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Processo esecutivo e pignoramento: regole e procedure, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Il processo esecutivo e il pignoramento in diritto italiano. Viene descritta la notifica del titolo esecutivo, i requisiti del precetto, il pignoramento, la vendita o l'assegnazione dei beni pignorati, la conversione del pignoramento e i creditori privilegiati. Vengono inoltre trattati i casi in cui più creditori pignorino congiuntamente o successivamente lo stesso bene.

Tipologia: Sintesi del corso

2013/2014

Caricato il 14/04/2014

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Scarica Processo esecutivo e pignoramento: regole e procedure e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! CAPITOLO 1 – IL PROCESSO DI ESECUZIONE A) L’esecuzione in generale Abbiamo tre tipi fondamentali di processi e quindi di azione, le azioni di cognizione, le azioni esecutive e le azioni cautelari, ognuna con una propria specificità. L’azione di cognizione serve tendenzialmente ad un accertamento, cioè la base dell’azione di cognizione è un accertamento. Sicché il processo di esecuzione si distingue dal processo di cognizione Le sentenze pronunciate in seguito al processo di cognizione possono essere di accertamento, costitutive e di condanna. Generalmente le sentenze di accertamento e quelle costitutive hanno la caratteristica di soddisfare l’interesse della parte vittoriosa con la loro sola pronuncia: pensiamo, ad esempio, alla sentenza che accerta l’esistenza di un diritto di una parte nei confronti dell’altra che lo contestava; la parte vittorioso non dovrà compiere alcun’altra attività per vedere soddisfatto concretamente il suo diritto, poiché la sentenza ha già appagato il suo interesse. Le cose cambiano quando la sentenza pronunciata è di condanna. In questo caso, la parte vittoriosa non solo ottiene il riconoscimento del suo diritto, ma gli si riconosce anche il potere di ottenere una determinata prestazione dalla parte soccombente, come, ad esempio, il pagamento di somma di denaro oppure il rilascio di un immobile o la consegna di una cosa mobile. La parte soccombente può spontaneamente adempiere la prestazione, ma potrebbe anche non eseguirla nonostante la sentenza di condanna. Dunque, la sola sentenza di condanna non è sufficiente a soddisfare l’interesse del creditore che, se vorrà ottenere un risultato concreto, dovrà iniziare il processo di esecuzione e non quello di cognizione in quanto l’accertamento già c’è: questo accertamento viene, per cosi dire, trasfuso in un titolo esecutivo quale la sentenza di condanna. Il processo di esecuzione si svolge su impulso di parte, nel rispetto del principio della domanda e sotto la direzione del giudice dell’esecuzione che ha funzioni diverse rispetto al giudice istruttore: non c’è cognizione da svolgere, ma attività materiale da eseguire. Per cui, scopo del processo di esecuzione è mettere a disposizione del creditore i mezzi e gli uomini dello Stato per tradurre in concreto quanto è stabilito nella sentenza di condanna o, più in generale, in un titolo esecutivo. Dunque, oltre al giudice dell’esecuzione abbiamo un’altra figura di operatore della giustizia, l’ufficiale giudiziario che nel processo di cognizione svolge un ruolo marginale. L’ufficiale giudiziario svolge gran parte delle attività materiali ed è autorizzato a servirsi dell’assistenza della forza pubblica in caso di necessità. Abbiamo, poi, la figura del cancelliere che qui, come nel processo di cognizione, svolge la funzione di collegamento tra le parti e gli organi del processo. PAGE 28 Competente per l’esecuzione è il tribunale, il quale ha una competenza esclusiva per materia che prescinde dal valore, quindi il G.d.P. non è mai competente in materia di processo esecutivo. Ciò che bisogna stabilire è la competenza per territorio del tribunale. Ci risponde l’art. 26 che a tal proposito stabilisce che: a. per l’esecuzione forzata su beni mobili o immobili è competente il tribunale del luogo in cui le cose si trovano. Se l’immobile è compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior tributo verso lo Stato; qualora il bene non è sottoposto a tributo, è competente ciascun giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell’immobile; b. per l’espropriazione forzata di crediti, è competente il giudice del luogo ove risiede il terzo creditore; c. per l’esecuzione forzata degli obblighi di facere o non facere, è competente il giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto. C’è da dire che ex art. 28, tale competenza non può essere derogata per accordo tra le parti. La sentenza di condanna può avere, come abbiamo visto sopra, diverso contenuto; infatti, può stabilire che il debitore sia tenuto al pagamento di una somma di denaro oppure debba consegnare una cosa mobile o rilasciare un immobile, o, infine, che sia obbligato a compiere, o astenersi dal compiere, una determinata attività. Questa varietà di prestazioni che il debitore deve eseguire comporta una diversità di esecuzioni che dovranno essere svolte in caso di inadempimento. Abbiamo quindi due tipi di esecuzione: a. il processo di espropriazione forzata: è un processo che sarà azionato quando è rimasto insoddisfatto un credito che la parte vittoriosa si è visto quantificato nella sentenza, o un diverso titolo esecutivo, in una forma di danaro. Di fronte all’inadempimento del debitorie, il creditore non ha altra scelta se non azionare, se vuole, il processo di espropriazione quindi procedere, per tramite dei mezzi e degli uomini dello Stato, alla vendita del o dei beni del debitore potendo in tale ipotesi soddisfarsi. Dunque, il processo di espropriazione forzata si distingue secondo il suo oggetto in: • espropriazione immobiliare, quando ha per oggetto un bene immobiliare o altro diritto immobiliare; • espropriazione mobiliare, quando ha per oggetto beni mobili; • espropriazione mobiliare presso terzi, quando i beni mobili