogni cappotto o per ogni giorno o per ogni violazione, dipende da come è la sanzione, ovvero per ogni ritardo nell'adempimento quando invece devi tenere una condotta in cui devi fare qualcosa e continui a non farla. Qual è l'importo che il giudice deve irrogare? Qui la norma è un po' particolare perché da dei criteri ma poi da un principio generale che non è di grande chiarezza. Quali sono questi criteri? Il secondo comma di questo 614bis ci dice che il giudice deve determinare l'ammontare della somma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato prevedibile e di ogni altra circostanza utile. Quindi in sostanza ci dice che è un amplissimo potere discrezionale del giudice la determinazione del quantum di questa somma e anche della modalità sanzionatoria, nel senso che è rimesso al giudice decidere una somma per ogni violazione, per ogni giorno, per ogni settimana, per ogni mese e il giudice la decide nel concorso di tutti questi elementi previsti da questo articolo, cioè valore della controversia, perché è l'importanza della controversia, natura della prestazione, danno prevedibile, cioè quanto il ritardo o il continuare la condotta vietata possa essere lesivo per il creditore. Con l'utilizzazione di tutti questi criteri c'è una parziale comprensione della ragionevolezza del fatto che sia il giudice del merito, perché è il giudice di merito che a quel punto, facendo la valutazione globale, complessiva della controversia e pronunciando la sentenza di condanna, ha davanti a sé tutti questi elementi che sta decidendo per valutare l'importanza della prestazione, il valore, la natura, che tipo di prestazione, quant'è il possibile danno, perché se ne sarà già discusso evidentemente in quel giudizio della condotta tenuta da questo soggetto. Dov'è che però poi c'è una clausola? Se torniamo all'inizio di questo 614 bis, la norma dice salvo che ciò sia manifestamente iniquo. Cosa vuol dire ciò? Che cos'è che è iniquo? L'irrogazione della sanzione? La misura della sanzione? No, perché la misura della sanzione è modulabile dal giudice in quanto è nella sua discrezione; allora che sia manifestamente iniquo che rispetto alla situazione controversa si possa applicare questa sanzione compulsiva, ma non ha molto senso perché qui dobbiamo dire che il giudice del merito avrà molti dubbi, ma alla fine fa una sentenza e, se fa una sentenza, riconosce che uno dei due aveva diritto ad un adempimento di un obbligo, allora che sia iniqua la previsione che quell'obbligo sia coercibile è un po' in contrasto con il principio che quell'obbligo sia però consacrato in una sentenza che di quell'obbligo è il titolo che legittima l'esecuzione forzata, ma che poi per 1000 ragioni quell'esecuzione forzata non possa essere materialmente messa in esecuzione. Questa norma lascia molti problemi. Uno di questi è che nel 614 bis siamo legittimati a fare una domanda cioè come si impugna, perché non c'è scritto nulla. Probabilmente la soluzione è che, accedendo al provvedimento che è la condanna nel merito perché sta al giudice del merito, si impugna con l'impugnazione della sentenza, però ciò porta molti problemi, per esempio posso impugnare solo questo capo di sentenza e non quello della condanna, consegue però posso impugnarlo solo per ragioni sue perché è iniquo, voglio soccombi, non è questa la sede nella quale si possono far valere queste eccezioni. Non è che qui non possiamo fare l'opposizione all'esecuzione, possiamo farla, ma non possiamo dedurre nell'opposizione all'esecuzione i vizi che devo far valere in sede di impugnazione della sentenza, posso farne valere altri ovviamente; per esempio io sono condannato nella sentenza di primo grado a pagare € 10.000, mi arriva la sentenza e pago i € 10.000; io ho un creditore bandito che mi notifica lo stesso il precetto e mi fa il pignoramento: posso fare opposizione all'esecuzione? Si. Quando diciamo che non possiamo fare l'opposizione non è che non abbiamo la legittimazione a farla, ma significa che non possiamo introdurre nella nostra opposizione all'esecuzione le questioni che attengono al merito della pretesa e che sono devolute nel giudizio di merito che si è concluso con la sentenza, cioè noi abbiamo il limite del giudicato, quindi tutto ciò che è coperto dal giudicato non può essere devoluto nel giudizio di opposizione all'esecuzione. Abbiamo detto che perdiamo nel giudizio, paghiamo i € 10.000 e ci viene promossa comunque l'esecuzione nei nostri confronti. Qual è il momento preclusivo per la mia posizione di debitore, cioè prima della sentenza, dopo la sentenza ma prima del suo passaggio in giudicato, dopo il passaggio in giudicato? Cambia qualcosa? Si cambia qualcosa. Il terzo momento sicuramente si: ti notifico la sentenza, la sentenza passa in giudicato dopo i 30 giorni perché non è impugnata, dopo il giudicato io pago, tu mi fai lo stesso l'esecuzione e io non posso far l'opposizione dicendoti ma ti ho già pagato? E quando lo potevo dire prima? È un fatto storico che avviene dopo che la sentenza passa in giudicato, quindi il giudicato per definizione coprirà le vicende antecedenti, può mica coprire le vicende successive e questo è evidente, quindi non si può avere dubbio che il pagamento successivo a quel momento sia certamente deducibile come motivo di opposizione all'esecuzione. Il problema è il secondo momento, cioè io pago post-sentenza ma nel periodo in cui la sentenza è impugnabile, il giudicato si forma dopo, la sentenza per esempio è il 1 gennaio, io pago il 31 gennaio e io posso far appello se non è notificata ancora per due mesi. Poi il mio creditore mi notifica sempre precetto e pignoramento: posso fargli opposizione dicendogli che ho già pagato? Si. Il giudicato è una qualità degli effetti della sentenza, quella qualità che si definisce come l’irretrattabilità degli effetti della sentenza, quindi il formarsi o il non formarsi del giudicato non vuol dire niente sulla sentenza, vuol dire che diventa indiscutibile, è una qualità che si crea con decorso del tempo, ma gli effetti sono quelli della sentenza, allora tutto ciò che è successivo alla sentenza è deducibile perché il giudicato non aggiunge nulla alla sentenza se non il fatto che non la si discute più. È evidente allora che, se io ho pagato dopo la sentenza, a prescindere dal fatto che si formi o non si formi il giudicato, primo o dopo la soluzione è sempre identica: io posso dedurre tutto ciò che avviene dopo che si è formata la sentenza. Per quanto riguarda il primo momento la tendenziale risposta è negativa con una particolarità che dipende dal manuale su cui studiamo. Se studiamo sul Luiso è che secondo esso il problema è quello dei limiti cronologici del giudicato, vale a dire che il giudicato copre soltanto tutto ciò che è avvenuto non fino alla sentenza ma fino all'ultimo momento preclusivo nel quale le parti potevano introdurre qualcosa nel giudizio, cioè fino al momento della precisazione delle conclusioni definitive, perché se noi abbiamo pagato dopo il giudice non lo può più sapere, non glielo possiamo più comunicare e quindi gli effetti preclusivi del giudicato non si realizzano al 1 gennaio ma quando ci sono state le conclusioni definitive: solo se seguiamo questa tesi anche in questa ipotesi è possibile, se, come la maggioranza degli autori, non seguiamo questa tesi, quel pagamento anteriore alla sentenza non è deducibile in sede di opposizione all'esecuzione, perché ci si dice a quel punto di fare l'impugnazione. Abbiamo parlato dell'opposizione all'esecuzione e preso in esame l'ambito delle questioni proponibili dall'opponente quando intenda contestare il diritto del creditore procedente di agire in via esecutiva quando quel creditore agisca sulla base di un titolo esecutivo di formazione giudiziale. Il problema prende origine dal fatto che il creditore agisce sulla base di un titolo, di un provvedimento pronunciato da un giudice il quale ha dunque, sommariamente o non sommariamente dipende dal provvedimento, preso in esame, valutato le questioni esistenti fra il creditore e il debitore e ha reso una sua valutazione, quindi decisione sulle possibili contestazioni che quel debitore abbia sollevato; quindi lo spettro delle questioni deducibili del giudizio di opposizione all'esecuzione si scontra con due profili, con due possibili limiti. Il primo è quello dell'esistenza del provvedimento