oggetto dell’esecuzione non si trovano nella diretta disponibilità del debitore, ma sono presso un terzo; PAGE 28 A questo punto viene da chiedersi se i titoli esecutivi, intendendo sia quelli giudiziali che quelli stragiudiziali, possono essere il presupposto di un qualsiasi tipo di esecuzione cioè sia per l’esecuzione forzata che per l’esecuzione in forma specifica, cioè titoli esecutivi che possono essere polivalenti in quanto utilizzabili sia per l’esecuzione forza che per quella specifica e titoli esecutivi che, invece, possono essere utilizzati per particolari tipi di esecuzione. A ben guardare, scopriamo che non tutti i titoli esecutivi sono idonei a fare tutti i tipi di esecuzione: ce ne sono alcuni idonei per ogni tipo di esecuzione e altri che esecuzioni particolari non sono idonei a farle. Infatti, l’ultimo comma dell’art. 474 stabilisce che “l’esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1) e 3) del secondo comma. Il precetto deve contenere trascrizione integrale, ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, delle scritture private autenticate di cui al numero 2) del secondo comma. In altre parole l’ultimo comma dell’art. 474 ci dice che possedendo un titolo di natura giudiziale posso dar vita a qualsiasi tipo di esecuzione, sia per espropriazione forzata che per esecuzione in forma specifica. Se invece il titolo esecutivo che si possiede è di formazione stragiudiziale, devo andare a verificare se posso dar vita a qualsiasi forma di esecuzione. Infatti, se parliamo delle cambiali posso azionare solo i processi di espropriazione forzata e non l’esecuzione in forma specifica. Per quanto riguarda gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, sicuramente posso dar vita ad una espropriazione oppure ad una esecuzione in forma specifica per consegna e rilascio ma, sicuramente, non potrò agire per l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare. Per quanto riguarda gli “altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva”, di cui si parla nell’art. 474 comma 2, n.1, così novellato dalla L. 263/2005, che abbiamo individuato nei provvedimenti di conciliazione stragiudiziale, capiamo che non sono idonei per attivare l’esecuzione degli obblighi di fare o non fare pur essendo considerati dalla legge insieme ai titoli giudiziali. La risposta la troviamo nell’art. 612 relativo all’esecuzione degli obblighi di fare o non fare, che si riferisce espressamente ai soli titoli giudiziali, ad esclusione, quindi, di tutti i titoli stragiudiziali. Riassumendo: • titoli giudiziali F 0 E 0 con questi titoli possono essere azionati tutti i processi esecutivi; • titoli stragiudiziali di cui al n.2 comma 2 (scritture private autenticate, cambiali) dell’art. 474 F 0 E 0 con questi titoli possono essere azionati solo i processi di espropriazione forzata; PAGE 28 • titoli stragiudiziali di cui al n.3 comma 2 (atti ricevuti da notaio) e al n.1 comma 2 (gli altri atti) dell’art. 474 F 0 E 0 con questi titoli possono essere azionati solo i processi di espropriazione forzata e di consegna e rilascio. Se il debitore non adempie spontaneamente a quanto stabilito nel titolo esecutivo, il creditore deve notificare al debitore il titolo esecutivo, ma c’è una differenza fra i titoli stragiudiziali e quelli giudiziali in merito alla notifica al debitore. Infatti, per quanto riguarda i titoli esecutivi giudiziali e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, è necessario che ci sia la “spedizione in forma esecutiva”. L’articolo di riferimento è il 475 cpc che, al primo comma, dice: “Le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti.”. Quindi, i titoli esecutivi giudiziali e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale non possono essere semplicemente notificati al debitore ma devono essere spediti in forma esecutiva. Nella sostanza si tratta di un timbro che si appone sul titolo esecutivo in questione. Normalmente lo si fa non sul titolo originale ma su una copia del titolo esecutivo che poi diventa essa stessa originale. Fatto ciò, il titolo esecutivo potrà essere notificato al debitore. Nella sostanza la “spedizione in forma esecutiva” consiste nella formula impressa su di un timbro che così recita: “Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti". Quindi, è un comando che l’ordinamento fa agli ufficiali della forza pubblica di dare assistenza al creditore. Questo timbro, in gergo forense chiamato “il comandiamo”, fa pensare sulla natura del processo esecutivo e cioè a cosa abbia diritto il creditore nel processo di esecuzione. Si potrebbe pensare che il creditore del processo di esecuzione ha diritto ad ottenere quanto stabilito nel titolo esecutivo. Bé è vero, ma ciò sarebbe troppo bello. Molto spesso accade che il creditore, poiché si trova di fronte a un debitore o particolarmente furbo o che non ha nulla, nonostante azioni il processo esecutivo non ottiene quello che vuole; non ottiene quanto stabilito nel titolo esecutivo. Quindi, chiaramente, lo scopo del processo esecutivo non è quello di far ottenere il diritto al creditore titolare del titolo esecutivo, ma è di mettere a disposizione del creditore gli organi dello stato per far in modo che egli riesca ad ottenere quello che gli spetta, che poi ci riesca effettivamente è un altro affare. Quindi, è il potere riconosciuto al creditore di ottenere l’assistenza degli organi dello stato. Pertanto, il titolo esecutivo di cui prima - sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale - deve essere spedito in forma esecutiva. Però, per quanto riguarda gli altri titoli esecutivi, questi per essere portati a conoscenza del debitore non hanno bisogno dell’esecuzione in forma esecutiva, cioè, non hanno bisogno del cd. comandiamo, in quanto sono trascritti direttamente nel precetto. Per quanto possa sembrare strano, è più complicato portare ad esecuzione un titolo esecutivo di natura giudiziale o di un atto ricevuto da notaio o di altro pubblico ufficiale, che è più