e quindi, se il provvedimento esiste, occorre distinguere se il provvedimento è definitivo o non definitivo: se il provvedimento è definitivo, abbiamo il problema dei limiti derivanti dal giudicato che si è formato su quel provvedimento e quindi i cosiddetti limiti oggettivi del giudicato, se il provvedimento non è ancora definitivo, avremo il problema di un limite che, per comprensione, abbiamo chiamato di litispendenza, cioè del fatto che le censure al provvedimento che costituisce il titolo esecutivo che il debitore voglia fare perché ha deciso male, violato la legge sostanziale e quella processuale, sono da devolvere nel giudizio di impugnazione verso quel provvedimento e non verso il documento, sentenza o provvedimento, titolo esecutivo che fonda e legittima l'esecuzione forzata. È ovvio che invece questo novero di problemi non esiste se parliamo di un titolo esecutivo di formazione stragiudiziale. Se ripartiamo dall'articolo 474cpc, cioè titoli esecutivi, allora quando noi abbiamo un creditore che inizia un'esecuzione forzata sulla base di un titolo stragiudiziale, quindi scrittura privata autenticata per le obbligazioni di denaro in essa contenute, titolo di credito che sia previsto (cambiale, assegno…), atti ricevuti da notaio (numeri 2 e 3 del 474), la posizione del debitore esecutato o, diciamo anche, esecutando, comunque del debitore che vuole contestare quella pretesa esecutiva si pone evidentemente in modo molto più libero; è evidente che sia così, non potrebbe non essere così perché, se immaginiamo che il debitore abbia rilasciato uno o due assegni o una cambiale o una scrittura privata al suo fornitore che gli ha fornito le 1000 seggiole blu e se gli sono arrivate 1000 seggiole ma sono rosse, con tre gambe e senza i braccioli, allora nel caso del quale abbiamo parlato fino all'ultima volta queste questioni lui le ha sottoposte in qualche modo a un giudice che in qualche modo le decise, il modo dipenderà dal tipo di procedimento nel quale questo è avvenuto, ma certamente c'è stato un giudice che le ha valutate perché c'è un provvedimento; se invece lui ha consegnato delle cambiali, un titolo di credito che abbia natura di titolo esecutivo al suo creditore, che quindi vuole essere pagato, lui la questione se le seggiole sono rosse o blu, hanno tre o quattro gambe, se hanno o no il bracciolo, non l'ha mai sottoposta a nessuno: su queste questioni nessuno e in nessun modo ha espresso una valutazione e una conseguente decisione, quindi è evidente che non ci sono i limiti dei quali abbiamo parlato la scorsa lezione. Quindi in queste situazioni, cioè quelle nelle quali il debitore intende reagire contro un'esecuzione fondata su un titolo esecutivo stragiudiziale, ha piena libertà di argomentare sul merito della vicenda, perché in realtà accade che l'attribuire la natura di titolo esecutivo stragiudiziale a determinati documenti realizza sostanzialmente un rafforzamento della posizione del creditore, che quindi è esonerato dal dover giungere ad avere un accertamento e una condanna del suo debitore per avere il titolo esecutivo, salta la fase processuale, giunge ad avere subito un titolo esecutivo per convenzione tra le parti (ti do un assegno, ti do una cambiale, firmo la scrittura privata autenticata), ma questo però poi non lo esime dal poter essere contestato nel merito: lo agevola sul piano dell'esecuzione, cioè del materiale incasso della somma, in un certo senso inverte l'onere di attivazione, più che di contestazione, del processo, perché lo rovescia a capo del debitore e non del creditore che non ha incassato alla scadenza la somma pattuita, ma ci si ferma qua, ovviamente il contenuto potrà essere sottoposto a qualche giudice. Quindi nel nostro caso quella qualche giudice e il giudice dell'esecuzione, o meglio il giudice davanti al quale si potrà proporre l'opposizione all'esecuzione e sovente sarà il giudice dell'esecuzione ma non sempre, come tra poco vedremo. Una delle definizioni più usate per questo mezzo di impugnazione è quella che con l'opposizione all'esecuzione si contesta il se dell'esecuzione forzata, mentre quando parleremo dell'opposizione agli atti esecutivi si contesta il cuomodo; ciò vuol dire che in realtà con l'opposizione all'esecuzione io metto in contestazione il diritto del creditore di procedere alla esecuzione, quindi non contesto come la sta facendo, in che modo, se ha violato una norma di procedura, ma contesto ab origine il fatto che lui non sia in quel momento, quindi lo fosse ma non lo sia più, non lo sia mai stato, ma non sia il soggetto che può aggredirmi in via esecutiva. Come avviene l'opposizione all'esecuzione? Quale efficacia, quale effetto ha? Qui il problema è oggi impostato in modo leggermente diverso da come era fino a pochi anni or sono. Opposizione all'esecuzione vuol dire che io mi oppongo ad un'esecuzione, quindi è un'esecuzione iniziata; ciò vuol dire che il debitore, se seguiamo questo ragionamento che diciamo subito che è sbagliato ma lo facciamo soltanto per capire perché ha poi una deroga, dovrebbe aspettare di essere esecutato, dovrebbe aspettare di essere pignorato per poter proporre opposizione, perché sappiamo che il primo atto di esecuzione è il pignoramento, in quella per espropriazione, e quindi fino a che non c'è il pignoramento il debitore non potrebbe proporre l'opposizione. Immaginiamo di avere un debitore che è stato condannato o che aveva un titolo di credito per € 20.000, ha pagato i € 20.000 e si vede notificare l'atto di precetto, per fare opposizione deve aspettare anche il pignoramento, quindi diventare esecutato, risultare al registro delle esecuzioni ecc…Si può capire che non può proprio essere così, infatti non è mai stato così, ma c'è un significativo problema. Se prendiamo l'articolo 615cpc, che è la norma che disciplina l'opposizione all'esecuzione, scopriamo subito come funziona e cioè che l'opposizione all'esecuzione si propone in due modi che dipendono dal momento nel quale va posta diversi tra di loro. Il primo è quello che si propone con un atto di citazione prima che l'esecuzione sia iniziata e allora si potrà proporre quando è notificato il precetto (tanto che nella pratica viene chiamata opposizione al precetto), l'intimazione ad adempiere, l'avvertimento che se non adempi entro 10 giorni bada bene che inizierò con l'esecuzione, quindi quello è il momento, certamente non prima, non avrebbe nulla a cui opporsi, non avrebbe un oggetto però, non ci fosse il primo comma, questo non lo potremmo fare perché il precetto non è un atto dell'esecuzione, ma è un atto prodromico fuori dall'esecuzione, quindi l'opposizione all'esecuzione lì non ha senso: ha senso ed è consentita e legittima perché il primo comma del 615 da sempre la prevede. Il secondo modo di proporre l'opposizione all'esecuzione è un ricorso, e non più una citazione, dopo che l'esecuzione è stata iniziata, quindi dopo l'esecuzione dell'avvenuto pignoramento. Perché ci sono le due forme? Nel primo modello, cioè quando il debitore vuole opporsi al precetto, la scelta dell'atto di citazione è necessaria per una banale considerazione: in quel momento non solo non c'è un'esecuzione iniziata, ma non sappiamo neanche quale inizierà; io creditore notifico il precetto e poi decido, io quando ricevo il precetto mica so se il creditore mi farà un'esecuzione mobiliare presso di me o presso terzi o immobiliare, il creditore nel precetto può scegliere. Allora in realtà non so quale sarà il modello esecutivo a cui conseguiranno però anche le regole di competenza, nel senso che a seconda di quale sarà il modello di esecuzione che il creditore procedente sceglierà, ci potrà essere un giudice competente piuttosto che un altro: se fa l'esecuzione per espropriazione presso terzi, il giudice competente è quello presso il terzo, se fa l'esecuzione mobiliare presso di me, è il mio, se fa l'esecuzione immobiliare, è il luogo dov'è l'immobile. È evidente allora che non abbiamo un giudice a cui fare riferimento e infatti il 615 primo comma ci dice che si fa con un atto di citazione al giudice competente ai sensi dell'articolo 27, cioè delle norme generali, per territorio, per valore e così via. Se invece abbiamo un'esecuzione è ormai avviata, allora in questo caso il giudice competente è il giudice dell'esecuzione, mi oppongo sostanzialmente a quell’esecuzione contestando il