importante, rispetto ad un PAGE 28 titolo esecutivo minore come la cambiale. Il primo, infatti, ha bisogno della spedizione in forma esecutiva; il secondo deve essere semplicemente trascritto nel precetto. Abbiamo visto che il creditore per iniziare l’esecuzione forzata deve fare degli atti preliminari, la prima è la notifica del titolo esecutivo che può essere necessariamente in forma esecutiva se il titolo esecutivo è un atto giudiziale o atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, oppure questa notifica non è necessaria quando si tratta di atti di formazione stragiudiziale come, per esempio, le cambiali. Però, non basta notificare il titolo esecutivo. Normalmente, insieme al titolo esecutivo, bisogna notificare un altro atto ancora che si chiama precetto. La definizione di precetto la troviamo nell’art. 480 cpc che, al primo comma, dice: “Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata.”. Dalla lettura del primo comma dell’art. 480 notiamo che il precetto altro non è che una intimazione che il creditore fa al debitore di adempiere a quanto stabilito nel titolo esecutivo. Il creditore prima di iniziare l’esecuzione forzata deve chiedere in maniera perentoria, quindi intima, al debitore di adempiere a quanto stabilito nel titolo esecutivo. Se il debitore adempie tutto si risolverà, ma se non lo fa il creditore lo avverte, nel precetto stesso, che si procederà con l’esecuzione forzata. Pertanto, il precetto è un’intimazione. Titolo esecutivo e precetto non sono atti del processo esecutivo, in quanto quest’ultimo inizia eventualmente dopo la notifica di questi atti. Il precetto è un atto di parte e talmente è vera questa cosa che il precetto potrebbe essere scritto e notificato dal creditore senza l’assistenza dell’avvocato. Se, invece, si fa assistere dall’avvocato (come normalmente accade) ci vorrà il mandato e l’autentica delle firme. Quindi, il precetto è un atto esterno al processo esecutivo che, eventualmente, inizia dopo: infatti, non è detto che inizi. Poiché è un atto che non fa iniziare il processo esecutivo, viene da chiedersi qual è la sua efficacia. Sicuramente ha l’efficacia di far interrompere la prescrizione ma non la sospende. Solo con gli atti giudiziali con cui si inizia un processo, quale che sia, quindi anche quello esecutivo, hanno l’efficacia di interrompere e sospendere la prescrizione. Il precetto, poiché è un atto esterno al processo di esecuzione, sicuramente interrompe la prescrizione ma non la sospende. Vediamo come prosegue l’art. 480 in merito al precetto e, al secondo comma, dice: “Il precetto deve contenere a pena di nullità l'indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge. In quest'ultimo caso l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale.”. Il secondo comma dell’art. 480 ci dice che il precetto deve contenere degli elementi a pena di nullità del precetto stesso, cioè l’indicazione delle parti (creditore e debitore) e anche la data di notifica del titolo esecutivo. Però, molto spesso, titolo esecutivo e precetto sono notificati insieme, quindi questa data non ci sarà se il titolo esecutivo e il precetto hanno questa notifica congiunta. Però, se si tratta di titoli esecutivi da notificare agli eredi della parte, la notifica congiunta non è possibile: bisognerà notificare prima il titolo esecutivo e poi, perlomeno 10 giorni PAGE 28 cause di prelazione ex art. 512 c.p.c. (ripartizione di queste somme o diritti reciproci degli uni rispetto agli altri) Questa è la fase classica del processo di espropriazione che, sostanzialmente ma non identicamente, si ripete nei vari tipi di processi di espropriazione. Detto ciò dobbiamo occuparci dell’atto iniziale del processo di espropriazione che è, appunto, il pignoramento indicato negli artt. 491 e 492 del cpc. Dice l’art. l 491: “Salva l'ipotesi prevista nell'art. 502, l'espropriazione forzata si inizia col pignoramento.”. Quindi, tranne casi rarissimi, per iniziare un’esecuzione forzata bisogna prima pignorare i beni del debitore. Viene da chiedersi a cosa serva il pignoramento. Abbiamo visto che l’art. 2740 c.c., dice che il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Inoltre, l’art. 2910 c.c. dice che il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può fare espropriare i beni del debitore. Questi, sono vincoli generici. Bisogna capire quali sono i beni che materialmente andranno assoggettati all’espropriazione. e il pignoramento ha proprio la funzione di trasformare questo vincolo gravante sui beni del debitore da generico in specifico. Infatti, l’art. 492 cpc dice che: “il pignoramento consiste in una ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi.”. In altre parole, è come se l’ufficiale giudiziario dicesse al debitore che i beni che ha pignorato non posso essere sottratti dalla garanzia del credito. Sicché, il pignoramento crea un vincolo specifico sui beni del debitore: quelli assoggettati al pignoramento. Attraverso il vincolo del pignoramento, il debitore non perde certamente la proprietà del bene soggetto. però, certamente, non può compiere atti giuridici che siano opponibili al creditore o ai creditori del processo esecutivo. Quindi, l’efficacia del pignoramento è quella di provocare l’inefficacia degli atti che eventualmente compie il debitore sui beni pignorati. C.1.) Le attività da svolgere durante il pignoramento Protagonisti del pignoramento sono l’ufficiale giudiziario, il creditore, e, in misura minore il debitore. L’ufficiale giudiziario, per eseguire pignoramento, deve, di regola, essere munito di relativo titolo esecutivo, ma il presidente del tribunale può autorizzare il creditore a ottenere una copia autentica del titolo esecutivo. Ciò detto vediamo quali sono le attività che l’ufficiale giudiziario deve necessariamente svolgere ex art. 492 c.p.c.: • Deve ingiungere al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre dalla garanzia del credito esattamente indicato i beni pignorati e i frutti di essi; PAGE 28 • Deve invitare il debitore a effettuare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di residenza o l’elezione del domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice dell’esecuzione; • Deve avvertire il debitore che, in mancanza della dichiarazione di residenza o di elezione del domicilio o in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice; • Deve avvertire il debitore che può avvalersi della conversione del pignoramento, informandolo sia della somma da versare in conversione, sia dei termini di presentazione della somma minima (1/5 dei crediti e spese) da versare alla presentazione dell’istanza. Viste le attività che l’ufficiale giudiziario deve svolgere durante il pignoramento, vediamo quali quelle che dovrà svolgere solo in presenza di certe condizioni descritte dall’art. 492 c.c., e cioè: • Non si individuano beni utilmente pignorabili, o i beni pignorati sono insufficienti: l’ufficiale giudiziario, nel caso in cui non individua beni utilmente pignorabili, oppure le cose e i crediti pignorati, o indicati dal debitore, appaiono insufficienti a soddisfare il creditore procedente e i creditori intervenuti, previa istanza del creditore procedente, rivolge richiesta, che deve contenere le generalità dei soggetti contro cui si procede (se sono più di uno) e dei creditori istanti, ai soggetti gestori dell’anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. • Si pignorano beni per i quali è necessaria una lunga liquidazione: l’ufficiale giudiziario, nel caso in cui i beni siano insufficienti oppure per essi appare chiaro che vi sarà una lunga durata per la liquidazione, invita il debitore a indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano oppure le generalità dei terzi debitori avvertendolo della sanzione prevista per l’omessa o falsa dichiarazione di cui all’art. 388 c.p.. Senza la minaccia di tale sanzione il debitore non avrebbe alcun interesse a collaborare con l’ufficiale giudiario. All’invito, il debitore può rispondere negativamente o dichiarare che esistono altri beni utilmente pignorabili, e della sua dichiarazione è redatto processo verbale sottoscritto dal debitore. La questione, però, non finisce qui, perché il debitore ha potuto indicare: a. cose mobili in suo possesso: dal momento della dichiarazione, sono considerate pignorate e l’ufficiale giudiziario provvede ad accedere al luogo in cui si trovano per gli adempimenti di cui all’art. 520 c.p.c. (custodia dei beni mobili pignorati) oppure, quando tale luogo è compreso in altro circondario, trasmette copia del verbale all’ufficiale giudiziario territorialmente competente; PAGE 28 b. crediti o cose mobili in possesso di terzi: dal momento della dichiarazione il pignoramento si considerati pignorati e il debitore è costituito custode della somma o della cosa anche agli effetti del quarto comma dell’art. 388 c.p. quando il terzo prima che gli sia notificato l’atto, effettua il pagamento ovvero restituisce il bene: c. beni immobili: il creditore ex artt. 555 e ss. procede nei modi e nelle forme previste per il pignoramento immobiliare. • Il debitore è un imprenditore commerciale: possedendo il debitore tale qualità, il creditore può presentare istanza affinché, a sue spese, l’ufficiale giudiziario inviti il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritture contabili e a nominare un commercialista o avvocato o n notaio iscritto nell’elenco di cui all’art. 179-ter per il loro esame al fine dell’individuazione di cose e crediti pignorabili. Tale richiesta, però, può essere avanzata dal creditore solo in due casi: 1. quando in seguito all’intervento di altri creditori, il compendio pignorato sia divenuto insufficiente; 2. quando non si individuano beni utilmente pignorabili, o i beni pignorati sono insufficienti. Il professionista, dopo aver effettuato tutte le ricerche del caso, trasmette al creditore e all’ufficiale giudiziario che lo ha nominato, una relazione, e lo stesso ufficiale giudiziario provvede alla liquidazione delle spese e del suo compenso, spese che sono addossate al debitore quando dalla relazione risultano cose o crediti da lui non dichiarate. L’ufficiale giudiziario può, infine, farsi assistere dalla forza pubblica, quando lo ritiene necessario. Per ciò che riguarda, invece, il creditore abbiamo già visto che può presentare istanza all’ufficiale giudiziario affinché siano effettuate ricerche presso l’anagrafe tributaria e per la relazione relativa alle scritture contabili. Tuttavia, però, egli può svolgere anche un’altra attività importante ex art. 492, sesto comma. il riferimento è all’ipotesi in cui siano intervenuti altri creditori, tanto da rendere insufficiente il compendio dei beni pignorati, ma potrebbe accadere che vi siano altri beni da pignorare. In questo caso, il creditore deve chiedere prima all’ufficiale giudiziario l’estensione del pignoramento agli altri beni e poi avvalersi della facoltà di cui all’art. 499 quarto comma (invito agli altri creditori a estendere il pignoramento), anche se il mancato esercizio di tale facoltà non gli precluderebbe comunque di invitare successivamente gli altri creditori a estendere il pignoramento come appunto previsto dall’art. 499 quarto comma. PAGE 28 2. atti e domande giudiziali per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede la trascrizione: tali atti e domande non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione. Potrebbe darsi, invece, che il debitore abbia acceso delle garanzie. E questo è quanto stabilisce l’art. 2916 c.c. che dice: “Nella distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione non si tiene conto: 1) delle ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento; 2) dei privilegi per la cui efficacia è necessaria l'iscrizione, se questa ha luogo dopo il pignoramento; 3) dei privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento.” Relativamente al n. 1), capiamo che se il debitore accende ipoteca su un bene pignorato, normalmente dobbiamo ritenere