titolo esecutivo, la validità, la legittimazione e il diritto del creditore di agire in quell'esecuzione li: il giudice competente è quello davanti al quale pende l'esecuzione promossa dal creditore. Fino a qualche anno fa c'era però un problema gravissimo. La proposizione dell'opposizione all'esecuzione sospende il processo esecutivo? No, è intuitivo perché se no qualunque debitore farebbe opposizione pur di sospenderla; è una risposta lapalissiana sul titolo esecutivo giudiziale perché lì veramente non avrebbe senso, perché c'è già stata una decisione di un giudice, ma anche su quello stragiudiziale non ha senso perché, se la scelta del legislatore è stata in vari momenti, perché abbiamo detto che è cambiata, di rafforzare la posizione di quel creditore che pattiziamente acquisisce un documento che ha una certa validità, non avrebbe un senso sul sistema che quel rafforzamento venga meno ogni qualvolta il debitore possa contestare, perché allora tanto valeva non dargli quel rafforzamento. L'opposizione all'esecuzione quindi di per sé non sospende l'efficacia esecutiva e l'esecuzione in corso. Oggi questa regola non stupisce, anni fa poteva stupire di più, perché in fondo una sentenza di primo grado è esecutiva e l'impugnazione non sospende l'esecuzione, quindi a maggior ragione non sospenderà l'opposizione all'esecuzione. L'esecuzione però può essere sospesa. La norma, che é l'articolo 624, dice che il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza giudizio non potrà che procedere con la presenza di creditore procedente, debitore esecutato e terzo: si discute se quel bene sia del terzo del debitore e si discute di ciò nei confronti del terzo che lo ha aggredito esecutivamente, quindi questo giudizio si svolge solo con la presenza di tutti e tre in via necessaria. Questa udienza in realtà è un'udienza un po' particolare. Quest'udienza in realtà non è una prima udienza vera e propria perché è un'udienza ha un oggetto di attività alternativo. Se all'udienza le parti raggiungono un accordo, il giudice ne dà atto con ordinanza e adotta ogni altro provvedimento che sia utile al proseguimento dell'esecuzione, ovvero alla sua estinzione; ciò vuol dire che le parti possono raggiungere un accordo nel senso che io creditore procedente prendo atto della contestazione del debitore, riconosco che è vera (ricordiamo che se parliamo di un'esecuzione mobiliare, il creditore non ha scelto lui i beni, ma li ha scelti anche l'ufficiale giudiziario), allora se il debitore arriva e ha una prova inconfutabile che il bene è suo e che non è del debitore esecutato, il creditore riconosce l'efficacia, la genuinità, insomma non solleva contestazioni e il giudizio non va avanti perché si prende atto di questa situazione, quindi se le parti raggiungono un accordo questo vuol dire. Poi però, se anche raggiungono un accordo, diversa è la conseguenza nel senso che può essere che questo accordo sia parziale o totale, per esempio, arrivato l'ufficiale giudiziario a casa di nostro fratello, gli ha pignorato il quadro e l'anello, raggiungiamo l'accordo sul fatto che l'anello e nostro e non di nostro fratello, ma il quadro non è oggetto della nostra contestazione perché è pacificamente di nostro fratello, allora il giudice prende atto dell'accordo e dà dei provvedimenti perché l'esecuzione prosegua avente ad oggetto il quadro, non più il nostro anello, che col provvedimento del giudice viene liberato dal pignoramento e quindi viene autorizzata a noi la riconsegna. Se invece l'oggetto dell'esecuzione era solo il nostro anello, questo accordo fa cessare l'esecuzione, quindi il giudice a quel punto dovrà provvedere sull'estinzione del processo esecutivo perché non c'è più l'oggetto del processo esecutivo. Quindi questa possibilità di un accordo e poi che il giudice provveda sulla prosecuzione o l'estinzione questo significa e dipende dal novero dei beni che sono stati pignorati, se sono più di uno o se è solo quello che è oggetto della contestazione. A seguito dell'opposizione all'esecuzione del terzo, abbiamo problemi analoghi a quelli che abbiamo in sede di opposizione all'esecuzione, vale a dire l'opposizione del terzo sospende l'esecuzione? No perché l'articolo 624 dice che la sospensione può essere chiesta in sede di opposizione ex 615 e 619, cioè sospende nel senso che il terzo che l'esecuzione sia sospesa al giudice dell'esecuzione, che può provvedere concorrendo gravi motivi; ovviamente farà una duplice valutazione, che sarà una valutazione di fondatezza, di apparente verosimiglianza di questa proposizione di opposizione e di pericolo del fatto che il bene sia venduto, nel senso che se vendiamo il quadro dell'avo è un bene non sostituibile, se vendiamo 100 t di grano è un bene sostituibile. Non c'è però un'assoluta conseguenza perché è intanto questa posizione di terzo all'esecuzione può essere promossa fino a quando e da quando può essere promossa? Da quando lo sappiamo, dal primo atto di esecuzione e fino a che c'è l'esecuzione pendente, ma con la conseguenza che non è un problema di ammissibilità dell'opposizione, ma di oggetto e di conseguenze dell'opposizione, vale a dire che l'opposizione può essere proposta fino a che esiste l'esecuzione: se è proposta prima che il bene venga venduto, potrà esserci la richiesta di sospensione dell'esecuzione, perché si chiede in realtà la a vendita del bene come terzo opponente; se l'opposizione di terzo viene iniziata dopo che il bene è stato venduto o, se anche presentata prima, la vendita del bene non viene sospesa, accadrà che quell'opposizione avrà ad oggetto quanto ricavato dalla vendita, quindi, se accolta, avrà ad oggetto non il bene in sé ma il suo controvalore economico. Questa opposizione di terzo non è semplice sotto il profilo del creditore che debba fare l'opposizione di terzo. Immaginiamo che A agisce contro B, pignora un bene e C si vuole opporre dicendo che il bene è suo, perché la comprato un mese prima o perché è sempre stato suo e gliel’ha prestato. Lo può fare? Dobbiamo tornare indietro a quando abbiamo parlato degli effetti del pignoramento, articolo 2912cc e seguenti, quando abbiamo detto che la posizione del creditore procedente, e quindi come sappiamo poi degli intervenienti, è una posizione di protezione e che quindi, ogni qualvolta ci sia nell'ordinamento una regola che attribuisce una tutela ai terzi, quella tutela vale e si applica come regola generale al creditore procedente e allora abbiamo tutte le regole sull'efficacia e l’opponibilità per esempio dei documenti, degli atti (articolo 2704cc). Quindi noi sappiamo che il terzo per opporsi, e se la sua posizione si fonda su un documento, per esempio deve avere un documento opponibile ai terzi, quindi che abbia data certa, se no non è valido; se parliamo di diritti reali su immobili, varranno le regole di opponibilità ai terzi in sede di prescrizione, perché noi parliamo di un giudizio in cui il terzo rivendica un qualche suo diritto su un qualche bene colpito da un creditore in sede di esecuzione. Quindi cominciamo a dire che il terzo è in una situazione quanto mai delicata. Ad aggravare questa situazione delicata poi si aggiunge una norma che è l'articolo 621cpc che dice che il terzo opponente non può provare per testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore salvo che l'esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitato dal terzo o dal debitore. Questa definizione intanto ci dice che il terzo come regola generale non ha la prova testimoniale sui beni mobili, quindi se noi lasciamo il nostro anello di fidanzamento al fratello, non possiamo provare tramite mamma, amica o zia che il bene era nostro perché non lo possiamo fare, quindi questo significa che nella nostra situazione saremmo soccombenti. La norma lascia aperta la possibilità dell'utilizzo della prova testimoniale in due ipotesi: quando l'esistenza del diritto, parliamo sempre di beni mobili, sia verosimile per l'attività svolta dal terzo o dal debitore; ritornando al nostro esempio, avremmo una speranza di farcela se avessimo lasciato l'anello al nostro fratello che fa il gioielliere, allora è verosimile per l'attività sua del debitore che lui possa avere in deposito dei beni perché fa quell'attività oppure perché gliel'abbiamo dato da vendere, quindi l'esercizio dell'attività del debitore esecutato rende verosimile che