un bene immobile, e questa ipoteca è iscritta prima della trascrizione del pignoramento, prevale l’ipoteca, ma se l’ipoteca è iscritta dopo la trascrizione del pignoramento è come se questa ipoteca non ci fosse almeno per quanto riguarda il pignoramento stesso. È possibile che più creditori pignorino congiuntamente o successivamente lo stesso bene oppure che si siano più pignoramenti successivi sullo stesso bene, attuando così una forma di concorso di creditori, concorso che si realizza anche quando vi sia l’intervento ex art. 499 c.p.c., ma a differenza dei casi di intervento, essendo i vari tipi di pignoramento indipendenti l’uno dall’altro, l’invalidità di un pignoramento non comporta l’invalidità degli altri, mentre essendo l’intervento accessorio al pignoramento, la sua invalidità comporta anche la caducazione degli interventi. Osserviamo ancora che quando vi sono più pignoramento successivi è di regola disposta la riunione in un unico processo. D) I rimedi per evitare il pignoramento Chiediamoci cosa può fare il debitore quando si vede presentare l’ufficiale giudiziario che vuole eseguire o notificargli il pignoramento. Certamente il debitore può pagare tutto così evita il pignoramento. Infatti, il primo comma dell’art. 494 cpc dice: “Il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore.”. Quindi, il debitore paga e ovviamente evita il pignoramento e lo stesso procedimento di espropriazione. Però, c’è una cosa da dire, facendo questo estingue l’obbligazione e se aveva delle contestazioni da fare e non le ha fatte, difficilmente potrà sollevarle successivamente. Avendo pagato ha riconosciuto il debito. Allora, il secondo comma dell’art. 494 c.p.c., dice che, per evitare conseguenze del genere, il debitore che paga può anche riservarsi di ripetere quanto ha pagato. E come se il debitore dicesse:”sto pagando, ma attenzione perché mi riservo di recuperare quando ho pagato perché ritengo che il pagamento non era dovuto. Il pagamento verte sulla somma rappresentata dal titolo esecutivo e tutte le spese che sono maturate sino a quel momento. PAGE 28 C’è un’altra possibilità de parte del debitore non solo di evitare il pignoramento dei beni ma di mantenere intatte le sue ragioni proprio nell’ambito del processo esecutivo. Il debitore invece di pagare può far pignorare una somma di danaro al posto delle sue cose, a condizione che tale somma di danaro copra la somma rappresentata dal titolo esecutivo e tutte le spese che sono maturate sino a quel momento aumentato di due decimi. In questo modo l’ufficiale giudiziario farà comunque il pignoramento, non è che lo evita, ma non lo farà sui beni del debitore. E quindi, il processo esecutivo andrà comunque avanti e il debitore potrà far valere comunque le sue ragioni nell’ambito del processo esecutivo. Cioè con il sistema delle opposizioni e comunque dell’opposizione all’esecuzione. In questo modo, quindi, il debitore evita il pignoramento sui suoi beni o perché paga o perché fa pignorare una somma di danaro. Ma potrebbe darsi che il debitore subisce comunque il pignoramento ma poi ci ripensa e vorrebbe pagare. In questa ipotesi, il debitore può chiedere al giudice dell’esecuzione, prima che sia avvenuta la vendita o l’assegnazione dei beni pignorati, la conversione del pignoramento ex art. 495 c.p.c.. La cosa qua è diversa perché il pignoramento è già avvenuto e quindi non si è evitato, però è come se il pignoramento si spostasse dai beni del debitore, già pignorati, a una somma di danaro pari alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. Per ottenere la conversione e quindi la liberazione dei beni pignorati il debitore deve: a. presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione con allegato deposito, a pena di inammissibilità, di una somma non inferiore ad 1/5 dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti nei rispettivi atti di intervento; se vi sono stati già dei versamenti si dovrà depositare anche la relativa prova documentale. b. Di conseguenza il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, entro 30 giorni dal deposito dell’istanza determina con ordinanza la somma da sostituire al bene pignorato, potendo disporre, se si stratta di beni immobili, e se ricorrono giustificati motivi, che il debitore la versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di 18 mesi, calcolando anche gli interessi legali o, se stabiliti, convenzionali. c. Se l’ordinanza ha ad oggetto beni mobili, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata sia sottoposta a pignoramento; d. Se invece ha ad oggetto beni mobili, questi sono liberati dal pignoramento con il versamento dell’intera somma. Autorizzato dal giudice dell’esecuzione, si può procedere alla conversione del pignoramento da beni in danaro. Del resto l’ufficiale giudiziario quando va a fare il pignoramento o quando lo ha fatto avverte comunque il debitore della possibilità di fare questa conversione anche in misura rateale. Però è stabilito che PAGE 28 se il debitore paga con ritardo di oltre 15 giorni oppure non paga anche una sola rata nei termini stabiliti decade dal beneficio. In seguito a ciò le somme eventualmente già versate saranno inglobate nei beni pignorati, che potranno essere venduti su istanza del creditore procedente o di quello intervenuto munito di titolo esecutivo. È stato stabilito questo per evitare facili abusi in passato molto frequenti circa la conversione del pignoramento. Abbiamo detto che il debitore invece di pagare, magari pagare con riserva, può far pignorare direttamente una somma di danaro comprensiva di tutte le spese che ci sono state fino a quel momento per far andare aventi il processo esecutivo e magari fare le opposizioni. Abbiamo detto che il processo esecutivo non ha cognizione da svolgere in quanto è stata già fatta o perché c’è stata una causa vera e propria o perché c’è un titolo esecutivo di natura stragiudiziale, ma non è detto che parentesi di cognizione nel processo esecutivo non ci