un bene che noi rivendichiamo e affermiamo come nostro possa essere presto di lui non perché è suo ma per l'esercizio della sua attività; o viceversa, cioè è l'attività del terzo che rende verosimile questa vicenda, per esempio immaginiamo un antiquario che ci vuole vendere un tappeto antico bello, se lo porta a casa e ce lo lascia due giorni per vedere se ci piace, poi noi veniamo pignorati, questo mercanti di tappeti per la sua attività rende verosimile la prova per testimoni sulla proprietà del bene. Questo in realtà deriva dal fatto che in questa materia è ancora più acuito una sorta di sospetto sull'utilizzo della prova testimoniale, che si presterebbe evidentemente a facile uso distorsivo nel tentativo di sottrarre dei beni all'esecuzione per espropriazione. Da questo discorso ne possiamo ricavare che abbiamo un terzo che sovente è un terzo pretendente sacrificato perché è un terzo che sovente potrà accadere che sia soccombente in quel giudizio. L'oggetto del giudizio di opposizione di terzo all'esecuzione non è il diritto di proprietà del terzo: se ragioniamo in termini di processo, come dobbiamo, l'oggetto di quel processo è la legittimità dell'iniziativa esecutiva del creditore procedente, cioè della legittimità dell'apprensione di quel certo bene all'interno dei beni pignorati e ciò lo troviamo proprio ragionando sul perché il terzo sia chiamato il terzo pretendente sacrificato. Le regole con le quali si risolve quel giudizio trilatero sono diverse da quelle sulle quali sarebbe statuito se il terzo sia o non sia il proprietario di quel bene; se C litiga con B su chi è il proprietario del quadro, le regole saranno quelle che governano l'ordinario processo, ci sarà la prova, ci sarà il pagamento, ci sarà la consegna, ci sarà un documento ecc…; ma noi invece siamo in una situazione in cui C incomincia a non avere un certo tipo di prova per cui la scrittura privata se non una data certa non è utilizzabile, non può utilizzare testimoni se non è un bene mobile, non ha l'opponibilità di certi beni se sono soggetti a iscrizioni o trascrizioni che sia l'immobile o l'automobile o quant'altro. Si tratta di questioni che sarebbero completamente irrilevanti nel giudizio tra loro due, cioè per esempio quando si è trascritto l'atto di compravendita di un immobile o della macchina, non c'entra niente sul fatto se B e C si sono scambiati la proprietà contro il denaro, cioè venduto il bene, allora tutte queste questioni in realtà rilevano nel rapporto tra C e A, cioè fra il terzo e il creditore procedente. L'esito di questa osservazione fa sì che il giudizio possa sovente concludersi in modo diverso da come si concluderebbe il giudizio tra C e B, cioè tra debitore e terzo, allora questo significa che l'oggetto è diverso, non ci possono essere due processi con lo stesso oggetto che possano avere soluzioni diverse in astratto: due processi possono avere soluzioni così diverse perché hanno un oggetto diverso. Allora la conseguenza è che in questo giudizio che vede questo litisconsorzio necessario tra B e C, abbiamo come oggetto del giudizio una situazione diversa che è una situazione che attiene a quel processo di esecuzione nel quale si discute se quel creditore abbia o non abbia ragione nell'aggredire esecutivamente quel bene, anche perché quella ragione ce l'ha quel creditore e non è detto che ce l'abbiano altri, perché un creditore magari successivo si troverebbe in una situazione in cui gli sono opponibili dei documenti che non sono opponibili al creditore A. Quindi abbiamo questa posizione di questo soggetto terzo rispetto all'esecuzione che, pur essendo il proprietario del bene e pur sapendo che in un giudizio nel quale dovesse litigare soltanto con il debitore, vedrebbe riconosciuto il suo diritto di proprietà su quel bene, in realtà in questo giudizio che vede coinvolto il terzo e che quindi applica regole di giudizio e processuali diverse, abbiamo una situazione in cui quel soggetto diventa il terzo pretendente sacrificato, perché è sacrificato alle ragioni del creditore procedente in virtù delle regole di protezione che esistono rispetto ai creditori procedente e intervenuti. Sull'esecuzione le ultime