siano. Queste parentesi possono essere divise in due famiglie: le opposizioni all’esecuzione e le opposizioni agli atti esecutivi. Con l’opposizione all’esecuzione, poi vedremo, si introduce un vero e proprio processo di cognizione a margine del processo esecutivo. Quindi, nel processo di esecuzione o in occasione dello stesso sorge un processo di vera e propria cognizione questa è l’opposizione all’esecuzione dove si contesta il diritto del creditore a procedere, cioè si contesta il sé dell’esecuzione. Fa parte dell’opposizione all’esecuzione anche l’opposizione di terzo all’esecuzione. Con l’opposizione agli atti esecutivi, invece, non si contesta il diritto del creditore a procedere quindi il sé dell’esecuzione, ma il come dell’esecuzione. Il debitore potrebbe far valere il decorso dei 90 gironi dalla notifica del precetto. Però, per far ciò, deve fare l’opposizione agli atti esecutivi. Quindi, l’opposizione agli atti esecutivi riguarda il come dell’esecuzione e non possiamo dire che si ha vera e propria cognizione perché riguarda proprio la regolarità formale del processo esecutivo. Quindi, nel processo esecutivo possono sorgere delle cause di vera e propria cognizione e sono l’opposizione all’esecuzione e anche l’opposizione di terzo all’esecuzione. Le altre, l’opposizione agli atti dell’esecuzione, non riguardano la cognizione ma riguardano proprio il processo esecutivo, il come dell’esecuzione. Abbiamo visto che il debitore che fa pignorare una somma di danaro al posto dei beni, evidentemente, vuole fare proprio una di queste azioni: o l’opposizione all’esecuzione oppure l’opposizione agli atti esecutivi. E) L’intervento nel processo Dobbiamo pensare che il processo di esecuzione, nel nostro caso di espropriazione, è tendenzialmente aperto a tutti gli altri creditori dello stesso debitore e quindi non soltanto a quello che ha fatto eseguire il pignoramento, ma anche a tutti gli altri creditori che vogliono intervenire nel processo. Diciamo subito che nel processo di esecuzione ovvero di espropriazione non c’è nessun obbligo da parte degli organi giudiziali (cancelliere, ufficiale giudiziario e giudice) di avvertire tutti i creditori di quel debitore che c’è un’espropriazione in corso come, invece, accade nella proceduta fallimentare. Qua interviene chi lo viene a sapere. Questi altri creditori che vogliono intervenire nel processo di espropriazione rinvengono il loro diritto nell’art. 2741 c.c. che, al primo comma, dice che: “I creditori hanno eguale diritto di essere PAGE 28 c. poi c’è l’udienza in cui si discute per l’assegnazione o per la vendita dei beni pignorati: a questa udienza il giudice leggerà l’atto di intervento di questi creditori particolari sforniti di titolo esecutivo e fisserà l’udienza in cui dovrà comparire il debitore affinché questi riconosca o meno i diritti di questi creditori; quindi emette ordinanza con cui dispone per l’assegnazione o la vendita e con la stessa, che dovrà essere notificata al debitore a cura delle parti, fisserà un’udienza in cui dovrà comparire il debitore; d. l’udienza dovrà tenersi entro 60 giorni dall’ordinanza: all’udienza dovranno comparire il debitore e i creditori particolari sforniti di titolo esecutivo. All’udienza possono verificarsi tre ipotesi: 1. il debitore non si presenta: nonostante la regolare notifica dell’ordinanza che dispone la data di udienza, il debitore non si presenta. In questo caso, i crediti dei creditori sforniti di titolo esecutivo saranno riconosciuti da parte del debitore in maniera tacita; 2. il debitore si presenta all’udienza e riconosce i crediti ovvero rimane totalmente passivo: in entrambe le ipotesi si avrà il riconoscimento di questi creditori sforniti di titolo esecutivo; 3. il debitore si presenta all’udienza e disconosce in tutto o in parte questi creditori. Di fronte al disconoscimento da parte del debitore c’è qualcosa da fare. I creditori che si sono visti disconoscere i loro crediti faranno istanza al giudice dell’esecuzione di accantonare le somme che gli spetterebbero. Nei 30 giorni dall’udienza in cui il debitore disconosce questi crediti, tali creditori chirografari si mettono in moto per ottenere un titolo esecutivo. Quindi, di fronte al disconoscimento da parte del debitore si verificano le seguenti ipotesi: 3..aistanza di accantonamento delle somme che gli spetterebbero da parte dei creditori chirografari; 3..b i creditori stessi, nei 30 giorni dal disconoscimento del credito da parte del debitore, agiscono per ottenere un titolo esecutivo nei confronti del debitore che ha disconosciuto il loro credito. Titolo esecutivo che il più delle volte sarà il decreto ingiuntivo; 3..cil giudice dell’esecuzione, di fronte a questa situazione, accantonerà queste somme e lo farà per un termine massimo, che lui stabilisce, di 3 anni; PAGE 28 3..d scaduto il termine, si convocheranno tutte le parti e si vedrà se questi creditori si sono muniti di titolo esecutivo e quindi se devono avere queste somme loro accantonate. C’è un’ulteriore cosa da dire circa il riconoscimento che eventualmente fa il debitore. Se all’udienza il debitore riconosce, a parte che poi i creditori si siano muniti di titolo esecutivo, che effettivamente quelli sono suoi creditori, questo riconoscimento varrà solo nell’ambito del processo esecutivo e non varrà al di fuori del processo. È vero anche che un riconoscimento del genere fatto in udienza dovrebbe valere perlomeno come riconoscimento del debito e quindi agevolare il creditore in un eventuale futuro processo nei confronti di questo debitore. F) Estensione del pignoramento C’è un’eventualità che potrebbe accadere nel corso del pignoramento che è collegata all’intervento di altri creditori. Infatti, il creditore procedente non è migliore rispetto agli altri creditori che poi sono intervenuti perché, abbiamo visto, è vero che ci sono particolari condizioni per intervenire, ma una volta che intervengono regolarmente gli altri creditori tutti dovranno essere soddisfatti insieme al creditore procedente. Il creditore procedente non ha un privilegio in questo, è solo uno che ha iniziato prima e dovrà spartire i beni pignorati insieme agli altri. Potrebbe, però, accadere che il creditore che ha fatto eseguire il pignoramento viene a sapere che ci sono altri beni utilmente pignorabili che non sono stati pignorati, e poi vede che sono intervenuti altri creditori. In queste ipotesi, il creditore procedente può chiedere l’estensione del pignoramento, in altre parole può invitare gli altri creditori intervenuti ad estendere il pignoramento su questi altri beni del debitore che non sono stati pignorati ma che possono essere, comunque, utilmente pignorabili. Il creditore procedente farà questa attività normalmente all’udienza in cui si discute per l’assegnazione o per la vendita, perché è in questa occasione che saprà se sono o meno intervenuti altri creditori e quindi valuterà l’opportunità di chiedere l’estensione del pignoramento. Poniamo che il creditore procedente venga a conoscenza che ci sono altri creditori, sa che ci sono altri beni del debitore utilmente pignorabili, e quindi invita gli altri creditori ad estendere il pignoramento su questi altri beni. Sappiamo che i creditori intervenuti possono o meno avere il titolo esecutivo. Se i creditori intervenuti hanno il titolo esecutivo, allora il creditore procedente li invita ad estendere il pignoramento sugli altri beni del debitore; se, invece, non sono forniti di titolo esecutivo si offre di anticipare le spese del pignoramento. Pignoramento che poi farà lui che il titolo esecutivo ce l’ha. Se i creditori intervenuti non si avvalgono dell’invito del creditore procedente ad estendere il pignoramento senza giustificato motivo e entro 30 giorni dalla notifica dell’invito, succede che il creditore che ha fatto l’invito sarà preferito in sede di distribuzione della somma ricavata rispetto agli altri creditori che sono intervenuti e che non si sono avvalsi di questo invito. Diversamente, non si comprenderebbe perché il rifiuto PAGE 28 dell’invito debba gravare sul creditore procedente. Di particolare importanza è che, nell’ipotesi in cui gli altri creditori intervenuti non si siano avvalsi dell’invito del creditore procedente, si avrà una sorta di causa legittima di prelazione che, però, non è di provenienza sostanziale ma processuale. Un fatto forse unico nel processo esecutivo. G) Vendita e assegnazione Dopo il pignoramento il creditore procedente dovrà fare un’ulteriore atto nel caso in cui voglia proseguire nel processo di espropriazione. infatti, il creditore procedente ha 90 giorni di tempo, dal pignoramento, per poter chiedere al giudice dell’esecuzione la fissazione di un’udienza dove si discuterà se è il caso di vendere i beni pignorati o di assegnarli ai creditori. Se nei 90 giorni questa richiesta non è fatta, il processo esecutivo si estinguerà. Normalmente, il giudice dell’esecuzione preferisce vendere i beni pignorati piuttosto che assegnarli ai creditori e quindi parliamo in generale della vendita forzata. Vendita forzata che è una vendita un po’ particolare anzi molto particolare rispetto alla vendita normale del diritto privato in quanto i beni vengono venduti all’asta o a trattative private (vedremo poi le diverse possibilità che ci sono quando tratteremo i diversi tipi di pignoramento). Quindi il bene è venduto e acquistato da una persona normalmente detta aggiudicatario. Comunque l’acquirente acquisterà questo bene, però, rispetto ad un normale contratto di compravendita il venditore si vede vendere i beni contro la sua volontà. Quindi, già questo ci fa capire che si tratta di una vendita molto particolare. E si ritiene in questi casi che lo Stato non tolga la proprietà dei beni pignorati, ma tolga al debitore il potere di alienare questi beni. In altre parole, lo Stato si arroga il potere di vendere i beni pignorati. Altra particolarità della vendita forzata è che non si è certi che si tratti, per quanto riguarda l’acquirente dei beni pignorati, di acquisto a titolo originario o di acquisto a titolo derivativo. Ricordiamo la differenza: per ciò che attiene un acquisto a titolo originario, chi acquista un bene a titolo originario è come se lo acquistasse per la priva volta quindi eventuali diritti che c’erano prima non vengono considerati; se l’acquisto avviene, invece, a titolo derivativo i diritti e gli obblighi che c’erano prima vengono trasferiti in capo al nuovo proprietario. Pertanto l’interrogativo nasce sul tipo di acquisto che il nuovo proprietario fa e cioè se sia a titolo originario o a titolo derivativo. La tesi prevalente è quella che vede questo acquisto a titolo derivativo anche se ci sono delle regole particolari che farebbero pensare il contrario. La vendita forzata, però, pur facendo acquistare il bene a titolo derivativo, produce una serie di effetti sostanziali che avvicinano a quelli prodotti dalla vendita a titolo originario. Per quanto riguarda gli effetti del trasferimento, i diritti che spettavano al soggetto che ha subito l’espropriazione cioè il debitore, spetteranno pure all’acquirente. E questo fa pensare che si tratti di un acquisto a titolo originario e non derivativo. PAGE 28 esecutivo, allora la differenza in positivo andrà consegnata al debitore. Se, invece, i creditori erano più di uno evidentemente bisognerà fare un piano di riparto. Un piano di riparto per stabilire quanto spetta ad ogni creditore ovviamente tenuto conto delle cause di prelazione e dell’accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo (di cui ci siamo occupati nella disciplina dell’intervento). Vedremo che questo piano di riparto è fatto in maniera diversa nel caso di espropriazione immobiliare rispetto a quella di espropriazione mobiliare. E poi c’è una particolarità dell’art. 511 c.p.c. che prevede una sorta di surrogatoria nell’ambito del processo esecutivo dove un creditore si può sostituire ad un creditore che aveva diritto alla distribuzione della somma