cose da affrontare sono quelle che nel processo ordinario si chiamano le vicende normali del processo, cioè sospensione ed estinzione. Anche il processo esecutivo, come qualunque processo, si può estinguere e si può estinguere per le stesse vicende per le quali si può estinguere un ordinario processo di cognizione, cioè rinuncia delle parti o inattività delle parti; le norme dall'articolo 629cpc in poi in realtà richiamano e riscrivono adattandole alla situazione gli articoli 306 e ss cpc. Il punto importante da ricordare, ed è quello da cui si capiscono poi alcune situazioni, è che la rinuncia all'esecuzione può intervenire ovviamente in qualunque momento del processo purché prima della sua fine, cioè dell'assegnazione, della distribuzione del ricavato ai vari creditori, ma il processo si estingue se vi è la rinuncia del creditore procedente e dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo. Questo punto è da ricordare perché è la conclusione di alcuni riferimenti che abbiamo preso nel corso di queste lezioni. Nell'esecuzione può accadere certamente che il creditore procedente ha il titolo esecutivo e questo è un dato scontato; immaginiamo di avere un creditore procedente che ha un titolo esecutivo e due creditori intervenuti sprovvisti di titolo esecutivo: se il debitore paga il creditore procedente e quindi, avendolo pagato, ne ottiene la rinuncia al processo perché ha estinto il suo diritto di credito, quel processo si estingue perché gli altri creditori non hanno il titolo esecutivo (abbiamo detto in varie occasioni che il possesso del titolo esecutivo era la condizione necessaria per gli interventi per poter fare atti di impulso alla procedura, quindi a contrario il mancato possesso del titolo esecutivo non è richiesto per l'estinzione perché poi loro tanto non potrebbero dare ulteriori atti di impulso). Tutto questo vale sino al momento nel quale il bene oggetto del processo esecutivo è assegnato o aggiudicato. Dopo che c'è stata, diciamo nella versione più tradizionale, l'aggiudicazione, cioè la vendita con l'aggiudicazione ad un terzo soggetto, invece la rinuncia deve essere presente, cioè è necessaria anche la rinuncia da parte dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, perché in quel momento il loro diritto muta da un diritto ad aggredire esecutivamente al diritto a concorrere sul ricavato ormai esistente, perché il bene è stato aggiudicato quindi c'è una somma di denaro e quindi loro come intervenienti hanno diritto al riparto. C'è da sottolineare che qui gioca un problema che è quello di come qualifichiamo i creditori intervenuti del processo. Quando abbiamo parlato dell'intervento dei creditori nell'esecuzione, nelle varie categorie di creditori che possono intervenire avevamo i creditori privi di titolo esecutivo ma in possesso di documenti diciamo legittimante (c'è l'intervento, c'è un'udienza nella quale il debitore deve disconoscere o riconoscere). Quando abbiamo parlato di questo avevamo detto che uno dei problemi di questa disciplina è comprendere l'effetto, l'efficacia del riconoscimento del debitore; avevamo detto che c'è una posizione che dice che quel riconoscimento ha efficacia di titolo esecutivo endoconcorsuale, cioè che, ai fini di quella sola esecuzione, il creditore riconosciuto in sede di giudizio è parificato al creditore possessore di un titolo esecutivo (è una ragionevole opinione sul problema anche se non è la soluzione). Se noi ricostruiamo così questo, la conseguenza è che quel creditore all'interno di quel processo è considerato come se avesse il titolo esecutivo e allora vuol dire che in quel processo esecutivo li potrà fare atti di impulso e non potranno rinunciare all'esecuzione senza la sua partecipazione, cioè senza che lui abbia a sua volta prestato il consenso alla rinuncia, cioè rinunci a sua volta alla sua domanda; se invece si sceglie una strada più tradizionale e si considera che il riconoscimento del debitore abbia un limitato effetto, che sia quello di impedire eventuali contestazioni sulla posizione sia soggettiva che oggettiva di quel creditore interveniente, ma senza fare il
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