ricavata per poterla ottenere lui questa somma ricavata. E quindi è una sorta di surrogatoria dell’art. 2900 c.c. anche se quella dell’art. 511 è una surrogatoria particolare perché, a differenza della surrogatoria ex art. 2900 c.c., il creditore – debitore sostituito non trascura di esercitare il suo diritto, anzi è tutto il contrario perché è intervenuto nel processo esecutivo per avere questi soldi e quindi non è che è rimasto inerte. È una surrogatoria processuale potremmo dire. Per ottenere la sostituzione bisogna proporre domanda nella stessa forma prevista per l’atto di intervento, solo che sarà possibile anche dopo l’udienza prevista per l’assegnazione o la vendita, e fino all’approvazione del progetto di distribuzione, e ciò perché l’intervento di questo creditore in sostituzione non comporta alcun effetto nel riparto delle somme, risolvendosi unicamente nel mutamento del destinatario del pagamento. Presentata la domanda, la distribuzione avviene anche per questi creditori, ma le contestazioni sulla distribuzione non possono pregiudicare la distribuzione tra gli altri creditori. Quindi, ricavata la somma di danaro dove c’è questa possibilità di surrogatoria particolare, bisogna poi provvedere a ripartire i soldi fra i vari creditori, ma in fase di distribuzione dei crediti possono sorgere delle controversie ex art. 512 cpc. In altre parole, può succedere che un creditore contesti che un altro creditore abbia effettivamente diritto ad intervenire nel processo esecutivo, quindi contesta la sussistenza del suo diritto, oppure non contesta la sussistenza ma l’ammontare. Oppure sia il debitore a fare questa contestazione nei confronti dei creditori. O ancora, che sia il terzo assoggettato all’esecuzione che muove delle contestazioni o ancor che si vada a contestare l’esistenza dei diritti prelazione. È bene osservare che con la riforma che ha limitato la possibilità di intervento nel processo di espropriazione facendo intervenire in fondo i creditori che il titolo esecutivo ce l’hanno, queste controversie si sono ridotte però possono sempre sorgere. Di fronte a queste controversie, il giudice dell’esecuzione sente le parti ed accerta la loro posizione potendo anche sospendere la distribuzione delle somme in contestazione. Il giudice provvede con ordinanza. Emessa l’ordinanza con la quale il giudice ha deciso circa la controversia, questa può essere impugnata con ricorso davanti allo stesso giudice dell’esecuzione che, una volta ricevuto il ricorso, fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. C'è l'udienza davanti al giudice dell'esecuzione, si discute dei "provvedimenti opportuni" che può essere anche la sospensione dell'esecuzione, e quindi anche decidere di bloccare la distribuzione della somma ricavata dalla espropriazione che è contestata o altri provvedimenti, da decidere caso per caso, e poi bisognerà entrare nel merito della questione, perché questi provvedimenti opportuni sono provvisori.. E PAGE 28 allora il giudice dà alle parti un termine entro cui iniziare la causa di merito, cioè notificare la citazione e l'udienza dovrà essere fissata dall'attore non dopo 90 gironi ma almeno dopo 45 giorni se la causa riguarda un convenuto che sta in Italia. L'attore, cioè quello che ha interesse a entrare nel merito della questione, deve fare questa operazione: dopo l'ordinanza ex art. 618 ha saputo del termine che il giudice gli ha dato poniamo 70 giorni.. che fa? Prima iscrive la sua causa a ruolo e poi dopo aver fatto iscrivere la causa dal cancelliere nel registro delle cause civile e averne avuto la relativa documentazione, prima dei 70 giorni notifica la citazione all'altra parte, dove si dovrà discutere del merito della questione, che nel caso dell'art. 512 sta in questo: è vero o non è vero che questo tizio aveva diritto a una parte della somma ricavata? Oppure: è vero o non è vero che questo è un creditore privilegiato e quindi gli spetta o non gli spetta la preferenza? Si fa la causa, la tratta però un giudice dell'esecuzione diverso rispetto a quello che ha dato i "provvedimenti opportuni " ex art. 186 bis disp. att., che deciderà con sentenza non impugnabile. Se una parte non è contenta di questa sentenza potrà impugnarla solo in cassazione. Quindi, questi sono i giudizi di cui all’art. 512 cpc. La particolarità di questi giudizi che possono arrivare fino a sentenza non impugnabile, sta nel fatto che, se guardiamo la procedura, si sono sostanzialmente accorpati i giudizi ex art. 512 cpc ai giudizi di opposizione agli atti esecutivi e lo dimostra sia la procedura che viene seguita sia il fatto che la sentenza non sia impugnabile. È qualcosa che riguarda il come del processo, il processo di per sé e non il diritto sostanziale. Però, se andiamo a vedere la contestazione che viene fatta (sussistenza, ammontare dei crediti, diritti di prelazione e così via), ci accorgiamo che questo è un giudizio di cognizione, non riguarda l’esecuzione in sé perché è un accertamento che deve fare il giudice. E quindi i giudizi ex art. 512 più che avvicinarsi ai giudizi di opposizione agli atti esecutivi, anche se la forma è quella, sembrerebbe più un giudizio che si avvicina a quello dell’opposizione all’esecuzione ex art 615. Quindi, evidentemente, facendo rientrare i giudizi ex art. 512 nell’ambito della famiglia dell’opposizione agli atti esecutivi, si è cercato di ridurre tutti i problemi che possono sorgere durante il processo, ma la sostanza, in fondo, è quella di un processo di cognizione. E quindi è più parificabile ai giudizi di opposizione all’esecuzione che all’opposizione agli atti esecutivi. E infatti, ci chiediamo cosa potrebbe accadere nel caso in cui ci sia contemporaneamente un giudizio ex art. 512 e un’opposizione all’esecuzione. A nostro avviso, visto che la natura è sostanzialmente simile, questi giudizi dovrebbero riunirsi. CAPITOLO 2 – L’ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PAGE 28
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